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UN ORRIBILE CAPOLAVORO: IL WOZZECK DI ALBAN BERG

Ben poche volte mi è parso tanto calzante un ossimoro quanto in questo caso: il Wozzeck di Alban
Berg è, infatti, di una bruttura, di uno squallore, di una ripugnanza che non stento a dare ragione
persino ad un pazzo criminale quale Hitler nel momento in cui definiva tale musica “degenerata”,
anche se non intendo certamente condividere l’assunto ideologico che stava alla base di tale
giudizio.
Il fatto è che, ascoltando il Wozzeck privi di velleità intellettualistiche (in altri termini privi
dell’ipocrisia che ci fa affermare davanti ad una crosta firmata da questo o quel celebre imbratta-
tele: “che bello!”, mentre pensiamo in cuor nostro “che schifezza!”), si ha l’impressione di essere
finiti in una gabbia di matti.
Tuttavia, il Wozzeck è indubbiamente un capolavoro perché la musicaccia priva di gusto, la
fragorosa cacofonia di cui è composta la partitura è quanto di piú aderente allo squallore della
vicenda ideata da Büchner: la storia di un omicidio maturato in un ambiente di totale deprivazione
morale, la stessa fine dell’omicida inghiottito dalle sabbie mobili della palude, mentre cerca di
inabissare il cadavere dell’amante fedifraga, la quasi divertita indifferenza del capitano ed il
cinismo del medico, una sorta di Freud in cerca di casi clinici non poteva trovare un’espressione piú
fedele nello spirito di quella offerta da Berg.
Che Wozzeck sia un capolavoro non c’è dunque, a mio avviso, alcun dubbio, ma che di musica si
tratti ho invece seri dubbi: non vi è nulla in tutta l’opera che sia semplicemente accettabile e non mi
pare che il cosiddetto “impegno” possa limitarsi a riprodurre la schifo della società, amplificandolo
a dismisura, senza proporre alcunché: meglio a questo punto non dir nulla che limitarsi ad offrire un
duplicato amplificato del “letame” della società. Né è assolutamente, a mio avviso, prospettabile
una rivoluzione condotta da individui dalla moralità di un Wozzeck, in nulla migliori al cinico
medico o all’ipocrita capitano – e questo lo dico perché troppe volte ci si è dimenticati che le
rivoluzioni, pur nascendo spesso da giusti motivi, esse portano altrettanto di sovente a risultati
peggiori della situazione anteriore e questo per due ordini di ragione: il primo è che con le
rivoluzioni si pretende di cambiare il mondo assumendo un modello ideale che, in quanto ideale
diviene indiscutibile e quindi totalitario ed anti-democratico, il secondo è che, mentre l’ideologo
può essere anche spinto da nobili intenti, molto spesso a condurre la rivoluzione sono poi elementi
tratti dalla feccia della società, elementi proprio del tipo di Wozzeck, incapaci di aspirazioni nobili e
dediti solo alla materialità piú triviale e bramosi soltanto di togliere dalle mani altrui per gestirlo poi
altrettanto tirannicamente ed egoisticamente.
Con questo intendo dire che Wozzeck è un’opera rappresentativa di un modo, a mio avviso,
piuttosto angusto di intendere l’impegno, un autentico capolavoro di squallore letterario, ben
affiancato da una cacofonia orribile perfettamente adeguata al dramma.

Vittorio Bertolini

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