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Nel corso degli anni la disciplina dell’intermediazione finanziaria subisce una costante
evoluzione determinata da:
Adattamento al diritto europeo e integrazione comunitaria;
Sviluppo di nuovi prodotti finanziari e nuove tecniche di contrattazione sui mercati;
Evoluzione tecnologica;
Crescente attenzione per i profili dei risparmiatori e dei consumatori;
Verificarsi di crisi dei mercati che fanno emergere incompletezze e ritardi della disciplina.
Questa disciplina investe tutti i profili rilevanti ovvero gli intermediari, i mercati gli
emittenti, gli strumenti e i prodotti finanziari.
A livello legislativo in Italia parte preponderante di tale disciplina è formulata dal D.Lgs.
24/02/1998 n°58 TUF, amplissimo è il rinvio alle fonti regolamentari gran parte dei testi
normativi è di origine comunitaria.
Il TUF, più volte modificato cerca di mantenere una sua centralità.
Il TUF però non è l’unico testo normativo che interessa il mercato finanziario: si intreccia
innanzitutto con la disciplina delle banche e dell’attività bancaria e creditizia (D.lgs. 1/09/1993
n°385 TUB), anch’essa travalicata dalle fonti di diritto europeo.
Il quadro è completato dalla disciplina contro il riciclaggio del denaro proveniente da
attività illecite, la disciplina dei fondi pensione, le norme in tutela dei consumatori, la
disciplina antitrust ecc.
Inoltre altri settori hanno forte interrelazione con la disciplina dell’intermediazione finanziaria
in senso stretto (come accade per il settore assicurativo e per quanto accade per i prodotti
misti assicurativo-finanziario).
Il mercato finanziario viene tradizionalmente considerato come la sommatoria di tre comparti: per
la dottrina economica esiste una nozione di “mercato finanziario”.
Quello bancario e creditizio;
Quello dell’intermediazione finanziaria non bancaria;
Quello assicurativo.
Impresa Finanziaria.
Ragionamento diverso è per la definizione di impresa finanziaria in quanto il legislatore la
definisce spesso.
Ma la definizione muta in funzione delle singole discipline rendendo impossibile la
riconoscibilità nell’ordinamento interno o comunitario di una nozione generale di impresa
finanziaria utile per segnare i contorni dell’attività finanziaria.
Il legislatore utilizza la definizione di “impresa finanziaria” per finalità specifiche, con
particolarità che cambiano di volta in volta in base alla materia da regolare.
La nozione di “impresa finanziaria” non riflette un’impostazione univoca e seppure si
riuscisse a ricostruire in termini univoci tale definizione essa non sarebbe sufficiente ad
identificare la portata della disciplina del “mercato finanziario” che comprende: attività
finanziaria, mercati e emittenti.
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Considerazioni analoghe valgono per quanto attiene le assicurazioni.
Anche la materia assicurativa è caratterizzata da tratti specifici che la distinguono dalle
altre attività svolte sul mercato finanziario, dovuti al ruolo che le assicurazione svolgono
nel processo di trasformazione del rischio.
Se quindi non possiamo definire il campo della materia che stiamo studiando possiamo
sicuramente andare a sottrarre le attività che non hanno attinenza con il mercato dei capitali
e quindi passando dal concetto di mercato finanziario a quello di mercato mobiliare.
Precisiamo infine che l’innovazione rende debole questo concetto: alcune linee di confine si
sono assottigliate, m l’evoluzione storica della disciplina conferma la sussistenza di una
linea piuttosto chiara di demarcazione.
Un Po’di Storia.
La disciplina del mercato mobiliare è frutto di un processo di produzione legislativa che
prende avvio essenzialmente negli anni ‘70 (istituzione della commissione nazionale per le
società e la borsa 1974) subendo un rapido processo di accelerazione a partire dagli anni
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’90 dovuto agli effetti del recepimento di numerosi direttive comunitarie in materia. Prima di
tale periodo questa disciplina coincideva essenzialmente con quella dell’attività bancaria
incentrata sulla legge bancaria degli anni ’30.
Esisteva una legislazione sulle borse (fondata sul codice di commercio del 1882) ma riguardava
soltanto l’organizzazione delle borse come mercato di scambio di titoli quotati e gli
intermediari ammessi alle negoziazioni.
Nel 1974 la CONSOB nasce (per lo scoppio di grandi scandali finanziari) fornita di due
competenze il controllo sulla borsa e il controllo di trasparenza sugli emittenti quotati in
borsa, volto ad assicurare trasparenza e correttezza di informazioni per il pubblico di
investitori.
Nel 1977 nasce la Borsa Valori.
Il grande processo evolutivo è segnato nel 1983 dall’approvazione della legge del 23/03/1983
n°77 che segna l’ampliamento dell’intervento della CONSOB ad attività non necessariamente
connesse o correlate con la borsa e quindi la nascita di una disciplina tendenzialmente volta
al mercato mobiliare in quanto tale es. disciplina dei controlli sulle attività di raccolta del
risparmio non bancario, disciplina misurata sulla nozione di valore mobiliare. Inoltre la stessa
introduce in Italia i fondi comuni di investimento segnando così l’ingresso sul mercato italiano
dei primi investitori istituzionali.
Nel 1985 dopo uno scandalo finanziario vengono emanate norme volte a rendere più trasparente
il mercato. La legge 2/01/1991 n°1 cosiddetta legge SIM determina l’istituzione delle
società di intermediazione mobiliare i cui controlli sono ripartiti tra la CONSOB e Banca
d’Italia nella prospettiva di tutelare gli investitori. Da qui al 1994 si introducono le SICAV,
fondi comuni di investimento chiusi e fondi immobiliari.
Dall’inizio degli anni ’90 inizia un vero e proprio diluvio legislativo che spesso insegue
l’evoluzione rapidissima dei mercati.
In dipendenza del recepimento in Italia delle direttive comunitarie 93/22/CEE che assiste ad un
momento di svolta in materia dei servizi di investimento. Gli aspetti più significativi della
direttiva sono l’introduzione del principio di mutuo riconoscimento degli intermediari e
soprattutto di un analogo principio di mutuo riconoscimento riferibile non già agli
intermediari ma ai mercati; i mercati possono quindi fornire i propri servizi in via
transfrontaliera attraverso collegamenti di tipo remoto. Le operazioni quindi tenderanno a
concentrarsi sui mercati migliori nei quali operatori e investitori possono trovare le condizioni
più favorevoli. Il recepimento della direttiva comunitaria rappresenta anche l’occasione per
attuare una rifondazione complessiva della disciplina sul mercato mobiliare con l’obiettivo di
supportare la crescita e lo sviluppo del mercato finanziario italiano tramite l’approvazione di un
testo unico dell’intermediazione finanziaria la cui portata travalica il mero soddisfacimento
delle esigenze di armonizzazione riguardando infatti la disciplina degli intermediari, dei mercati
finanziari e immobiliari e degli altri aspetti comunque connessi. Un’altra spinta per attuare la
riforma dei mercati mobiliari è data dal tema della corporate governance che da tempo si
sviluppa nei sistemi angloamericani. Il dibattito riguarda essenzialmente l’individuazione delle
regole che dovrebbero presiedere alla corretta gestione della società (in particolare delle
società quotate) e agli strumenti di controllo su tale gestione.
In seguito all’emanazione del TUF le modifiche effettuate dal legislatore sono stimolate
dal processo di integrazione e armonizzazione comunitaria e dal verificarsi di situazioni
di choc e di crisi sul mercato. Il metodo di elaborazione delle direttive comunitarie si
sostanzia attraverso un processo di formazione e applicazione del diritto europeo su
quattro livelli:
Il primo livello è rappresentato dalla vera e propria direttiva approvata da l consiglio e
dal parlamento;
Il secondo livello è rappresentato dall’approvazione di misure di attenuazione della
direttiva ad opera della commissione europea;
Il terzo livello è rappresentato dalle misure di recepimento della direttiva negli
ordinamenti interni degli stati membri;
Il quarto livello è rappresentato dall’applicazione delle singole disposizioni nel diritto
interno.
L’intero processo è caratterizzato in modo da assicurare l’armonizzazione effettiva delle
legislazioni nazionali (CESR).
La Legge N° 262/2005
Il verificarsi di choc e crisi nei mercati finanziari e in particolare i crack delle società Cirio e
Parmalat sono stati di riflessione circa il verificarsi di dissesti tra le autorità di vigilanza, la
ripartizione dei poteri tra di esse, la corporate governance degli emittenti quotati ecc.
La legge 28 Dicembre2005 n°262 rappresenta un provvedimento sfaccettato chiaramente
identificabile come segno di risposta agli scandali finanziari. Nonostante la tecnica legislativa
utilizzata e spesso insoddisfacente la legge segna comunque un momento importante
nell’evoluzione della disciplina del mercato mobiliare mantenendo innanzitutto la ripartizione
in base funzionale delle autorità di vigilanza. Inoltre effettua un drastico ridimensionamento
dei poteri della banca d’Italia in materia di concorrenza a favore delle autorità antitrust, infine
la suddetta legge rimette alle autorità di vigilanza il compito di individuare specifiche
forme di coordinamento: questo principio viene esteso a tutte le autorità di regolamentazione.
Per lo svolgimento dei poteri di vigilanza informativa ed ispettiva viene poi prevista la
possibilità per le autorità di avvalersi della collaborazione del corpo della guardia di
finanza.
Passando alle fonti secondarie, queste si suddividono a seconda che riguardino a) gli intermediari
b)i mercati
c)gli emittenti.
a) Regolamento intermediari, regolamento congiunto.
b) Regolamento mercati
c) Regolamento emittenti
CAPITOLO 2
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- Fondi chiusi immobiliari
- SICAV
Nel TUF l’intera materia è condensata in pochi articoli di legge (artt 33-50)
Nel settore dei servizi di investimento il Ministro può:
- Individuare, al fine di tener conto dell'evoluzione dei mercati finanziari e delle norme di
adattamento stabilite dalle autorità comunitarie nuove categorie di strumenti finanziari,
nuovi servizi e attività di investimento e nuovi servizi accessori, indicando quali soggetti
sottoposti a forme di vigilanza prudenziale possono esercitare i nuovi servizi e attività
- Adottare le norme di attuazione e di integrazione delle riserve di attività previste dall’art 18
TUF, nel rispetto delle disposizioni europee
CONSOB:
E’ un organo collegiale istituito nel 1974.
Nel tempo ha visto un graduale ampliamento dei propri poteri.
L’organizzazione e l’assetto della Commissione sono tutt’oggi disciplinati dalla legge istitutiva.
La Consob è un organo collegiale: la nomina dei membri della Commissione avviene con decreto
del Presidente della Repubblica, emanato su proposta del Presidente del Consiglio dei ministri,
previa deliberazione del Consiglio stesso.
I poteri della Consob travalicano la disciplina degli intermediari ed interessano tanto i mercati
quanto gli emittenti: la Commissione esercita i propri poteri in concomitanza con la BdI.
Inoltre a quest’ultima spettano in esclusiva compiti di controllo in materia di appello al
pubblico risparmio, con riferimento tanto alle offerte di sottoscrizione e vendita, quanto
alle offerte pubbliche di acquisto (OPA).
E’ interessante sapere che la Consob, a differenza delle altre autorità, trae parte delle risorse
finanziare necessarie per assicurarne il funzionamento da contributi versati direttamente dai
soggetti sottoposti all’attività di vigilanza.
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La Cooperzione Tra Autorita’ E Il Segreto D’ufficio
La ripartizione dei compiti di regolazione, vigilanza e controllo tra più Autorità richiede l’adozione
di specifiche misure volte ad assicurarne il coordinamento.
L’esigenza si manifesta a livello sia interno che sovrannazionale.
E’ inevitabile che la definizione di obblighi di collaborazione tra diverse Autorità di controllo e
di vigilanza ponga problemi di coordinamento con la disciplina del segreto di ufficio.
Quest’ultimo per la verità tutela esigenze spesso incompatibili con la logica della trasparenza
che viene posta a base degli obblighi di collaborazione (tanto più ampi gli obblighi di
collaborazione e di scambio d’informazione con soggetti terzi, quanto più viene compromesso il
perimetro del segreto d’ufficio).
Non è agevole trovare il punto di equilibrio tra le 2 opposte esigenze.
La comunicazione e diffusione dell’informazioni può infatti, indubbiamente rafforzare
l’efficacia dell’attività di vigilanza; d’ altra parte il mantenimento del segreto in relazione a
determinate notizie o informazioni può non solo rispondere alla tutela di valori fondamentali
dei singoli soggetti, ma a sua volta essere funzionale all’obiettivo di assicurare l’ordinato
svolgimento delle funzioni di vigilanza, ad esempio riducendo il rischio della “fuga di
notizie” che può compromettere l’efficacia dei relativi interventi.
Il Testo Unico tali questioni da un lato formulando regole proprie; dall’altro recependo le
norme derivanti dall’ordinamento comunitario.
E’ opportuno distinguere a riguardo le norme che attengono alle Autorità di controllo da
quelle che riguardano i rapporti tra autorità e soggetti terzi.
- I RAPPORTI TRA AUTORITA’ DI VIGILANZA:
L’art.4 del TUF esprime chiaramente un orientamento volto ad agevolare e a stimolare lo
scambio di informazioni.
Il comma 1 stabilisce l’obbligo di collaborazione e statuisce il divieto della reciproca
opposizione del segreto di ufficio, interessandosi primariamente ai rapporti tra le Autorità
nazionali (BdI, Consob, Isvap).
Riflette un’analoga previsione del TUB.
Una previsione analoga, formulata in attuazione delle direttive comunitarie, riguarda i rapporti
con le autorità estere.
Secondo lo schema che si ricava dalle direttive europee, la disciplina è diversa a seconda che si
tratta di autorità comunitarie, ovvero extracomunitarie.
Nel primo caso la formulazione della norma è analoga a quella dettata per i rapporti tra le
autorità nazionali: tuttavia non compare più espressamente il divieto della reciproca
opposizione del segreto d’ufficio.
Ciò pone alcuni problemi applicativi siccome potrebbero presentarsi casi in cui il rispetto
del segreto d’ufficio impedisce di dar corso ad una richiesta di collaborazione con
l’Autorità di vigilanza di un altro Stato membro.
Gli obblighi di collaborazione tra Autorità di Stati membri derivano dalle norme
comunitarie che dovrebbero neutralizzare il ricorso al segreto d’ufficio come motivo per
non dar luogo alla collaborazione.
Inoltre con il recepimento della MiFID I e MiFID II è stato previsto che la Consob e la
Banca d’Italia possano concludere accordi di collaborazione con le Autorità di altri Stati
membri e con la BCE, che possono prevede la delega reciproca dei compiti di vigilanza.
Art.4, commi 2-bis e 2-ter la Consob è stata espressamente individuata come “punto di
contatto” per la ricezione delle richieste di informazioni provenienti da altre Autorità di
Stati membri, nelle materie disciplinate dalla MiFID.
Più cauto è invece l’approccio per quanto attiene ai rapporti con le Autorità dei paesi
extracomunitari: in questo caso non viene istituto alcun obbligo di cooperazione o di scambio di
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informazioni, ma viene prevista la mera possibilità per le stesse autorità di controllo di istaurare rapporti
di cooperazione e di scambiare informazioni (art 4 comma 3).
Comunque nel caso sia della autorità comunitarie sia di quelle extracomunitarie, le informazioni ricevute
da banca d’Italia e da CONSOB non possono essere trasmesse ad altre autorità italiane né a terzi –
incluso il Ministro dell’economia e della finanza – senza il consenso dell’Autorità che le ha fornite.
Art 4, comma 7 TUF: le autorità competenti di Stati comunitari o extracomunitari possono chiedere
alla Banca d’Italia o alla Consob di effettuare per loro conto un’indagine sul territorio dello Stato o
di eseguire notifiche dei provvedimenti adottati, secondo le norme del TUF.
Le predette autorità possono chiedere che venga consentito ad alcuni membri del loro personale di
accompagnare la Banca d’Italia e della Consob durante l’indagine.
Tuttavia è di rilevante importanza il principio di cooperazione a livello sia interno che
internazionale, determinando dei casi in cui le stesse autorità di vigilanza dei diversi paesi
hanno dato vita a forma di collaborazione spontanee.
Tra le manifestazioni più significative rientra il fenomeno di progressiva istituzionalizzazione di
appositi Comitati tecnici costituiti ed operanti a livello europeo, ai quali spettano importanti
compiti nel processo di edificazione del diritto europeo del mercato mobiliare.
Autorità europee del comparto mobiliare ESMA/CESR (che svolge funzioni di primissimo piano
nell’elaborazione del diritto comunitario dei mercati mobiliari, e nella sua implementazione dei
sistemi giuridici dei paesi membri), EBA, EIOPA.
IL SEGRETO D’UFFICIO
Le disposizioni in tema di segreto d’ufficio sono rinvenibili nelle rispettive leggi istitutive e
regolatrici in quanto il TUF non affronta suddetto tema.
Un’eccezione a tale impostazione riguarda la CONSOB.
I commi10-13 dell’art 4 disciplinano limitatamente a tale Autorità la materia del segreto
d’ufficio formulando le seguenti regole:
- La CONSOB è tenuta ad osservare i l segreto d’ufficio per tutte le notizie, le informazioni
e i dati di cui è in possesso, non potendo quindi divulgarli o comunicarli a terzi (salvo
ovviamente quanto stabilito dallo stesso art 4 TUF).
- Il segreto non vale nei confronti del Ministro dell’economia delle finanze, l’eccezione è
determinata dall’articolo 4 comma 1 del TUF.
- Sono fatti salvo i casi previsti dalla legge per le indagini relative a violazioni sanzionate
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penalmente. Anche se l’art 4 TUF non fa alcun cenno, le norme in materia di segreto
d’ufficio vanno coordinate con ciò che è previsto dalla legge 241/1990 che riguarda il
diritto di accesso ai documenti e ai procedimenti amministrativi.
Questo determina un potenziale conflitto con gli obblighi in materia di segreto d’ufficio, posto che essa
riconosce ai privati il diritto di acquisire dalle Pubbliche Amministrazioni i documenti e le
informazioni che interessano la loro sfera.
La questione dei limiti del segreto d’ufficio, in rapporto alla legge n.241/1990, è stata dibattuta in
dottrina; in giurisprudenza si registrano numerosi casi significativi in cui il segreto d’ufficio ha
dovuto cedere di fronte alle esigenze di trasparenza, ovvero in presenza di un interesse meritevole di
tutela.
Es. diritto di accesso al fine di esercitare il diritto alla difesa di procedimenti sanzionatori avviati
dalle Autorità di vigilanza.
I precedenti giurisprudenziali esprimono un orientamento chiaramente volto a ridimensionare la
portata concreta del segreto d’ufficio quando prevalgono interessi più ampi alla trasparenza e
alla conoscenza dell’attività amministrativa quando cioè risultano integrati gli estremi della
legge n.241/1990.
Se ne può dedurre che il segreto d’ufficio sussiste ed è giuridicamente tutelato nei termini descritti
fino a quando esso è necessario per assicurare il corretto svolgimento dell’azione amministrativa e
di vigilanza; invece viene meno quando devono prevalere altri interessi come ad esempio il diritto
alla difesa del soggetto privato.
In realtà, la norma solleva un problema di cui si è già discusso anche in relazione al TUB:
l’individuazione dei termini entro i quali la Consob, qualora abbia ricevuto la denuncia di un
fatto avente rilevanza penale, è tenuta a sporgere denuncia all’Autorità penale tramite il proprio
Presidente.
Per quanto attiene alla posizione della Banca d’Italia, l’interpretazione della norma ha oscillato
tra 2 posizioni estreme:
1. Tesi della più ampia discrezionalità in capo all’Autorità di vigilanza nel decidere circa la
segnalazione o meno dei fatti alla magistratura penale
2. Una volta ricevuta la segnalazione, il Governatore avrebbe obbligo di provvedere alla
successiva notifica alla magistratura penale, sempre e comunque.
Sia la prima che la seconda tesi lasciano insoddisfatti:
1. La prima perchè rischierebbe di privare concretamente il Pubblico Ministero della
possibilità di conoscere fatti aventi rilevanza penale, essendo ciò rimesso all’esercizio del
potere discrezionale dell’Autorità di vigilanza.
2. La seconda perchè se si ritenesse che il Governatore della Banca d’Italia (nel caso del TUF
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la Consob) deve automaticamente segnalare al Pubblico Ministero i fatti di rilevanza penale,
la norma sarebbe priva di utilità e potenzialmente controproducente: risulterebbe molto più
semplice stabilire che i dipendenti dell’Autorità di vigilanza hanno l’obbligo di segnalare i
fatti direttamente alla magistratura.
Tra i 2 estremi è stata autorevolmente proposta una terza posizione che appare preferibile e che
può essere seguita anche con riferimento al disposto dell’art 4 comma 11 TUF: si è ritenuto che
l’Autorità di vigilanza avrebbe l’obbligo di segnalare i fatti penalmente rilevanti una volta che
siano stati adottati quei provvedimenti (solitamente urgenti e con carattere immediato) necessari
per evitare che gli effetti conseguenti alla formazione della denuncia penale compromettano gli
interessi degli investitori e dei risparmiatori.
CAPITOLO 3
La suddivisione del TUF può essere inquadrata su due livelli:
Norme generali che si applicano tutti gli operatori, tutti i soggetti destinatari della disciplina dei
mercati finanziari quali: imprese di investimento, SGR, SICAV, SICAF, agenti di cambio.
- Tutte le regole sulla vigilanza
- Norme che riguardano gli esponenti aziendali delle società, i soggetti che operano nel
mercato finanziario
- Norme che riguardano gli assetti proprietari, i soci
- Norme che riguardano la fase patologica di questi soggetti: i provvedimenti ingiuntivi delle
autorità nei confronti degli operatori e le vicende di crisi vere e proprie di questi soggetti
operanti nella materia del mercato finanziario.
Norme che riguardano determinati soggetti e attività
- Tutta la disciplina dei servizi di investimento
- Disciplina della gestione del risparmio
Vigilanza
Prima del TUF i soggetti che operavano nel mercato finanziario erano principalmente le SIM, le
società di gestione del risparmio, gli agenti di cambio.
Tutti questi soggetti erano sottoposti a forme di vigilanza diverse e non coordinate tra loro perchè
erano disciplinati da norme diverse, non era stata unificata la disciplina.
Questo creava dei problemi alle stesse autorità di vigilanza perchè dovevano mettere in atto forme
differenziate di controllo ed era più dispendioso da un punto di vista operativo, rende più complessa
l’attività di vigilanza.
Arrivato il TUF, unificate le forme di controllo, la situazione si è molto semplificata.
Tra l’altro la disciplina della vigilanza che vi è nel TUF è esattamente allineata con quella che c’è
nel settore bancario: sono tutte normative di derivazione comunitaria. (MiFID nel caso dei mercati
finanziari).
Nel TUF, le norme generali in materia di vigilanza sono formulate dagli articoli da 5 a 12, si tratta
di norme analoghe al TUB.
Invece le norme sugli assetti proprietari e quelle sulla vigilanza si applicano alle banche solo per la
parte e i soggetti che operano nel settore finanziario, per il resto la vigilanza avviene secondo la
disciplina del Diritto Bancario (di fatto identica): vi è una scissione tra disciplina del soggetto e
disciplina delle attività.
Come nel Diritto Bancario, anche nel Diritto Finanziario la vigilanza è divisa in vari comparti:
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1. Vigilanza regolamentare
2. Vigilanza informativa
3. Vigilanza ispettiva
4. Poteri d’intervento delle autorità di vigilanza
5. Oltre a questi pilastri, sono previste dal TUF disposizioni specifiche che riguardano singoli
poteri o attività di vigilanza.
La norma di base è l’art 5 del TUF che prima era identico all’art 5 del TUB e poi è stato
riformulato:
PARTE II: DISCIPLINA DEGL INTERMEDIARI, DISCIPLINA GENERALE E POTERI
DI VIGILANZA.
CAPO I: VIGILANZA.
ART 5: FINALITA’ E DESTINATARI DELLA VIGILANZA.
COMMA 1.
La vigilanza sulle attività disciplinate dalla presente parte ha per obiettivi:
a) la salvaguardia della fiducia nel sistema finanziario;
b) la tutela degli investitori;
c) la stabilità e il buon funzionamento del sistema finanziario;
d) la competitività del sistema finanziario;
e) l'osservanza delle disposizioni in materia finanziaria.
Si tratta di indicazioni generalissime.
“Competitività” e “buon funzionamento” del sistema finanziario: elementi che vanno ad
aggiungersi a quelli più tipicamente riconducibili alle finalità dell’intervento pubblico nei mercati
finanziari (stabilità e trasparenza).
COMMA 2.
Per il perseguimento degli obiettivi di cui al comma 1, la Banca d'Italia è competente per quanto
riguarda il contenimento del rischio, la stabilità patrimoniale e la sana e prudente gestione degli
intermediari.
Le competenze tra Banca d’Italia e Consob sono divisi secondo un criterio di tipo funzionale e non
per soggetti.
Lo stesso soggetto viene diviso: una parte è controllata dalla Banca d’Italia e un’altra dalla Consob.
Consob
Vigilanza sulla trasparenza e correttezza di comportamenti.
Trasparenza e rispetto delle norme di disciplina del settore.
Banca d’Italia
Vigilanza prudenziale: aspetti strutturali.
- Gestione/contenimento del rischio
- Stabilità e adeguatezza della struttura patrimoniale del soggetto
- Sana e prudente gestione
La generica individuazione delle finalità della vigilanza può sollevare difficoltà applicative:
Non è sempre agevole identificare quali aspetti rientrano nell’ambito di una o dell’altra
vigilanza.
Vi sono molte materie con riguardo alle quali è evidente il rischio delle sovrapposizioni tra i 2
ambiti di vigilanza.
Al fine di risolvere tali questioni, il TUF non si affida solo a nozioni generali ma individua, in
funzione dei diversi ambiti della vigilanza, i poteri spettanti all’una o all’altra Autorità.
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COMMA 3.
Per il perseguimento degli obiettivi di cui al comma 1, la Consob è competente per quanto riguarda
la trasparenza e la correttezza dei comportamenti.
COMMA 4.
La Banca d'Italia e la Consob esercitano i poteri di vigilanza nei confronti dei soggetti abilitati;
ciascuna vigila sull'osservanza delle disposizioni legislative e regolamentari secondo le competenze
definite dai commi 2 e 3.
Soggetti abilitati perchè si opera in virtù di autorizzazione.
Ognuna delle autorità ha una funzione diversa.
COMMA 5.
La Banca d'Italia e la CONSOB operano in modo coordinato anche al fine di ridurre al minimo gli oneri
gravanti sui soggetti abilitati e si danno reciproca comunicazione dei provvedimenti assunti e delle
irregolarità rilevate nell'esercizio dell'attività di vigilanza.
Riprende il concetto della coordinazione.
Operano in modo da economizzare il peso del controllo per i soggetti controllati.
Non succede spesso, ma un intervento dell’autorità di vigilanza è un blocco per il soggetto abilitato.
Non stabilisce solo un generico obbligo di collaborazione, ma dispone che le Autorità devono operare
in modo coordinato “anche al fine di ridurre al minimo gli oneri gravanti sui soggetti abilitati”, la
disposizione precisa poi che le Autorità devono darsi reciproca comunicazione dei provvedimenti
assunti e delle irregolarità rilevate nell’esercizio dell’attività di vigilanza.
COMMA 5 bis.
La Banca d'Italia e la Consob, al fine di coordinare l'esercizio delle proprie funzioni di vigilanza e
di ridurre al minimo gli oneri gravanti sui soggetti abilitati, stipulano un protocollo d'intesa, avente
ad oggetto:
a) i compiti di ciascuna e le modalità del loro svolgimento, secondo il criterio della prevalenza delle
funzioni di cui ai commi 2 e 3;
b) lo scambio di informazioni, anche con riferimento alle irregolarità rilevate e ai provvedimenti
assunti nell'esercizio dell'attività di vigilanza.
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Concetto Di Sana E Prudente Gestione.
In realtà era un criterio generale ed è diventato con il tempo una competenza specifica della Banca
d’Italia, infatti è un criterio di vigilanza che trae origine dalla disciplina bancaria ed è una
competenza della Banca d’Italia anche rispetto alle banche.
Il problema è che questa nozione di sana e prudente gestione è vaga e quindi si rischia di sconfinare
nella discrezionalità da parte di chi deve portare avanti la gestione, ma anche di chi deve controllare
e valutare se quella gestione dell’intermediario può essere considerata sana e prudente.
In realtà una spiegazione c’è: non è così vaga come può sembrare, si può dare una locuzione di sana e
prudente gestione.
Sana: potenzialmente redditizia, una gestione che miri alla produzione del reddito “gestione
potenzialmente profittevole”.
Prudenza: che sia effettuata la gestione con rischi controllati, volta al controllo e monitoraggio dei
rischi nello svolgimento delle diverse attività e servizi.
Non stiamo parlando di un confine proprio sottilissimo: comportamenti che vanno oltre questi limiti
sono evidenti, si rilevano comportamenti che esulano dalla sana e prudente gestione e l’autorità di
vigilanza è in grado di rilevare.
Vigilanza Regolamentare.
I limiti che derivano nell’esercizio del potere regolamentare dalla disciplina europea operano
in 2 sensi:
Restringono la discrezionalità delle Autorità nazionali e gli stessi ambiti nei quali si può
esercitare il potere regolamentare.
Là dove le discipline di rango europeo sono affidate a disposizioni direttamente applicabili,
il potere regolamentare delle Autorità nazionali in quella specifica materia viene meno.
Condizionano anche il potere delle Autorità di introdurre regole aggiuntive o più
gravose rispetto agli standard previsti dalla disciplina UE.
La preoccupazione per il fenomeno del “gold plating” è giustificata a livello europeo
dall’evidente constatazione che tale fenomeno finisce per disallineare gli ordinamenti
degli Stati membri, compromettendo gli obiettivi fondamentali dell’armonizzazione del
diritto europeo.
Art 6.
POTERI REGOLAMENTARI.
Significa fare regolamentazione.
Si tratta di principi generalissimi la cui origine è nelle direttive e negli ordinamenti
internazionali in tema di regolazione dei mercati finanziari.
Nell’esercizio dei poteri regolamentari, la Banca d’Italia e la Consob osservano i
seguenti principi:
a) valorizzazione dell’autonomia decisionale dei soggetti abilitati;
Non limitare l’autonomia decisionale degli operatori
b) proporzionalità, intesa come criterio di esercizio del potere adeguato al
raggiungimento del fine, con il minore sacrificio degli interessi dei destinatari;
Non tutta la regolamentazione può avere gli stessi effetti per tutti i soggetti.
Ci sono disposizioni regolamentari che sono perfettamente adeguate ad alcuni soggetti.
In teoria sarebbero adeguati a tutti, ma per alcuni soggetti (magari in ragione delle
dimensioni della società o del soggetto) potrebbero essere gravose e appesantire
l’attività il soggetto o categorie di soggetti.
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c) riconoscimento del carattere internazionale del mercato finanziario e salvaguardia
della posizione competitiva dell’industria italiana;
d) agevolazione dell’innovazione e della concorrenza.
Queste sono l’oggetto della regolamentazione della Banca d’Italia sentita la Consob.
2. La Consob, sentita la Banca d'Italia, tenuto conto delle differenti esigenze di tutela degli
investitori connesse con la qualità e l'esperienza professionale dei medesimi, disciplina
con regolamento gli obblighi dei soggetti abilitati in materia di:
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- 4) gli obblighi informativi nei confronti degli investitori dei FIA italiani, dei FIA UE e
dei FIA non UE;
b) correttezza dei comportamenti, ivi inclusi:
- 1) gli obblighi di acquisizione di informazioni dai clienti o dai potenziali clienti ai fini
della valutazione di adeguatezza o di appropriatezza delle operazioni o dei servizi
forniti;
- 2) le misure per eseguire gli ordini alle condizioni più favorevoli per i clienti;
- 3) gli obblighi in materia di gestione degli ordini;
- 4) l’obbligo di assicurare che la gestione di portafogli si svolga con modalità aderenti
alle specifiche esigenze dei singoli investitori e che quella su base collettiva avvenga nel
rispetto degli obiettivi di investimento dell’OICR.
- 5) le condizioni alle quali possono essere corrisposti o percepiti incentivi
b-bis) ulteriori profili in materia di gestione collettiva del risparmio e di servizi di
investimento in senso lato riconducibili ai profili comportamentali.
Comunque l’oggetto della regolamentazione della Consob è quello conforme alla sua
competenza funzionale:
- Trasparenza
- Informazione
- Correttezza dei comportamenti
Le materie nelle quali il potere regolamentare si esercitava congiuntamente sono state divise nella
declinazione dei poteri attribuiti separatamente alla Banca e alla Consob.
A fronte dell’eliminazione di tale area di esercizio congiunto del potere regolamentare, il legislatore
ha previsto specifici obblighi di collaborazione che si traducono nella necessità per l’Autorità
interessata di acquisire l’intesa dell’altra sui profili di disciplina interessati (Art 6 comma 2-bis).
ART 6 bis
POTERI INFORMATIVI E DI INDAGINE.
1. La Banca d’Italia può chiedere, nell’ambito delle sue competenze, ai soggetti abilitati la
comunicazione di dati e notizie e la trasmissione di atti e documenti con le modalità e nei
termini dalla stessa stabiliti. La Banca d’Italia, nell’ambito delle sue competenze, può
chiedere informazioni al personale dei soggetti abilitati, anche per il tramite di questi ultimi.
2. Gli obblighi previsti dal comma 1 si applicano anche a coloro ai quali i soggetti abilitati
abbiano esternalizzato funzioni aziendali essenziali o importanti e al loro personale.
3. I poteri previsti dal comma 1 possono essere esercitati anche nei confronti del soggetto
incaricato della revisione legale dei conti.
4. La Consob, nell’ambito delle sue competenze, può:
a) chiedere a chiunque la comunicazione di dati e notizie e la trasmissione di atti e documenti
con le modalità e nei termini dalla stessa stabiliti, che possano essere pertinenti ai fini
dell’esercizio della propria funzione di vigilanza.
Ogni Autorità nell’esercizio della sua funzione di controllo ha un ampio potere di chiedere ai
soggetti abilitati – nell’ambito delle rispettive competenze - informazioni, comunicazioni di dati e
notizie per accertare al meglio la situazione su cui è necessario vigilare.
Tale potere si può esercitare in 2 modi:
- La richiesta di informazioni può essere formulata in via generale.
- Possono essere formulate richieste specifiche, caso per caso.
Le richieste possono essere indirizzate anche al personale dei soggetti abilitati e a coloro i quali
l’intermediario abbia esternalizzato funzioni aziendali essenziali e importanti.
La norma non impone limiti al potere delle Autorità di vigilanza che dunque rende i soggetti
abilitati assolutamente trasparenti nei confronti delle Autorità.
L’unico limite che la norma pone – a differenza del TUB – è che il potere è riferito alla Banca
d’Italia o alla Consob per le materie di rispettiva competenza: ciascuna Autorità non può chiedere
dati e notizie relativi a materie che rientrano nella sfera di competenza dell’altra Autorità.
Art 8 comma 3.
Il collegio sindacale informa senza indugio la Banca d'Italia e la Consob di tutti gli atti o i fatti, di
cui venga a conoscenza nell'esercizio dei propri compiti, che possano costituire un'irregolarità nella
gestione ovvero una violazione delle norme che disciplinano l'attività delle SIM, delle società di
gestione del risparmio, delle SICAV o delle SICAF. A tali fini lo statuto delle Sim, delle società di
gestione del risparmio, delle SICAV o delle SICAF, indipendentemente dal sistema di
amministrazione e controllo adottato, assegna all'organo che svolge la funzione di controllo i
relativi compiti e poteri
L’organo di controllo di una società vigila sulla gestione: se rileva irregolarità di gestione può
intervenire.
Per esempio in caso di gravi irregolarità può attivare una procedura presso il tribunale che è prevista
dall’art 2409.
In questa materia c’è anche un obbligo per il collegio sindacale (organo di controllo sulla gestione)
di informare le autorità di vigilanza se rilevano delle irregolarità.
La norma prosegue con una serie di doveri informativi che spettano a determinati soggetti abilitati
che operano nelle società di informare l’autorità di vigilanza in circostanza di irregolarità, di rischio,
ecc.
Art 8 comma 4.
I soggetti incaricati della revisione legale dei conti delle SIM, delle società di gestione del
risparmio, delle Sicav o delle Sicaf comunicano senza indugio alla Banca d'Italia e alla CONSOB
gli atti o i fatti, rilevati nello svolgimento dell'incarico, che possano costituire una grave violazione
delle norme disciplinanti l'attività delle società sottoposte a revisione ovvero
che possano pregiudicare la continuità dell'impresa o comportare un giudizio negativo, un giudizio
con rilievi o una dichiarazione di impossibilità di esprimere un giudizio sui bilanci o sui prospetti
periodici degli OICR.
2. Vigilanza ispettiva.
Art 6 ter.
POTERI ISPETTIVI.
1. La Banca d’Italia e la Consob possono, nell’ambito delle rispettive competenze e nel rispetto
delle disposizioni normative europee, effettuare ispezioni e richiedere l’esibizione dei documenti e
il compimento degli atti ritenuti necessari nei confronti dei soggetti abilitati e di coloro ai quali i
soggetti abilitati abbiano esternalizzato funzioni aziendali essenziali o importanti e al loro
personale.
Esternalizzazione/Outsourcing: quando il soggetto abilitato affida alcune funzioni rilevanti a
soggetti esterni.
Le autorità di vigilanza fanno attenzione su questa cosa perché qualcuno fa il lavoro al posto di un
altro soggetto.
Art 6-ter comma 1
Nonché – previa autorizzazione del procuratore della Repubblica – anche presso soggetti diversi
che abbiano intrattenuto rapporti professionali o patrimoniali con il soggetto abilitato.
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Art 6-ter comma 3.
La Consob può richiedere ai soggetti incaricati della revisione legale dei conti dei soggetti abilitati
di fornire informazioni. Quando sussistono particolari necessità e non sia possibile provvedere con
risorse proprie, la Consob può altresì autorizzare revisori legali o società di revisione legale a
procedere a verifiche o ispezioni per suo conto. Il soggetto autorizzato a procedere alle predette
verifiche ed ispezioni agisce in veste di Pubblico Ufficiale.
3. Nei casi previsti dal comma 2 la Consob redige processo verbale dei dati e delle informazioni
acquisite o dei fatti accertati e delle dichiarazioni rese dagli interessati, i quali sono invitati a
firmare il processo verbale e hanno diritto di averne copia.
5. Ciascuna autorità comunica le ispezioni disposte all’altra autorità, la quale può chiedere
accertamenti su profili di propria competenza.
La norma non specifica niente circa tempi e modi circa lo svolgimento delle ispezioni, né regola la
formalizzazione dei risultati delle verifiche e/o la loro trasmissione all’Autorità di vigilanza.
Il silenzio però pare possa essere colmato facendo riferimento alle norme che si applicano in ipotesi
di attività ispettiva svolta dalla stessa Autorità di vigilanza.
In tale contesto la disposizione specifica opportunamente che il soggetto incaricato agisce in qualità
di Pubblico Ufficiale.
1. La Banca d'Italia e la Consob, nell'ambito delle rispettive competenze, possono, con riguardo ai
soggetti abilitati:
a) convocare gli amministratori, i sindaci e il personale;
b) ordinare la convocazione degli organi collegiali, fissandone l'ordine del giorno;
E’ una cosa forte, perché gli intermediari adottano per legge la forma della Società per Azioni in
quanto è il tipo di società più strutturato e adeguato a svolgere questa attività finanziaria.
Dire che l’autorità di vigilanza può convocare un’assemblea e fissare l’ordine del giorno non è una
cosa normale nel mondo delle società.
Non sono società normali, il controllo pubblico è forte.
c) procedere direttamente alla convocazione degli organi collegiali quando gli organi competenti
non abbiano ottemperato a quanto previsto dalla lettera b).
Convocano un’assemblea se chi lo deve fare non lo fa.
d) convocare gli esponenti aziendali e il personale outsourcer;
e) pubblicare avvenimenti al pubblico;
f) intimare ai soggetti di non avvalersi di un soggetto che possa essere di pregiudizio per la
trasparenza e la correttezza dei comportamenti (Consob).
Il potere delle Autorità di vigilanza si arresta – almeno formalmente – alla convocazione degli
organi collegiali e alla fissazione del relativo ordine del giorno.
Invece l’assunzione delle relative decisioni resta affidata agli organi competenti.
1-bis. La Banca d'Italia e la Consob, nell'ambito delle rispettive competenze, possono altresì
convocare gli amministratori, i sindaci e il personale di coloro ai quali i soggetti abilitati abbiano
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esternalizzato funzioni aziendali essenziali o importanti.
1-ter. La Banca d’Italia e la Consob, nell’ambito delle rispettive competenze, possono pubblicare
avvertimenti al pubblico
L’obiettivo non è solo che l’intermediario o comunque il soggetto abilitato abbia una sana struttura,
si comporti in modo adeguato ecc.
Bisogna tutelare gli investitori: quindi posso pubblicare avvertimenti, avvisi al pubblico per
esempio riguardo a problemi che si stanno verificando in una determinata Sim.
1-quater. La Consob intima ai soggetti abilitati di non avvalersi, nell’esercizio della propria attività
e per un periodo non superiore a tre anni, dell’attività professionale di un soggetto ove possa essere
di pregiudizio per la trasparenza e la correttezza dei comportamenti.
ART 9
DISCIPLINA DELLA REVISIONE LEGALE.
Alle Sim, alle società di gestione del risparmio, alle Sicav e alle Sicaf si applica l'articolo 159,
comma 1
Norme generali.
ARTT 11-12
NORME DELLA VIGILANZA SUI GRUPPI.
Non c’è bisogno di approfondirle.
Bisogna tener presente che gran parte degli intermediari fanno parte di gruppi bancari.
La materia della vigilanza si compone di una specifica disciplina relativa alla vigilanza sui gruppi
finanziari che prima dell’emanazione del TUF difettava in quanto il TUB non disponeva di una disciplina
della vigilanza sul gruppo finanziario non bancario.
L’art 11 TUF affida alla Banca d’Italia la nozione di gruppo rilevanti ai fini della disciplina di cui si
discute; per quanto attiene al contenuto della disciplina la Banca d’Italia può impartire alla SIM alla
SGR o alla società finanziaria posta al vertice del gruppo disposizioni riferite al complesso dei soggetti
facenti parte del gruppo stesso (modellato sull’art 61 TUB). Sempre modellata su quest’articolo è
l’ulteriore previsione (art 12 comma2 in base alla quale la capogruppo nell’esercizio dell’attività di
direzione e coordinamento emana disposizioni alle componenti del gruppo è per l’esecuzione delle
istruzioni impartite dalla BDI; gli amministratori delle società del gruppo sono tenuti a fornire ogni
dato e informazione per l’emanazione delle disposizioni e la necessaria collaborazione per il
rispetto per le norme per la vigilanza consolidata.
In virtù delle norme generali l’attività di direzione e coordinamento non può svolgersi in danno delle
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società controllate. In questo profilo si individua dunque un punto di equilibrio tra le esigenze di
centralizzazione del potere della capogruppo, finalizzato al rispetto delle istruzioni emanate dalla banca
d’Italia, e l’autonomia propria delle società controllate.
Sempre in base all’art 12:
La Banca d’Italia e la CONSOB possono richiedere nell’ambito delle rispettive competenze ai soggetti
facenti parte del gruppo la trasmissione anche periodica di dati e informazioni;
La BdI può impartire disposizioni ai fini della vigilanza su base consolidata nei confronti di tutti i
soggetti inclusi nel gruppo;
La BdI e CONSOB possono effettuare ispezioni presso in soggetti appartenenti al gruppo.
CAPITOLO 4
26
Per i momenti della valutazione dei requisiti vale lo stesso discorso fatto precedentemente: se il
requisito di onorabilità manca in fase di autorizzazione, l’autorizzazione non può essere rilasciata;
se il requisito di onorabilità manca in fase di acquisto di una partecipazione, la mancanza di
onorabilità impedisce l’acquisto perchè le Autorità interviene per bloccare l’azione e impedire a
quel soggetto di diventare socio di quell’intermediario.
Tra l’altro se la partecipazione è stata trasferita possono scattare dei limiti di voto di quel soggetto,
se non viene rispettato il divieto di voto la delibera adottata con il voto di quel soggetto (che sia
stato però determinante) può essere impugnata persino dall’Autorità di vigilanza.
Art 17.
Richiesta di informazioni sulle partecipazioni che la Banca d’Italia può fare in qualunque momento.
La finalità perseguita è quella di assicurare trasparenza degli assetti proprietari attraverso il
riconoscimento alle Autorità di vigilanza del potere di richiedere apposite informazioni ai soggetti
che partecipano direttamente o indirettamente al capitale degli intermediari.
In questo caso l’esercizio del potere non è subordinato al possesso di determinate soglie
partecipative da parte del soggetto destinatario della richiesta.
1. La Banca d'Italia e la CONSOB, indicando il termine per la risposta, possono richiedere:
a) alle SIM, alle società di gestione del risparmio ((, alle Sicav e alle Sicaf)), l'indicazione
nominativa dei titolari delle partecipazioni secondo quanto risulta dal libro dei soci,
dalle comunicazioni ricevute e da altri dati a loro disposizione;
b) alle società ed agli enti di qualsiasi natura che possiedono partecipazioni nei soggetti indicati
nella lettera a), l'indicazione nominativadei titolari delle partecipazioni secondo quanto risulta dal
libro dei soci, dalle comunicazioni ricevute e da altri dati a loro disposizione;
c) agli amministratori delle società e degli enti titolari di partecipazioni nelle SIM, nelle società
di gestione del risparmio ((, nelle Sicav e nelle Sicaf)), l'indicazione dei soggetti controllanti;
d) alle società fiduciarie che abbiano intestato a proprio nome partecipazioni in società indicate
nella lettera c), le generalità dei fiducianti.
Queste norme valgono anche nel caso di acquisto per interposta persona.
Es. la partecipazione viene fatta acquistare da un soggetto direttamente ma da una società del
gruppo.
È dunque stabilito che il diritto di voto egli altri diritti che consentono di influire sulla società
inerenti alle partecipazioni eccendenti le soglie stabilite ai sensi dell’art. 15 non possono essere
esercitati se non è stata positivamente espletata la procedura prevista. La relativa delibera è
annullabile se assunta con il voto determinante del soggetto delegittimato. Inoltre la BdI può in ogni
momento sospendere il diritto di voto e gli altri diritti che consentono di influire sulla società,
inerenti ad una partecipazione qualificata, quando l’’influenza esercitata dal titolare della
partecipazione possa pregiudicare la sana e prudente gestione o l’effettivo esercizio della vigilanza.
Infine per l’acquisto di partecipazioni in violazione dei limiti esaminati, la BdI può anche imporre
l’alienazione della partecipazione eccedente i limiti stabiliti in base all’art.15.
È pero da escludere che l’omissione delle comunicazioni alla BdI o la violazione del divieto di
eseguire l’operazione disposto dalla medesima banca, si risolvano nell’invalidità del negozio
stipulato. Infatti il legislatore ha previsto sanzioni alternative che presuppongono proprio che il
contratto seppur concluso in violazione resti valido.
Resta peraltro aperta la possibilità di ricorrere a livello negoziale a tutti gli strumenti che possano
opportunamente graduare gli effetti del contratto in modo da renderne la stipulazione compatibile
con il disposto dell’art.15 TUF e tipicamente di sottoporre l’efficacia del contratto stesso a
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condizione sospensiva dell’ottenimento dell’autorizzazione amministrativa.
3. Sistema monistico
Il discorso generale della governance nel caso degli intermediari è di origine comunitaria.
Sulla governance degli intermediari in precedenza la competenza di vigilanza era congiunta, ora è
solo della Banca d’Italia sentita la Consob.
Nel tema della governance rientra il discorso della remunerazione e degli incentivi (ne parleremo a
proposito del tema dei conflitti di interesse degli intermediari) finalizzati appunto ad evitare i
conflissi d’interesse degli esponenti aziendali e in generale del personale operativo degli
intermediari.
Sono previsti dei meccanismi di calcolo delle remunerazioni per garantire la proporzionalità: la
remunerazione degli esponenti aziendali dev’essere sempre proporzionale al livello di attività
svolto.
Soprattutto con dei limiti, per es. al riconoscimento delle parti variabili: non può esserci una parte
fissa minima e una variabile eccessiva perché questo può condizionare l’operatività.
Le norme sulla remunerazione hanno carattere imperativo: se i contratti che regolano i rapporti tra
l’intermediario e l’esponente aziendale avessero delle clausole di remunerazione che contrastano
con queste norme, ovviamente le clausole sono nulle. (Nullità parziale, si colpisce la clausola che
contrasta con la norma imperativa).
La disciplina di cui stiamo parlando è selettiva: si applica alle SIM, alle SGR; non si applica agli
agenti di cambio, alle Poste, a chi fa attività di consulenza (consulenza senza detenere denaro dei
clienti), chi opera su derivati senza sottostante.
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In precedenza, con riferimento a SIM, SGR e SICAV il tema della governance del soggetto veniva
tradizionalmente in considerazione all’atto della valutazione della sussistenza del più generale
requisito della sana e prudente gestione spesso ricorrendo alla moral suasion.
La riformulazione dell’art. 6 TUF e la ridefinizione dei compiti di vigilanza ha offerto l’occasione
di intervenire sulla materia che è identificata tra quelle di competenza congiunta di Consob e BdI di
cui all’art.6 comma 2bis.
Il Regolamento congiunto ora individua le funzioni dell’organo con compiti di supervisione
strategica, compiti di gestione, compiti di controllo. Questo assicura il bilanciamento dei poteri ed
un’efficace e costruttiva dialettica.
Il modello di riferimento è dunque di tipo bilanciato in quanto l’assunzione delle decisioni deriva
dal saldarsi del momento strategico su quello gestionale, entrambi sottoposti a verifica degli organi
di controllo.
Dalle individuazioni delle tre funzioni non consegue necessariamente un’analoga suddivisione della
governance tra tre distinti organi aziendali.
CAPITOLO 5
La nozione di strumenti finanziari nasce dal diritto europeo ed è andata a sostituire quella storica dei
valori mobiliari.
Il valore mobiliare era una categoria molto aperta: qualunque documento o certificato
rappresentativo di diritti in imprese.
Le categorie principali erano le azioni e le obbligazioni, anche perché era un mercato ancora non
così evoluto.
Erano l’oggetto su cui si fondata il risparmio diffuso, l’oggetto dell’investimento dei risparmiatori.
Anche perché non c’era una platea così differenziata, per esempio gli investitori istituzionali non
venivano manco presi in considerazione dal punto di vista legislativo.
Ma il valore mobiliare era una categoria aperta, quindi suscettibile di evoluzione.
Lo strumento finanziario è una categoria chiusa, così come è definito dalla direttiva MiFid e dal
TUF.
L’evoluzione è possibile.
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L’aggiornamento è affidato al Ministero, è una categoria che oggi non si aggiorna ma comunque
dipenderebbe dall’evoluzione dei mercati e dalla normativa comunitaria.
Gli strumenti finanziari si dividono in 2 macro-categorie:
Strumenti finanziari derivati
Categoria molto articolata che la MiFid ha ulteriormente ampliato.
1. Derivati finanziari
Sono quelli che fanno riferimento ad attività/indicatori sottostanti, ma indicatori di natura
finanziaria (tassi di interesse, valute, indici, ecc).
(Future, swop, contratti a termine, ecc).
2. Derivati su merci
Hanno come sottostante specificamente le merci.
Sono tutti negoziati su mercati regolamentati o su sistema multilaterale di negoziazione.
A loro volta si distinguono in 3 tipi:
1. Derivati su merci che utilizzano la merce di riferimento come un sottostante finanziario:
è solo un parametro di riferimento.
(es. prezzo dell’oro)
Alla fine hanno una regolamentazione del differenziale, puramente economica.
2. Derivati su merci in cui il regolamento può prevedere proprio lo scambio delle merci: la
consegna.
3.
3. Derivati diversi o esotici
Categoria ancora più vasta e articolata perché ci sono figure molto diverse.
Ci sono:
1. Tutti i derivati sui rischi d’impresa
2. Contratti differenziali puri, quelli che prescindono da un parametro sottostante
3. Veri e propri derivati esotici
Quelli legati a parametri diversi, tipo le variazioni climatiche, inflazione, eventi politici.
Categoria estremamente indefinibile.
4. Ci sono anche strumenti finanziari derivati che hanno scopi commerciali e non finanziari.
E allora perché li consideriamo?
Perché la loro finanziarietà sta nel fatto che vengono regolati in stanze di compensazione e
quindi rientrano nel sistema dei mercati.
(Stanza di compensazione/richiamo dei margini).
La categoria degli strumenti finanziari è potenzialmente non chiusa perché comunque lo stesso TUF
dopo aver elencato questi strumenti dice “altri strumenti equivalenti”: lascia intendere che in teoria
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in futuro potrebbe nascere qualche altra fattispecie.
Questa clausola generale è necessaria perché comunque rientra nella logica della massima
armonizzazione voluta dalla MiFid e dalla disciplina comunitaria.
Servizi di investimento.
Oggi la disciplina è più rigida e armonizzata a livello comunitario: i servizi di investimento sono
ben definiti.
Prima della MiFid mancava una definizione unitaria e precisa e una classificazione dei servizi di
investimento.
La negoziazione per conto proprio ha una sua specificazione nella figura del market maker.
Il market maker è un intermediario che opera su titoli che hanno una bassa liquidità (hanno un
mercato poco diffuso, è difficile la ricerca delle controparti per negoziare).
Fissa il prezzo di quei titoli e funge da riferimento per chi volesse negoziare quei titoli.
Di fatto non è un intermediario, ma un mercato di quei titoli.
Quando parliamo di mercati non pensiamo solo ai mercati ufficiali, abbiamo tante figure che si
assimilano ai mercati che hanno dei requisiti particolari che la legge richiede. (non è una cosa
occasionale)
Servizio di collocamento.
Il servizio di collocamento opera tipicamente nel mercato primario.
Il servizio di collocamento è l’offerta di determinati strumenti finanziari che viene preceduta da un
accordo tra l’intermediario che dovrà collocare questi strumenti e l’emittente o chi vende gli
strumenti.
Il collocamento dalla parte degli intermediari è offrire al pubblico strumenti finanziari di nuova
emissione o già in circolazione.
Se è l’emittente parliamo di mercato primario (es. la Fiat emette un prestito obbligazionario); se si
fa riferimento a chi vende gli strumenti si parla di mercato secondario (titoli già in circolazione che
qualcuno vuole vendere).
Nel mercato primario: acquisto e sottoscrizione.
Acquistare o sotto scrivere titoli di nuova emissione.
Nel mercato secondario: vendita.
Comprare titoli già in circolazione che qualcuno ha in grossa quantità e vende tramite gli
intermediari (ipotesi meno frequente).
È un’attività diversa dalle precedenti.
Il collocamento è un’offerta fatta dagli intermediari ad un pubblico indifferenziato non si tratta di
un collocamento riservato.
Il collocamento può avvenire con o senza rischi da parte dell’intermediario: l’intermediario può
assumersi o meno il rischio dell’operazione.
Questo è un accordo che l’intermediario fa con l’emittente.
Può acquistare subito gli strumenti finanziari che deve collocare: assunzione a fermo degli
strumenti finanziari.
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Può decidere di acquistare il residuo che non fosse stato collocato al termine dell’operazione di
collocamento.
Oppure può decidere di non assumersi questo rischio.
Ovviamente la scelta di assumere o meno questo rischio incide sulle commissioni che
l’intermediario riceverà dal rapporto con l’emittente perchè si grava l’emittente dal rischio
dell’invenduto.
Questa scelta dipende dalle previsioni: le operazioni di collocamento hanno una previsione di esito,
il mercato già sa che accoglimento può trovare un’operazione.
Non è una cosa che fanno tutti gli investitori, ma solo clienti con grosse disponibilità che affidano
all’intermediario la gestione degli investimenti secondo una sua strategia.
È un servizio individualizzato ma non totalmente: non si studia una strategia di portafoglio per ogni
cliente.
In realtà gli intermediari hanno già delle linee predefinite di investimento, diversificate in base al
rischio che l’investitore intende assumere.
Tra queste linee di investimento il cliente sceglie la linea di gestione che ritiene più opportuna in
base alle sue aspettative e alla sua propensione al rischio.
La particolarità è che l’intermediario nella gestione del portafoglio deve rispondere assolutamente
alle direttive del cliente.
Quindi è il cliente che decide (anche di interrompere l’attività di gestione di investimento) e
l’intermediario deve sottostare.
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Ricezione e trasmissione degli ordini.
È una figura storica dell’attività di intermediazione: risale all’ordinamento ed è un po’ quello che
avveniva tra Banca e agenti di cambio (erano gli agenti di cambio che accedevano al mercato anche
se eseguivano gli ordini delle Banche).
È un’ipotesi in cui un intermediario riceve un ordine da un cliente ma non può eseguirlo e allora si
svolge a un altro intermediario: riceve e trasmette l’ordine.
Servizio di consulenza.
La consulenza in materia finanziaria ha avuto un’evoluzione:
Inizialmente era un servizio di investimento
Poi ad un certo punto era stato collocato tra i servizi accessori
È tornato in questa categoria nel 2010 (dopo la MiFid)
Attività di investimento.
Ci sono i mercati, i sistemi multilaterali di negoziazione a cui recentemente il legislatore
comunitario e quindi poi quello italiano ha aggiunto i sistemi organizzati di negoziazione.
Sistema multilaterale di negoziazione
Per certi versi è simile ad un mercato regolamentato, infatti è autorizzato dalla Consob.
Però a differenza del mercato (es. Borsa Italiana s.p.A unica società di gestione del mercato SGR)
non è gestito da una SGR, è gestito da Banche o SIM che svolgono una funzione di mercato.
Cosa caratterizza un sistema multilaterale di negoziazione?
L’intermediario in questa attività si pone al centro tra l’interesse di acquisto o di vendita di
strumenti finanziari da parte di terzi e deve farlo in base a regole non discrezionali: a condizioni
standardizzate.
Es. lo fanno le Banche sulle stesse obbligazioni che loro emettono.
Sistema organizzato di negoziazione.
Aggiunto dalla MiFid II.
La differenza con il un sistema multilaterale di negoziazione è che la MiFid II consente la
discrezionalità all’intermediario: è lui che in base a certi criteri decide se dare o meno corso
all’operazione.
Servizi accessori.
È una categoria chiusa e definita.
Sono servizi collaterali ai servizi di investimento.
Art 1 comma 6 allegato B TUF
a) La custodia e l’amministrazione di strumenti finanziari e relativi servizi connessi
b) La locazione di cassette di sicurezza
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c) La concessione di finanziamenti agli investitori per consentire loro di effettuare
un’operazione relativa a strumenti finanziari nella quale interviene il soggetto che
concede il finanziamento.
d) La consulenza alle imprese in materia di struttura finanziaria, di strategia industriale e di
questioni connesse, nonché la consulenza di servizi concernenti la concentrazione e
l’acquisto d’imprese
e) I servizi connessi all’emissione o al collocamento di strumenti finanziari ivi compresa
l’organizzazione e la costituzione di consorzi di garanzie e collocamento.
f) La ricerca in materia d’investimenti, l’analisi finanziaria o altre forme di raccomandazione
generale riguardanti operazioni relative a strumenti finanziari
g) L’intermediazione in cambi, quando legata alla prestazione di un servizio d’investimento
G bis) le attività e i servizi individuati con regolamento del ministro dell’economia e delle
finanze connesso alla prestazione di servizi d’investimento e accessori avendo ad oggetto
strumenti derivati.
CAPITOLO 6
Il principio del mutuo riconoscimento convive anche con un altro principio fondamentale del diritto
comunitario che è il diritto di stabilimento.
Però non sempre l’attività degli intermediari deve svolgersi con un impianto fisico dell’attività in un
altro Paese.
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Campo generale delle autorizzazioni.
Il sistema che vige nella materia dei mercati finanziari è molto simile a quello che c’è in materia
bancaria.
Però è differenza delle Banche in materia di mercati finanziari si ha una serie di tipologie diverse di
operatori, quindi sono necessarie delle distinzioni.
Art 18, comma 1 TUF:
L'esercizio professionale nei confronti del pubblico dei servizi e delle attività di investimento è
riservato alle Sim, alle imprese di investimento UE, alle banche italiane, alle banche UE e alle
imprese di paesi terzi.
Teoricamente questi soggetti possono prestare tutti i servizi di investimento.
(Quando si parla della possibilità di prestare tutti i servizi di investimento non si intende come
obbligo: si può chiedere l’autorizzazione anche solo per alcuni servizi, la legge considera il
potenziale).
Consulenti.
Artt 18 bis – 18 ter.
Il legislatore inizialmente aveva previsto solo la possibilità dei consulenti persone fisiche
prevedendo l’iscrizione in una sezione speciale dell’albo delle SIM e che possono svolgere l’attività
di consulenza senza detenere fondi/denaro/titoli dei clienti, sono ammessi a questa attività sulla base
di una rigorosa valutazione sulla loro abilità a svolgere questa attività.
Alle persone fisiche si sono poi aggiunte le persone giuridiche costituite in forma di SpA o di Srl.
Gli intermediari sono tutti S.p.A chi si limita a fare consulenza può essere SpA o anche Srl.
Anche le società che fanno consulenza sono iscritte dopo una valutazione o una prova valutativa
della possibilità di svolgere questa attività.
Tra l’altro hanno anche una responsabilità dei propri esponenti.
Il servizio di consulenza era servizio di investimento, poi servizio accessorio e infine nuovamente
servizio di investimento.
C’era una strana anomalia: se la consulenza come servizio di investimento la fa l’intermediario è
soggetta a tutta una serie di regole di comportamento che riguardano gli intermediari; se la stessa
attività di consulenza la faceva invece una persona fisica non era soggetta alle stesse regole di
comportamento.
Questa è un’anomalia a tutela dell’investitore.
L’attuale regime (artt 18 bis – 18 ter) inquadrando le persone fisiche e le società che fanno
consulenza e portandole nell’ambito del controllo per l’iscrizione nell’albo, attenua questa anomalia
perchè garantisce che pur non essendo intermediari abilitati a tutti gli effetti sono affidabili per il
risultato dell’attività nei confronti della clientela.
Art 18:
- Svolgimento professionale
È esclusa l’attività occasionale o l’attività che non abbia degli schemi organizzativi.
Questa è un’attività tutta da protocollare, basata su degli schemi predefiniti.
Questo principio richiama in qualche modo quello dell’art 2082 dell’imprenditore: il concetto di
continuità dell’attività, l’attività dev’essere abituale e sistematica.
In realtà è una cosa un po’ diversa perchè il concetto di organizzazione dell’attività nell’art 2082 è
staccato; qui è incluso perchè si parla di attività professionale.
Per servizi di investimento l’attività è anche continuata: non si ferma, non può essere stagionale.
Non ci sarebbe tutela per gli investitori.
- Esercizio nei confronti del “pubblico”
L’attività è svolta professionalmente nei confronti del pubblico.
Significa che dev’essere un’attività rivolta a un pubblico indeterminato, potenzialmente indistinto.
Pubblico indeterminato non significa chiunque perchè gli investitori si dividono in varie categorie:
investitori retail, investitori professionali, controparti qualificate.
Questo non significa individuare categorie di investitori, ma significa che non dev’essere un’attività
rivolta a un ristretto numero di soggetti già determinato.
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Si esclude ad esempio un’attività svolta da un intermediario nei confronti della società del gruppo a
cui appartiene.
4. Il termine di cui al comma 3 non decorre o è interrotto nel caso in cui siano in corso o siano
avviati accertamenti di vigilanza nei confronti della SIM. In tali casi il termine decorre per intero
dal momento del completamento degli accertamenti.
Quando una SIM viene autorizzata all’esercizio di un determinato servizio di investimento deve
iniziare quest’attività e deve farlo nel termine massimo di un anno a pena di decadenza (pronunciata
dalla Consob sentita la Banca d’Italia).
In corso di operatività c’è il principio dell’home country control (controllo del Paese di
appartenenza).
Ciò che è rilevante ai fini del controllo dell’attività e stabilire quale Autorità interviene non è stato il
41
luogo in cui si trova l’impresa di investimento ma dove il servizio viene prestato: cioè chi sono gli
investitori da tutelare.
Se non ci sono tutte queste garanzie l’impresa terza non può essere autorizzata a impiantare una
succursale in Italia perchè si ritiene che non sia in grado di operare garantendo integrità del
mercato, tutela degli investitori pari a quella che i nostri operatori possono dare.
Art. 29-bis.
BANCHE DELL’UNIONE EUROPEA.
Condizione delle banche UE per operare in Italia.
Art. 29-ter.
BANCHE DI PAESI TERZI.
Senza entrare nel dettaglio, tutta una serie di condizioni che devono essere verificate perchè ci siano
adeguate garanzie.
È importante domandarsi: per l’attività che eventualmente fosse stata svolta in difetto di
autorizzazione che cosa succede?
Perchè chi ha fatto l’intermediario non autorizzato avrà stipulato dei contratti, cosa succede di
questi contratti?
Questi contratti sono nulli per contrarietà a norme imperative (art. 1418 cc).
CAPITOLO 7
SERVIZI E ATTIVITA’ DI INVESTIMENTO: REGOLE DI CONDOTTA E DI
ORGANIZZAZIONE INTERNA.
I CONTRATTI E LA SEPARAZIONE PATRIMONIALE.
Parliamo di un cardine della disciplina degli intermediari: le regole di condotta che gli intermediari
devono osservare.
È un aspetto molto importante perchè dalla condotta corretta, onesta nella gestione dei rapporti con i
clienti e con i mercato ovviamente dipende l’efficiente funzionamento del mercato stesso.
L’obiettivo della disciplina è quello di garantire che le attività di mercato si svolgano nel modo più
tranquillo possibile, senza alterazioni e ovviamente preservando gli interessi degli investitori.
Alcune regole di condotta erano già contenute nella legge n1 del 1991: quella di costituire le società
di intermediazione mobiliare.
43
La legge n1 del 1991 è la prima e propria legge regolatrice di questa attività.
Questi stessi principi sarebbero stati poi portati nel TUF nel 1998.
Però proprio negli anni ’90 inizia a subentrare l’influenza del diritto comunitario e già la normativa
n22 del ’93 poneva una serie di regole di condotta con l’obiettivo di fare in modo che ci fosse
un’armonizzazione, un’uniformità nei comportamenti degli operatori dei paesi della comunità.
Oggi il principio dell’armonizzazione è totale: abbiamo tutti la stessa normativa.
Dal punto di vista del diritto comunitario il vero passo in avanti - nel senso di dettare un insieme
dettagliato di regole di condotta per gli intermediari – è stato fatto con la MiFID (2004, recepita in
Italia nel 2007) e poi recentemente con la MiFID II e il regolamento che ne è derivato nel 2017.
Che aveva fatto la MiFID? Quale era stata la tecnica del legislatore comunitario?
La tecnica della MiFID è stata quella di accentuare il legame tra l’organizzazione interna degli
intermediari e loro condotta.
Si partiva dal principio che un intermediario correttamente organizzato al proprio interno avesse
migliori possibilità e desse maggiori garanzie di adempiere correttamente gli obblighi verso il
mercato e verso la clientela.
Così si inizia a prevenire i comportamenti esterni iniziando a regolare i comportamenti interni.
Quindi regole di condotta e organizzazione interna sono 2 cose strettamente collegate.
Non è era un principio nuovo quello dalla MiFID, esisteva già nella nostra legge del 1991 (delle
SIM) ma è un principio che con la MiFID subisce un’espansione con tutta una serie di regole che
prima non esisteva: disciplina del conflitto di interessi, della best execution (criteri di miglior
esecuzione degli ordini), della product governance (MiFID II, tracciabilità dei prodotti finanziari).
Art 21 TUF.
CRITERI GENERALI.
1. Nella prestazione dei servizi e delle attività di investimento e accessori i soggetti abilitati devono:
a) comportarsi con diligenza, correttezza e trasparenza, per servire al meglio l’interesse dei clienti e
per l’integrità dei mercati;
Sono criteri comuni a qualsiasi attività professionale.
La buona fede è un principio generale del nostro ordinamento, non c’è bisogno di specificarlo.
Doppio obiettivo: mercati e clienti.
Questo criterio richiama quello della sana e prudente gestione.
Ciò significa che se l’intermediario avesse la possibilità di assumere comportamenti vantaggiosi per
il cliente ma non conformi a questi principi, comunque dovrebbe astenersi.
Il rispetto dei principi deve portare comunque l’intermediario a sacrificare la posizione del cliente:
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non nel senso di danneggiarlo ma di non portare avanti uno svolgimento dell’attività se può rivelarsi
non conforme alle regole di condotta.
b) acquisire, le informazioni necessarie dai clienti e operare in modo che essi siano sempre
adeguatamente informati;
Obblighi informatori.
Questo criterio poi si traduce in un’ampia serie di norme perchè il diritto dei mercati finanziari ha
cardini: informazione e trasparenza.
L’informazione deve circolare sia a livello di rapporto intermediari-clienti sia a livello di mercati.
Trasparenza nei comportamenti di tutti gli operatori.
Se non si osservano queste regole il mercato salta.
Questo criterio ci indica un flusso biunivoco: le informazioni vanno da una parte all’altra.
Le informazioni vanno sia dall’investitore all’intermediario sia dall’intermediario all’investitore.
Quando si parla delle informazioni che l’investitore deve fornire all’intermediario ci riferiamo in
particolare ad alcune regole – che esistono da molti anni – e sono le regole di appropriatezza e
adeguatezza, oltre la regola di best execution.
Le regole di appropriatezza e adeguatezza sono preliminari alla prestazione del servizio di
investimento e che si basano proprio sulle informazioni che l’intermediario acquisisce
dall’investitore.
La best execution è riferita alla fase di esecuzione dell’ordine dell’interesse dell’investitore.
Invece quando si parla di informazioni che dall’intermediario vanno all’investitore, si parla di vari
momenti: in primo luogo di una corretta, completa informazione precontrattuale.
L’investitore deve avere chiaro chi è l’intermediario e capire i prodotti, i costi, le commissioni e tutto
quello che c’è intorno a un investimento.
Informazioni che la legge permette di dare sia in forma cartacea che digitale, l’importante è che
l’investitore sia informato e messo in condizioni di adottare una scelta di investimento consapevole.
I requisiti generali delle informazioni sono contenuti nel Regolamento Intermediari.
PARTE II TRASPARENZA E CORRETTEZZA NELLA PRESTAZIONE DEI
SERVIZI/ATTIVITÀ DI INVESTIMENTO E DEI SERVIZI ACCESSORI
TITOLO I INFORMAZIONI, COMUNICAZIONI PUBBLICITARIE E PROMOZIONALI, E
CONTRATTI
Capo I Informazioni e comunicazioni pubblicitarie e promozionali
Art 36 Regolamento Intermediari.
REQUISITI GENERALI DELLE INFORMAZIONI.
1. Tutte le informazioni, comprese le comunicazioni pubblicitarie e promozionali, indirizzate dagli
intermediari a clienti o potenziali clienti devono essere corrette, chiare e non fuorvianti. Le
comunicazioni pubblicitarie e promozionali sono chiaramente identificabili come tali.
Si integrano sia le informazioni “private” date direttamente dall’intermediario all’investitore, sia
l’attività pubblicitaria che fa l’intermediario.
La legge considera sempre il cliente e il potenziale cliente, ciò quello che non è ancora investitore
ma potrebbe diventarlo.
Si deve capire che quella è pubblicità.
2. Gli intermediari forniscono in tempo utile ai clienti o potenziali clienti, in una forma
comprensibile, informazioni appropriate affinché essi possano ragionevolmente comprendere la
natura del servizio di investimento e del tipo specifico di strumenti finanziari che sono loro
proposti, nonché i rischi a essi connessi e, di conseguenza, possano prendere le decisioni in materia
di investimenti con cognizione di causa.
Assicurarsi una scelta consapevole da parte dell’investitore e questo presuppone che le informazioni
siano portate all’investitore in modo comprensibile.
È chiaro che il legislatore debba fare una scelta intermedia e debba basarsi sul grado di
comprensione dell’uomo medio.
Si deve fare in modo che l’investitore si possa rendere conto della natura del servizio di
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investimento, la natura dei prodotti finanziari, quali rischi comporta, i costi legati al servizio.
Cosa è oggetto dell’informazione?
Tali informazioni si riferiscono:
a) all'intermediario e ai relativi servizi;
Chi è l’intermediario e cosa propone.
b) agli strumenti finanziari e alle strategie di investimento proposte, inclusi opportuni orientamenti e
avvertenze sui rischi associati agli investimenti relativi a tali strumenti o a determinate strategie di
investimento, nonché l’indicazione se gli strumenti finanziari sono destinati a clienti al dettaglio o
professionali, tenuto conto del mercato di riferimento di cui all’articolo 21, comma 2-bis, del Testo
Unico;
Questa norma è iper dettagliata.
In base alla tipologia di investitore si deve tracciare un percorso: quale è il prodotto giusto per
quell’investitore e per quali motivi.
c) alle sedi di esecuzione;
Dove viene eseguito quel determinato ordine.
d) ai costi e oneri connessi, comprese le informazioni relative sia ai servizi di investimento che ai
servizi accessori, al costo dell’eventuale consulenza e dello strumento finanziario raccomandato o
offerto in vendita al cliente e alle modalità di pagamento da parte del cliente, ivi inclusi eventuali
pagamenti di terzi. Le informazioni sui costi e oneri, compresi quelli connessi al servizio di
investimento e allo strumento finanziario, non causati dal verificarsi di un rischio di mercato
sottostante, sono presentate in forma aggregata per permettere al cliente di conoscere il costo totale
e il suo effetto complessivo sul rendimento e, se il cliente lo richiede, in forma analitica. Laddove
applicabile, tali informazioni sono fornite al cliente con periodicità regolare, e comunque almeno
annuale, per tutto il periodo dell’investimento.
Una volta le informazioni sui costi e oneri si presentavano in forma disaggregata e non si capiva
alla fine quanto costasse.
In forma aggregata significa che l’investitore deve capire il costo totale e il suo effetto complessivo
sul rendimento.
Ovviamente il rendimento non è mai garantito negli investimenti, la garanzia di rendimento può
variare in base al livello di rischio.
Ma l’investitore già al momento dell’investimento può capire che incidenza ha quel costo sulla
potenziale redditività dell’investimento che sta facendo.
L’informazione prosegue: informazione nel momento iniziale, ma anche nel corso di esecuzione del
rapporto perchè l’investitore dev’essere aggiornato.
È obbligo dell’intermediario fornire un’informazione almeno annuale, altrimenti si va ad
appesantire troppo l’attività degli intermediari.
Regolamento 565/2017
Regolamento emanato in attuazione della MiFID II.
Contiene tutta una serie di regole di ulteriore dettaglio sulle informazioni.
CAPO III CONDIZIONI DI ESERCIZIO APPLICABILI ALLE IMPRESE DI
INVESTIMENTO
SEZIONE 1 Informazioni fornite ai clienti e potenziali clienti
Articolo 44 Requisiti relativi a informazioni corrette, chiare e non fuorvianti.
1. Le imprese di investimento assicurano che tutte le informazioni, comprese le comunicazioni di
marketing, che indirizzano a clienti al dettaglio o professionali o potenziali clienti al dettaglio o
professionali o che divulgano in modo tale per cui è probabile che siano da loro ricevute soddisfino
46
le condizioni previste ai paragrafi da 2 a 8.
Anche in forma anonima, pubblicitaria generale.
2. L'impresa di investimento assicura che le informazioni di cui al paragrafo 1 soddisfino le
seguenti condizioni:
a) le informazioni comprendono il nome dell'impresa di investimento;
b) le informazioni sono accurate e forniscono sempre un'indicazione corretta e in evidenza dei rischi
quando menzionano potenziali benefici di un servizio di investimento o di uno strumento
finanziario;
Realismo nella prospettazione al cliente: non allettare l’investitore con prospettive fantasiose.
c) nell'indicazione dei rischi le informazioni utilizzano un carattere di dimensioni almeno uguali alle
dimensioni prevalenti del carattere utilizzato per tutte le informazioni fornite nonché una
disposizione grafica che assicuri che tale indicazione sia messa in evidenza;
Il carattere di tutto il contratto deve avere la stessa dimensione, anche le informazioni sui rischi.
Si deve mettere in evidenza tutto allo stesso modo: l’investimento e i rischi.
d) le informazioni sono sufficienti e presentate in modo da risultare con ogni probabilità
comprensibili per il componente medio del gruppo al quale sono dirette o dal quale saranno
probabilmente ricevute;
Siccome il grado di comprensibilità è soggettivo e diverso, bisogna basarsi su un valore medio:
scrivere le cose in modo non banale, ma neanche troppo difficile.
e) le informazioni non mascherano, minimizzano od oscurano elementi, dichiarazioni o avvertenze
importanti;
f) le informazioni sono uniformemente presentate nella stessa lingua nei materiali informativi e di
marketing, in qualsiasi forma, forniti a ciascun cliente, tranne nel caso in cui il cliente abbia
accettato di ricevere informazioni in più di una lingua;
g) le informazioni sono aggiornate e pertinenti al mezzo di comunicazione utilizzato.
Non si devono presentare informazioni superate dall’andamento del mercato.
Devono essere possibilmente aggiornate.
3. Quando le informazioni raffrontano servizi di investimento o servizi accessori, strumenti
finanziari o fornitori di servizi di investimento o servizi accessori, le imprese di investimento
assicurano che siano soddisfatte le seguenti condizioni:
a) il raffronto è significativo ed è presentato in modo corretto ed equilibrato;
b) le fonti di informazione utilizzate per il raffronto sono specificate;
c) i fatti e le ipotesi principali utilizzati per il raffronto sono indicati.
Si parla di comparazione tra servizi diversi perchè ovviamente gli intermediari offrono prodotti
provenienti da vari fornitori.
Questo è un punto delicato perchè dietro la scelta tra più prodotti o servizi c’è il grosso problema
del conflitto di interessi dell’intermediario e degli incentivi che possono ricevere gli intermediari
condizionandolo.
Conflitto di interessi.
È da sempre un problema per i mercati e gli intermediari.
Il conflitto di interessi non è solo rispetto al cliente: può essere anche rispetto ad altri intermediari,
mercati, altri soggetti.
Quello che interessa è che vengano salvaguardate le posizioni dei clienti.
Tra l’altro è un problema aggravato dal fatto che spesso c’è un’attività con funzionale: esempio
intermediario banca.
Come si regola questa situazione del conflitto di interessi?
Il legislatore parte da un principio di fondo: il conflitto di interessi è immanente nella natura umana,
ineliminabile.
Se è ineliminabile, evidentemente l’unica possibilità è di regolarlo e contenerlo.
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Come si contiene?
La tecnica utilizzata dal legislatore:
- Innanzitutto si contiene al proprio interno
C’è un processo di identificazione del conflitto di interessi, fatto al proprio interno dagli
intermediari in modo da far sì che se l’intermediario si trova in una determinata situazione in
conflitto di interessi, lo può bloccare in qualche modo, può bloccare la propria operatività.
(Esiste un albo dei conflitti di interessi e dei potenziali conflitti di interessi).
- Se tutto questo non bastasse l’ordinamento impone all’intermediario una disclosure: una
comunicazione al cliente di questa situazione di conflitto di interesse.
È lasciata al cliente la scelta di proseguire o meno quel determinato rapporto.
51
Proporzionalità
Qualora l'impresa appartenga ad un gruppo, detta politica tiene conto anche delle circostanze, di cui
l'impresa è o dovrebbe essere a conoscenza, che potrebbero causare un conflitto di interesse
risultante dalla struttura e dalle attività degli altri membri del gruppo.
2. La politica sui conflitti di interesse messa in atto conformemente al paragrafo 1:
a) deve consentire di individuare, in riferimento agli specifici servizi e attività di investimento e ai
servizi accessori prestati o esercitati per conto dell'impresa di investimento, le circostanze che
generano o potrebbero generare un conflitto di interesse che possa ledere gli interessi di uno o più
clienti;
Individuazione – in base ai diversi servizi di investimento – dei possibili conflitti di interessi.
b) deve definire le procedure da seguire e le misure da adottare per prevenire o gestire tali conflitti.
O si prevengono o si gestiscono.
3. Le procedure e le misure di cui al paragrafo 2, lettera b), sono volte a garantire che i soggetti
rilevanti impegnati in varie attività professionali che implicano un conflitto di interesse del tipo
specificato al paragrafo 2, lettera a), svolgano dette attività con un grado di indipendenza adeguato
alle dimensioni e alle attività dell'impresa di investimento e del gruppo cui essa appartiene e al
rischio che siano lesi gli interessi dei clienti.
Indipendenza degli operatori: la scarsa indipendenza genera conflitti di interessi.
Ai fini del paragrafo 2, lettera b), tra le procedure da seguire e le misure da adottare rientrano come
minimo le voci del seguente elenco che sono necessarie perché l'impresa garantisca il grado di
indipendenza richiesto:
a) procedure efficaci per impedire o per controllare lo scambio di informazioni tra i soggetti
rilevanti impegnati in attività che comportano un rischio di conflitto di interesse, quando lo scambio
di tali informazioni può ledere gli interessi di uno o più clienti;
Lo scambio di informazioni apre il discorso delle informazioni privilegiate, gli abusi di mercato,
insider trading.
Lo scambio di informazioni che poi può diventare conflitto di interesse a danno del cliente, ci si
riferisce a informazioni di mercato che possono circolare tra l’intermediario e altri soggetti rilevanti.
Questo può portare – oltre al danno del cliente – a turbative del mercato.
b) la vigilanza separata sui soggetti rilevanti le cui principali funzioni implicano l'esercizio di
attività per conto di clienti o la prestazione di servizi a clienti con interessi in potenziale conflitto, o
che rappresentano in altro modo interessi diversi in potenziale conflitto, ivi compresi quelli
dell'impresa;
Soggetti rilevanti: soggetti che operano all’interno dell’intermediario e sono in contatto con i clienti.
Tutte le situazioni possibili di conflitto del soggetto che opera e anche rispetto agli interessi
dell’impresa.
c) l'eliminazione di ogni legame diretto tra la retribuzione dei soggetti rilevanti che esercitano
prevalentemente un'attività e la retribuzione di, o i redditi generati da, altri soggetti rilevanti che
esercitano prevalentemente un'altra attività, nel caso in cui possa sorgere un conflitto di interesse in
relazione a dette attività;
Questa norma elenca una serie di processi e situazioni che devono essere curati all’interno degli
intermediari per la prima fase (prevenzione della gestione di conflitti di interessi).
Art 35. REGISTRO DEI SERVIZI O DELLE ATTIVITÀ CHE DANNO ORIGINE A
CONFLITTI DI INTERESSE PREGIUDIZIEVOLI.
Quando l’intermediario proprio non riesce a prevenire o gestire il conflitto di interessi lo comunica
al cliente, lasciando al cliente la scelta.
Tutta questa è una disciplina nell’interesse del cliente: se il cliente è messo a conoscenza del
conflitto di interessi sceglie se precedere quel rapporto.
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Il Regolamento 565/2017 prevede norme specifiche per i conflitti di interessi a seconda dei vari
servizi.
Gli Artt da 36 a 43 hanno indicazioni specifiche sulla materia dei conflitti di interessi a seconda
delle varie attività che possono svolgere gli intermediari.
Articolo 36. Ricerca in materia di investimenti e comunicazioni di marketing.
Articolo 37. Requisiti organizzativi supplementari in relazione alla ricerca in materia di
investimenti e alle comunicazioni di marketing.
Articolo 38. Requisiti generali supplementari in relazione all'assunzione a fermo o al
collocamento.
Articolo 39. Requisiti supplementari in relazione alla determinazione del prezzo delle offerte
relativamente all'emissione di strumenti finanziari.
Articolo 40. Requisiti supplementari in relazione al collocamento.
Articolo 41. Requisiti supplementari in relazione a consulenza, distribuzione e collocamento di
strumenti propri.
Articolo 42. Requisiti supplementari in relazione al prestito o alla fornitura di credito nel
contesto dell'assunzione a fermo o del collocamento.
Articolo 43. Tenuta di registrazioni in relazione all'assunzione a fermo o al collocamento.
Regola di adeguatezza.
La regola di adeguatezza risale al 1991.
In pratica è una tutela specifica per l’investitore del momento del contatto con l’intermediario.
La regola di adeguatezza è limitata al servizio di gestione dei portafogli e alla consulenza.
Che cosa è la regola di adeguatezza?
Si deve fare il modo che il servizio fornito dall’intermediario sia il più possibile adeguato a quel
cliente.
La regola di adeguatezza è nell’articolo 40 del Regolamento Intermediari ma è anche ulteriormente
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specificato nell’articolo 54 del Regolamento 565/2017.
Quali sono le informazioni che l’intermediario deve acquisire per poter valutare adeguato
quell’investimento per il cliente?
L’intermediario fa una profilazione del cliente per stabilire se l’investimento è adeguato.
Le indicazioni del Regolamento Intermediari e del Regolamento 565/2017 prevedono una serie di
informazioni che l’intermediario deve acquisire dall’investitore o potenziale investitore per
verificare alcuni aspetti:
- Che l’investimento corrisponda effettivamente agli interessi del cliente e alla tolleranza del
rischio del cliente.
Adeguato al livello di rischio che il cliente può e vuole sopportare.
Quindi che l’investimento sia di natura tale che il cliente possa sopportarne i rischi: per esempio
valutare qual è il suo reddito, le sue attività se ha altri investimenti, se ha altri investimenti dello
stesso tipo.
Sono tutte circostanze oggetto di domande che l’intermediario fa all’investitore in un modulo che
serve a tracciare il profilo dell’investitore.
- Un’altra cosa molto importante è che l’investimento sia di natura tale che l’investitore possa
comprenderne i rischi in base alla sua esperienza.
Se l’investitore non fornisce queste informazioni o fornisce informazioni chiaramente false allora
l’intermediario non può precedere con la prestazione del servizio di investimento.
L’inverosimiglianza deve basarsi sulla percezione che può avere l’intermediario, non c’è una
certezza.
Il problema interpretativo, il dubbio qual è?
Che cosa deve fare l’intermediario quando si trova di fronte a risposte non palesemente
inverosimili, ma verosimili e su cui potrebbe anche avere un dubbio?
In realtà in questo caso l’intermediario può procedere.
Perchè?
Perchè questa è una disciplina dettata a tutela del cliente e se il cliente rifiuta di farsi tutelare è un
problema suo.
Il profilo dell’investitore va sempre aggiornato periodicamente, non solo nella fase iniziale:
cambiano i patrimoni, le esperienze, ecc.
Regola di appropriatezza.
(Flusso informativo da investitore a intermediario).
La regola di appropriatezza è una regola che vale per i servizi diversi dalla consulenza e gestione
dei portafogli.
È caratterizzata dal fatto di essere più sfumata rispetto alla regola di adeguatezza.
In questo caso l’intermediario deve solo verificare la conoscenza dell’investitore rispetto ai rischi
che quel determinato servizio può comportare.
Qui non si guarda né alla sua capacità finanziaria e né ai suoi obiettivi di investimento: l’unica cosa
da verificare è la conoscenza che l’investitore perchè sia in grado di conoscere i rischi che gli
vengono esposti nel materiale informativo.
In questo caso vengono meno le regole di adeguatezza e appropriatezza perchè non si vuole
appesantire l’attività degli intermediari quando l’ordine viene dal cliente e ha in oggetto strumenti
non complessi e quindi non c’è bisogno di imporre all’intermediario l’obbligo di andare a
controllare.
Best execution.
La regola che impone all’intermediario di ricercare la migliore sede di esecuzione degli ordini degli
investitori da eseguire per ottenere le migliori condizioni possibili.
È un principio che risale addirittura alla legge del ’91, il problema è che quella stessa legge faceva
vale il principio di concentrazione degli scambi sui mercati regolamentati (cercava di concentrare
gli scambi di operazioni sui mercati regolamentati) e quindi sminuiva un po’ l’idea della best
execution che presuppone più mercati su cui operare.
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Il quadro è cambiato con la direttiva MiFID I che ha eliminato la regola di concentrazione degli
scambi e ha riscritto quella della best execution innanzitutto tenendo conto della presenza di vari
mercati su cui operare.
Soprattutto la best execution è diventata una procedura preventiva: una strategia che l’intermediario
deve elaborare preventivamente per definire quali sono le opzioni di esecuzione degli ordini sui vari
marcati.
Quindi la best execution è entrata tra gli standard organizzativi che gli intermediario devono darsi.
Questa impostazione della regola è immutata anche se la MiFID II ha riprodotto delle regole che
impongono esecuzione di certe operazioni su mercati determinati (obbligo di eseguire le operazioni
solo su determinati mercati).
Attualmente la normativa di riferimento è contenuta sia nel Regolamento 565/2017 sia nel
Regolamento Intermediari.
La regola di best execution cessa di applicarsi quando la sede di esecuzione è indicata dallo stesso
cliente: in questo caso la strategia non ha più senso, è il cliente stesso che fa la sua scelta.
Anche se oggi è attenuata, questa regola resta un profilo fondamentale degli intermediari.
Quando si parla di “migliore esecuzione” non è mai quella in assoluto, non esiste una scelta
assoluta: è la migliore esecuzione secondo la strategia che l’intermediario soggettivamente ha
predisposto.
È chiaro che se la strategia si attiene alle indicazioni dei regolamenti, finiranno un po’ per
assomigliarsi: se si tine conto delle caratteristiche del cliente, dell’ordine del cliente, degli strumenti
finanziari oggetto dell’ordine da eseguire e delle sedi di esecuzione.
Questa regola è stata ribadita anche nella MiFID II e la disciplina di riferimento è nel Regolamento
Intermediari artt 52-53
TITOLO V INCENTIVI
Capo I Incentivi
Art. 52 PRINCIPI GENERALI
La regola sarebbe divieto di incentivi salvo eccezioni: l’intermediario non può pagare o ricevere
incentivi a soggetti diversi dal cliente e che quindi non dipendono dal cliente: non devono subire
influenze.
Gli intermediari non possono, in relazione alla prestazione di un servizio di investimento o
accessorio, pagare o percepire compensi o commissioni oppure fornire o ricevere benefici non
monetari a o da qualsiasi soggetto diverso dal cliente o da una persona che agisca per conto di
questi, a meno che i pagamenti o i benefici:
a) abbiano lo scopo di accrescere la qualità del servizio fornito al cliente; e
b) non pregiudichino l’adempimento dell’obbligo di agire in modo onesto, equo e professionale nel
migliore interesse del cliente.
Le eccezioni previste dagli artt 52-53 si basano sulla disclosure (comunicazione) al cliente della
presenza di un incentivo e del fatto che però questo incentivo può anche migliorare la posizione del
cliente stesso: si evita così di creare un conflitto di interesse.
Vi è conflitto di interesse quando il vantaggio dell’intermediario è in corrispondenza dello
svantaggio del cliente; quando vi è un vantaggio per entrambi non c’è conflitto di interesse.
Quando fu introdotta la disciplina degli incentivi risultò un po’ spiazzante per gli operatori.
In realtà sia per il discorso delle retrocessioni commissionali che ricevono non dal cliente ma da
terzi, sia per quanto riguarda le commissioni di collocamento che venivano concordate con gli
emittenti per le operazioni di collocamento.
Quindi furono avanzati anche dei dubbi sulla legittimità di questa disciplina, dubbi che però
devono cedere il passo al fatto che è una disciplina di trasparenza e di tutela dell’investitore e
quindi giustificata.
La “product governance”.
Profilo recente, introdotto dalla MiFID II.
Governo dei prodotti: è tutta una disciplina che serve ad ovviare l’evidente problema di far
arrivare agli investitori prodotti non adeguati.
Tutela degli investitori: far sì che l’investitore non investa in strumenti non adeguati e adatti per la
59
sua posizione e target, da qui passano tutte le regole di condotta.
Tutto quello che c’era prima non era sufficiente.
È una serie di regole finalizzate ad imporre agli operatori un assetto organizzativo e regole di
comportamento in relazione alla creazione all’offerta e alla distribuzione degli strumenti
finanziari.
In pratica sin dal momento in cui gli strumenti/prodotti vengono creati e poi passano attraverso
vari intermediari, questi strumenti/prodotti devo essere perfettamente identificati sia della loro
caratteristiche che del loro target di riferimento in modo da controllare la catena di distribuzione e
quindi da fare in modo che determinati prodotti non arrivino a determinati investitori o che almeno
ci arrivino con una serie di cautele.
È una specie di tracciabilità del prodotto.
In pratica questa normativa prevede di approvazione per ogni specifico strumento finanziario che
sarà creato e poi immesso nella distribuzione nel mercato.
Nei contratti degli intermediari non è mai consentito il rinvio ai usi: deve essere sempre tutto
trasparente e determinato.
Se si viola questo precetto il contratto resta valido ma il cliente non deve pagare nulla, come
sanzione per non aver determinato i compensi nel contratto.
L’art 23 TUF è collocato in una norma a parte pur essendo in realtà una norma di comportamento.
Il TUF non esaurisce tutto.
L’attuale disciplina dei Regolamenti ha avuto degli aggiustamenti dal Regolamento 565/2017 che
punta sostanzialmente sulla trasparenza piena dei rapporti contrattuali e in qualche modo delinea il
contenuto essenziale del contratto.
Tutto questo si è tradotto poi nella disciplina del Regolamento Intermediari.
Capo II Contratti
Art 37. CONTRATTI
3. Il contratto con i clienti al dettaglio:
a) specifica i servizi forniti e le loro caratteristiche, indicando il contenuto delle prestazioni dovute e
delle tipologie di strumenti finanziari e di operazioni interessate;
b) stabilisce il periodo di efficacia e le modalità di rinnovo del contratto, nonché le modalità da
adottare per le modificazioni del contratto stesso;
c) indica le modalità attraverso cui il cliente può impartire ordini e istruzioni;
d) prevede la frequenza, il tipo e i contenuti della documentazione da fornire al cliente a rendiconto
dell'attività svolta;
Il rendiconto ha tutta un’altra disciplina ma le modalità devono essere indicate nel contratto.
e) indica i corrispettivi spettanti all’intermediario o i criteri oggettivi per la loro determinazione,
specificando le relative modalità di percezione e, ove non diversamente comunicati, gli incentivi
ricevuti in conformità al Titolo V;
f) indica se e con quali modalità e contenuti in connessione con il servizio di investimento può
essere prestata la consulenza in materia di investimenti;
g) indica le altre condizioni contrattuali convenute con l'investitore per la prestazione del servizio;
h) indica le procedure di risoluzione stragiudiziale di controversie, definite ai sensi dell’articolo 32-
ter del Testo Unico.
Sono aspetti minimi di ciò che sicuramente il contratto non può non avere.
La norma specifica (art 38 TUF) è per il contratto di gestione portafogli perchè sul servizio di
gestione ci sono esigenze particolari: perchè è un servizio personalizzato basato sulla linea di
investimento del patrimonio del cliente (scelta dal cliente stesso).
Tornando all’art 23: quando iniziarono a diffondersi negli anni ’80-’90 i primi derivati si ampliò la
platea dei soggetti che investivano sui derivati e qualcuno instaurò delle controversie giudiziarie
contro gli intermediari sollevando l’eccezione dell’art 1933 cc che è l’eccezione di gioco
scommessa.
Utilizzando quella norma sostenevano che in realtà non ci fosse l’obbligo di adempimento perchè il
derivato è praticamente una scommessa.
I tribunali rigettarono questa idea della scommessa, ma è stata inserita una previsione specifica nel
5°comma dell’art 23 che dice espressamente che l’eccezione dell’art 1933 cc non può mai essere
applicata, e in particolare per i derivati.
C’è un’assoluta mobilità tra queste categorie: anche se un soggetto appartiene a una determinata
categoria può chiedere di essere classificato in una categoria diversa, sia in senso ascendente che
discendente.
Una controparte qualificata può chiedere di essere qualificata anche come investitore al dettaglio su
una determinata operazione, strumento o investimento ricevendo tutta la tutela del caso.
Viceversa anche un investitore al dettaglio può chiedere di essere qualificato come investitore
professionale.
Il problema nasce dal fatto che la disciplina oggi così dettagliata in passato non lo era per cui gli
intermediari costringevano le società clienti a fare determinati investimento non adeguati come
condizione per concedere finanziamenti e costringendoli al tempo stesso a inviare di loro pugno una
comunicazione in cui si dichiaravano investitori professionali.
Quando poi i risultati degli investimenti si rivelavano disastrosi (non perchè lo fossero già in
partenza, spesso erano derivati di copertura) sulla base della vecchia disciplina non c’è stato nulla
da fare perchè di loro pugno si erano qualificati come investitori professionali.
All’epoca non c’era tutta la disciplina dell’appropriatezza, adeguatezza e tutte le norme che si sono
adesso.
Da qui nasce la problematica dell’esatta qualificazione del cliente.
Essere classificati in una o in un’altra categoria significa disattivare una serie di regole di
comportamento imposte agli intermediari.
La separazione patrimoniale.
Non vale per le banche perchè in caso di depositi di denaro la proprietà del denaro passa in capo
alle banche e ha sempre la possibilità di restituire l’equivalente al cliente.
La separazione patrimoniale degli intermediari significa che l’intermediario deve tenere i proprio
patrimonio separato dai patrimonio dei clienti che gli vengono affidati, e inoltre deve attuare una
separazione tra i conti dei clienti.
Devono essere nettamente separati i vari patrimoni attraverso scritture contabili.
65
Perchè il principio di separazione patrimoniale – che è un principio generale del nostro ordinamento
– è un po’ il discorso dell’autonomia patrimoniale delle società.
Per il principio di separazione patrimoniale c’è un’intangibilità reciproca di quei patrimoni: i
creditori dell’intermediario - per il principio di separazione patrimoniale – non possono aggredire i
patrimoni dei clienti tenuti dall’intermediario; dall’altra parte i creditori dei clienti possono
aggredire il patrimonio individuale del cliente tenuto dall’intermediario, ma non possono aggredire i
patrimoni degli altri clienti né quello dell’intermediario.
Altra ipotesi strana è che si trova la separazione del patrimonio dell’intermediario e una confusione
nei patrimoni dei clienti.
In questo caso bisognerebbe solo liquidare quello che c’è in proporzione.
La verità è che in questi casi sia i creditori dell’intermediario, sia i clienti si troveranno a concorrere
congiuntamente su tutto quello che c’è come patrimonio per soddisfare i creditori: perchè in questi
casi il principio di separazione patrimoniale non viene rispettato.
Se l’intermediario in una controversia (per esempio con il cliente che chiede il risarcimento del
danno) non prova di aver agito con diligenza professionale di un operatore qualificato, è chiaro che
sarà tenuto a risarcire il danno causato agli investitori.
Per quanto riguarda la validità dei contratti dell’intermediario in caso di violazione delle regole di
condotta, quale è la conseguenza sui contratti?
Qui c’è stata un po’ di questione perchè quando scoppiarono gli scandali (bond argentini, Cirio,
Parmalat) che diedero vita a cause in tutti i tribunali, la soluzione dei tribunali fu di dichiarare questi
contratti nulli per contrarietà a norme imperative.
Come se le regole di condotta fossero norme imperative e quindi violarle significava la nullità di
quei contratti.
Era un escamotage: così si poteva evitare la qualificazione del danno.
Successivamente la Cassazione arrivò a dire che non è violazione di norma imperativa perchè la
norma imperativa per essere tale deve tutelare un interesse generale e non specifico dell’investitore.
In realtà quei contratti avevano alla base la violazione delle regole di condotta, però quella degli
intermediari era solo una responsabilità contrattuale o precontrattuale e quindi c’era l’obbligo di
quantificare e risarcire il danno.
Nel 2010 vennero modificate dal Decreto Legislativo ulteriormente perfezionato nel 2013 che ha
reso obbligatorio per l’investitore il ricorso non al tribunale ma direttamente alla conciliazione che è
divenuta condizione di procedibilità dell’azione giudiziale per i contratti bancari, assicurativi e
finanziari.
Condizione di procedibilità significa che se non si tenta prima la conciliazione non si può andare
davanti ad un giudice.
Quindi è una sorta di passaggio obbligato.
Oggi la materia è stata unificata perchè c’è l’esempio di quello che è avvenuto nel settore bancario:
c’è l’ABF (Arbitro Bancario e Finanziario).
È stato creato l’ACF (Arbitro delle Controversie Finanziarie).
Sono 2 organismi separati e c’è una procedura praticamente unica introdotta nel 2017.
A questo sistema devono aderire obbligatoriamente tutti gli intermediari, non possono non aderire al
sistema di arbitrato.
(Sia gli intermediari comunitari che extracomunitari).
Gli intermediari comunitari – per il principio dell’unitarietà della disciplina – possono aderire ad un
sistema italiano (se operano in Italia) per integrare il sistema che già hanno.
Se gli intermediari non aderiscono ad un sistema di arbitrato ci sono delle sanzioni.
Come funziona?
L’iniziativa è assunta dall’investitore: nell’arbitrato si risolve la controversia.
CAPITOLO8
SERVIZI DI INVESTIMENTO: LE SPECIFICITA’ DEI SINGOLI SERVIZI.
OFFERTA FUORI SEDE E TECNICHE DI COMUNICAZIONE A DISTANZA.
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Oltre ai caratteri generali che presiedono allo svolgimento di tutti i servizi di investimento, ed alle
regole caratterizzanti, sussistono varie disposizioni specificamente riferibili allo svolgimento dei singoli
servizi ed attività di investimento.
Le regole applicabili alla prestazione di servizi di investimento risultano dunque d’accumulo, ed
all’intrecciarsi, delle regole generali e caratterizzanti con le regole specifiche.
La negoziazione per conto proprio e l’esecuzione di ordini per conto dei clienti.
REGOLAMENTO 565/2017
SEZIONE 6 Gestione degli ordini dei clienti.
Art. 67 PRINCIPI GENERALI.
1. Le imprese di investimento adempiono alle seguenti condizioni quando eseguono gli ordini dei
clienti:
a) assicurano che gli ordini eseguiti per conto dei clienti siano registrati ed assegnati prontamente ed
accuratamente;
Immediata assegnazione e registrazione dell’ordine.
b) eseguono gli ordini dei clienti per il resto comparabili in successione e con prontezza, a meno che
le caratteristiche dell'ordine o le condizioni di mercato prevalenti lo rendano impossibile o gli
interessi dei clienti richiedano di procedere diversamente;
c) informano il cliente al dettaglio circa le eventuali difficoltà rilevanti che possono influire sulla
corretta esecuzione degli ordini non appena ne vengono a conoscenza.
Sono tutte enunciazione di principio: la legge non può capire o prevedere quello che succederà nel
caso concreto.
Dà indicazioni su come normalmente l’intermediario dovrebbe muoversi per gestire gli ordini, salvo
eccezioni.
In sintesi questa norma è una regola di condotta: dà criteri di diligenza, di autoregolamentazione
comportamentale dell’intermediario; è anche qualcosa di relativo al conflitto di interesse visto che
l’attività degli intermediari è fatta di tanti ordini eseguiti per conto dei clienti.
Alcune regole specifiche qui sono dettate anche dall’art. 51 del Regolamento Intermediari: va più
nello specifico.
TITOLO IV GESTIONE DEGLI ORDINI DEI CLIENTI
Art. 51 PRINCIPI GENERALI.
1. Gli intermediari che trattano ordini per conto dei clienti applicano misure che assicurino una
trattazione rapida, corretta ed efficiente di tali ordini rispetto ad altri ordini di clienti e agli interessi
di negoziazione dello stesso intermediario.
Punta non solo sulla diligenza e quindi sul darsi delle procedure di corretta esecuzione degli ordini,
ma anche sulla questione del possibile conflitto di interessi tra clienti e rispetto allo stesso
intermediario.
Ai fini del comma 1 gli intermediari trattano gli ordini equivalenti dei clienti in funzione del
momento della loro ricezione: a parità di posizioni si tratta prima l’ordine arrivato prima, si va in
ordine temporale.
3. In caso di ordini di clienti con limite di prezzo, in relazione ad azioni ammesse alla negoziazione
in un mercato regolamentato o negoziate in una sede di negoziazione, che non siano eseguiti
immediatamente alle condizioni prevalenti del mercato, gli intermediari autorizzati all’esecuzione
degli ordini per conto dei clienti adottano misure volte a facilitare l'esecuzione più rapida possibile
di tali ordini pubblicandoli immediatamente in un modo facilmente accessibile agli altri partecipanti
al mercato, a meno che il cliente fornisca esplicitamente istruzioni diverse. A tal fine gli
intermediari possono trasmettere gli ordini del cliente con limite di prezzo a una sede di
negoziazione. L’obbligo di pubblicazione non si applica in caso di ordini con limite di prezzo
riguardanti un volume elevato se raffrontato alle dimensioni normali del mercato, come determinato
ai sensi dell’articolo 4 del regolamento (UE) n. 600/2014.
69
Limite di prezzo: se il cliente ha fissato un prezzo per l’esecuzione dell’ordine.
Qui si pone il problema di rendere compatibile l’interesse del cliente con la situazione di prezzo
richiesta.
Ovviamente alla fine dice che se ci sono istruzioni specifiche impartite dal cliente, quelle
prevalgono nella scelta del momento di immissione dell’ordine dell’intermediario; ma altrimenti il
criterio da seguire è eseguire l’ordine il prima possibile trasmettendolo a un mercato regolamentato
o comunque a una sede di negoziazioni.
La stessa disciplina fa poi riferimento a un profilo diverso: al fatto che l’intermediario non deve fare
mai un uso scorretto delle informazioni che riceve dal cliente.
Tutto il discorso dell’utilizzo delle informazioni da parte degli intermediari si vuole fare riferimento
al fenomeno di front running: si tratta di ricevere l’ordine basato su un’informazione relativa a quel
determinato prodotto e utilizzare quell’informazione per piazzare l’ordine per altri clienti o per se
stesso, cioè anticipare con ordini non nell’interesse del cliente che ha dato l’informazione ma
nell’interesse proprio o di altri clienti.
Perchè adottare questa tecnica?
Perchè in questo modo si evita la modifica del prezzo del titolo: se il titolo ha un determinato valore
e si va a immettere l’ordine del cliente, il prezzo si modifica.
Chiaramente se non si esegue quell’ordine ma si opera su quel titolo nell’interesse personale
dell’intermediario o di altri clienti prima, evito che si abbia la modifica del titolo.
L’internalizzatore sistematico.
È un’attività più che una norma.
L’internalizzatore sistematico è un negoziatore: una figura introdotta dalla MiFID I.
L’internalizzatore sistematico è un’impresa di investimento che negozia per conto proprio
eseguendo gli ordini del cliente al di fuori di un mercato regolamentato e un sistema multilaterale di
negoziazione.
Perchè si abbia internalizzazione sistematica ci devono essere delle condizioni:
1. Si deve essere autorizzati dalla Consob.
2. Si deve svolgere questa attività in modo organizzato (protocolli di funzionamento).
3. L’internalizzatore sistematico deve essere regolarmente accessibile dagli utenti.
Deve essere un’impresa stabile.
Bisogna dare trasparenza a questa attività: autorizzati dalla Consob e date informazioni sull’inizio
dell’attività, indicando quali sono gli strumenti finanziari che vengono trattati su questo particolare
tipo di mercato.
A questo punto non si può parlare di servizio, né di un vero e proprio intermediario: operano gli
intermediari ma quando svolgono questa funzione sono paragonabili ai mercati.
Questo diventa un luogo di negoziazione.
Il servizio di collocamento.
Il servizio di collocamento normalmente è connesso a un’offerta al pubblico di prodotti finanziari:
emissione di strumenti finanziari in massa, intermediari collocatori.
Questa operazione ha delle regole e cautele per la tutela degli investitori che poi devono
sottoscrivere quei titoli.
Sottoscrivere: si tratta generalmente di mercato primario. Titoli di nuova emissione che gli
investitori sottoscrivono.
In questa operazione di offerta al pubblico di prodotti finanziari si inserisce il servizio di
collocamento: l’intermediario collocatore in questa operazione fa collocamento e dev’essere
abilitato a questo servizio.
Non ci sono tantissime regole comportamentali per il servizio di collocamento, chiaramente si
rispettano tutte le regole di condotta generali.
Solo recentemente sono state introdotte con la MiFID II alcune regole che riguardano le
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assegnazioni degli strumenti finanziari al termine del collocamento.
Quando abbiamo parlato di conflitto di interessi abbiamo detto che il Regolamento 565/2017 ha
dettato alcune regole specifiche sui conflitto di interesse in relazione a determinate attività e servizi.
Regolamento 565/2017
Art 38. REQUISITI GENERALI SUPPLEMENTARI IN RELAZIONE ALL'ASSUNZIONE
A FERMO O AL COLLOCAMENTO.
Supplementari: qualcosa in più a quelli generali.
1. Prima di accettare un mandato per la gestione dell'offerta le imprese di investimento che
forniscono consulenza sulla strategia finanziaria aziendale e prestano il servizio di assunzione a
fermo o collocamento di strumenti finanziari adottano disposizioni per informare il cliente emittente
di quanto segue:
Questo è il rapporto con l’emittente: prima c’è il rapporto con l’emittente e si assume l’incarico di
intermediario collocatore; e poi ci sarà il collocamento e quindi il rapporto con l’investitore.
a) le varie opzioni di finanziamento disponibili presso l'impresa e un'indicazione dell'importo delle
commissioni applicate per le operazioni associate a ciascuna opzione;
b) la tempistica e il processo relativi alla consulenza finanziaria aziendale in riferimento alla
determinazione del prezzo dell'offerta;
c) la tempistica e il processo relativi alla consulenza finanziaria aziendale in riferimento al
collocamento dell'offerta;
d) dati dettagliati sugli investitori individuati ai quali l'impresa intende offrire gli strumenti
finanziari;
Quale è il target di riferimento per quel collocamento.
e) i titoli professionali e i reparti di appartenenza dei singoli soggetti rilevanti coinvolti nella
prestazione di consulenza finanziaria aziendale sul prezzo e l'assegnazione di strumenti finanziari;
f) le disposizioni adottate dall'impresa per prevenire o gestire i conflitti di interesse che possono
sorgere qualora l'impresa collochi gli strumenti finanziari in questione presso i suoi clienti
investitori o nel proprio book.
Una serie di indicazioni che deve dare l’intermediario all’emittente nell’ambito del collocamento.
Art 40. REQUISITI SUPPLEMENTARI IN RELAZIONE AL COLLOCAMENTO.
1. Le imprese di investimento che collocano strumenti finanziari istituiscono, applicano e
mantengono disposizioni efficaci per evitare che le raccomandazioni sul collocamento siano
influenzate in maniera inappropriata dai rapporti presenti o futuri.
2. Le imprese di investimento istituiscono, applicano e mantengono disposizioni interne efficaci atte
a prevenire o gestire i conflitti di interesse che insorgono laddove persone responsabili della
prestazione di servizi ai clienti investitori dell'impresa siano coinvolte direttamente in decisioni
riguardanti le raccomandazioni sull'assegnazione rivolte al cliente emittente.
Disposizioni interne: organizzazione interna.
3. Le imprese di investimento non accettano pagamenti o benefici da terzi tranne nel caso in cui tali
pagamenti o benefici rispondano ai requisiti relativi agli incentivi stabiliti nell'articolo 24 della
direttiva 2014/65/UE. In particolare, le pratiche di seguito descritte sono considerate non
rispondenti a tali requisiti e pertanto non accettabili.
Indica pratiche irregolari: non rispondenti a tali requisiti.
Descrive una serie di ipotesi.
4. Le imprese di investimento istituiscono, attuano e mantengono una politica di gestione delle
assegnazioni che definisce il processo di elaborazione delle raccomandazioni sulle assegnazioni. La
politica di gestione delle assegnazioni è fornita al cliente emittente prima di accettare di prestare
qualsiasi servizio di collocamento. La politica contiene le informazioni disponibili allo stato sulla
metodologia di assegnazione proposta per l'emissione.
Il cliente può fornire istruzioni all’intermediario, istruzioni che sono vincolanti: l’intermediario non
può difformarsi da queste istruzioni.
Poi c’è la regola che soprattutto per gli strumenti partecipativi delle società quotate che sono tenuti
dall’intermediario che gestisce il portafoglio del cliente, il cliente può rilasciare di volta in volta e
per iscritto una delega a rappresentarlo in sede assembleare (diritto di voto).
Con l’attuale disciplina c’è una differenziazione tra consulenza dipendente e consulenza
indipendente: è sempre una questione di interesse e di incentivi.
L’intermediario deve chiaramente informare il cliente della caratteristica della consulenza.
La nuova disciplina introdotta dalla MiFID II è stata inserita da questo punto di vista
nell’art 24 bis TUF. CONSULENZA IN MATERIA DI INVESTIMENTI.
1. In caso di esercizio della consulenza in materia di investimenti, il cliente è informato, in tempo
utile prima della prestazione del servizio, anche di quanto segue:
a) se la consulenza è fornita su base indipendente o meno;
b) se la consulenza è basata su un’analisi del mercato ampia o più ristretta delle varie tipologie di
strumenti finanziari, e in particolare se la gamma è limitata agli strumenti finanziari emessi o forniti
da entità che hanno con il prestatore del servizio stretti legami o altro stretto rapporto legale o
73
economico, come un rapporto contrattuale talmente stretto da comportare il rischio di
compromettere l’indipendenza della consulenza prestata;
L’intermediario deve chiarire se c’è o meno conflitto di interesse.
c) se verrà fornita ai clienti la valutazione periodica dell’adeguatezza degli strumenti finanziari
raccomandati.
2. Nella prestazione del servizio di consulenza in materia di investimenti su base indipendente, si
applicano le seguenti regole:
a) è valutata una congrua gamma di strumenti finanziari disponibili sul mercato, che siano
sufficientemente diversificati in termini di tipologia ed emittenti o fornitori di prodotti in modo da
garantire che gli obiettivi di investimento del cliente siano opportunamente soddisfatti e non siano
limitati agli strumenti finanziari emessi o forniti:
i) dal prestatore del servizio o da entità che hanno con esso stretti legami, o
ii) da altre entità che hanno con il prestatore del servizio stretti legami o rapporti legali o economici,
come un rapporto contrattuale talmente stretto da comportare il rischio di compromettere
l’indipendenza della consulenza prestata;
b) non sono accettati e trattenuti onorari, commissioni o altri benefici monetari o non monetari
pagati o forniti da terzi o da una persona che agisce per conto di terzi, ad eccezione dei benefici non
monetari di entità minima che possono migliorare la qualità del servizio offerto ai clienti e che, per
la loro portata e natura, non possono essere considerati tali da pregiudicare il rispetto del dovere di
agire nel migliore interesse dei clienti. Tali benefici non monetari di entità minima sono
chiaramente comunicati ai clienti.
Incentivi.
Tutta questa norma indica tutto ciò che può compromettere la trasparenza o il comportamento
neutro dell’intermediario.
La norma accenna il fatto che gli intermediari operano su strumenti equivalenti: su tipologie di
strumenti tra loro analoghi e alcuni sono a volte propri dell’intermediario, in altri casi
l’intermediario fa da distributore alla clientela di prodotti provenienti da altri soggetti
Anche in questo si può creare una sorta di conflitto di interessi dell’intermediario: consigliare
prodotti propri o di terzi che comunque tratta e distribuisce e sono equivalenti.
Nel momento del contatto con l’investitore o potenziale investitore si devono rispettare tutte le
regole di condotta dell’intermediario.
Tra l’altro l’articolo 30 non era strutturato esattamente così, lasciava fuori il servizio di
negoziazione per conto proprio.
Intervenne una sentenza della Cassazione nel 2013 ha indurre la modifica dell’art 30 includendo
anche la negoziazione per conto proprio nell’ambito della logica del diritto di recesso nell’offerta
fuori sede.
Per i consulenti finanziari ci sono regole ancora più specifiche nel Regolamento Intermediari.
Art 150. PROVA VALUTATIVA DEDICATA ALLE PERSONE FISICHE ISCRITTE NEL
REGISTRO UNICO DEGLI INTERMEDIARI ASSICURATIVI E RIASSICURATIVI.
1. In coerenza con il quadro normativo europeo e nazionale di riferimento, l’Organismo definisce
con propria delibera il contenuto della prova valutativa che le persone fisiche iscritte nel RUI,
Sezione A, devono sostenere per ottenere, in presenza dei requisiti di onorabilità e professionalità
previsti dall’articolo 148, comma 1, lettere a) e b), l’iscrizione nella sezione dell’albo relativa ai
consulenti finanziari abilitati all’offerta fuori sede.
La prova valutativa deve consentire di verificare l’effettivo possesso da parte dei candidati delle
conoscenze e delle competenze necessarie per lo svolgimento della relativa attività.
Art. 151. ISCRIZIONE ALL’ALBO.
1. Previo accertamento del possesso da parte del richiedente di tutti i requisiti prescritti,
l’Organismo procede all’iscrizione nella relativa sezione dell’albo, con l’indicazione degli elementi
di cui all’articolo 146, commi 2 o 3. 93 Regolamento intermediari Adottato con delibera n. 20307
del 15.2.2018
2. Il provvedimento di conclusione del procedimento di iscrizione all’albo è adottato e comunicato
entro il termine e con le modalità stabilite dall’Organismo con proprio regolamento e comunque
non oltre sei mesi dalla presentazione della domanda completa.
3. La domanda, presentata con le modalità stabilite dall’Organismo, prende data dal giorno della
presentazione ovvero, in caso di sua incompletezza e irregolarità, da quello del completamento o
della regolarizzazione.
4. Il procedimento di iscrizione può essere sospeso dall’Organismo, per il tempo necessario allo
svolgimento degli accertamenti disposti nei confronti del soggetto interessato. L’Organismo
comunica all’interessato l’inizio e il termine della sospensione.
Art 152. CANCELLAZIONE DALL’ALBO.
1. L’Organismo procede alla cancellazione degli iscritti dalla relativa sezione dell’albo in caso di:
a) domanda dell’interessato;
b) iscrizione all’albo ottenuta presentando false dichiarazioni o con qualsiasi altro mezzo irregolare;
c) mancato esercizio dell’attività, da parte della società di consulenza finanziaria, entro dodici mesi
dall’iscrizione o cessazione della stessa per più di sei mesi;
d) perdita di uno dei requisiti per l’iscrizione all’albo richiamati dall’articolo 148, ad eccezione del
requisito di indipendenza;
e) mancato pagamento del contributo dovuto all’Organismo;
f) decesso;
g) adozione del provvedimento di radiazione dall’albo.
PARTE IV ATTIVITÀ DEI CONSULENTI FINANZIARI ABILITATI ALL’OFFERTA
FUORI SEDE
Art 155. AMBITO DI ATTIVITÀ.
Alcune norme che riguardano l’attività dei consulenti finanziari e l’attività dell’offerta fuori sede.
1. I consulenti finanziari abilitati all’offerta fuori sede svolgono i compiti e assolvono gli obblighi
loro demandati ai sensi delle disposizioni disciplinanti l’attività dei soggetti abilitati, sulla base e nei
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limiti dell’incarico loro conferito.
Non vanno fuori ai limiti dell’incarico.
Art 156. MODALITÀ DI AGGIORNAMENTO PROFESSIONALE.
Art 157. INCOMPATIBILITÀ.
Chi non può svolgere l’attività di consulente finanziario perchè incompatibile.
Art 158. REGOLE GENERALI DI COMPORTAMENTO.
Per esempio comportarsi con diligenza, correttezza e trasparenza; mantenere la riservatezza
sull’informazione dei clienti.
Art 159. REGOLE DI PRESENTAZIONE E COMPORTAMENTO NEI CONFRONTI DEI
CLIENTI O DEI POTENZIALI CLIENTI.
Il modo in cui bisogna comportarsi quando si incontra il cliente.
Art 160. CONSERVAZIONE DELLA DOCUMENTAZIONE.
Obbligo della conservazione dei documenti.
Da parte dell’intermediario e da parte del consulente per i rapporti con i suoi clienti.
C’è una Direttiva Comunitaria del 2005 che riguarda questa materia che abbiamo recepito ed
incorporato nel Codice del Consumo.
Ci sono delle regole sulle informazioni precontrattuali che devono essere fornite nella
comunicazione a distanza; sul diritto di recesso; divieto di fornitura di servizi o di prestazioni non
richieste se comportano un pagamento immediato o differito; la mancata risposta dell’investitore
non significa consenso; sanzioni previste nel caso in cui venga violata questa disciplina.
Anche quando vengono offerti questi prodotti devono essere rispettate tutte le regole di condotta
degli intermediari.
L’unico problema che rimane è che sono mondi diversi, rimangono problemi di coordinamento di il
Codice delle Assicurazioni che ha delle regole un po’ diverse e sopposte a una Vigilanza diversa:
IVASS (Autorità di vigilanza sulle assicurazioni).
Si è voluto fare in modo che – perchè questi tipi di prodotti comunque finiscono agli investitori –
potessero essere assoggettati alle regole di condotta degli intermediari quando vengono forniti agli
investitori.
CAPITOLO 9
LA GESTIONE COLLETTIVA DEL RISPARMIO.
79
Disciplina della gestione del risparmio: i fondi.
I fondi sono stati introdotti nel nostro ordinamento nel 1983.
In pratica un modo per evitare quello che era successo negli anni precedenti, cioè che i risparmiatori
investissero in iniziative molto rischiose e poco controllate: quindi per canalizzare il risparmio
verso forme di investimento più sicure e controllate.
Per questo nel 1983 fu introdotta la disciplina dei primi fondi di investimento (quelli basilari) che da
quel momento in poi abbiamo chiamato fondi aperti.
Questa disciplina si è poi evoluta negli anni successivi.
Nel 1993 furono introdotti i fondi chiusi.
Nel 1994 furono introdotte le SICAV (Società di Investimento A Capitale Variabile).
Poi più recentemente sono stata introdotte anche le SICAF (Società di Investimento A Capitale
Fisso).
In realtà però già era intervenuta la disciplina comunitaria perchè nel 1985 fu emanata la Direttiva
UCITS che aveva definito i fondi aperti armonizzati.
Fondi aperti armonizzati: l’equivalente dei fondi di investimento aperti armonizzati in un disciplina
comunitaria unica.
Almeno dal punto di vista della classificazione e dello schema dei fondi per molti anni non ci sono
state molte modifiche.
Tutto è radicalmente mutato con la Direttiva AIFMD 2011 (Alternative Investment Funds Managers
Directive) recepita tra il 2014 e 2015 in Italia.
Era la direttiva su fondi alternativi (FIA).
In realtà ha catalogato i gestori, non i fondi: i soggetti che gestiscono i fondi, non i fondi.
Per questo il quadro è molto articolato e confuso.
L’unica cosa sicura è che anche se virtualmente c’è la competenza del Ministero dell’Economia e
delle Finanze per l’individuazione delle caratteristiche dei fondi, in realtà la disciplina dei fondi
ormai è sulla basata sull’ordinamento comunitario.
Oggi non si chiamano più fondi, ma OICR (Organismi di Investimento Collettivo del Risparmio).
Praticamente oggi si distinguono tra
OICR armonizzati
Legati dalla Direttiva UCITS del 1985 e successive modifiche della direttiva.
Altri OICR
Regolati dalla Direttiva AIFMD del 2011.
5. I vari organismi di investimento si distinguono tra di loro anche per le diverse libertà di
investimento.
La legge definisce in cosa il fondo può investire: per il livello di rischio e di liquidità.
Ci sono fondi – come quelli aperti – che proprio perchè danno ampia libertà di disinvestimento
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devono mantenere maggiore liquidità nell’ipotesi di un disinvestimento di massa.
Il livello di liquidabilità richiesto dai fondi è diverso a seconda delle tipologie del fondo.
6. Differenze basate sui livelli di accesso che variano per la tipologia del fondo e per certe
limitazioni.
OICR contrattuali.
Innanzitutto bisogna vedere il rapporto tra investitore e gestore del fondo.
Non è un rapporto di mandato perchè
L’investitore non ha i poteri di un mandante
La SGR non è un mandatario dell’investitore.
Agisce in autonomia nell’interesse dell’investitore come fa qualunque mandatario ma segue la
politica predeterminata in autonomia rispetto all’investitore.
Lo stesso art 1 dà l’indicazione sulla natura dei fondi:
Il fondo non è di proprietà della SGR che gestisce diversi fondi.
Il fondo non è una comproprietà dell’investitore.
Non hanno le caratteristiche della comproprietà:
- Gli investitori non possono godere del patrimonio delle SGR,
- Non possono provocare la divisione del fondo,
- Possono solo ottenere la liquidazione della propria quota quando disinvestono, in base alle
regole del fondo.
I fondi sono un patrimonio autonomo dal patrimonio della SGR e dagli altri fondi che la SGR
gestisce.
Questo ha conseguenze in termini di rapporti con i terzi (principio della separazione
patrimoniale):
- I creditori della SGR non possono soddisfarsi sul patrimonio del fondo, ma solo sul
patrimonio della SGR.
- I creditori dei singolo investitori non possono soddisfarsi sul patrimonio del fondo, ma solo
sulla quota investita dal loro debitore.
Il legislatore disciplina la natura del fondo e questa sua autonomia nell’art 36 TUF.
Capo II OICR ITALIANI.
Sezione I FONDI COMUNI DI INVESTIMENTO.
Art. 36 FONDI COMUNI DI INVESTIMENTO.
1. Il fondo comune di investimento è gestito dalla società di gestione del risparmio che lo ha
istituito o dalla società di gestione subentrata nella gestione, in conformità alla legge e al
regolamento.
2. Il rapporto di partecipazione al fondo comune di investimento è disciplinato dal regolamento del
fondo.
3. La Sgr che ha istituito il fondo o la società di gestione che è subentrata nella gestione agiscono in
modo indipendente e nell’interesse dei partecipanti al fondo, assumendo verso questi ultimi gli
obblighi e le responsabilità del mandatario.
Ma non è un mandato: solo dal punto di vista degli obblighi.
Altrimenti l’investitore sarebbe un mandante e potrebbe dire cosa fare e cosa non fare.
4. Ciascun fondo comune di investimento, o ciascun comparto di uno stesso fondo, costituisce
patrimonio autonomo, distinto a tutti gli effetti dal patrimonio della società di gestione del risparmio
e da quello di ciascun partecipante, nonché da ogni altro patrimonio gestito dalla medesima società;
delle obbligazioni contratte per conto del fondo, la Sgr risponde esclusivamente con il patrimonio
del fondo medesimo.
Su tale patrimonio non sono ammesse azioni dei creditori della società di gestione del risparmio o
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nell'interesse della stessa, né quelle dei creditori del depositario o del sub depositario o nell'interesse
degli stessi. Le azioni dei creditori dei singoli investitori sono ammesse soltanto sulle quote di
partecipazione dei medesimi.
La società di gestione del risparmio non può in alcun caso utilizzare, nell'interesse proprio o di terzi,
i beni di pertinenza dei fondi gestiti.
Per quanto riguarda la vigilanza sulla gestione collettiva del risparmio la presenza della Banca
d’Italia è maggiore.
Opera maggiormente la Banca d’Italia che informa la Consob di tutte le vicende che riguardano le
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SGR e l’albo delle SGR.
Depositario.
Disciplinato dall’art 47 del TUF INCARICO DI DEPOSITARIO
1. Per ciascun Oicr il gestore conferisce l’incarico di depositario a un unico soggetto, cui sono
affidati i beni dell’Oicr secondo quanto previsto nel presente capo.
2. L’incarico di depositario può essere assunto da banche italiane, succursali italiane di banche UE e
di banche di paesi terzi, Sim e succursali italiane di imprese di investimento UE e di imprese di
paesi terzi diverse dalle banche.
3. La Banca d’Italia autorizza l’esercizio delle funzioni di depositario e disciplina, sentita la
Consob, le condizioni per l’assunzione dell’incarico.
Svolge una funzione di depositario del patrimonio liquido del fondo.
(Denaro o strumenti finanziari).
Le funzioni del depositario sono indicate dall’art 48 del TUF COMPITI DEL DEPOSITARIO
1. Il depositario agisce in modo indipendente e nell'interesse dei partecipanti all’Oicr. Esso adotta
ogni misura idonea a prevenire potenziali conflitti di interesse tra l’esercizio delle funzioni di
depositario e le altre attività svolte.
Il principio è che il depositario dev’essere autonomo dalla SGR avendo in custodia il patrimonio del
fondo.
Essendo una banca o una SIM può avere conflitto di interesse con le altre attività che svolge.
2. Il depositario adempie agli obblighi di custodia degli strumenti finanziari ad esso affidati e alla
verifica della proprietà nonché alla tenuta delle registrazioni degli altri beni. Se non sono affidate a
soggetti diversi, detiene altresì le disponibilità liquide degli Oicr.
Il denaro no perchè è bene fungibile per eccellenza.
3. Il depositario, nell'esercizio delle proprie funzioni:
a) accerta la legittimità delle operazioni di vendita, emissione, riacquisto, rimborso e annullamento
delle quote del fondo, nonché la destinazione dei redditi dell’Oicr;
Gestisce tutta la contabilità, anche dal punto di vista delle entrate e uscite degli investitori del fondo.
Lo fa la SGR ma anche il depositario.
Poi ci sono delle registrazioni informatiche di come si modifica il patrimonio del fondo, anche dal
punto di vista dei redditi.
b) accerta la correttezza del calcolo del valore delle parti dell’Oicr;
c) accerta che nelle operazioni relative all’Oicr la controprestazione sia rimessa nei termini d'uso;
I movimenti patrimoniali avvengono nei termini di mercato previsti.
d) esegue le istruzioni del gestore se non sono contrarie alla legge, al regolamento o alle
prescrizioni degli organi di vigilanza;
Il depositario deve seguire quello che gli indica la SGR ma non può mai agire contro la legge, il
regolamento o la Banca d’Italia.
e) monitora i flussi di liquidità dell’Oicr, nel caso in cui la liquidità non sia affidata al medesimo.
Il depositario ha una funzione collaterale a tutta la vicenda del fondo ma è una funzione
fondamentale in quanto è anche funzione di garanzia nei confronti degli investitori.
Il depositario ha anche la possibilità di denuncia all’autorità di vigilanza di tutte le anomalie.
Il controllo amministrativo della Banca d’Italia non è solo al momento della creazione del fondo ma
ovviamente anche per tutte le successive modifiche del regolamento.
Tutto questo discorso non vale per i FIA Riservati agli investitori professionali che non hanno
bisogno di tutta quest’attività di controllo perchè questa è a tutela degli investitori al dettaglio.
L’unico dubbio è se l’investitore di per sé sia titolare di un normale diritto di credito o sia titolare di
strumenti finanziari.
Proprio per il fatto che il certificato materialmente non viene emesso.
È importante perchè dal punto di vista del creditore dell’investitore bisogna capire se deve fare un
pignoramento su crediti o su titoli di credito.
- Se l’investitore è titolare di un diritto di credito rispetto alla quota che investito, il suo creditore
fa pignoramento su crediti.
- Se l’investitore è titolare di strumenti finanziari e quindi di un titolo di credito, il suo creditore
fa pignoramento su titoli di credito.
In realtà il certificato non viene emesso singolarmente, viene data solo la registrazione della quota
che l’investitore acquista nel fondo.
Di solito la vicenda dei fondi è abbastanza pacifica, queste sono delle eventualità.
Le operazioni sul fondo nella gestione con gli investitori si fanno in via informatica sulla base di un
certificato unico e poi si gestiscono le posizioni dei diversi investitori.
In pratica si assegna un codice identificativo all’investitore con tutta la documentazione
dell’investitore.
Categorie di fondi.
1. Fondi contrattuali.
Sono quelli basati sul rapporto contrattuale tra l’investitore e la SGR che istituisce il fondo o lo
gestisce.
2. OICVM (Organismi di Investimento Collettivo in Valori Mobiliari).
Categoria base che richiama i fondi del 1983, rivisti con la Disciplina UCITS 1985: i fondi di
investimento aperti.
Sono una forma base: sono i fondi in cui solitamente investono i piccoli risparmiatori, non
hanno e non devono avere particolari livelli di rischio.
Sono fondi aperti: consentono una rapidità di investimento e disinvestimento, la SGR con il
suo programma di funzionamento del fondo consente agli investitori di entrare ed uscire
dal fondo con scadenze abbastanza ravvicinate.
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Se si vuole disinvestire si va dal consulente finanziario che fa il disinvestimento ma non lo
mette in atto nel giorno stesso, si deve aspettare il momento di disinvestimento che però in
questo caso è rapida l’attesa.
La possibilità di un rapido disinvestimento si vede anche dalla struttura: questi fondi possono
investire in strumenti del mercato monetario, in valori mobiliari tradizionali (azioni,
obbligazioni) e comunque si deve trattare sempre di strumenti a elevata liquidità da cui si
può facilmente uscire, lo stesso fondo cui disinvestire.
Infatti gli OICVM italiani possono investire in strumenti derivati solo nel limite del 10% del
patrimonio, quindi un rischio estremamente contenuto per evitare un’esposizione di rischio
eccessiva.
È ulteriormente molto limitata la possibilità di investire in altri tipi di beni (metalli, pietre
preziose) e c’è il divieto di vendita allo scoperto.
Un’altra caratteristica importante è che questi fondi hanno l’obbligo di diversificare gli
investimenti: il limite che viene dato a questi fondi è di limitare la quantità di strumenti
dello stesso tipo per evitare che il fondo si leghi eccessivamente alle sorti di un
determinato titolo perchè anche questo è un rischio in quanto il titolo può crollare e il
fondo ne risentirebbe in misura eccessiva rispetto a quello che dovrebbe essere un normale
andamento.
Tutte queste limitazioni servono per garantire un livello di rischio contenuto e soprattutto per
garantire al fondo di essere facilmente liquidabile.
Perchè essendo fondi aperti e sussistendo la possibilità che ci sia un disinvestimento di massa,
la SGR deve essere pronta a far fronte dal punto di vista della liquidità alla richiesta di
disinvestimento da parte dei clienti.
Questi fondi dovrebbero essere l’oggetto principale dell’investimento del piccolo risparmio
perchè come piccolo investitore o si investe in azioni di un singolo emittente e quindi si
rischia tutto in un unico soggetto, oppure si diversificano gli investimenti se si gioca in
Borsa ma se la diversificazione la fa un operatore professionale è sicuramente meglio.
Perciò c’è ancora più attenzione dal punto di vista della responsabilità che le SGR devono
avere, perchè sono il preferibile destinatario del risparmio diffuso.
3. FIA (Fondi di Investimento Alternativi).
1. FIA aperti.
Sono anche questi fondi aperti ma non sono come gli OICVM: non seguono esattamente
quelle prescrizioni estremamente rigorose dal punto di vista della liquidabilità e del
rischio.
Innanzitutto hanno una frequenza temporale di investimento e disinvestimento superiore a
15 giorni, però se dovessero superare il tempo di 1 anno come finestra di investimento e
disinvestimento si devono trasformare in fondi chiusi.
2. FIA chiusi.
Sono fondi chiusi: vincolano l’investitore maggiormente perchè non danno la possibilità di
investimento e disinvestimento agevolato e quindi sono fondi riservati a investitori a
lungo termine e non dovrebbero essere piccoli risparmiatori.
Anche dal punto di vista dell’investimento del patrimonio le regole sono diverse: i fondi
chiusi possono investire più agevolmente in strumenti non quotati, in immobili, in crediti
(che sono a rischio nella loro realizzazione).
E possono farlo in misura pari ad almeno il 20% del loro patrimonio.
La raccolta del risparmio per questi fondi avviene con una procedura di
commercializzazione che ha una sua disciplina (artt 42-43-44 TUF).
Art. 42 COMMERCIALIZZAZIONE IN ITALIA DI QUOTE O DI AZIONI DI
OICVM UE.
Art. 43 COMMERCIALIZZAZIONE DI FIA RISERVATI.
1. La commercializzazione di FIA è l’offerta, anche indiretta, su iniziativa o per conto del
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gestore, delle quote o azioni del FIA gestito rivolta ad investitori residenti o aventi sede
legale nel territorio dell’UE.
Art. 44 COMMERCIALIZZAZIONE DI FIA NON RISERVATI.
È una disciplina che proceduralizza il modo in cui questi fondi e le loro quote o azioni
vengono collocati sul mercato.
Attraverso questa procedura si esegue la raccolta del risparmio da gestire.
Quello che è importante è che questa procedura – cioè la sottoscrizione delle quote o delle
azioni del fondo - si deve completare in 24 mesi dall’avvio della procedura.
3. FIA immobiliari.
Sono fondi chiusi specializzati nel campo degli immobili.
2
I del patrimonio dev’essere rappresentato da immobili.
3
In realtà nella pratica i FIA immobiliari sono creati dalle stesse società immobiliari,
soprattutto dalle grandi imprese di costruzioni che hanno patrimoni immobiliari che non
riescono a collocare sul mercato e li fanno acquistare dal fondo.
Proprio perchè sono gli stessi soggetti che detengono il patrimonio a creare il fondo
immobiliare c’è un conflitto di interesse notevole, infatti ci sono delle regole molto
specifiche: per poter acquisire questi immobili nel patrimonio di questi fondi è
necessario che ci sia una relazione di stima del valore degli immobili di non oltre 30
giorni prima dell’acquisto e una valutazione dell’intermediario per accertare che
quell’acquisto immobiliare che il fondo fa sia compatibile e abbia la redditività adeguata
per il fondo.
Insomma garantirsi e garantire al mercato e agli investitori che quegli immobili che il fondo
acquista abbiano un valore corrispondente a quello dichiarato e abbiano una redditività
che giustifica l’acquisizione di quel patrimonio immobiliare rispetto alle politiche di
investimento del fondo e alle aspettative del fondo.
Ci sono poi regole più specifiche: per esempio il fatto che chi conferisce nel fondo deve
essere vincolato per un certo periodo di tempo per evitare conflitto di interessi.
Comunque è importante sapere che è fondamentale per i fondi immobiliari la stima e la
valutazione di compatibilità con le politiche del fondo.
Non vanno confusi i FIA immobiliari con le SIIQ (Società di Investimento Immobiliare
Quotata) create nel 2007 e sono proprio società quotate che investono in immobili e
infatti il meccanismo è sempre lo stesso: società create da chi ha patrimoni immobiliari.
Questi soggetti che hanno un patrimonio immobiliare in pancia e lo sistemano in FIA
immobiliari o in SIIQ creano un problema: con la complicità della banche molto spesso
le valutazioni di questi immobili sono falsate.
Queste SIIQ hanno dei requisiti oggetti e soggetti.
Requisito oggettivo: investono in immobili da dare in locazione perchè la loro redditività
dev’essere data dalla locazione degli immobili.
Ma ci sono dei vincoli: il valore del patrimonio immobiliare dev’essere pari almeno all’80%
dell’attivo della società e i ricavi derivanti dalla locazione di questi immobili dev’essere
pari all’80% dei ricavi complessivi della società.
Praticamente c’è un vincolo molto forte: deve fare solo questo, deve avere un patrimonio
che sia quasi tutto di immobili e una redditività data quasi totalmente dalla locazione
degli immobili.
Se non si rispettano questi standard quantitativi per 2 esercizi consecutivi si perde il
regime fiscale agevolato.
4. FIA italiani riservati.
I FIA riservati sono destinati agli investitori professionali.
Teoricamente possono partecipare investitori non professionali.
Per entrare in questi fondi ci sono quote elevatissime: almeno €500.000.
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Sono quindi fondi con un target molto limitato e con caratteristiche di alta speculazione.
Essendo destinati agli investitori professionali non devono osservare tutta una serie di
regole.
Non sono soggetti all’approvazione del Regolamento da parte della Banca d’Italia perchè la
sottoposizione del Regolamento alla Banca d’Italia è fatta per garantire gli investitori.
Qui sono investitori professionali, è una vicenda tra investitori professionali e quindi non c’è
bisogno di questa approvazione.
Non c’è l’obbligo di rispettare una disciplina di contenimento del rischio, sostanzialmente
sono fondi speculativi.
In ogni caso il fondo deve avere un suo programma, deve indicare gli obiettivi, qual è il
profilo di rischio, quali sono le politiche e le tecniche di gestione, eventualmente un
limite massimo di leva finanziaria, i limiti di investimento.
4. OICR garantiti.
Introdotti nel 2003.
In realtà non è una vera e propria categoria dal punto di vista strutturale: non è un fondo che ha
un’ulteriore struttura particolare.
Ha una caratteristica particolare: OICR garantiti significa che viene garantito all’investitore
almeno la restituzione del capitale investito.
La garanzia è a monte: viene fatta per la SGR da banche o da SIM o da assicurazioni.
La garanzia non la può prestare la SGR all’investitore: se la procura la SGR da un altro
soggetto.
5. OICR di credito (o fondi di direct lending).
È una categoria abbastanza recente introdotta nel 2016 e infatti molto limitata nella pratica.
Fondamentalmente sono fondi che investono in crediti.
Chiaramente è un investimento più rischioso.
In realtà non investono solo in crediti, investono il loro patrimonio anche erogando crediti
all’impresa.
Fanno quindi anche erogazione di crediti a soggetti diversi dai consumatori.
Sono erogazioni di credito analoghe a quelle che farebbero le banche.
Sono fondi chiusi.
La loro durata è quella dei crediti che hanno in portafoglio.
Poi ci sono altri tipi di fondi che non si caratterizzano per avere una struttura particolare, dal punto
di vista della struttura sono questi visti all’inizio con caratteristiche di investimento e regole
specifiche.
Queste altre categorie di fondi si caratterizzano per il settore in cui operano, la direzione di mercato
in cui operano, l’oggetto del fondo, la politica del fondo.
Nel 2013 era stata formulata una proposta al Parlamento Europeo di regolamentazione dei fondi
europei di investimento a lungo termine che si chiamano ELTIF (European Long Term Investment
Fund).
Questi fondi erano destinati all’impresa produttiva: destinati a finanziare a lungo termine le imprese
produttive per accompagnare lo sviluppo di queste imprese.
Questi fondi sono stati introdotti con un Regolamento nel 2015 recepito in Italia nel 2017.
2. Fondi societari.
Sono delle vere e proprie società ma al tempo stesso sono fondi.
Il fatto che si è al tempo stesso soci e investitori in un fondo (perchè la società poi investe quel
patrimonio sul mercato) porta un’altra conseguenza: come socio l’investitore vota e quindi
l’assemblea dei soci quando vota può dettare la politica di gestione, cosa che normalmente negli
OICR non avviene perchè l’investitore non può dire alla SGR cosa fare.
Mentre invece quando si tratta di OICR in generale si parla di gestione in monte: in autonomia dal
cliente con una politica di gestione.
1. SICAV e SICAF.
- Caratteristiche comuni.
Sono Società per Azioni.
Queste società fanno solo fondi e sono esse stesse un fondo, non fanno come le SGR che
società che gestiscono patrimoni autonomi che sono i fondi, gestione di portafoglio,
consulenza, recezione e trasmissione degli ordini.
Queste società proprio perchè sono fondi raccolgono il risparmio che devono investire
proprio attraverso le azioni di emettono.
Si è al tempo stesso investitori e soci.
Possono delegare la gestione del patrimonio ad una SGR o ad una diversa società ma deve
avere delle caratteristiche particolari.
SEZIONE II. SICAV e SICAF IN GESTIONE ESTERNA.
Art 38 TUF. SICAV E SICAF CHE DESIGNANO UN GESTORE ESTERNO.
1. La Banca d'Italia, sentita la Consob, autorizza la costituzione di Sicav e di Sicaf che
designano per la gestione del proprio patrimonio un gestore esterno quando ricorrono le
seguenti condizioni:
a) è adottata la forma di società per azioni nel rispetto delle disposizioni del presente capo;
b) la sede legale e la direzione generale della società sono situate nel territorio della
Repubblica;
c) il capitale sociale è di ammontare non inferiore a quello determinato in via generale dalla
Banca d'Italia;
d) i soggetti che svolgono funzioni di amministrazione, direzione e controllo siano idonei
secondo quanto previsto dall'articolo 13
e) i titolari delle partecipazioni indicate all'articolo 15, comma 1, posseggono i requisiti di
onorabilità e soddisfano i criteri stabiliti ai sensi dell'articolo 14 e non ricorrono le
condizioni per l’adozione del divieto previsto dall'articolo 15, comma
La disciplina e le regole sono le stesse delle SIM: le caratteristiche strutturali di garanzia
valgono un po’ per tutti anche se poi si differenziano per qualcosa.
Ovviamente se le SICAF o le SICAV affidano la gestione del patrimonio ad una SGR il
problema non si pone perchè la SGR è già un soggetto autorizzato; il problema si pone
se vogliono designare una società che non è SGR che allora deve avere queste
caratteristiche.
1. SICAV.
Introdotte nel 1984.
È una società di investimento a capitale variabile.
Capitale variabile significa che è un fondo aperto ed essere un fondo aperto incide sulla
variabilità del capitale perchè c’è facilità di investimento e disinvestimento.
Siccome il patrimonio della società coincide con il suo capitale, investendo e disinvestono
gli investitori c’è una continua variabilità del capitale.
Questo motivo non si applicano le norme sul capitale: c’è il capitale fisso per Società per
Azioni.
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Le SICAV sono un’eccezione perchè per essere un fondo aperto – quindi soggetto a costante
variazione del suo patrimonio e capitale che coincidono – non si applicano le norme sul
capitale.
Le azioni possono essere nominative o al portatore a scelta del sottoscrittore che è al tempo
stesso investitore e socio.
Se le azioni sono al portatore teoricamente inciderebbe sulla legge di circolazione,
c’è una regola particolare: l’investitore-socio di quelle azione ha un solo voto
qualunque sia la sua partecipazione.
Se le azioni sono nominative si ripristina il principio maggioritario.
2. SICAF.
Hanno gli stessi meccanismi delle SICAV.
La caratteristica è che il capitale è fisso, come nelle normali Società per Azioni.
Allora se il capitale è fisso è un fondo chiuso perchè non c’è quella rapidità di investimento
e disinvestimento.
Regole di condotta.
Anche questa è un’attività di investimento e quindi c’è la necessità di tutelare gli investitori e
l’integrità dei mercati.
TUF
Sezione III DISPOSIZIONI COMUNI E DEROGHE.
Art. 35-decies REGOLE DI COMPORTAMENTO E DIRITTO DI VOTO.
1. Nello svolgimento del servizio di gestione collettiva del risparmio, i gestori:
a) operano con diligenza, correttezza e trasparenza nell’interesse dei partecipanti agli OICR e
dell’integrità dei mercati;
b) assicurano che l’attività di gestione sia svolta in modo indipendente, in conformità degli obiettivi,
della politica di investimento e dei rischi specifici dell’OICR, come indicati nella documentazione
d’offerta ovvero, in mancanza, nel regolamento di gestione o nello statuto dell’OICR;
c) acquisiscono una conoscenza e una comprensione adeguata delle condizioni di liquidabilità degli
strumenti finanziari, dei beni e degli altri valori in cui è possibile investire il patrimonio gestito,
anche sulla base di sistemi di valutazione corretti, trasparenti e adeguati;
d) assicurano parità di trattamento a tutti gli investitori di uno stesso OICR gestito e si astengono da
comportamenti che possano pregiudicare gli interessi di un OICR a vantaggio di un altro OICR o di
un cliente.
REGOLAMENTO INTERMEDIARI.
PARTE II TRASPARENZA E CORRETTEZZA NELLA PRESTAZIONE DEL SERVIZIO
DI GESTIONE COLLETTIVA DEL RISPARMIO.
TITOLO I PRESTAZIONE DEL SERVIZIO.
Art. 97 REGOLE GENERALI DI COMPORTAMENTO.
Art. 98 PRESTAZIONE DEL SERVIZIO DI GESTIONE COLLETTIVA DEL
RISPARMIO.
Poi c’è: la best execution, la trasmissione ordini per conto di OICR, la gestione degli ordini per
conto di OICR, disciplina degli incentivi, rendiconti ai clienti, le registrazioni e poi ci sono le norme
sulla commercializzazione, le norme di dettaglio sul modo di commercializzare le quote di OICR.
Le regole di condotte sono sempre analoghe pur avendo norme e fonti diverse.
Si richiamano ad un Regolamento del 2013 di fonte comunitaria.
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Art. 41-quater GEFIA non UE.
Sono tutte norme che richiamano i principi già visti in materia di operatività transfrontaliera: per gli
intermediari si parlava dei meccanismi di abilitazione all’operatività: la comunicazione tra le
Autorità di vigilanza, gli accordi bilaterali, ecc.
I principi alla base – come il mutuo riconoscimento – sono sempre gli stessi: si adattano i principi alla
regola specifica.
GEFIA: sono fondi di investimento più speculativi quindi c’è maggiore attenzione a chi
commercializza questi prodotti da parte del legislatore.
CAPITOLO10
LA VIGILANZA PRUDENZIALE SUGLI INTERMEDIARI.
Vigilanza prudenziale: quella che fa la Banca d’Italia.
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Ferma restando quella ripartizione funzionale di competenze tra Banca d’Italia e Consob: sullo
stesso soggetto vigila Banca d’Italia su alcuni aspetti e Consob su altri.
In particolare però quando si parla di questa materia la competenza è della Banca d’Italia.
La norma base art.6 TUF attribuisce alla Banca d’Italia la vigilanza su adeguatezza patrimoniale,
contenimento del rischio e partecipazioni che gli intermediari possono detenere (anche questo è
rischio perchè ci si vincola a risultati di altri soggetti).
Quando si parla di patrimonio di vigilanza si parte dal capitale sociale (minimo), ma questa è solo
una delle componenti del patrimonio.
Sopra ci sono degli strati maggiori: c’è il patrimonio di primo livello che ha una serie di indicatori
patrimoniali; un patrimonio di secondo livello.
Nell’insieme questo forma il patrimonio di vigilanza e su questa consistenza patrimoniale la Banca
d’Italia valuta l’adeguatezza dell’intermediario.
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Importantissima è la disciplina del risk management: sul contenimento del rischio.
Anche su questo opera Banca d’Italia.
L’intermediario deve prestare attenzione al contenimento del rischio.
I rischi oggetto di valutazione sono diversificati:
Rischio posizione
Significa che si deve considerare il rischio collegato alla posizione assunta sul mercato.
È una valutazione legata a un fatto oggettivo e ad un’attività che l’intermediario sta svolgendo.
Rischio di cambio
Valutazione del rischio legato al cambio.
È un fatto oggettivo legato al mercato.
Rischio di regolamento
Il rischio sul grado di sicurezza che una determinata operazione verrà regolata.
Es. ipotesi che non vengono consegnati dei titoli, del denaro, della merce da parte della controparte.
Si valuta il comportamento, la solvibilità da parte di un altro soggetto.
Rischio di controparte
Valutazione del soggetto della controparte.
Rischio di credito
Si valutano i soggetti debitori, quindi l’affidabilità di un altro soggetto.
A fronte di questi rischi Banca d’Italia richiede una copertura patrimoniale di garanzia.
Il soggetto si deve coprire da questi rischi e può operare nei limiti della copertura che ha.
Per le SGR la disciplina è analoga ma con delle particolarità perchè le SGR fondamentalmente
gestiscono fondi.
Per le SGR la disciplina è meno analitica perchè fanno solo gestione di fondi.
Il capitale minimo è 1 milione di euro, può essere di €500.000 per le SGR che gestiscono FIA
riservati.
Oltre al capitale c’è il patrimonio di vigilanza che non può mai essere inferiore all’ammontare del
capitale minimo: almeno pari al capitale, si aggiunge al capitale.
La disciplina per le SGR si diversifica perchè gestiscono fondi di tipologie molto diverse tra loro e
con rischio diversi tra loro.
Es. se la SGR gestisce un fondo pensione con garanzia di restituzione del capitale la copertura
patrimoniale imposta alla SGR è l’ammontare delle risorse necessarie per restituire il capitale, è un
fondo garantito.
Per determinare i requisiti patrimoniali delle SGR si prende come parametro la massa gestita: si fa
riferimento alla somma delle attività degli OICR che la SGR ha in attività.
Attenzione: sappiamo che la SGR può gestire fondi che non ha istituito e dare in gestione fondi
propri all’esterno, allora si fa riferimento alla massa sotto il suo controllo e sotto la sua gestione.
Siccome gli OICR dovrebbero essere la destinazione preferita dei piccoli investitori le SGR hanno
un grado di responsabilità maggiore per gli effetti sociali che può avere questa attività di gestione.
Allora il legislatore comunitario si è occupato anche della responsabilità professionale delle SGR e
ha imposto alle SGR di dotarsi di una copertura assicurativa o in alternativa di creare un’apposita
voce di bilancio “riserva patrimoniale” per la responsabilità professionale.
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CAPITOLO11
PROVEDIMENTI INGIUNTIVI E CRISI DEGLI INTERMEDIARI.
Vanno tutti insieme perchè sono situazioni patologiche di gravità crescenti: man mano che aumenta
il livello di gravità della situazione si intensificano gli interventi, anche come forza degli interventi
delle autorità di vigilanza fino ad arrivare alle situazioni di crisi e di insolvenza e quindi poi alla
liquidazione coatta amministrativa che è una procedura concorsuale e si passa così al dissolvimento
dell’intermediario.
Non si deve intervenire in modo sproporzionato.
Questa materia si è arricchita nel corso degli anni: sono state sempre più diversificate le forme di
intervento delle Autorità di vigilanza prevedendo varie situazioni che si possono verificare
all’interno degli intermediari e facendo corrispondere a queste diverse situazioni diverse forme di
intervento dell’Autorità.
Art 7 TUF: ci riporta all’articolazione dei poteri delle Autorità di vigilanza, tra i quali ci sono i
poteri ingiuntivi.
Dall’art 7 ter a septies: sono diverse queste norme perchè diverse sono i soggetti cui l’intervento è
rivolto.
Art. 7-ter POTERI INGIUNTIVI NEI CONFRONTI DEGLI INTERMEDIARI NAZIONALI
E NON UE.
È una norma che si applica agli intermediari nazionali ed extracomunitari.
La norma ha 2 presupposti:
1. Violazione delle disposizioni di legge o regolamentare.
2. La tutela di interessi generali.
Le possibilità di intervento sono molto ampie: o si può far cessare il comportamento illegale o
addirittura si può vietare di intraprendere nuove operazioni (il che significa bloccare l’attività)
oppure limitarsi a singole attività e servizi di investimento o a singole succursali.
1. In caso di violazione da parte di Sim, di imprese di paesi terzi e di società di gestione del
risparmio, di Sicav, di Sicaf, di GEFIA non UE autorizzati in Italia e di banche autorizzate alla
prestazione di servizi e attività di investimento aventi sede in Italia di obblighi derivanti da
disposizioni dell’ordinamento italiano e dell’Unione europea loro applicabili nelle materie del
presente decreto, la Banca d’Italia o la Consob, nell’ambito delle rispettive competenze, possono
ordinare alle stesse, anche in via cautelare, la cessazione temporanea o permanente di tali
irregolarità.
Tutti i soggetti destinatari di questa norma nel momento in cui violano le disposizioni di legge
italiane o europee e tutte le norme loro applicabili, Banca d’Italia o Consob comunicano di cessare
quella violazione.
Banca d’Italia o Consob: doppia possibilità d’intervento nell’ambito delle rispettive competenze, in
base al criterio di ripartizione funzionale
Anche in via cautelare: subito, anche prima di aver fatto un’istruttoria sul caso.
2. L’autorità di vigilanza che procede, sentita l’altra autorità, vieta ai soggetti indicati nel comma 1
di intraprendere nuove operazioni, nonché imporre ogni altra limitazione riguardante singole
tipologie di operazioni, singoli servizi o attività, anche limitatamente a singole succursali o
dipendenze dell’intermediario, quando:
a) le violazioni commesse possono pregiudicare gli interessi inerenti agli obiettivi di carattere
generale elencati nell’articolo 5, comma 1;
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b) nei casi di urgenza per la tutela degli interessi degli investitori.
Tornano i 2 presupposti: violare la legge e mettere a rischio gli interessi generali.
Art. 7-quater POTERI INGIUNTIVI NEI CONFRONTI DI INTERMEDIARI UE.
Il discorso è diverso per gli intermediari comunitari perchè c’è il sistema comunitario.
Questo soggetti comunitari hanno comunque una dipendenza da un ordinamento di origine che è
quello del proprio paese, con un’Autorità di vigilanza del proprio paese.
In questa materia c’è il principio dell’home country control: controllo fatto dalle Autorità e
dall’ordinamento di appartenenza.
Questo principio però può valere fino ad un certo punto perchè poi se il soggetto estero opera in
Italia il rischio è che poi il danno lo fa al mercato italiano e agli investitori italiani.
Allora bisogna trovare un bilanciamento tra queste 2 situazioni che è dato dalla norma: è vero che
vale il principio dell’home country control ma nel momento in cui l’applicazione e il rispetto di
questo principio non fossero sufficienti interviene l’Italia.
1. In caso di violazione da parte di imprese di investimento UE con succursale in Italia, di società di
gestione UE, di GEFIA UE e non UE autorizzati in uno Stato dell’UE diverso dall’Italia, di banche
UE con succursale in Italia e di società finanziarie previste dall’articolo 18, comma 2, del T.U.
bancario, di obblighi derivanti da disposizioni dell’ordinamento italiano e dell’Unione europea loro
applicabili nelle materie del presente decreto, la Banca d’Italia o la Consob, nell’ambito delle
rispettive competenze, possono ordinare alle stesse di porre termine a tali irregolarità, dandone
comunicazione anche all’Autorità di vigilanza dello Stato membro in cui l’intermediario ha sede
legale per i provvedimenti eventualmente necessari.
Gli altri paesi comunque applicano le stesse norme.
L’intervento è minimo, fa solo cessare quel comportamento.
2. L’autorità di vigilanza che procede adotta i provvedimenti necessari, sentita l’altra autorità,
compresa l’imposizione del divieto di intraprendere nuove operazioni, nonché ogni altra limitazione
riguardante singole tipologie di operazioni, singoli servizi o attività anche limitatamente a singole
succursali o dipendenze dell’intermediario, ovvero ordinare la chiusura della succursale, quando:
a) mancano o risultano inadeguati i provvedimenti dell’autorità competente dello Stato in cui
l’intermediario ha sede legale;
b) risultano violazioni delle norme di comportamento;
c) le irregolarità commesse possono pregiudicare gli interessi inerenti agli obiettivi di carattere
generale elencati nell’articolo 5, comma 1;
d) nei casi di urgenza per la tutela degli interessi degli investitori.
Sono interventi più pesanti che bloccano l’attività dell’intermediario.
In pratica è un rimbalzo di competenze: se il soggetto opera in Italia se ne accorge l’Autorità
italiana, comunica di cessare il comportamento irregolare e lo comunica all’Autorità di
appartenenza che può adottare i provvedimenti.
Se questi provvedimenti non sono sufficienti c’è il blocco delle operazioni, dei singoli servizi, ecc.
In questo modo si cerca di rispettare il principio dell’home country control ma salvaguardando
l’interesse del paese in cui l’intermediario opera.
Questo vale in Italia e negli altri paesi.
Art. 7-quinquies POTERI INGIUNTIVI NEI CONFRONTI DEGLI OICVM UE, FIA UE E
NON UE CON QUOTE O AZIONI OFFERTE IN ITALIA.
1. Quando sussistono elementi che fanno presumere l’inosservanza da parte degli OICVM UE, dei
FIA UE e non UE di obblighi derivanti da disposizioni dell’ordinamento italiano e dell’Unione
europea loro applicabili nelle materie del presente decreto, la Banca d’Italia o la Consob,
nell’ambito delle rispettive competenze, possono sospendere in via cautelare, per un periodo non
superiore a sessanta giorni, l’offerta delle relative quote o azioni.
In caso di accertata violazione, le autorità di vigilanza, nell’ambito delle rispettive competenze,
possono sospendere temporaneamente ovvero vietare l’offerta delle quote o delle azioni degli Oicr.
2. Se vi è fondato sospetto che un OICVM UE, un FIA UE e non UE le cui quote o azioni sono
97
offerte in Italia, ovvero il gestore di tale Oicr, non ottemperi agli obblighi derivanti da disposizioni
dell’Unione europea per le quali sia competente lo Stato di origine dell’Oicr, la Banca d’Italia o la
Consob informano l’autorità competente di tale Stato affinché assuma i provvedimenti necessari.
Se, nonostante le misure adottate dall’autorità competente, l’Oicr, ovvero il suo gestore, persiste
nell’agire in modo tale da pregiudicare gli interessi degli investitori o il buon funzionamento dei
mercati, la Banca d’Italia o la Consob, dopo aver informato l’autorità dello Stato di origine,
adottano le misure necessarie per proteggere gli investitori o assicurare il buon funzionamento dei
mercati, ivi compreso il divieto di offerta delle quote o azioni dell’Oicr.
Riguarda i fondi.
Art. 7-sexies SOSPENSIONE DEGLI ORGANI AMMINISTRATIVI.
Nel diritto commerciale c’è la denuncia al tribunale (art.2409) ma non esiste l’ipotesi in cui
un’Autorità esterna interviene e sospende gli organi di amministrazione di una società.
1. Il Presidente della Consob dispone, in via d’urgenza, ove ricorrano situazioni di pericolo per i
clienti o per i mercati, la sospensione degli organi di amministrazione delle Sim e la nomina di un
commissario che ne assume la gestione quando risultino gravi irregolarità nell’amministrazione
ovvero gravi violazioni delle disposizioni legislative, amministrative o statutarie. Il provvedimento
assunto dal Presidente della Consob è sottoposto all’approvazione della Commissione.
Gli organi amministrativi non sono rimossi ma sospesi.
Competenza della Consob.
C’è un altro presupposto: pericolo per i clienti e per i mercati.
Il confine con quello visto finora è sottile: ci sono delle violazioni di legge ma questo tipo di
provvedimento scatta soprattutto per violazioni di gestione.
È una gestione irregolare delle SIM.
Il provvedimento del Presidente della Consob è poi approvato dalla Commissione della Consob
stessa.
Qui si apre una procedura di tipo diverso: subentra un commissario di nomina della Consob per un
periodo massimo di 60 che si sostituisce e assume la qualifica di pubblico ufficiale.
Il Presidente della Consob può dare indicazioni su come gestire la SIM.
Le azioni civili contro il Commissario per gli atti compiuti devono essere autorizzate dalla Consob.
Se questa situazione si verifica per SGR o per SICAV la competenza è del Governatore della Banca
d’Italia perchè la Banca d’Italia ha un maggiore controllo sul risparmio gestito.
È una forma ancora maggiore di intervento: si manda un Commissario il quale deve ridare legalità o
almeno regolarità alla gestione della SIM.
Art. 7-septies POTERI CAUTELARI APPLICABILI AI CONSULENTI FINANZIARI
AUTONOMI, ALLE SOCIETÀ DI CONSULENZA FINANZIARIA ED AI CONSULENTI
FINANZIARI ABILITATI ALL’OFFERTA FUORI SEDE.
Nel mercato finanziario non c’è questo sistema, non ci si affida al senso di responsabilità della SIM.
Se non interviene l’Autorità di vigilanza arriverebbero all’insolvenza, sono le Autorità che
intervengono.
Se saltano queste società saltano i soldi dei risparmiatori.
Qui c’è un problema interpretativo: problema di interferenza con l’art.2409 cc che è la denuncia al
tribunale.
Denuncia basata su presupposti analoghi, poi il tribunale fa l’ispezione, nomina i commissari, ecc.
Il problema è l’interferenza perchè queste Società per Azioni quindi si dovrebbe applicare anche
l’art.2409.
Il problema è che l’art.2409 è espressamente escluso per le banche, ma non è escluso espressamente
dalla legge per gli altri intermediari.
Quindi si potrebbe avere interferenza tra art.56 TUF e art.2409 cc
Teoricamente si potrebbero attivare entrambe le procedure, non simultaneamente ma sono strumenti
teoricamente accessibili.
Il punto di contatto con il fallimento è il fatto che l’Autorità amministrativa (il Ministero) non può
dichiarare l’insolvenza, l’insolvenza la dichiarano solo i tribunali.
Art 5 della legge fallimentare: lo stato di insolvenza è incapacità di adempiere regolarmente alle
proprie obbligazioni, è il sintomo principale dell’insolvenza e presupposto oggettivo del fallimento.
Può succedere che ci sia in parallelo anche una dichiarazione di stato di insolvenza da parte del
Tribunale: si apre una liquidazione coatta amministrativa e al tempo stesso ci può essere un
Tribunale che dichiara lo stato di insolvenza, anche se poi non può aprire la procedura fallimentare
perchè quel soggetto deve entrare in liquidazione coatta amministrativa.
Banche e intermediari non possono essere soggetti al fallimento, devono essere assoggettati ad una
procedura specifica di liquidazione coatta amministrativa, che è simile al fallimento ma non è il
fallimento.
In realtà molto spesso viene sollecitata la dichiarazione dello stato di insolvenza per poter applicare
102
una serie di disposizioni penali del diritto fallimentare.
Ma sono 2 cose diverse: il presupposto della liquidazione coatta amministrativa è nuova situazione
eccezionalmente grave: irregolarità gestionale o decifit patrimoniale.
Dal punto di vista patrimoniale è insolvenza ma non può dichiararla l’Autorità amministrativa, deve
dichiararla il Tribunale.
Il primo sistema di indennizzo nasce con la legge 1 delle SIM del 1991, poi fu messo nell’art 59 del
TUF.
Stiamo parlando degli investitori che nella liquidazione coatta amministrativa non hanno ottenuto la
restituzione dei beni che avevano affidato agli intermediari o il pagamento degli eventuali crediti
che vantavano con l’intermediario.
Un altro sistema fu istituito dalla legge 262/2005 che era la legge sulla tutela del risparmio e
riguarda il risarcimento dei danni arrecati dagli intermediari.
In realtà tutto questo quadro è virtuale perchè il primo sistema è ancora in attesa dei regolamenti
attuativi e poi questi sistemi di indennizzo sono organismi di natura privatistica o personalità
giuridica ai quali devono aderire obbligatoriamente gli intermediari versando delle quote annuali o
eventualmente anche quote straordinarie.
Sono sistemi di indennizzo che si alimentano con le quote versate dagli intermediari: le quote
accrescono questo patrimonio destinato eventualmente all’indennizzo degli investitori.
Operano nel caso di procedure per gli investitori scritti a passivo.
Ma quali investitori?
Non tutti gli investitori possono beneficiare del sistema di indennizzo, sono esclusi:
- Gli investitori che si scopre abbiano fatto riciclaggio,
- Gli investitori che hanno contribuito al dissesto,
- Gli intermediari non possono partecipare,
- Enti sovrannazionali,
- Società del gruppo a cui appartiene l’intermediario in dissesto,
- Soci che abbiamo il 5% o più del capitale se hanno dei crediti
104
- Esponenti dell’intermediario.
E comunque c’è un massimo indennizzabile di €20.000
Il sistema della legge 262/2005 è un fondo di garanzia per gli investitori e i risparmiatori.
Ora è nell’art 32-ter del TUF.
Mentre il primo sistema opera in caso di liquidazione coatta amministrativa per gli investitori;
questo secondo sistema opera in un numero più ampio di situazioni.
È un fondo che opera per violazioni commesse dagli intermediari nella prestazione di servizi di
investimento o nella gestione del risparmio, infatti riguarda SIM e SGR.
Il fondo si alimenta con la metà degli importi delle sanzioni che vengono date agli intermediari ed è
un fondo gestito dalla Consob.
Non può operare nei confronti di investitori professionali.
Questo fondo serve per esonerare gli investitori dall’esigenza di dover accedere ai meccanismi di
risoluzione stragiudiziale della controversia (ACF: Arbitro per le controversie finanziarie) e
contenere più rapidamente il risarcimento del danno.
Chi aderisce a questo fondo di indennizzo?
Devono aderire obbligatoriamente:
- Gli intermediari nazionali,
- Gli intermediari extracomunitari
A meno che non dimostrino di aderire nel loro paese di origine a un sistema di indennizzo che abbia
caratteristiche analoghe a quello italiano.
Siccome il sistema è uguale in tutti i paesi, il discorso è diverso per gli intermediari comunitari
che hanno già un sistema di indennizzo analogo.
Il TUF stabilisce che gli intermediari comunitari possono aderire al sistema italiano e non devono,
avendo già il loro.
CAPITOLO12
GLI INTERMEDIARI NON BANCARI NON REGOLATI DAL TUF: FONDI PENSIONE,
SOGGETTI OPERANTI NEL SETTORE FINANZIARIO, SOCIETA’ DI
CARTOLARIZZAZIONE.
Gli intermediari non bancari sono una serie di soggetti o fattispecie caratterizzati dal fatto che non
rientrano nel circuito bancario e quindi di non essere legati a gruppo bancari.
La previdenza complementare.
Forme pensionistiche integrative.
Come nasce il fenomeno della previdenza complementare?
Sostanzialmente nasce dalla crisi del sistema pensionistico pubblico gestito dall’INPS:
prepensionamento, calo demografico, fallimento del sistema economico, sistema basato sul criterio
retributivo.
Nel 1996 c’è stata la Riforma del sistema - non andando a toccare i privilegi acquisiti – andando a
cambiare il criterio da retributivo a contributivo: pensione non più pagata in base all’ultima
retribuzione, ma in base alla contribuzione nel sistema.
Già dagli anni ’80 si era sviluppato il settore della previdenza complementare: forme integrative
della pensione che il lavoratore maturava presso l’INPS.
Negli anni’90, prima ancora della Riforma del sistema pensionistico, nel 1993 sono stati introdotti i
Fondi Pensione con una normativa che inizia a regolamentare queste forme di pensione integrativa.
Ma è solo un primo passo.
In realtà la vera disciplina e definizione di questo settore si ha con la legge 252/2005 che
riorganizza, individua e classifica tutte le figure di previdenza complementare.
Ci sono varie tipologie dei “fondi pensione”, con vari destinatari e varie modalità.
Però hanno delle caratteristiche comuni:
- I meccanismi con cui si contribuisce.
È un sistema contributivo: si contribuisce a incrementare nel corso degli anni della vita lavorativa
del soggetto la sua posizione di previdenza complementare.
- Lo strumento principale usato per questa forma di contribuzione è il TFR (è somma che il datore
di lavoro accumula e che è poi sostanzialmente la liquidazione data al lavoratore alla fine del
rapporto lavorativo).
Il TRF invece di restare lì ad accumularsi senza essere utilizzato, viene utilizzato come contributo
nel fondo pensione in modo che abbia una crescita e soprattutto che poi alla fine possa essere
erogata al lavoratore una rendita integrativa della pensione del sistema pubblico.
In questo modo gli si aumentano le possibilità economico.
106
Il TRF non è l’unica forma di contribuzione ai fondi pensione.
- Un’altra caratteristica che introduce la legge 252/2005 per alcune forme di fondi pensione sono
delle grosse agevolazioni fiscali a queste contribuzioni al fondo per incentivare il ricorso alla
previdenza complementare.
- Vengono uniformate le regole delle varie tipologie dei fondi pensione e tutto il sistema della
previdenza complementare viene assoggettato alla Vigilanza di un’Autorità unica che è la
COVIP.
La COVIP – come le altre Autorità di Vigilanza – svolge funzioni abbastanza simili: è divisa al suo
interno, emana dei Regolamenti in materia di previdenza complementare, rilascia l’Autorizzazione
per alcune forme di fondi pensione (fondi aperti, forme pensionistiche individuali), vigila su tutti i
gestori dei fondi pensione, controlla i bilanci dei fondi pensione.
Tutto questo nell’interesse degli aderenti.
Anche qui ci sono gli stessi obiettivi della Vigilanza sugli intermediari: garantire la legalità del sistema
e la tutela degli investitori (in questo caso dei lavoratori che aderiscono ai fondi pensione).
In alcuni casi - come per esempio per i fondi negoziali o eventualmente anche per i fondi aperti – la
base contributiva è costituita fondamentalmente dal TFR.
La scelta di contribuzione del TRF dev’essere fatta dal lavoratore entro 6 mesi dall’assunzione
presso il datore di lavoro; se il lavoratore non dà un’indicazione di scelta sulla destinazione del TFR
ad un determinato fondo, sarà il datore di lavoro a scegliere per lui una forma pensionistica
collettiva.
Non lo fa di sua iniziativa discrezionalmente, ci sono dei criteri di scelta indicati dalla normativa.
In ultima istanza il datore di lavoro può – mancando la scelta del lavoratore – destinare il TFR Ad
una gestione specifica fatta dall’INPS che si chiama FondInps ed è un fondo di ricezione dei TFR
specifico dell’Inps.
Il TFR però non è l’unica forma di contribuzione, perchè ci sono contribuiti del datore di lavoro e
contributi di somme ulteriori che per propria scelta lo stesso lavoratore può conferire nel fondo.
Chiaramente più si contribuisce, più sarà alta la pensione complementare.
107
In alcuni casi – per esempio nei casi di previdenza assicurativa e dei piani individuali di previdenza
– in realtà la contribuzione prescinde dallo stato di lavoratore, non è strettamente legata al fatto di
essere dei lavoratori: somiglia più ad una forma di investimento libero come quello che si fa negli
OICR; solo che il suo obiettivo è quello previdenziale.
È un investimento libero fatto nell’ottica di ottenere poi una rendita.
La misura dei contributi non è determinata: può essere libera o determinata da accordi collettivi.
Questi fondi negoziali avendo un bacino di utenza uniforme e orizzontale hanno generalmente dei
costi molto contenuti.
108
- Imprese di assicurazione
In ogni caso la selezione del soggetto che gestisce il fondo è fatta su indicazione della COVIP in
modo da garantire trasparenza.
Infine il fondo eroga le rendite ai lavoratori che hanno maturato la loro posizione previdenziale.
Queste rendite vengono erogate o in via diretta o tramite imprese assicurative.
Se aderisce un lavoratore che ha il TFR può trasferire il TFR (anche se è un lavoratore di categoria),
però in questo caso perde il risparmio fiscale.
Questi fondi aperti non sono pensati per i lavoratori dipendenti ai quali non converrebbero, ma sono
pensati per i liberi professionisti o altre forme di lavoratori.
Ai fondi aperti si applicano le regole viste per i fondi negoziali in tema di criteri, limiti di
investimento e banca depositaria.
Questi fondi aperti vengono offerti - a chi vuole aderire – da banche, SIM, SGR, assicurazioni.
Sono autorizzati e disciplinati dalla COVIP.
Questo meccanismo si mette in atto aderendo a dei contratti assicurativi, che hanno un loro
regolamento.
109
Come tutte le altre forme di fondi sono dei patrimoni autonomi e separati dall’impresa di
assicurazione che li crea e li gestisce.
Il discorso per i piani individuali è totalmente diverso da quello per i fondi negoziali o i fondi aperti.
Non è necessario essere un lavoratore, chiunque può aderire e versare dei contributi a queste forme
assicurative di previdenza.
Non c’è la contribuzione datoriale, eventualmente si potrebbe anche conferire il TFR.
Essendo un servizio individualizzato, il difetto di queste forme assicurative è che si riscontrano
molto costi: c’è una parte di consulenza che non c’è nei fondi negoziali.
I costi sono direttamente proporzionali al servizio che è sicuramente più forte e personalizzato.
Bisogna valutare se i costi maggiori rispetto agli altri fondi sono compensati da un maggiore
rendimento.
Il lavoratore che aderisce al fondo non è vincolato in eterno al fondo, c’è la regola di portabilità
dell’adesione al fondo.
Infatti se il lavoratore cambia posizione lavorativa, può trasferire la posizione da un fondo all’altro.
In caso di morte del lavoratore la liquidazione della quota del fondo del lavoratore andrà a chi il
lavoratore ha indicato come beneficiario, ma se non ha indicato nessuno come beneficiario andrà ai
suoi eredi, se non ha eredi andrà a fondi di categoria con finalità sociali.
110
I soggetti operanti nel settore finanziario: gli intermediari finanziari non bancari.
Queste società finanziari che esistono da decenni in realtà ad un certo punto sono diventate un
fenomeno oscuro: diventavano il filtro per il riciclaggio di varia natura.
Nel 1991 ci fu un intervento normativo nell’ambito della normativa anti-riciclaggio per cercare di
bloccare il rischio di infiltrazioni criminali che utilizzavano queste società per pulire i soldi del
riciclaggio.
Questa disciplina poi è stata ulteriormente modificata nel 2010.
Cosa fanno queste società finanziarie?
Le attività tipiche di queste società erano 4 in passato:
1. Acquisizione di partecipazioni
2. Concessione di finanziamenti
3. Prestazione di servizi di pagamento
4. Intermediazione in cambi
Di queste 4 attività ne è rimasta una, perchè
- L’acquisizione di partecipazioni è stata considerata irrilevante ed eliminata
- La prestazione di servizi di pagamento non c’è più perchè è disciplinata espressamente dal
TUB
- L’intermediazione in cambi è diventata un servizio di investimento
È rimasta solo la concessione di finanziamenti.
Ma di che finanziamenti si parla?
Con “concessione di finanziamenti” si intende il prestito al consumo: forma di piccolo
finanziamento ai consumatori.
Infatti è un’attività che si caratterizza per il fatto di essere svolta con professionalità con tutto il
concetto di professionalità, ma soprattutto è un’attività rivolta al pubblico che si intende pubblico
indistinto.
Queste società finanziarie (disciplinate dall’art 106 del TUB) sono iscritte in un albo apposito
tenuto proprio dalla Banca d’Italia e sono soggette alla Vigilanza della stessa Banca d’Italia in
forme molto simili alla Vigilanza delle banche (“vigilanza equivalente”).
In teoria questi soggetti potrebbero essere autorizzati a prestare anche servizi di investimento:
esecuzione di ordini ma solo su strumenti derivati, collocamento con o senza garanzia, emissione di
moneta elettronica, servizi di pagamento disciplinati dal TUB.
L’importante è che l’attività sia svolta nei confronti del pubblico indistinto, in continuità.
Queste finanziarie – quando erano poco controllate – hanno potuto fare cose spregevoli: simil usura.
Quindi per gli alti rischi che ci sono dietro queste società, c’è una forte esigenza di controllo.
Dal punto di vista giuridico i crediti cartolarizzati rappresentano un patrimonio separato da quello
della società e dalle altre operazioni di cartolarizzazione.
Quindi su ogni singolo patrimonio non possono agire i creditori né della società di cartolarizzazione
e né delle altre operazioni, ma solo i portatori dei titoli che sono stati emessi per finanziare
l’acquisto dei crediti.
Come avvenga la cessione dei crediti da cartolarizzare da parte dell’originator alla SDP e l’efficacia
di questa cessione è indicato nel TUB.
E dal momento in cui avviene la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale della cessione, la cessione
acquista efficacia e diventa opponibile agli aventi causa e ai creditori del cedente (che non avessero
effettuato prima della pubblicazione il pignoramento dei crediti).
Siccome gli OICR possono anche investire in crediti c’è anche la possibilità di operazioni di
112
cartolarizzazione effettuate mediante la creazione di un fondo: un fondo basato sulla
cartolarizzazione, praticamente un fondo che acquista crediti.
Il problema è che questa soluzione non è compatibile con la tura dei fondi perchè i fondi hanno una
gestione dinamica e i crediti non hanno nessuna dinamicità perchè hanno una scadenza e spesso
anche a lungo termine, e quindi non è uno strumento compatibile il fondo con l’operazione di
cartolarizzazione.
Ma comunque in teoria c’è la possibilità di cartolarizzazione anche attraverso la creazione di un
fondo, ovviamente è un fondo a rischio.
Per quanto riguarda la società cessionaria (società che poi fa l’operazione di cartolarizzazione) e se
è diversa la società che emette titoli, in qualunque caso devono avere come oggetto esclusivo
l’attività di cartolarizzazione.
Per questa attività di cartolarizzazione sono considerati intermediari finanziari perchè in questo
modo vengono ricondotti alla Vigilanza e alle sanzioni in caso di irregolarità.
CAPITOLO13
I SISTEMI DI NEGOZIAZIONE.
Parliamo in generale dei mercati.
Siamo partiti storicamente dal concetto di Borsa, sistema pubblicistico tipicamente italiano e di altri
paesi e tutti i problemi che questo comporta.
Un controllo efficiente è comunque un controllo pubblico, quindi questo dovrebbe essere garanzia
di maggiore stabilità del mercato.
In effetti in Europa hanno convissuto per decenni 2 concezioni diverse del mercato:
1. Quella italiana e di altri ordinamenti, di stampo prettamente pubblicistico
2. Quella di origine anglosassone, di stampo privatistico.
Un sistema privatistico ha il vantaggio di essere più elastico ma è meno sicuro.
Si è arrivati alla sintesi di questi 2 sistemi.
Nel 1993 è stata emanata una Direttiva – recepita in Italia nel 1996 – che crea un riavvicinamento
tra questi 2 modelli.
Cosa fa questo nuovo sistema?
Innanzitutto toglie la gestione dei mercati dal controllo pubblico e la affida a soggetti di natura
privatistica (società di gestione del mercato), però al tempo stesso mantiene il controllo pubblico
attraverso le Autorità di Vigilanza.
In questo si riesce ad integrare i 2 sistemi.
Poi è quella Direttiva che mette in atto il mutuo riconoscimento tra gli ordinamenti e quindi anche
tra i mercati.
Del mutuo riconoscimento nel abbiamo parlato con gli intermediari, ma è un principio che si
applica anche alla materia dei mercati.
Con questa riforma il sistema pubblico non viene completamente superato perchè restano i controlli
necessari ripartiti tra Banca d’Italia e Consob per la stabilità.
I mercati vengono affidati a soggetti privati, a s.p.A (società di gestione del mercato): svolgere
l’attività di gestione del mercato è un’attività d’impresa.
La gestione dei mercati è affidata a Borsa Italiana, ma teoricamente è un sistema in concorrenza e
quindi soggetto all’antitrust: di fatto è un monopolio, ma è comunque un sistema concorrenziale.
Queste società hanno come oggetto sociale esclusivo l’attività di gestione del mercato.
Cambia il sistema di accesso al mercato da parte degli operatori perchè mentre prima si accedeva al
mercato mediante un sistema di autorizzazione pubblica; ora si accede al mercato attraverso un
sistema contrattuale, cioè un rapporto contrattuale con la società di gestione del mercato: non è più
l’Autorità pubblica che autorizza gli intermediari ad accedere al mercato, ma è un accesso che passa
113
attraverso un rapporto contrattuale instaurato con la società di gestione del mercato con una serie di
regole da rispettare.
Il contenuto di questo accordo è predeterminato/standard, è il regolamento della società di gestione
del mercato.
Il sistema di apre ulteriormente con MiFID perchè vengono riconosciute nuove figure:
Sistemi multilaterali di negoziazione
Internalizzatori sistematici
Chiaramente aprire ad altri soggetti significa far perdere il monopolio dei mercati regolamentati.
Tra l’altro la parificazione tra mercati regolamentati, sistemi multilaterali e internalizzatori
sistematici significa anche assottigliarne la differenza, come abbiamo la differenza tra intermediari
e mercati: l’attività di gestione di un sistema multilaterale di organizzazione o l’internalizzazione
sistematica sono attività svolte da soggetti intermediari che in quel momento assumono le
caratteristiche del mercato, ovviamente con regole diverse perchè come intermediari si è legati alla
disciplina degli intermediari ma nel momento in cui si assume una funzione di mercato (si diventa
un mercato, un luogo di negoziazione) si ha tutta la disciplina dei mercati da rispettare.
L’altra novità è che i mercati regolamentati sono costruiti proprio sulla falsariga degli intermediari.
Ovviamente restano mercati regolamentati: con una loro specificità, dei standard organizzativi, dei
sistemi di governo di funzionamento di alta efficienza.
Cosa succede nei mercati?
La negoziazione degli strumenti finanziari che corrispondono ai modelli comunitari.
(Vedremo che la disciplina degli abusi di mercato si applica solo a questi strumenti negoziati in
questi mercati).
MiFID II.
Fa ulteriori interventi sulle sedi di negoziazione, per ovviare ad una serie di storture che si erano
verificate negli anni precedenti.
In particolare la MiFID II interviene sui profili tecnologici delle negoziazioni, specificamente sul
profilo delle negoziazioni ad alta frequenza che sono diventate un fenomeno da controllare.
In più la MiFID II ha introdotto un altro profilo: trading obligation.
Le regole strutturali della società di gestione del mercato sono simili a quelle degli intermediari.
La norma è stata modificata dopo la MiFid.
Art 64: attività di organizzazione e gestione dei mercati.
1. L’attività di organizzazione e gestione di mercati regolamentati di strumenti finanziari è
esercitata da società per azioni anche senza scopo di lucro (gestore del mercato regolamentato).
2. Il gestore del mercato regolamentato:
a) predispone le strutture, fornisce i servizi del mercato e determina i corrispettivi a esso dovuti;
b) assicura e verifica il rispetto dei requisiti del mercato regolamentato previsti nel presente titolo;
c) dispone l’ammissione, l’esclusione e la sospensione degli strumenti finanziari dalla quotazione e
dalle negoziazioni e degli operatori dalle negoziazioni;
Non è più l’Autorità pubblica, è la società di gestione del mercato che gestisce il rapporto con gli
operatori che accedono al mercato e gestisce le vicende degli strumenti finanziari.
d) adotta tutti gli atti necessari per l’ordinato funzionamento del mercato regolamentato;
e) adotta le disposizioni e gli atti necessari a prevenire e identificare abusi di informazioni
privilegiate e manipolazioni del mercato;
Rientrano tutte nelle vicende di turbative di mercato.
f) provvede agli altri compiti a esso eventualmente affidati dalle autorità competenti.
Sostanzialmente è come se ci fosse una sorta di mandato, nel senso che alla società di gestione del
mercato (soggetto privato) la legge affida il compito di gestire il mercato e fare in modo di adottare
tutte le misure in modo che il mercato sia gestito in modo ordinato con il controllo della Consob.
Quindi il primo controllo del mercato è affidato alla stessa società di gestione del mercato, alle
spalle della quale c’è un’Autorità di Vigilanza.
4. La Consob, con regolamento:
a) individua le attività connesse e strumentali che possono essere svolte dal gestore del mercato
regolamentato;
Attività connesse e strumentali alla principale che è l’organizzazione e la gestione del mercato.
b) stabilisce i requisiti generali di organizzazione del gestore del mercato regolamentato;
c) adotta le disposizioni attuative.
Poi nelle norme successive ci sono tutti i requisiti, che sono gli stessi degli intermediari.
- Forma di s.p.A
- Elementi costitutivi
115
- Esponenti aziendali
- Requisiti dei partecipanti al capitale
- Autorizzazione, come vicenda slegata dalla costituzione e dall’iscrizione nel registro delle
imprese
- Capitale minimo
- Tutti i mutamenti eventuali di partecipazioni rilevanti, le comunicazioni
Dal punto di vista del capitale c’è stato un cambiamento, perchè in realtà in passato - nel 1996
quando fu fatto il decreto EUROSIM – era previsto che la maggioranza del capitale delle società di
gestione del mercato dovesse essere degli intermediari che partecipavano al mercato.
Questo sistema è caduto, quindi oggi non c’è un limite alla qualità dei partecipanti.
Ovviamente restano fermi i requisiti di onorabilità ecc.
Mercati regolamentati.
Vediamo il regolamento di gestione del mercato.
Art. 64 quater. Autorizzazione dei mercati regolamentati.
1. La Consob rilascia l’autorizzazione a operare in qualità di mercato regolamentato ai sistemi che
ottemperano alle disposizioni del presente titolo.
2. La Consob iscrive i mercati regolamentati in un elenco, curando l’adempimento delle
disposizioni dell’Unione europea in materia.
3. L’autorizzazione è altresì subordinata all’accertamento che:
a) il gestore del mercato rispetta i requisiti previsti dal presente titolo;
b) il regolamento del mercato è conforme alla disciplina dell’Unione europea e idoneo ad assicurare
la trasparenza del mercato, l’ordinato svolgimento delle negoziazioni e la tutela degli investitori.
4. Il regolamento del mercato determina quantomeno:
Contenuto minimo del regolamento del mercato dato dalla SGR, gli operatori aderiscono in base a
quel regolamento.
Il regolamento sostanzialmente è il contratto a cui aderiscono gli operatori che accedono al mercato:
è la base contrattuale tra la società di gestione del mercato e gli intermediari o gli emittenti che
negoziano strumenti finanziari.
Così come gli investitori aderiscono in base al contratto degli intermediari.
a) le condizioni e le modalità di ammissione alle negoziazioni e di esclusione e sospensione dalle
negoziazioni degli operatori;
b) le condizioni e le modalità di ammissione alla quotazione e alle negoziazioni e di esclusione e
116
sospensione dalla quotazione e dalle negoziazioni degli strumenti finanziari;
Tutte le condizioni sia degli operatori per accedere, escludere, sospendere che per gli strumenti che
vengono poi negoziati sul mercato.
c) le condizioni e le modalità per lo svolgimento delle negoziazioni e gli eventuali obblighi degli
operatori e degli emittenti;
Le regole di negoziazione.
Società che emettono strumenti quotati, negoziati.
d) le modalità di accertamento, pubblicazione e diffusione dei prezzi;
e) i tipi di contratti ammessi alle negoziazioni nonché i criteri per la determinazione dei quantitativi
minimi negoziabili;
f) le condizioni e le modalità per la compensazione e il regolamento delle operazioni concluse sui
mercati; g) le modalità di emanazione delle disposizioni di attuazione del regolamento da parte del
gestore.
119
3. Mercato degli ETF PLUS
Sono OICR aperti
4. Mercato telematico delle obbligazioni (MOT)
5. Mercato SeDeX (Securities Derivative Exchange o Mercato Telematico dei Securitised
Derivatives)
6. Mercato IDEM (Mercato dei Derivati su Indici)
7. Mercato telematico degli investimenti vehicles (MIV)
8. Altri mercati connessi alla piattaforma telematica (MTA).
Sono tutti comparti di Borsa, hanno una caratteristica: devono essere ammessi tutti alla quotazione.
L’ammissione alla quotazione ha delle condizioni:
1. Avviene sempre in rapporto con Borsa Italiana
2. Per essere ammesso alla quotazione, l’emittente deve avere dei requisiti:
1. Avere uno statuto conforme alle nostre leggi e ai regolamenti di mercato.
Quindi gli emittenti di quotate estere devono avere condizioni conformi a quelle che hanno le
nostre società quotate
2. Gli strumenti che vengono quotati devono essere conformi a leggi e regolamenti.
In particolare, devono essere strumenti liberamente negoziabili.
Gli strumenti non negoziabili non possono essere ammessi alle quotazioni ma possono essere
considerati prodotti finanziari.
Devono essere strumenti idonei ad essere liquidati mediante sistemi di negoziazione, cioè i
sistemi di regolamentazione delle operazioni di mercato.
E devono essere strumenti idonei alla negoziazione in modo equo ed efficiente.
Quindi strumenti che possono stare su un mercato che a sua volta, per sua natura e principio è
dev’essere un mercato efficiente e ordinato.
Nel regolamento di Borsa Italiana sono indicate ulteriori caratteristiche diversificate di strumenti
finanziari.
La società quotata che vuole negoziare i suoi strumenti sul mercato deve avere gli ultimi 3 bilanci
regolarmente pubblicati, possono essere anche meno se lo consente Borsa Italiana perché
evidentemente sono società che si quotano molto presto rispetto alla loro costituzione.
Ha un’incidenza particolare il giudizio del revisore dei conti: se la società di revisione è
impossibilita nell’esprimere un giudizio o se c’è un giudizio negativo, non ci più essere quotazione.
La revisione può avere 4 diversi giudizi: senza rilievi, con rilievi, negativo, impossibilità di
esprimere un giudizio.
Ovviamente non si può negoziare uno strumento di una società che ha un bilancio su cui il revisore
ha dato quel tipo di giudizio.
Altra regola generale è che l’emittente che si vuole quotare sul mercato deve avere la capacità di
generare ricavi e operare in condizioni di equilibrio economico (eventualmente anche tramite
società controllate) e in condizioni di autonomia gestionale.
Qual è il problema? Di cosa si preoccupa la legge?
Si preoccupa del fatto che dev’essere una società operativa (capacità di generare ricavi) e una
società che opera in condizioni di autonomia gestionale, ossia dev’essere una società che non
dipende da altri soggetti.
Deve far dipendere il proprio destino imprenditoriale, e quindi di riflesso l’andamento del titolo da
se stesso e non da altri.
Questo è un aspetto molto importante per la quotazione.
Infatti nel Regolamento Mercati:
Art 15 CONDIZIONI PER LA QUOTAZIONE DI AZIONI DI SOCIETÀ
CONTROLLANTI SOCIETÀ COSTITUITE E REGOLATE DALLA LEGGE DI STATI
120
NON APPARTENENTI ALL'UNIONE EUROPEA.
Sono le condizioni per la quotazione.
121
Quotazione ufficiale.
Queste sono le condizioni che riguardano l’emittente dei titoli.
Ora vediamo le condizioni per la quotazione delle singole azioni.
Abbiamo detto che c’è un livello minimo di capitalizzazione di 40 milioni, in realtà può essere
anche meno ma lo decide Borsa Italiana se prevede che si formi un mercato sufficiente per quei
titoli.
Poi il flottante minimo (quota di capitale che metti sul mercato) che è il 25%, può essere anche
meno ma lo decide Borsa Italiana in base alle prospettive di negoziazione, cioè in base alle
aspettative del mercato.
Per le azioni di risparmio non c’è un flottante minimo, però non si può quotare l’azione di risparmio
se non si sono emesse le azioni ordinarie.
Ovviamente devono essere strumenti finanziari (azioni) interamente trasferibili, adatte alla
compensazione.
Attività di negoziazione.
La vera e propria attività di negoziazione si svolge in varie fasi.
Si parla di asta di mercato.
Il nostro ordinamento individua 3 fasi:
1. Asta di apertura.
La fase iniziale si divide a sua volta in 2 sotto fasi:
- Fase di pre-asta
Fase antecedente all’apertura del mercato.
Il mercato normalmente ha degli orari, quindi si rispettano momenti di apertura e chiusura.
In questa fase gli intermediari immettono gli ordini relativi agli strumenti finanziari con o
senza limiti di prezzo (questo dipende dall’intermediario), può modificare o cancellare
anche eventuali ordini in questa fase.
- Fase di apertura
Dopodiché il sistema telematico - in base agli ordini che sono stati immessi nella fase di pre-
asta -calcola e aggiorna in tempo reale un prezzo teorico di asta a cui aprirà poi il mercato
per quel particolare strumento.
L’ultimo prezzo di pre-asta diventa il prezzo di apertura dello strumento finanziario per
concludere i contratti.
I contratti poi si concludono mediante abbinamento dei diversi ordini che vengono immessi: di
acquisto, di vendita ecc.
E quindi c’è un incontro, che oggi però fa il sistema.
Il sistema si è evoluto grazie alla tecnologia ma in realtà ha sempre funzionato così.
Fino agli anni ’80 la negoziazione era sostanzialmente fisica: gli intermediari avevano degli
addetti che incrociavano in Borsa gli ordini che ricevevano telefonicamente dalle imprese
di investimento.
Ora invece il sistema telematico abbina i diversi ordini di segno opposto, ovviamente può
anche succedere che un ordine non sia eseguito interamente: se per esempio si invia un
ordine di acquisto di un determinato quantitativo di titoli e il mercato in dispone dello
stesso quantitativo perchè non c’è qualcuno che vende, l’ordine sarà eseguito parzialmente.
Tutto dipende dall’incrocio di domanda e offerta sul mercato.
2. Negoziazione continua.
Dopo la fase di apertura c’è la fase di negoziazione continua per tutta la giornata di mercato, gli
intermediari inseriscono modificano e cancellano gli ordini di negoziazione e al termine della
giornata si calcola il prezzo ufficiale degli strumenti finanziari, si fa una media ponderata dei
flussi di movimentazione dello strumento e si definisce un prezzo del titolo, che è quello di
chiusura.
In realtà quando si parla di prezzo degli strumenti finanziari ci sono 2 nozioni:
- Prezzo dinamico
Prezzo basato sull’ultima contrattazione della giornata precedente (se non ci sono state
contrattazioni) o il prezzo dell’ultimo contratto di giornata (se ci sono state contrattazioni).
- Prezzo statico
Prezzo fissato alla chiusura delle singole fasi di negoziazione nella giornata di mercato (fase di
asta, fase di negoziazione continua e fase di chiusura).
3. Asta di chiusura.
124
Risoluzione delle controversie tra Borsa Italiana e i soggetti ammessi.
Le controversie con Borsa Italiana hanno 2 diversi sistemi di risoluzione.
1. Eventuali controversie su corrispettivi o se viene negata o revocata l’ammissione alla
quotazione.
È competente il tribunale, in particolare il Foro di Milano.
2. Per tutte le altre controversie ci si affida in prima battuta ad un Collegio di Probiviri, una specie
di arbitratori che dovrebbero dirimere questa controversia.
Se poi nemmeno questa soluzione ha un esito positivo ci si può affidare ad un Collegio Arbitrale
per dirimere la controversia.
Sono soluzioni differenziate in base all’oggetto del contendere.
Trading obligation.
La MiFid II ha introdotto anche la trading obligation.
Mentre la MiFid aveva eliminato la regola di concentrazione degli scambi sui mercati
125
regolamentato e quindi aveva ampliato le sedi di negoziazione; la MiFid II – che ovviamente non ha
ripristinato la regola di concentrazione degli scambi – ha previsto specificamente che gli strumenti
equity (strumenti rappresentativi del capitale, strumenti equivalenti) siano comunque
obbligatoriamente negoziati su mercati regolamentati MTF (sistemi multilaterali e internalizzatori
sistematici).
Negoziazione algoritmica.
Definita negoziazione ad alta frequenza.
Perchè lo sviluppo tecnologico ha portato a forme più evolute e pratiche di negoziazione.
La negoziazione algoritmica si basa su un algoritmo che è in grado di leggere con una rapidità
impressionante tutte le informazioni relative allo strumento finanziario disponibili dalle varie sedi di
negoziazione.
È come se il computer facesse un arbitraggio informatico tra le situazioni in cui quello strumento si
trova su tutte le sedi in cui è negoziato e quindi in frazioni di secondi riesce a immettere ordini di
acquisto o vendita di quello strumento.
La caratteristica della negoziazione algoritmica è che le negoziazioni si chiudono nella stessa
giornata (flat position, posizione piatta), quindi un’operazione del genere non dà grandi margini di
guadagno perchè è fatta in giornata ma si guadagna sul volume delle operazioni che vengono fatte.
Tra l’altro questo sistema – proprio perchè basato sull’informatica e quindi sulla rete – richiede che
l’operatore sia più vicino possibile alle sedi di negoziazione perchè in questo modo si riduce il
tempo di sospensione tra l’ordine e l’esecuzione.
Siamo quasi ai confini dell’abuso di mercato, perchè siamo quasi in presenza di strumenti che non
alterano ma influenzano fortemente l’andamento del mercato.
C’è una forte disparità di condizione tra un operatore normale e un sistema informatico basato su un
algoritmo che ha queste capacità di elaborazione di negoziazioni.
Siccome però il progresso non si può fermare, in realtà il legislatore comunitario non considera
formalmente la negoziazione algoritmica un abuso di mercato ma lo regolamenta.
Lo regolamenta con una serie di indicazioni recepite nel TUF.
Art 67-ter. NEGOZIAZIONE ALGORITMICA, ACCESSO ELETTRONICO DIRETTO,
PARTECIPAZIONE A CONTROPARTI CENTRALI.
1. Le Sim e le banche italiane che svolgono negoziazione algoritmica:
a) pongono in essere controlli dei sistemi e del rischio efficaci e idonei alla luce dell’attività
esercitata sulle sedi di negoziazione, volti a garantire che i propri sistemi di negoziazione
algoritmica siano resilienti e dispongano di sufficiente capacità, siano soggetti a soglie e limiti di
negoziazione appropriati, impediscano di inviare ordini erronei o comunque recare pregiudizio
all’ordinato svolgimento delle negoziazioni;
b) pongono in essere controlli efficaci dei sistemi e del rischio per garantire che i sistemi di
negoziazione algoritmica non possano essere utilizzati per finalità contrarie al regolamento (UE) n.
596/2014 o alle regole della sede di negoziazione;
c) dispongono di meccanismi efficaci di continuità operativa per rimediare a malfunzionamenti dei
sistemi di negoziazione algoritmica e provvedono affinché i loro sistemi siano soggetti a verifica e
monitoraggio in modo adeguato per garantirne la conformità ai requisiti del presente comma.
2. Le Sim e le banche italiane che effettuano negoziazioni algoritmiche lo notificano alla Consob e,
se diversa, all’autorità competente dello Stato membro della sede di negoziazione in cui effettuano
la negoziazione algoritmica quali membri o partecipanti o clienti della sede di negoziazione.
La notifica è altresì effettuata alla Banca d’Italia per le sedi di negoziazione all’ingrosso di titoli di
Stato. 3. Ferme restando le competenze di vigilanza prudenziale della Banca d’Italia, la Consob
vigila sul rispetto dei requisiti previsti nel presente articolo da parte di Sim e banche italiane che
svolgono negoziazione algoritmica.
A tale fine la Consob può chiedere, su base regolare o ad hoc, ai soggetti sopra indicati:
a) una descrizione della natura delle strategie di negoziazione algoritmica;
126
b) i dettagli sui parametri o sui limiti di negoziazione a cui il sistema è soggetto;
c) i controlli di conformità e di rischio attuati per assicurare che le condizioni stabilite al comma 1
siano soddisfatte;
d) i dettagli sulla verifica dei sistemi; e) ulteriori informazioni sulla negoziazione algoritmica
effettuata e sui sistemi utilizzati.
Indicazioni dettaglio sui poteri che la Consob ha per interloquire e interagire con gli intermediari
per verifica come fanno questo tipo di negoziazione.
Poi ci sono le indicazioni rinviate al Regolamento della Consob:
6. La Consob, sentita la Banca d’Italia, disciplina con regolamento:
a) gli obblighi di registrazione cui sono tenuti i soggetti di cui al comma 1 che pongono in essere
tecniche di negoziazione algoritmica;
b) le condizioni in base alle quali le Sim e le banche italiane possono fornire accesso elettronico
diretto a una sede di negoziazione e le caratteristiche dei controlli di conformità e di rischio attuati
per assicurare che le condizioni stabilite al comma 1 siano soddisfatte;
c) gli obblighi di notifica, di informazione e di registrazione cui sono tenuti le Sim e le banche
italiane che forniscono un accesso elettronico diretto a una sede di negoziazione;
d) gli obblighi delle Sim e delle banche italiane che effettuano negoziazione algoritmica per
perseguire una strategia di market making.
Regolamento EMIR.
Altro aspetto delle negoziazioni.
Nel 2012 viene emanato il Regolamento 648/2012 che è il Regolamento EMIR.
Il Regolamento EMIR viene emanato sulla scia dei famosi scandali finanziari del 2008.
L’obiettivo specifico di questo Regolamento è regolamentare il mercato dei derivati over the
counter dove la regolamentazione è rimessa alla contrattazione tra le parti, non ci sono le
contrattazioni ufficiali degli swap e quindi è tutto meno regolamentato e più oscuro.
In questo mercato perciò prevale chi dispone di maggiori informazioni proprio perchè non c’è una
regolamentazione, anche della disciplina delle informazioni.
Il vantaggio è per esempio delle banche.
Il problema che era emerso e che si poneva di risolvere questo Regolamento era quello di una
simmetria informativa tra clienti e intermediari.
CAPITOLO14
CONTROPARTI CENTRALI, DEPOSITARI ACCENTRATI E GESTIONE
ACCENTRATA.
Controparti centrali.
Come funziona il sistema delle controparti centrali?
Il ruolo della controparte centrale è sostanzialmente quello di attenuare il rischio di insolvenza
perchè per questo tipo di strumenti il maggior rischio che ci può essere nella fase di regolamento del
rapporto (quando si devono fare i conti) è il rischio di insolvenza, anche perchè sui derivati le
perdite possono essere elevatissime e quindi c’è il rischio che non ci sia un corretto adempimento da
una parte nei confronti dell’altra.
Allora si introduce un sistema di compensazione: una stanza di compensazione di queste operazioni
che è fatta dalle controparti centrali.
Il regolamento viene recepito nel TUF e l’art 76-quinquies attribuisce a Banca d’Italia e Consob la
competenza a vigilare in questo settore, con la solita ripartizione funzionale.
La norma successiva disciplina il rilascio dell’autorizzazione al soggetto che vuole svolgere attività
di controparte centrale (in realtà in Italia – come le SGM – ce n’è una sola che è la Cassa di
Compensazione e Garanzia spa).
Sostanzialmente gli operatori che accedono al sistema rilasciano delle garanzie per l’adempimento
successivo delle operazioni, delle coperture finanziarie per garantire l’adempimento delle
operazioni.
È molto importante (art 76-septies) che per tutelare queste posizioni degli operatori si deve tutelare
la Cassa di Compensazione e Garanzia dai rischi di aggressione del patrimonio.
Si crea una sorta di effetto separazione patrimoniale: si prevede che i margini che vengono versati
dagli intermediari e le garanzie generali che vengono rilasciate dagli operatori partecipanti al
sistema sono vincolate a questo tipo di operazioni che poi chiuderà la controparte centrale come
figura intermedia.
Quindi anche se il soggetto partecipante (operatore) diventasse insolvente queste somme non
possono essere aggredite.
Una volta che l’intermediario/l’operatore ha depositato presso la Cassa di Compensazione e
Garanzia i margini di copertura delle operazioni, anche se c’è un problema di insolvenza i creditori
non possono mai andare ad aggredire quelle somme che sono ormai una sorta di patrimonio
destinato e sono destinate alla liquidazione delle operazioni.
In questo modo si mette a riparo il sistema da qualunque evenienza.
Il sistema di gestione accentrata non risolve solo tutti quei problemi da cui poi nasceva il sistema di
gestione accentrata, cioè non movimentare più da una parte all’altra questi titoli.
Già questa era una soluzione.
Risolve anche i problemi di settlement, cioè di regolamento delle operazioni.
Oggi sappiamo che il regolamento non può avvenire oltre i 3 giorni.
Anticamente c’era il regolamento mensile delle operazioni, cosa impensabile oggi per la velocità
con cui si muove il mercato.
Oltretutto il regolamento non oltre 3 giorni riduce anche il rischio di insolvenza, perchè in un mese
non si può sapere che può succedere dal punto di visa della solvibilità dell’operatore, della
controparte ecc.
Quindi è tutto efficientato con il sistema di gestione accentrata.
Dal punto di vista operativo quando si deve fare una nuova emissione di uno strumento finanziario:
1. L’emittente comunica il quantitativo agli intermediari che fanno poi il collocamento
2. Gli intermediari distribuiscono gli strumenti sui conti dei clienti
3. Tutto passa alla gestione accentrata.
Si crea questa catena:
- Conti intermediari presso la gestione accentrata.
- Conti clienti presso i singoli intermediari.
L’esercizio dei diritti da parte del titolare degli strumenti finanziari è gestito sempre attraverso
sempre attraverso Monte Titoli e gli intermediari.
Il caso più tipico è quello dell’esercizio della partecipazione in assemblea.
Io titolare delle azioni Fiat voglio partecipare all’assemblea generale a Torino: come faccio a
legittimarmi?
Monte Titoli conferma (l’intermediario lo sa perchè c’è il conto in conferma che sono titolare di
quella partecipazione) e l’intermediario mi rilascia un certificato che mi legittima a partecipare.
Tutto è basato su certificati che gli intermediari rilasciano a chi vuole esercitare varie forme di
diritto relative agli strumenti, perchè non c’è più il deposito delle azioni non solo perchè
dematerializzate ma perchè anche quelle che c’erano sono in gestione accentrata.
Il record date è al settimo giorno di mercato prima dello svolgimento dell’assemblea, lì si fotografa
la compagine azionaria.
Tutto funziona secondo un meccanismo di gestione accentrata.
CAPITOLO15
OFFERTA AL PUBBLICO DI PRODOTTI FINANZIARI.
Raccolta del risparmio e offerta al pubblico di prodotti finanziari.
È cambiata e sta cambiando una parte della disciplina nel 2019.
Vediamo il funzionamento che non cambia.
Partiamo dall’art 1 comma 1 del TUF con tutte le definizioni.
130
t) "offerta al pubblico di prodotti finanziari": si considera offerta al pubblico di prodotti finanziari
ogni comunicazione rivolta a persone, in qualsiasi forma e con qualsiasi mezzo, che presenti
sufficienti informazioni sulle condizioni dell’offerta e dei prodotti finanziari offerti così da mettere
un investitore in grado di decidere di acquistare o di sottoscrivere tali prodotti finanziari, incluso il
collocamento tramite soggetti abilitati.
Questa anticamente si chiamava “solleticazione all’investimento”.
Già la definizione ci dice parecchie cose.
Che cos’è l’offerta al pubblico di prodotti finanziari?
È un collocamento di massa praticamente: si collocano presso il pubblico prodotti finanziari.
In realtà potrebbe essere fatta per fattispecie determinate, ma molto spesso l’offerta al pubblico è
fatta su masse di titoli.
Es: una società emette un prestito obbligazionario, si collocano presso il pubblico strumenti
finanziari.
In realtà dentro c’è un collocamento ma sappiamo che il collocamento può essere primario e
secondario.
- Primario se gli strumenti sono di nuova emissione: sottoscrizione
- Secondario se sono titoli già in circolazione: acquisto.
Infatti la definizione dice “mettere un investitore in grado di decidere di acquistare o di
sottoscrivere tali prodotti finanziari”.
Normalmente l’offerta passa tramite gli intermediari collocatori.
Altra caratteristica collegata indicata dalla definizione: il pacchetto informativo che si dà in questa
operazione, per effetto del quale si mettono gli investitori in grado di effettuare l’investimento in
modo consapevole.
Come avviene questo?
Innanzitutto consideriamo che in pratica l’offerta al pubblico è una sorta di modalità con cui si
raccoglie il risparmio diffuso tra il pubblico degli investitori, ovviamente non è la raccolta del
risparmio delle banche che è una raccolta di risparmio con obbligo di rimborso.
Qui si parla di investimenti: è una raccolta del risparmio collegata ad un investimento di rischi in
prodotti finanziari.
C’è stata una modifica della disciplina comunitaria in particolare nel settore assicurativo e nel 2018
i prodotti assicurati sono stati di nuovo esclusi.
Sono state abrogate tutte le norme relative ai prodotti assicurativi.
C’è stato un ulteriore rimescolamento della disciplina.
Con la modifica del 2018 – messa in atto nel 2019 – per i prodotti assicurativi ora sono necessari il
KIID che illustra gli elementi chiave del prodotto e il documento informativo precontrattuale
predisposto dall’IVASS che contiene informazioni sull’emittente, anche informazioni sulla
solvibilità e tutti gli elementi informativi per l’investimento in questi prodotti assicurativi.
Regolamento Emittenti.
TITOLO I OFFERTA AL PUBBLICO DI SOTTOSCRIZIONE E VENDITA DI PRODOTTI
FINANZIARI.
L’ultima versione del 24/07/2019 è tutta in grassetto perchè è tutto aggiornato con i dettagli che
sono cambiati*
È importante sapere che la logica in cui è stata impostata questa disciplina dell’offerta al pubblico è
quella della disclosure: trasparenza massima su quello che è l’oggetto, il contenuto, la modalità, i
tempi e tutto quello che riguarda l’offerta dei prodotti finanziari.
Anche con gradi differenziati di gradi di comprensibilità (prospetto informativo e nota di sintesi).
La logica della trasparenza si rifa’ ad una filosofia che esiste dagli anni ’30 negli USA ed è la logica
dell’investitore medio che è quella più diffusa nella materia dei mercati finanziari perchè non si può
sapere quale soggetto approccerà alla proposta di investimento.
Si considera l’investitore medio e su questo si tarano le norme da adottare.
135
Spesso l’investitore si affida all’intermediario ed è per questo che sono molto importanti le regole di
condotta degli intermediari.
Responsabilità da prospetto.
Responsabilità civile – che si traduce in responsabilità risarcitoria – per un errore nell’investimento
per il prospetto che non dava quella garanzia di adeguatezza delle informazioni per mettere
l’investitore medio in condizioni di compiere la sua scelta di investimento.
Precedentemente c’era un dibattito sul quale fosse la natura di questa responsabilità da prospetto.
Per il prospetto di offerta al pubblico (ma già quando si chiamava sollecitazione all’investimento) si
parlava di una responsabilità di tipo precontrattuale.
Il documento di offerta veniva parificato ad un precontratto.
Il dubbio era se fosse una responsabilità negoziale o una responsabilità da fatto illecito?
Per esempio per la quotazione sui mercati mancava il rapporto con l’investitore, quindi era
responsabilità extracontrattuale: c’è il prospetto ma poi non c’è il rapporto contrattuale.
Ora il problema è risolto.
Art 94
8. L'emittente, l'offerente e l'eventuale garante, a seconda dei casi, nonché le persone responsabili
136
delle informazioni contenute nel prospetto rispondono, ciascuno in relazione alle parti di propria
competenza, dei danni subiti dall’investitore che abbia fatto ragionevole affidamento sulla veridicità
e completezza delle informazioni contenute nel prospetto, a meno che non provi di aver adottato
ogni diligenza allo scopo di assicurare che le informazioni in questione fossero conformi ai fatti e
non presentassero omissioni tali da alterarne il senso.
Presunzione di colpevolezza salvo dimostrazione delle non colpevolezza per questa inadeguatezza
del prospetto.
9. La responsabilità per informazioni false o per omissioni idonee ad influenzare le decisioni di un
investitore ragionevole grava sull'intermediario responsabile del collocamento, a meno che non
provi di aver adottato la diligenza prevista dal comma precedente.
10. Nessuno può essere ritenuto civilmente responsabile esclusivamente in base alla nota di sintesi,
comprese le eventuali traduzioni, salvo che la nota di sintesi risulti fuorviante, imprecisa o
incoerente se letta insieme ad altre parti del prospetto oppure che essa, quando viene letta insieme
con altre parti del prospetto, non contenga informazioni chiave che aiutino gli investitori nel
valutare se investire nei prodotti finanziari offerti.
La nota di sintesi contiene inoltre una chiara avvertenza a tale riguardo.
La nota di sintesi non è sufficiente, si integra anche con il prospetto.
Ci può essere responsabilità quando la nota di sintesi è davvero fuorviante o difforme da quello che
è previsto dal prospetto.
Ci potrebbe essere anche una responsabilità della Consob perchè tutte queste cosa passano
attraverso la Consob.
L’azione risarcitoria dev’essere esercitata entro 5 anni dalla pubblicazione del prospetto, a meno
che l’investitore (che è il contraente debole) non dimostri di aver scoperto successivamente alla
pubblicazione del prospetto i motivi di responsabilità e quindi il termine decorre dal momento in lo
ha scoperto.
Crack finanziari.
L’art 100-bis TUF fu introdotto dopo i famosi crack finanziari.
Disciplina che si occupa della rivendita al pubblico.
Nel caso in cui la sottoscrizione sia stata fatta da investitori qualificati ma poi questi investitori
qualificati rivendono al dettaglio questi strumenti finanziari (rivendita sistematica e nei 12 mesi
dopo il collocamento), la si considera offerta al pubblico.
Esempio: Parmalat fa l’emissione di un prestito obbligazionario, all’offerta aderiscono le banche
(investitori qualificati), non si applica l’offerta al pubblico.
È una sorta di collocamento (riservato): non c’è prospetto e offerta al pubblico.
Le banche si prendono queste obbligazioni (o comunque strumenti finanziari) e rivendono ai
risparmiatori questi strumenti finanziari.
Per evitare queste situazioni la norma dice che se il collocamento è stato da investitori qualificati
ma poi questi soggetti rivendono sistematicamente nei 12 mesi dopo il collocamento lo devono fare
rispettando la disciplina dell’offerta al pubblico: devono fare il prospetto informativo ecc.
La norma è scritta male perchè basta falsificare il periodo dei 12 mesi, quindi non serve a niente.
CAPITOLO 16
L’INFORMAZIONE SOCIETARIA.
L’INSIDER TRADING E GLI ABUSI DI MERCATO.
Insider trading.
Informazioni privilegiate.
Si parte dall’informazione.
Il problema è che se determinate informazioni non vengono rese pubbliche rischiano di essere usate
in modo abusivo ed illecito, a vantaggio di alcuni e a danno di tutti gli altri.
Quindi questa disciplina è una specie di disciplina di prevenzione, nel senso che mette una serie di
obblighi di informazione dettagliati.
Il senso è mettere a disposizione una serie di informazioni, quindi degli obblighi di informazione a
138
carico degli emittenti in modo da prevenire la possibilità che quelle informazioni restando riservate
vengano utilizzate in modo illecito.
La logica è giusta perchè nel momento in cui si rende pubblica l’informazione si elimina il
problema.
Ovviamente questo non esclude che il fenomeno dell’insider trading si possa verificare comunque;
non se l’informazione è stata resa pubblica: può darsi anche che non venga rispettata questa
disciplina e che fenomeni di insider trading si verifichino lo stesso.
Quanto meno con queste norme e obblighi di informazione si tenta di prevenire questa possibilità.
Nel momento in cui poi l’informazione è resa pubblica è accessibile a tutti e a quel punto c’è la
garanzia che nessuno sarà avvantaggiato rispetto ad altri, tutti gli investitori sono messi nelle stesse
condizioni informative.
Condizioni informative, di conoscenza dell’emittente, degli strumenti emessi e quindi possono
compiere una scelta ragionevole di investimento.
La particolarità di questa disciplina è che riguarda sia le società quotate che le società non quotate
ma che hanno strumenti finanziari diffusi tra il pubblico (società aperte).
Questa dell’informazione è una disciplina che si affianca in qualche caso alla disciplina delle
informazioni societarie perchè per gli emittenti ci sono tutta una serie di obblighi di informazioni
alla Consob su una serie di vicende societarie rilevanti che mutano la struttura e le condizioni
patrimoniali che poi influenzano ii titoli e quindi il mercato (operazioni straordinarie, aumenti e
riduzioni del capitale).
Quindi spesso ci sono obblighi che si sovrappongono e si assomigliano che non vanno confusi
perchè hanno obiettivi diversi: una è l’informazione societaria e l’altra è l’informazione al mercato.
Spesso l’oggetto è lo stesso: si informa sulle stesse circostanze ma non necessariamente, possono
essere anche circostanze diverse.
Tutta questa disciplina è molto antica ma non nelle forme che conosciamo oggi.
Il nostro codice penale ha da sempre il reato di aggiotaggio, l’aggiotaggio è la forma antica
dell’attuale insider trading: sono reati caratterizzati da comportamenti scorretti sul mercato della
Borsa.
All’inizio degli anni ’90 il nostro ordinamento si è dato una prima legge sull’insider trading visto
che gli anni ’80 sono stati un decennio di grossa accelerazione, ampliamento, evoluzione del
mercato e dell’introduzione e sviluppo delle tecnologie informatiche nel mercato.
Il quadro era cambiato e bisognava cambiare la figura dell’aggiotaggio.
Poi l’ordinamento italiano è stato integrato e si è sovrapposto quello comunitario e quindi poi si è
evoluto questo concetto più ampio degli abusi di mercato.
Già ci fu un’importante direttiva nel 2017 (Direttiva Transparency) sulla trasparenza.
Da lì poi nasce nel TUF l’art 113-ter e seguenti sulle informazioni da rendere al pubblico ai fini di
evitare informazioni privilegiate.
Vedremo come la Consob individua queste informazioni e regola tutte queste modalità.
In realtà c’è stato poi un passo ulteriore perchè ancora una volta l’ordinamento comunitario si
soprapposto a quello nazionale: nel 2014 è stato varato il MAR (Market Abuse Regulation) cioè il
regolamento europeo dedicato esclusivamente agli abusi di mercato.
Quindi nelle norme del TUF c’è un continuo riferimento a questo regolamento.
Art. 113-ter. DISPOSIZIONI GENERALI IN MATERIA DI INFORMAZIONI
REGOLAMENTATE.
1. Per informazioni regolamentate si intendono quelle che devono essere pubblicate dagli emittenti
quotati, dagli emittenti quotati aventi l'Italia come Stato membro d'origine o dai soggetti che li
controllano
(ai sensi del MAR).
139
2. Le informazioni regolamentate sono depositate presso la Consob e il gestore del mercato per il
quale l’emittente ha richiesto o ha approvato l’ammissione alla negoziazione dei propri valori
mobiliari o quote di fondi chiusi, al fine di assicurare l’esercizio delle funzioni attribuite a detto
gestore.
Le informazioni regolamentate sono depositate presso la Consob e il gestore del mercato dove gli
strumenti finanziari sono quotati.
Poi la norma prosegue con una serie di informazioni sulle modalità con cui vengono gestite queste
informazioni perchè c’è tutto un sistema per assicurare che queste informazioni passino attraverso
dei canali di comunicazione e quindi garantire che arrivino veramente al pubblico: nel senso che
siano di dominio pubblico, accessibili e conoscibili per tutti altrimenti tutto questo discorso non ha
senso infatti l’obiettivo è mettere tutti gli investitori nelle stesse condizioni.
Art. 114 COMUNICAZIONI AL PUBBLICO.
Anche questa rivista con il MAR.
1. Gli emittenti quotati comunicano al pubblico le informazioni privilegiate ai sensi dell’articolo 17
del regolamento (UE) n. 596/2014, secondo le modalità stabilite dalle norme tecniche.
2. Gli emittenti quotati impartiscono le disposizioni occorrenti affinché le società controllate
forniscano tutte le notizie necessarie per adempiere gli obblighi di comunicazione.
La cosa importante è che questo art 114 al comma 12 dice espressamente che
12. Le disposizioni del presente articolo si applicano anche ai soggetti italiani ed esteri che:
a) hanno chiesto o autorizzato l’ammissione di strumenti finanziari di propria emissione alla
negoziazione su un mercato regolamentato italiano;
b) hanno chiesto o autorizzato la negoziazione degli strumenti finanziari di propria emissione su un
sistema multilaterale di negoziazione italiano;
c) hanno autorizzato la negoziazione degli strumenti finanziari di propria emissione su un sistema
organizzato di negoziazione italiano.
Allarga il campo di applicazione sia ai sistemi multilaterali che ai sistemi organizzati.
Quindi sono 4 i contesti in cui si applica questa disciplina: mercati regolamentati, sistemi
multilaterali e organizzati e società con strumenti non quotati ma distribuiti presso il pubblico.
Questo a dimostrazione del fatto che non è importante la quotazione in sé ma è importante il fatto
che vada tutelato il pubblico risparmio e quindi anche chi investe su strumenti emessi da società ma
non quotati.
Gli obblighi di comunicazione al pubblico quando parliamo di soggetti quotati scattano già nella
fase di ammissione alla quotazione e anche nella fase preparatoria di ammissione alla quotazione
perchè già lì si può iniziare a stimolare il mercato in vista della futura quotazione.
Se poi – per qualunque evento – la quotazione non avviene la disciplina non si applica più da quel
142
momento, cessa l’obbligo di comunicazione.
Invece se la quotazione avviene, l’obbligo prosegue.
Per chi fa attività di esecuzione di ordini altrui c’è l’obbligo di comunicazione delle informazioni
che sono trasmesse dai clienti.
Perchè altrimenti può verificarsi il fenomeno del front running (anticipare): chi conosce un
informazione – ricevuta da un intermediario - come intermediario e la sfrutta per avvantaggiare se
stesso o altri soggetti.
In questo caso non c’entra l’emittente, stiamo parlando di intermediari ma la materia è la stessa:
sfruttamento di informazioni di cui si è venuti a conoscenza.
L’intermediario può eseguire l’ordine ma non può mai sfruttare per sé o per altri un’informazione
ricevuta dal cliente e sussiste un obbligo di comunicazione.
Ritardo dell’informazione.
Ritardo dell’informazione per esigenze di riservatezza e quindi anche per non impattare sulla
concorrenza.
È prevista la possibilità di ritardare l’informazione, proprio per tutelare esigenze di riservatezza
perchè magari in quel caso potrebbe anche avere dei riflessi negativi per l’emittente o altri soggetti
interessati e collegati la pubblicizzazione delle circostanze.
L’informazione può essere ritardata ma devono esserci 2 condizioni:
1. Che si mantenga per tutto il periodo del ritardo la riservatezza sull’informazione.
Non la comunichi ma non deve uscire in nessuno modo quell’informazione.
2. L’omessa divulgazione dell’informazione (il fatto di ritardarla) di per sé non dev’essere un fatto
che può fuorviare il pubblico.
Poi nel concreto come questa informazione debba essere ritardata lo stabilisce la Consob, saranno
casi particolari e si interagisce/dialoga con la Consob che stabilisce come, in che termini, quando e
quanto si deve ritardare questa informazione.
Ovviamente il ritardo si giustifica se l’informazione è privilegiata.
In realtà l’emittente potrebbe anche avere dei dubbi sul fatto che sia un’informazione privilegiata,
anche qui il ruolo dell’Autorità di vigilanza è fondamentale perchè può chiarire questo profilo e
guidare l’emittente.
Sondaggi di mercato.
Se ne occupa l’art 11. SONDAGGI DI MERCATO.
1. Un sondaggio di mercato consiste nella comunicazione di informazioni, anteriormente
all’annuncio di un’operazione, al fine di valutare l’interesse dei potenziali investitori per una
possibile operazione e le relative condizioni, come le dimensioni potenziali o il prezzo, a uno o più
potenziali investitori da parte di:
a) un emittente;
b) un offerente sul mercato secondario di uno strumento finanziario, in quantità o valore tali da
distinguere l’operazione dalle normali negoziazioni e da implicare un metodo di vendita basato
sulla valutazione preliminare del potenziale interesse da parte dei potenziali investitori;
c) un partecipante al mercato delle quote di emissioni; oppure
d) un terzo che agisce in nome o per conto di una persona di cui alla lettera a), b) o c).
Tipicamente quando si fa un collocamento nel mercato primario o nel mercato secondario si fanno i
sondaggi di mercato: si stabilisce il mercato come risponderà all’operazione.
Il collocamento fatto dagli intermediari è tutto anticipato da sondaggi di mercato.
Il sondaggio di mercato in qualche modo anticipa un’operazione perchè si deve sapere
quell’operazione che riscontro avrà.
I sondaggi di mercato poi influenzano gli intermediari nello stabilire la forma del collocamento, con
garanzia o senza garanzia perchè ovviamente quando si è sicuri che il mercato assolve gli strumenti
emessi nel collocamento chiaramente ci si può anche assumere il rischio dell’invenduto, la
differenza è nelle commissioni che si stabiliscono con l’emittente.
Questa norma sui sondaggi di mercato chiaramente deve tenere conto che nel sondaggio c’è il
preannuncio di un’operazione e quindi di qualcosa che può assumere carattere privilegiato.
Sempre per reprimere il fenomeno dell’insider trading c’è un’altra norma art 18 MAR che riguarda
le misure di prevenzione: c’è un obbligo specifico di tracciamento delle informazioni.
Praticamente all’interno della società si deve tenere un registro delle informazioni privilegiate: una
traccia di chi all’interno della società ha determinate informazioni.
Deve trattarsi sia di soggetti stabilmente interni alla società sia di soggetti esterni con cui la società
ha rapporto occasionali, per esempio i consulenti.
Art 18 MAR. ELENCHI DELLE PERSONE AVENTI ACCESSO A INFORMAZIONI
PRIVILEGIATE.
1. Gli emittenti o le persone che agiscono a nome o per conto loro:
a) redigono un elenco di tutti coloro che hanno accesso a informazioni privilegiate e con i quali
esiste un rapporto di collaborazione professionale, anche sulla base di un contratto di lavoro
dipendente, o che comunque svolgono determinati compiti tramite i quali hanno accesso alle
informazioni privilegiate, quali a esempio consulenti, contabili o agenzie di rating del credito.
Tutte le ipotesi in cui c’è un rapporto tra il soggetto e la società.
b) aggiornano tempestivamente l’elenco delle persone aventi accesso a informazioni privilegiate.
c) trasmettono l'elenco delle persone aventi accesso a informazioni privilegiate all'autorità
competente il prima possibile dietro sua richiesta.
Quando l’Autorità ne fa richiesta.
Poi c’è una parte che non è più qui ed era sulle partecipazioni societarie quotate in società con
azioni non quotate con responsabilità limitata.
I patti parasociali con la comunicazione del patto, i soggetti obbligati e il contenuto della
pubblicazione.
Le modalità di pubblicazione del patto, è come in commerciale ma qua c’è la disciplina di dettaglio.
Variazioni, rinnovo e scioglimento del patto: modifiche del patto.
Poi c’è la disciplina per le deleghe di voto che abbiamo visto per la rappresentanza.
Poi c’è tutta un’altra parte su altre informazioni, su altre vicende interne alla società che pure fanno
parte dell’informazione societaria.
I codici di comportamento: bisogna comunicare alla Consob quando la società aderisce a
determinati codici di comportamento in una categoria di settore.
Art. 125 CONVOCAZIONE DELL'ASSEMBLEA SU RICHIESTA DELLA MINORANZA.
La norma non c’è più e infatti nella nota dice vedi ora art. 2367 c.c.
Art. 125-bis AVVISO DI CONVOCAZIONE DELL’ASSEMBLEA.
Giorno, ora, luogo, descrizione delle procedure da rispettare per partecipare, termini per l’esercizio
del potere di porre domande, procedure di voto per corrispondenza.
Art. 125-ter RELAZIONI SULLE MATERIE ALL’ORDINE DEL GIORNO.
Gli amministratori devono fare una relazione sulle materie che poi saranno oggetto dell’ordine del
giorno.
L’informazione degli azionisti per l’assemblea non è la stessa per tutte le spa.
Nelle società quotate è anticipata: sul sito della società ci sono le relazioni sull’ordine del giorno,
quindi gli azionisti sanno esattamente cosa si va a discutere in assemblea.
Art. 125-quater SITO INTERNET.
1. Fermo restando quanto previsto negli articoli 125-bis e 125-ter, sono messi a disposizione sul sito
Internet della società.
CAPITOLO17
Sono tutte informazioni ulteriori.
Questa è informazione societaria ma più specificamente informazione assembleare.
Riassumendo le circostanze che devono essere oggetto di informazione alla Consob:
- Informazione assembleare
- Informazione contabile con tutti i passaggi dell’anno e non solo il bilancio
- Informazione su operazioni straordinarie
147
L’abuso delle informazioni privilegiate.
Le sanzioni amministrative.
Che succede se si abusa delle informazioni privilegiate?
Dall’art 180 TUF: tutta la parte sanzionatoria.
L’art 184 riguarda l’insider trading ma in realtà è subentrata – dal punto di vista della definizione –
la parte del MAR all’art 8 e 10.
Art. 184 ABUSO DI INFORMAZIONI PRIVILEGIATE.
1. È punito con la reclusione da uno a sei anni e con la multa da euro ventimila a euro tre milioni
chiunque, essendo in possesso di informazioni privilegiate in ragione della sua qualità di membro di
organi di amministrazione, direzione o controllo dell'emittente, della partecipazione al capitale
dell'emittente, ovvero dell'esercizio di un'attività lavorativa, di una professione o di una funzione,
anche pubblica, o di un ufficio.
Comunque in sintesi le 3 ipotesi di comportamento nel quale si può intravedere l’insider trading
sono:
1. Acquistare, vendere o comunque compiere operazioni su strumenti finanziari avvalendosi delle
informazioni privilegiate.
Stiamo parlando di qualunque soggetto (persona fisica o giuridica) si trovi in possesso di
un’informazione privilegiata (sia all’interno di una società emittente o di un intermediario).
La norma prende in considerazione principalmente coloro che vengono a conoscenza di
informazioni privilegiate per il ruolo che occupano o per l’attività che svolgono che più
facilmente possono venire a conoscenza di queste informazioni.
Perchè scatti questa ipotesi di reato è necessario che l’operazione sia compiuta servendosi
dell’informazione: l’informazione dev’essere stata la leva per compiere l’operazione.
Ci dev’essere un nesso tra il possesso dell’informazione e l’utilizzo dell’informazione ai fini
dell’operazione.
2. La violazione del divieto di comunicare a terzi l’informazione privilegiata a meno che questo
non avvenga dell’esercizio normale delle funzioni e il terzo a sua volta osservi la riservatezza;
oppure perchè si deve trasmettere a un terzo in base a disposizioni di legge.
3. Raccomandare a terzi di compiere operazioni di mercato sulla base di un’informazione
privilegiata.
È diversa questa ipotesi: in questo caso non si comunica quest’informazione ma semplicemente si
raccomanda a un terzo di compiere una determinata operazione.
Quindi non si trasmette l’informazione ma si consiglia semplicemente quella determinata
operazione facendo capire di sapere qualcosa.
L’operazione deve avere ad oggetto proprio quella informazione.
Queste 3 condotte che l’art 184 TUF qualifica sotto il profilo del reato (illecito di tipo penale) allo
stesso tempo sono anche un illecito amministrativo e quindi hanno anche sanzioni amministrative.
Art. 187-bis ABUSO E COMUNICAZIONE ILLECITA DI INFORMAZIONI
148
PRIVILEGIATE.
1. Salve le sanzioni penali quando il fatto costituisce reato, è punito con la sanzione amministrativa
pecuniaria da ventimila euro a cinque milioni di euro chiunque viola il divieto di abuso di
informazioni privilegiate e di comunicazione illecita di informazioni privilegiate.
5. Le sanzioni amministrative pecuniarie previste dal presente articolo sono aumentate fino al triplo
o fino al maggiore importo di dieci volte il profitto conseguito ovvero le perdite evitate per effetto
dell’illecito quando, tenuto conto dei criteri elencati all’articolo 194-bis e della entità del prodotto o
del profitto dell’illecito, esse appaiono inadeguate anche se applicate nel massimo.
Si possono anche evitare perdite utilizzando le informazioni privilegiate.
Poi ci sono sanzioni accessorie che hanno una durata non inferiore a 2 mesi e non superiore a 3
anni:
- Interdizione temporanea dalle funzioni di amministrazione,
- Sospensione dal registro delle società di revisione legale,
- Sospensione dall’albo dei consulenti finanziari,
- Perdita del requisito di onorabilità dei partecipanti al capitale
CAPITOLO18
DISCIPLINA DEGLI EMITTENTI E DISCIPLINA DEL MERCATO MOBILIARE.
Sappiamo che in realtà le società quotate sono S.p.A.
Essendo S.p.A. hanno alla loro base innanzitutto tutta la disciplina del codice delle S.p.A, su cui poi
si innesta la disciplina specifica del TUF.
Come si è evoluta questa storia: le società quotate per decenni sono state regolate solo da codice;
poi si è iniziato a capire che invece avevano bisogno di norme diverse e quindi tutte le modifiche
iniziate dal ’74 in poi fino ad arrivare al TUF del 1998.
Alcune norme sono finite nel codice e altre sono previste nel TUF: le società quotate si disciplinano
con entrambe le fonti legislative.
Nel caso di contrasto prevale sempre la legge speciale, quindi il TUF.
Ma fondamentalmente le 2 fonti legislative sono coordinate.
La particolarità è che la disciplina delle società quotate del TUF ha delle norme che regolano
l’aspetto del profilo del diritto dei mercati o il profilo del diritto societario.
L’unica particolarità è che le norme di diritto societario (che riguardano la struttura del soggetto) in
realtà non si possono applicare ad un soggetto di diritto straniero perchè i soggetti stranieri hanno la
loro disciplina del paese di origine.
Mentre le norme di diritto dei mercati sono per l’interesse dei mercati e sono di applicazione a tutti i
soggetti.
Questa è l’unica particolarità.
Quali sono questi aspetti particolari delle società quotate che vengono regolati?
1. Assetti proprietari.
Trasparenza degli assetti proprietari sotto vari profili.
- Partecipazioni rilevanti
Obblighi di comunicazione alla Consob quando si raggiungono determinate soglie di
partecipazione all’interno degli emittenti.
Del resto ci sono gli obblighi di comunicazione anche per partecipazioni riguardanti gli
intermediari, sono soglie diverse ma la logica è la stessa.
È l’art 120 TUF.
Questa norma è stata modificata quando anni fa abbiamo introdotto il voto maggiorato e il
voto plurimo perchè anche quello cambia il raggiungimento della soglia di comunicazione.
La comunicazione delle partecipazioni di società quotate in società non quotate quando
superano il 10%, solo che in questo caso la comunicazione si fa direttamente attraverso il
progetto di bilancio.
Anche queste forme di partecipazione sono importanti.
- Partecipazioni reciproche
Art 121 TUF partecipazioni incrociate: l’obiettivo è evitare che sia un consolidamento
reciproco dei gruppi di comando tra le società.
Norma che si applica anche quando il meccanismo si attua in modo triangolare.
Le soglie possono essere elevate quando ci sono gli accordi tra 3-5% se sono piccole-medie
imprese; 5-10% se ci sono accordi tra le 2 società industriale.
L’esonero da questa disciplina in caso di OPA su almeno il 60% dei titoli perchè altrimenti
sarebbe un modo per difendersi dalle scalate ostili: se la società A sa che la società B vuole
scalarla e può lanciare un’OPA di almeno il 60% dei titoli, la società A supera la soglia.
Se si applicasse la disciplina delle partecipazioni reciproche la società B non potrebbe più
superare la soglia nella società A.
La disciplina non si applica perchè altrimenti sarebbe un modo con cui A si difenderebbe dalla
scalata ostile.
Se però lo fa attraverso l’OPA tutto bene.
- Patti parasociali
Sempre trasparenza degli assetti proprietari.
Le società aperte e le società quotate hanno una disciplina particolare per i patti parasociali.
Nelle società aperte i patti vanno dichiarati all’apertura di ogni assemblea altrimenti non
possono votare.
Nelle società quotate i patti entro 5 giorni dalla stipulazione devono essere comunicati alla
Consob, pubblicati sui quotidiani, comunicati alla società emittente dei patti di cui
parliamo a pena di nullità e con tutte le sanzioni che la Consob può applicare.
Parliamo di patti di sindacati di blocco, sindacati di voto, patti di consultazione, patti di
acquisto concertato di azioni, patti di influenza dominante.
Tutti i patti tipici delle società quotate.
150
2. Diritti dei soci.
Art 125 TUF.
L’avviso di convocazione dell’assemblea ha una disciplina particolare nelle società quotate perchè
non sono società normali.
E soprattutto l’assemblea della società quotata è molto più complessa anche nel suo funzionamento,
non perchè diventi una cosa particolare (è sempre una procedura assembleare) però ha delle
implicazioni diverse e questo richiede una maggiore informazione rispetto ai soci che poi
devono partecipare.
Nelle S.p.A normali abbiamo solo la convocazione dell’assemblea.
Nelle società quotate c’è una norma (art 125-ter) che dice che gli amministratori devono fare una
relazione sull’ordine del giorno.
I soci devono sapere in anticipo non solo l’ordine del giorno ma una relazione sull’ordine del giorno
degli amministratori che spiega.
Perchè nelle società chiuse si presuppone che i soci vivano maggiormente la vita della società e
quindi più o meno sanno di cosa si va a parlare.
Nelle società quotate c’è una massa di risparmiatori che non sanno niente, quindi bisogna spiegargli
meglio cosa si va a deliberare in quell’assemblea.
Poi c’è la norma sul sito internet, sulle convocazioni, la possibilità di richiedere l’integrazione
dell’ordine del giorno: i soci che rappresentano (anche messi insieme) almeno 1/40 del capitale
possono chiedere l’integrazione dell’ordine del giorno in modo da mettere all’attenzione
dell’assemblea determinati argomenti
La disciplina del voto per corrispondenza.
Poi ci sono tutte le norme particolari sulla rappresentanza che mentre nelle società chiuse ha una
disciplina ben precisa e con delle sue logiche; nelle società quotate cambia completamente: c’è
tutto il meccanismo della raccolta delle sollecitazioni delle deleghe, il rappresentante
istituzionale della società, tutte le modalità particolari con cui dev’essere rilasciata la delega
(dichiarare i conflitti di interesse, le indicazioni di voto specifiche); la raccolta delle deleghe, i
promotori, la raccolta all’interno delle associazioni dei piccoli azionisti.
Sono tutte cose tipiche solo delle società quotate.
Ci sono anche termini diversi.
Per l’assemblea di approvazione del bilancio c’è il deposito molto prima del bilancio.
3. Azioni di risparmio.
Sono solo delle società quotate.
L’art 145 TUF parla delle azioni di risparmio.
Prima figura di azioni speciali introdotta nel 74.
Oggi sono diverse, non c’è più il dividendo minimo maggiorato del 2% fisso.
Oggi lo stabilisce la società anche se comunque ci dev’essere un dividendo maggiorato rispetto
all’azione ordinaria, però non ci sono diritti amministrativi.
Sono azioni fatte solo per investimenti, quindi piccoli risparmiatori.
Sono azioni al portatore (particolarità).
Se la società in un determinato esercizio non riesce a coprire quella cifra non riuscendo ad attribuire
alle azioni di risparmio quel determinato dividendo previsto, lo dovrà riportare ad un esercizio
successivo e così si accumula e non si perde, poi si recupera in un eventuale esercizio
successivo.
Le azioni di risparmio insieme alle altre azioni a voto speciale/limitato, tutte insieme non possono
superare il 50% perchè altrimenti si darebbe troppo potere agli azionisti a voto pieno, basterebbe
poco per controllare la società.
151
Devono essere indicati esattamente quali sono i diritti attribuiti a quelle azioni e possono essere
determinati dallo statuto liberamente: la misura del dividendo maggiorato e gli altri diritti
patrimoniali (solo diritti patrimoniali, non hanno diritti amministrativi).
Bisogna indicare l’ammontare complessivo massimo delle azioni di risparmio, organizzare
l’assemblea speciale degli azionisti di risparmio, c’è la figura del rappresentante comune degli
azionisti di risparmio.
Dopodiché si procede alle votazioni con questo sistema delle liste e si nominano il consiglio di
amministrazione e il collegio sindacale e quelli che sono gli organi previsti dal sistema di
governance applicato.
Per i sindaci l’eletto della lista di minoranza è automaticamente anche il presidente del collegio
sindacale.
Norme sugli obblighi di comunicazione specifici degli organi, oltre a quelli del codice.
Comunicazione tra organi: tra amministratori e sindaci.
Informazione finanziaria.
È particolare rispetto alle comuni società.
Qui c’è un obbligo di informazione continua alla Consob sotto vari aspetti:
- Informazioni al pubblico: informazioni privilegiate
- Informazioni straordinarie: su tutte le operazioni particolari
- Informazione contabile: annuale, semestrale, trimestrale e tutto quello che riguarda gli aspetti
contabili della società
In effetti le abbiamo già viste tutte queste norme ma qua ritroviamo tutta una disciplina particolare
rispetto a quella del codice.
Queste sono le norme del TUF.
Poi ci sono le norme del codice.
Ci sono norme del codice in vari punti che riportano all’applicazione specifica per le società aperte
e quotate.
Per esempio i patti parasociali: nelle società aperte se non sono dichiarati non votano, però la norma
sta nel codice ed è l’art 2341-ter.
Ci sono dei quorum deliberativi qualificati per le assemblee delle società quotate, i poteri di
impugnazione particolari (5% e 1 per 1000).
Ci sono delle regole speciali anche per le azioni di responsabilità, tutta la questione delle azioni di
minoranza, le percentuali particolari per opporsi alla rinuncia e alla transazione da parte della
società nelle sedi specifiche, l’art 2409 che può essere promosso da 1/20 del capitale (ha una
percentuale di accessibilità diversa rispetto alle società chiuse).
Manipolazioni di mercato.
Si parla di una serie di comportamenti che sono in grado potenzialmente o effettivamente di alterare
il funzionamento dei meccanismi di mercato.
La radice è l’aggiotaggio.
La differenza però rispetto all’insider trading – dove c’è bene o male una coincidenza tra illecito
amministrativo e penale – non è necessariamente coincidenza tra illecito amministrativo e penale.
Tra l’altro con l’introduzione del MAR abbiamo una dissociazione tra TUF quello che prevede il
MAR.
Se parliamo di norma penale la stessa condotta che si configura come fattispecie penale fa
riferimento all’art 182 TUF.
Quello che troviamo nel campo dell’illecito amministrativo non è molto diverso, è solo articolato
diversamente ed è molto più complicato soprattutto dopo l’introduzione del MAR.
Articolo 15 DIVIETO DI MANIPOLAZIONE DEL MERCATO.
Non è consentito effettuare manipolazioni di mercato o tentare di effettuare manipolazioni di
mercato.
Norma di base.
È colpito anche il tentativo di illecito.
Nel dettaglio le condotte che si raffigurano come manipolative del mercato originariamente erano
indicate nell’art 187 TUF che risaliva al Regolamento del 2003 che aveva già iniziato a dettagliare
154
questa fattispecie delle manipolazioni di mercato.
Si trattava di effettuare operazioni sul mercato con l’effetto di fuorviare gli altri fornendo
indicazioni false o fuorvianti sul mercato stesso o su uno strumento negoziato sul mercato, o di
fissare un prezzo normale di uno strumento finanziario.
Al comma 2 inizia a elencare una serie di comportamenti che sono la traduzione concreta di quelli
che abbiamo visto e che sono generali.
2. Le seguenti condotte sono considerate, tra le altre, manipolazione del mercato: a) la condotta di
una o più persone che agiscono in collaborazione per acquisire una posizione dominante sull’offerta
o sulla domanda di uno strumento finanziario, di contratti a pronti su merci collegati o di un
prodotto oggetto d’asta sulla base di quote di emissioni che abbia, o è probabile che abbia, l’effetto
di fissare, direttamente o indirettamente, i prezzi di acquisto o di vendita o ponga in atto, o è
probabile che lo faccia, altre condizioni commerciali non corrette;
b) l’acquisto o la vendita di strumenti finanziari all’apertura o alla chiusura del mercato, con
155
l’effetto o il probabile effetto di fuorviare gli investitori che agiscono sulla base dei prezzi esposti,
compresi i prezzi di apertura e di chiusura;
c) l'inoltro di ordini in una sede di negoziazione, comprese le relative cancellazioni o modifiche,
con ogni mezzo disponibile di negoziazione, anche attraverso mezzi elettronici, come le strategie di
negoziazione algoritmiche e ad alta frequenza, e che esercita uno degli effetti di cui al paragrafo 1,
lettere a) o b), in quanto:
i) interrompe o ritarda, o è probabile che interrompa o ritardi, il funzionamento del sistema di
negoziazione della sede di negoziazione;
Praticamente con il proprio sistema si bloccano gli altri, in qualche modo si altera il sistema di
negoziazione.
ii) rende più difficile per gli altri partecipanti al mercato individuare gli ordini autentici sul sistema
di negoziazione della sede di negoziazione, o è probabile che lo faccia, anche inserendo ordini che
risultino in un sovraccarico o in una destabilizzazione del book di negoziazione (order book) degli
ordini; oppure
iii) crea, o è probabile che crei, un segnale falso o fuorviante in merito all'offerta, alla domanda o al
prezzo di uno strumento finanziario, in particolare inserendo ordini per avviare o intensificare una
tendenza;
d) trarre vantaggio da un accesso occasionale o regolare ai mezzi di informazione tradizionali o
elettronici diffondendo una valutazione su uno strumento finanziario,
Valutazione che falsa gli altri investitori.
e) l’acquisto o la vendita sul mercato secondario, in anticipo sull’asta tenuta di quote di emissioni o
dei relativi strumenti derivati, con l’effetto di fissare il prezzo di aggiudicazione dell’asta a un
livello anormale o artificiale o di indurre in errore gli altri partecipanti all’asta.
4. Quando la persona di cui al presente articolo è una persona giuridica, il presente articolo si
applica, conformemente al diritto nazionale, anche alle persone fisiche che partecipano alla
decisione di effettuare attività per conto della persona giuridica in questione.
Responsabilità della persona giuridica e delle persone che hanno concretamente operato.
Tutti questi indicatori che dà l’art 12 MAR non sono esaustivi perchè qui si fa riferimento a delle
condotte specifiche sulla base dell’esperienza passata.
Quando si verifica una cosa del genere è manipolazione di mercato: in questi casi non c’è dubbio,
queste sono manipolazioni del mercato.
Lo stesso Regolamento poi fa una serie di considerazioni su quelli che sono indicatori di possibili
manipolazioni di mercato.
Gli operatori e le Autorità di vigilanza di devono rifare a questi indicatori per ravvisare
eventualmente ipotesi di manipolazione del mercato.
Questi invece non sono nel testo ma nell’allegato 1 perchè non sono condotte illecite come quelle
che abbiamo visto.
Questi dell’allegato 1 sono indicatori possibili, sospetti di manipolazioni di mercato.
ALLEGATO I
A. Indicatori di manipolazioni consistenti nel fornire indicazioni false o fuorvianti e nel fissare i
prezzi Ai fini dell’applicazione dell’articolo 12 i partecipanti al mercato e le autorità competenti,
quando esaminano le operazioni o gli ordini di compravendita, tengono conto degli indicatori di cui
al seguente elenco non tassativo, che non devono essere necessariamente considerati una
manipolazione di mercato:
per capire se è manipolazione del mercato
a) la misura in cui ordini di compravendita inoltrati o operazioni concluse rappresentano una quota
significativa del volume giornaliero di scambi nello strumento finanziario pertinente, nel contratto a
pronti su merci collegato, o prodotti oggetto d’asta sulla base di quote di emissioni, in particolare
quando tali attività determinano una significativa variazione dei prezzi;
si vede fare attenzione ai volumi di scambi perchè potrebbe essere un’anomalia e dietro quel
156
volume anomalo ci potrebbe essere qualcuno che sta manipolando il mercato.
In realtà non controlla solo l’Autorità di vigilanza ma anche Borsa Italiana perchè gestisce il
mercato.
b) la misura in cui ordini di compravendita inoltrati o operazioni concluse da persone con
un’importante posizione di acquisto o di vendita in uno strumento finanziario, in un contratto a
pronti su merci collegato, o in un prodotto oggetto d’asta sulla base di quote di emissioni,
determinano significative variazioni nel prezzo di quello strumento finanziario, del contratto a
pronti su merci collegato o del prodotto oggetto d’asta sulla base quote di emissioni;
c) se operazioni concluse non portano a modificare la titolarità economica di uno strumento
finanziario, di un contratto a pronti su merci collegato o di un prodotto oggetto d’asta sulla base di
quote di emissioni;
d) la misura in cui gli ordini di compravendita inoltrati o le operazioni concluse o gli ordini
annullati prevedono inversioni di posizione nel breve periodo e rappresentano una quota
significativa del volume giornaliero di scambi nel relativo strumento finanziario, in un contratto su
merci a pronti collegato o in un prodotto oggetto d’asta sulla base di quote di emissioni, e possono
essere associati a significative variazioni del prezzo di uno strumento finanziario, un contratto su
merci a pronti collegato o un prodotto oggetto d’asta sulla base di quote di emissioni;
sostanzialmente c’è qualcuno che sta facendo speculazione a breve sul titolo
e) la misura in cui gli ordini di compravendita inoltrati o le operazioni concluse sono concentrati in
un breve lasso di tempo nel corso della sessione di negoziazione e determinano una variazione del
prezzo che successivamente si inverte;
valutazione anomala che rende anomalo l’andamento del titolo.
f) la misura in cui gli ordini di compravendita inoltrati modificano la rappresentazione dei migliori
prezzi delle proposte in denaro o lettera di uno strumento finanziario, di un contratto su merci a
pronti collegato o di un prodotto oggetto d’asta sulla base di quote di emissioni o, più in generale, la
rappresentazione del book di negoziazione (order book) a disposizione dei partecipanti al mercato, e
sono revocati prima della loro esecuzione; e
In realtà le norme del MAR (direttamente recepito nel nostro ordinamento, non ha l’adattamento ed
è di diretta applicazione) sono di carattere generale.
Dietro le norme del Regolamento ci sono le esemplificazioni dell’ESMA che prima si chiamava
CERS: casistica.
Una cosa particolare è che queste esemplificazioni – a differenza di quanto avviene nel nostro
ordinamento- sembra che richiedano il dolo specifico.
157
Sembra che perchè quei comportamento di quella casistica si traducano in manipolazioni ci sia il
dolo.
Nel nostro ordinamento la responsabilità discende anche dalla colpa.
b) la prassi di mercato assicura o meno un elevato livello di garanzie del gioco delle forze di
mercato e della corretta interazione tra offerta e domanda;
fai quell’operazione ma non vai ad alterare il funzionamento del mercato: non ti stai
sovrapponendo al mercato
c) la prassi di mercato ha o meno un impatto positivo sulla liquidità e sull’efficienza del mercato;
d) la prassi di mercato tiene conto o meno del meccanismo di negoziazione sul mercato interessato e
permette ai partecipanti al mercato di reagire in modo tempestivo e adeguato alla nuova situazione
di mercato creata da tale prassi;
e) la prassi di mercato crea o meno rischi per l'integrità dei mercati direttamente o indirettamente
connessi, regolamentati o meno, allo stesso strumento finanziario in tutta l'Unione;
lo strumento può essere quotato su più mercati
f) l’esito di eventuali indagini sulla prassi di mercato in questione svolte da un’autorità competente
o da altra autorità, in particolare inerenti al fatto che detta prassi abbia violato o meno norme o
regole intese a prevenire gli abusi di mercato, ovvero codici di condotta, indipendentemente dal
fatto che esse riguardino il mercato rilevante o mercati direttamente o indirettamente connessi
nell’Unione; e
la valutazione che l’Autorità deve fare sotto questo profilo
g) le caratteristiche strutturali del mercato interessato, tra l’altro il carattere regolamentato o non
regolamentato, il tipo di strumenti finanziari negoziati e il tipo di partecipanti al mercato, inclusa la
quota di partecipazione al mercato dell’investitore al dettaglio.
Valutare di che tipo di mercato, strumento e investitore parliamo.
Se si volesse ammettere una prassi di mercato l’Autorità dovrebbe valutare tutti questi elementi e
quindi ammetterla garantendo che quel tipo di operazione fatta da un soggetto a determinate
condizioni non avrà un impatto negativo.
Una pratica di mercato che sia stata ammessa da un’autorità competente quale prassi di mercato
ammessa in un dato mercato non è considerata applicabile ad altri mercati, salvo che le autorità
competenti di tali altri mercati abbiano ammesso la prassi ai sensi del presente articolo.
In realtà le prassi di mercato non nascono all’interno di un paese.
Se prassi di mercato se vengono riconosciute, vengono riconosciute a livello comunitario.
158
Safe harbour.
In realtà ci sono 2 prassi di mercato ammesse che vanno sotto il nome di safe harbour (porto
sicuro):
1. L’acquisto di azioni proprie
Società che acquista azioni proprie.
L’acquisto di azioni proprio come prassi di mercato può servire per varie cose: riduzione di capitale,
convertire obbligazioni, stock option, costituzione di un magazzino titoli (scambio di azioni)
2. Operazioni di stabilizzazione
Praticamente un sostegno alla liquidità del titolo che tiene alta la liquidità del titolo.
Per esempio si può fare in concomitanza con la quotazione per agevolare l’operazione.
Queste operazioni erano già conosciute e considerate prassi di mercato, il MAR le riproduce all’art
5.
Ovviamente ci sono delle condizioni, non sono operazioni ammesse in qualunque caso.
In particolare:
1. Per l’acquisto di azioni proprie non può essere superato il 25% del volume di scambio
giornaliero:
sul volume giornaliero complessivo degli scambi del titolo sul marcato, l’acquisto di azioni proprie
non può superare il 25% del volume giornaliero.
Questo significa che la società non può intervenire massicciamente sul mercato rastrellando le
proprie azioni perchè altrimenti si andrebbe ad alterare il funzionamento del mercato titolo
2. L’operazione di stabilizzazione può essere fatta per un tempo limitato, ma generalmente è fatta
a breve termine perchè è legata alle operazioni di quotazione.
Queste 2 operazioni se fatte a queste condizioni sono prassi di mercato ammesse e non sono
considerate manipolazioni di mercato.
Fuori da queste condizioni si è in un’ipotesi di manipolazione del mercato.
159
Dobbiamo finire la parte sulle manipolazioni di mercato.
Analisti di finanziari.
Gli analisti finanziari sono una figura molto importante nel mercato perchè sono professionisti
qualificati quindi ascoltati e attendibili.
Con le loro analisi e studi sui mercati, sugli strumenti, sugli emittenti forniscono informazioni che
possono influenzare notevolmente le scelte degli investitori.
Purtroppo a volte hanno sostenuto posizioni che non era affidabili come invece loro facevano
credere.
Questo non è un errore, spesso è voluto e quindi c’è un possibile problema di conflitti di interessi
rispetto a quello che raccomandano e la loro non obiettività.
Degli analisti finanziari si occupava già il MAR quindi recepita nel Regolamento Mercati.
Un’altra cosa che è venuta meno in questa norma e oggi manca è che non c’è nessun riferimento
alle remunerazioni.
È il discorso incentivi – conflitto di interessi.
La remunerazione è fondamentale: se non si rendono pubbliche le fonti di remunerazione viene
meno un pezzo di trasparenza rispetto all’operato dell’analista, perchè fa quelle raccomandazioni e
anche rispetto al modo perchè la raccomandazione può essere più o meno convincente.
Quindi è chiaro che tutto questo – che c’era prima nel Regolamento Mercati - dovrebbe essere
oggetto di trasparenza, invece l’attuale disciplina (MAR) queste cose non le ha più considerate.
160
Giornalisti.
I giornalisti in realtà possono essere regolamentati poco perchè qui l’interesse della disciplina dei
mercati finanziari (trasparenza, corretta informazione) si scontra con il principio della libertà di
stampa.
Quindi il legislatore non può fare un’opera preventiva: è costretto a presumere – in virtù del
principio della libertà di stampa – che il giornalista operi in modo obiettivo e trasparente, e che non
sia influenzato nelle opinioni che riporta a mezzo stampa.
La norma ha un effetto blando.
Art 21. COMUNICAZIONE O DIFFUSIONE DI INFORMAZIONI AI MEDIA.
Qualora siano comunicate o diffuse informazioni e qualora siano elaborate o diffuse
raccomandazioni ai fini dell’attività giornalistica o di altre forme di espressione nei mezzi
d’informazione, la comunicazione o la diffusione delle informazioni è valutata tenendo conto delle
norme che disciplinano la libertà di stampa e la libertà di espressione.
Parte dall’idea che non si può fare molto sui giornalisti perchè c’è la libertà di stampa e presumo
siano obiettivi e facciano il loro lavoro solo nell’interesse della verità.
Chiaramente l’opinione del giornalista può essere sbagliata ma non influenzata.
Deve tenere conto del principio di libertà di stampa perchè è un principio di diritto altrettanto forte e
non può essere sovrastato rispetto ai principi dei mercati finanziari.
La comunicazione o la diffusione delle informazioni è valutata tenendo conto delle norme che
disciplinano la libertà di stampa e la libertà di espressione in altri mezzi d’informazione, nonché
delle norme o dei codici che disciplinano la professione di giornalista, a meno che:
a) le persone interessate o le persone a loro strettamente legate ricavino, direttamente o
indirettamente, un vantaggio o un guadagno dalla comunicazione o dalla diffusione delle
informazioni in questione;
Si vende.
b) la comunicazione o la diffusione siano effettuate con l’intenzione di fuorviare il mercato per
quanto concerne l’offerta, la domanda o il prezzo di strumenti finanziari.
Praticamente è un rimedio successivo ma è difficile scoprire se c’era un incentivo particolare o
un’intenzione/dolo di fuorviare.
Agenzie di rating.
Sono importanti perchè la storia ci insegna che molti disastri nascono da un rating volutamente
alterato del diritto di cartolarizzare.
In realtà le agenzie di rating non ci sono nel MAR, non sono proprio considerate.
Quindi la disciplina che si utilizza risale ad un Regolamento del 2009 recepito in Italia nel 2010.
Gli unici accorgimenti che sono stati previsti per le agenzie di rating:
La loro iscrizione è centralizzata presso l’ESMA.
1. L’ESMA tiene un albo delle agenzie di rating.
Tra l’altro per le agenzie extracomunitarie c’è l’obbligo di avere una società controllata nell’Unione
Europea, sostanzialmente avere una sede di riferimento.
2. Queste agenzie sono tenute ad adottare tutte le misure necessarie per garantire che l’emissione di un
rating non sia influenzato da un conflitto di interesse, esistente o potenziale o relazioni d’affari.
Insomma è un’enunciazione di principio, non ci sono misure di prevenzione rispetto ai comportamenti
delle agenzie di rating.
Oggi c’è molta più attenzione dopo quello che è successo 10 anni fa però non c’è una disciplina
particolare nei loro confronti.
161
Segnalazione delle operazioni sospette.
Articolo 16. PREVENZIONE E INDIVIDUAZIONE DI ABUSI DI MERCATO.
2. Chiunque predisponga o esegua a titolo professionale operazioni stabilisce e mantiene dispositivi,
sistemi e procedure efficaci per individuare e segnalare ordini e operazioni sospette.
Qualora tale persona nutra il ragionevole sospetto che un ordine o un’operazione su qualsiasi strumento
finanziario, inoltrato o eseguito presso o al di fuori di una sede di negoziazione, possa costituire
abuso di informazioni privilegiate, manipolazione di mercato o un tentativo di abuso di
informazioni privilegiate o di effettuare una manipolazione di mercato, lo comunica senza ritardo
all'autorità competente.
Rientriamo nella logica della prevenzione.
Si fa in modo che si costruiscano dei sistemi interni per prevenire determinati fenomeni illeciti.
È un po’ come il discorso del conflitto di interessi per gli intermediari.
Si crea un sistema di alert per mettere in evidenza possibili situazioni del genere e se si sospetta che ci
possa essere anche solo un tentativo di insider trading lo si comunica l’Autorità di vigilanza.
Quindi stiamo parlando di operazioni che ancora non sono abuso o manipolazione, potrebbero anche
essere sono potenziali o solo sospetti: si parla di estrema prevenzione.
Così si crea anche un eccesso di cautela rispetto alle operazioni perchè non si sa se quell’operazione è
effettivamente una manipolazione, c’è solo un sospetto.
Però proprio per essere estremamente sicuri anche non queste situazioni bisogna comunicare
all’Autorità di vigilanza il sospetto.
C’è un problema.
Chi riceve un ordine da un cliente e ha anche solo il sospetto che dietro quest’ordine ci sia
un’informazione privilegiata o un tentativo di manipolazione cosa deve fare?
- Se non lo comunica perchè protegge il clienti si espone alla complicità nell’illecito.
- Se lo comunica viola la riservatezza che ha nei confronti del cliente.
Il problema non è risolvibile.
In teoria dovrebbe scegliere la seconda perchè è vero che sta violando la riservatezza del cliente e
sicuramente lo perderà però sta rispettando una norma di legge.
Sanzioni.
Tutte queste ipotesi di insider trading e di manipolazione hanno una serie di sanzioni di tipo
amministrativo e penale.
Già abbiamo visto:
Art. 185 MANIPOLAZIONE DEL MERCATO.
Art. 186 PENE ACCESSORIE.
Art. 187 CONFISCA.
Art. 187-quater SANZIONI AMMINISTRATIVE ACCESSORIE.
Sono tutte norme riscritte l’anno scorso.
Se l’illecito l’ha compiuto un revisore legale.
Sono sospensioni accessorie, oltre la sanzione principale e colpiscono la professionalità del soggetto
bloccandolo nella sua attività.
Queste sanzioni eventualmente applicabili (non è detto che vengono applicate) sono:
- Interdizione temporanea delle funzioni di amministrazione, direzione e controllo;
- Interdizione temporanea dallo svolgimento di funzioni di amministrazione, direzione e controllo
di società quotate e di società appartenenti al medesimo gruppo di società quotate;
- Sospensione dal Registro
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- Sospensione del consulente finanziario dall’albo
Poi c’è anche l’applicazione della legge 231 che è la responsabilità penale delle società.
Ovviamente la società è un ente impersonale e non va in galera.
In pratica si traduce in una sanzione economica, ulteriore rispetto all’eventuale sanzione di tipo
amministrativo.
Quindi oltre a rispondere il soggetto che ha operato risponde anche la società dal punto di vista
economico, per il profilo penale oltre che amministrativo.
C’è però la possibilità per la società di esonerarsi da questa responsabilità dimostrando che aveva
adottato un protocollo di sicurezza per prevenire questi fenomeni.
Allora se hanno stabilito misure adeguate al loro interno per prevenire questi fenomeni potrebbero
esonerarsi da responsabilità.
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