Sei sulla pagina 1di 40

Storia Medievale

Il grafico della popolazione nel millennio medievale dimostra due importanti picchi: in negativo il picco di 18 mln nel
VII secolo e, in positivo, dopo un’ascesa che si fa più rapida intorno all’anno mille, è segnato alla fine del 200, quando
cominciano a manifestarsi degli elementi di crisi come malattie e epidemie, con poi il crollo drammatico da 74 a 60
mln conseguente a una serie di episodi epidemici come vaiolo, febbri e influenze del primo 300, fino all’avvento della
peste bubbonica nera del 1347-48.
Anche il picco negativo del VII secolo è dovuto in particolar modo a malattie. Si suppone che ci siano già stati degli
episodi di peste e vaiolo che colpiscono l’impero romano, causando, solo a Costantinopoli 300k di vittime.

In questo periodo travagliato per l’impero romano, si espande molto velocemente l’islam inteso sia come religione che
come istituzione. A partire da Maometto nel 622 a Medina, fino ai califfati, l’Islam in poco tempo si impossessa
dell’impero persiano, del nord africa e tutto il medio oriente, fino a quasi l’intera Spagna. Qui si interseca la tesi di
Henri Pirenne che sostiene che la crescita carolingia e il risollevamento europeo medievale, non sarebbe stato
possibile senza l’espansione islamica che stringe l’Europa in una morsa.

Prima di affrontare l’espansione dell’Islam, è utile parlare della diffusione del cristianesimo, una religione basata sugli
scritti del Vangelo i cui contenuti etici assomigliano a correnti del mondo ellenistico, come le credenze filosofico-
religiose greco orientali. Vede la formazione di comunità nelle città che pendono ad espandersi.
Gesù non è solo fondatore e profeta, ma è l’incarnazione di Dio. È una religione monoteistica essendo anche
imparentata con l’ebraismo, ma con anche delle controversie dogmatiche e dottrinali e con la presenza del concetto di
Spirito Santo e di Trinità, che comunque non intaccano il monoteismo. I cristiani mettono in discussione i culti del
mondo romano che avevano l’imperatore come oggetto di culto, divenendo poi oggetti, per questo, di persecuzioni
sotto Vecio, Valeriano e Diocleziano. Da queste persecuzioni, nasce l’editto di Milano di Costantino e Licinio del 313
che permette ai cristiani, e non solo, di professare la propria religione. La scelta di Costantino è prevalentemente
politica perché il culto in poco tempo si è trasformato dall’essere periferico e marginato ad essere molto diffuso e
largamente praticato. Oltre a questo riconoscimento, l’editto concede anche i diritti di natura patrimoniale, ovvero
che le chiese e le comunità formatesi attorno a questa religione avevano un patrimonio, formato con donazioni e
terre, che da allora era tutelato dall’impero.
Di carattere rilevante è l’editto di Tessalonica di Teodosio del 380 che definisce il cristianesimo religione di stato e
istituisce le persecuzioni nei confronti delle altre confessioni, anche quelle cristiane ma definite eretiche poiché ne
modificavano degli aspetti rispetto ai dogmi decisi nei consigli.
Vescovi, presbiteri e diaconi non hanno più ostacoli per diffondere la credenza, creando un patrimonio imponente e
con forti legami tra stato e chiesa. Fino ad allora i cristiani erano per lo più aristocratici che creavano chiese e
monasteri, ma qui il salto è grande: la comunità cristiana coincideva con la comunità dei sudditi dell’impero.

Dal 325, con il concilio di Nicea si apre la stagione dei grandi concili con Costantino, che convoca il concilio per
contrastare una dottrina molto diffusa nelle regioni orientali: l’arianesimo del prete Ario di Alessandria, che sostiene
che Cristo ha solo una natura umana a discapito della sua natura divina, mettendo in discussione anche la Trinità.
Questo è il primo concilio ecumenico, ovvero comunitario di tutta la cristianità e decreta che Ario debba cessare la sua
predicazione. L’Arianesimo è sostanzialmente una visione più semplice della figura di Cristo, questo spiega il perché
anche dopo il concilio, esso non cessa di esistere e anzi, al contrario, attecchisce tra la popolazione che apprezzava la
figura di Cristo più umana. L’editto di Tessalonica confermerà la decisione di Nicea e metterà l’arianesimo nella lista
delle condanne. Da queste decisioni nasce il Credo (preghiera).

Successivamente a questi culti e concili, si diffonde il Nestorianesimo, da Nestorio, vescovo di Costantinopoli, che
ammette una duplice essenza di Cristo: una umana e una divina. Nel 432 il concilio di Efeso, sempre ecumenico,
abolisce il nestorianesimo poiché mette in discussione la trinità e afferma l’unicità della persona di Cristo:
monofisismo. Oltre a questa credenza, veniva sottolineato che Maria era solo madre di Cristo, ma non madre di Dio.
Nello stesso concilio viene confutata questa tesi.

L’espansione araba, secoli VII-XI, e la diffusione della religione musulmana

La diffusione dell’Islam è molto rapida e travolgente. Tra il 632 (morte di Maometto) e il 732 (battaglia di Poitiers), ma
anche 751 per la sconfitta in Tajikistan, avviene il moto espansionista islamico. Le conquiste avvengono nei confronti, a
est, dell’impero persiano sassanide, dove prevaleva la religione di Zoroastro, e a ovest lungo tutte le coste
mediterranee e atlantiche del magreb, fino all’affronto dei visigoti in Spagna. Di fatto i confini di questo grande impero
si volgevano dai Pirenei fino alla zona di influenza cinese del Pamir.

Si tratta di una religione che nasce nella penisola araba, una zona infelice a livello economico e geografico. Quali sono
le ragioni per cui questa religione si diffonde in zone cristianizzate e romanizzate e molto ricche (Siria, Libano,
Palestina)?

Primi secoli di VII secolo. La penisola araba si trova in mezzo tra due imperi: l’impero bizantino, con Eraclio, e l’impero
sassanide persiano. Nel frattempo che tra i due imperi ci sono degli scontri, nella zona araba sta iniziando un processo
di conquiste con Maometto.

Penisola araba preislamica

La maggior parte della penisola arabica era desertica con un’agricoltura più prospera al sud, con popolazioni
sedentarie, mentre più all’interno c’erano i beduini, nomadi che percorrevano il deserto facendo a capo di oasi
agricole più sviluppate, dove si erano insediate delle zone di tipo urbano come La Mecca. Centri importanti di livello
sociale.
I beduini avevano come attività principale il commercio, ma anche guerrieri e difendevano i sedentari dai pericoli. Si
tratta di zone con un alto senso di solidarietà.
In questa zona erano già presenti diverse credenze e religiosi, ma senza una prevalenza l’una sull’altra. I luoghi di culto
erano concentrati nelle città come La Mecca, dove erano presenti diversi culti. Commercio e religioni andavano di pari
passo. La Mecca era dominata da una grande tribù familiare: i Kuraish. Essi controllavano il sistema dei pellegrinaggi e
delle merci.
L’Arabia non era un mondo isolato, ma piuttosto vivace e particolare. In questa situazione si innesta la predicazione di
Maometto.

Maometto

Maometto era un mercante di umili origini, parte di un ramo cadetto della famiglia Kuraish. Alcuni suoi parenti
controllavano le sorgenti e le fontane della Mecca. Dopo aver viaggiato, sposa Khadigia, vedova agiata, e non viaggia
più, dedicandosi alla meditazione e al pensiero religioso, proprio alla Mecca.
La sua predicazione inizia nel 610, molto aggressiva ed ispirata, che ha molto a che fare con il profetismo del vecchio
testamento, un dio unico per eccellenza di nome Allah, una figura che già faceva parte del pantheon mitologico di
quelle zone, ma che ora prevale sulle altre diventando unico dio e unico creatore.
La predicazione di Maometto, inizialmente, era composta da trattazioni molto semplici, ovvero quella di unico dio da
adorare e a cui sottomettersi e a cui essere fedele e riconoscente. Il castigo eterno, dopo la morte e il giudizio
universale, avrebbe colpito di impuri che non accettavano questa dottrina e avrebbe inoltre colpito coloro che non
avrebbero donato parte dei propri averi alla comunità dei credenti. Non c’è l’idea di arricchimento, ma prevale la
necessità di condividere le ricchezze per tutti. Si rivolge ad una società migliore, ma nonostante ciò incontra degli
ostacoli come la stessa famiglia Kuraish, la quale basava i propri interessi economici anche sul politeismo essendo loro
protettori e controllori di un sacco di santuari diversi presenti alla Mecca. Qui Maometto prese la decisione di
allontanarsi dalla città per sottrarsi da questi potenziali pericoli di persecuzione.

I Kuraish erano i custodi della Kaaba, un santuario della Mecca costruito da Abramo e Israele. Anche la sorgente di
Zemzem, prodotta dallo stesso Dio (genesi 21) detta “la sorgente miracolosa”. Queste erano alcune delle zone
controllate dalla famiglia. Anche la pietra nera, un grande meteorite che molte tribù arabe consideravano un feticcio,
era diventata un punto di riferimento per i pellegrinaggi.

Egira

Nel 622, Maometto e i suoi, si rifugiano a Yatrip (successivamente Medina), città della madre. Qui formò una nuova
comunità di credenti, con all’interno anche molti ebrei. Inizia il conteggio degli anni per i musulmani con l’Egira (la
fuga): Medina diventava la città del profeta, mentre La Mecca, la città del peccato.
Molti elementi della religione islamica primordiale avevano rimandi ebraico cristiani, come ad esempio la direzione
delle preghiere verso Gerusalemme. Dopo poco tempo, comunque, avvenne un distacco con gli ebrei di Medina. È in
seguito a questo distacco che Gerusalemme sparisce e La Mecca diventa la direzione delle preghiere e viene istituito il
mese del digiuno del Ramadan.
Iniziarono anche a scrivere gli insegnamenti e detti del profeta, gettando le basi del Corano.

Primi scontri militari

Bisogna immaginare questa comunità di emigrati che per sostentarsi praticava la razzia e il brigantaggio, che prendeva
di mira le carovane dirette verso La Mecca. Queste razzie colpivano molto anche la stessa economia meccana.
Nel 624 avvenne uno scontro, chiamato scontro del Pozzo di Badr, tra Medina e La Mecca, contro una carovana che fu
attaccata e sconfitta, i musulmani erano in numero inferiore, ma vinsero e ciò venne considerato come un gesto
favorevole di dio, dando lo stimolo a continuare.
Qui si affaccia il concetto di Jihad, che trae origine da questo periodo ed è il momento in cui i musulmani sviluppano
una coscienza di sé.

Ritorno alla Mecca

Nel 628 Maometto e i suoi tornano nella città, dopo anni di attività militare. Nel rientro in città, l’obiettivo era quello di
conquistare il controllo sulle zone di culto religioso. L’ingresso è accompagnato dalla distruzione degli idoli e da molte
conversioni sia tra i cittadini che tra i Kuraish. Quando il profeta morì nel 632, l’Arabia era unita e aveva come capitale
La Mecca e il concetto tribale era quasi sparito.
La predicazione era diventata una religione radicata nel territorio e aveva scardinato l’elemento di coesione in nome
di un culto comune.

Nuova società islamica

Pratiche religiose che si ispiravano alla vita di Maometto. I suoi seguaci raccolsero le sue rivelazioni di Allah e iniziano
questo grande libro, ultimato nel 653, composto da 114 capitoli, suddivisi in versetti, disposti non per argomenti, ma
con un criterio strano, da quelle più lunghe a quelle più brevi. Successivamente gli furono aggiunte le Sunna di
carattere normativo.
I principi base erano il culto di unico Allah e l’adorazione dell’ultimo profeta Maometto. Un monoteismo senza
compromessi con Maometto uomo e non figura soprannaturale. Rare immagini di Maometto perché proibito utilizzare
immagini antropomorfe. Qui entra in gioco, forse, una precauzione dopo che nel cristianesimo, riguardo all’uso delle
immagini, si crearono molti problemi.
Altri precetti dell’Islam furono aggiunti in seguito, più generali, chiamati “5 pilastri” ed erano più di carattere
normativo e consuetudinario.

Appena dopo il rientro da Medina alla Mecca, subito l’Islam inizia un processo di espansione con guerra, non diretta
alla conversione, ma proprio volto a conquista territoriale.

Jihad

Il tema di guerra santa è un tema spinoso. La guerra santa è una necessità insorta nella prima comunità islamica. Nel
corano c’è un’affermazione di Maometto che dice che non c’è un obbligo di conversione, condannando l’espansione
dell’Islam con la spada.
Alcune frange dissidenti dell’Islam (Kharigiti) aggiunsero la guerra santa tra i pilastri come spinta forte del mondo
arabo a un’espansione anche violenta, in vista di un benessere collettivo. Il termine Jihad non significa, come
specificato nelle origini del termine, “evangelizzazione forzata”.

Dopo la morte di Maometto

Maometto muore e non ha lasciato nessun erede e nessuna indicazione, lasciando i suoi seguaci divisi in più parti. I
compagni, coloro più intimi che hanno anche seguito Maometto a Medina; i legittimisti che elessero Alì come loro
erede (genero e cugino di Maometto) che auspicavano ad una generazione dinastica del governo; infine i Quraish
(detti anche Omayyadi), che si sentivano investiti di una missione di leadership. La fazione dei compagni si impose,
anche sanguinosamente, dando vita ai primi successori di Maometto, detti anche califfi, nonostante ebbero un
governo molto contrastante. Nel 656, Alì, riuscì a emergere.
Comunque le lotte al potere sono molto sanguinose e 3 su 4 califfi vengono assassinati e insorge il rischio che l’edificio
di Maometto crolli, ma ciò non accade perché avvengono numerose vittorie militari, molto inaspettate.

Le prime conquiste
L’impero bizantino e persiano furono le vittime principali di attacchi militari imponenti. Regna l’imperatore Eraclio a
Bisanzio, un imperatore molto conosciuto per le sue conquiste, ma nonostante ciò soccombe in una battaglia a
Gerusalemme nel 632 e nel 636, dovendo abbandonare la Siria, una regione mediorientale molto ricca socialmente ed
economicamente parlando. Dal 642 al 645 cadono nelle mani delle milizie musulmane anche l’Egitto e la Libia.
Anche sul fronte persiano, gli islamici riescono ad annullare il grande impero sassanide.
Ora l’Islam diventa anche navigatore utilizzando i grandi cantieri navali mediterranei, avviando attacchi anche
nell’Egeo contro i Bizantini che subiscono tracolli inaspettati e imprevedibilmente deboli.
Un cronista del tempo riporta “i miei concittadini sono molto contenti di questa conquista perché si liberano dal giogo
dei romani”. I Bizantini si erano fatti odiare per il fiscalismo troppo duro e per le persecuzioni religiose contro i
monofisiti, facendo preferire agli abitanti di queste zone di cadere nelle mani dei conquistatori.

Islam ed Europa. La diffusione della religione musulmana

Le conquiste essendo molto grosse e veloci, rappresentano anche un problema per l’integrazione sociale che implica
la ricerca di nuovi modi di governare. Gli islamici si affidano alle prescrizioni del Corano: il bottino di guerra doveva
essere spartito 1/5 al leader politico e 4/5 ai guerrieri, i quali effettivamente si arricchiscono molto per via delle grandi
conquiste. Col passare del tempo il pagamento del bottino si trasforma in uno stipendio per i combattenti, rendendo
imprescindibile una nuova amministrazione.
Da qui la nascita del Diwan (dogana) che era l’organo preposto al controllo delle tasse e all’amministrazione finanziaria
pubblica e militare.
Ogni provincia riceve un capo, Emir. Qui c’è evidente una integrazione delle costruzioni statali degli imperi sconfitti
nelle battaglie.
Quando subentra un califfo dei Quraish, Otmann, il mondo islamico cambia. C’è una maggiore capacità amministrativa
e distributiva e uno spostamento importante dei centri amministrativi dell’islam, non più tanto legati alla penisola
araba quanto più alla Siria e alle zone più sviluppate del nuovo stato. Questo perché il califfo Muavia sale al governo
dopo essere stato per molti anni emir della Siria.
Alcune popolazioni vengono considerate come “protette”, Dhimmi, che non sono arruolati nell’esercito e non sono
convertiti, essi pagano una tassa e fanno parte così del mondo islamico, senza la conversione.

La città di Najran

Città sulla costa della penisola arabica sul Mar Rosso. Nel 630 vengono stipulati dei patti, modello che poi sarà
esportato anche ad altre annessioni e conquiste. Questa città accetta di pagare un tributo e le condizioni imposte dai
musulmani. In questa città era presente una sede vescovile, dunque la cristianità era molto importante. Così si
dichiarava che i cristiani di questa città erano protetti e potevano praticare la loro religione.

Califfato elettivo

Nella fase del califfato elettivo prevale la figura di Othman, dotato di potenti clientele. Dopo che viene eletto Alì, che
poi viene assassinato, emerge la figura di Muavia, dopo il quale si instaura una vera e propria dinastia di califfi
appartenenti agli Omayyadi, dal 660 al 750. Questo non significa una competa pacificazione con tanti elementi di
dissenso, ma questa è la grande fase della espansione che va molto oltre la penisola araba, dall’Indo allo stretto di
Gibilterra, gli assalti verso Costantinopoli, ma senza successo.
Il 711 è una data importante perché gli arabi passano in Spagna e abbattono il regno dei Visigoti e già alcuni anni dopo
si spingono aldilà dei Pirenei.
Questa grande espansione ha ripercussioni sulla storia europea, oltre che per i motivi religiosi, infatti molte zone
cristiane vengono islamizzate, ma anche per motivi economici e commerciali. Ora il baricentro del mondo cristiano si
sposta più verso nord e Costantinopoli perde molto della sua centralità.
Nel 750 la dinastia meccana degli Abbasidi, con forti appoggi in Persia e Baghdad, riesce ad impossessarsi del califfato
e ad instaurare una dominazione che proseguirà per secoli. Gli Omayyadi rimangono al potere in Spagna dove nasce
un califfato indipendente, seguirono anche Marocco, Libia ed Egitto con i Fatimiti che riusciranno a impossessarsi della
Siria. Questi territori rimangono uniti dall’unità religiosa, nonostante le divisioni sunnite e sciite, ma manca la coesione
territoriale.
Gli Omayyadi

Quando nel 660 Muavia prende il potere, il califfato diventa ereditario e la capitale sarà Damasco.
Società organizzata con divisioni tra i credenti e “il resto” e gli schiavi.
Importante anche l’arte sotto questo periodo di dominazione con le città che si vedono decorate in modo
magnificente e fortilizi lussuosi.
I convertiti, in questo periodo, non possono entrare a far parte dell’esercito, suscitando diverse rivolte.

Età degli Abbasidi

Portatrice di novità. A differenza del governo precedente, utilizzando una lingua propria (prima più greco, copto,…) e
strutture amministrative proprie caratterizzate da esperienze arabo-musulmane.
Tra il 685-705, il califfo avvia un’arabizzazione dell’amministrazione pubblica in Egitto, Siria e Iraq, dove l’insediamento
arabo è stato più completo ed efficacie.
Vengono forgiati i dinar e i diran (monete oro e argento), con una sostituzione delle monete bizantine e sassanidi che
non spariscono ma circolano molto meno. Lingua araba diffusa. Nuova figura funzionaria: il Visir: primi ministri che
avranno potere esecutivo quando il califfo non sarà a disposizione o quando, in futuro, verrà messo più in disparte.
Le città si arricchiscono anche sotto il punto di vista urbanistico. Baghdad diventa capitale del mondo abbaside, creata
ex novo tra il Tigri e l’Eufrate.
Realtà agraria abbastanza sviluppata ma con punti deboli e culturalmente parlando si vive un incontro tra cultura
beduina e cultura ellenistica, un incontro felice che dà alla luce molte iniziative come anche traduzioni di importanti
scritti classici in lingua araba che aiutano allo sviluppo scientifico culturale delle zone arabe. Questo comporta uno
sviluppo anche nel mondo europeo se pensiamo anche solo alla diffusione dei numeri arabi.

L’età degli abbasidi e dunque il momento culturale più importante della civiltà araba e le conquiste espansionistiche si
sono fermate.
Il califfo è più simile ad un monarca, anche per la divisione della società e si individua come capo politico, ma
soprattutto come capo dei credenti, come un Imam. Quello degli abbasidi è dunque il periodo più ortodosso. È un’età
dove l’idea di comunità islamica è più forte.
Nel 1055 arrivano i turchi selgiuchidi dalle steppe mongole che assediano e conquistano Baghdad e poi nel 1070
Gerusalemme, sconfiggendo poi i Bizantini e insediandosi in Asia Minore.

La conquista della Sicilia

Siamo oltre l’epoca della grande espansione. La conquista non parte dal mondo Abbaside ma da iniziative piratesche
formatesi nella zona della Tunisia che hanno come obiettivo l’attacco delle coste della Sardegna e della Sicilia, dai
Saraceni. Si tratta di una conquista fatta pezzo per pezzo che va dal 827 al 902 con la conquista di Taormina, ultimo
insediamento bizantino.
Già nel 878 quasi tutta l’isola è stata conquistata. La dominazione araba lascia molti monumenti e costruzioni e si
instaura una economia molto fiorente e, diversamente da oggi, era dotata di grandi centri agricoli, specialmente di
cereali.

I Longobardi in Italia

Avvenimenti post 476, Roma appena stata saccheggiata dai Visigoti e poi arrivo degli Ostrogoti e si succedono poteri e
zone di controllo nella Penisola.
Cade anche il sistema schiavistico e quindi mancavano braccia per coltivare i campi che molti rimanevano incolti. Cade
anche il sistema statale romano e quello fiscalistico e quello di approvvigionamento delle città. La società, in sostanza,
perde il riferimento della società politica, dovendo rivolgersi a privati e a grandi proprietari terrieri che offriranno
protezione, lavoro e sussidi (commendatio, accommendarsi ad un potente. I piccoli proprietari terrieri cedono la terra
ai grandi per poi riceverla in uso).

Longobardi

Arrivano nel 568, in primavera, dopo movimenti già iniziati da mesi nella zona del Friuli. Questo grande spostamento
composito di 100 mila persone, guidate da re Alboino, provenienti dalla Pannonia (Ungheria) era un coacervo di tribù,
che dilaga in Italia, favoriti dalla crisi greco-gotica, protratta per un paio di decenni che aveva riportato il controllo
bizantino in Italia ma ad un altissimo prezzo.
I Longobardi si spostano perché schiacciati da movimenti di altre tribù provenienti dall’asia (tra cui gli Unni). Paolo
Diacono, principale narratore della vicenda dei longobardi, parla di origini scandinave.

A fianco del re ci sono i duces che conducono gli uomini in armi. Le conquiste sono rapide nella pianura padana, nel
572 conquistano Pavia che dopo alcuni anni diventerà la capitale del Regno Langobardorum.

L’insediamento principale è la pianura padana a macchia di leopardo, le coste rimangono in mano bizantina. La nascita
di insediamenti avviene da iniziative personali dei duces, il primo fu Gisulf in Friuli.

Il nome di queste tribù e stirpi è di “fare”, radice del verbo “far”, “viaggiare”. Combattono per iniziative principalmente
isolate verso la Toscana o per sottomissione di varie terre già bizantine. In pochi anni controllano quasi interamente la
penisola italiana ad eccezione della Liguria che verrà conquistata molto più avanti, intorno alla metà del VII secolo.

La prima organizzazione e gli insediamenti

Ai bizantini rimane Ravenna, alcuni centri di Umbria e Marche, Roma e il Lazio, la Puglia e la Calabria, le isole, Napoli e
Amalfi. Le principali longobarde sono Pavia, Milano, Spoleto e Benevento, la quale diventa la capitale di un grande
ducato con un territorio con quasi tutta l’Italia meridionale, che resisterà per altri 300 anni anche all’invasione dei
Franchi, fino all’arrivo dei Normanni.
Il concetto più importante dell’arrivo dei longobardi è quello di frattura e cambiamento. Cambiamento sia dell’assetto
sociale e della statualità, ma anche geografico: un’Italia longobarda e una bizantina.
Paolo Diacono, un chierico longobardo, principale storico, dice che l’arrivo dei longobardi portò a episodi molto
violenti con effetti distruttivi nei confronti di una società già indebolita. Storia fatta conflitti, scontri e lacerazioni
perché anche i duces si scontrano tra di loro.
È una società principalmente guerriera e fondata sul prestigio militare dei guerrieri, chiamati “arimanni”, solo il
guerriero è veramente libero. Conta poco la proprietà fondiaria perché è una società con tradizione nomade.

Il connotato principale della società barbarica

Società bellica e divisione in tribù erano già state riportate dagli scrittori latini del I secolo. Tacito scrive il De Germania
e racconta che i capi convocavano i guerrieri per le decisioni più importanti e rimane scioccato dal funzionamento di
queste assemblee per i comportamenti un po’ arretrati che avevano per esprimere la loro approvazione o meno

Le vicende del regno longobardo dopo le prime conquiste

I connotati tipicamente germanici si modificano dopo l’arrivo in Italia: gli arimanni ricevono delle terre da controllare
ed essi a loro volta le suddividono tra i propri guerrieri, dando vita ad un elemento fondiario.
Nel 572 Re Alboino viene assassinato e viene eletto dai duces il re Clefi, anch’egli assassinato. Sintomo di difficoltà di
dare un capo ad una società guerriera ed individualista, quindi per diversi anni non vengono eletti re e i duces si
sparpagliano. Nel 584 eleggono il duces Autari e ognuno dei duces conferisce al re un fisco regio che dà al re
superiorità sui duces. Morto Autari nel 590, la vedova, la regina Teodolinda, cristiana (professione ariana del
cristianesimo), descritta da Diacono come volitiva, affascinante, profilo culturale significativo, diventa protagonista e
sceglie tra i duchi il suo sposo, Agilulfo che diventa, dunque, re.
Teodolinda intrattiene anche i rapporti con papa Gregorio Magno a Roma, sintomo di una progressiva attrattiva del
cristianesimo su questo mondo.
Dal 636 al 652, regno di Rotari che mette in moto i suoi collaboratori per mettere per iscritto le leggi tramandate solo
oralmente: editto di Rotari.

La questione religiosa

Rinunciano all’arianesimo nel 653. L’editto di Rotari è scritto in latino.


La conversione al cristianesimo completa parte dai vertici, poi le popolazioni, non sempre pronti ad accettare la
conversione, l’arianesimo sussisterà ancora per un po’ di tempo e nelle campagne continueranno piccoli riti e culti
animistici. Secondo gli storici, l’integrazione c’è ugualmente perché i contadini italici erano già convertiti prima
dell’avvento dei longobardi, generando una fusione dopo un primo periodo di forte scontro.

L’editto di Rotari e i re
I duces creano delle curtis, le cui terre sono di proprietà del re, ma rimane a loro una grande autonomia, come
succede a Spoleto e Benevento che hanno una storia a sé. A Pavia c’è un palazzo reale con anche l’amministrazione
regia.
Nel 643 viene redatto da re Rotari il codice di leggi longobarde. Il re è una figura importante, perché attraverso le leggi
dichiara di voler tutelare l’interesse collettivo, mettendosi al di sopra della società e al di sopra di quelle tensioni che
rischiano di logorare il regno, rendendo più forte il re rispetto ai duces, mentre prima era un primus inter pares.
Nell’editto di Rotari è innegabile notare un’idea di regalità specificatamente latina e romana, ma anche la speranza e
la proposizione a non dimenticare le tradizioni germaniche del popolo. Altre note dell’editto si occupano di reati,
famiglia, vieta la giustizia privata e disciplina l’attività dei funzionari regi (gastaldi, amministratori delle proprietà del re
e della giustizia che si contrappongono ai duces). Nel secolo VIII il gastaldo Varnefrid diventa un personaggio molto
ricco e influente che controlla il territorio senese sotto Liutprando in modo del tutto autonomo.

Esiste un feudalesimo longobardo?

I Dasindi regi erano simili ai vassalli del re franco, giuravano fedeltà e ricevevano terre e ville. Ci sono degli elementi
simili con il feudalesimo franco. Anche “trustis”, insieme delle guardie del corpo e vicini che il re premia attraverso la
protezione e il mantenimento in cambio di fedeltà.

Religione e politica

La scelta religiosa era stata determinante per la durata e l’integrazione dei regni barbarici nell’Europa post romana. I
longobardi erano ariani e la conversione al cristianesimo è lenta, ma inesorabile. La regina Teodolinda aveva aderito
alla dottrina dei 3 capitoli che si ricollegava alle correnti monofisite del concilio di Calcedonia del 450.
Il papa in quel momento non aveva molto potere, anche se qualcuno dei vescovi di Roma iniziava a pensare ad un
primato i quanto successore di Pietro. Molto importante era ancora il patriarca di Costantinopoli, le cui scelte avevano
ancora molto influenza anche in Italia.
Gregorio Magno, papa di Roma alla metà del 500 che scrive i Dialogi, un vescovo culturalmente agguerrito e
prestigioso. Fu anche un grande evangelizzatore che inviò anche preti in missioni in zona dell’isola britannica, quindi
anche la sua presenza in Italia fu importante per i longobardi. Una delle sue più grandi preoccupazioni era proprio la
conversione. Una sua grande interlocutrice fu proprio la regina Teodolinda. Re Rotari è ancora ariano, ma il re Ariperto
era cattolico.
L’istituzione monarchica subisce delle vicende molto controverse perché sono impegnati molto militarmente, i duchi
sono potenti e cercano di imporre i loro candidati per le successioni al regno, quindi i re cercano di mettere al potere i
propri figli e nipoti, ma questo fa nascere conflitti.
Nell’VIII i re hanno molti contrasti con i papi di Roma e questi ultimi hanno molti attriti con Bisanzio. Quindi Liutprando
cerca di espandere il proprio dominio in Italia anche nei confronti del papato.
In queste situazioni i duchi di Spoleto e Benevento, spesso si schierano col papato.

Merovingi e carolingi

Il dibattito lombardi-romani

I longobardi portano una dominazione con forte discontinuità rispetto al passato. Il tema dell’impatto dei longobardi
sulla società latina è una discussione attiva da secoli. Nel 1700, Ludovico Muratori, autore di molte cronache
medievali, è convinto che nonostante questo forte impatto, la fusione tra longobardi e latini avvenne molto
rapidamente; Manzoni ne ha un’opinione opposta in quanto vede i longobardi come oppressori del volgo latino (i
longobardi sono forestieri come gli austriaci). Oggi che le questioni risorgimentali sono accantonate, si tende a dare
ragione a Muratori, a ritenere che la fusione tra le due etnie fu rapida e spedita perché se è vero che i latini subirono
delle prevaricazioni, i longobardi si avvicinarono fin da subito alla cultura locale, dimenticando anche la propria lingua
(l’editto di Rotari è scritto in latino); anche sotto il punto di vista religioso si convertono e nell’VIII secolo si
costituiscono a livello amministrativo più similmente a una società latina.

Il regno di Liutprando

Re ricordato principalmente per la riforma sulla legislazione. Si proclama re cattolico.


La sua politica è espansionistica e non è ben visto perché il principale obiettivo è il ducato di Roma. Nell’VIII secolo il
papato sta discutendo con forti tensioni con l’Impero Bizantino, dove si è affermata la condanna delle immagini
(iconoclastia).
Nonostante la conversione, i longobardi non furono mai accettati dal papato come dei buoni cristiani, quindi i rapporti
non erano molto buoni.
Nel 728 Liutprando riesce ad occupare Sutri, non lontano da Roma. Gregorio II (papa) riesce a far restituire Sutri al
papato e da questo episodio nasceranno le congetture future che porteranno a considerare che dalla donazione di
Sutri nasca un dominio terreno del papato.
Liutprando porta a termine delle pericolose incursioni militari, i duchi di Spoleto e Benevento sono obbligati a portargli
obbedienza e qui pone d’assedio Roma, che però durò poco. Si trattò di un conflitto molto mobile, ricco di conquiste e
territori persi a macchia di leopardo, senza riuscire a mantenere il controllo.

VIII secolo, i regni di Astolfo e Desiderio

La civiltà longobarda vede una ripresa sociale ed economica, meno felice questo periodo per l’Italia bizantina, con
continue insurrezioni e con una sorta di anarchia collettiva.
Diventa importante la grande proprietà terriera. Re Astolfo ricordato per alcune riforme che si allontanano dalla
tradizione longobarda, specialmente con delle riforme dell’esercito su base censitaria. È molto attivo in politica
espansionistica, ripetendo gli attacchi verso Roma e Ravenna. Il papato (papa Zaccaria e papa Stefano II) per
contrastare i longobardi si rivolgono ai Franchi di Pipino il Breve, che entra in Italia e ripete vari interventi militari
sconfiggendo Astolfo inducendolo alla ritirata. Sconfitto una seconda volta, i territori conquistati dai Bizantini,
vengono ceduti al papato.
Desiderio diventa re dopo Astolfo e, secondo dei trattati, doveva restituire dei territori, ma invece riprende i conflitti.
Questo re associa all’eredità al trono suo figlio Adelchi, uno dei problemi principali dei longobardi era proprio la
successione al trono dato strapotere dei duces che rendeva difficile scegliere un erede.
Alla morte di Pipino viene stipulata una pace e un’alleanza con due matrimoni di Carlomanno e Carlomagno con le
figlie di Desiderio, Ermengarda (non ufficiale) e Gerberta. Di lì a poco Carlomanno muore e Carlomagno si trova da solo
a capo del regno e ripudia la sposa longobarda, rompendo l’alleanza.
Dopo la ripresa dei conflitti tra il papato (Adriano) e i longobardi, Carlomagno scende in Italia e velocemente, in Val di
Susa, sconfigge i longobardi definitivamente. Dopo la sconfitta, i duchi di Spoleto e Benevento si sottomettono a
Carlomagno.

Le conquiste dei Franchi V e VI secolo

Già nel 406, i Franchi sono un gruppo molto coeso di barbari inseriti all’interno dell’esercito dell’Impero Romano. A
metà del V la tribù dei Franchi Sali si espande nella Francia settentrionale e nell’odierno Belgio.
Nel 481, Clodoveo, che aveva posto la sua capitale a Parigi, comincia ad ottenere grandi successi espandendosi nella
zona del Reno e della Gallia. Sempre sotto la sua guida, i franchi combattono i turingi e gli alamanni, ottenendo
significativi successi. Nei primissimi anni del VI secolo risalgono la conversione di Clodoveo e del popolo franco; così
non avviene il passaggio all’arianesimo e poi l’approdo al cattolicesimo, ma direttamente da pagani a cattolici.
Una data da ricordare è l’affermazione sui visigoti del 507 nei pressi dei Pirenei, che li costringe a spostarsi in Spagna,
dove formeranno un regno fino all’arrivo degli Arabi. Nel 511 muore Clodoveo e secondo le costumanze delle stirpi
franche, divide il dominio tra i figli, divisioni che saranno alle origini di una debolezza costante del regno franco come
emergerà soprattutto nel VII secolo.

La dinastia merovingia e quella dei pipinidi

Il regno dei figli di Clodoveo sarà tormentato con una serie di molti candidati al trono in concorrenza tra di loro. Alla
fine del VI secolo si erano formati due forti compagnini territoriali: Austrasia (Reno) e Neustria (Parigi), la guerra civile
che esplode ai vertici della dinastia merovingia è molto sanguinosa, ma anche romanzesca, poiché dopo l’assassinio
dei due re, le rispettive regine parteciparono attivamente a congetture per decidere le successioni.
Il regno è composto da diverse realtà regionali, unite in un unico regno con diversi satelliti minori tra ducati e territori
locali. I funzionari regi (maggiordomi delle due corti, in particolare dei pipinidi di Austrasia) hanno sostanzialmente in
mano l’amministrazione del regno. I maestri di palazzo erano importanti anche privatamente, perché erano grandi
proprietari terrieri, monopolizzavano la carica rendendola dinastica e molti di loro erano guerrieri valorosi. In risultato
ad una fusione col mondo romano, anche qui il possesso fondiario diventa elemento di ricchezza e prestigio.

Il discendente dei pipinidi fu Carlo Martello, che grazie ai successi militari inizia una nuova dinastia (nel 732 a Poitiers
aveva posto fine all’avanzata araba). Egli decide di non deporre i re merovingi, non diventando re. Alla sua morte ha
due figli, Pipino e Carlomanno, che diventano re di fatto perché la dinastia merovingia decade di importanza. Dopo la
ritirata in un convento del secondo, Pipino, detto il breve, rimane solo in carica nel 746.

La regina Brunilde

Moglie di un re merovingio era di stirpe visigotica e le cronache narrano di una donna piena di fascino, moglie del re
Sigeberto di Austrasia. Alla morte per mano violenta di Sigeberto ella viene arrestata e segretamente sposa il figlio di
Chilperico, fratello e nemico di Sigeberto, uomo violento e brutale, imputato principale dell’assassinio della moglie,
sorella di Brunilde. Alla scoperta del matrimonio segreto la caccia da corte e la costringe a scappare in Austrasia.
Il figlio di Brunilde, Fildeberto era sostenuto, come erede, dall’aristocrazia locale e quando sta per diventare re,
l’aristocrazia prende il sopravvento e decide di dare l’incarico al figlio di Fildeberto, il quale diventa re di Burgundia.
Ora Brunilde, soddisfatta di aver piazzato suo figlio su un trono, architetta una vendetta contro i suoi nemici e nel
frattempo diventa reggente di Borgogna e Austrasia, dalla quale viene cacciata. In Borgogna, riesce a portare a
termine una serie di congetture per assassinare e rovesciare i suoi nemici in Austrasia e Neustria. Il re di questo,
Clotario, riuscì a catturare Brunilde e la torturò dichiarando che lei avesse ucciso 10 re. Morì a 60 anni dopo una vita di
assassinii e trame.

Carlo Martello

Sceglie di non assumere il titolo regio perché sarebbe stata una decisione molto impegnativa, i merovingi erano deboli
ma erano legittimi. L’episodio più celebre della sua carriera militare è Poitiers contro gli arabi.
In Spagna dominano gli arabo-berberi e passano i Pirenei, cercando di occupare la Settimania nel 721. Questi avevano
un alleato nel Duca di Aquitania, un’alleanza opportunistica, ma molto difficoltosa che induce il duca a cambiare
presto bandiera. È proprio sulla marcia verso l’Aquitania che Carlo Martello intercetta l’esercito arabo e lo sconfigge,
uccidendo anche il comandante in capo nemico Abd Er Amman.

Le imprese di Carlo Martello

Difesa dagli arabi e dalle popolazioni in rivolta: spedizioni che richiedono molti uomini e risorse, cavalieri
pesantemente armati. Il problema è dove trovare le risorse per mantenere questi eserciti. Il sistema fiscale non
aiutava perché era molto debole e non riusciva a creare forme di tassazione regolari, quindi la soluzione era nel
mondo ecclesiastico, una serie di provvedimenti che eliminavano le prerogative che gli enti ecclesiastici avevano
ottenuto e grazie alle quali avevano accumulato immense ricchezze. Costringe anche gli ecclesiastici, in modo
probabilmente illegale, a mantenere dei cavalieri o a cedere parte dei loro averi. Questo aspetto della politica di Carlo
Martello è visto dagli storici come l’inizio del vassallaggio, fatto di tre elementi, il beneficio, il servizio e la fedeltà: i
cavalieri lasciati mantenuti dagli ecclesiastici mantenevano il controllo sul territorio e ne diventavano padroni
(beneficio), e offrivano fedeltà e esercizio militare.

La legittimazione della dinastia austrasiaca

Pipino il Breve decide che è ora di porre fine al potere merovingio che ormai non ha più autorità e prestigio. Chiede
aiuto al papa nel 749 a papa Zaccaria chiedendogli se sia bene che i franchi abbiamo un re senza potere e il papa
acconsente alla deposizione di Childerico ultimo re merovingio e Pipino viene incoronato re dei franchi e benedetto da
papa Bonifacio. Papa Stefano II (in contrasto con i longobardi) decide di allontanarsi da Roma e si rifugia da Pipino. Il re
dei franchi diventa ufficialmente il protettore del papato.

Il regno di Carlo Magno – il nuovo Impero

Carlo Magno, un re cristiano

La corte di Carlo è composta prevalentemente da uomini del clero, personalità provenienti da diversi territori del
territorio, ma anche provenienti da fuori come Alcuino da York e Paolo Diacono (longobardo). Qui si formava la scuola
palatina, sintesi di diverse tradizioni europee e momento conclusivo di una circolazione di testi e idee che sopravvive
alla fine della dinastia carolingia e basata sugli insegnamenti del cattolicesimo romano. In tutti i centri di scrittura si
riprendevano a leggere i classici greci e latini, cristiani e non, dando vita ad una rinascita carolingia culturale che parte
dall’alto, direttamente da Carlo, uomo non dotto ma molto curioso, il cui obiettivo era l’istruzione e la creazione del
clero, che doveva essere preparato, attento e attenersi ad un modello culturale uniforme in tutto il territorio
controllato.
Carlo Magno e i modelli della romanità

I modelli culturali e ideologici hanno un evidente rimando alla romanità. Carlo desiderava restaurare l’antica gloria
della città di Roma, ma ad Aquisgrana, il cui palazzo imperiale, costruito ex novo dallo stesso Carlo, era interamente
ispirato ai classici dell’arte romana, è qui che scribi e intellettuali operano e promuovono la riscoperta e l’uso del latino
aulico.

La minuscola carolina, una novità della cultura carolingia

Si tratta di una scrittura, detta carolina, di cui non si sa di preciso il luogo della sua nascita poiché i suoi centri di
diffusione sono multipli e contemporanei. Si vede il tentativo di rendere la scrittura più chiara, nitida e comprensibile.
Si impone in Europa per diversi secoli e si troverà ancora nel 1300 per esempio in Petrarca e più in generale negli
umanisti specialmente italiani. Il carattere Times New Roman è il carattere odierno che raccoglie l’eredità della
minuscola carolina.
Detta minuscola perché la maiuscola ha origine e ispirazione romana latina.
È in questo ambiente che Alcuino fece redigere la sua versione revisionata attentamente in punteggiatura e ortografia
della Bibbia che circolò per tutta l’Europa per molti secoli.

L’incoronazione dell’anno 800, un episodio controverso

Con la conquista del regno longobardo, il rapporto tra Franchi e papato diventa più saldo. Il papato conferisce dignità
al governo di Pipino e al suo regno. Re cristiano che amplia l’evangelizzazione e guida della cristianità. Il papato si
distacca da Costantinopoli dopo il periodo di iconoclastia che vive quest’ultima.
Papa Leone III, attaccato da più parti aveva chiesto aiuto a Carlo per difenderlo da esponenti della aristocrazia romana.
L’esito di questo contatto è l’incoronazione di Carlo la notte di Natale del’800 che costituisce un riconoscimento di
fatto del dominio imperiale.
Il pontefice è fautore di un ritorno a Roma dell’istituzione imperiale che vi mancava dal 476. La scelta di incoronare
Carlo Magno ha un significato antibizantino e crea un legame molto forte tra papato e impero franco come
continuatore dell’universalismo romano, il quale però non si esercita più sul Mediterraneo, bensì con un baricentro
spostato più a nord.
Carlo magno si dichiara poco contento di questa incoronazione poiché forzato dal papa stesso e dalle sue idee
politiche. Le cronache narrano che sia stato il papa a incoronare Carlo, ma che poi si fosse prostrato.
Nell’813 Carlo associa al trono suo figlio Ludovico e non chiede l’intervento di un monastico o papale e l’incoronazione
avvenne da sé senza intercessioni.

L’ordinamento pubblico carolingio

Al territorio fu imposta un’amministrazione in parte nuova e in parte ricalcante le esperienze passate, ma sicuramente
più consone e omogenee. L’impero venne diviso in più zone amministrative che vennero spartite tra i figli
dell’imperatore e da funzionari particolari che governavano in circoscrizioni chiamati marchesati, comitati e ducati.
Questi potevano essere di varia estensione ed erano affidati ai comes, aristocratici, essi dovevano arruolare i liberi
nell’esercito, guidarlo, amministrare giustizia, gestire le imposte e mantenere la pace. Concetto di pace cristiana
quindi il regno era il primo promotore e assicuratore di pace.
Marche e marchesati più grandi per estensione, i ducati più ai margini erano le istituzioni che già erano ducati prima
del dominio franco, come la Baviera.
Altra nuova figura istituzionale erano i missi dominici che venivano scelti tra laici ed ecclesiastici il cui compito era
fungere da ispettori viaggiando per il regno e osservavano l’attuazione e il corretto seguito delle leggi.
Si tenevano delle grandi assemblee, placito e mallus publicus, spesso presiedute dal re o dalle autorità della contea e
dai vescovi. Riunioni solenni con molti dignitari dell’impero in cui si promulgavano leggi dette capitolari (più capitoli), i
quali avevano una valenza generale su tutti i cittadini liberi del regno, ma non decadevano le leggi singolari che fossero
bavaresi, borgognoni, …

Numeri
Stato carolingio più un grande impero con confini poco stabili, quindi non definibile stato con il concetto
contemporaneo del termine.
200 palazzi, residenze regie e 600 residenze agrarie, 500 monasteri, di cui 200 dipendevano dal re, 189 città con sedi
vescovili. Villaggi affidati ai comites e i ducati e le marche, c’erano almeno 1500 centri abitati dove si esercitava
l’autorità del re. Poi c’era il mondo dei vassalli, ovvero coloro che giuravano fedeltà al re direttamente, per un totale di
circa 1800 vassalli.
Quando il re convocava l’eribanno (riunione generale dell’esercito), riusciva a radunare 35k cavalieri e 100k di uomini.
Nella spedizione del 796 contro gli avari in Pannonia parteciparono 15k cavalieri a cavallo. Per l’epoca il regno franco
era sicuramente una grande macchina da guerra.

I capitolari

Attività legislativa molto ampia e intensa. I capitolari erano editti in modo romano con un carattere molto solenne. Nel
779 venne emanato il capitolare di Eristal che disponeva sul funzionamento di vari istituti ecclesiastici regi. Anche i
capitolari dei missi dominici furono importanti secondo il principio che laici ed ecclesiastici dovessero concorrere in
armonia. 784 capitolare su rapporto del regno con le egemonie monastiche.
Altri capitolari vennero emanati per completare le leggi regionali dei bavari, avari, longobardi, … molti riguardavano
sui delitti e i reati come il banditismo.

Il capitolare di Quierzy-sur-Oise (877) sull’ereditarietà dei feudi regi

Famoso questo capitolare perché riguarda l’ereditarietà dei feudi regi e proclama che alla morte di un conte, se è
presente un figlio, egli prenderà il potere insieme ai vescovi e agli amministratori della contea. Se il figlio non c’è, alla
morte del conte, il re prende il potere. Se il figlio è presente e sarà dichiarato in grado di succedere nella carica,
riceverà gli onori. Primo passo verso la dinastizzazione delle cariche pubbliche. La tendenza della dinastizzazione viene
confermata anche secoli dopo nel 1037 quando Corrado II permetterà anche la successione dei benefici.

Espansionismo militare

Le grandi conquiste militari dei franchi con Carlo Magno

I territori di Pipino il breve dopo la sua morte del 768, vennero divisi, come era in uso all’epoca, tra i figli Carlo Magno
e Carlomanno. Quest’ultimo muore nel 771 e Carlo Magno riunisce tutto il regno nelle sue mani. Non si limita di
riunire internamente i territori, ma pianifica anche un’espansione su larga scala per procurare bottini e terre per
pagare cavalieri e seguaci.
Si spinge aldilà del Reno, nell’odierna Germania. 772 inizia la serie di guerre contro i Sassoni, per 30 anni, ai quali viene
imposta con la forza la conversione al cristianesimo (prima pagani). Anni di guerre ripetute costellate da massacri,
rivolte e battaglie, fino a che Viduchindo, capo dei Sassoni, accetta il battesimo e la sottomissione a Carlo.
Verso est l’espansione ingloba vaste zone della Germania centromeridionale e incontra delle difficoltà nel
sottomettere la Baviera perché il capo, Tassilone, imparentato con i pipinidi, si ribellò più volte. Anche in Austria
odierna ebbe da affrontare la popolazione degli avari.
774 acquisizione del regno longobardo in Italia.
Verso l’Islam ci furono degli accordi con l’emiro di Cordova per espandere il dominio carolingio anche in quella
direzione. Episodio da ricordare la battaglia di Roncisvalle dove nomadi baschi attaccarono e sconfissero l’esercito
franco.
La capacità militare dell’impero sta nella pratica di dare ai cavalieri delle terre in beneficio che permetteva lealtà e
motivazione, ma sotto il punto di vista tecnico è di importanza elevata anche la caratteristica della cavalleria franca,
pesante e ben attrezzata. Anche la professionalizzazione dell’esercito contribuisce.

Le campagne militari

Con questa serie di campagne, il regno si era molto ampliato e nel 814, dopo la sua morte, il dominio era di più di un
milione di km quadrati. Oltre le varie espansioni, il dominio di Carlo Magno ha conosciuto anche un periodo di difesa
dei confini (con successo) contro le popolazioni danesi e del nord Europa.

Feudo, feudalismo, feudalismo, il rapporto vassallatico beneficiario


L’impero trae la sua forza anche grazie ai funzionari e agli impiegati regi, ma la forza principale nasce anche
dall’esistenza di un forte nucleo di vassalli. Questo istituto, presente in qualche modo già in Carlo Martello, col tempo
si perfeziona e arriva a piena maturazione nell’VIII secolo.
Il feudo è un legame di natura personale, da uomo a uomo, tra senior e vassus che presenta l’omagium che vincola tra
loro individui diversi che prevede un servizio, un bene che garantisce il mantenimento del vassallo e la fedeltà che si
traduce nell’omagium. Già nel mondo romano erano presenti dei legami clientelari come la commendatio (più poveri
ricevevano protezione presso l’accomodamento dai più ricchi). La trustis franca, raggruppamento di soldati che
prestava le proprie azioni per servire un capo per ottenere un bottino, era un altro antenato del feudo, che proviene
dalla fonia germanica del termine bestiame. L’incontro tra franchi e romani crea un rapporto più strutturato tra
vassallo e signore. Il bene concesso dal signore al vassallo era il beneficium. Questo rapporto non è solo tra i guerrieri
e il re, ma può interessare anche i potenti e i proprietari terrieri con i sottoposti di importanza pubblica e sociale
inferiore.
Il vassallo rafforza l’ordinamento pubblico. Il re può contare su questa rete vassallatica per controllare e amministrare
esercito e territori. Per mantenere attivo questo sistema servivano dei beni imponenti che, in un primo momento
furono trovati nelle proprietà ecclesiastiche.

Dissoluzione degli ordinamenti carolingi

Alcune date

Nell’806 Carlo Magno divide l’impero tra i 3 figli maschi che sono Carlo, Pipino e Ludovico, però morendo nell’814,
l’unico figlio sopravvissuto è Ludovico, che diventa re di tutto l’impero. Il soprannome, il Pio, gli venne dato perché
accentua gli aspetti sacrali dell’impero e rende più stretta la corrispondenza tra sfera laica e sfera religiosa. Quando
anch’egli ragiona sulla successione, nell’817, emana un editto, “ordinatio imperii”, e stabilisce che l’impero, come si
era usato fino a quel momento, fosse diviso tra i suoi 3 figli, lasciando però al primogenito, Lotario, una sovranità
generale su tutto il territorio. A proposito dell’orientamento fortemente dipendente dagli ecclesiastici, va detto che il
monaco Benedetto Damyane, alla corte del re, consiglia di emanare la “Constitutio Romana” con la quale i futuri papi
eletti dovevano essere accettati dall’imperatore e solo dopo avrebbero potuto essere consacrati tali. Esempio
lampante della volontà di interferire con le cose ecclesiastiche.
Il regno di Ludovico fu travagliato. Bernardo, nipote di Ludovico, re d’Italia, si ribellò e venne soppresso in battaglia,
dopodiché accecato e assassinato da Ludovico.
Ludovico ebbe poi un quarto erede di secondo letto, Carlo, poi detto il Calvo, e questo scatenò dei contrasti tra i figli di
Ludovico, costringendo il padre a prendere le armi contro di loro. Queste crisi di successione segnarono anche
l’impossibilità di espandere i territori dell’Impero e dunque fare bottini, incrementare e distribuire terre alle
aristocrazie, le quali, di conseguenza, scontente, cominciarono ad affermarsi non più con le concezioni regie, ma
puntando sui titoli che possedevano (conti, marchesi) rendendoli ereditari, radicalizzandosi sul territorio in cui
operavano e a loro volta si circondavano di clientele armate.
Ludovico muore nell’840 e ormai è un regno fatto di molti territori ereditari dove le amministrazioni generali hanno
poca autorità. Due figli di Ludovico si spartiscono l’impero, contro Lotario, previsto unico imperatore. Dopo la sconfitta
di Lotario, che rimane re generale ma con il solo territorio italiano al suo controllo, nell’842, Carlo il Calvo e Ludovico il
Germanico stipulano il patto di Strasburgo che spartisce l’impero. Importante perché è pronunciato in latino, francese
e tedesco, questo a sottolineare le aree linguistiche differenti e che iniziano ad acquisire di importanza.
Nell’843, il trattato di Verdun segna un’intesa tra i 3 fratelli e sancisce la definitiva divisione dell’impero in base al
corso di 3 fiumi. Lotario sta nel mezzo mantenendo il titolo di imperatore e i territori centrali, dalla Lotaringia al regno
d’Italia. Queste decisioni devono essere commisurate al peso che aveva raggiunto l’aristocrazia, la quale dà molto filo
da torcere ai sovrani, che spesso sono costretti a cedere e un esempio è l’ereditarietà del titolo di conte che doveva
avvenire solo in casi particolari, ma in realtà avveniva quasi sempre senza neanche l’intervento del sovrano stesso.
Uno dei figli di Ludovico il Germanico, Carlo il Grosso, per una serie di circostanze, si ritrova da solo al potere, ma un
regno molto travagliato e nel’877 è costretto ad abdicare e nell’888 muore, ponendo fine alla dinastia carolingia.

Le difficoltà del regno

Idea imperiale forte e assicura coesione. Ci crede fortemente Lotario che nell’850 fa consacrare imperatore Ludovico
II, il quale abdica e si fa monaco, dividendo i territori tra i figli. Tra i pericoli incombenti ci sono le incursioni di arabi,
vichinghi e ungari.
Nella deposizione di Carlo il Grosso, voluta dai grandi dell’impero, riuniti a Magonza, segna la debolezza dell’impero. A
Carlo il Grosso fu imputata la mancata difesa del dominio, specialmente Parigi, la quale fu assediata dai vichinghi
giunti fino a lì navigando la Senna. La città fu salvata dai conti di Parigi col pagamento di un riscatto. L’impero va a
pezzi rimanendo solido solo il regno d’Italia.
Alle incursioni dei vichinghi si uniscono gli arabi e i saraceni che conquistano la Sicilia.

Il regno italico IX-X secolo

875, morte del re d’Italia Ludovico II e 888 morte di Carlo il Grosso. I territori comprendevano la langobardia (Italia del
nord), il Friuli e la marca di Tuscia (Toscana). Il ducato longobardo di Spoleto fu inglobato, mantenendo qualche
autonomia, mentre quello di Benevento, pur riconoscendo il regno italico, era indipendente. Alla fine del IX secolo
comprendeva anche il Piemonte, l’Emilia e parte delle Marche e Abruzzo. Il “Patrimonium Sancti Petri”, formalmente
soggetto al re, era la radice del futuro stato papale.

Gli incursori, saraceni e vichinghi

L’impero finale carolingio e post carolingio, fu minacciato dalle incursioni esterne da ogni direzione iniziate nell’827.
Sono incursioni, ma anche occupazione di città. Inizialmente da Sicilia, Nordafrica e Spagna i saraceni si muovono
arrivando anche a Roma nell’856, ma anche dalla Provenza vicino a Saint Tropez.

Le incursioni saracene

Sono quelle che hanno il ciclo più lungo, dall’VII all’inizio del XII, periodo più intenso dall’810 al 970. I principali
obiettivi sono la Sardegna, Sicilia, coste provenzali e italiche. La formazione della base di Frassineto in Provenza,
proviene dalla Spagna araba, la nave per via di una tempesta dovette approdare a Frassineto, piantando un
insediamento strategico, da cui nacque un covo di incursioni sia terrestri che marittime.
Nel 906, l’abbazia della Novalesa subì un assalto e i monaci dovettero abbandonare il luogo, trasferendosi in
Lomellina. I saraceni assaltano anche i convogli di pellegrini, ecclesiastici, villaggi, abbazie e monasteri.
Nell’815, Berengario I organizza una coalizione con i signori del regno per muovere contro la base araba del Garigliano,
in Campania, con successo. Nel 940 arrivano addirittura in Germania attaccando l’abbazia di Sangallo. I re di queste
regioni si mostrano incapaci di fermare le incursioni, anzi, a ben vedere, in alcuni casi approfittano di queste attività
brigantesche per indebolire i propri nemici, così alcuni saraceni finirono anche tra le fila di soldati di qualche signore.

La minaccia vichinga

Dal nord invece, si muovono i Normanni (uomini del Nord). Già dagli ultimi decenni dell’VIII partono delle spedizioni
verso le coste a nord dell’impero anche grazie alla navigazione dei fiumi come successe nel caso di Parigi con la Senna.
Le navi vichinghe erano attrezzate per navigare gli oceani e si favoleggia che Erik il Rosso sia arrivato in America
attraverso la Groenlandia. Arrivano anche in Italia lievemente, ma la zona più colpita è il nord Europa. In queste
spedizioni, in genere, arrivano rapidamente con razzie e incontrano poca resistenza, incontrando le amministrazioni
locali che rinunciano alla battaglia e che pagano dei riscatti per allontanare gli invasori.

Le incursioni ungare in Italia

La caduta dell’ultimo carolingio, fu largamente dovuta all’incapacità di contrastare le incursioni.


Gli ultimi ad arrivare in Europa sono gli ungari. Si trovavano in Pannonia e questo movimento può considerarsi una
continuazione dello spostamento delle popolazioni dalle steppe dell’Asia sino in Europa. Erano forti cavalieri e arcieri a
cavallo, molto mobili e capaci di spiazzare gli avversari con manovre repentine, per questo la cavalleria pesante
carolingia faticava molto a tenergli testa.
Calano in Italia nell’898 e arrivano rapidamente fino al Brenta. Il re Berengario era a conoscenza di questi movimenti e
ne parla la cronaca di Liutprando, raccontando che Berengario allestisce un numeroso esercito e nell’899 viene
sconfitto. Dopo la vittoria gli ungari dilagano nella pianura padana, commettendo razzie, saccheggi e devastazioni.

Le incursioni ungare si estendono tra IX e X secolo

Queste incursioni suscitano timore e paura per la loro rapidità e violenza. Dopo 899 attaccano molte regioni della
Germania e nel 924 Pavia fu saccheggiata e data alle fiamme. Nel 936-937 le incursioni si concentrano in Lazio e
Toscana. Furono fermati solo nel 955 quando l’Impero Occidentale trova una maggiore stabilità con la dinastia dei
Sassoni con Ottone I che li sconfigge presso Augusta.
L’incastellamento del IX-X secolo: il regno italico e le incursioni

Potenti italici e potenti d’oltralpe

Regno italico molto tormentato. Le difficoltà dei re portarono spesso a decisioni di chiamare in Italia principi esteri. La
chiamata di Rodolfo, re di Borgogna, portò alla sconfitta di Berengario del Friuli e poco dopo assassinato. Quest’ultimo
aveva molti alleati e buona parte dell’aristocrazia italica perde molto potere, ed è proprio qui che imperversano gli
ungari in Italia.
Ugo di Provenza che regna dal 926 al 946 in Italia, mette molti dei suoi fedeli, provenzali e franchi, nelle principali
cariche pubbliche e vescovi, un regno sicuramente più ordinato di altri, ma opprimente e sanguinario. Tra i suoi nemici
più importanti c’è Guido, vescovo di Modena.
Alla metà del X secolo in Germania emerge la potenza della dinastia sassone degli ottoni, i quali raggiungono l’Italia
diventandone, anche qui, governatori sconfiggendo Berengario di Ivrea.

Il regno italico, i palatia, i capitolari

Il regno è una parte dell’impero che però ha una capitale, Pavia e vari palazzi regi come a Verona e Monza, dove
presiedono i conti palatini che tengono i placiti giudiziari. I re erano capaci di mantenere la tradizione carolingia dei
capitolari? Fino alla fine del IX secolo, Guido di Spoleto emana un capitolare che regola l’autorità di vescovi, conti e
liberi, lo stesso nel 898 fece Lamberto di Spoleto. Dopodiché la produzione di leggi si interrompe. I personaggi più
ricchi di loro hanno diverse clientele e i re italici hanno poco potere di comando.

“Terrore e insicurezza”: una percezione ingiustificata? Pagani e “mali cristiani”

Le cronache del tempo che descrivono l’arrivo di ungari, saraceni e vichinghi, abbiamo descrizioni impressionanti per
la loro efferatezza. Nonostante il terrore che suscitavano queste incursioni, sappiamo che i re cristiani si erano avvalsi
anche di mercenari provenienti da tribù del nemico, per combatterli (Berengario del Friuli). Nondimeno i re francesi si
accordano spesso con vichinghi e normanni per le stesse motivazioni. Si può affermare che la società stessa aveva
insite delle sfumature di incertezza perché le cronache del tempo parlano sì dei nemici con le loro bestialità, ma
parlano anche di pagani e mali cristiani ovvero di potenti che impongono la loro volontà ai deboli con la violenza.

Un proliferare di castelli, a cosa è dovuto?

X secolo, nascono dei castelli ex novo. Lo sappiamo perché dalle cronache del tempo troviamo riferimenti a castra
nominati per la prima volta. La spiegazione più ovvia e scontata è che la costruzione di nuovi fortilizi è data dalla
ricerca di difesa dalle incursioni, ma di recente gli studi più attenti hanno esaminato la frequenza delle incursioni
ungare e l’affioramento delle cittadelle fortificate che si è verificato e non c’è una corrispondenza temporale tra la
paura delle invasioni e l’incastellamento e molti castelli si costruivano quando da molto tempo non si avevano
incursioni.

Chi ha facoltà di erigere una fortificazione?

Costruire una fortezza non è una prerogativa concessa ai privati ed è relativa solo al re e al potere pubblico, il quale, al
massimo, può delegarne a privati la costruzione. Carlo il Calvo afferma che tutte le fortificazioni costruite senza la
licenza regia, vanno abbattute, poiché possono costituire elemento di oppressione e presa di potere.

INCASTELLAMENTO del IX-X secolo. Chi costruisce i nuovi castra? Per quali ragioni?

Specialmente in Italia padana e Francia. Fortificazioni di curtes, città, villaggi e si definisce questo fenomeno come
“incastellamento” e va ricordato che i protagonisti di questi nuovi edifici, non sono re, ma si tratta di privati, signori
fondiari che vogliono difendere i contadini e le terre dalle incursioni; in alcuni casi sono comitati religiosi come
vescovi, abbazie. Sono rimasti dei privilegi e concessioni dei re d’Italia dove riconoscono la costruzione di fortificazioni,
ma anche legittimazioni postume alla costruzione.
In generale si tratta di castelli del tutto nuovi, in altri casi di fortificazioni di stampo romano.

Cercare altre spiegazioni per il proliferare dei castelli -ragioni fondiarie e controllo sugli uomini

Un caso su tutti. Monastero di Sant’Ambrogio, che aveva sede presso la basilica omonima. I monaci benedettini
avevano ricevuto molte terre più o meno vicine a Milano (Cologno Monzese) che facevano coltivare da contadini e
terre ricevute in dono anche in Brianza. La conduzione agraria del monastero era oculata e applicavano strategie
produttive interessanti e tra queste v’era anche la costruzione di castra. Ci si chiede se il proliferare di castelli sulle
curtis fosse solo dettata dalla paura e se i re Italici, che avevano anche un palazzo a Monza, fossero al corrente di
queste iniziative e diedero il benestare ai monaci.
La vicenda di Cologno Monzese. Si parla di un castrum costruito prima del 942, che prima non esisteva. L’indagine ha
verificato sull’esistenza di documenti di benestare, ma non esistono prove che diedero ai monaci la legittimità di
costruire. Non solo, Cologno Monzese diventa un centro d’attrazione e dunque un polo insediativo.

Incastellamento, interessi fondiari, poteri di banno

Nelle sue aziende fondiarie, il monastero di Sant’Ambrogio e molti altri ambienti ecclesiastici, creano difese per i
propri territori e contadini. Questo tipo di incastellamento sulle aziende agrarie che origina nuovi insediamenti e centri
abitativi, crea una forte connessione e controllo del signore di turno (laico o ecclesiastico che sia) sui contadini che
lavorano le sue terre. Questo tipo di signoria è detta di banno (comando, assoggettamento).

Alcuni esempi dell’importanza dell’incastellamento per formare dei nuclei di potere locale

Altro esempio è quello del vescovo di Asti nell’XI secolo controlla ben 37 castelli, molti dei quali di importanza
strategica sul Tanaro o in prossimità delle sue proprietà fondiarie. Alcuni sono insediamenti fortificati con abitazioni,
altri sono aziende fondiarie e in genere si tratta di manufatti molto semplici.
Un diploma di Re Berengario del Friuli del 906 che concede al Vescovo di Verona la costruzione del castello di Nogara
per la motivazione di incursioni dei pagani, però si nota che c’è un forte contenuto economico perché il titolare della
concessione ha privilegio di mercato, potrà riscuotere i pedaggi sul fiume Tartaro e di fortificare il castello con merli e
bertesche e infine, ottiene l’immunità di funzionari regi su tasse e reati.

I castelli delle dinastie signorili: il caso dei Canossa

Dinastia laica di origine longobarda che non scompare con l’arrivo dei franchi e che nelle lotte del regno italico si
distingue alleandosi con alcuni re e anche con la dinastia ottoniana. In cambio ricevono terre intorno a Parma. Dopo il
mille le terre che controllano sono tra Brescia, Mantova, Parma, Modena e Toscana.
I castelli dei Canossa sono numerosi e forti. Nella pianura cremonese c’è Piadena, un castello molto forte che resiste
agli attacchi dell’imperatore.

I privilegi ai vescovi: in alcuni casi comprendono anche i cittadini

Esistono dei diplomi di incastellamento anche a favore di città. Quello del 904, Berengario del Friuli concede al
vescovo di Bergamo di occuparsi dell’incastellamento della città. In questo documento si vede sì la concessione al
vescovo, ma anche ai concives, i cittadini e sarà una prefigurazione del comune cittadino che nascerà da lì ad un
secolo.
In questo specifico caso i cittadini e il vescovo si scontrano perché questi sostengono l’arrogazione di privilegi del
vescovo.

Signoria di banno, incastellamento: il regno italico e le incursioni

Il nesso tra incastellamento e signoria di banno

Per monasteri e signori, costruire un castello significa espandere i territori di comando e sottoporre gli uomini abitanti
nelle circostanze. Nel caso di Cologno Monzese, gli abati potevano esercitare la protezione non solo sugli immediati
dipendenti, ma anche sugli uomini liberi che erano venuti ad abitare nelle zone del castello, fra le quali anche quelle
che avevano le loro abitazioni all’interno del castrum.
Oltre ai benefici, i contadini che avevano in concessione le terre, avevano l’obbligo di manutenzione delle mura,
fossati, turni di guarda del castello e così via.
L’incastellamento è un venir meno del potere dei poteri pubblici e non solo una semplice reazione al pericolo delle
incursioni, questo trasforma i proprietari in protettori e dominatori, passando dalla signoria fondiaria ad una signoria
diversa detta di banno (comando).

I diplomi del re d’Italia e la dispersione dei poteri regi


Questi sono processi in cui l’autorità regia non interviene, ma in generale, in molti casi, i regnanti hanno un ruolo
concedendo immunità (tasse, reati, fiscali) e licenze di costruzioni, ma anche privilegi tipicamente regi come battere
conio o riscuotere tasse di pedaggio o gestire le acque.
In alcuni casi, i diplomi dei re d’Italia (Berengario, Ugo) concedono anche privilegi di banno (comando) ovvero la
possibilità di comandare sugli uomini anche liberi, non solo servi o schiavi, questo significa che un una certa località
attorno al castello, l’autorità pubblica rinuncia a certe peculiarità legislative e di giustizia, consegnandole nelle mani di
un privato. Questi benefici, tra l’altro, con l’avvicendarsi dei signori in un castello, che fosse per eredità, per vendita o
per conquista, passavano di proprietà insieme al castello stesso.

L’incastellamento è la prova della debolezza dei re e della potenza dei signori privati: la signoria di banno

Le concessioni di poteri dai re ai signori riguardano pedaggi, diritti di mercato, immunità dai funzionari regi, giustizia.
Discrictus è l’esercizio del potere, ma spesso opprimente poiché è come se i re, che hanno perso molto carisma e
autorità, la dilapidino tra diversi privati.
Il castello assume importanza perché è un polo di attrazione: le persone abbandonano le case isolate per andare a
vivere nei paraggi del castello dove lavoreranno le terre del signore ma avranno garantita la protezione e il
mantenimento.
Lo sfondo di questo fenomeno è la dissoluzione dei poteri regi.

La signoria di banno (dominatus loci) come sviluppo della signoria fondiaria (del grande proprietario fondiario)

Il tema del dominatus loci è importante: prima che si formino queste realtà con prerogative legislative, poliziesche, c’è
una preminenza della signoria fondiaria di un proprietario di terre, essendo essa stessa una derivazione di questa.
Dopo il venir meno delle istituzioni carolinge, in tutta Europa si viene costituendo la signoria di banno, incentrata sul
castello che pone le basi di una capacità di comandare sui territori circostanti. Questo significa che la capacità di
comando dei signori nei castelli è tipica di chi si appropria di funzioni pubbliche e di facoltà che un tempo erano propri
di ufficiali pubblici e delegati regi, quindi essi, ricchi e potenti, esercitano anche un potere militare disponendo di
prerogative giudiziarie e di drappelli di uomini armati e hanno il compito del mantenimento della pace, che significa
anche repressione.
Il passaggio da signoria fondiaria a signoria di banno è strettamente collegato con l’incastellamento e di fatto segue le
stesse periodizzazioni temporali.

Incastellamento e signoria

L’incastellamento è una novità degli studi medievistici, gli autori più importanti furono Pierre Tubert e Aldo Settia.
Nelle ricerche condotte si insiste nella diffusione delle signorie fondiarie e di banno e come l’incastellamento come
iniziativa locale e non voluta dall’alto.
Altro concetto di questa storiografia spiega che attorno a questi nuovi poli di potere, la società si riorganizza poiché il
potere pubblico è diventato quasi nullo.
Questi studi si contrappongono con il generale concetto di feudalesimo delle vecchie storiografie che generalizzavano
questo tipo di comportamenti.

Dopo la dissoluzione del potere carolingio, l’impero trova vigore nella dinastia sassone, re di Germania e imperatori

I re tedeschi con Enrico I di Sassonia, che riporta vittorie militari sugli ungari, l’impero diventa dinastico e si rafforza
divenendo più solido, anche se non per molto tempo. Un rilancio del ruolo regio si ebbe con Ottone I re di Germania
nel 906 e governa fino al 973. Dopo essere intervenuto in Italia, diventa anche imperatore e il suo punto di forza è il
pragmatismo, ovvero riconoscendo le autonomie locali con mediazione.
C’è un’accentuazione dei connotati sacrali, simbolici e rituali della tradizione carolingia e imperiale romana e
bizantina. Molto importante la vittoria sugli ungari del 955 e gli interventi in Italia dove la situazione politica era
oscura, riuscendo nel 962 ad imporsi sull’aristocrazia locale cercando conquista nei domini bizantini e longobardi del
sud.

Ottone I e gli interventi nel regno italico


Finita la dinastia carolingia, molti personaggi signorili si contendono la corona. La situazione genera instabilità e fra
l’898 e 924 c’è una serie di scontri tra i duchi di Spoleto e Berengario del Friuli, ma nessuno riesce a prevalere
definitivamente. Rodolfo di Borgogna e Ugo di Provenza prendono il potere perché le vicende italiche interessarono
anche oltralpe. Ugo diede vigore anche a dinastie di origini longobarde anche se comunque il regno fu molto
contrastato. Si succedettero il figlio Lotario, poi Berengario II di Ivrea, ma si impose poi la dinastia dei Canossa, una
famiglia dotata di molti castelli e guidata da Alberto Atto di Canossa che, opponendosi a Berengario, chiamò Ottone I
in suo aiuto, il quale decide di sposare Adelaide, vedova di Lotario, per guadagnarne gli alleati di questo. Berengario
dovette arrendersi e in questo modo la corona d’Italia e Germania erano di nuovo riunificate.

La dinastia sassone

Grazie ad una politica fortunata e pragmatica, Ottone diventa re imperatore e promulga il privilegium otonis con il
quale riconosce alla chiesa l’autorità sulle proprie terre e ricchezze.
L’impero degli Ottoni è un impero più piccolo rispetto a quello di Carlo Magno perché i carolingi nella parte
occidentale hanno ormai costituito un regno differente (francese). Ottone II, figlio di Ottone I, organizza un
matrimonio con Teofano, principessa bizantina, suggellando buona amicizia con l’Impero.
Il tentativo militare è quello di espandersi nel sud Italia, ma il progetto non decollò mai. Dopo solo 10 anni di regno,
muore Ottone II e Ottone III, neanche di dieci anni, attende 6 anni di potere della madre Teofano e a 16 anni viene
definitivamente incoronato, ma egli guarda a modelli della regalità più vicini a Bisanzio.
La sua corte è ricca, infatti, di collaboratori ecclesiastici molto importanti fra cui Gerberto di Auriac che divenne papa
con il nome di Silvestro II.
Ottone III in generale è comunque meno abile dei suoi precedenti. Il suo processo viene definito come renovatio
imperii, ovvero il tentativo di risollevare le sorti dell’impero guardando a modelli antichi. Morirà giovane senza eredi
nel 1001 in un monastero in fuga dalle rivolte degli aristocratici. Questi conferiscono la corona al duca di Baviera,
Enrico II facendo venir meno l’ordine dinastico, riaccendendo le motivazioni aristocratiche e intraprendendo una
politica militare di espansione.
Dal 1024 subentra la dinastia di Franconia con Corrado II, detto il Salico, la quale tenne il potere per 4 generazioni, ma
non perché si sia affermato un principio dinastico, ma perché per 4 volte gli aristocratici tedeschi decidono di
confermare il potere ad un candidato della stessa dinastia.

La riforma della Chiesa romana tra XI e XII secolo

La crisi della chiesa post carolingia

L’ordinamento ecclesiastico e quello politico hanno una forte commistione. Gli aspetti di commistione hanno anche
elementi negativi, come la frantumazione e la pluralità dei signori locali diventa difficilmente gestibile dalla chiesa, chi
decide le cariche vescovili e abbaziali? Occupare una posizione così importante permetteva anche di gestire poteri
economici elevati e chi intraprende una carriera ecclesiastica, spesso lo fa non per vocazione, ma per prestigio e
ricchezza. Molti esponenti ecclesiastici erano anche combattenti o politici e il loro stile di vita si era deteriorato con
presenza diffusa di concubinato e disinteresse per il culto in generale.
Le leggi ecclesiastiche prevedevano che il clero e i fedeli eleggessero i vescovi, ma nella realtà erano solo le famiglie
più ricche e potenti che potevano influire nelle decisioni sulla carica. Le cariche minori erano invece spesso ricoperte
da persone più ignoranti e con scarsa educazione.
Si avverte l’esigenza di una sostanziale riforma di molti aspetti del clero, troppo condizionato da ingerenze e interessi
laici. Queste idee circolano ma non hanno un seguito vero e proprio.

Roma IX secolo: alcune premesse sulla crisi dell’istituzione papale e sulla corruzione nella chiesa

Anche a Roma ci sono elementi di degrado e corruzione. Roma è una città impoverita, che ha perso popolazione e
molti spazi sono ruralizzati. Il papa è nelle mani di famiglie aristocratiche romane, il che significa usurpazioni di terre,
soprusi e quant’altro. Tra queste famiglie c’è la Teofilatto, di cui alcuni esponenti ottengono cariche ecclesiastiche e
alcuni tra loro diventarono anche papi, tramandando la carica ai parenti.
In 65 anni ci saranno 20 papi segnati da destituzioni e assassinii. Un personaggio emblematico è Marozia, sorella del
vero capo della città, Alberico, e sorella di altri Teofilatto papi. Essa è quasi leggendaria per le sue abitudini corrotte e
amante di potenti e papi. Diventa moglie del re d’Italia, Ugo di Provenza, matrimonio utile perché aspira ad essere
incoronato imperatore dal papa, in quel momento cognato di Marozia, ma una rivolta romana mette fine a questa
vicenda.
Solo nel 962 il papa incorona Ottone di Sassonia, il papa è figlio di Alberico Teofilatto. Più tardi la famiglia sparisce
dalla scena ma emergeranno altre famiglie potenti che continueranno ad eleggere papi indegni e non all’altezza.

Lo scisma tra Roma e Bisanzio, 1054

Anche i rapporti tra Roma e Bisanzio subiscono gravi elementi di crisi. Già nel IX secolo c’è la controversia teologica tra
papa e patriarca sulla trinità (disputa del figlioque, sulla discendenza del Figlio al Padre). Da Bisanzio parte la
cristianizzazione delle aree slave, non senza concorrenza con Roma sulla diffusione del credo.
I rapporti si allentano con l’aumentare dei papi poco prestigiosi di Roma. Più tardi ricominciano le discussioni circa
l’eucarestia, se dovesse essere o meno lievitata, sul matrimonio dei sacerdoti, … nel 1053 le discussioni esplodono con
Michele Cerulario, patriarca di Costantinopoli. L’anno seguente il papa manda degli inviati presso il patriarca che
riceve una bolla di scomunica. Il papato può permettersi una mossa del genere, nonostante la corruzione, perché sta
riacquistando prestigio per via dell’elezione di alcuni papi che portano avanti le tesi di riforma.

I primi riformatori

La riforma dei mali della chiesa stava molto a cuore ad alcuni monasteri, che guardavano alla pratica monastica come
una soluzione a questi elementi di corruzione, ovvero il ritorno alla preghiera, alla vita pura e la mediazione del clero
tra fede e credenti. Uno di questi fu quello di Cluny in Francia, indipendente dal vescovo locale, dipendeva
direttamente dal papa. Da qui parte il dibattito sul modello monastico e su una liturgia rinnovata, creando anche una
rete con centro a Cluny e che comprendeva numerosi monasteri e abbazie che ne seguivano il modello.
Altri centri ecclesiastici interessati dalla riforma furono quelli certosini che, in contrapposizione con Cluny, dove il
monastero era frequentato anche da aristocratici e le liturgie erano ricche e sfarzose, al contrario qui si cerca il
significato dell’umiltà e della povertà.
Aumentano le esperienze eremitiche.
Nella società laica inizia a nascere un interesse nella riforma: ai laici colpisce la ricchezza delle sedi ecclesiastiche e tra
loro si affaccia un modello diverso, quello della chiesa delle origini, pratiche mitizzate delle prime società cristiane con
rigore morale. Anche nelle città si affermano questi movimenti pauperistici laici che criticano i vescovi e il loro stile di
vita: a Roma agivano dei riformatori che prestavano ascolto a queste istanze.

I cistercensi

Fu fondato da Demolesm a Digione con le peculiarità della solitudine, della preghiera e il lavoro nei campi. Molte
bonifiche di terreni sono state effettuate da queste comunità. Ha molto successo perché molte abbazie ne sono
affiliate, la più importante è quella di Clairevaux, Bernardo di Chiaravalle, abate di grande rilievo, amico di re e potenti,
fautore della crociata. Grande pensatore: è sua l’idea del miles cristiano che deve rivolgere il suo istinto violento al di
fuori della cristianità, deve combattere gli infedeli. Il governo del mondo, che secondo l’epoca era affidato a due
spade, governo terreno e fede, incarnati da imperatore e papa, secondo lui doveva appartenere solo al papa, egli solo
è re e imperatore anche del mondo terreno.

I collegi canonici: un altro modello di vita comune del clero, all’ombra delle cattedrali

Tipicamente urbano, si tratta di preti che vivono in comunione presso la cattedrale (chiesa cattedra, principale). Una
vita regolata e sobria di preghiera e attività religiose, ma per essere mantenuti dovevano disporre di beni, difatti
ricevevano delle decime dai contadini e possedevano territori. In generale erano anche dediti all’insegnamento. Anche
queste comunità si danno delle regole diverse dalla vita monastica.

A Roma prima della riforma gregoriana

Il papa Clemente II incorona Enrico III imperatore e lo fa anche patrizio romano per assicurare al re la possibilità di
esercitare un ruolo sulle successive elezioni pontificie. Lo stretto rapporto di collaborazione cristiana, impero e papato,
va in contrasto con l’Europa che ha molti particolarismi sia laici che ecclesiastici (signori e diverse abbazie e credi).
Il monaco Pierdamiani e Alessandro II, Gregorio VII saranno esponenti importanti della riforma ecclesiastica.

I papi voluti dall’imperatore


Dal 1046 fino al 1058 ha inizio una serie di papi con Clemente II, voluti e imposti da Enrico III di Germania, e grazie a
queste figure di maggior rigore morale, si poteva rivedere l’assetto della chiesa e mettere da parte gli elementi di
degrado dell’aristocrazia morale.
Leone IX fu papa riformatore che decide di modificare il gruppo dei collegi cardinali, ovvero di chi era preposto per
votare ed eleggere il papa, chiamando anche prelati provenienti da altre zone della cristianità.

Leone IX, prodromi di riforma

Proveniva dalla Lorena, cugino di Enrico III e divenne papa nel 1049 fino al 1054. Formazione monastica, ma fu
direttamente l’imperatore ad imporlo. La sua politica intende combattere i principali mali della chiesa, ovvero la
simonia (vendita delle cariche) e il concubinato dei preti, ovvero la prassi di vivere con donne e avere figli. È una
battaglia che combatte contrastato da molti vescovi, soprattutto per quanto riguarda la simonia. Si deve misurare con
l’arrivo dei normanni in Italia, prima come mercenari e poi come insediamenti nel sud Italia con la dinastia degli
Altavilla. Il papa subisce una sconfitta nel 1053 a Civita e nel 1054 lo scisma con la chiesa d’Oriente.
Lo scisma si deve anche al fatto che la chiesa di Roma pretendeva il primato sulle altre sedi e ormai le differenze
dottrinali erano diventati incolmabili. Leone IX ricordato come riformatore, combattente della corruzione, ma al
contempo voluto dal potere laico tedesco.

1059, Nicolò II e la questione dell’elezione papale

Durante la serie di papi lorenesi e imparentati col papa, i Tuscolani, altra famiglia importante di Roma, cercarono
comunque di imporre i loro candidati e mentre l’imperatore Enrico IV è un bambino, decidono di eleggere un
candidato di origini borgognone, Nicolò II e viene eletto a Siena nel 1059 fino al 1061. L’elezione è importante perché
pochi mesi dopo il papa convoca un concilio nel palazzo del Laterano e qui viene emanato un decreto che riguarda
l’elezione papale, che sancisce che da quel momento l’elezione fosse riservata ad un gruppo di cardinali, ovvero
ecclesiastici di vario grado capi delle chiese circostanti a Roma. Questo significava estromettere i laici dalla scelta del
nuovo pontefice e tenere in disparte l’imperatore. Due anni dopo morì Nicolò II e viene eletto Alessandro II.

Età pregregoriana, età gregoriana, riforma gregoriana, …

Relativamente superata la fase del III, IV e V secolo dei concili dogmatici, la chiesa ha un suo assetto dogmatico e di
fede. L’assetto di autorità dell’organizzazione interna è basato sulla presenza del papa affermato come patriarca più
importante delle altre, ma non è ancora un’autorità indiscussa sui vescovi.
La chiesa pregregoriana (Gregorio VII) è una chiesa vescovile poiché i vescovi discendenti degli apostoli ed essi
avevano una loro autonomia, anche nell’avvicinarsi al potere laico prendendo anche le armi.
Gregorio VII e lo scontro con Enrico VII costituiscono una scansione fondamentale per la storia della chiesa poiché qui
si inventa una nuova figura di papa come un papa monarchico, il quale si assicura le prerogative di comando anche sui
vescovi (ierocrazia). Lo stampo della chiesa organizzata da Gregorio VII è all’incirca ancora attuale.

La riforma della Chiesa Romana fra XI e XII secolo

La reazione imperiale alle nuove regole per l’elezione papale

L’elezione di Alessandro II era stata la prova antimperiale che non sfugge ad Enrico IV che si allea con l’aristocrazia
romana eleggendo un antipapa, ma in un concilio viene ripristinata la supremazia di Alessandro II. L’episcopato
comincia a schierarsi tra il papato e l’impero.
I pontefici si scoprono nemici dell’impero e hanno bisogno di sostegno che viene trovato presso i normanni,
inizialmente nella persona di Roberto il Guiscardo della casata degli Altavilla.

La cosiddetta “lotta delle investiture”

Si apre la lotta delle investiture. Ai problemi della lotta alla simonia e concubinato, si aggiunge la questione
dell’investitura vescovile e la loro assegnazione. Molti vescovi tedeschi erano scelti dall’imperatore e molti vescovi
italiani dal papa. Nel caso di quelli tedeschi potevano spesso anche essere conti e marchesi al contempo. Si tratta di
una commistione che inizia ad apparire minacciosa per la cristianità.
Va precisato che, specialmente con Gregorio VII, molti vescovi tedeschi erano religiosi sinceri e riformatori, ma anche
molto fedeli all’imperatore e quindi avversi ad una centralità della chiesa nelle mani solo di Roma, pensando che
imperatore e papa dovessero collaborare al fine della pace.
Tra i sostenitori papali, i Canossa

Dinastia di origine longobarda, il capostipite è Adalberto di Canossa e divenne conte di Reggio, Parma e d’intorni.
Inizialmente filoimperiali e dal 1054 si allargano anche in Toscana. Nel 1021 molti feudatari canossiani si ribellano per
avere più libertà d’azione e nella ribellione si appoggiano all’imperatore e a questo punto cercano l’appoggio del papa.

Eventi 1071-1075

Il papato si era distaccato dall’imperatore a partire dal decreto sull’elezione di Nicolò II e la spaccatura era diventata
evidente con l’elezione di un antipapa. La riforma prende questa piega anti imperiale.
Gregorio VII viene eletto nel 1073 (Ildebrando di Soana) fino al 1085 e fin dall’inizio del suo pontificato convoca un
concilio a Roma dove emana un decreto in cui condanna simonia, concubinato e nomine di vescovi e abati promosse
da laici (Enrico IV).

Eventi 1076-1085

Inizia la lotta delle investiture. Gennaio 1076 come reazione ai provvedimenti del papa, l’imperatore convoca una
dieta in Germania, a Worms e chiede la deposizione del papa per alto tradimento, che conferma un concetto di chiesa
dominata dall’impero.
La reazione papale non tarda e convoca un sinodo a Roma che scomunica l’imperatore e tutti i suoi sostenitori, quindi
anche tutti i vescovi tedeschi. Lo depone e i sudditi sono sciolti dal giuramento di fedeltà.
Il rimescolamento delle alleanze è elevato. Un anno dopo nel 1077 c’è il famoso episodio di Canossa. Enrico IV,
scomunicato, ha paura che l’aristocrazia tedesca cessi di sostenerlo e decide di recarsi a Canossa chiedendo il perdono
e qui la contessa Matilde di Canossa ha un castello che ospita l’incontro. Il papa qui annulla la scomunica e perdona
l’imperatore e annuncia che convocherà una dieta per valutare il reintegro politico.
Nel 1080 a Bressanone, l’imperatore riunisce un concilio a cui partecipano anche 27 vescovi, per opporsi al papa,
elegge Clemente III come antipapa. L’aristocrazia tedesca, sempre sul filo della disobbedienza, vede in queste difficoltà
una opportunità per deporre l’imperatore e acquisire autonomia.

I temi salienti del pontificato di Gregorio VII

La chiesa dei secoli precedenti a Gregorio è una chiesa vescovile dove i vescovi hanno molta autonomia, il primato
romano non significa obbedienza totale, mentre ora l’idea è di una monarchia papale. Tra i documenti che illustrano le
sue idee c’è un registro delle lettere inviate dallo stesso papa e in particolare nelle lettere a Ermano di Metz che era
molto coinvolto nelle faccende temporali. Le lettere hanno un tono molto severo e ai limiti dell’arroganza. Le lettere
teorizzano di una diversa provenienza dei due poteri (territoriale e spirituale) dove il primo deriverebbe dalla superbia
e il secondo dalla pietà. Le finalità sono diverse, il primo è la vanagloria, desiderio di imporsi ed essere obbediti e per il
secondo l’aspirazione alla vita eterna e alla salvezza.
Prima di Gregorio si era sostenuto che i due poteri erano diversi ma che concorrevano a creare la salvezza per i
cristiani, mentre qui si nega questa teoria. Già Agostino di Ippona mostrava delle perplessità del potere laico e sulla
sua origine.
Si diffonde il concetto di libertas ecclesiae che non solo sancisce la libertà dalle ingerenze imperiali, ma anche la sua
superiorità su esse.

I dictatus papae non sono decreti, ma…

Non sono decreti o trattati, ma si tratta di indici sintetici ed efficaci che riassumono la superiorità papale in 27 chiose
molto brevi e concise. Si tratta di un testo importante perché sintetico e apodittico che si adatta bene alla figura di
Gregorio VII e alla sua decisione nell’ambire rigorosamente alla sua riforma. Non si tratta però di una norma emanata
o di un editto, ma di una nota nel registro papale.

Libertas ecclesiae

L’idea che il papa di Roma ha un assoluto primato è riassunta nella formula libertas ecclesiae. La separazione del
mondo dei chierici dal mondo dei laici è un’altra intenzione, ciò per dire che Ildebrando di Soana aveva condiviso
anche idee che arrivavano da ambiente laici, ma i laici ora sono visti come subordinati al clero e a loro è vietata la
predicazione.

Eventi 1084, la morte di Gregorio VII


Enrico IV, dopo essersi assicurato delle nuove alleanze sconfigge Matilde di Canossa e attacca Roma, eleggendo
l’antipapa Clemente II. I normanni, difensori del papa non hanno scrupoli ed entrano a Roma mettendola a saccheggio.
Gregorio morì a Salerno rifugiato/preso in ostaggio dai normanni.
Molti dei vassalli della contessa Matilde prendono le parti dell’imperatore che ora sembra vincente, ma le difficoltà
anche da parte sua sono diverse, specialmente in Germania.
Dopo la morte di Gregorio, sono anche sconfessati i patarini che in una bolla papale del 1184 (bolla di Lucio III)
verranno ascritti anche alle eresie. Essi protestavano contro l’assetto ecclesiastico e la riforma gregoriana condannava
il movimento di coinvolgimento dottrinale dei laici. La pataria era stato un movimento popolare milanese, fortemente
antagonistico contro il clero di Milano colpevole di venalità e con forti interessi materiali. Patarino è un nome
dispregiativo che significa “straccivendoli”, una plebaglia in protesta che ha intenzioni malevole di assalto alle chiese,
così erano visti dagli ecclesiastici. Dalle cronache storiche dell’epoca si notano anche le fazioni e gli schieramenti tra
chi si pone contro e con i patarini.

Eventi dal 1095 al 1122

Con la morte di Gregorio VII inizia un dibattito importante con molti trattati, libelli e scritti che riguardano il conflitto
con l’imperatore e l’assetto della chiesa. Viene eletto papa Urbano II che presiede nel 1095 due concili dove si
condannano ancora simonia e concubinato e in quello di Clermont avviene la chiamata alla crociata.
Urbano II ha una posizione più pragmatica di Gregorio VII, specialmente per la lotta alla simonia: è simoniaco non chi
viene eletto dall’imperatore, ma il peccato di coloro che versano denaro per ottenere una carica.
La chiamata alla crociata si tratta di un appello ai milites cristiani a volgere verso la Terrasanta i loro impulsi per
liberarla dai selgiuchidi.
Nel 1106 Enrico IV abdica e diventa re Enrico V. Nel 1111 si profila ad una soluzione tra papa(Pasquale II) e imperatore
la soluzione pacifista consiste in una rinuncia totale dell’impero all’elezione di vescovi, ma il papato rinuncerebbe a
tutti i doni e le terre ricevuti dai proprietari fondiari. Si tratta di una proposta quasi angelica, ma che ha scarse
possibilità di essere accordata.

L’impossibile compromesso di Sutri, 1111

Questo accordo passa alla storia come il compromesso di Sutri perché i vescovi tedeschi non avrebbero mai accettato
per via del loro duplice compito tra papato e impero. L’atto successivo è rappresentato dall’apertura del papa ad
accettare una investitura laica, ma questa soluzione viene soprattutto osteggiata in Italia.
Nel 1122 si giunge al concordato di Worms.

Il concordato di Worms pone fine alla lotta delle investiture

Il compromesso stipulato tra Enrico V e Callisto II si distingue tra la prassi tedesca e la prassi italiana. In concreto si
stabilisce che vescovi e abati dovevano essere eletti dall’alto clero locale, mentre i vescovi e abati in Germania,
l’elezione avvenga in presenza dell’imperatore il quale ha la possibilità di redimere problemi di controversia. La
consacrazione di un vescovo spetta ai vescovi, solo successivamente l’imperatore può delegare poteri regi. Messaggio
di dividere l’anello dallo scettro.
In Germania l’investitura poteva avvenire prima della consacrazione, mentre in Francia e in Italia era obbligatorio che
la consacrazione avvenisse prima.

Il regno inglese XI-XII secolo: costruzione monarchica e novità feudale

Antefatti, i regni anglosassoni VIII – X secolo

Le isole britanniche sono frantumate in vari regni: regno di Wessex e Essex, Scozia, Galles e Cornovaglia. Un fatto
importante è la cristianizzazione, ma comunque piuttosto tardiva rispetto al resto d’Europa, facendo durare molto a
lungo il paganesimo. L’evangelizzazione è promossa da Gregorio Magno e da iniziative individuali di monaci irlandesi.
In questo periodo si insediano nel sud dell’Inghilterra, Scozia e Irlanda (Dublino) i vichinghi, pirati ma anche
conquistatori e commercianti. Alfredo il Grande, re del Wessex, a lui si deve la costruzione di un rudimentale reticolo
di fortezze e l’imposizione di una tassa istituita a partire dalla ricchezza fondiaria posseduta, per contrastare il pericolo
vichingo (la tassa si chiama Danegel “contro i danesi”). Il territorio inglese era diviso in contee e circoscrizioni minori
chiamate shire e centee (hundreds), qui i mandati regi erano a capo delle istituzioni locali e anche un mandato
particolare, chiamato Sherif, sceriffo, che doveva riscattare il Danegel.

Il regno inglese dell’XI secolo

Le incursioni dei vichinghi erano state distruttive, ma poi col passare del tempo si affievoliscono per concentrarsi di più
in Francia e Germania, colpendo duramente Parigi tramite la Senna e furono una causa importante della fine della
dinastia carolingia. Sven Barbaforcuta, personaggio leggendario, si stabilisce con delle dominazioni territoriali in
Inghilterra con suo figlio Knut che diventerà re dal 1014 al 1035.
Dal 1042 diventa re Edoardo il Confessore e regna fino al 1066. Educato in Normandia e figlio di una principessa
normanna, parente del duca di Normandia e fu re cristiano e santificato dopo la morte.

La grande aristocrazia anglosassone e la successione di Edoardo il Confessore

Essere re inglese nell’XI secolo significa confrontarsi con un’aristocrazia molto potente e che detiene il comando
effettivo sul territorio. La famiglia più importante era quella dei regnanti del Wessex.
Edoardo aveva vissuto in Normandia ed ebbe molto aiuto da Guglielmo il Bastardo, successivamente il Conquistatore
e gli promette che in cambio del suo aiuto gli cederà la successione del regno.
I conti di Wessex, incarnati in Godwin e suo figlio Harold, sono parte della vera tradizione anglosassone.

1051 Wiliam riceve il giuramento di vari magnati inglesi

Nell’arazzo di Bayou si legge che Harold fece giuramento al duca Guglielmo. Questa immagine è relativa ad un evento
storico del 1051, quando Edoardo aveva designato Guglielmo di Normandia suo erede. Molti nobili giurarono fedeltà
quindi al Duca erede e così fecero anche Godwin e Harold, il quale gli promette aiuto nella gestione del futuro regno.

La morte di Edoardo, 5 gennaio 1066

Le cose si complicano con la morte di Edoardo perché nonostante la designazione si fanno avanti molti pretendenti,
fra i quali Harold che sconfessa Guglielmo affermando che sul letto di morte, Edoardo lo designò erede e secondo le
usanze anglosassoni, le affermazioni di un moribondo sono più valevoli di una decisione presa in vita.
Guglielmo di Normandia era figlio illegittimo di Rollone, duca di Normandia e divenne a sua volta duca dopo essere
stato vassallo del re di Francia. La potenza di Guglielmo sta nella sua capacità di consolidare le frontiere e gestire
oculatamente l’amministrazione del territorio. Cristiano e devoto, fonda anche dei monasteri e ha rapporti con il papa
di Roma, tanto che i vescovi e gli abati che, secondo una tradizione radicata, sono da lui designati, prendono il posto
senza particolari problemi.
Oltre a questi due pretendenti ce ne sono altri come il re di Norvegia. Da qui Guglielmo decide di preparare un
esercito e conquistare il regno che per diritto gli spetta.

1066, la minaccia norvegese

Guglielmo riteneva di essere nel giusto poiché un giuramento, specialmente in epoca feudale, aveva un grosso peso e
Harold aveva sconfessato questo giuramento. Questo prepara a sua volta un esercito per difendersi dall’invasione
dalla Normandia e, mentre organizza le milizie popolari nel sud, il regno di Norvegia attacca il nord dell’isola. È anche
possibile che questa iniziativa norvegese non fosse autonoma, ma un’impresa voluta dal re di Norvegia per aiutare il
fratello minore di Harold, altro contendente al trono.
L’esercito di Harold, benché numeroso, aveva l’obbligo di combattimento per poche settimane e non erano guerrieri di
professione, ma nonostante ciò riesce a respingere l’attacco norvegese.
Tutto questo è un grande vantaggio per Guglielmo che guadagna tempo per organizzare la spedizione in modo più
efficacie possibile.

Intensi preparativi di Guglielmo

Si tratta di preparativi intelligenti che non lasciano nulla al caso. Ottiene l’appoggio di Alessandro II che sostiene la sua
impresa inviandogli le sue insegne e ottiene alleanze che molti nobili francesi e normanni, cercando l’occasione di
incrementare il nerbo delle sue milizie. Anche la flotta aumenta e la prepara per tutto il necessario per affrontare la
traversata della Manica e anche di più poiché sa di arrivare in una terra ostile, avendo la possibilità di mantenere
l’esercito senza dover vessare le popolazioni con confische e razzie.
I preparativi della battaglia di Hastings, 14 ottobre 1066

Guglielmo approda a Pevensey il 28 di settembre e appena addentratosi nell’entroterra avviene la famosa battaglia.

Gli eserciti

In entrambi i casi il nerbo è quello della cavalleria pesante. Harold in questo momento è re d’Inghilterra e quindi
disponeva degli eserciti dei suoi baroni e signori. L’esercito di Guglielmo era più composito perché era composto da
normanni, francesi e belgi.
La battaglia inizia all’alba e Harold tenta un attacco a sorpresa subito dopo lo sbarco delle forze nemiche.

La conquista normanna e la nuova storia del regno inglese

Nonostante l’azione, la battaglia volge a favore di Guglielmo.


Dopo la conquista si innestano nel territorio i normanni che costituirà un nuovo ceto dirigente che avrà come lingua il
francese e il latino nei documenti ufficiali.

Il regno inglese XI-XII secolo, costruzione monarchica e novità feudale (seconda parte)

L’arazzo di Bayeux come narrazione degli eventi proposta da Guglielmo e dai conquistatori normanni

Nelle sequenze si vede scorrere l’intera storia della conquista e fu prodotto da Oddone a Canterbury. Vi si vedono ben
626 figure umane con didascalie in latino che descrivono le vicende. Si tratta di una raffigurazione sobria, senza
decorazioni preziose o intarsi d’oro, tipico del gusto artistico normanno. È una fonte attendibile sulla vicenda?
Genericamente è accettata come fonte storica anche se molti studiosi avanzano delle critiche per via della faziosità.

L’evento decisivo, la morte di Harold

Nelle immagini dell’arazzo si vedono anche i momenti più cruenti della battaglia, i quali vedono molto colpiti proprio i
conti del Wessex che contano molte vittime tra cui la morte stessa di Harold. L’arazzo mostra due immagini di Harold,
una in cui viene trafitto da una freccia nell’occhio e un’altra dove viene colpito da un cavaliere, ma la cronologia degli
eventi della morte del re non sono chiari poiché i punti di cucitura dell’arazzo stesso sono mancanti e potrebbero
mancare delle scene.

Dopo la conquista normanna

Guglielmo diventa quindi re d’Inghilterra e fa costruire dei nuovi castelli per difendere la nuova terra, specialmente ai
confini col Galles. Fa ampliare la riserva regia, una foresta che ha un valore fiscale importante perché oltre ad essere
una riserva di caccia del re, è anche affittata ad altri nobili.
Segue un processo di spossessamento degli sconfitti a favore dei normanni e tutti gli alleati di Guglielmo. Questa
politica non passa senza conflitti, segno dello scontento delle campagne e dei villaggi sta nel fatto che furono
approvate delle leggi contro gli agguati, le quali punivano tutto il villaggio qualora un normanno fosse stato attaccato.
Un aspetto importante è quello linguistico, un aspetto culturale che ha a che fare con lo scontro di due culture nel
quale quella francese vuole imporsi. La lingua nativa resta confinata nei villaggi e nelle zone rurali, decadendo
velocemente col lo sparire della letteratura e degli scritti. I normanni si sentivano più evoluti degli anglosassoni e li
disprezzavano in quanto bestie.
Tutti questi elementi rendono difficile la gestione delle terre rendendo necessarie continue violenze e repressioni.
C’è la necessità di controllare il sistema dei possessi regi, sia quelli tenuti dal re, sia quelli governati dai tenenti.
Vengono censiti prima del 1085 nel Domesday Book (libro del giorno del giudizio), chiamato così perché è un
censimento fatto a partire da questionari molto accurati che i funzionari regi ponevano ai detentori di territori. Si
tratta di un’opera sorprendente anche per i tempi e per il panorama amministrativo dell’epoca.

L’aspetto progettuale del Domesday Book

Si trattava di un progetto aperto, l’aspettativa era quello di continuarlo e aggiornarlo. Conteneva molte informazioni,
anche sugli aratri che venivano utilizzati e le estrazioni sociali delle persone che si occupavano dei territori. È
interessante perché si trovavano anche le inscrizioni “TRE” Tempore Regi Eduardi (al tempo di re Edoardo) perché
feudo per feudo si faceva un confronto con la situazione attuale e le coltivazioni al tempo di re Edoardo, consigliando
un miglioramento di queste terre con l’obiettivo di aumentarne i profitti.
Il periodo seguito alla conquista

Vengono introdotte quindi novità amministrative importanti. Lo scontento era comunque elevato: nella Francia
capetingia il re era debole e l’aristocrazia era molto forte, così Guglielmo quando spartisce i territori sta attento a non
creare delle grandi enclave signorili che possano mettere in discussione il suo potere e quando si tratta di dover
ricompensare i nobili che necessitano di qualcosa di più, assegna loro territori non contigui per non creare
accorpamenti.
Le rivolte vengono fortemente represse e nel 1069-1070 vengono avviate delle spedizioni punitive che procedono
verso la distruzione di villaggi del nord in rivolta.
Guglielmo re d’Inghilterra, ma anche duca di Normandia, quindi la sua presenza nel regno non è totale poiché anche la
terra natia in Francia necessita delle sue imprese.

L’organizzazione militare

L’organizzazione pre normanna divideva il territorio in shires e hundreds, perciò era più facile rendicontare quanto
fosse dovuto dai diversi vassalli e feudi in base al loro valore e alla loro estensione: ogni 5 unità fondiarie,
corrispondeva un cavaliere debitamente armato. Molti feudi erano ecclesiastici ed erano quelli che fornivano più
cavalieri (60). Esisteva anche una forma di leva popolare che prestavano un servizio momentaneo di qualche
settimana e non potevano essere condotti troppo lontano dalle proprie terre e per di più si trattava di contadini privi
di un addestramento militare adeguato.

I successori di Guglielmo: anche loro crudeli oppressori

Guglielmo il Rosso, ricordato per la ferocia e la brutalità e l’attitudine a saccheggiare persino i territori dei sudditi. Con
lui prosegue la conquista di espansione. Alla sua morte emerge Enrico I. La successione di questo regno ancora in
cerca di assestamento è comunque più fortunata della media.

Nel frattempo in Europa…

A Roma sta per iniziare l’esperienza gregoriana.


Nel sud Italia, altri normanni combattono contro longobardi e bizantini, finché ottengono ricompense fondiarie e
l’amicizia del papato.
In Spagna si sconfiggono i mori nel 1085.
Nel 1096 a Clermont, Urbano II bandisce la crociata, una esortazione ai miles cristiani a volgere la loro violenza verso
la Terra Santa e da qui si formeranno dei territori cristiani in Medio oriente.
In Francia, con Ugo Capeto, si forma la dinastia dei Capetingi, dinastia dei re di Parigi, riesce a difendersi dagli attacchi
dei vichinghi, ma nonostante ciò, il regno è frammentato tra numerosissimi domini loci.
Tra queste vicende, l’esperienza inglese è peculiare per via della sua unione e coesione, nonostante la violenza della
sua espressione.

La dinastia angioina

Nel XII secolo, Enrico I regna per diversi anni e alla sua morte (1135) il primogenito muore in un naufragio lasciando
solo la figlia Matilde (moglie di Enrico V imperatore). Nel 1128 resta vedova e sposa in seconde nozze un conte
francese detto di Plantageneto, parente stretto del re di Francia. Tra i consiglieri del re ci si consulta se sia possibile
una successione femminile. Si fa avanti un principe francese, conte Stefano di Boulogne e quindi non sarà Matilde
colei che succederà al trono. Ne nascerà una guerra civile che vedrà vincitore il figlio di Matilde, Enrico II Plantageneto,
anch’egli francese di lingua e cultura.
Nel 1152 Enrico II sposa Eleonora di Aquitania, la quale è stata ripudiata da Luigi re di Francia. È uno smacco terribile
per il re di Francia. Il ducato di Aquitania viene dunque annesso ai territori del re d’Inghilterra, una situazione
complicata per il regno di Francia.

Il re itinerante

I re inglesi dopo Guglielmo, staranno poco all’interno del loro regno poiché saranno spesso in viaggio. L’errare del re
ha spesso motivi di origine fiscale perché aveva la possibilità di riscuotere sul posto le derrate e le tasse, in più
giudicava dei conflitti del momento e nelle poche occasioni in cui i cittadini potevano vedere il re, questo concedeva
loro anche qualche udienza.
Il regno di Enrico II

Un regno lungo e denso di eventi e riforme. Nel 1154 viene incoronato re insieme alla moglie Eleonora. Le sue
residenze preferite sono quelle francesi e in Inghilterra nomina dei reggenti come la moglie stessa.
Gli è necessario far abbattere molti castelli costruiti dal suo predecessore considerati abusivi.
Anche le campagne territoriali sono importanti, contro Galles e Scozia, ma anche Bretagna per sopire delle repressioni
e verso l’Irlanda.
Particolare era il rapporto con Luigi VII, ex marito di sua moglie, che Enrico riteneva come suo superiore feudale per i
territori della Bretagna e della Normandia.
Negli ultimi anni della sua vita avrà anche dei problemi con i suoi stessi figli Riccardo Cuor di Leone e Giovanni Senza
Terra.
Il carattere composito dell’organizzazione territoriale anglo-francese sotto Enrico II, spinge gli storici a parlare di
impero angioino.

Il regno inglese XII – XIII secolo, costruzione monarchica e novità feudale (terza parte)

Un riassunto delle principali leggi, riforme e inchieste

Numerose riforme che danno più spazio all’autorità monarchica rispetto all’aristocrazia, ad esempio nel 1166 venne
organizzata un’indagine da parte di Enrico II con lo scopo di capire chi fosse possibilitato a consegnare le forze armate
e in quale misura.
Fino al 1170, in seguito all’assenza del re, a lungo in Francia, un’altra inchiesta avrà il compito di indagare sui
funzionari regi e sul loro funzionamento. Sempre nel corso degli anni 60, è importante la fondazione della corte dello
Scacchiere: gli sceriffi, in date prefissate, portavano a questa corte i loro rendiconti e pagavano quanto dovuto ed
esiste anche un trattato in merito al funzionamento di questo ente che ci dà un’idea ben organizzata di questa
istituzione.
L’Assise (assemblea) di Clarendon e di Northampton, tra il re e i più importanti baroni, si prendono delle decisioni
riguardo al funzionamento della giustizia, mentre l’Assise delle armi del 1181 si organizzava l’esercito regio per ranghi
e contributi.

I tribunali regi

Alcune delle riforme riguardano i tribunali regi, cioè presieduti dal re o da suoi delegati. A Westminster funzionava un
tribunale regio che discuteva cause civili provenienti da tutto il regno con un’assemblea di aristocratici e clerici.
Funzionavano come corti d’appello regolarmente anche senza la presenza del re.

L’esercito feudale e l’inchiesta del 1166: la Cartae Baronum

Per l’organizzazione dell’esercito il 1166 e il 1181 sono le date fondamentali per leggi e inchieste. Tutti i feudi erano
tenuti a corrispondere alle convocazioni militari con il cosiddetto knight service. Nel 1166 fu redatto un censimento dei
combattenti arruolabili nei vari tenentati, anche se alcuni di essi versavano una tassa sostitutiva per sollevarsi dagli
incarichi militari e questo denaro era utile anche per arruolare mercenari professionisti della guerra. Questa tassa non
era facile da prelevare.
La riforma nasceva dalla necessità del fatto che alcuni cavalieri si erano arricchiti, ma molti altri si erano impoveriti e
non potevano più assolvere alle loro funzioni militari. Così l’Assise d’Arme del 1181 impone che tutti gli uomini di
grado libero debbano prendere parte alle convocazioni dell’esercito regio, il quale ampliò le sue fila anche
differenziando l’equipaggiamento (accette, armi contadine e anche semplice manodopera d’accompagnamento).

La chiesa inglese e il re: lo scontro tra Enrico II e Becket

Nel 1164 a Clarendon si definiscono anche i rapporti tra stato e chiesa. Già subito dopo Guglielmo il Conquistatore, ci
furono attriti da parte degli ecclesiastici per via delle ingerenze regie negli affari clericali, favoreggiando anche la
simonia.
Thomas Becket era l’arcivescovo di Canterbury ed era stato il cancelliere di Enrico II, ma una volta nominato sembra
dimenticarsi di questo servizio reso al re e si decide a difendere le prerogative della chiesa inglese e quando Enrico
sancisce una tassa sul clero per finanziare l’esercito, Becket si oppone strenuamente.
Con le costituzioni di Clarendon si affermava che il re potesse giudicare i chierici che commettevano crimini, gli
ecclesiastici potevano allontanarsi dal regno solo con il consenso del re, il re deve essere informato precedentemente
qualora un agente regio o un suddito del regno dovesse essere colpito da un provvedimento ecclesiastico.

Le costituzioni di Clarendon

Altri punti particolari: il re può giudicare la nomina dei preti e dei prelati; è il tribunale regio a dover decidere dei reati
di un chierico; sono aboliti gli appelli alla curia romana.

L’epilogo tragico

Becket viene assassinato. Lo scontro si era aggravato ed era stato in esilio in Francia, ospite del re, ma nel 1170,
l’arcivescovo a Canterbury viene inseguito nel monastero e nella sagrestia viene ucciso. Si tratta di un evento che fa
molto scalpore anche per il luogo sacro. La domanda è se il re fosse o meno il mandante e comunque si sa che poco
prima di questo evento aveva fatto delle dichiarazioni molto pesanti contro Becket. Gli assassini inoltre facevano parte
della cerchia della corte reale, nello specifico uomini armati di un fratello del re al quale Becket stesso gli negò un
matrimonio.
Nel 1173 Becket viene santificato e nel 1174 il re si sottopone a penitenza.
In generale si può affermare che lo scontro tra il re e Becket fosse comunque inevitabile e che fosse la natura
dell’affermazione del diritto di governare.
Mentre Becket era in esilio in Francia, il re era riuscito ad ottenere dagli altri vescovi una sostanziale adesione alle sue
leggi e Becket, tornato in patria, prese delle decisioni molto forti contro questi ecclesiastici.

Gli ultimi difficili anni di Enrico II

Dalla fine degli anni 60 nascono delle difficoltà anche per la successione del regno: avendo molti figli, decide di
dividere tra loro il vasto regno, ma questo complica la faccenda perché alcuni figli scontenti, soprattutto Giovanni
Senza Terra, si ribellano al padre e si schierano insieme al re di Francia. Nel luglio 1189 Enrico II incontra suo figlio
Riccardo in Francia, di fronte a Filippo Augusto re di Francia, come se fosse un avversario, muore subito dopo
l’incontro.

Vicende di Riccardo Cuor di Leone

Vicenda romanzesca fatta di battaglie e tradimenti. Dal punto di vista monarchico, per via del suo viaggiare
continuamente, non riesce ad allestire delle riforme. Muore nel 1199, tornato finalmente nel regno dopo tanti viaggi
per via di un incidente fortuito durante un blando assedio quando un balestriere avversario, inavvertitamente lo
colpisce e lo ferisce a morte.

Regno di Giovanni I – eventi principali

Giovanni Senza Terra eredita il trono dopo la morte del fratello ed è un altro regno travagliato. Nel 1204 Filippo
Augusto di Francia conquista la Normandia, culla della dinastia normanna poi sostituita dai plantageneti. Si impegna
contro il Galles, dove l’aristocrazia locale molto bellicosa è difficile da sottomettere.
Ha anche uno scontro forte con papa Innocenzo III ma il conflitto si arena con il perdono.
A luglio del 1214 partecipa alla battaglia di Bovine contro i francesi in cui viene sconfitto, si tratta di una battaglia
segnante per la storia del regno di Francia. La conseguenza di questa sconfitta è la rivolta baronale del 1215, baroni i
quali, scontenti della politica interna del re, molto aspra e aggressiva, prendono le armi ed entrano a Londra stilando
una serie di capitoli da sottoporre al re. Esito del confitto, Giovanni promulga la Magna Charta nel giugno 1215.

Cosa volevano i baroni

Chiedevano libertà rispetto al passato, ovvero di ripristinare le libertà che in passato venivano godute. A capo dei
baroni c’è l’arcivescovo di Canterbury, Stefano Langdon.
Principio che il re non può agire contro i baroni in modo arbitrario e dispotico; il re deve sottoporsi alle leggi del paese
e confrontarsi con l’assemblea dei baroni, organo prefigurato nella carta che sarà la fase embrionale della Camera dei
Comuni; rifiuto di sottostare alle richieste eccessive di denaro e prestazioni che il re esige; un richiamo alla giustizia
regia, considerata poco egualitaria; di punire gli abusi e le vessazioni degli sceriffi e di evitare le ingerenze nelle
nomine ecclesiastiche.
I capitoli della Magna Charta possono essere considerati una costituzione poiché pongono dei limiti agli abusi della
capacità d’agire regia.
Oltre a queste richieste, apparivano importanti citazioni anche riguardo alle città, ma anche pesi e misure, di tutela dei
mercanti. L’articolo 39, che ha molta importanza anche per i posteri perché riguarda l’integrità morale della persona:
habeas corpus, che afferma che ogni reato va giudicato da un tribunale di pari e che il giudicato non subirà aggressioni
prima di una eventuale risoluzione giuridica.

La Magna Charta, le vere intenzioni dei baroni

I baroni quando sottopongono il documento al re, si muovono per i propri privilegi e in senso feudale, ma ciò non
toglie che alcuni valori legali citati nel documento, sono la base del nostro stesso sistema odierno.

Sviluppi e difficoltà della Magna Charta tra XIII e XIV secolo

Giovanni I è però obbligato a promulgare la Charta, e non appena possibile si appella al papa e gli chiede di giudicare
non valido l’atto, il quale, in cambio, gli chiede di partire per la crociata. Successivamente a Giovanni, gli succede il
figlio Enrico III che ripristina la Magna Charta, ma riprenderanno molto presto i conflitti tra re e baroni verso la metà
del 200 quando i grandi lord si ribellano e il re istituisce un concilio di 15 grandi che avrà ampi margini di manovra. I
baroni non sapranno portare avanti le proprie rivendicazioni con coerenza, infatti nonostante la promulgazione del
documento, il re non si vedeva, nella pratica, un potere più limitato.

La definitiva costituzione del parlamento inglese

La Charta fu il prodromo della costituzione del parlamento inglese che prese forma dalla Camera dei Baroni e la
Camera dei Comuni, i quali iniziano ad approvare delle leggi. Nel corso del ‘300 verranno anche delle crisi politiche che
coinvolgeranno i re (alcuni anche corrotti e deposti) e qui sarà fondamentale il ruolo del parlamento.

Il XIII secolo: progressi e difficoltà del potere monarchico in vari regni

Il 200 vede dei programmi di affermazione di monarchie, molto ambiziose, ma non senza grandi difficoltà.
Federico II di Svevia, re di Sicilia, è una figura europea di spicco. Le sue costituzioni di Melfi (1231) ricorda la
superiorità del potere monarchico e della chiamata diretta da Dio, ma nonostante ciò si confronta spesso contro il
papato, specialmente con Gregorio IX, venendo deposto e poi due volte scomunicato. Venne sconfitto anche dalla lega
dei comuni italiani. Anche a Gerusalemme, dopo averne acquisito la corona, deve confrontarsi con una serie di aspre
rivolte.
Stesso corso di deposizioni e rivolte colpisce anche i regnanti di Castiglia e Portogallo.
Da un lato l’affermazione dell’autorità monarchica in modo ambizioso, ma tuttavia il re non sempre è rispettato e
molto spesso non tutti gli aristocratici si pongono al suo servizio.

Spese di guerra e crescita degli stati: un dato significativo

Lo scontento dei sudditi e degli aristocratici, spesso nasce dai tentativi del re di raccogliere denaro per il
mantenimento delle guerre espansive e degli eserciti. Per comprendere l’escalation delle spese belliche basti pensare
che nel 1284 si prelevavano 27k sterline l’anno, nel 1294-98, anni di guerre in Francia e in Scozia, la tassazione è salita
a 750k di sterline.

Il comune in Italia: un’originale esperienza di governo e di autonomia

Una singolare esperienza: il Comune nell’Italia del Nord e del Centro

Si tratta di città autonome che si danno dei propri governi. Si parla genericamente di fenomeno dei comuni
nonostante si tratti di esperienze singole che prendono spunto l’una dall’altra. È un movimento, detto comunale,
europeo. A partire dal XII secolo molte città europee chiedono e ottengono diversi privilegi dai signori bannali, dai re e
dai governatori in generale. Fra questi privilegi anche quelli di nominare dei reggenti propri. Quello che accade in Italia
e nella Francia del sud è però un fenomeno particolare poiché queste città comunali non nascono su richiesta di
privilegi, ma se li arrogano autonomamente, in modo spontaneo.
I motivi di questo particolarismo italiano sono diversi: una tradizione romana (quella dei municipia) che ha lasciato il
segno che ha costituito città popolose (dell’Europa dell’epoca) e vivaci; l’assenza di un forte potere regio dopo la
caduta della realtà carolingia (c’erano state diverse discese imperiali e di re in Italia per farsi incoronare, ma nessuno
di loro riuscì ad “attecchire” sul territorio); la presenza del vescovo e delle sue reti feudali, il che funge anche da polo
di attrazione.
Quando nasce il comune in Italia?

L’evento della nascita del comune si può ricondurre alla nascita della figura del console, il primo di cui si ha memoria
nel 1085 a Pisa. Le città nominavano queste figure istituzionali per gestire i momenti di crisi e difficoltà e la carica
aveva una durata temporanea. Non si può parlare di “console” perché i consoli agivano in collegio. In generale i
consoli appartengono al mondo aristocratico, ma rappresentano tutti gli strati sociali fuorché coloro che non erano
liberi. La figura del console suggerisce che la città ha raggiunto una sua autonomia e ha un autogoverno laico che
spesso si oppone al vescovo.

Peculiarità della vicenda delle città italiane e premesse della formazione dei comuni

Un’altra testimonianza importante è quella del giuramento dei cives, ovvero dei cittadini. I comuni nascono infatti
come delle associazioni di giuramento, facendo nascere diverse considerazioni sulla natura della nascita dei questi
comuni, ovvero se nascessero come associazioni private tra i cittadini o con l’intenzione di essere da subito una
istituzione pubblica. La risposta non è univoca.

Prima fase comunale e scontro con l’impero

Seppure la parte centro nord dell’Italia fa parte dell’impero, quest’ultimo è del tutto estraneo alla nascita dei comuni,
non esistendo neanche un riconoscimento formale, anche se alcuni imperatori concedono alle città dei privilegi, di
fatto legittimandole.
L’esperienza consolare nasce come una soluzione temporanea per riempire un vuoto di comando che si è verificato
nell’Italia dell’epoca, ma anche per risolvere dispute o attacchi provenienti dall’esterno. C’è molta sperimentalità nella
nascita dei comuni, infatti non tutti i casi si possono considerare come ben riusciti: alcuni consoli si specializzano in
determinati ambiti, in altri casi la durata del loro mandato cambia, in altri casi aumentano o diminuiscono di numero,

I giuramenti dei consoli

Un tipo di documento importante che dà molte informazioni sulla magistratura consolare è il breve consulum, ovvero
il testo del giuramento che i consoli prestavano quando prendevano la carica. Per esempio del 1143 il breve consulum
di Genova in cui si trovano informazioni sulla durata della carica (1 anno) e una dichiarazione di impegno e di
promessa rettitudine e egualità.
Le attività principali sono quelle di giustizia e polizia, gestire gli approvvigionamenti della città e delle sue attività
produttive, dell’organizzazione della difesa e militare, diplomazia e politica estera.

Una caratteristica importante del comune italiano: l’integrazione tra città e campagna

A differenza delle altre città europee, in quelle italiane in cui si verifica il fenomeno comunale, i rapporti tra la città e le
campagne sono più forti. Le campagne sono il primo ambito a cui la città si rivolge per risolvere il problema annonario
che risolve con le derrate. Le campagne erano anche luoghi tipici dei possedimenti ecclesiastici come monasteri o
abbazie, ecclesiastici che vivevano in città con l’arcivescovo, ma gestivano anche al di fuori di essa. I cittadini, piccoli
proprietari, possiedono delle terre nelle campagne, le quali vengono chiamate contado comitatus.
L’esempio più eclatante di città che supera le sue campagne nel tentativo di espandere il territorio controllato è
Milano che si espande verso Lodi e Como (1111 e 1158).
La realtà europea è diversa perché gli stessi cittadini non hanno possedimenti fuori dalla città, ma sono dei burgens
(borghesi).

Federico Barbarossa e i comuni italiani

Milano è anche grande protagonista degli scontri con Federico di Svevia re eletto imperatore dai principi tedeschi. Le
sue calate in Italia iniziano dal 1152 e hanno come scopo quello di ricevere l’incoronazione del papa a imperatore.
Viaggiò molto in Italia, cosa che gli fece pensare al progetto di affermare la sua autorità sulle città italiane sempre più
autonome, ma anche le più ricche dell’impero.
Questo scontro epocale ha come spanna cronologica 1154 a 1183 (pace di Costanza) e nel mezzo c’è il 1176, la
sconfitta di Legnano. Studiosi del risorgimento vedono in queste battaglie una natura ideologica, ma analizzando da
vicino si capisce anche che si tratta di uno scontro di civiltà.

1152
Federico viene incoronato in una situazione europea non florea: le relazioni col papato sono difficili, l’Italia è
frammentata in più dominazioni differenti e anche all’interno degli stessi territori dell’impero si respira aria pesante.
In una dieta a Costanza, con anche la presenza del papa, Federico rivendica la possibilità di eleggere i vescovi e di
assegnare le cariche ecclesiastiche. Qui entra in contatto con mercanti lodigiani che lo interpellano e lo mettono al
corrente sulle mire espansionistiche della città di Milano. Più tardi scende in Italia convocando la dieta di Roncaglia,
dove prende la decisione autoritaria che i giudizi regi che i comuni esercitano siano dichiarati illegali poiché si trattava
di diritti usurpati dal re. Ottiene l’alleanza di Cremona e Pavia, nemiche di Milano, che gli volteranno però le spalle.
Nel 1158 assedia e conquista Milano dopo aver praticamente distrutto Tortona. Nello stesso anno, sempre a Roncaglia
viene prodotto un documento che contiene nello specifico tutti i privilegi usurpati.

Papa e imperatore

Nelle sue prime calate in Italia, l’imperatore fu collaboratore del papa, ma dal 1159 con Alessandro III i rapporti si
guastano e Federico prende la decisione di eleggere degli antipapi. In risposta arriva la scomunica.
I comuni erano comunque molto divisi al loro interno e all’inizio di queste discese imperiali, non sono poche le città
che si schierano al suo fianco nella speranza di ottenere qualche concessione ai danni delle città da esso attaccate. A
Pavia, per esempio, il Barbarossa concede grandi autonomie.

Sviluppi 1161-1183

Nel 1161 l’imperatore, grazie ad una rete di alleanze, muove contro Milano, quasi radendola al suolo. In questo
periodo Federico accarezza l’idea di unire ai suoi territori anche il regno normanno di Sicilia, ma è costretto ad abortire
il progetto e tornare in Germania. Questo dà modo alla coalizione anti imperiale di espandersi includendo anche il
papato con interessamenti anche oltralpe. Si forma una lega Veneta e parallelamente anche la Lega Lombarda.

Un anno fatidico, il 1167

L’8 marzo i consoli di Bergamo, Brescia, Cremona e Mantova giurano di aiutarsi reciprocamente e la Lega Lombarda e
quella veneta si uniscono. Lodi entra a far parte della coalizione delle città, ma con la forza dopo essere stata
espugnata. Viene attaccata la postazione imperiale di Trezzo sull’Adda che, sconfitta, apre le porte per Milano.

Perché le città alleate abbandonarono la causa imperiale?

Se la distruzione di Milano del 1162 aveva visto la partecipazione di molte città vicine, negli anni seguenti Federico di
Svevia, in cerca delle ricchezze italiane per finanziare le sue imprese, aveva imposto un regime fiscale molto duro e
molti cittadini si videro spossessati dei loro beni. Qualche città ottenne privilegi, ma in generale fu un’oppressione.
Grillo parla di un “regime coloniale”.

In autunno del 1167 l’esercito imperiale torna in Lombardia, ma l’unica città alleata è Pavia. Milano e Piacenza sono le
più deboli ma sono difese dalle città alleate. Il 1° dicembre del 1167 avviene il giuramento della Societas Langobardie e
nel 1168 Federico è costretto a fuggire.

Eventi successivi

Nel 1168, con la fuga dell’imperatore, Como e Pavia aderiscono alla lega e viene fondata la città di Alessandria in
onore di Alessandro III, alleato della lega. Sulla strada del ritorno in Germania, nel 1176, avviene la storica battaglia di
Legnano dove l’imperatore viene sconfitto.
A Costanza nel 1183 viene elaborato il trattato di Costanza nel quale l’imperatore accetta di riconoscere in modo
paritario il fatto che i comuni esistono e sono enti di autogoverno.

Il comune podestarile. Gli sviluppi popolari del XIII secolo.

Uno sguardo alle difficoltà interne: i consoli faticano a imporre la pace

Il collegio consolare è composto da cives che, prendendo la guida del comune, portano con sé anche il proprio
schieramento e la propria collocazione sociale. Nel breve dei consoli si dice che i consoli devono reprimere gli scontri
armati tra i cittadini e controllare che non venga costruita alcuna torre superiore ad una certa altezza, poiché queste
rappresentano il sintomo di prevaricazione di alcune potenti famiglie o stirpi.

Si cercano nuove soluzioni per rendere più stabile il comune


Ottobono scriba, di Genova, racconta che i consoli del 1189, col fine di mettere fine alle ostilità generata dalle
concorrenze tra i consoli o la loro faziosità, dall’anno seguente la carica del console cessi di esistere in favore della
figura monocratica di un podestà. Così come i consoli nascono a macchia di leopardo, anche la figura podestarile ha la
stessa genesi. Il podestà di Genova vene scelto, nasce un tumulto e un console viene assassinato. La soluzione di
emergenza è quella di dare più potere ad un magistrato poiché la guerra civile interna è tutt’altro che sventata.
Anche a Milano si verificano situazioni molto simili con le famiglie più influenti che montavano spingarde sulle proprie
torri e macchinari lancia pietre.
Il difetto dell’istituzione consolare si trova proprio nella loro composizione cittadina.

Instabilità politica degli altri comuni e soluzioni adottate

Firenze: nel 1193 viene eletto un podestà tra tante critiche, ma riesce ad ottenere la fiducia sufficiente per governare
qualche tempo.
A partire circa dal 1200, i comuni trovano una soluzione alla figura podestarile, dandole la caratteristica dell’essere
forestiero, il quale, sollevato dalle pressioni dei concittadini e dalle faziosità. Il podestà diventa quindi una figura
professionale che ha un seguito di funzionari (familia podestarile) e quando terminano il loro mandato, vengono
spesso chiamati da un’altra città.
Dal 1220 il podestà forestiero è la soluzione definitiva adottata dai comuni del Centro-Nord Italia.

Sperimentazioni del Comune, superamento delle istituzioni consolari

Le precedenti magistrature e istituzioni si trasformano per affrontare i nuovi problemi emergenti. I consoli erano stati
una figura eccezionale ed originale ma col tempo ci si rende conto che la faziosità aumenta è il podestà, che non
governa da solo, ma agisce collabora anche con diversi giudici ed assemblee con i suoi sbirri e berrovieri.
La familia podestarile è anche sintomo della nascita di una società più complessa che richiede delle specializzazioni
maggiori e di maggiore rappresentanza, la quale si ritrova nei consigli, maggiori rispetto ai vecchi consigli pletorici, con
meccanismi elettorali sperimentali, il quale eleggeva un consiglio minore che agiva assieme al podestà.

Le leggi del Comune

Le leggi emanate nel comune sono gli Statuti, si tratta di libri che contengono le consuetudini (diverse da comune a
comune), ma anche le leggi decise dal comune e i libri dei giuramenti. Si tratta di libri molto ben fatti ed elaborati
anche sotto il punto di vista giuridico. Può capitare che una norma appena emanata, possa contraddire una vecchia
norma e quindi ci si pone l’obiettivo di revisionare gli Statuti periodicamente.
Gli Statuti vengono trasferiti in Libri degli Statuti, nel senso che aumentano le scritture, sia quelle solenni (patti
diplomatici, alleanze, trattati, …), ma anche notarili.

Città che cambiano

Le città si modificano non solo nelle istituzioni, ma anche sotto il punto di vista urbanistico. Nascono i palazzi comunali
che ospitavano il podestà e i suoi collaboratori.

Il comune di popolo

La stratificazione sociale diventa più complessa. La vita cittadina è fatta di molti ceti e di molti mestieri. Nascono le
societates, le prime sono le societates milutum, d’armi, ma anche societas dei quartieri che erano piccoli parlamenti
locali. Questo associazionismo ci dà l’idea di una città in trasformazione.
Nascono anche le societas delle arti, quelle che riguardavano il settore produttivo. Avevano una struttura verticale. A
Milano per esempio, la societas della lana comprendeva dal pastore al tessitore, dal tintore al cardatore e aveva il
compito di controllare la produzione e i contratti di lavoro, si davano delle leggi interne e offrivano mutua assistenza.
Nel corso del 200 svilupperanno anche il desiderio di avere più voce in capitolo nelle decisioni politiche.
Emerge, così, non solo l’aristocrazia dei milites, che era stata magna pars dell’esperienza podestarile, ma anche dei
mercanti, commercianti, bottegai. Questa presa di coscienza genera delle tensioni per il continuo avvicinarsi alla sfera
politica. Le societates di popolo, quindi, si danno dei propri capi e creano un consiglio del popolo che elegge dei priori
e un capitano del popolo, figura che genera dualismo istituzionale con il podestà, ma anche lui è un forestiero.
Più in generale, si può affermare che le città dove il popolo è più forte, sono di orientamento guelfo. Quando si parla di
comune di popolo, comunque non c’è un indirizzo univoco: popolo grasso e popolo minuti sono ulteriori distinzioni,
ma anche arti superiori e arti minori, che creano attriti anche all’interno di questo nuovo tipo di comune che è bene
precisare NON sostituisce la figura del podestà, ma è convivente.
Il popolo trova il suo avversario nella classe dei magnati, ovvero gli aristocratici, i grandi mercanti, ma anche il popolo
grasso (i produttori).

Firenze

Aveva trovato la soluzione del podestà forestiero, ma qui le Arti sono preponderanti, la maggiore quella della lana, ma
anche i banchieri (che avranno sempre più importanza specialmente durante il XIV secolo). Nel 1282 il priorato
fiorentino è composto dalle arti maggiori, anche se le arti minori premono per ottenere rappresentanza e ottengono
l’allargamento delle istituzioni, ciò è importante perché denota una progressiva democratizzazione del governo
comunale, il quale ha un podestà, un capitano del popolo, il consiglio maggiore e quello minore, i 12 anziani del
popolo eletti dal quartiere, il gonfaloniere di giustizia.
Sono presenti anche gli schieramenti tra guelfi e ghibellini. Firenze è quasi sempre guelfa e popolare tranne in un
piccolo momento dopo la sconfitta contro Siena dove i ghibellini prendono il potere.

I veri potenti del Comune di Popolo

Emerge il guelfismo che trova un riscontro nel guelfismo del re di Francia, Luigi d’Angiò.
I magnati, però, iniziano pericolosamente a diventare la parte fondamentale del potere. Essi sono ricchi, potenti,
portano le armi e gestiscono le cariche principali del comune. Si tratta di un ceto sociale non omogeneo perché a
questo gruppo si aggiungono anche i nuovi ricchi (a volte anche più ricchi), i quali imitano lo stile di vita degli
aristocratici. I magnati sono coloro che, in qualche modo, costituiscono una minaccia per la città, dei potenti da
controllare e limitare.
Nuove leggi determinano la grandigia, dette anche anti magnatizie, a Firenze vengono emanate in modo crescente
sempre più severe, mirano a limitare la potenza di questi nuovi personaggi emergenti.

Il caso di Milano

Un altro caso comunale particolare è quello di Milano che vede al potere la famiglia dei Della Torre dal 1240 e dal
1259 Martino Della Torre ottiene il riconoscimento di capitano perpetuo del popolo. Questa signoria lascia intatte le
istituzioni comunali e si basa su una sincera fede guelfa.
Più avanti, nel 1277, il papa nomina a Milano l’arcivescovo Ottone Visconti, proveniente anch’egli da una famiglia
milanese non di grande importanza, ma comunque aristocratica, mentre i Della Torre pongono un loro arcivescovo. La
nobiltà esclusa dal potere si schiera contro i Della Torre, i quali vengono sconfitti nella battaglia di Desio. In seguito
Matteo Visconti ottenne la carica di capitano del popolo e di podestà, che unite al riconoscimento imperiale, gli
conferiscono i poteri totali della città di Milano.

Il comune di popolo e la conquista del contado

La conquista del contado

L’integrazione tra città è contado va oltre poiché in primo luogo la città pone al di sotto di sé alcuni signori di banno
delle campagne, di fatto obbligandoli a vivere in città e alle volte anche sconfiggendoli con le armi.

Il comune e le signorie fondiarie di banno

La signoria di banno è ancora presente, specialmente nelle campagne ed è molto diffusa quella di origine ecclesiastica
che fanno a capo a delle abbazie. Signoria di banno significa spesso anche oppressioni sui contadini. La comunità
rustica riuscirà poi ad ottenere ciò che desidera ed evitare le grandi oppressioni dei signori.

Il comune si impone ai signori, e li costringe a risiedere in città

Un caso particolare risale al 1210 nel quale il comune di Tortona si impone ad un signore nei suoi pressi che deteneva
un castrum ed esigeva delle prestazioni dai contadini sia di prestazioni fiscali che umane. Il signore di Mongiardino è
costretto dal comune di Tortona a stipulare un patto nel quale si impegna di non danneggiare il comune e di cedere al
comune stesso la metà della torre del castello. Il signore si impegna di collaborare col comune. Il signore perde quindi
parte dei suoi privilegi di banno ed è importante l’aspetto territoriale e difensivo.
Nel 1261 il comune di Asti sconfigge il signore di Saluzzo e lo costringe a risiedere in città e ad avere in essa una casa,
dove sarà anche obbligato a prestare servizio militarmente ed essere soggetto, come ogni altro cives, a possibilità di
confisca e pagamenti di tasse.

Servitù e libertà nelle campagne: l’azione del Comune

È rilevante anche la tendenza dell’emigrazione dalle campagne alla città. In Germania si diceva che l’aria della città
rende liberi da una condizione servile che era ancora la normalità delle campagne. Molti comuni, come quello di
Parma, approva delle leggi per aumentare questo flusso, prendendo in considerazione la possibilità di “rendere liberi”
dei servi che si spostano nella città e che vi risiedano per almeno 10 anni. Su questo aspetto possiamo anche
affermare che nella volontà di liberare un servo dalla sua condizione, oltre che a minare la servitù della signoria di
banno, è anche presente una forte componente ideologica.

La liberazione dei servi

Le campagne sono il regno della servitù. Nel 1243, Vercelli fa un proclama che decreta che nessun uomo delle
campagne di Vercelli, può essere considerato servo e che i signori di banno non hanno questi diritti.
L’operazione più compiuta e clamorosa è la liberazione dei servi voluta da Bologna nel 1257, quando la legge “lex
paradisus” decide di abolire la servitù. I signori interessati dalla liberazione di servi sono 379, 6000 contadini riscattati
per 10 lire per i maggiori di 14 anni e 8 per gli altri. Questo grande esborso finanziario, tende a creare una nuova
condizione nelle campagne, quindi è lecito chiedersi se fosse un reale afflato ideologico, o se ci fossero anche altre
motivazioni di fondo.

Tra idealità e motivi pratici

Sicuramnet ci sono dei valori e ideali religiosi, ma al contempo, con il riscatto dai vincoli signorili, il comune sancisce la
sua superiorità su altre persone che prima rispondevano a dei signori. Queste comunità del contado diventano piccoli
comuni liberi, ma assoggettati al potere di Bologna. Con la lex paradisus, i comitatini, abitanti del contado,
diventavano cittadini, ma anche contribuenti.

La città controlla legalmente il contado o solo di fatto?

Nella pace di Costanza c’è una formulazione un po’ ambigua: l’imperatore riconosce la superiorità di comuni sui
territori extra comunali. Il comune si considera caput (testa) e le terre del contado sono le membra; altra metafora
elaborata dalle cancellerie comunali è quella della madre (comune) con i suoi figli (contado).

Il comune concede feudi, uno strumento duttile

Il feudo (forma di relazione personale che unisce un debole ad un potente) si rivela uno strumento duttile, utilizzato
dal comune per legare a sé dei territori ai signori del contado, spesso sconfitti e costretti, ma comunque che hanno
giurato fedeltà al comune. Nei libri iurium del comune vengono registrati questi feudi. Nel 1140 la stirpe dei Malaspina
si assoggetta a Piacenza e si dichiarano suoi vassalli.

Un aspetto della conquista del contado: le fondazioni di villenove e borghi nuovi

La conquista del contado anche un grande intervento sul territorio con costruzioni di difese, strade, bonifiche e
creazione di aree produttive. Nella toponomastica del centro nord troviamo molte località con nomi simili a villa
nuova, borgo nuovo, villa o borgo franco, poiché nasce la tendenza dei comuni di creare delle zone a loro assoggettate
per diversi scopi come popolare una zona disabitata o creare avamposti vicino ai confini.
Spesso ai coloni si promettono esenzioni fiscali o concessioni di terre. Per esempio nasce Villafranca nel 1185 vicino a
Verona; Castelfranco del 1199 di Treviso, Cittadella da Padova, … operazioni come queste richiedono una forte
progettualità e spese elevate.

Anche il comune rurale trova la forza di opporsi ai signori

Va constatato che nelle campagne si formano anche dei comuni rurali, ovvero piccole comunità abitate da rustici che
per avere più forza di contrasto sui signori, si danno delle istituzioni comunali con la pretesa di difendersi dai signori di
banno. Nel 1207 nasce una piccola comunità vicino a Chiusi per via di un concordato tra un signore e 150 contadini
che si diedero un console e redassero un documento di obblighi e impegni dei cittadini, ma anche del signore.

Nel regno meridionale

Tutto ciò non succede nel regno fondato nel 1130 nel sud Italia dove, a parte le capitali Palermo e Napoli e alcune città
marinare libere, il comune non ha i privilegi e prerogative del nord. Questo perché i normanni, come così anche gli
aragonesi e gli angioini che arriveranno dopo, non saranno favorevoli allo sviluppo comunale.

Le Due Sicilie, monarchia, città, sviluppi dinastici

Antefatti, prima dei Normanni in Sicilia

La Sicilia è un territorio che formalmente è parte del regno Italico longobardo. Nell’827 inizia la conquista araba della
Sicilia da conquistatori provenienti dal Nord Africa diventando un emirato autonomo con capitale Palermo.
La realtà del sud Italia è quindi un mosaico di dominazioni longobarde, arabe e bizantine. In questo contesto
conflittuale si inseriscono i cavalieri normanni. L’arrivo normanno non è da leggere come una conquista militare, ma
come una emigrazione di popolo in armi che si sposta dalla Normandia francese in direzioni sparse. Essi arrivano in
Italia per combattere, non per conquistare, al servizio di altri aristocratici e principi, in cambio di una remunerazione.
Molti di questi cavalieri, quando combattono al servizio di potentati, spesso ricevono terre o città come ricompensa
poiché il denaro liquido scarseggia e questo li fa diventare, in alcuni casi, dei piccoli principi come nel caso di Melfi.
Nel 1053 l’affermazione militare dei guerrieri normanni degli Altavilla hanno ragione su papa Leone IX che porta alla
nascita di un accordo con cui i capi normanni si dichiarano vassalli del papa e ottengono il riconoscimento delle terre
che controllano, evidenziando così la presenza di potentati normanni già radicati sul territorio.
Dal 1059 ampliano i loro possedimenti ai danni dei bizantini e nel 1072 ottengono la città di Palermo con Ruggero di
Altavilla che ottiene il titolo di duca di Sicilia e Calabria.
A partire dal 1081 i normanni aiutano Gregorio VII mettendolo in salvo da Enrico IV, ma misero a ferro e fuoco Roma e
lo stesso papa morì ostaggio a Salerno.
Nel 1089, papa Urbano II si trova a Melfi per ristabilire la pace tra i principi normanni in lotta tra loro e concede a
Ruggero anche il dominio sulla Puglia. Il conte Ruggero viene creato come delegato papale in questi territori, si tratta
di una anomalia che si deve al fatto che le conquiste di Ruggero si dirigono verso la Sicilia dove si trovano gli arabi.
Questo gli dà, quindi, anche la possibilità di prendere delle decisioni sulla nascita di diocesi, sull’investitura di vescovi e
sulla evangelizzazione delle terre islamizzate.
Alla fine del XI secolo i normanni hanno il controllo su quasi tutto il sud Italia e nel 1101 muore Ruggero, lasciando la
reggenza alla moglie Adelaide del Vasto in attesa che il figlioletto Ruggero cresca.
Il regno di Sicilia è un “regno nuovo di zecca” (Abulafia) nato, per altro, da una vicenda piuttosto particolare poiché nel
1130 i cardinali si erano divisi e si riunirono in due conclavi differenti eleggendo, così, due papi, Anacleto II e
Innocenzo II. Il primo dei due, per ringraziare Ruggero per averlo appoggiato nell’elezione, emana una bolla papale,
convalidata da un’assemblea di aristocratici ed ecclesiastici a Salerno, con la quale conferisce a Ruggero la corona di re
di Sicilia, un regno che non esisteva prima d’ora. Successivamente la disputa tra i due papi si risolse in favore di
Innocenzo II, lasciando Anacleto II come antipapa. Ruggero viene incoronato a Natale del 1130 a Palermo. Nel 1139
muore Anacleto II e Innocenzo II conferma il privilegio nei confronti di Re Ruggero.

D. Abulafia, Federico II – Due Sicilie

Nel 1130 nasceva una monarchia di stampo assolutistica e con programma ambizioso, soprattutto in termini di
espansione territoriale. Fonte di grande ricchezza, la Sicilia deve però anche fare i conti con sanguinose rivolte delle
popolazioni sottomesse, soprattutto gli arabi, contro i quali si scaglia l’evangelizzazione sfrenata dei nuovi arrivati.
L’imposizione fiscale è molto elevata per mantenere attivo un esercito in difesa dei numerosi nemici.
Alcuni capitoli del libro di Abulafia, ci danno un’idea chiara della ricchezza di questo regno, con ampi spazi demaniali e
fiorenti scambi tra diverse popolazioni. La Sicilia è il solo regno europeo che procederà con una coniazione aurea, gli
altri arriveranno il secolo successivo (tarì d’oro).
Quando Federico II di Svevia sposa Costanza di Altavilla, figlia di Ruggero II, ammira questo regno che per molti aspetti
e per la sua ricchezza, sta davanti a molti altri europei anche più vasti.

I rapporti conflittuali tra il re e le città, alcuni esempi


Non mancano le grandi città nel regno, soprattutto quelle marittime, come Amalfi, ma anche quelle come Bari che
appartiene ancora ai bizantini. Nel 1132, per reagire alla aspra conflittualità tra il re e le città, le quali domandavano
più autonomie, il re pubblica un documento con blande concessioni alle città e una vaga limitazione del suo potere in
esse. I maltrattamenti delle città, però continuano e molte città della Campania sono oggetto di spedizioni punitive.
1151 insorgono i cittadini di Bari che spianano la cittadella reale, simbolo di oppressione, ma il re in risposta fa
abbattere la città stessa che per molto tempo rimase inabitata. Nel 1168 la città di Messina si rivolta contro gli abusi
dei mandati regi, ma in questo caso il re punisce i governatori.
In contraltare a tutto questo, spiccano invece le grandi condizioni favorevoli ai mercanti e ai banchieri provenienti da
tutta Italia, specialmente Toscana, Genova e Nord Italia.

I rapporti con la Chiesa romana e la controversa questione della legazia apostolica

La legazia apostolica concessa a Ruggero II crea anche dei problemi, poiché essere legato significa anche potere creare
da nuova diocesi e nominare arcivescovi, ma anche giudicare il clero e potere interferire nel patrimonio ecclesiastico e
negli affari della chiesa. La legazia è una possibilità, ma anche fonte di contrasti con il mondo romano.

1132-1154: gli anni cruciali di Ruggero II

Un re condottiero, capace di combattere l’impero che tanta di invadere il regno, ma anche ci combattere minacce
interne come i baroni di Campania e Puglia.
Numerose spedizioni verso l’Africa con l’obiettivo di creare dei protettorati in Libia, ma anche con la finalità di
controllare il Mare di Sicilia per metterla al sicuro dalle incursioni piratesche, attirate dalla ricchezza di Palermo e dei
porti siculi. Nel 1147 crea e controlla una base a Corfù che gli permette di gestire traffici importanti del Mediterraneo.
Dissemina nel territorio molti “giustizieri” sul modello bizantino, incamerando i beni delle condanne e delle confische.
Le risorse demaniali reali sono gestite da Camerari e Baiuli.
La burocrazia regia, oltre ai baroni, spesso giustizieri, anche il resto della popolazione diviene nominabile per altre
funzioni: gli arabi per esempio vengono integrati nella gestione delle fiscalità o i greci nella produzione documentaria.

Le assise di Ariano, 1140

Si tratta di un corpo di leggi molto vasto, che sarà in futuro ripreso da Federico II di Svevia nel liber augustalis di
Amalfi. Non è chiaro se sono state davvero emanate ad Ariano, ma comunque si tratta di un esercizio giuridico molto
importante. Al re sono attribuite le caratteristiche di giustizia, benevolenza e virtù. In queste leggi si vede l’influsso del
diritto romano. Uno dei punti di forza del regno e quello che, per via della popolazione composita ed eterogenea del
regno, è possibile attingere a diverse culture giuridiche, tra le tante spiccano quelle longobarde, normanne, arabe,
bizantine ed ebree.

Il decollo del secolo XI – Crociate ed espansione dell’Occidente

I porti di partenza per la prima crociata, dopo l’appello di Urbano II, sono quelli italiani e francesi in direzioni
Costantinopoli, luogo nel cui si aggregano alla carovana anche altri cavalieri crociati. Storici arabi delle crociate
accomunano tutti i crociati con il nome di “franchi”.
Il successo della prima crociata è inaspettato, ma prima di tutto è inaspettata la risposta all’appello di Urbano.
I crociati devono passare dall’Anatolia, area geograficamente molto complicata, ma riescono a raggiungere Edessa,
dove fondarono una contea, un principato attorno ad Antiochia (primo principe figlio di Roberto il Guiscardo) e poi
una contea di Tripoli (Libano) e il regno dei conti di Boulogne a Gerusalemme. Questo regno non deve essere inteso
come un regno superiore alle contee circostanti.
I cavalieri franchi, ma anche bizantini, accompagnati dai mercanti delle città marittime italiane, i quali hanno un ruolo
fondamentali per studiare questi avvenimenti.
Nel 1099 Gerusalemme viene conquistata dopo un assedio di 5 settimane e Goffredo di Boulogne si proclama re e
difensore del Santo Sepolcro. Nella contea di Tripoli si ha il conte di Tolosa e risulta essere la più attrattiva per i
commercianti e i mercanti per via dell’avanguardia del suo porto.
Queste dominazioni iniziano a combattere le popolazioni arabe circostanti per ampliare i territori, anche se i rapporti
commerciali con queste popolazioni sono molto frequenti e redditizi.

Le paci di Dio, X e XI secolo in Francia come antecedente delle Crociate


Sono delle assemblee che hanno come scopo una sorta di riunione della comunità e dei potenti per fermare la
violenza dei milites cristiani. A presiedere le assemblee di pace erano i vescovi che invocano l’uso delle armi solo per
nobili scopi, come quello di difendere Dio e la cristianità con il fine superiore della pace.
Nell’invocazione di Urbano II, prometteva ai milites che avrebbero intrapreso il viaggio dei benefici e la sua
benedizione, qui si dirà anche “prendere la croce”, ma non viene mai pronunciato il termine di “crociata”.
I primi a seguire le esortazioni sono dei personaggi di basso rango, spesso poveri e avventurieri.

L’appello per la crociata: 24 novembre 1095

Nel concilio di Clermont, Urbano II invita alla liberazione del Santo Sepolcro. Il concilio in principio era stato
organizzato per giudicare un re di Francia gravemente peccatore.
La risposta al proclama è sorprendete, si calcola che 150mila persone fecero il voto per partire, almeno un quarto lo
fece fin da subito, tra i quali i predicatori fanatici e avventurieri. Queste prime ondate si porteranno dietro una scia di
sangue per tutta Europa con razzie e pogrom nei confronti delle minoranze religiose. In un secondo momento partono
anche i cavalieri che coinvolgono tutti presso Costantinopoli, dove l’imperatore d’Oriente avrebbe provveduto alla
loro organizzazione.
La promessa di Urbano è quella della indulgenza plenaria è di territori in compenso dopo le conquiste. È possibile
anche che il papa volesse, con questo invito, di rafforzare i rapporti con Bisanzio creando una enclave papale in
Palestina.

Il successo inaspettato della prima crociata

Al monte di tutto questo c’era un sovrappopolamento di cavalieri e cadetti che nelle zone d’origine non trovavano
spazio che intravedevano in queste iniziative la possibilità di trovare una collocazione. Tra questi va ricordata la
popolazione normanna che dalla Normandia inizia una diaspora verso tutta Europa alla ricerca di spazi e parteciparono
attivamente anche alla crociata.
La crudeltà della guerra è stemperata dal concetto di militia christi, creando l’idea che il cavaliere combattesse per
Cristo verso un nobile fine.

Le Crociate: il pellegrinaggio armato. Una spiegazione sufficiente?

Le Goff sottolinea l’esito sconfortante delle crociate dicendo che servirono solo ad importare in Europa l’albicocca.
Forse solo la prima crociata può essere considerata parzialmente un successo, ma sicuramente le successive furono
tutte fallimentari.

La crociata “ufficiale”

La crociata dei cavalieri inizia nel 1096, guidati da un legato papale, si dirigono a migliaia a Costantinopoli rispondendo
alla richiesta d’aiuto di Alessio Comneno. Nel 1097 superano il Bosforo e solo nel 1098 arrivano nella città di Antiochia
e poi a Gerusalemme che assediano e conquistano.
Seguono delle terribili stragi di infedeli.
Va notata la partecipazione di Genova che partecipò all’assedio di Antiochia, ottenendo dei privilegi in questa zona.
I principati formatisi erano solo formalmente guidati da Gerusalemme, ma comunque abbastanza coesi e con tutori
stabili delle zone conquistate come i Cavalieri di Malta, l’Ordine dei Cavalieri Templari e gli Ospitalieri di San Giovanni.

Eventi della prima crociata

Si parla di franchi in generale, ben noti a Bisanzio perché molti di loro furono mercenari dell’Impero, come gli Altavilla.
C’è un timore sotterraneo perché i Bizantini, consci della loro debolezza, temono di essere attaccati da una coalizione
occidentale.
Le conquiste continuano per tutti i primi 30 anni del XII secolo e l’avanzata è efficacie, a inizio XI secolo, dopo che gli
arabi distrussero e saccheggiarono le città della Terra Santa, la chiesa romana non sarebbe mai stata in grado di
organizzare una tale spedizione, ma dopo la riforma gregoriana e il duro confronto con l’impero, Roma può contare
sulla sottomissione dell’aristocrazia e un apparato organizzativo e amministrativo più forte.
E’ innegabile la presenza di forti ispirazioni religiose tra i movimenti dei crociati, molti di loro sono anche esaltati e si
sentono apostoli.

Il termine “crociata”
Si diffonde solo nel XIII secolo, ma in quanto derivazione dei pellegrinaggi, il termine ha anticipazioni nei pellegrinaggi
verso i luoghi santi sparsi per Europa e Medio Oriente. A inizio XI secolo, in un sinodo romano si era stabilito che il
pellegrino che si accingeva a questi pellegrinaggi, era autorizzato a portare le armi poiché si trattava di viaggi impervi.
Cardini specifica che la crociata è un folle viaggio condito da una accozzaglia di straccioni fanatici, cavalieri montati e
violenti, comandati da baroni e duchi falliti.

La resistenza dei musulmani?

I musulmani non erano assolutamente intenzionati a fermare il passo ai pellegrini. L’islam, ormai invaso dai turchi, non
era più un impero monolito, ma era molto composito e non si era affermato un ideale anti cristiano. Essi allestivano
anche degli ospizi per i pellegrini e ne rispettavano i monasteri. Nel 1009, un califfo radicale (estremista) come Al
Hakim, fece distruggere la basilica di Gerusalemme, ma l’episodio rimase isolato e la basilica fu subito ricostruita. Gli
altri piccoli episodi di violenze a danno dei pellegrini sono riconducibili piuttosto ad episodi di brigantaggio.

Gli ordini militari

Cavalieri, Ospitali e Templari, a fine XII secolo controllavano 20 fortezze al nord i Tripoli. Erano cavalieri ben armati e
addestrati che all’occorrenza si avvalevano dell’arruolamento di mercenari islamici. Accumulano molte donazioni e
molti pellegrini che viaggiavano in Terra Santa, potevano comprare un credito nella madrepatria ed ottenere in loro la
controparte della valuta. Si tratta di operazioni molto complesse, ma anche rischiose. Ogni operazione di cambio, tra
l’altro, ha implicito un elemento di usura che, in questi casi, può anche essere molto elevata.

L’Ordine Teutonico

Fondato nel 1199 a Lubecca e Brema, le quali avevano un loro ospizio assistenziale ad Acri e Gerusalemme. La
caratteristica dell’ordine è l’espansione verso est, verso le terre slave e baltici. Si trattava di una vera e propria
colonizzazione cristiana proveniente dalla piccola nobiltà tedesca.

La seconda crociata

Fu proclamata nel 1146 per difendere gli stati latini in difficolta da papa Eugenio II. Fu una crociata a cui parteciparono
personalità di alto spicco come il re di Francia e il re di Germania, ma fu del tutto fallimentare. Una certa diffidenza
anche dei bizantini che avevano fino a quel momento dato un certo aiuto ai cristiani, ma che continuava ad avere il
timore di questa nuova realtà politica.

Verso la terza crociata, la crociata dei re

Bandita nel 1187 e si protrae fino al 1192. Il contesto è la nascita di una nuova dinastia nel nord Africa che aveva
riconquistato Gerusalemme con Saladino. A questa spedizione partecipano milizie provenienti da tutta Europa ed è
nota come la crociata dei re perché è presente Riccardo Cuor di Leone di Inghilterra, Barbarossa di Svevia e Filippo
Augusto di Francia. Federico Barbarossa, impegnato per molti anni in Italia, perde qui la vita in Cilicia nel 1091.
Gerusalemme non viene recuperata, ma il fallimento non è solo in questo aspetto, ma è più nel fatto che le
dominazioni latine in Oriente sono decimate e non hanno più solidità. Ciò che resiste sono le basi commerciali e tutto
l’apparato ad esso annesso dai magazzini ai mercati.

L’idea della Crociata si applica ad altri cotesti

Spedizioni dei principi di Sassonia verso le terre slave (pagane), ma questa giustificazione ideologica contro gi slavi e la
loro cristianizzazione, sottende ad una necessità politica di espandere le terre a disposizione.
Crociata è anche la repressione di movimenti ereticali, come quella contro i catari che il papato e i suoi emissari
compiono all’inizio del XIII secolo, ma anche quelle contro Federico II di Svevia che inizialmente non voleva partire
inizialmente per la crociata. Successivamente stipulò dei patti con i sultani e ottenne il titolo di re di Gerusalemme,
scontentando ulteriormente il papato.

Le opinioni sulla crociata

La realtà delle crociate è stata oggetto critico da sempre. Già a inizio 500 e successivamente in epoca illuministica si
hanno idee negative sulle crociate, l’unico aspetto che si salva è quello del contatto con il Medio oriente tramite i
mercati e gli scambi.
Le crociate vengono rivalutate dall’afflato di fede del Romanticismo.
Nel 1948 la fondazione dello stato di Israele, in una regione ampiamente occupata da araba, fu, da molti storici, visto
come un tentativo di crociata.
Altro tema accostato alle crociate è quello del colonialismo. È lecito parlare di colonialismo?
Aspetto studiato è anche l’aspetto della crociata come derivazione dell’ideologia ierocratica papale dopo la riforma
gregoriana, ma anche come strumento per lanciarsi contro personaggi anche interni all’Europa ad essi opposti.

Rovesciare i punti di vista? La crociata vista dagli altri

I regni latini erano molto compositi per lingua, usi e costumi. Quando arrivavano dall’Europa dei nuovi crociati che si
aggiungevano ai primi arrivati, questi ultimi venivano visti come rozzi, ignoranti e pazzi. Quello che viene ricordato in
molte conferenze, su questi eventi storici, è il giudizio degli arabi sui franchi, anch’esso molto severo e dispregiativo,
descritti come incontro e scontro di culture, privi di pudicizia, decoro e immorali: “questi Franci, rozzi e primitivi,
potranno civilizzarsi quando verranno a contatto con noi musulmani che abbiamo una civilizzazione ben superiore”.

La quarta crociata: il tradimento dell’idea originaria

1202-1204, sullo sfondo c’è la personalità di Innocenzo III e la sua volontà di riconquistare i luoghi santi, ma le
difficoltà sono ampie, mancano uomini, mezzi, navi e Bisanzio si oppone al passaggio. Venezia si fa promotrice della
spedizione, ma chiede aiuto nel punire la città di Zara. La città viene posta a saccheggio dai crociati che poi svoltano
verso Costantinopoli che, inaspettatamente viene conquistata, impiantando un impero latino d’Oriente, guidato da
vari potentati che per poco meno di 60 anni guideranno le zone ex imperiali. Questo impero vive sotto la protezione
dei veneziani, ma è molto debole e poco coeso, anch’esso diviso in principati, ducati e contee.

Le crociate in declino XIII secolo

L’impero bizantino recupera grazie all’intervento dei genovesi che vogliono contrastare l’egemonia veneziana. Le
ultime crociate, la 5,6,7,8. La 5 si dirige verso l’Egitto, ma è importante l’aspetto commerciale, infatti parteciparono
pisani, genovesi e veneziani. La 6 crociata di Federico II di Svevia che non voleva partecipare dove ottenne la corona di
Gerusalemme. La 7 è partecipata da Luigi IX di Francia che viene catturato in Egitto, ormai l’occidente aveva poco da
fare in oriente e le basi commerciali erano più utili nelle zone del Mar Nero che in queste regioni. L’ultima del 1270, la
8, ancora disastrosa, il re di Francia muore a Tunisi e la spedizione viene abortita. Ad una ad una le basi in Siria cadono,
l’ultima nel 1291 quando cade San Giovanni d’Acri che viene espugnata dai mamelucchi.

Crociate ed espansione dell’occidente

La visione negativa delle crociate, fa da contraltare alle opinioni che rivedono questi eventi in chiave economica e
commerciale, sottolineando piuttosto la possibilità ottenuta da parte degli europei, specialmente italiani, di entrare in
contatto con il fiorente mondo arabo e con le sue opportunità economiche. Queste opportunità non solo riguardavano
il commercio e lo scambio di merci, ma anche l’agricoltura che si fa strada tra le attività economiche importanti anche
a causa dello sviluppo, sempre più radicale della mercificazione della schiavitù.

Il mercato degli schiavi

Si tratta di un mercato molto fiorente che si può ricondurre inizialmente ad azioni contro le popolazioni nomadi slave
e Balcani, ma anche nella penisola iberica durante la Riconquista dove i più riottosi tra gli arabi venivano schiavizzati.
La zona del Balcani è la più colpita non solo dagli europei in generale, ma anche dagli ottomani che, dopo la conquista
di Costantinopoli nel 1453, hanno aperte le porte dell’Europa continentale.

Le invasioni mongole in Medio Oriente

Fra il 1167 e il 1227, Gengis Khan invade l’impero iraniano insieme al suo abile esercito a cavallo, rapido e addestrato,
diversa dalla cavalleria pesante europea. Nel 1253 il figlio di Gengis Khan conquista Baghdad e spodesta la dinastia
abbaside.
Secondo gli studi recenti, la peste nera che colpisce l’Europa nel ‘300 arrivi insieme alle invasioni mongole dell’impero
islamico e dai contatti avuti con l’Egitto, zone molto frequentate da commercianti europei.
In Egitto si instaura un sultanato indipendente nel 1250 di origine mamelucca, che riuscì a fermare l’espansione
mongola, che comprendeva Siria, Palestina, ed Egitto, territori che poco dopo verranno assorbiti dall’Impero
Ottomano.

I viaggi occidentali nelle terre mongole e verso il khanato dell’Orda d’oro, XIII secolo

L’impero mongolo non è un territorio statuale coeso, ma ha molti principati guidati da khan e potentati tra il mar
d’Azov e la Cina e hanno numerosi contatti con gli europei, specialmente italiani con cui si commerciano schiavi,
grano, cavalli, vino, pellicce, cera, … In alcuni momenti questi potentati, però erano in guerra tra loro e la Via della
Seta diventava irraggiungibile. Molti diplomatici ed inviati vengono spediti in queste particolari entità statali, tra tutti si
ricorda Luigi IX di Francia e lo stesso papa Innocenzo IV, tentando rapporti diplomatici che si rivelano molto difficoltosi.
Veneziani e Genovesi, grazie alle loro basi di Caffa e Tana, riuscirono ad intraprendere viaggi fino alla Cina, ma era
possibile solo quando i mongoli erano in stato di pace. Un viaggiatore verso queste terre fu Marco Polo che intraprese
un viaggio nel 1271 che durò 4 anni.

L’Impero Ottomano (1299-1453)

Il fondatore è un leader anatolico di nome Osman, nel 1389 avviene la battaglia del Kosovo nella quale si sconfiggono
le forze serbe e conquistano le zone della Serbia, affacciandosi sull’Europa continentale ancor prima di riuscire a
conquistare Costantinopoli.

In conclusione: in due secoli, gli occidentali strappano la leadership commerciale e culturale a bizantini e arabi. Dall’XI
al XIII secolo, l’occidente su pone al centro del mondo divenendo una nuova frontiera della civiltà. Un grande
movimento espansivo, il ruolo decisivo delle competenze marittime italiane e una ripresa dopo secoli di difficoltà e
attacchi dall’esterno delle incursioni dall’VIII al X secolo, insieme contribuiscono a questa esplosione dell’occidente. Da
non dimenticare anche la decadenza dell’impero islamico a favore, prima, dei mongoli e successivamente delle
popolazioni turche e poi ottomani, e la caduta di Costantinopoli.
Se attorno all’anno 1000 si può affermare che la centralità vivace è Bisanzio e le zone Medio Orientali, dopo questa
data, l’Occidente si fa garante di uno sviluppo imponente, anche grazie alle novità importate da fuori i propri confini,
ponendosi al di sopra di ogni altra zona del mondo. Se nel XVIII secolo si può parlare di rivoluzione industriale, si può
dire che nel XIII secolo di una rivoluzione commerciale, divenendo il commercio l’attività fondamentale e più
redditizia. Secondo lo storico Roberto Sabatino Lopez, la rivoluzione commerciale è prima di tutto italiana.

Il XIV secolo: crollo demografico, rivolte, peste nera, Guerra dei Cent’Anni

Il protagonista del 300 è senza dubbio l’Yersinia pestis, il bacillo della peste trasportate dalla pulce dei topi,
probabilmente giungendo in Italia tramite le navi dei commercianti. Scoprì il bacillo appunto Yersin nel 1894. Oltre alla
peste bubbonica, anche altre epidemie influenzali o la grande diffusione del vaiolo sono altre cause della forte
decrescita demografica che si verifica in questo periodo.
Una visione malthusiana di quest’epoca, sottolinea che la spinta espansionistica dei paesi si ferma e all’aumentare la
popolazione, le riserve di cibo si fecero sempre più scarse, creando zone di carestia, indebolite anche da un sostanziale
abbassamento delle temperature.
In Italia il maggior livello di popolazione è di circa 11 milioni di abitanti nel 1290. Il paese viene colpito fortemente da
peste e carestie specialmente tra il 1339-40 causando un fortissimo calo demografico.

Le regioni più colpite dalla peste bubbonica sono la Toscana e la Francia del sud, l’arrivo dell’estate fa evolvere la
peste in peste polmonare che si trasmette in forma aerosol. Per tutto il 300 e 400 si ripresenterà sotto forma di diversi
focolai in tutta Europa.

Un terzo della popolazione europea scompare e la ripresa incomincerà solo dopo il 1460. Oltre alle reazioni del mondo
ecclesiastico e l’idea della punizione divina, ci sono diverse reazioni, alcune isteriche, di persone che si danno alla vita
sfrenata individuando una fine imminente, ma anche ci sceglie una vita ascetica per allontanarsi dalle zone più colpite.

Altro aspetto che fa parte del concetto storiografico della crisi del 300 è il proliferare di sommosse, ribellioni e rivolte,
sintomo di scontento e disagio sociale crescente. Le rivolte più importanti sono quelle del 1380 che iniziano con i
tumulti del pane nelle Fiandre, ma anche a Bologna e Firenze e il governo comunale si attiverà per accelerare i
rifornimenti delle città.
L’età delle grandi rivolte, 1358-1384 – la jacquerie in Francia

Nel 1346 la guerra contro l’Inghilterra era in sviluppo da un ventennio e la Francia è quella più colpita dopo numerose
sconfitte. Sono i contadini francesi che nel 1358 insorgono. Jacquerie (Jacque è un nove che raffigura il contadino, altri
pensano che sia il nome del capo dei rivoltosi) ottiene anche il supporto da parte di una borghesia mercantile cittadina
tutti schierati contro la nobiltà.

La rivolta inglese del 1381

Si tratta di un’altra rivolta contadina. Nel 1351 viene promulgato lo Statuto dei Lavoratori che opera da calmiere sui
salari e quindi scontentando la popolazione rurale. Nel 1377 viene imposta una tassa che colpiva ogni persona di età
superiore ai 14 anni, ma nel 1381 questa tassa viene triplicata. Si scatena quindi il movimento di protesta attorno a
Londra, ma anche in alcune regioni del nord che porteranno alla distruzione dei registri fiscali dopo aver saccheggiato
dei castelli nell’Essex. Nel giugno del 1381 i ribelli entrano a Londra e liberano gli incarcerati nelle segrete regie. Tra i
leader della riforma è presente anche Jhon Ball, prete. Interviene il giovane re Riccardo II che ha la volontà di venire a
patti, ma viene sconfessato dai nobili. In parte vengono accettate le proposizioni dei rivoltosi, ma poi la repressione
sarà sanguinosa.

Tumulto dei Ciompi di Firenze

Fa parte di un insieme di episodi che hanno come teatro le città del centro Italia e di solito i protagonisti sono i
lavoratori dell’industria più importante che è quella laniera. Un importante risvolto politico è sottolineato dal fatto che
essi aspirano ad una rappresentanza politica maggiore. Per esempio i rivoltosi di Perugia si rivolgono al papa contro il
governo cittadino, anche se egli non darà ascolto alla chiamata.
1378 tumulto dei Ciompi di Firenze: l’industria tessile era composta da diverse fasi della produzione e vendita e i
ciompi (unti, sporchi) erano i lavoratori più umili del settore che si occupavano della pulizia della lana appena tosata.
Firenze era sconvolta dal termine della guerra degli otto santi, che aveva avuto come nemico il papa per assicurarsi il
dominio della gestione militare della città. La guerra peggiorò la condizione economica di Firenze e generò delle
condizioni difficili colpendo duramente questi salariati delle lavorazioni più umili. Mentre gli artigiani delle fasi più
nobili della lavorazione facevano parte di corporazioni delle arti, i ciompi non avevano una rappresentanza poiché non
erano considerati parte dell’arte.
Il tumulto dei Ciompi venne ripresa dagli studiosi dell’Unione Sovietica che, non senza qualche forzatura, trovarono in
queste proteste i prodromi delle proteste operaie di fine ‘800.
Il tumulto porta ad un riscontro delle loro rivendicazioni e per poche settimane diventano partecipi del governo, ma a
questa fase segue la “serrata”, i bottegai chiudono le botteghe e i leader dei Ciompi non riescono a portare avanti la
loro lotta. Il tutto si conclude con 300 condanne e 30 impiccagioni.

Il governo fiorentino

Dopo una piccola parentesi signorile del duca Gualtieri di Brienne, duca di Atene, le redini del governo tornavano
repubblicane e al vertice erano posti i priori delle arti, 21 di cui 7 maggiori e 14 minori. Delle arti non facevano parte i
lavoratori più umili, ma neanche i magnati.
Oltre le Arti era molto importante il partito guelfo pro papato.

La guerra dei cent’anni

1337-1453, la data di fine è un po’ posticcia perché una guerra finisce con un trattato di pace, ma in questo caso non
esiste un trattato finale. Le battaglie campali, tutte combattute in terra francese, tutte perse dai francesi, non erano
percepite dai contemporanei come un'unica guerra, ma come episodi slegati tra loro.
Le origini dello scontro si fa risalire a quando la dinastia dei Plantageneti-Anjou, che regnò a lungo in Inghilterra e che
iniziò degli attriti con la dinastia reale francese. Seguirono patti e trattati e tradimenti di giuramenti che portarono alle
confische dei territori inglesi da parte dei francesi.
La questione dinastica ha una sua rilevanza poiché Filippo IV il Bello muore, uno dopo l’altro muoiono anche i figli e
Edoardo III d’Inghilterra, nel 1337, avanza delle pretese sulla corona francese per via anche di un legame di parentela
da parte di madre. Ci si chiede se Edoardo III volesse davvero porsi come successore o se fosse solo un pretesto per
rinfocolare le questioni mai risolte dei territori inglesi in Francia, specialmente per le regioni del Plantageneto, origine
propria della dinastia.
Aldilà di queste questioni, era fondamentale anche il discorso economico perché le regioni della Francia, assoggettate
feudalmente alla Francia, lavoravano la lana inglese.

La prima fase è animata dalle milizie inglesi che vincono numerose battaglie campali nel nord della Francia, anche
grazie all’aiuto delle Fiandre e della Normandia. La battaglia di Crecy, punto più basso per i francesi, sancisce la
chiusura della prima fase.

1356 venne catturato regno Giovanni il Buono a Poitiers che segna un’altra drammatica sconfitta per la Francia. La
seconda fase del conflitto va dal 1369 fino alla fine del secolo e qui si vede una ripresa delle truppe francesi che
introducono gli archi e la cavalleria leggera come i loro avversari.
In Inghilterra, l’ultimo decennio del 300 è cruciale perché vede l’insediamento di una nuova dinastia, quella dei
Lancaster.
La guerra dei cent’anni assume un aspetto “mondiale” poiché ha degli episodi in Castiglia, in Scozia e nelle Fiandre.

L’ultima fase è quella di una formazione “ufficiale” di regno inglese e di una grande invasione della Francia che porta al
trattato di Troyes dove re Enrico V di Inghilterra diventerà re di Francia.
Chi ha vinto la guerra dei cent’anni? Anne Curry, studiosa britannica, non esistendo un trattato finale è difficile dirlo, la
risposta potrebbe essere che le grandi battaglie sono state tutte vinte dagli inglesi, alla fine l’Inghilterra, per le sue
strutture militari, potrebbe essere considerata vincitrice, ma se si considera la guerra nella totalità del suo evento, la
Francia sarebbe la vincitrice perché si vede espandere il suo territorio scacciando gli inglesi dal continente.

Potrebbero piacerti anche