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Educare.

it – PEDAGOGIA E PSICOLOGIA

Dai giochi dei bambini ai


giochi degli adulti.
Per una teoria transgene-
razionale dell’attività ludica
Vincenzo Amendolagine

Medico, psicoterapeuta, psicopedagogista. Insegna, come docente incaricato, Psicologia dello Sviluppo e
dell’Educazione, Psicologia delle Diverse Abilità, Didattica e Pedagogia Speciale presso l’Università degli Studi di Bari
Aldo Moro.

Nell’articolo si prende in considerazione l’attitudine al gioco presente in


ogni essere umano. Dapprima è descritta l’attività ludica che caratterizza
l’età evolutiva, successivamente è analizzata la ludicità degli adulti. Si espli-
cita, poi, la funzione dell’attività ludica infantile e, in ultimo, si delinea il
concetto di ludismo, inteso come istinto innato che conduce gli esseri umani
allo sviluppo della ludicità nell’intero arco di vita.

Ludicità ed età evolutiva dedicano (i) bambini […] per ricreazione o


passatempo»; o ancora, secondo Devoto e
Il luogo cronologico dove la ludicità, attri- Oli [3], «qualsiasi esercizio, singolo o collet-
buendo a tale neologismo il significato di at- tivo, cui si dedichino (i) bambini […] per
titudine al gioco come habitus, ha dimora passatempo o svago o per ritemprare le e-
consueta, per tradizione storica e culturale, è nergie fisiche e spirituali».
l’età evolutiva. Relativamente all’habitus, in Le prime forme di gioco che il bambino
questa sede, ci si vuol riferire al concetto e- mette in atto sono le reazioni circolari, come
spresso da Bourdieu [1] che lo definisce co- evidenziato da Piaget [4]. Esse sono distinte
me un archetipo, situato all’interno in primarie, secondarie e terziarie e com-
dell’individuo, capace di generare pratiche- paiono abbastanza precocemente nel primo
condotte e rappresentazioni cognitive della periodo di vita. In pratica nelle reazioni cir-
realtà. colari gli schemi motori che l’infante acqui-
Da subito il bambino gioca, comprenden- sisce diventano oggetto di attività ludica, in-
do con tale termine, secondo De Mauro e tendendo con tale termine la loro ripetizione
Moroni [2], «(una) attività piacevole a cui si non finalizzata con apporto di modifiche.

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Che sia un’attività piacevole, lo suggerisce il in cui ognuno svolge una parte che è com-
bambino, accompagnando tali gesti con plementare a quella dell’altro. Per esempio,
l’espressione sorridente del viso [5]. una bambina recita il ruolo della mamma,
Dai diciotto mesi in poi compaiono i gio- mentre un’altra veste i panni della figlia. In
chi di finzione o simbolici, ovvero delle atti- altre parole, nel gioco sociodrammatico di-
vità ludiche in cui oggetti del gioco diven- vengono oggetto dell’attività ludica i ruoli
gono le fisiologiche routine quotidiane, qua- che i bambini vedono svolgere dagli adulti
li il mangiare, il bere, il dormire, il lavarsi con le loro caratteristiche comportamentali.
[6]. Nello stesso periodo continua ancora
Con la crescita si incrementa l’interesse l’interesse dei piccoli per il gioco di esercizio
dei bambini per i giochi simbolici. Secondo [9], ovvero per tutti quei giochi che non
la McCune [7] il gioco di finzione si sviluppa hanno un fine, ma sono fatti solo per il pia-
attraverso una sequenza stadiale. Questi cere di farli. Infatti il bambino continua ad
stadi sono: amare attività come, per esempio, l’andare
 lo stadio presimbolico, in cui il piccolo imi- in bicicletta.
ta le cose che fa o che vede fare dagli al- Nel periodo della prima fanciullezza, os-
tri. Per esempio, fa finta di bere da un sia quello che va dai tre ai cinque anni,
bicchiere vuoto; l’attività ludica diviene il paradigma fon-
 lo stadio autosimbolico, nel quale l’infante dante di ogni intervento educativo e di ap-
è cosciente della finzione e questa consa- prendimento nella scuola dell’infanzia,
pevolezza la manifesta amplificando la tant’è che a questo riguardo le Indicazioni
funzione. Per esempio, beve rumorosa- Ministeriali del 2012 sono fortemente espli-
mente da un bicchiere vuoto; cative. In esse si può leggere:
 lo stadio decentrato nel corso del quale il
piccolo sperimenta su altri il gioco di fin- L’apprendimento avviene attraverso
zione. Per esempio, fa bere il fratellino l’esplorazione, il contatto con gli oggetti, la na-
tura, l’arte, il territorio, in una dimensione lu-
da un bicchiere vuoto;
dica, da intendersi come forma tipica di rela-
 lo stadio combinatorio-gerarchico, nel quale
zione e di conoscenza. Nel gioco […] i bambini
oggetto del gioco simbolico diventano
si esprimono, raccontano, rielaborano in modo
sequenze comportamentali complete, che creativo le esperienze personali e sociali [10].
investono l’imitazione di intere routine
quotidiane, come possono essere le ritua- Nell’ambito della scuola dell’infanzia si
lità del pranzo (il piccolo fa finta di ap- possono riconoscere, relativamente alle atti-
parecchiare la tavola, serve il pranzo vità ludiche, tre situazioni:
ecc.).  il gioco parallelo;
Solitamente il bambino consegue l’ultimo  il gioco associativo;
stadio nel periodo della scuola dell’infanzia,  il gioco cooperativo [11].
ovvero dai tre anni in poi. Nel gioco parallelo i bambini giocano o-
Lo stadio combinatorio-gerarchico divie- gnuno per conto proprio, utilizzando gli
ne la base del gioco sociodrammatico [8]. In stessi giocattoli. Nel gioco associativo i piccoli
questo gioco è come se i bambini recitassero, giocano individualmente, usando lo stesso
insieme, un canovaccio scritto al momento, gioco; per esempio, si servono dei mattonci-

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ni della stessa costruzione. La comunanza si Quelli avventurosi, in cui il bambino deve de-
rivela a livello verbale: in pratica, i bambini streggiarsi per uscire da situazioni complicate,
parlano fra di loro di quello che stanno co- come venir fuori da un labirinto, liberare dei
struendo. Nel gioco cooperativo i minori gio- prigionieri, portare in salvo delle persone in un
contesto di guerra. Tali giochi accrescono la
cano insieme e svolgono ciascuno un’attività
capacità di problem solving, l’intuizione, la
che è funzionale alla riuscita del gioco stes-
fantasia, la capacità di affrontare l’imprevisto
so. [14].
Nel periodo fra i tre e i cinque anni il pic-
colo sperimenta la presenza dell’amico im-
La funzione delle attività ludiche infan-
maginario, come compagno dei giochi che fa tili
da solo a casa.
Nella media fanciullezza, cioè il periodo Diversi autori si sono occupati della ludi-
che va dai sei agli undici anni, il minore co- cità infantile con la finalità di comprendere
mincia a prediligere i giochi che prevedono quale sia la funzione del gioco. Nel corso
una forma di competizione fra i coetanei degli ultimi due secoli sono state elaborate
[12] e obbediscono a delle regole strutturate diverse ipotesi al riguardo [15].
e codificate. Sono prevalentemente giochi di Per Spencer il gioco svolge l’importante
gruppo o giochi a squadre, che i bambini funzione di eliminare l’eccesso di energia
praticano nei contesti scolastici o al di fuori che i bambini possiedono.
di essi. Lazarus vede l’attività ludica come
Durante l’adolescenza il gioco si struttura un’occupazione in grado di rilassare.
ancora come gioco di squadra, soprattutto Groos è stato un sostenitore dell’idea che
per gli adolescenti che frequentano gruppi il gioco infantile sia un luogo dove poter e-
sociali formali, come le associazioni sporti- sercitare quelle competenze che serviranno,
ve. Oppure può assumere la sembianza, già nel futuro, a svolgere il ruolo sociale
presente nella media fanciullezza, del video- dell’adulto.
gioco. Per Mead l’attività ludica è una condizio-
I videogiochi, malgrado le polemiche svi- ne essenziale perché il bambino possa assi-
luppate riguardo alla loro utilità e fruizione, milare la figura dell’altro, come soggetto so-
come Antinucci [13] fa notare, sviluppano le ciale con cui si rapporta.
competenze cognitive del minore. Si distin- Vigotskij intende il gioco come uno spa-
guono tre tipi di giochi elettronici. zio, dove il piccolo può realizzare i desideri
inattuabili.
Quelli che incentivano la prontezza di riflessi Winnicot è dell’avviso che l’attività ludica
del giocatore, come il tiro a bersaglio o la guida rappresenti uno strumento per emanciparsi
di auto e moto. dal rapporto simbiotico con la propria ma-
Quelli di simulazione, come costruire una cit- dre, al fine di strutturare la personalità.
tà, partendo da alcuni materiali, forniti come
Per Piaget il gioco ha la finalità di aiutare
bagaglio iniziale dal videogioco. Questo tipo di
il bambino a controllare la realtà, debellando
attività ludica fa sviluppare alcune peculiarità,
quali la capacità di fare previsioni, di pianifica-
le paure che il rapporto con essa suscita.
re, di ragionare in termini concreti.

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Per Bateson «l’evoluzione del gioco può ad attraversare […] questa soglia di sicurezza,
essere stata una tappa importante che è costituita dalle cornici abituali in cui fac-
nell’evoluzione della comunicazione» [16]. ciamo normalmente scorrere la nostra esisten-
za […]. La realtà del gioco non è la conferma o
la ripetizione della propria identità acquisita,
Ludicità ed età adulta
ma consiste ogni volta in uno smottamento di
Che il gioco non sia paradigmatico di un questa identità […].
ciclo della vita (infanzia) è ormai un fatto
acclarato. Più che il gioco in sé quello che Ampliando l’analisi si potrebbe dire che
contraddistingue l’intero arco di vita è «la l’attività ludica caratterizza l’intera vita
disposizione ludica dell’individuo, che gioca dell’individuo, la quale - come osserva Bate-
sul piano dell’illusione cosciente, son -, ha delle regole di gioco che cambiano
dell’illusione mai del tutto sganciata dalla continuamente e probabilmente lo scopo di
realtà» [17]. ogni vita è proprio quello di ricercare questi
Il gioco a qualsiasi età è sinonimo di crea- paradigmi di gioco. A tal proposito Bateson,
tività e di incremento della comunicazione. citato in Rovatti [21], asserisce: «è come la
A questo riguardo Winnicot [18] sostiene vita: un gioco il cui scopo è scoprire le rego-
che le, regole che cambiano sempre e che non si
possono mai scoprire».
è nel giocare e soltanto mentre gioca che Perché il gioco dell’adulto possa estrinse-
l’individuo […] è in grado di essere creativo e carsi ha bisogno di un suo spazio, che spes-
di far uso dell’intera personalità ed è solo so deve essere creato attraverso una volontà
nell’essere creativo che l’individuo scopre il sé. specifica. Ancora Rovatti [22] sostiene che
Legato a questo è il fatto che solo nel giocare è
possibile la comunicazione. Per giocare occorre costruire uno spazio […]
un simile spazio non è normalmente disponibi-
Secondo lo stesso autore il luogo dove si le e […] per prenderselo occorre un lavoro su
svolgono maggiormente le attività ludiche di sé e gli altri […]. Nello spazio di gioco […]
fra adulti sono i contesti di psicoterapia. A si tratta di giocare […], di sospendere le regole
questo riguardo, egli ribadisce che della realtà.

La psicoterapia ha luogo laddove si sovrappon- Ritornando al costrutto sopra delineato, si


gono due aree di gioco, quella del paziente e può dire che l’intera vita di ogni individuo è
quella del terapeuta. La psicoterapia ha a che un’apologia del gioco, ovvero di un’attività
fare con due persone che giocano insieme [19]. ludica che esalta la follia insita nel vivere
stesso.
Perché il gioco sia divertente per chi lo A questo proposito già nel 1511 Erasmo
compie deve avere, come elemento caratte- da Rotterdam scriveva che «tutta la vita
rizzante, il trascendere le abitudini consuete, umana non è altro se non un gioco di follia»
il far vacillare le certezze acquisite. [23], intendendo con il costrutto della follia
In tal senso Rovatti [20] afferma che un quid che «libera dagli affanni [24] […]
prolunga la giovinezza [25]», ovvero un si-
“Il gioco è divertente […] solo quando arriva
alla soglia di sicurezza delle abitudini e riesce

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nonimo di quel concetto che denominiamo ad impegnarsi in attività ludiche, anche ab-
creatività. bastanza precocemente, con la funzione di
incrementare:
Conclusioni  la conoscenza di sé;
 l’apprendimento;
Alla luce delle argomentazioni esposte, si
 l’adattamento all’ambiente;
può ipotizzare che esista nell’uomo, dalla
 le abilità sociali;
nascita alla fine del suo ciclo vitale, una na-
 le abilità cognitive;
turale tendenza all’attività ludica, riferibile
 la capacità di problem solving;
al dominio del pensiero divergente-creativo.
 il vivere serenamente i compiti evolutivi
In pratica, probabilmente, esiste un istinto
connessi alla propria età.
innato, che si può definire, con un neologi-
smo, ludismo, che conduce gli esseri umani

Note bibliografiche
1. Citato in Dubar C., La socializzazione (trad. C. Bertone), Il Mulino, Bologna, 2004, pag. 81.
2. De Mauro T. e Moroni G. G., DIB Dizionario di base della lingua italiana, Paravia, Torino, 1996, pag. 605.
3. Devoto G. e Oli G. C., Dizionario della Lingua Italiana, Le Monnier, Firenze, 1974, pag. 1008.
4. Citato in Berti A. E. e Bombi A. S., Corso di psicologia dello sviluppo, Il Mulino, Bologna, 2005, pag. 52 - 53.
5. Berti A. E. e Bombi A. S., op. cit., pag. 58.
6. Ibidem.
7. Citata in Berti A. E. e Bombi A. S., op. cit., pag. 142.
8. Berti A. E. e Bombi A. S., op. cit., pag. 216.
9. Ibidem, pag. 142.
10. Annali della Pubblica Istruzione (numero speciale), Indicazioni nazionali per il curricolo della scuola dell’infanzia e del
primo ciclo d’istruzione, Le Monnier, Firenze, 2012, pag. 23.
11. Berti A. E. e Bombi A. S., op. cit., pag. 212.
12. Ibidem, pag. 296.
13. Antinucci F., Piaget vive nei videogiochi, in “Psicologia contemporanea”, 110, 18 -26,1992.
14. Amendolagine V., Lineamenti di psicologia infantile. Edizioni Pegasus, Bari - Terlizzi, 2011, pag. 67.
15. Berti A. E. e Bombi A. S., op. cit., pag. 177.
16. Bateson G., Verso un’ecologia della mente (trad. G. Longo), Adelphi Edizioni, Milano, 1988, pag. 220.
17. Chade J. J. e Temporini A., 110 giochi per ridurre l’handicap, Erickson, Trento, 2000, pag. 15.
18. Winnicot D.W., Gioco e realtà (trad. G. Adamo e R. Gaddini), RCS Libri, Milano, 2011, pag. 76 (Ed. orig. 1971).
19. Ibidem, pag. 55.
20. Rovatti P. A., La dimensione ludica, in Guido C. e Vernì G. (a cura), La scuola attraente, Ufficio Scolastico Regionale Puglia,
Bari, 2006, pag. 106 - 107.
21. Ibidem, pag. 112.
22. Ibidem, pag. 114 - 115.
23. Erasmo da Rotterdam, Elogio della follia (trad. G. D’Anna), Newton Compton Editori, Roma, 2014, pag. 52.
24. Ibidem, pag. 27.
25. Ibidem, pag. 37.

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