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Manuel Barbera

Marco Carmello
Cristina Onesti

Traiettorie sulla
Linguistica giuridica

2014
G Manuel BARBERA H
Marco CARMELLO
Cristina ONESTI

Traiettorie
sulla
LINGUISTICA GIURIDICA

Torino
bmanuel.org
2014
Titolo | Traiettorie sulla Linguistica Giuridica
Autori | Manuel Barbera, Marco Carmello, Cristina Onesti
ISBN | 9788891150288

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«Dunque, eccellenza, ricapitoliamo: sul finir
dell’anfratto, una certa parvenza non disgiunta
da recondite reminescenze ancestrali, s’incu-
neò nel logaritmo funambolico delle begonie
e ... »
«Aggio capito, don Perfì: Alooooonzaaaaa!!!»
Benito Jacovitti, Zorry Kid Tuttazeta, 1972, tavola quinta

«Beh, riepiloghiamo: mentre in siffatte vesti


portavo in bambola l’altrui matrona, un suffra-
gio scurrile mi imperniò la nuca e un coacervo
immobile mi inzuppò le barbe. Allora io, pur
tracollando altrove, estrassi la nicchia e ... | ...
e ... e sussurrai le noci ...»
«Aaaaloooonzaaa!»
Benito Jacovitti, Zorry contro Zorry Zìngt e Zàngt, 1969, tavola nov- ed ottultima

0.

Manuel Barbera

Introduzione.

0.0 PREMESSA. I contributi raccolti in questo volume, sebbene a più


mani, si compongono, almeno speriamo, in un progetto unitario: delineare
alcune delle possibili, e molte (non che non ne esistano altre!), prospettive
che si aprono per la linguistica giuridica. Da una parte la linguistica testuale e
la retorica, dall’altra la pragmatica e la logica deontica, ed in mezzo la lin-
guistica dei corpora; sullo sfondo, le intenzioni formative.

0.1 LE ORIGINI. Unitaria fu anche l’occasione in cui questi contributi


nacquero: galeotto fu l’incontro di un gruppo di ricerca linguistica con il
Master di I Livello in “Diritto Tributario. Tributi, procedimenti e processo
tra efficienza e giustizia”, svoltosi presso la Facoltà di Giurisprudenza
dell’Università degli Studi di Torino.
In questa occasione, si era mostrato, a partire dalla retorica antica e mo-
derna, e passando per la linguistica testuale, la pragmatica e la logica, quanto
fosse centrale un’educazione all’argomentare negli attuali percorsi formativi
di Scienze Giuridiche, in particolare in relazione alle diverse tipologie del te-
sto giuridico italiano.
In altra veste, queste esperienze furono poi raccontate (in più contributi,
diversamente articolati, ma nella sostanza abbastanza coincidenti col presen-
te volume) al convegno La lingua del diritto nell’area linguistica italiana e
tedesca, Erlangen, 9-10 dicembre 2011, i cui Atti, a cura di Gabriella Don-
dolini e Davide Schenetti, non ci risultano tuttora pubblicati. Allora come
qui si voleva e si vuole rendere conto del potenziale apporto che le scienze
del linguaggio possono fornire ai futuri giuristi.
0.2. IL CONTESTO. Il Master di cui si diceva era un’iniziativa formativa
post-universitaria avviata in un momento di notevole vitalità del diritto tribu-
tario, che mirava ad offrire una preparazione professionale specifica in rela-
zione alla fase di attuazione dei tributi. Il percorso di studio prevedeva una
parte preliminare e generalista, volta a trattare gli elementi strutturali del si-
̱ͷ̱
stema tributario italiano, e moduli specialistici dedicati ai più significativi
àmbiti del diritto procedimentale e processuale (accertamento, riscossione,
sanzioni e contenzioso). Nella presentazione online1 leggiamo che il Master
“si propone di trasmettere la sensibilità giuridica necessaria per affrontare la
materia, alla luce dell’evoluzione normativa che ha posto un marcato accento
sul tecnicismo degli strumenti e delle garanzie procedimentali e processuali,
rendendo necessario nell’operatore del settore il dominio di nozioni insieme
giuridiche ed economiche”; era dunque destinato a professionisti che curas-
sero (o intendessero curare) i settori della consulenza e dell’assistenza dei
contribuenti nelle fasi procedimentali e processuali, per gli appartenenti
all’Amministrazione Finanziaria, per coloro che intendessero affrontare i re-
lativi concorsi e per i giudici tributari.
Numerosi esempi erano tratti da un corpus di testi giurisprudenziali, co-
stituito da esercitazioni scritte dei venticinque corsisti2 dell’edizione 2011:
gli studenti avevano a disposizione un testo di esempio, su cui costruire il lo-
ro, un articolo di Ramona Marchetto apparso nella rivista specializzata «Di-
ritto e pratica tributaria» (L’incendio non “brucia” i risultati delle indagini
finanziarie ma autorizza la prova testimoniale, Vol. LXXXI N. 6: 1279-
1291), in cui viene commentato il testo di una sentenza di Cassazione ri-
guardo ad una disputa fra contribuente ed Agenzia delle entrate. Ma torne-
remo sulla tipologia di testo in questione in più occasioni nel prosieguo.

1
Reperibile al sito del Master Tributario (cfr. webgrafia).
2
Nelle analisi dei passi che seguiranno, gli allievi del Master saranno indicati
anonimamente con le sigle: Studente A, B, C, ecc.
̱͸̱
I.

Cristina Onesti

Suggerimenti della linguistica testuale ai giuristi.

Take care of the sense, and the sounds will take


care of themselves.
Lewis Carroll, Alice’s Adventures in Wonderland, 1865, cap. 9

1.0 IL CONTRIBUTO DELLA LINGUISTICA TESTUALE. Se una crescente


trascuratezza (e talora imperizia) linguistica è lamentata da numerosi profes-
sionisti nei più diversi rami della formazione universitaria, è indubbia la ri-
levanza di una adeguata preparazione linguistica nell’ambito delle Scienze
Giuridiche in particolare, considerando che «il diritto non si serve della lin-
gua, ma è fatto di lingua» (CORTELAZZO 1997, p. 39). A differenza «dei lin-
guaggi formali e simbolici delle hard sciences», il linguaggio giuridico è
«distinto ma non separato da quello comune» (MORTARA GARAVELLI 2001,
p. 8): gli uomini di legge si cimentano con argomenti prettamente linguistici
quando devono fare riferimento al significato proprio delle parole ed affron-
tare necessità argomentative che evidentemente si sviluppano su più enun-
ciati tra loro interconnessi.
L’esigenza di formazione in competenze logiche e di discorso è stata ri-
badita negli ultimi anni dall’inserimento nei curricula torinesi di corsi obbli-
gatori come quelli di Avvio alla logica e al discorso giuridico, concentrati
sull’acquisizione o consolidamento di conoscenze ed abilità elementari per
operazioni quali qualificazione, definizione, classificazione, esemplificazio-
ne, comprensione e produzione di regole, argomentazione.
In tale direzione la linguistica testuale può venire in soccorso al futuro
professionista del settore giuridico, fornendo una prospettiva che superi i
confini della singola frase e la consideri come parte di un’unità più ampia, il
testo, ed indicando alcuni strumenti per l’analisi e la costruzione di testi coe-
si e coerenti, qualità prime affinchè questi siano in grado altresì di argomen-
tare in modo efficace.
La linguistica testuale ha visto la luce come grammatica transfrastica, del-
la coesione e della connessità, muovendosi successivamente verso un livello
superiore, di definizione di una “grammatica della competenza testuale”,

̱͹̱
cioè di regole e princìpi su cui sono selezionati, costruiti e interpretati gli e-
nunciati e le sequenze di enunciati di cui un testo si compone. Come osser-
vava già Maria-Elisabeth Conte (CONTE ME 1977) in una delle prime rac-
colte italiane dedicate alla linguistica testuale, tale disciplina, più che indivi-
duare un nuovo e diverso oggetto nel campo degli studi linguistici, ha inau-
gurato un nuovo modo di fare linguistica, valutando come i concreti atti di
parole traggano la propria forma non solo dal codice di cui si servono, la
langue, ma anche dal contesto in cui la loro attualizzazione avviene. Gli stu-
di di M.-E. Conte hanno inoltre enucleato con chiarezza cristallina che
l’efficacia e la coerenza del testo non dipendono solamente dal lavoro com-
positivo dell’autore, ma anche dal lavoro interpretativo del ricevente, che
decodifica la “segnaletica” testuale, ridefinendo la coerenza di un testo non
come l’intrinseca testualità a parte obiecti — caratteristica strutturale che
costitutivamente inerisce ad ogni testo in quanto tale — ma piuttosto come
principio-guida dell’interpretazione: non proprietà costitutiva di ogni testo,
ma principio regolativo dell’interpretazione, che risiede anche nell’insieme
delle conoscenze enciclopediche preesistenti con cui il ricevente elabora il
testo. Il lettore, o più in generale l’interprete, è chiamato a costruire anelli
mancanti, a trarre delle inferenze, a reinterpretare (in nome della coerenza)
segmenti testuali ai quali aveva già assegnato una prima interpretazione.
Le recenti indicazioni per la semplificazione della scrittura istituzionale
(cfr. CORTELAZZO - PELLEGRINO 2003) rimarcano una generale tendenza da
parte del redattore del testo ad esprimere tutto e subito, per mezzo di enun-
ciati eccessivamente articolati e complessi, ritenendo così di risultare traspa-
rente e di andare incontro al suo destinatario: in realtà riversa spesso sul de-
stinatario il compito di distinguere le informazioni fondamentali da quelle
accessorie e non realizza dunque le aspettative autentiche del ricevente del
testo.
Ci preme dare in questa sede una prima esemplificazione di possibili pro-
blematicità da affrontare per il potenziamento delle capacità argomentative
dei futuri professionisti nel campo delle Scienze Giuridiche, spesso impe-
gnati maggiormente sul fronte teorico o attenti al nucleo contenutistico, e
meno concentrati sul livello stilistico ed espositivo dei propri testi. Natural-
mente sono considerazioni iniziali, quelle svolte a livello testuale nel presen-
te capitolo; poi si passerà in questo libro a suggerimenti provenienti dalla re-
torica (capo 2), per lasciare al capo 4 una più dettagliata ed estesa trattazione
relativa a concrete questioni di adeguatezza testuale, legate alle tipologie del
testo giuridico italiano, passando attraverso (capo 3) alla linguistica dei cor-
pora ed alla sua intersezione con la diplomatica.

̱ͺ̱
1.1 CONNESSIONE TRA LE PARTI. Un primo aspetto fondante dell’ar-
gomentare è necessariamente legato alle modalità con cui le parti di testo
vengono connesse, non solo per quanto concerne l’ordine espositivo con cui
si susseguono, ma anche in relazione alle strategie linguistiche adottate per
collegarle.
Le varietà di lingua di registro formale si caratterizzano tradizionalmente,
come noto, per una maggiore presenza di strutture ipotattiche rispetto a va-
rietà diafasiche basse, una presenza chiaramente identificabile anche nelle
produzioni scritte dei corsisti del master, consci dei meccanismi e delle ten-
denze che contraddistinguono il linguaggio giuridico e preparati a recepirne
e riprodurne consuetudini e strutture in modo piuttosto maturo; ciononostan-
te, alcune sviste all’interno degli elaborati ci portano a riflettere sui potenzia-
li nodi linguistici complessi su cui varrebbe la pena porre l’attenzione
nell’ambito di un iter formativo con focus linguistico.
Si consideri un caso di coordinazione che, pur apparentemente di più fa-
cile gestione rispetto alle proposizioni subordinate, porta con sé una dubbia
resa come in (1),
(1) Considerato che il collegio, a seguito della discussione in Camera di
consiglio, condivide i motivi in fatto e in diritto esposti nella relazione
e, pertanto, riaffermati i principi di diritto sopra richiamati, il ricorso
va accolto, la sentenza impugnata deve essere cassata e la causa rin-
viata ad altra sezione della Commissione Tributaria Regionale della
Campania (Studente N)
in cui lo scrivente avrebbe potuto ottenere un esito più chiaro, soprattutto a
fronte di un periodo così lungo, con l’aggiunta di un ulteriore (considerato)
che dopo la congiunzione “e”.
In generale è possibile riscontrare numerose incertezze nell’utilizzo dei
connettivi:
(2) Peraltro, si impongono alcune considerazioni critiche sul contenuto
della presunzione avente ad oggetto prelevamenti. Essa è difficilmente
giustificabile, tanto che la dottrina ne ha ipotizzato o una giustifica-
zione sanzionatoria o vi ha individuato un’inammissibile doppia pre-
sunzione (Studente I)
Qui, per esempio, la prima delle due disgiunzioni – che pur rappresenta una
delle congiunzioni più frequentemente utilizzate dai parlanti italofoni – do-
vrebbe essere anticipata alla posizione che precede il verbo ha ipotizzato, per
segnalare la possibilità alternativa rispetto al passato prossimo seguente (ha
individuato).

̱ͻ̱
1.1.1 PUNTEGGIATURA. La connessione delle diverse parti di testo trami-
te mezzi interpuntivi richiederebbe un intero articolo a parte, tali sono le im-
plicazioni della punteggiatura nel discorso giuridico (cfr. MORTARA GARA-
VELLI 2001, pp. 77-86) e tale la quantità di inesattezze riscontrate negli ela-
borati dei corsisti. Si rimanda pertanto all’ottimo prontuario di MORTARA
GARAVELLI 2007, riportando solo a mo’ di esemplificazione alcune casisti-
che tratte dalle esercitazioni degli studenti:
(3) Inoltre per quanto concerne l’onus probandi_ poiché nei poteri del-
l’Amministrazione finanziaria in sede di accertamento rientra la valu-
tazione della congruità dei costi e dei ricavi esposti nel bilancio e nelle
dichiarazioni, con negazione della deducibilità di parte di un costo
sproporzionato ai ricavi o all’oggetto dell’ impresa, l’onere della pro-
va dell’inerenza dei costi, gravante sul contribuente, ha ad oggetto an-
che la congruità dei medesimi. (Studente L)
(4) Venendo alla seconda motivazione posta a sostegno della discussa
sentenza in esame, secondo la quale sarebbero assimilabili le posizioni
dell’amministratore di società a quella dell’imprenditore individuale_
si osserva che la Suprema Corte considera la propria equiparazione
fondata sul mancato inquadramento, quali lavoratori subordinati al-
l’impresa, comune alle due figure considerate (Studente M)
in cui si sente la mancanza di una virgola (negli esempi la posizione è segna-
lata con un trattino underscore) prima della subordinata (in 3), o immedia-
tamente dopo (in 4), soprattutto a fronte di frasi articolate e piuttosto lunghe.
In tal senso notiamo come anche la consecutio temporum sia talora com-
plicata dalla concatenazione di informazioni: alcuni corsisti mostrano di non
riuscire a gestirla correttamente, motivo per cui sarebbe piuttosto auspicabile
una scissione con un punto. Viceversa altri elaborati rivelano una tendenza
all’inserimento di un numero eccessivo di punti fermi, che rende il testo al-
trettanto pesante e poco coeso.
Di maggiore preoccupazione ci sembrano tuttavia i segnali interpuntivi
utilizzati in eccesso, là dove le norme linguistiche li vieterebbero categori-
camente:
(5) Il requisito della residenza assume pertanto, un’importanza fondamen-
tale ai fini dell’individuazione dei redditi che concorrono a formare la
base imponibile (Studente F)
(6) mentre, il “nonresidente” è tassabile per i soli redditi prodotti nel terri-
torio dello Stato (Studente F)

̱ͳͲ̱
1.2 I PUNTI-ELENCO. Una riflessione a parte meritano gli elenchi, con-
siderato il rischio di errori che li accompagna in alcuni degli elaborati ana-
lizzati.
Si esamini l’esempio seguente:
(7) In conclusione, si ritiene che il ricorso possa essere deciso in camera
di consiglio, in quanto manifestamente fondato»;
• che la relazione è stata comunicata al pubblico ministero e notificata
all’Avvocatura generale dello Stato;
• che non sono state depositate conclusioni scritte, né memorie. (Stu-
dente H)
in cui l’inserimento dei punti-elenco, nel tentativo di rendere più fruibile e
schematico il testo, porta con sè i i problemi, tra gli altri, evincibili dalle par-
ti sottolineate: in 7, in particolare, l’autore perde completamente di vista la
necessità di usare il congiuntivo in dipendenza dal verbo ritenere con cui ha
iniziato la frase.
1.3 POSIZIONE DI AVVERBI FOCALIZZATORI. Un’ulteriore, pur brevis-
sima, considerazione sulla posizione dei focalizzatori nei testi redatti dai cor-
sisti del Master: la tendenza a mantenere sempre elevato il livello di densità
informativa e ad accumulare conseguentemente una mole di materiale lin-
guistico superiore alla media implica talvolta la comparsa di imprecisioni
nella gestione del materiale stesso, con esiti incerti a livello di posizione dei
costituenti:
(8a) [...] la quale procederà a nuovo esame della controversia, unifor-
mandosi ai detti principi, oltre a provvedere in ordine alle spese
anche del presente giudizio di legittimità (Studente G).
Nel caso riportato in 8, il significato inteso dal corsista può essere reso sem-
plicemente con un singolo spostamento, che dirima l’effettiva portata del fo-
calizzatore:
(8b) [...] la quale procederà a nuovo esame della controversia, unifor-
mandosi ai detti principi, oltre a provvedere anche in ordine alle
spese del presente giudizio di legittimità.
1.4 CONCLUSIONI. Queste brevi note e considerazioni a partire dalle
produzioni scritte di corsisti di àmbito giuridico, che mostrano peraltro
background formativi e profili professionali piuttosto elevati, ci richiamano
all’importanza di una riflessione complessiva non solo sull’esigenza di una
formazione mirata in competenze logiche e di discorso, ma anche sul sup-

̱ͳͳ̱
porto che le scienze linguistiche possono fornire ai giuristi, così come a chi
ha a che fare con la gestione dell’argomentazione in generale.
E non dimentichiamo che ogni essere umano, in qualsiasi contesto pro-
fessionale e non, è chiamato continuamente a rendere ragione di scelte, opi-
nioni, richieste e dunque ad argomentare in modo logico il proprio discorso:
il modus operandi della linguistica testuale costringe al ragionamento sulla
costruzione organizzata e coerente di un testo, scritto o orale che sia, tanto
più in un settore come quello contemplato in questa sede, che ha visto negli
anni l’acclimatarsi di una pratica testuale complessa, da cui sorge una testua-
lità del diritto che si segnala spesso per la circonvoluzione del suo impianto.
È appunto questo genere di testualità che sopravvive fino ai giorni nostri
e che Marco Carmello tenterà di analizzare, seppur da un punto di vista par-
ticolare, nel capitolo quarto.

̱ͳʹ̱
II.

Manuel Barbera

Retorica, linguistica e tradizione giuridica.

Vesti non d’aspo i campestri gigli, mai che a-


vutene Salomone sì belle, né seminati; alimento
passere prodighe benché improvvide. Stolto in-
sieme scomporre, insistere, erudirne: o te, qua-
le seguito a cosiffatto blasfemo paolinismo?
Antonio Pizzuto, VII. Solitudine, da Pagelle I, 1973.

2.0 PREMESSA: PERCHÉ LA RETORICA. Il legame tra gli studi giuridici


e la retorica sussiste praticamente ab origine: quello che qui si vorrebbe far
vedere è che, come la retorica è stata utile al diritto nel passato, così lo è tut-
tora.
Due sono i percorsi possibili: uno, generale e di base, volto a chiarificare
gli aspetti generali della disciplina, ed ad illustrarne l’utilità nella fattispecie,
ed un secondo, più avanzato, volto ad esplicitare le principali figure e stru-
menti affinati nei secoli. In una prospettiva didattica abbiamo privilegiato la
prima prospettiva, mentre la seconda potrà eventualmente essere demandata
ad un successivo modulo.
2.1 LA RETORICA, QUESTA SCONOSCIUTA. Anche se una nozione “in-
genua” di retorica è ovviamente sicuramente ben diffusa e presupposta, non
per questo è sempre esatta. La prima definizione formale è stata data, come
spesso succede per molte cose nella nostra cultura occidentale, dal maestro
di color che sanno Aristotele (ਝȡȚıIJȠIJȑȜȘȢ ȈIJĮȖȚȡȓIJȘȢ: ȈIJȐȖİȚȡȠȢ | Stagira,
384 a.C. – ȋĮȜțȓȢ | Calcide, 322 a.C): ȉȑȤȞȘ ࠍȘIJȠȡȚțȒ | Ars Rhetorica:
(1) ਯıIJȦ į’ ਲ ૧ȘIJȠȡȚț੽ į઄ȞĮȝȚȢ ʌİȡ੿ ਨțĮıIJȠȞ IJȠ૨ ࢡİȦȡોıĮȚ IJઁ
ਥȞįİȤંȝİȞȠȞ ʌȚࢡĮȞંȞ.
Sit autem rhetorica facultas in quaque re videndi, quod contigit esse
idoneum ad faciendam fidem.

̱ͳ͵̱
La retorica è la capacità di vedere cosa possa essere persuasivo per
ogni cosa.
(Aristotele, Retorica, I.2.1355b26)3
Nonostante la retorica giudiziaria fosse già ben diffusa nell’antica Grecia4,
è questa, come si può vedere, una definizione affatto generale, svincolata dal
solo Diritto (che vi può però essere tranquillamente sussunto), e che muove
in una direzione più generale, che oggi chiameremmo forse pragmatica.
2.2 IL CICLO VALUTATIVO. Una caratteristica di questo tipo di
approccio definitorio è che astrae da qualsiasi prospettiva valutativa
dell’intervento del retore che può pertanto essere mosso da intenti eticamen-
te positivi o meno. E questo, per un giurista (e non solo) non è indifferente.
Oggi l’accezione media del termine (quella “ingenua” cui accennavo
prima come potenzialmente erronea) si è volta piuttosto verso il polo negati-
vo: quando diciamo a qualcuno ma come sei retorico! di solito non inten-
diamo certo fargli un complimento.
È la versione positiva del termine, invece, quella che fa più nostro gioco;
ed è anche quella che, originata dalla cultura latina, è più perdurata nel no-
stro mondo da quello classico a quello medievale ed oltre.

Vox media (Aristotele)


>
Positivo (Latini)
>
Negativo (vulgata moderna)
> ...
Tav. 1.
2.2.1 VIR BONUS. La stretta connessione della dimensione etica con
quella retorica è, dicevamo, una elaborazione specifica della cultura latina,
ed è frutto non a caso della stretta congiunzione col diritto, altra roccaforte

3
Latine da BEKKER 1831 (= ARISTOTELE ARh-AB), p. 696a; traduzione italiana
mia; cfr. PARSONS 1836 (= ARISTOTELE ARh-Par), pp. 10-11.
4
Anzi, tradizionalmente si fa risalire l’origene stessa della retorica proprio all’orato-
ria, alle lezioni impartite dopo il 467 a.C. da Empedocle di Agrigento (ਫȝʌİįȠțȜોȢ
ਝțȡĮȖĮȞIJȓȞȠȢ, Agrigentum | ਝțȡȐȖĮȢ, 490 a.C. circa – 430 a.C) ai cittadini di
Siracusa per potere intentare i processi necessari per rientrare in possesso delle terre
confiscate dai tiranni Gelone e Gerone I.
̱ͳͶ̱
latina5. Questa è condensabile con la famosa definizione dell’oratore che ri-
sale a Catone (Marcus Porcius Cato Censor, Tusculum 234 a.C. circa – 149
a.C), ma che è stata tramandata e diffusa prima da Cicerone (Marcus Tul-
lius Cicero, Arpinum 106 a.C. – Formiae 43 a.C) e poi da Quintilliano
(Marcus Fabius Quintilianus, Calagurris 35-40 – Roma 96), in cui qualità e-
tiche e “tecniche” si trovano congiunte in una ideale endiadi (per usare, giu-
stappunto, una figura retorica):
(2) Sit ergo nobis orator, quem constituimus, is, qui a M. Catone finitur,
vir bonus dicendi peritus; verum, id quod et ille posuit prius et ipsa na-
tura potius ac maius est, utique vir bonus.
(Quintilianus, Institutio oratoria, XII, 1)
Dal punto di vista giuridico, quindi, l’esortazione alla retorica è basilare:
non vi può essere retorica dell’ingiusto.
2.2.2 DALL’ADEGUATEZZA... In altri termini, la retorica, nel senso lati-
no, deve essere sempre commisurata all’oggetto del persuadere. È questo un
altro importante tenet: la nozione della adequatio, che trova la sua più auto-
revole espressione ed auctoritas in Orazio (Quintus Horatius Flaccus, Ve-
nosa 65 a.C. – Roma 8 a.C):
(3) Sumite materiam vestris, qui scribitis, aequam / viribus, et versate diu,
quid ferre recusent, / quid valeant humeris [...].
(Horatius, Ars Poetica, 38 sgg.)
2.2.3 ...ALLA TEORIA DEGLI STILI. Conformemente alla fortuna della
Poetica di Orazio nel Medioevo, l’esigenza di cui questi si faceva portavoce
che le tecniche retoriche fossero pur sempre subordinate ad una considera-
zione contenutistica (e, catonianamente, etica), si trasformerà presto in una
delle dottrine centrali della stilistica medievale: la cosiddetta dottrina degli
stili, che informerà bene anche il pensiero e l’opera di Dante (Durante di
Alighiero degli Alighieri detto Dante, Firenze 1265 – Ravenna 1321).
Che l’archetipo, comunque, sia da ravvisare proprio in Orazio, è certo, è
reso evidente da molte Poetriae in cui il riferimento è scoperto, come in
quella, celeberrima, di Geoffrey de Vinsauf (Gaufridus de Vinosalvo,
floruit nel XIII secolo, e molto altro non se ne sa):

5
Sulla centralità ed importanza della concomitante elaborazione del diritto romano
per la cultura giuridica direi universale non metterà certo qui conto di spendere
parole, rivolgendosi ad un pubblico di giuristi.
̱ͳͷ̱
(4) Da pondera verbis / aequis suis humeris [...].
(Geoffrey de Vinsauf, Poetria nova, 1085-6)
(5) => Dante, De vulgari eloquentia, II.iv.1-3, ecc.
Naturalmente, pur nascendo da una esigenza etica e giuridica, questo ha
avuto conseguenze soprattutto per la teoria letteraria (come evidente in Dan-
te), e, pertanto, tralasceremo la questione e ci riporteremo subito a rotte più
confacenti ai nostri scopi.
2.2.4 DIVERSIFICAZIONE ESTERNA. Una conseguenza invece giuridica-
mente rilevante della dottrina dell’adequatio è la necessità di rapportarsi al
proprio interlocutore in modo corretto; e tra comprensione ed accuratezza si
può instaurare una tensione che è importante modulare in modo ottimale. Ha
espresso benissimo il concetto Mortara Garavelli (Bice Mortara Garavel-
li, Montemagno 1931 – ...):
(6) [...] “leggibilità” e [...] “comprensibilità” dei testi [...] dipendono [...]
dalla presenza di tecnicismi [...]. Occuparsene porta dritto nella que-
stione, sempre aperta, di come e entro quali limiti si possa semplifica-
re e rendere chiaro un discorso specialistico fortemente vincolato e
vincolante. Interventi superficiali e semplicistici sulla “forma” posso-
no alterare la sostanza. Se si coltivasse l’illusione di rendere accessibi-
le tutto a tutti non si farebbe che seminare confusione e incertezza in-
terpretativa, matrici di ingiustizia generalizzata. D’altra parte,
l’oscurità dovuta all’ermetismo di formule iniziatiche contraddice il
sacrosanto diritto che ognuno ha di orientarsi fra le norme e le con-
venzioni del vivere civile. L’affermazione di questo diritto, però, deve
tenere conto realisticamente della necessità di ricorrere alla mediazio-
ne di esperti, quando la complicazione intrinseca alla materia stessa
metta in difficoltà chi non è specialista. Come si vede, sono in gioco le
differenze, nei contenuti e nelle competenze dei destinatari, piuttosto
che un illusorio egualitarismo.
(Mortara Garavelli, Le parole e la giustizia, III.i, p. 154)
2.2.5 OMOGENEITÀ INTERNA. Un contraltare, forse meno evidente, ma
non meno rilevante, della diversificazione esterna in rapporto ai propri inter-
locutori, è quello che chiameremmo dell’omogeneità interna, e cioè della
opportunità, una volta selezionato il livello da raggiungere, di attenervisi evi-
tando di incorrere in repentini cambiamenti di registro, che potrebbero avere
effetti disorientanti. Un esempio6 tratto dal commento giurisprudenziale che
abbiamo usato come campione potrebbe essere il seguente,
6
Un altro sarà presentato più avanti.
̱ͳ͸̱
(7) Sebbene il cuore dell’ordinanza in commento investa l’applicazione in
ambito tributario della regola imposta dal 3o comma dell’art. 2724 c.c.,
gli argomenti affrontati dalla Suprema Corte solleticano anche rifles-
sioni sull’accertamento induttivo e sulle indagini finanziarie.
(MARCHETTO 2010, p. 1281)
dove le due espressioni sottolineate appartengono al registro giuridico “tec-
nico” laddove quella in grassetto al registro colloquiale7. Beninteso, se in
condizioni ordinarie il cambio di registro è certo da evitare, pure può essere,
quando usato consapevolmente ed in condizioni speciali, un effetto voluto e
ricercato, volto a mantenere alta l’attenzione del proprio uditorio con scarti
inaspettati, ad allentare la tensione argomentativa in un contesto troppo ser-
rato ed esigente, od anche solo a stabilire una maggiore complicità con il
proprio pubblico tramite un controllato ammicco.
2.3.1 QUANTITÀ PROPORZIONATA. Queste considerazioni implicano
quella misura che non a caso uno dei più grandi commentatori della Retorica
di Aristotele, il Tesauro (Emanuele Tesauro, cavaliere di Gran Croce del-
l’Ordine Mauriziano, Torino, 1592 – 1675), equiparava alla saggezza:
(8) [...] tre altre virtù [...] rendono la periodo soave, & ben cadente: cioè
SCANDIMENTO de’ Piedi: BELTA delle Parole: e QUANTITA proporzio-
nata. [...] A buon intenditor basteria per misura della quantita periodi-
ca una paroluzza gittata colà dal nostro Autore: Magnitudinem ME-
DIOCREM (Ar. 3 Reth. C. 9). Ma la Mediocrità è una Misura da Iddio
nascosa nel sol petto de’ Saggi. Pur volendola Marco Tullio nell’O-
rator suo visibilmente mostrare a ciascheduno; [...].
(Tesauro8, Cannocchiale aristotelico, 1670, p. 143).
Il che ci riporta a quel cortocircuito tra tecnica argomentativa ed etica da
cui eravamo mossi.
2.3.2 SINTASSI SPROPORZIONATA MA PROPORZIONABILE? Ciò sarebbe
anche sufficientemente chiaro, sennonché ci piacerebbe anche fornire qual-
che suggerimento pratico in tal senso, individuando specificamente nella sin-
tassi (piuttosto che nella terminologia) la zona dove è più agevole intervenire
per raggiungere quella “medietà” desiderata senza scadere nella inesattezza.
Si consideri, ad esempio, il passo seguente, di notevole complessità, sem-
pre tratto dal nostro brano campione:
7
Una certa indiffferenza lessicale è rilevata anche più oltre, nel § 4.2.2 verso il
mezzo, dove se ne tenta una giustificazione.
8
Cito direttamente dalla seicentina mantenendone il sistema ortografico e
tipografico, sapientemente ed accuratamente studiato, anche se diverso dal moderno.
̱ͳ͹̱
(9)a Il ricorso appare manifestamente fondato, alla luce dei consolidati
principi secondo i quali, da un lato, nel processo tributario, nel caso in
cui l’accertamento effettuato dall’ufficio finanziano si fondi su verifi-
che di conti correnti bancari, è onere del contribuente, a carico del
quale si determina una inversione dell’onere della prova, dimostrare
che gli elementi desumibili dalla movimentazione bancaria non siano
riferibili ad operazioni imponibili, mentre l’onere probatorio dell’Am-
ministrazione è soddisfatto, per legge, attraverso i dati e gli elementi
risultanti dai conti predetti (ex plurimis, da ult., Cass. n. 4589 del
2009), e, dall’altro, nel caso in cui il contribuente si trovi nell’incol-
pevole impossibilità di produrre documentazione contabile a prova
contraria (a causa di furto o, come nella fattispecie, di incendio), trova
applicazione la regola generale prevista dall’art. 2724 c.c., n. 3, se-
condo cui la perdita incolpevole del documento occorrente alla parte
per attestare una circostanza a lei favorevole non costituisce motivo di
esenzione dall’onere della prova, né trasferisce lo stesso a carico del-
l’Ufficio, ma autorizza soltanto il ricorso alla prova per testimoni o
per presunzioni, in deroga ai limiti per essa stabiliti (Cass. nn. 10174
del 1995, 13605 del 2003, 21233 del 2006).
(MARCHETTO 2010, p. 1281)
(9)b Il ricorso appare manifestamente fondato, alla luce dei consolidati
principi del processo tributario. Secondo questi, da un lato, nel caso
in cui l’accertamento effettuato dall’ufficio finanziano si fondi su veri-
fiche di conti correnti bancari, è onere del contribuente, a carico del
quale si determina una inversione dell’onere della prova, dimostrare
che gli elementi desumibili dalla movimentazione bancaria non siano
riferibili ad operazioni imponibili, mentre l’onere probatorio dell’Am-
ministrazione è soddisfatto, per legge, attraverso i dati e gli elementi
risultanti dai conti predetti (ex plurimis, da ult., Cass. n. 4589 del
2009). Dall’altro lato, nel caso in cui il contribuente si trovi nell’in-
colpevole impossibilità di produrre documentazione contabile a prova
contraria (a causa di furto o, come nella fattispecie, di incendio), tro-
va applicazione la regola generale prevista dall’art. 2724 c.c., n. 3,
secondo cui la perdita incolpevole del documento occorrente alla par-
te per attestare una circostanza a lei favorevole non costituisce motivo
di esenzione dall’onere della prova, né trasferisce lo stesso a carico
dell’Ufficio, ma autorizza soltanto il ricorso alla prova per testimoni
o per presunzioni, in deroga ai limiti per essa stabiliti (Cass. nn.
10174 del 1995, 13605 del 2003, 21233 del 2006).

̱ͳͺ̱
I cambiamenti suggeriti in sottolineato, e che agiscono solo sulla sintassi
in cui il passo è articolato, non ne alterano minimamente il significato ed il
senso giuridico, e pure raggiungono l’effetto di notevolmente abbassarne
l’impegnatività. Certo, il passo fa parte del genere “motivazione alle senten-
ze di Cassazione” in cui una notevole complessità, spesso ereditata diretta-
mente dalle sentenze medesime (le cui tessere citazionali è prassi invalsa
spesso non virgolettare), è affatto normale9; ed il giurista by trade non ne è
senz’altro né stupito né colto di sorpresa, anzi, senza dubbio tale periodare
convoluto se lo aspetta ed è perfettamente allenato a farci i conti insieme.
Ma il mondo è fatto anche da non giuristi, i cui diritti, almeno linguistici, a
volte non è difficile (oltre che etico) tutelare, come in questo caso. E del cor-
tocircuito etico instaurato dalla retorica si è detto.
2.4 DISPOSITIO. Un altro importante requisito sempre legato alla “na-
tura del contenuto”, ed ugualmente correlato al precedente (costituendone,
propriamente, una condizione), è quello della dispositio, che classicamente si
potrebbe così definire:
(10) Dispositio est ordo et distributio rerum, quae demonstrat quid quibus
locis sit conlocandum.
(Cornificius, Rhetorica ad Herennium, I.ij.3, p. 5)
Che poi, in termini moderni, dal punto di vista giuridico, equivale sostan-
zialmente a quanto bene afferma la Mortara Garavelli:
(11) Comune ai testi legali normativi, indipendentemente dai risultati che
variano caso per caso, è l’intento di disporre la materia secondo gerar-
chie chiaramente definite e riconoscibili, dalle formulazioni di valore
generale alla loro applicabilità ai casi particolari. Una buona dispositio
rispetta la successione logica e temporale dei fatti da regolare e dei
procedimenti da seguire. Per quanto riguarda la struttura delle norme,
una delle regole principali che governano la stesura delle leggi fa un
riferimento esplicito alla distribuzione delle parti costitutive: “una
norma consiste, di solito, nella fattispecie e nel comando: bisogna de-
terminare il caso presupposto, poi dettare le conseguenze” (Cassese
1992, p. 324)
(Mortara Garavelli, Le parole e la giustizia, II.ij, p. 76)

9
E si tenga inoltre presente che cumunque la complessità è di per sé connaturata in
un certo tipo di testo giuridico: cfr. qui oltre il § 4.2.2.
̱ͳͻ̱
2.5.1 REM TENE. Un’altra conseguenza, forse la più radicale, della ten-
sione etica istituita dalla tradizione latina, è il precetto espresso da Catone
(ed espanso da Cicerone) con la formula rem tene:
(12a) Rem tene, verba sequentur.
(Catone il Censore, Orationum fragmenta)
(12b) Rerum enim copiam verborum copiam gignit: et, si est honestas in re-
bus ipsis, de quibus dicitur, exsistit ex re naturalis quidam splendor in
verbis.
(Cicero, De oratore, III.xxxj, 125)
In altre parole, è la virtù stessa dell’oggetto proposto dal retore che ha
come tale le proprietà sufficienti per “dettargli” gli strumenti appropriati: so-
stenere una posizione giusta ed attenervisi con piena adesione è la prima del-
le regole. Ed è consiglio, direi, attualissimo.
2.5.2 INVENTIO. Il correlato tecnico di questo assunto, cui comunque è
sempre subordinata, è la cosiddetta inventio, che è classicamente definibile
seguendo Cornificio (Quintus Cornificius10, floruit nel I secolo a.C.) :
(13) Inventio est excogitatio rerum verarum aut veri similium quae causam
probabilem reddant.
(Cornificius, Rhetorica ad Herennium, I.ij.3, p. 5)
2.6 EXERCITATIO. Se la solidità etica è il necessario presupposto di
ogni retorica (e di ogni giurisprudenza, soggiungerei), la corretta misura,
l’appropriato bilanciamento tra esigenze del pubblico e del giure, l’inventio
appropriata ad ogni res, ed in breve l’arte medesima, sono tutte cose difficili
da raggiungere solo con la precettistica. Fondamentale è l’esperienza (e non
a caso oggi è parte integrante della formazione di ogni giurista proprio la
pratica legale).
Il consiglio più importante che possiamo, alla fine, dare è proprio quello
che già dava Cicerone:
(14) Tum accedat exercitatio, qua illum, quem delegerit, imitando effingat
atque exprimat, non ut multos imitatores saepe cognovi, qui aut ea,

10
Sul personaggio non si hanno molte informazioni. La questione principale è, ap-
punto, l’attribuzione che gli è stata fatta della Rhetorica ad Herennium, che è stata in
passato molto dibattuta: tradizionalmente (così ad esempio Prisciano e san Gero-
nimo) assegnata a Cicerone, è ormai solidamente risolta in suo favore (prevalente-
mente in base alla testimonianza di Quintilliano). La Rhetorica è databile tra 86 ed
82 a.C.
̱ʹͲ̱
quae facilia sunt, aut etiam illa, quae insignia ac paene vitiosa, consec-
tantur imitando.
(Cicero, De oratore, II.xxij, 90)
2.7 UNA CONSIDERAZIONE CONCLUSIVA. La cultura giuridica italiana
ha, in effetti, continuativamente conservato un forte contatto con i principi
della retorica classica cursoriamente analizzati in questo terzo paragrafo.
Due sono i motivi della sopravvivenza di tale nesso: l’uno è storico – a fron-
te della frammentazione dei sistemi giuridici della Penisola, la pratica retori-
ca rappresentava un forte tratto di unione della cultura giuridica italiana;
l’altro è culturale e filosofico – la tradizione italiana, pur nell’ambiguità che
tale espressione assume (cfr. ESPOSITO 2010) ha sempre, per lo meno da
Machiavelli a Beccaria, considerato il diritto come luogo del confronto /
scontro delle posizioni, quindi come un’arena in cui prevale un punto di vista
parziale ma pragmaticamente pronto (che è poi “l’imbrogliare le carte” di cui
parla a Renzo il manzoniano Azzeccagarbugli).

̱ʹͳ̱
III.

Manuel Barbera - Cristina Onesti

Markup testuale ed articolazione diplomatica:


linguistica dei corpora per testi giuridici.

L’informe mondo, l’informale sete


d’esistere, ombra, monti, fiumi, verde,
sensi e occhi mai nati, orme inconcrete
d’una forza che in sé chiusa si perde,
forse un paese diviene, una pausa
Andrea Zanzotto, Prova per un sonetto, da IX Ecloghe, 1962.

3.0 PREMESSA. Il presente contributo intende al contempo presentare


il corpus Jus Jurium ed esplicitare due caratteristiche che ne sono state pre-
occupazioni determinanti: la articolazione testuale (e quindi, nella fattispecie,
diplomatica) e le applicazioni traduttive. Sullo sfondo, le possibili applica-
zioni nella didattica giuridica ed il Master Argomentare, cui la presente ri-
cerca11, pur nata in un diverso progetto, è stata riadibita.

3.1 I CORPORA AL SERVIZIO DEL TRADUTTORE. L’uso di corpora nella


traduzione e nella didattica della traduzione ha mostrato in anni recenti la


Il testo è stato scritto in stretta collaborazione, tuttavia i paragrafi 3.3, 3.4 e 3.4.1
sono da attribuire a Manuel Barbera, mentre Cristina Onesti si è occupata della
stesura dei §§ 3.1, 3.4.2, 3.5. I paragrafi 3.0 e 3.2 sono frutto di entrambi gli autori.
11
Non sarebbe infatti stata possibile senza il suo avvio all’interno del progetto FIRB
“L’italiano nella varietà dei testi. L’incidenza della variazione diacronica, testuale e
diafasica nell’annotazione e interrogazione di corpora generali e settoriali”,
RBAU014XCF 2001, coordinatore Carla Marello, e senza il finanziamento nell’àm-
bito della Promozione Ricerca 2005 CNR del progetto coordinato da Cristina
Onesti: “Tipologie testuali e parti di articolazione del testo nei documenti giuridici:
l’uso di corpora per la traduzione giuridica”.
̱ʹ͵̱
sua utilità (cfr. BERNARDINI - ZANETTIN 2000 e ZANETTIN et alii 2003)12, e-
leggendo sempre più i corpora a versatili e preziosi strumenti per aiutare il
traduttore nella sua professione, fornendo dati linguistici in grande quantità
ed in contesti d’uso autentici, e permettendo una maggiore reperibilità di e-
spressioni e collocazioni.
La traduzione in àmbito giuridico è certamente uno dei campi in cui la
corpus linguistics più può giovare, come nota Giovanni Rovere, per analisi
di linguistica giuridica, in cui le «potenzialità tecniche [di un corpus]
permettono di far emergere ciò che altrimenti rischia di sfuggire all’attenzio-
ne del linguista, in quanto l’ampiezza del corpus rende possibili interroga-
zioni incrociate, e, nel contempo, possono essere riuniti e confrontati contesti
che alla lettura lineare passerebbero inosservati» (ROVERE 2005, p. 27). Il
beneficio è evidente a livello terminologico ma, d’altra parte, dev’essere
assistito da una seria riflessione testuale, che emerge con forza dall’analisi
delle rigide strutture dei tipi testuali occorrenti nel linguaggio giuridico-
normativo e dalla conseguente articolazione in parti fisse dei testi.
Il valore euristico comparativo della tipologia testuale (cfr. VISCONTI
2002) si fonde a quell’attenzione verso aspetti formali e strutturali già
rilevata per l’italiano più che per altre lingue indoeuropee: Iørn Korzen parla
per esempio di una «maggiore esplicitezza pragma-testuale» e di una «più
spiccata coscienza retorico-testuale» nell’italiano rispetto a molte lingue
germaniche (KORZEN 1999, p. 105). Tale attenzione formale è tuttavia
incrementata dalla funzione specifica del tipo testuale ed è considerabile in
qualche modo universale per il linguaggio specialistico in questione.
Il lavoro su testi giuridici in particolare pone il docente e formatore di
traduttori di fronte ad una decisiva sfida ‘testuale’, necessaria se si consideri
la «centralità della tipologia testuale nell’analisi delle produzioni linguistiche
giuridiche» (CORTELAZZO 1997).
Il progetto avviato con il corpus Jus Jurium in bmanuel.org, ora in
procinto di essere distribuito da corpora.unito.it dell’Università di Torino, in
cui particolare rilievo è accordato a struttura testuale ed articolazione
diplomatica interna, ci sembra pertanto ben adatto a proseguire nel fertile
solco sopra indicato della traduzione di testi in àmbito giuridico.

3.2 IL CORPUS JUS JURIUM. Il corpus in allestimento intende coprire


la totalità dell’universo di discorso legale oggi corrente in Italia: come già il-
lustrato sinteticamente in BARBERA - ONESTI 2009, in ONESTI 2011 e nella

12
Finanche nel campo dell’interpretariato: cfr. BENDAZZOLI 2010 (il corpus EPIC,
European Parliament Interpreting Corpus, ad esempio, è già utilizzabile online).
̱ʹͶ̱
homepage13 del progetto, esso mira a seguire l’intera “vita” delle leggi, dal
loro concepimento nelle discussioni parlamentari, alla loro codificazione in
regole normative, alla loro applicazione nei procedimenti giudiziari, artico-
landosi in sottocorpora di lingua italiana che saranno interrogabili singolar-
mente o contemporaneamente con la medesima interfaccia degli altri corpora
di bmanuel.org distribuiti da corpora.unito.it.
Jus Jurium non nasce con le finalità di un database giuridico – un tipo di
strumento peraltro già esistente nel panorama italiano – bensì con fini stret-
tamente linguistici: il corpus è POS-taggato (ovvero etichettato per parti del
discorso) ed ha un robusto markup diplomatico e testuale.
Nelle prime fasi del lavoro si è provveduto alla raccolta dei testi ed a
un’attenta analisi dei livelli di articolazione in essi presenti, spesso trascurati
nell’àmbito della linguistica e soprattutto della traduzione giuridica. Il cor-
pus permetterà, come già sottolineavamo in BARBERA - ONESTI 2009, «un
tipo di interrogazione più significativa dei testi giuridico-legislativi rispetto
ad un database tradizionale, avvalendosi di una preliminare riflessione teori-
ca a partire da nozioni di linguistica testuale e di diplomatica. I recenti lavori
di sistematizzazione delle parti di testo hanno confermato l’interesse della
tematica, evidenziando tuttavia in misura minore l’importanza della rigidità
delle strutture testuali in questione, radicate nelle culture dei sistemi giudi-
ziari ed amministrativi di ogni Paese e pertanto fonte evidente di difficoltà
per il traduttore».
Il corpus mira a mettere insieme un ampio ventaglio di tipi testuali, più
differenziato delle numerose analisi settoriali sinora presenti come, per e-
sempio, la cospicua letteratura sulle sentenze penali (cfr. almeno BELLUCCI
2005b, NAPPI 1989 ed ONDELLI 2006). Jus Jurium, infatti, si propone come
un complesso di diversi subcorpora, la cui articolazione generale sarà basi-
larmente tripartita: in prima istanza una Sectio Normativa, consistente nei
Codici, nella Costituzione, nelle leggi e nei decreti di Governo, Ministri, Re-
gioni ed Autorità amministrative autonome (sarà presente anche una cam-
pionatura dei più rilevanti testi paranormativi); un secondo sottocorpus che
potremmo definire Sectio Judicialis, consistente negli atti (sentenze, ordi-
nanze, ecc.) pronunciati dalle varie Corti, di tutti i gradi (anche se, ovvia-
mente, con maggior peso della Corte Costituzionale); la terza sezione, infine,

13
Per il trattamento dei forestierismi è alla proposta globale formulata in BARBERA
2009, paragrafo 1.4, pp. 7-13, che ci atteniamo nel presente contributo, con tutte le
conseguenze pratiche che ciò implica: «Tondo (invariabile) o corsivo (con plurale in
-s)? Prestito non adattato (ma comunque accettato, fosse anche faute de mieux) o
fastidioso termine straniero se non da puristicamente evitare almeno da porre nella
quarantena del corsivo?» (BARBERA - MARELLO 2011, n. 3).
̱ʹͷ̱
la Sectio Parlamentaris, composta dagli “stenografici” delle sessioni delle
Camere e delle Commissioni camerali, dei vari “atti di indirizzo e di control-
lo” e dei “disegni di legge”.
Il gruppo di lavoro mira in futuro14 a realizzare altre due sezioni: una Sec-
tio Didactica, dedicata all’insegnamento della Legge (vincolata all’eventuale
acquisizione di copyright di qualche rappresentativo manuale di Diritto) e
particolarmente auspicabile per la potenziale utilità in percorsi di formazione
mirata, come quelli presentati in questo volume; ed una quinta sezione che si
vorrebbe destinata al modo in cui le persone “comuni” parlano di solito di
legge – esportando una Sectio Communis dal corpus di newsgroup italiani
NUNC15, selezionando in particolare i newsgroup di interesse legale.
Inoltre, per quanto riguarda i testi attualmente in implementazione, come
dicevamo in BARBERA - ONESTI 2009, «importante, nella scelta dei testi, è
stata anche la definizione della loro “contemporaneità” e “rappresentatività”.
Soprattutto il primo criterio, infatti, è reso più problematico dell’usuale, data
la curiosa natura “astorica” dei testi legali: anche un Regio Decreto, se mai
revocato, è tuttora in vigore; e facendo parte della normativa vigente è isso-
fatto attuale e “contemporaneo”. Oltre a questo aspetto de jure, abbiamo pre-
teso per i nostri materiali anche un requisito de facto: la loro presenza online
in più siti web, anche di carattere non istituzionale, che ne garantisca la effet-
tiva presenza nell’ “uso” attuale. Connesso è il problema del bilanciamento
ottimale del corpus secondo le varietà testuali, che si è basato (a) primaria-
mente sulla reperibilità dei testi in rete, nell’idea che questa situazione di fat-
to rappresenti un “bilanciamento naturale”; (b) sulla rappresentatività ed im-
portanza normativa (esiste una riconosciuta gerarchia di importanza delle
fonti di normativa) o giurisprudenziale (ad esempio seguendo l’uso delle
raccolte di giurisprudenza di privilegiare la Corte di Cassazione rispetto alle
Corti di merito) degli atti16».
14
Per il momento abbiamo iniziato da quei testi che si potevano liberamente ottenere
in base alla legge 22 aprile 1941 n. 633 “Protezione del diritto d’autore e di altri
diritti connessi al suo esercizio”, il cui art. 5 stabilisce che «le disposizioni di questa
legge non si applicano ai testi degli atti ufficiali dello stato e delle amministrazioni
pubbliche, sia italiane che straniere».
15
Per una illustrazione generale dei corpora NUNC cfr. BARBERA 2011.
16
Oltre alla dimensione relativa al tipo di discorso giuridico (riflessa nella
organizzazione in sezioni del corpus), si è tenuto conto, quando possibile, anche
della, trasversale, dimensione della estensione locale: le sezioni 2 e 3 infatti
comprendono testi tanto nazionali quanto regionali; in un futuro ci si potrà
espandere anche a testi europei ed internazionali, che tuttavia sollevano problemi
linguistici di ordine diverso, ragion per cui almeno in questa fase iniziale sono stati
esclusi.
̱ʹ͸̱
3.3 TIPOLOGIE TESTUALI ED ARTICOLAZIONE DEL TESTO GIURIDICO.
La ricerca ha voluto perfezionare l’annotazione linguistica del corpus Jus Ju-
rium rispetto alla base già presente in tutte le risorse elaborate da bma-
nuel.org e presenti nella piattaforma di distribuzione corpora.unito.it, a livel-
lo di POS-tagging e markup ordinario. Il lavoro svolto intorno a questo cor-
pus, tra l’altro, permetterà un’interrogazione più significativa dei corpora già
in rete, avvalendosi della preliminare riflessione teorica cui si è già accenna-
to.
Notevole peso ha avuto infatti l’attenzione alla tipologia testuale ed
all’articolazione dei testi giuridico-legislativi in parti ricorrenti e peculiari
per ogni genere, operazione svolta finora nel panorama della ricerca italiana
in modo non esaustivo. I recenti lavori di sistematizzazione delle parti di te-
sto giuridico (come CORTELAZZO 1997, MORTARA GARAVELLI 2003 e SA-
BATINI 1990 ) confermano, peraltro, l’interesse della tematica: avvalorano
17

in particolare la necessità di considerare le fondamentali funzioni pragmati-


che di un testo giuridico (distinguendo tra attività di creazione, interpretazio-
ne ed applicazione delle regole del diritto), evidenziando tuttavia solo a late-
re l’importanza della rigidità delle strutture testuali in questione, radicate
nelle culture dei sistemi giudiziari ed amministrativi di ciascun Paese.
Inoltre, come già detto, rispetto ad analisi soltanto di alcuni tipi di testo,
Jus Jurium raccoglie una gamma maggiormente differenziata di tipologie te-
stuali ed a tutte si è tentato di attribuire etichette comuni per marcare
l’articolazione interna del discorso: il progetto mira ad affinare tali forme di
markup per poter in futuro muoversi su interrogazioni separate delle parti di
testo.
Sebbene già notevoli siano i risultati di drafting legale negli studi di alcu-
ni gruppi di ricerca italiani (cfr. ad esempio BIAGIOLI et alii 1995), poco si è
infatti lavorato su una serie così rappresentativa di testi; soprattutto quasi
nulla si è detto sull’applicazione dell’analisi alla traduzione giuridica, che si
è avvalsa finora di consigli e tecniche a livello per lo più terminologico o
sintattico-aspettuale già notato da VISCONTI 2007, a favore invece di una
prospettiva più testualista. La struttura testuale influenza, infatti, considere-
volmente la stesura di un documento giuridico e dunque la successiva tradu-
zione.
Il gruppo di ricerca torinese ha finora raccolto testi in lingua italiana, che
possano in un primo tempo assolvere allo scopo di aiutare la formazione di
traduttori dal tedesco all’italiano: pur non avendo ancora elaborato in questo
stadio del lavoro testi paralleli di provenienza tedesca, si è mirato in primis
17
Ma si veda anche tutta la terza sezione del secondo tomo di SABATINI 2011, pp.
271-360, con la Premessa di Domenico Proietti.
̱ʹ͹̱
all’elaborazione del markup testuale che potrà poi essere applicato sia alla
lingua di partenza sia alla lingua di arrivo. La scelta di un’iniziale raccolta
solo italiana non ci sembra peraltro fuori luogo, data l’anomala iperprodutti-
vità normativa italiana: ciò ha reso auspicabile iniziare l’analisi da un siste-
ma comprendente più categorie da prendere in considerazione per la futura
applicazione al diritto europeo e tedesco in particolare.

3.4 MARKUP TESTUALE E DIPLOMATICO. Lo studio formale e struttu-


rale del testo giuridico, che con Jus Jurium abbiamo portato nella linguistica
dei corpora, ha in realtà un grande precedente nella “diplomatica”, disciplina
il cui oggetto è proprio la «spiegazione della forma degli atti scritti» (TES-
SIER 1952, p. 15); purtroppo però la diplomatica, discesa dai magnanimi
lombi del De re diplomatica del grande Mabillon nel 1681, sconta un poco la
sua origine storica coll’essere modernamente concepita più come una scien-
za storica18, che non una scienza giuridica: il suo dominio di applicazione
non è quindi stato esteso, dal Medioevo e Rinascimento che le sono tipici,
all’era moderna19. Fare, invece, diplomatica moderna, specie con gli stru-
menti della linguistica dei corpora, come stiamo sperimentando, avrebbe in-
vece a nostro parere assai senso, presentando il duplice vantaggio (a) descrit-
18
Già fin nell’assetto definitorio della manualistica, se ad esempio Alessandro
Pratesi la dichiara «la scienza che ha per oggetto lo studio critico del documento [...]
al fine di determinarne il valore come testimonianza storica» (PRATESI 1979, pp. 8-
9), seguendo in ciò una lunga tradizione, consacrata anche dalla prolusione all’École
des chartes di Georges Tessier: «la science des règles qui, a travers les âges, ont
présidé à l’élaboration et à la rédaction des actes instrumentaires considérés comme
sources de l’histoire» (TESSIER 1930, p. 260; corsivi nostri).
19
Situazione, peraltro, ben accettata dai diplomatisti medesimi, felici di rimanere
nella loro nicchia di storici; si veda ad esempio cosa su ciò scriveva Armando
PETRUCCI nel 1963: «Col nascere dell’età moderna e della moderna considerazione
del tempo e della storia, il documento si è andato spogliando del suo originario
valore simbolico e di ogni funzione che non sia quella di puro tramite e prova di
rapporti giuridici. Nello stesso tempo, e per le stesse cause, esso viene via via
perdendo la sua individualità, sia perché il suo processo di genesi tende a liberarsi
dalle regole rigide della tradizione medievale, sia perché nel suo interno si dissolve
quella ordinata impalcatura formale che era stata fino ad allora emblema e garanzia
dei significati particolari che l’uomo del medioevo era abituato a riconoscervi. Il
documento, insomma, si trasforma in “atto”, e uno studio autonomo della sua genesi
e delle sue forme non si giustifica più, in quanto non può più consentire un reale
contatto con gli aspetti fondamentali della civiltà moderna e contemporanea, ma
solo, mediante una utilizzazione puramente strumentale, la comprensione di
fenomeni settoriali limitati all’amministrazione pubblica, al commercio, ad alcuni
aspetti della produzione».
̱ʹͺ̱
tivo, di illustrare la strutturazione dei documenti vigenti senza rinunciare a
quanto elaborato da una lunga tradizione alle nostre spalle, e (b) applicativo,
di contribuire in concreto ai vari progetti20 di standardizzazione della produ-
zione legislativa attualmente in piena fioritura (come NIR, LEXEDIT, cfr.
ROMANO 2005, o le altre iniziative di legimatica dell’ITTIG) e di fornire
un’impalcatura analitica reale alle pratiche interlinguistiche e traduttive.
Per vedere in concreto le innovazioni nel markup testuale e diplomatico
del corpus, lo spazio ci è tiranno, ma tenteremo giusto con qualche parco e-
sempio, a partire dalle seguenti parti di articolazione del testo:

Protocollo: per i testi in cui le formule iniziali non siano già altrimen-
ti marcate (“intestazione” nelle sentenze, “premessa” in
leggi e decreti, ecc.).
Escatocollo: per i testi in cui le formule di chiusura non siano già al-
trimenti marcate (“data”, “sottoscrizione”, “deposito”
nelle sentenze, nelle leggi e nei decreti, ecc.), ed ossia ti-
picamente per i testi che hanno la forma della lettera
(cioè circolari, note, lettere amministrative e simili), o del
discorso pubblico, tali formule finali sono marcate con il
tag generico di “ecoll”: <ecoll>Fatto a Lussemburgo, ad-
dì 29 giugno 2000.</ecoll>; <ecoll>La seduta termina al-
le 15.</ecoll>.
Premessa: solo per quei casi in cui il testo, che magari ha già una
parte iniziale chiaramente marcata (“premessa”, “intesta-
zione”, ecc.), ha ancora un preambolo indipendente in te-
sta. Di fatto però per ora si è cercato di farne sempre a
meno.
Nelle sentenze: “massima”, “neretto”, “svolgimento”, “dispositivo”,
“motivi” trovano un’etichettatura dedicata in Jus Jurium
che consente di suddividere il testo di una sentenza se-
condo la tradizionale e ben consolidata struttura interna
del genere testuale e dunque di interrogare il corpus se-
condo le stesse unità testuali.
Tav. 1.

20
Anche la forma del documento moderno, infatti, ha assunto un interesse ben
diverso da quello che immaginava PRATESI nel 1963, quasi cinquant’anni or sono.
̱ʹͻ̱
3.4.1 L’ESEMPIO DELLE SENTENZE. Per mostrare l’esito pratico del la-
voro di sistematizzazione diplomatica, proponiamo in questa sede una breve
analisi del markup interno ad una sentenza. Anziché presentare le caratteri-
stiche di tutti i tipi testuali rappresentati nel corpus, ci sembra più utile af-
frontare infatti un caso specifico che funga da esemplificazione. La sentenza
mostra per esempio una struttura (fissa) del markup in quanto tipo più “com-
pleto” e rappresentat(iv)o (si vedano anche le osservazioni in BELLUCCI
2005a, capitolo 4), che possiamo riassumere nella sua macrostruttura nella
tabella seguente, con un esempio sopra tratto dalla Corte di Cassazione, Sen-
tenza n. 12070 del 01/07/2004:

<body> <body>
<neretto>__ <neretto>09/08/2004 8.21.57 - L’ omessa o incompleta indi-
</neretto> cazione della commissione tributaria provinciale competente
non comporta la nullita’ del ricorso. CASSAZIONE CIVI-
LE, Sezione V, Sentenza n. 12070 del 01/07/2004</neretto>
<massima>__ <massima>Nonostante l’articolo <rfL_dl n="546" art="19"
</massima> data="1992-??-??">19 del decreto legislativo
546/1992</rfL_dl> preveda che il ricorrente debba indicare
la commissione tributaria provinciale competente per territo-
rio, a giudizio della Cassazione siffatto errore od omissione
configura una semplice irregolarita’ che non inficia la validi-
ta’ del ricorso.[…] L'art. <rfL_dlgs n="32" art="6" da-
ta="2001-??-??">6 D.Lgs. n. 32/2001</rfL_dlgs>, che ha
dato attuazione allo Statuto, allorche’ ha modificato l'art.
<rfL_dlgs n="507" art="10" data="1993-??-??">10 D.Lgs.
n. 507/1993</rfL_dlgs> in tema di imposta di pubblicita’, ha
privilegiato il profilo della necessita’ della motivazione
dell'atto in tutte le sue implicazioni, ma non ha preso in al-
cuna considerazione il profilo della omessa o incompleta in-
dicazione dell'organo giurisdizionale cui ricorrere. Da tutto
cio’ si deve dedurre la volonta’ del legislatore, espressa sia
pure implicitamente anche nella importante sede dello Statu-
to, di non assegnare a questo vizio la capacita’ di produrre la
nullita’ dell'atto.</massima>
<testo> <testo>
<titL> <titL>__</titL>
__</titL>
<intestazione>_ <intestazione>CASSAZIONE CIVILE, Sezione V, Senten-
</intestazione> za n. 12070 del 01/07/2004

̱͵Ͳ̱
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TRIBUTARIA
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. <ant>FAVARA Ugo</ant> - Presidente -
Dott. <ant>PAPA Enrico</ant> - Consigliere -
Dott. <ant>ODDO Massimo</ant> - Consigliere -
Dott. <ant>FALCONE Giuseppe</ant> - rel. Consigliere -
Dott. <ant>DEL CORE Sergio</ant> - Consigliere -
ha pronunciato la seguente:
sentenza
sul ricorso proposto da:
<ent>GFP GRAFICA FOTO PUBBLICITA' S.P.A.</ent>,
in persona del legale rappresentante <ant>Lucillo Azza-
no</ant>, elettivamente domiciliato in
<topn>ROMA</topn> VIA G. B. TIEPOLO 21, presso lo
studio dell'avvocato <ant>GIORGIO ALABRESE</ant>,
difeso dall'avvocato <ant>LUCIANO FALOMO</ant>,
giusta procura a margine;
</intestazione>
<svolgimento> <svolgimento>Svolgimento del processo
__</svolgimento> […]</svolgimento>
<motivi> <motivi>Motivi della decisione.
__</motivi> Con il primo motivo la ricorrente ha dedotto violazione degli
articoli […] </motivi>
<dispositivo> <dispositivo>P. Q. M.
__</dispositivo> Rigetta il ricorso. Compensa le spese.</dispositivo>
<data> <data>Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della
__</data> Sezione Tributaria, il 9 settembre 2003.</data>
<sottoscrizione> <sottoscrizione>[omissis]</sottoscrizione>
__</sottoscrizione>
<deposito> <deposito>Depositato in Cancelleria il 1 luglio
__</deposito> 2004</deposito>
</testo> </testo>
</body> </body>
Tav.2.
All’interno delle etichette, inserite semi-manualmente, risulta l’intero atto
preso in considerazione. Si noti che il tag <testo> che abbiamo voluto evi-
denziare sopra (in grassetto), ha inizio dopo il neretto e la massima della sen-

̱͵ͳ̱
tenza, per chiudersi poi alla fine dell’atto, dopo data, sottoscrizione e deposi-
to.

3.4.2 IL TRADUTTORE DI FRONTE AL TESTO GIURIDICO. Oltre all’ovvia


importanza per la traduzione giuridica di corpora paralleli e comparabili (cfr.
tra gli altri BAKER 1995 e GANDIN 2005), anche le risorse monolingui pos-
sono rivelarsi di estrema utilità:

If a specialised target language corpus can be exploited as a source of


linguistic, terminological and content knowlegde information which
enhances native speakers’ skills in their mother tongue, it is reasona-
ble to predict that a target language monolingual corpus which repre-
sents general language use can be a source of linguistic and cultural
knowledge for translators working out of their mother tongue. (LA-
VIOSA 2002, p. 106)

Il traduttore utente di un corpus come Jus Jurium potrà, grazie al markup


presentato nei paragrafi precedenti, trovare giovamento nella consapevolezza
di lavorare entro i confini di una specifica parte di testo, ne avrà marcati nel
corpus l’inizio e la fine, potrà crearsi adeguate strategie in merito, anche so-
stenute da legittime “attese” rispetto al testo che precede o segue.
L’esatta distinzione delle parti del testo consente inoltre una raccolta mi-
rata di formule fisse presenti nelle parti stesse: l’utilità pratica di una raccolta
di termini tecnici si accompagna a quella di individuare espressioni che nella
maggior parte dei casi si sono cristallizzate nel tempo e nella consuetudine
nazionale. Massima efficacia può essere inoltre garantita dalla possibilità di
fornire al traduttore indicazioni dettagliate delle parti di testo in cui quelle
espressioni ricorrono.
Per esplicitare alcune categorie di possibili problematiche, dal portale del
diritto dell’Unione Europea Eur-Lex – che permette di accedere a parte della
documentazione della Comunità o dei singoli Paesi membri con relativa tra-
duzione in doppia visualizzazione (cioè con la possibilità di leggere la tradu-
zione a fronte, nella parte destra del monitor) – abbiamo isolato alcuni esem-
pi di potenziali difficoltà traduttive per la coppia di lingue tedesco-italiano.
Si valuti per esempio quanto avviene per sintagmi preposizionali come:
(1) vista la / visto il
aufgrund + [Genitiv]
dove l’equivalente tedesco aggiunge in modo più sostanziale la sfumatura di
basamento e causa implicita nella diversa struttura sintattica dell’italiano.

̱͵ʹ̱
Pur a fronte di una forte concentrazione di nominalizzazioni nel linguag-
gio formale (e giuridico in particolare) di entrambi i codici linguistici, dissi-
mile è spesso la densità di participi e nominalizzazioni:
(2a) considerate le osservazioni presentate
unter Berücksichtigung der Erklärungen
(2b) composta dal sig. X, presidente di sezione
unter Mitwirkung des Kammerpräsidenten X
(2c) L’art. 88, n. 1, lett. a), della direttiva del Parlamento europeo e del
Consiglio 6 novembre 2001, 2001/83/CE, recante un codice co-
munitario relativo ai medicinali per uso umano
Art. 88 Abs. 1 Buchst. a der Richtlinie 2001/83/EG des Europäi-
schen Parlaments und des Rates vom 6. November 2001 zur Schaf-
fung eines Gemeinschaftskodexes für Humanarzneimittel
con nominalizzazioni tedesche talvolta corrispondenti nella traduzione ita-
liana ad altre forme verbali finite o non finite (cfr. anche PASSET 2011):
(3a) e che istituisce un’Agenzia europea per le sostanze chimiche
zur Schaffung einer Europäischen Agentur für chemische Stoffe
(3b) Considerando che…
in der Erwägung, dass…
(3c) Replicando a tutti gli argomenti formulati nel contesto del detto mo-
tivo, la Commissione fa valere che il Tribunale ha correttamente re-
spinto gli argomenti posti a fondamento del motivo medesimo, i qua-
li, peraltro, erano già stati dedotti in primo grado.
Zur Beantwortung des gesamten Vorbringens im Rahmen dieses
Rechtsmittelgrundes trägt die Kommission vor, das Gericht habe die
ihm zugrunde liegenden Argumente, die im Übrigen bereits in erster
Instanz vorgebracht worden seien, zu Recht zurückgewiesen.
In quest’ultimo caso sarebbe possibile soffermarsi ulteriormente sulla di-
versa struttura sintattica adottata dalle due lingue e su caratteristiche non so-
lamente ascrivibili al linguaggio giuridico (come l’uso più frequente in tede-
sco del participio presente, cfr. zugrunde liegenden Argumente).
Nella lingua target elementi linguistici differenti vengono resi con lo stes-
so traducente:
(4a) è formulato nei seguenti termini
lautet...
(4b) Ai sensi dell’art. 10 di detto regolamento
Art. 10 der Verordnung lautet

̱͵͵̱
e con ulteriori sfumature semantiche di altri verbi:
(5) dispone quanto segue…
bestimmt...
In tali cotesti il sostegno di un corpus monolingue favorisce l’isolamento
e l’analisi mirata di specifiche forme verbali e delle formule di rito selezio-
nate dal legislatore/estensore italiano.
Ancora, l’uso del passato nella versione tedesca trova un tempo verbale
diverso nella traduzione italiana (ma su questo si veda anche ONDELLI
2006):
(6) Per questi motivi, la Corte (Quarta Sezione) dichiara
Aus diesen Gründen hat der Gerichtshof (Vierte Kammer) für
Recht erkannt
Più in generale, l’utilità di una raccolta dati con una dettagliata articola-
zione per parti di testo assiste il rapido recupero di elementi quali:
(7a) dispositivo
Tenor
(7b) ricorrenti
Klägerinnen
(7c) convenuti
Beklagte,
od espressioni fisse, nella sezione di testo in cui queste per consuetudine ri-
corrono:
(8) Il corsivo è mio
Hervorhebungen nur hier.
Da notare, sempre in riferimento all’esempio della sentenza, come la
massima di una sentenza non venga spesso tradotta in lingua tedesca, è parte
di testo non necessariamente contemplata; se non è questa la sede per sof-
fermarsi sulle difficoltà traduttive legate a differenze di sistemi culturali e in
particolare giuridici (valga per tutti VISCONTI 2000, per la chiarezza esposi-
tiva e come rimando ad una più ampia bibliografia), si vuole qui rimarcare
l’importanza dell’articolazione in parti di testo e dunque del markup testuale
prescelto per la resa finale nel testo in lingua target.
La valenza formativa di risorse monolingui come Jus Jurium diviene per-
tanto chiara, come Kübler ha già avuto modo di evidenziare: «Learning to
use corpora and corpus-query tools can give future translators the technical
skills that were usually not associated with translation, but which seem to be
more and more necessary, especially in technical translation» (KÜBLER
̱͵Ͷ̱
2003, p. 41), sottolineando altresì come l’introduzione dei corpora nella for-
mazione dei traduttori abbia radicalmente mutato il modo in cui gli studenti
guardano alle lingue.

3.5 CONCLUSIONI. L’articolazione diplomatica dei testi giuridici non


può essere trascurata da chi si occupa di traduzione specialistica e di forma-
zione di traduttori: la sua valorizzazione nel markup del corpus qui presenta-
to mira proprio a coprire tale esigenza.
I primi riscontri da parte di professionisti nella traduzione (soprattutto
tedesco-italiano) incoraggiano il proseguimento del lavoro ed un’auspicabile
implementazione a breve dell’annotazione e markup testuale di cui sopra, in
particolare la possibilità di interrogare online il corpus (gratuitamente, come
tutte le altre risorse allestite in bmanuel.org21), che è attualmente in avanzata
fase di raccolta dati.
Riteniamo inoltre interessante sottolineare la possibile utilità di tale stru-
mento anche nella didattica dei linguaggi specialistici per chi eroga corsi di
italiano giuridico per studenti non italofoni. Sarà possibile una diretta appli-
cazione del materiale raccolto per la didattica della microlingua giuridica a
studenti stranieri, àmbito in cui l’utilità di un corpus può risultare determi-
nante quale fonte di testi autentici e come piattaforma di lavoro, sia per cer-
care al suo interno elementi linguistici specifici (terminologia, collocazioni,
ecc.), sia per verificare a livelli più avanzati le ipotesi dell’apprendente lega-
te alla lingua per scopi speciali. Il docente di italiano giuridico a stranieri po-
trà in particolare trarre vantaggio da uno strumento che non è da intendersi
soltanto come collezione di testi giuridici, ma come risorsa flessibile e fun-
zionale alle sue esigenze, per operare selezioni su singole parti del testo e la-
vorare sulle peculiarità e sulla terminologia di ciascuna di esse.
Nel contesto, last but not least, del nostro Master, seppure abbiamo enfa-
tizzato soprattutto gli aspetti traduttivi, l’utilità del nostro corpus è pure no-
tevole. I giuristi hanno una ricca tradizione di database giuridici, che permet-
tono però ricerche per elementi di tipo legale (tipo di negozio in questione,
tipo di fonte giuridica, ecc.), ed in questo sono strumenti egregi che conse-
guono, spesso gagliardamente, il loro scopo. Ma non consentono ricerche
linguistiche; che è invece quel che suggerivamo ai partecipanti al Master (tra
le altre cose) di pure fare.

21
Che sono tutte licenziate secondo Creative Commons Share Alike; cfr. CIURCINA -
RICOLFI 2007.
̱͵ͷ̱
IV.

Marco Carmello

Il commento giuridico: considerazioni intorno a un


genere della scrittura giurisprudenziale.

Ἒστω δὲ ὁ λόγος ὑμῶν ναὶ ναί, οὒ οὔ· τὸ δὲ πε-


ρισσὸν τούτων ἐκ τοῦ πονηροῦ ἐστιν.
Matteo, 5.37.

4.0 QUESTIONI DI ADEGUATEZZA TESTUALE E TIPOLOGIE DEL TESTO


GIURIDICO ITALIANO: UN APPROCCIO MICRO-STRUTTURALE. Presentiamo
qui alcune prime considerazioni riguardo la tipologia del commento giuridi-
co. I testi che prenderemo in esame afferiscono tutti ad una particolare bran-
ca del diritto amministrativo: il diritto tributario. La regolamentazione fiscale
offre un campo particolarmente ricco alla pratica del commento giuridico:
non solo la complessità della materia e la sua centralità rispetto alla vita de-
gli stati fanno sì che le norme tributarie rappresentino un insieme numeroso
e complesso di differenti atti giuridici, ma a questo bisogna aggiungere la
necessità di un costante rinnovo delle norme stesse, chiamate ad affrontare
una realtà fiscale sempre più complicata, e la loro particolare sensibilità alle
interazioni fra diritto europeo e diritto nazionale, fra diritto internazionale e
diritto europeo, fra diritto internazionale e diritto nazionale e, infine, fra dif-
ferenti diritti nazionali, comunitari e non.
Per tutte queste ragioni, quello tributario è un campo elettivo non solo per
la produzione di commentari giuridici, ma anche, e soprattutto, per l’uso del
commento, ovverossia per una pratica testuale che intende orientare l’inter-
pretazione e l’applicazione della norma giuridica22. Del resto, il tipo di testo

22
Si potrebbe anche dire che, se è vero che ogni branca del diritto dà origine a com-
menti, è però anche vero che l’ “azione pragmatica” del commento varia a seconda
del grado di discrezionalità richiesto dalla norma. Quindi, quelle aree del diritto, in
cui la discrezionalità nell’applicazione della norma risulta particolarmente rilevante,
danno al genere testuale “commento giuridico” un valore di perlocutività maggiore
rispetto ad altre aree che presentino minore discrezionalità applicativa. Tipicamente i
~ 37 ~
di cui ci occupiamo è profondamente connaturato alla cultura giuridica euro-
pea: si tratta di una tipologia della testualità giuridica ben nota, che produce
testi eminentemente secondi, il cui scopo è quello di “fare giurisprudenza”
attraverso la riconsiderazione di atti già assunti nell’ordinamento vigente.
Il commento giuridico appartiene ad una cultura giurisprudenziale note-
volmente avanzata, nella quale quell’insieme di leggi, disposizioni, regola-
menti, norme e sanzioni che definisce il concetto di “diritto vigente”, esiste
come realtà complessa. Potremmo dire, in accordo con alcuni classici della
filosofia del diritto (KELSEN 1979 e VON WRIGHT 1989), che cómpito di tale
insieme sia quello di imporre obblighi al mondo esterno anzitutto grazie ad
un alto grado di formalizzazione linguistica e di coesione/coerenza discorsi-
va al suo interno.
Queste sono le ragioni che rendono necessaria una premessa apparente-
mente lontana per affrontare correttamente il discorso relativo all’organiz-
zazione del testo giuridico in genere e di questo tipo di testo in particolare.
Nella tradizione occidentale, fin dagli albori, viene fissata una netta diffe-
renza fra discorso referenziale e discorso non referenziale: a questa differen-
za può essere fatta risalire la differenza aristotelica (Ȇİȡ‫ݒ ޥ‬ȡȝȘȞİȓĮȢ, 17a 1-
7) fra ȜંȖȠȢ ਕʌȠijĮȞIJȚțંȢ, ossia discorso dimostrativo, inteso generalmente,
anche se non esplicitamente, come referenzialmente orientato (si tenga pre-
sente che il maggior esempio di ਕʌંijĮȞıȚȢ è, per Aristotele, il discorso sulla
natura), e ȜંȖȠȢ non ਕʌȠijĮȞIJȚțંȢ, ossia un tipo di discorso non solo non di-
mostrativo ma anche non referenziale: non a caso l’unico esempio di ȜંȖȠȢ
non ਕʌȠijĮȞIJȚțંȢ proposto da Aristotele è l’İ੝Ȥ੾, ossia la preghiera. Il di-
scorso strettamente giuridico (si tenga presente che la distinzione aristotelica
proviene da una cultura in cui il diritto, strictu sensu, non conosce un’evo-
luzione approfondita) taglia trasversalmente la distinzione ਕʌંijĮȞıȚȢ / non-
ਕʌંijĮȞıȚȢ (ਕʌંijĮȞıȚȢ / İ੝Ȥ੾), ponendosi nel campo della prima (ਕʌં-
ijĮȞıȚȢ), per quanto riguarda la strutturazione dimostrativa, ma afferendo
nettamente al secondo tipo di linguaggio per quanto riguarda la profonda ne-
gazione della referenzialità linguistica: il diritto infatti non parla direttamente
del mondo, ma lo istituisce imponendovi norme che assumono carattere vin-
colante.
Il rapporto fra realtà e diritto risulta così invertito rispetto a quello che si
ha non solo nel linguaggio dimostrativo referenzialmente orientato ma anche
nel linguaggio comunemente denotativo; mentre nei secondi è la realtà a de-

commentari penali hanno un valore quasi esclusivamente “semantico”, laddove in


un’area come quella qui trattata lo scopo “semantico” del commento è subordinato a
quello “retorico/comunicativo”, che intende imporre una vera e propria prassi di
applicazione della norma.
̱͵ͺ̱
finire l’uso linguistico, che a questa si deve accordare, nel primo (il linguag-
gio giuridico) è il linguaggio stesso che impone al reale una rete di relazioni
sanzionatorie che pongono in essere esclusivamente quelle porzioni di realtà
organizzate secondo le relazioni arbitrarie imposte dal diritto stesso, non es-
sendo rilevante il rimanente assetto del reale.
Tuttavia, a differenza dell’İ੝Ȥ੾, il linguaggio giuridico è fortemente arti-
colato dal punto di vista testuale e discorsivo.
4.1 LE METAFUNZIONI DELLA LINGUA GIURIDICA. Soffermiamoci un
momento sulla questione in relazione ai testi che discuteremo. Come abbia-
mo detto lo scopo del commento giuridico è quello di “fare giurisprudenza”
per mezzo della discussione, o meglio dell’escussione, di atti già assunti
nell’ordinamento vigente: leggi, decreti, decreti attuativi, sentenze, regola-
menti, atti delle pubbliche amministrazioni, circolari, ecc. Il suo scopo non è
quello di confermare o contestare la liceità di un atto – se non in rari casi, e
sempre quando esso sia incluso in un altro genere testuale, come ad esempio
la sentenza –, ma quello di valutare la sua maggiore o minore adeguatezza, la
sua maggiore o minore consequenzialità, rispetto al diritto vigente.
Il commento rappresenta dunque quel genere testuale in cui l’argomenta-
zione giuridica raggiunge la sua massima profondità. Tuttavia, in quanto ti-
pologia, il commento suscita immediatamente un problema di definizione te-
stuale: se confrontiamo fra di loro due tipi di scrittura giuridica che vorrem-
mo poter differenziare, anche testualmente, come, ad esempio, il commento
e la sentenza, ci rendiamo immediatamente conto del problema.
Le regole di scrittura della sentenza infatti impongono la sua motivazione,
si ha così, non solo nell’ordinamento italiano, un discorso, interno alla sen-
tenza stessa, di giustificazione dell’atto di cui la sentenza si fa strumento ri-
spetto alle norme del diritto vigente. Verrebbe così da dire che la sentenza
sia una tipologia testuale che si auto-commenta, ossia, in termini di linguisti-
ca testuale, che il commento sia un sottogenere della sentenza, così come po-
trebbe essere considerato un sottogenere dell’arbitrato, del parere giuridico,
o addirittura della legge, del decreto, del regolamento, e di altre analoghe
forme di testualità giuridica. In tutti questi ultimi casi però, la portata del
commento appare più limitata; qui il “commento” agisce in forma implicita,
per mezzo delle regole citazionali che impongono, solitamente nel primo ar-
ticolo, o comunque nell’exordium testuale, di richiamare il quadro giuridico
che la nuova legge, il nuovo decreto o regolamento, la nuova circolare ecc.
vanno a modificare. Il “commento” perderebbe così la sua specificità di tipo
testuale per configurarsi piuttosto come attività testuale, tangenziale all’inte-
ra testualità giuridica; per commento si intenderebbe dunque l’attività argo-
mentativa propria della pratica giurisprudenziale.
̱͵ͻ̱
Proprio nell’ambito di questa pratica però il commento propriamente det-
to si distingue come genere a sé stante: nel diritto infatti la differenza fra
commento e sentenza/legge si pone come differenza fra valore e vincolo.
Possiamo ritradurre qui la questione in termini schiettamente pragmatici, il
che ci porta ad attribuire a testi come la sentenza o la legge un valore illocu-
tivo invece assente nel commento, che compie alcun atto le cui conseguenze
riverberino sul reale. La distinzione è dunque ben chiara nell’ambito della
cultura giuridica, deve però trovare una formulazione precisa anche in lin-
guistica: non basta infatti individuare semplicemente una differenza di inten-
to pragmatico / comunicativo per definire l’autonomia di una tipologia testu-
ale.
Tuttavia è proprio seguendo la falsa riga della cultura propriamente giuri-
dica che possiamo iniziare a porre le premesse per l’individuazione delle ca-
ratteristiche macro- e micro-testuali del commento in quanto genere proprio
della scrittura giuridica.
Possiamo anzitutto individuare tre distinte meta-funzioni testuali del
commento:

1. Meta-funzione ermeneutica: il commento è spiegazione di-


retta dell’atto/norma in discussione e tende ad essere spie-
gazione generale dell’insieme normativo cui l’atto/norma si
riferisce.
2. Meta-funzione valutativa: il commento tende a valutare in
termini positivi/negativi l’atto rispetto all’insieme delle
norme cui l’atto/norma si riferisce ed, estensivamente,
l’insieme stesso rispetto al diritto.
3. Meta-funzione argomentativo-persuasiva: il commento
vuole sostenere, argomentandola, una certa interpretazione
e, conseguentemente, una certa pratica del diritto con lo
scopo di influenzare in un certo dato senso la pratica giuri-
sprudenziale futura.
Tav. 1.
La meta-funzione ermeneutica definisce l’ambito della tipologia testuale
“commento”. Come abbiamo visto, la semplice applicazione di strategie ar-
gomentative non è in grado di definire propriamente ed esclusivamente il
commento giuridico come tipo di testualità autonoma. La nostra meta-
funzione però ci dice che le strategie argomentative messe in atto dal genere
“commento” implicano sia uno scopo sia un campo di applicazione proprio

̱ͶͲ̱
di questa tipologia. La differenza appare immediatamente quando si conside-
rino tipi come il testo di legge: è infatti palmare rilevare che il commento
non può limitarsi all’uso di semplici strategie compendiose, come la citazio-
ne, senza perdere la sua specificità.
Il confronto con altre tipologie testuali, come la sentenza, è invece più
complesso: in questo gruppo di tipologie infatti l’uso delle procedure argo-
mentative ha larga importanza, tanto che si potrebbe parlare di una vera e
propria macrotipologia argomentativa. Tuttavia, nel caso della sentenza e di
tipologie similari, l’intento argomentativo è rigidamente subordinato alla
spiegazione delle cause di diritto che hanno portato a compiere l’atto lingui-
stico contenuto nella sentenza stessa, laddove l’argomentatività del commen-
to risulta svincolata da una diretta funzione pragmatica.
Questo fatto ci porta a parlare brevemente della seconda meta-funzione:
quella valutativa. Il commento è un testo costruito per valutare ed eventual-
mente sanzionare la coerenza della legislazione e quella delle norme rispetto
ai principi generali del diritto ed all’assetto giuridico dato; uno dei suoi scopi
principali è quello di rilevare contraddizioni sottotraccia non direttamente
evidenti al legislatore e spesso neppure immediatamente rilevabili dalla pra-
tica. Questa meta-funzione definisce così testi la cui natura risulta ambigua
fra un intento che potremmo definire semantico – spiegazione e valutazione
della norma o del principio all’interno di un quadro giuridico dato – ed uno
scopo che sarebbe opportuno, usando un termine tecnico dell’antico sapere
retorico23, chiamare suasorio.
È proprio l’intento “suasorio” del commento a portarci verso la terza me-
ta-funzione da noi considerata: quella argomentativo-persuasiva, che è, in
termini pragmatici, caratterizzata da quella che potrebbe essere definita “il-
locutività indiretta”. In altri termini: il testo del commento non compie alcun
atto linguistico, ma intende orientare il compimento di atti linguistici in una
direzione piuttosto che in un’altra, persuadendo l’attore cui spetta il compi-
mento dell’atto ad agire secondo la linea istituita dal commento stesso.
Abbiamo perciò parlato di funzione “suasoria”, il che, se volessimo con-
tinuare ad applicare le griglie della retorica classica, porta il commento giu-
ridico ad afferire al “genere” del discorso dimostrativo / epidittico, un “gene-
re” che assume una forte valenza perlocutiva, inteso com’è ad indurre un a-
gente ad agire nella maniera argomentata dal discorso stesso, escludendo co-
sì le altre concorrenti24.

23
Un’introduzione molto elementare alla retorica in funzione giuridica si trova in
questo volume, al capo secondo.
24
Non solo la presenza di questo tipo di testo in ambito di diritto non è stupefacente
more antiquo, ma, dopo gli studi di PERELMAN e OLBRECHTS-TYTECA (1958) sul-
̱Ͷͳ̱
Non è difficile concludere che la terza meta-funzione, quella argomenta-
tivo-persuasiva, sia derivata dalle altre due: è infatti la co-occorrenza di un
intento ermeneutico con un intento valutativo a portare alla funzione suaso-
ria del commento stesso. L’intento di convincere attraverso l’argomenta-
zione, ossia dimostrando che l’argomento sostenuto è il migliore in assoluto,
comporta la messa in atto di ben precisi meccanismi macro- e micro-testuali,
come cercheremo di analizzare nel paragrafo seguente.
4.2 STRUTTURE TESTUALI ED ESEMPI. Le tre meta-funzioni che ab-
biamo analizzato impongono al commento giuridico restrizioni sia macro-
sia micro-testuali.
Nel prosieguo appunteremo la nostra attenzione soprattutto sul livello mi-
cro-testuale per almeno due buone ragioni; la prima è di tipo occasionale:
poiché il presente lavoro prende in esame i problemi di scrittura incontrati da
un gruppo di allievi di Master, come specificato nell’introduzione del volu-
me, il materiale qui discusso non presenta caratteristiche macro-strutturali
particolarmente rilevanti, mentre la micro-testualità, col suo portato di regole
stilistiche di genere, risulta essere fortemente problematica. La seconda ra-
gione che persuade verso l’elezione della micro-testualità come ambito d’a-
nalisi è legata al fatto che sia proprio a questo livello dell’organizzazione ge-
rarchica del testo che si attivano sia le regole stilistiche della scrittura giuri-
dica, cui facevamo riferimento poco sopra, sia le risorse di organizzazione
testuale proprie del genere commento.
Procederemo, nell’analisi del materiale, analizzando per primo un testo
campione del genere commento, così come si declina nel suo sottogenere
“commento tributario”, quindi prenderemo in esame i testi prodotti dalle e-
sercitazioni degli allievi del Master. Il testo modello, adottato come tale nella
didattica del Master, è un articolo a firma di Ramona Marchetto, L’incendio
non “brucia” i risultati delle indagini finanziarie ma autorizza la prova te-
stimoniale, apparso sul numero del 2010 della rivista scientifica «Diritto e
pratica tributaria». L’articolo è stato proposto agli studenti del Master in
“Diritto Tributario. Tributi, procedimenti e processo tra efficienza e giusti-
zia” (cfr. qui l’Introduzione) come modello sul quale conformare la scrittura
delle loro esercitazioni.
Prima però di procedere all’analisi del materiale, nell’ordine descritto, os-
sia prima il testo esempio di Marchetto e poi uno specimen dalle esercitazio-

l’argomentazione e quelli di Amedeo Conte (CONTE AG 1962) sull’incompletezza


dei sistemi di diritto, non dovrebbe sorprendere più nemmeno un approccio
“moderno” alla dottrina del diritto o alla linguistica testuale del diritto.
̱Ͷʹ̱
ni degli studenti, è bene specificare meglio i concetti di macro- e micro-
struttura testuale così come noi li impieghiamo qui.
4.2.1 MACRO- E MICRO-STRUTTURA. Non adoperiamo i concetti di ma-
cro- e micro-struttura testuale facendo riferimento ad un quadro teorico dato.
In realtà per macro-struttura intendiamo i formats che definiscono l’uso del
diritto in quanto oggetto di discorso e scrittura.
Tali formats possono essere definiti o meno. I formats definiti si suddivi-
dono a loro volta in formats vincolanti e non vincolanti. La sentenza, ad e-
sempio, ha un format vincolante, in base al quale la partizione testuale obbe-
disce ad una disposizione fissa, che obbliga il testo ad avere un certo numero
fisso di parti (nel nostro esempio: dispositivo e motivazioni) perché l’atto
giuridico che il testo compie sia valido. Il vincolo consiste dunque nell’im-
possibilità di scrivere un testo di sentenza la cui macrostruttura non rispetti
una partizione minimale esplicitamente definita: altrimenti detto, il testo di
sentenza deve avere obbligatoriamente certe parti, senza le quali il testo stes-
so non potrebbe essere definito sentenza.
Formats definiti ma non vincolanti sono invece testi come: costituzioni,
leggi, decreti, regolamenti ed affini, in cui l’uso di partizioni come titoli, ar-
ticoli, commi ed eventualmente paragrafi è indirettamente imposto dalle re-
gole di citabilità in uso nel diritto, ma non è esplicitamente codificato. Una
legge, ad esempio, può avere un numero di articoli variabile e di variabile
lunghezza, a loro volta gli articoli possono essere composti da uno o più
commi, anche questi di differente lunghezza, il testo può fare uso di paragra-
fi od elenchi, ecc.25.
Vi sono infine formats non definiti: sono quelle tipologie di scrittura giu-
risprudenziale che ricevono le loro “regole” macro-strutturali esclusivamente
da un insieme di convenzioni d’uso26. Chiaramente quest’ultima tipologia la-

25
A riguardo notiamo che il 16 dicembre 2004 l’allora Presidente della Repubblica
Italiana Carlo Azeglio Ciampi rifiutò di firmare la legge di riforma della giustizia,
proposta dall’allora Guardasigilli Roberto Castelli, anche sulla base di un argomento
macro-strutturale (oltre che per gravi e rilevanti motivi di diritto costituzionale): la
legge Castelli era infatti divisa in due soli articoli, di cui il primo, come spesso
avviene, esclusivamente dedicato alla citazione delle fonti su cui il dispositivo di
legge si basava. Il Capo dello Stato ritenne che tale suddivisione macrotestuale fosse
inadeguata nel caso del riordino di una materia tanto complessa, poiché tale
suddivisione avrebbe impedito la citabilità del testo e reso così eccessivamente
complessa l’attuazione delle norme definite dallo stesso dispositivo di legge.
26
La differenza fra questo tipo di formats ed i formats definiti non vincolanti è
semplice: se è vero che una legge può avere un numero indeterminato di articoli, è
però altrettanto vero che certamente un testo di legge avrà almeno un articolo, il
̱Ͷ͵̱
scia allo scrivente una libertà di organizzazione discorsiva nettamente mag-
giore, rendendo così il “gioco” micro-strutturale più libero: anzi, possiamo
dire che tali tipologie non siano macro-strutturalmente definibili se non e ne-
gativo per l’assenza di un certo tipo di struttura del format. Quasi mai le ti-
pologie appartenenti a questo tipo hanno valore normativo, raramente cioè
appartengono a questa categoria testi aventi forza di legge. Tipico esempio
di questa terza tipologia di testo giurisprudenziale è proprio il commento
giuridico.
Per macro-struttura intendiamo dunque un insieme di regole relative alla
partizione generale del testo, conseguentemente con micro-struttura inten-
diamo quanto non sia generalmente stabilito dal format e rientri perciò nel
livello locale del testo, stando al di sotto della partizione generale.
Per questi motivi il commento è uno dei testi a più larga ampiezza di li-
bertà micro-strutturale, obbedendo il suo format ad alcune generalissime, e
omissibili, regole macro-strutturali27 definite dall’usabilità, ed eventualmente
citabilità – una delle caratteristiche complessive dei testi giuridici in quanto
tali – del commento.
Questo tipo di testi pone perciò un numero di problemi maggiore rispetto
a quello di altri testi giurisprudenziali, inoltre tali problemi sono di natura
differente rispetto a quelli presentati da testi con format definito e riguardano
soprattutto la gestione di lunghe pericopi micro-testuali, come vedremo me-
glio nell’analisi degli esempi.
4.2.2 PROBLEMI GENERALI DELLA MICRO-STRUTTURA: A) IL TESTO E-
SEMPIO. Affronteremo i problemi micro-testuali posti dal genere del “com-
mento” a partire dal testo esempio di Marchetto, che ci darà così la possibili-
tà di osservare sia le strategie di organizzazione sia i criteri di stile che si ri-
chiedono agli studenti, permettendo inoltre di valutare la natura dei problemi
che tali criteri comportano.

quale, a sua volta, sarà suddiviso in almeno un comma. Al contrario, un format


indefinito, come il commento, obbedirà a certe regole di stile proprie del genere, ma
nulla più: il commento insomma è definibile in maniera propria solo micro-
strutturalmente, mentre macro-strutturalmente si definisce solo e negativo per
l’assenza di una struttura del format in qualche modo vincolante. Se volessimo
azzardare un paragone letterario da prendersi con le pinze, potremmo dire che i
formats definiti stanno al verso, sia esso libero (formats definiti non vincolanti) o no
(formats definiti vincolanti), così come i formats non definiti stanno alla prosa
romanzesca.
27
Tali regole sono riducibili a tre: presenza di un indice degli argomenti; citazione
delle fonti di diritto e delle fonti secondarie in maniera differenziata, riconoscibile e
propria; presenza del testo commentato.
̱ͶͶ̱
Le “regole” stilistiche invalse nell’uso giuridico italiano, che impongono
un periodare lungo, complesso, appesantito da una struttura subordinativa e
da un uso degli incisi particolarmente dispendioso dal punto di vista sintatti-
co, in concomitanza con la testualità propria del commento giuridico, che ri-
chiede a sua volta una costruzione discorsiva dispendiosa, complicano for-
temente il quadro micro-testuale. La testualità giuridica, così come appare
dai commenti, è infatti marcata dalla doppia caratteristica della prolissità,
poiché attua costantemente strategie di disambiguazione dell’implicito
pragmatico, e della citazionalità, poiché ogni passaggio argomentativo deve
fare esplicito riferimento ad una o a più fonti di diritto che ne sanzionino la
liceità.
A differenza di quanto dunque avviene nel comune discorso dimostrati-
vo-epidittico, la forza persuasiva del discorso strettamente giuridico, quale è
quello sviluppato nei commenti, si declina secondo le linee generali che
tracciamo di seguito:

1. Esplicitezza assertiva dell’argomentazione. Il testo del


commento argomenta in modo strettamente proposizionale,
rifiutando le strategie di implicitezza, siano esse pragmati-
che (implicatura) o semantiche (presupposizione).
2. Citazionalità. L’argomentazione si inserisce entro un siste-
ma di regole, quello del “diritto vigente”, e riceve la sua
forza persuasiva dal costante riferimento a tale sistema, per
tanto mette in atto un sistema di riferimenti alle fonti parti-
colarmente complesso.
3. Analiticità e dispendiosità comunicativa. In termini di ade-
guatezza il testo del commento richiede un apporto comuni-
cativo ampio ed analitico, il materiale linguistico che diven-
ta così rilevante per la comunicazione è vasto, in termini
quantitativi, ed analitico, in termini qualitativi, la qual cosa
comporta una problematicità elevata dell’interfaccia testo /
lingua / scopo comunicativo.
Tav. 2.
Le caratteristiche elencate appaiono evidenti nel testo di Marchetto: conside-
riamo il seguente esempio:
(1) Se è pur vero che sulla scorta della giurisprudenza comunitaria – la
quale, in materia di sanzioni amministrative tributarie, ha riconosciuto

̱Ͷͷ̱
contraria ai principi del giusto processo la preclusione assoluta dei
mezzi di prova, qualora concretamente ritenuti necessari all’attuazione
del diritto di difesa – è caldeggiata l’acquisizione di una maggiore
sensibilità del giudice interno su questi temi, è altrettanto innegabile
che nel nostro ordinamento sussiste un paletto difficilmente sormonta-
bile costituito dal rigido divieto dell’art. 7. (MARCHETTO 2010, p.
1283)
L’esempio (1) mostra una struttura testuale complessa, suddivisa in due cola
lunghi, la cui corrispondenza è esplicitamente marcata dal rimando testuale
fra gli avverbi pure ed altrettanto. Al riguardo si deve considerare che la
correlazione pure … altrettanto mette in evidenza il disaccordo fra giuri-
sprudenza dell’Unione Europea e giurisprudenza nazionale italiana, sottoli-
neando come «[…] l’acquisizione di una maggior sensibilità del giudice in-
terno su questi temi […]»28 trovi, nella giurisprudenza italiana, un ostacolo
esplicito rappresentato dall’articolo 7 ed ottenendo così lo scopo di eviden-
ziare un punto essenziale dell’argomentazione. La sottolineatura del disac-
cordo fra i due sistemi di norme, comunitario ed italiano, ha lo scopo retori-
co, persuasivo, di conferire forza alla successiva argomentazione di Marchet-
to. L’autrice del testo costruisce così le premesse per conferire alla sua pro-
posta un carattere di necessità ed urgenza, stante l’attrito fra le due giuri-
sprudenze, che già persuade il lettore ad accogliere con convinzione la pro-
posta che verrà fatta nel corso del testo.
In quest’ottica è interessante la strategia citazionale prescelta: mentre nel
secondo colon si ha un semplice riferimento alla fonte in questione, il già ci-
tato articolo 7, nel primo si adotta una strategia parafrastica, che complica la
struttura testuale e sintattica del periodo. In assenza di un preciso riferimento,
l’autrice preferisce sunteggiare il contenuto della «giurisprudenza europea»
per mezzo di un lungo inciso, segnalato dall’uso del trattino all’inglese, che
assume la forma di una relativa esplicita, informativamente pesante (cfr.
FERRARI 2005 e 2007), introdotta dal nesso «la quale».
L’inciso così costruito spezza la struttura subordinativa della frase, sepa-
rando l’aggiunto «sulla scorta della giurisprudenza europea» dal suo predica-
to «è caldeggiata» e lasciando così pendente il subordinante «che». L’uso de
«il quale» si spiega così non tanto con un intento di chiarezza sintattica e di
variazione rispetto al «che» subordinante da cui è immediatamente preceduto,
quanto con la funzione testuale e pragmatica dell’inciso, che ha testualmente

28
Marchetto si riferisce all’acquisizione di prove non documentali nel processo
tributario.
̱Ͷ͸̱
il ruolo di parafrasi e sunto delle fonti29 e pragmaticamente quello di intro-
durre un contenuto adeguato a ciò che Marchetto fa in questo testo. L’intro-
duzione di questo contenuto, risaltato dalla sua apparente relegazione in po-
sizione di inciso, posizione che in realtà esalta il contenuto proposizionale
proprio segregandolo dal flusso testuale principale, obbedisce alla strategia
perlocutiva del commento: se il contenuto della giurisprudenza europea è
questo e se tale contenuto è in opposizione con la giurisprudenza nazionale,
allora ne segue che la proposta contenuta nel testo sia necessaria ed abbia
buoni motivi per essere accettata.
Così, nella strutturazione del nostro inciso, non concorrono solo i criteri
dell’esplicitezza e della citazionalità, ma interviene anche quello dell’analiti-
cità: l’esposizione particolareggiata ed esplicita del contenuto in inciso è in-
fatti essenziale perché il testo di Marchetto assolva alla sua funzione “suaso-
ria”. Notiamo che tutti i motivi elencati fino ad ora spingono l’autrice ad a-
dottare un ductus complesso, che non si cura minimamente di complicare la
struttura sintattica sviluppando una testa relativa con un contenuto proposi-
zionale inusuale nella normale comunicazione scritta, e costringendo la
completiva «che […] è caldeggiata» in una situazione di difficile processa-
mento.
A quest’accuratezza sintattica non fa da riscontro un’altrettale accu-
ratezza lessicale30: il testo ricorre ad espressioni stereotipe («l’acquisizione
di una maggiore sensibilità») o addirittura a salti di registro stilistico che im-
plicano una vera e propria “word salad”, «sussiste un paletto difficilmente
sormontabile costituito dal rigido divieto», in cui l’uso del termine «paletto»,
anziché ostacolo, non rappresenta solo un salto di registro, ma comporta an-
che una vera e propria risemantizzazione del vocabolo stesso, qui usato in
posizione di testa del predicato «costituire». Una simile indifferenza al livel-
lo lessicale, quando questo non sia direttamente implicato in questioni tecni-
che di diritto, rivela la natura eminentemente argomentativa – di un’argo-
mentatività che abbia le caratteristiche sopra definite – di questo genere di
scrittura.
La discussione, più rapida, di altri due esempi, conferma i caratteri ma-
cro- e micro-testuali del genere commento fin qui definiti. Gli esempi sono i
seguenti:
(2) Una possibile via di fuga all’impasse testè segnalato potrebbe rinve-
nirsi nel ricorso al recente istituto della testimonianza scritta del pro-

29
Il riferimento generico alla «giurisprudenza europea» autorizza a parlare di fonti
piuttosto che di fonte.
30
Cfr. anche quanto si osservava nel § 2.2.5.
̱Ͷ͹̱
cesso civile. Ripercorrendo il ragionamento anzi fatto, si potrebbe dire
che il d.lgs. n. 546 del 1992, così come autorevolmente interpretato
dalla Corte costituzionale, non esclude la prova testimoniale in forza
di una preclusione, generalizzata, dei mezzi di prova fondati sulla leg-
ge del terzo, ma in omaggio alla tradizionale impostazione documen-
tale del processo tributario. Se tale impostazione poteva dirsi coerente
in un ordinamento che conosce la sola prova testimoniale orale, con
l’introduzione della testimonianza scritta si delinea un diverso scena-
rio. Argomenti sistematici hanno infatti portato la dottrina a ritenere
che si potrebbe tentare di ritagliare una area del divieto dell’articolo 7
del d. lgs. N 546 del 1992 limitata alla testimonianza orale, sia perché
era la testimonianza prevista al momento della introduzione del divie-
to, sia perché essa è l’unica testimonianza che cozza contro la ratio del
divieto (carattere documentale del processo). (MARCHETTO 2010, pp.
1283-84)
(3) Nella circolare n. 32 del 19 ottobre 2006 si desume, sin dal paragrafo
introduttivo, la posizione dell’Agenzia: il contradditorio con il contri-
buente corrisponde ad un principio di economicità amministrativa e di
collaborazione tra fisco e Contribuente. Nonostante l’agenzia ribadi-
sca che dal tenore letterale delle disposizioni in materia, e secondo il
consolidato orientamento giurisprudenziale, l’invito a comparire costi-
tuisca una mera facoltà dell’ufficio e non un obbligo e che, di conse-
guenza, il mancato invito dell’ufficio non inficerebbe la legittimità
dell’eventuale avviso emesso ‘al buio’, ritiene, peraltro, un valore im-
portante che il contribuente partecipi alla ricostruzione dell’effettivo
valore probatorio dei dati. (MARCHETTO 2010, pp. 1290-91)
Nell’esempio (2) interessano soprattutto due aspetti: la scelta della subor-
dinazione impersonale in presenza di verbo modale («potrebbe rivenirsi»;
«poteva dirsi») e la scelta dell’indicativo in luogo del congiuntivo in «si po-
trebbe dire che il dlgs. 546 [...], così come autorevolmente interpretato dalla
Corte costituzionale, non esclude [...]».
Per quanto riguarda l’uso dell’impersonale in dipendenza da modale,
dobbiamo notare come la forte mitigazione dell’agency ottenuta dal concor-
so fra modalizzazione e costruzione impersonale abbia lo scopo di oggetti-
vizzare il contenuto preposizionale così espresso sottraendo in questo modo,
soprattutto nel caso di «poteva dirsi», quel contenuto stesso ad ulteriore di-
scussione da parte del lettore.
Più complessa appare invece la questione del modo verbale. La prima
considerazione da fare a riguardo è questa: «esclude» si trova in dipendenza
dall’espressione modale complessa «si potrebbe dire», che è ad una riga di
̱Ͷͺ̱
distanza dall’analoga «potrebbe rinvenirsi» rapidamente esaminata sopra. La
concorrenza di due espressioni tanto simili a così breve distanza induce a
qualche considerazione. La pericope di testo che stiamo indagando inizia con
l’espressione «ripercorrendo il ragionamento anzi fatto», quindi quanto verrà
riportato di seguito non è il semplice sunto di quel ragionamento, ma è più
precisamente ciò che Marchetto desume, personalmente, dal ragionamento.
L’uso di “si potrebbe + inf.” invece di quello di “potrebbe + impers. inf.”
marca dunque il passaggio da un contesto de re ad un contesto de dicto, in
cui l’autrice esprime l’insieme delle sue credenze.
È nell’ambito del contesto de dicto che si spiega l’elezione dell’indicativo:
Marchetto intende così segnalare come la non esclusione della prova testi-
moniale sia effettivamente ammessa dalla decisione della Corte costituziona-
le. Il gioco della modalità è quindi sottilmente condotto: se da una parte si
mette in rilievo come la ricostruzione del discorso appartenga all’insieme
delle credenze di chi parla, dall’altra si àncora tale ricostruzione ad un argo-
mento rappresentato come reale per mezzo dell’elezione modale
dell’indicativo. L’autrice non conferma quindi la natura congetturale della
ricostruzione, come sarebbe avvenuto se avesse scelto il congiuntivo, ma an-
zi la smentisce, collegando tale ricostruzione all’attualità del reale e quindi
presentando il suo insieme di credenze come immagine “autorevole” e cre-
dibile di quel reale stesso.
L’esempio (3) conferma le strutture già individuate negli altri due: cola
lunghi, opposizioni amplificate per mezzo dell’inserzione di materiale pro-
posizionale che costituisce perifrasi sunteggiante delle norme in vigore, reg-
genza subordinante complessa con doppio complementatore che. Di partico-
lare interesse è la strategia dell’inserzione di materiale proposizionale nel se-
condo colon: «Nonostante l’agenzia ribadisca che dal tenore letterale delle
disposizioni in materia, e secondo il consolidato orientamento giurispruden-
ziale, l’invito a comparire costituisca una mera facoltà dell’ufficio e non un
obbligo e che, di conseguenza, il mancato invito dell’ufficio non inficerebbe
la legittimità dell’eventuale avviso emesso ‘al buio’, ritiene, peraltro, un va-
lore importante che il contribuente partecipi alla ricostruzione dell’effettivo
valore probatorio dei dati». Il materiale aggiunto, apparentemente pleonasti-
co, corrisponde con la parte di testo sottolineate. Si noti che il richiamo alla
lettera della disposizione ed alla pratica interpretativa di questa lettera co-
munemente invalsa in giurisprudenza, è pertinente rispetto alla giustificazio-
ne della discrezionalità dell’invio dell’invito a comparire, non al fatto che il
mancato invio di tale invito inficerebbe la procedura. Dunque è il primo
membro della subordinazione, il primo «che», ad essere toccato dal richiamo

̱Ͷͻ̱
alla fonte, mentre apparentemente il secondo membro della subordinazione,
il secondo «che», non ne sarebbe toccato.
La posizione in inciso del nesso consequenziale «di conseguenza» però
viene a complicare le cose ingenerando un’ambiguità voluta31: la lettura pia-
na del testo ci porterebbe a dire che il fatto che il mancato recapito di un in-
vito non infici la legittimità di un avviso emesso senza che il destinatario ne
sia a conoscenza sia conseguenza del fatto che l’emissione di un avviso è a
discrezione dell’ufficio. Tuttavia la scelta di mettere il nesso consequenziale
dopo e non prima del complementatore, relegandolo così in inciso secondo
la strategia già analizzata parlando di (1), ha la conseguenza di attivare una
seconda lettura, secondo cui la conseguenza – perdurante validità dell’avviso
emesso “al buio” – sarebbe causa di quell’interpretazione stretta della lettera
di legge che è fino ad ora invalsa nella pratica del diritto. «Di conseguenza»
allora istituirebbe un nesso consequenziale fra il materiale preposizionale
aggiunto ed il secondo membro della subordinazione. Il risultato è patente:
se la validità dell’avviso è conseguenza di un’interpretazione della legge, al-
lora tale validità è solo apparente e non reale, potendo essere smentita da al-
tre interpretazioni; in questa maniera Marchetto dimostra ancora una volta la
necessità del suo commento, suggerendo, implicitamente, l’idea che
l’interpretazione che vi si darà della norma in questione sia, almeno per que-
sto aspetto, migliore rispetto a quella vulgata.
Si noti come, in un passaggio così testualmente importante, Marchetto ri-
veli attenzione anche alla scelta lessicale, che assume qui una particolare
importanza argomentativa. L’autrice infatti marca per mezzo di virgolette
semplici l’espressione colloquiale «al buio», indicando così che il colloquia-
lismo non è peregrino, ma assolve ad una ben precisa funzione semantica:
quella di indicare precisamente un particolare atto compiuto dall’Agenzia
delle entrate.
Gli esempi (1) - (3) corrispondono alla misura del paragrafo, che è
l’estensione micro-strutturale minima per un testo argomentativo, quindi
quella elettiva per la nostra analisi. I tre esempi ci permettono di confermare
gli assunti da cui eravamo partiti, aggiungendovi in più anche qualcos’altro:
anzitutto la non linearità del ductus, che è costitutiva in testi di questo tipo.
Se infatti lo scopo qui perseguito è quello di dimostrare la maggior conse-
quenzialità di una determinata interpretazione rispetto ad un sistema arbitra-

31
Analogamente a quanto avveniva nell’esempio (2) per la messa in inciso dell’ag-
gettivo «generalizzata» in relazione immediata col sostantivo «preclusione».
Abbiamo scelto di non discutere il passaggio per via dei problemi specificamente
giurisprudenziali che la scelta comportava, anche se il meccanismo di uso dell’inciso
è uguale a quello che stiamo descrivendo qui.
̱ͷͲ̱
rio di regole, come abbiamo già detto, allora il richiamo a quei fatti di diritto
che comprovano l’interpretazione è preminente e costitutivo dell’organizza-
zione stessa. È questo il motivo per cui inciso e complessità sintattica, che
dànno al testo il suo tipico aspetto di “cascata” informativa, rendendone talo-
ra difficoltosa la perspicuità, segnano questo tipo di testualità.
Gli esempi ci danno però l’opportunità di fare una considerazione anche
riguardo al lessico. Come è noto, la lingua del diritto obbedisce ad una for-
mularità che trova la sua ragion d’essere in una vera e propria semeiotica
della “significazione”, grazie a cui l’uso di un vocabolo, di un gruppo di vo-
caboli o di una particolare collocazione richiama immediatamente una rete di
concetti inclusi nel sistema normativo di riferimento32. È importante dire che
è quest’uso rigidamente formulare del lessico a definire in maniera presso-
ché esclusiva le preoccupazioni di scelta lessicale, che, quando non dettate
dalla rete semeiotica della significazione giuridica, appaiono invece libere e
talora addirittura svincolate dal rispetto della generale “regola” testuale per
cui la scelta lessicale dovrebbe essere adeguata al “tono” testuale generale.
Da ultimo, possiamo anche osservare come la struttura subordinativa pre-
senti i seguenti tratti:

1. Cola lunghi.
2. Elisione di marcatura subordinativa33.
3. Mitigazione dell’agency.
4. Preferenza a forme impersonali.
5. Stile nominale nella subordinazione.
Tav. 3.

32
Esemplare, in questo senso, è l’uso dell’avverbio «autorevolmente» nel passaggio:
«così come autorevolmente interpretato dalla Corte costituzianale» nell’es. (2).
Nell’ottica del giurista l’uso avverbiale rimanda immediatamente al fatto che il
parere della Corte assuma valore vincolante rispetto alla pratica legale e rispetto alle
decisioni di altre Corti, che sono per l’appunto prive del grado di auctoritas che la
Corte costituzionale riveste in materia di diritto costituzionale. «Autorevolmente» ha
dunque un valore specifico, fa cioè riferimento al fatto che la corte ha effettivamente
l’autorità, ossia il potere legale, di dare alla sua interpretazione valore legalmente
dirimente.
33
Non l’abbiamo qui trattata in dettaglio.
̱ͷͳ̱
La complessità di questa strutturazione può facilmente sfuggire di mano
anche a persone abituate a maneggiare questo tipo di testualità, provocando
errori tipici.
Ne abbiamo un esempio proprio nell’incipit dell’esempio (3): «Nella cir-
colare n. 32 del 19 ottobre 2006 si desume, sin dal paragrafo introduttivo»,
in cui notiamo una claudicatio nell’uso preposizionale, non adeguato rispetto
alla scelta argomentale imposta dal predicato desumere, che selezionerebbe
da invece che in. La claudicatio preposizionale appare tipicamente in conte-
sti testuali cospicui, in cui i singoli componenti di frase entrano in relazione
complessa con pericopi testuali sovrafrasali. In questo caso la selezione della
preposizione di luogo è dovuta ad un effetto eco “cataforicamente” orientato,
in forza del quale la citazione / analisi del testo legale qui discusso sovraim-
pone all’argomento verbale un valore di deittico testuale meglio processato
dal locativo in che dal più generico da invece richiesto dalla struttura qualia
del predicato (cfr. PUSTEJOVSKY 1995 e CONTE ME 1999/88).
L’interferenza del sistema testuale con quello sintattico è dunque note-
volmente marcata, per questo, come vedremo nel paragrafo seguente, a scri-
venti inesperti risulta difficile l’estensione di testi appartenenti a questa tipo-
logia.
4.2.3 PROBLEMI GENERALI DELLA MICRO-STRUTTURA: B) LE ESERCITA-
ZIONI DEGLI STUDENTI DEL MASTER. Riportiamo di seguito alcuni esempi
tratti dalle esercitazioni degli studenti del Master di cui si è innanzi detto.
La consegna ricevuta dagli studenti consisteva nello scrivere il testo di un
commento giuridico ad una norma del diritto tributario impiegando il testo
esempio di Marchetto come modello. È importante dire che l’articolo di
Marchetto forniva un esempio di struttura e di stile, ogni studente infatti ha
dovuto svolgere l’esercitazione a partire da un argomento diverso: dunque, i
docenti hanno assegnato ad ognuno degli studenti un argomento di diritto
tributario particolare, e su tale argomento ogni singolo studente ha successi-
vamente lavorato. Nella nostra prospettiva la differenza dell’argomento di
partenza è indifferente: nel prosieguo gli esempi verranno citati accompa-
gnati da una lettera che indicherà, di volta in volta, ognuno dei cinque diversi
studenti i cui elaborati sono stati presi in considerazione.
Partiamo proprio dalla concorrenza fra congiuntivo ed indicativo, che si
risolve sempre a favore del secondo, e dalla claudicatio preposizionale. Si
considerino i seguenti esempi:
(4) È un istituto tipico degli ordinamenti di common law; versatile e fles-
sibile, si presta alle finalità più ampie, si può affermare che non esiste

̱ͷʹ̱
una sola e specifica tipologia di trust, ma molteplici schemi che si
modellano alle esigenze del disponente. (Studente D)
(5) La compensazione avviene qualora tra due soggetti intercorrono reci-
proche posizioni debitorie e creditorie. (Studente C)
I due esempi sono sostanzialmente differenti: mentre l’esempio (5) mo-
stra un chiaro errore dovuto all’imperfetta conoscenza delle regole dello
standard italiano, che richiede il congiuntivo in costruzioni eventuali, l’e-
sempio (4) può essere interpretato sulla falsa riga di quanto detto riguardo al-
l’esempio (2).
Bisogna però fare alcune precisazioni: (5) ci porta a reinterpretare (4)
come sovrestensione del modello offerto da Marchetto, sebbene i due esempi
provengano da penne differenti. Il discorso è lineare: (4) rivela che D obbe-
disce alle regole del neo-standard in maniera stretta; è possibile determinare
questa strettezza di rapporto col neo-standard proprio sulla base dell’ “erra-
to” uso dell’indicativo in costruzione eventuale. Si deve infatti considerare la
tendenza del costrutto “qualora + indicativo”, fortemente sub-standard ri-
spetto allo standard italiano classico, ad estendersi nel neo-standard, al cui
interno la forma sembra essere sempre meno recepita come inaccettabile.
Quest’acclimatamento, in parte favorito dalla tradizionale debolezza del si-
stema congiuntivo italiano, rivela la difficoltà, per scriventi di provenienza
neo-standard, come sono D e probabilmente anche C, presumibilmente coe-
taneo e comunque pari grado in termini socio-culturali, linguistici e geo-
linguistici di D, nell’uso del sistema congiuntivo.
A partire da quanto detto, si può allora interpretare (4) non come esempio
di gioco modale, così come si era fatto per il contesto, in tutto comparabile,
di (2), bensì come chiaro caso di sovrestensione della forma padroneggiata,
l’indicativo, rispetto alla forma problematica, il congiuntivo.
La riconsiderazione di (4) in termini di sovraestensione analogica dell’in-
dicativo a tutti i contesti in cui potrebbe trovarsi in concorrenza rispetto al
congiuntivo, ci porta però ad una seconda considerazione: gli scriventi neo-
standard sono sempre meno in grado di costruire giochi linguistici come
quello proposto da Marchetto in (2). Quest’incompetenza si tramuta in una
particolare difficoltà organizzativa, consistente nell’incapacità di gestire la
complessa interfaccia fra lingua e testo che caratterizza il genere commento.
Gli errori nella selezione argomentale ne sono una riprova, come dimo-
strano:
(6) [...] l’onere della prova circa l’esistenza ed inerenza dei componenti
negativi del reddito incombe al contribuente. (Studente B)

̱ͷ͵̱
(7) A mio personale avviso l’utilizzo di questo istituto è stato spesso valu-
tato con sospetto, strumento utile per simulare negozi o atti con finali-
tà contrarie a norme imperative per esempio in materia di successione.
Il trust si contraddistingue da più atti. (Studente C)
L’esempio (6) comporta una rianalisi dell’entrata lessicale del predicato
incombere che rivela una scarsa familiarità di B con quella parte rilevante
del lessico giuridico di provenienza dotta: orientandosi in accordo con un
criterio genericamente semantico, per cui il contenuto preposizionale della
frase può genericamente essere parafrasato così “ad x spetta l’onere di prova-
re y”, B impone alla sintassi lessicale del predicato una scelta argomentale
che esplicita l’indice di movimento (cfr. BRØNDAL 1928/67), a scapito della
scelta argomentale invece legata al frame predicativo.
Il tipo di rianalisi operata da B influisce sulla struttura di frase e quindi
sull’interfaccia fra sintassi e testo: si consideri la parte finale dell’esempio
(7), ancora una volta dovuto alla penna di C: «Il trust si contraddistingue da
più atti [...]». In questo caso non siamo in presenza tanto di una claudicatio
preposizionale, quanto di una vera e propria incompetenza nell’uso della
forma impersonale, che sembra essere confusa da C con una costruzione tout
court passiva, quindi bisognosa di un aggiunto agentivo introdotto per
l’appunto da da. La mancanza di competenza ha conseguenze rilevanti sul
dominio di una testualità caratterizzata, tra l’altro, proprio da quella mitiga-
zione agentiva e da quella preferenza per gli impersonali che prima indivi-
duavamo come terzo e quarto tratto del genere commento.
L’ulteriore analisi di (7) svela però anche una risalita dei problemi a livel-
lo interfrasale, come dimostrato dalla prima parte di (7): «A mio personale
avviso l’utilizzo di questo istituto è stato spesso valutato con sospetto, stru-
mento utile per simulare negozi o atti con finalità contrarie a norme impera-
tive per esempio in materia di successione». In questo caso C, che non riesce
ad organizzare il colon secondo quelle modalità di lunghezza che abbiamo
mostrato discutendo il testo di Marchetto, ricorre ad una ripetizione nomina-
le in variazione sinonimica, istituto/strumento, che lascia in dubbio se
l’originario intento dello scrivente fosse quello di ricorrere ad un SN amplia-
to per mezzo dei connettori come od in quanto (A mio personale avviso
l’utilizzo di questo istituto è stato spesso valutato con sospetto, in quanto /
come strumento utile…), oppure se l’intento fosse quello di usare una forma
di subordinazione causale o completiva.
Gli esempi di incertezza “architettonica” non finiscono certo qui, si con-
siderino:

̱ͷͶ̱
(8) Le reciproche posizioni debitorie e creditorie devono essere generati
da titoli differenti [...]». (Studente D)
(9) L’istituto della compensazione in ambito tributario si presenta più
complesso di quello civilistico [...]». (Studente D)
(10) Svolta la superiore rapida ma necessaria disamina, l’intento del pre-
sente scritto è quello di analizzare l’art. 2, commi 2 e 2bis, del TUIR
alla luce delle regole probatorie, aventi ad oggetto la residenza fiscale
dei contribuenti, che ne derivano, con particolare riferimento alla di-
stribuzione dell’onere della prova (della residenza fiscale): su chi, tra
Amministrazione finanziaria e contribuente soggetto di imposta, gravi,
in ciascuna delle fattispecie delineate dalla detta disposizione norma-
tiva, l’onere di provare la residenza fiscale, o la non sussistenza della
stessa; inoltre cosa debba provare l’onerato (in altri termini, cosa sia,
in ciascuna delle fattispecie, oggetto del detto onere». (Studente A)
(11) Venendo alla seconda motivazione posta a sostegno della discussa
sentenza in esame, secondo la quale sarebbero assimilabili le posizioni
dell’ amministratore di società a quella dell’ imprenditore individuale
si osserva che la Suprema Corte considera la propria equiparazione
fondata sul mancato inquadramento, quali lavoratori subordinati all’
impresa, comune alle due figure considerate». (Studente B)
Gli esempi (8) e (9) presentano tipici elementi di incertezza nella struttu-
razione testuale complessa, come la fallacia dell’accordo (8) ed il fallace
scorciamento delle costruzioni comparative (9). Ci soffermiamo brevemente
su (9) solo per far notare come l’incertezza nell’uso dei connettori e del con-
giuntivo determini errori del genere qui esemplificato: sarebbe bastato dire
di quanto non sia in ambito civilistico.
L’esempio (10), dovuto alla penna di A, oltre a presentare un elemento
neo-standard, che però si sta acclimatando anche nel genere di testi qui ana-
lizzati, come «aventi ad oggetto», presenta due elementi tipici dell’incertezza
/ incompetenza nell’uso di forme testuali complesse: l’uso dell’ambiguo
«superiore» in funzione di deittico testuale; il fallo nell’individuare
l’antecedente del pronome relativo.
Nell’indicazione: «svolta la superiore rapida ma necessaria disamina»,
sebbene A voglia evidentemente far riferimento a qualcosa di cui si è già
parlato nel co-testo precedente, l’uso dell’indicazione «superiore» – peraltro
un aggettivo concordato al sostantivo «argomentazione» – presenta un dop-
pio inconveniente. Dal punto di vista generale l’aggettivo rimane ambiguo
fra un significato sequenziale, capace quindi di assumere una funzione deit-
tica, equiparabile a quella dell’avverbio prima o della locuzione di cui sopra,
ed un significato valutativo, per cui l’argomentazione precedentemente pre-
̱ͷͷ̱
sentata sarebbe gerarchicamente superiore a quanto si dice in séguito.
L’ambiguità non è, in un testo di natura giuridica, né artificiale, né irrilevan-
te: nel primo caso infatti si asserisce un rapporto sequenziale del tipo prima /
dopo fra regole appartenenti allo stesso rango; nel secondo invece sembre-
rebbe istituirsi una relazione di causa/effetto in funzione di una gerarchia fra
regole appartenenti ad ordini diversi.
L’ambiguità testuale arriva però al limite quando interviene l’incom-
petenza nell’uso del pronome relativo, come avviene in «Svolta la superiore
rapida ma necessaria disamina, l’intento del presente scritto è quello di ana-
lizzare l’art. 2, commi 2 e 2bis, del TUIR alla luce delle regole probatorie,
aventi ad oggetto la residenza fiscale dei contribuenti, che ne derivano, con
particolare riferimento alla distribuzione dell’onere della prova [...]», in cui
l’antecedente sintattico del pronome relativo sono «i contribuenti», sebbene
sia logicamente possibile evincere che lo scrivente intendeva riferirsi alle re-
gole probatorie derivate dai commi 2 e 2bis del secondo articolo del TIUR.
In questo caso l’incompetenza è duplice: sintattica, perché lo scrivente igno-
ra l’impossibilità di un riferimento co-testuale “lungo” per il pronome relati-
vo, e di organizzazione testuale. L’unico modo che A avrebbe avuto per sal-
vare il suo testo, senza costringere il lettore ad attuare strategie di disambi-
guazione semantico / sintattica, sarebbe stata quella di scrivere: «l’art. 2,
commi 2 e 2bis, del TUIR alla luce delle regole probatorie derivantine ed
aventi ad oggetto la residenza fiscale dei contribuenti oppure l’art. 2, commi
2 e 2bis, del TUIR alla luce delle regole probatorie che ne derivano e che
hanno ad oggetto la residenza fiscale dei contribuenti».
L’analisi della punteggiatura e l’alternanza fra uso del participio presente
e proposizione relativa rivelano i motivi dell’errore: A inserisce in posizione
di inciso il participio presente, trattandolo né più né meno come un comune
aggettivo, e quindi assumendo la possibilità di accordo del relativo diretta-
mente con la testa nominale reggente l’aggettivo, sebbene ciò non sia possi-
bile quando, come in questo caso, il participio conservi il suo valore frasale e
si comporti quindi come subordinata ridotta. Il fatto di non cogliere il valore
di subordinata ridotta del participio, porta A anche a violare la sequenzialità
testuale che, in assenza di strutture sintattiche più complesse, fa precedere il
rapporto di derivazione alla dichiarazione dell’oggetto delle norme in que-
stione.
È quindi l’uso del participio presente, ossia dello stile nominale della su-
bordinazione, che, come già facevano notare Jacobi e Jespersen34, definisce
la prosa tipicamente scientifica, a provocare la crisi delle strutture testuali,
come conferma anche l’esempio seguente, dovuto sempre alla penna di A,
34
Cfr. JACOBI 1903 e JESPERSEN 1951/24.
̱ͷ͸̱
(12) Quanto sopra non significa, ovviamente, che le norme prevedenti le
imposte indirette non debbano individuare soggetti passivi dell’impo-
sta, giacché un’imposta senza soggetto tenuto a pagarla sarebbe “inuti-
liter data”, come inesistente); neanche significa che l’imposizione in-
diretta possa prescindere dalla previsione di criteri di collegamento.
Semplicemente, tentando da subito una sintesi, dal momento che quel-
la presente altro non è che una premessa, mentre oggetto specifico di
approfondita disamina sarà altro, può dirsi che la soggettività passiva
nell’imposizione indiretta può prescindere dal collegamento. (Studen-
te A)
in cui ad un primo, corretto uso verbale, in posizione di subordinata ridotta,
del participio presente («[...] prevedenti le imposte indirette [...]»), corri-
sponde un secondo uso, in qualche modo ri-verbalizzante, del participio ag-
gettivale «inesistente» privato della copula invece richiesta dal co-testo e dal
contesto sintattico. A si avvicina così alla vera e propria “word salad” di cui
è invece chiaro esempio (11), sia per quanto riguarda la punteggiatura sia per
quanto riguarda l’ordine di parola.
L’esempio (12) dimostra però anche un’ingenuità per quanto riguarda il
rapporto fra macro- e micro-struttura; scrive A: «Semplicemente, tentando
da subito una sintesi, dal momento che quella presente altro non è che una
premessa, mentre oggetto specifico di approfondita disamina sarà altro, può
dirsi che la soggettività passiva nell’imposizione indiretta può prescindere
dal collegamento». È evidente l’intento di suddividere il testo secondo un
modello di partizione gerarchica, in cui l’introduzione riveste un’importanza
minore, tuttavia la dichiarazione esplicita di tale irrilevanza risulta fatale re-
toricamente: di fatto A viene meno all’intento suasorio del testo, nel momen-
to in cui ne denuncia apertamente la minor rilevanza di una parte.
Torniamo però, per concludere, a problemi di organizzazione più specifi-
camente micro-testuali analizzando gli ultimi due esempi:
(13) Evidenzio in parte perché la Convenzione dell’Aja fornisce gli ele-
menti basilari per considerare un serie di atti, reciprocamente connessi,
trust ma soprattutto disciplina i criteri di collegamento e coordinamen-
to tra le normative specifiche sul trust adottabili dai diversi Paesi ade-
renti alla Convenzione. Si occupa, dunque, prevalentemente della leg-
ge applicabile al trust e al suo riconoscimento, ma non entra nello spe-
cifico della regolamentazione del trust medesimo, che può avere
schemi, contenuti e finalità molteplici. (Studente C)
(14) In tal senso pertanto non hanno alcuna rilevanza le assenze, anche se
frequenti e prolungate, fino a quando non incidano sul regime di pre-

̱ͷ͹̱
senza in modo tale da far perdere il carattere di abitualità. Come os-
servato, la portata dell’elemento volontaristico non deve essere so-
pravvalutata a tal punto da svilire la funzione assolta dall’elemento
“fattuale” della presenza fisica. La dimora abituale in un luogo pre-
suppone pur sempre la sussistenza della volontà del soggetto, l’animus,
inteso quale fattore propulsivo dell’abitare che deve essere valutato
sulla base degli elementi reali che, di volta in volta, contribuiscono ad
obiettivizzarne le forme, essendo le modalità mediante cui si manife-
stano le consuete relazioni di vita a concretarne, in definitiva, la sussi-
stenza. (Studente E)
I due esempi in questione rappresentano un bel dittico: mentre (13) è l’enne-
simo esemplare di inconseguenza subordinativa dovuta all’impropria elisio-
ne di elementi connettivi (nel primo colon dopo «ma», dove la ripetizione di
«perché» sarebbe stata dovuta) o ad improprie scelte paratattiche, laddove
invece sarebbero state preferibili scelte subordinative ipotattiche (in luogo
del punto fermo, si sarebbe forse dovuto dire: poiché si occupa), (14) rappre-
senta un brano perfettamente accettabile, a riprova di come sia possibile, an-
che per alunni ormai “nativi digitali”, accedere a strutture testuali complesse.
4.3 CONCLUSIONI. Che il testo giuridico sia per sua natura testo “a de-
codifica” piuttosto che “ad inferenza” è cosa ben nota, e non valeva la pena
ribadirlo nel corso della nostra indagine, che, peraltro, conferma pienamente
la struttura bottom-up di questa meta-tipologia testuale.
Forse vale invece la pena aggiungere che “ad inferenza”, e quindi ordina-
to dal basso verso l’alto nella costituzione dell’argomentazione, è anche il
genere “commento”35; testi come quelli fin qui analizzati sono quindi dop-
piamente orientati verso una costituzione argomentativa in cui è la micro-
testualità a determinare l’assetto generale della dimostrazione36.
È evidente allora come il genere testuale in questione sia vincolato ad una
coerenza testuale piena: fra tutti i generi, o sottogeneri, della testualità giuri-
dica, è proprio quello del commento a dover avere il massimo rigore possi-
bile nella realizzazione di una sintassi che renda espliciti tutti i rapporti ar-
gomentativi messi in campo. Se anzi volessimo dare al termine “coesione”
un’accezione ristretta, locale, per cui mezzo costituiremmo un’opposizione

35
Che qui si intenda il commento come genere autonomo, va da sé, anche se, come
si è anche avuto modo di accennare, il “commento” può non essere tale.
36
E questo prevalere della microtestualità diventa ancora più vincolante rispetto al
costituirsi dell’argomentazione in testi come il commento giuridico, che perdono il
loro valore perlocutivo immediato per assumere invece quella funzione che abbiamo
qui chiamata “suasoria”.
̱ͷͺ̱
“coeso vs. coerente”, potremmo addirittura spingerci a concludere che il
commento giuridico debba essere un testo assolutamente coerente, proprio
perché rifiuta qualsiasi mezzo di costituzione testuale ed argomentativa che
non sia esplicitato e marcato dall’istituzione di relazioni per via sintattica.
Altrimenti detto, il commento non è un genere “coeso” secondo la particola-
re accezione che abbiamo usato qui37.
La coerenza stretta che marca dunque il commento agisce sulla scrittura
del testo da due punti di vista:
1) sintatticamente: con la creazione di strutture pesanti, che devono però ri-
spettare tutte le regole di reggenza e controllo che strutturano la frase com-
plessa. A ciò s’aggiunge la particolare struttura pragmatica del commento
giuridico, che considera adeguata all’intento comunicativo la trasmissione di
un contenuto informativo molto largo – si potrebbe parlare di una prevalenza
dell’adeguatezza sulla misura – con la conseguenza di favorire strutture fra-
stiche pesanti, con diffusa subordinazione, in cui è nettamente preferito l’uso
dell’incasso a quello della contrapposizione di cola frastici38.
2) lessicalmente: a differenza di quanto accade col livello sintattico, che rap-
presenta una vera e propria marca testuale, nel caso il livello lessicale si o-
rienta verso una selettività che, ancora una volta in accordo con un’appli-
cazione generalmente estesa della massima di adeguatezza, suddivide il les-
sico in aree pertinenti al genere testuale ed aree neutre. Mentre viene richie-
sta una competenza lessicale pienamente sviluppata ed un uso appropriato
del lessico specifico, per quanto invece riguarda il lessico considerato non
pertinente, e per ciò neutrale rispetto alla costituzione testuale, viene lasciata
liberta pressoché assoluta agli scriventi.

37
Evidentemente l’uso dei termini “coerente” e “coeso” rimanda a Maria-Elisabeth
Conte (CONTE ME 1999/88), anche se, come abbiamo detto con uno slittamento
forte del concetto di “coesione”, che viene qui usato in una maniera differente, ma,
riteniamo, non del tutto estranea, rispetto a Conte. I termini del travisamento sono
questi: Conte introduce il termine “coesione” in relazione a tipologie non testual-
mente coerenti, che pure possono essere definite “testi”. La coesione risulta così un
concetto più ampio rispetto alla coerenza: si potrebbe dire che coesione sia la qualità
che rende un insieme di frasi “testo” e che tale qualità può, e di solito è, realizzata
per mezzo di coerenza, anche se, nel caso dia alcuni testi, resta la coesione ma non si
ha coerenza. Nel caso di testi coesi ma non coerenti si deve quindi pensare ad una
diversa maniera di realizzazione della testualità, qui, in mancanza di meglio
chiamiamo tale maniera “coesione”, e, poiché i testi coerenti sono già coesi, assu-
miamo conseguentemente che non possano essere anche “coesi” nel senso in cui per
“coesione” si intenda una realizzazione della coesione (generale) alternativa alla
coerenza.
38
Da qui, tra l’altro, la diffusione dell’uso dei trattini che demarcano incisi.
̱ͷͻ̱
Le conseguenze sulla produzione di testi appartenenti alla tipologia del
commento giuridico sono dunque di duplice natura.
A collidere con l’ambito sintattico sono, soprattutto nel caso di scriventi
neo-standard, la diffusione di forme sintattiche sempre più semplificate, che
non favoriscono la creazione di complessi subordinanti estesi e costosi in
termini di relazioni sintattiche. A questa tendenza, evidentemente riscontra-
bile negli studenti, se ne aggiunge un’altra che riguarda soprattutto le lingue
tecniche: anche il linguaggio giuridico italiano è investito dalla necessità di
adeguare il suo standard testuale ad un’immediata confrontabilità interlin-
guistica. Siamo quindi in presenza, anche in ambito giuridico, ad una sosti-
tuzione dei quadri normativi di riferimento che rende ardua l’individuazione
di modelli e paradigmi, col risultato di rendere estremamente difficile l’inse-
gnamento e l’apprendimento di modi e forme della scrittura giuridica in ge-
nere e del commento giurisprudenziale in particolare.
Se è possibile pensare che i limiti sintattici della scrittura possano essere
superati con un sufficiente “tirocinio”, ben diverso sembra il discorso per
quanto riguarda la competenza testuale.
In quest’ultimo caso, al di fuori del ben delimitato orto del lessico tecnico,
la scelta lessicale è, sia nei testi stilati dagli studenti, sia in quello esemplare
di Marchetto, rivelatrice di una diffusa incompetenza riguardo alle questioni
di adeguatezza ai registri stilistici. Generalizzando, e quindi, ancora una vol-
ta, radicalizzando, si potrebbe dire che, laddove non si sia vincolati dal lessi-
co della disciplina, ci si ritiene liberi di usare qualsiasi tipo di vocabolario,
con una netta preferenza però per il vocabolario di uso quotidiano, a riprova
di un diffuso venir meno delle competenze testuali che, fino a non molti anni
or sono, avevano dominato la scrittura “colta” in lingua italiana.
In questo senso, qualunque poi possa essere la decisione degli scriventi a
riguardo, un insegnamento di “lingua scritta” capace di mettere insieme tutte
le risorse che la corpus linguistics offre, al ricercatore come all’utente dei
materiali contenuti in un corpus, con un occhio ad una pratica retorica rinno-
vata ma non immemore dei suoi modelli originali, risulta avere una non di-
scutibile importanza nella formazione dei futuri giuristi.

̱͸Ͳ̱
V.

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MABILLON
1709/1681 De re diplomatica libri VI. In quibus quidquid ad veterum in-
strumentorum antiquitatem, materiam, scripturam & stilum; qui-
dquid ad sigilla, monogrammata, subscriptiones ac notas chro-
nologicas; quidquid inde ad antiquariam, historicam, forensem-
que disciplinam pertinet, explicatur & illustratur; accedunt Com-
mentarius de antiquis regum Francorum palatiis. Veterum scrip-
turarum varia specimina, tabulis LX comprehensa. Nova ducen-
torum, & amplius, monumentorum collectio / Opera & studio
Domni Johannis Mabillon, Presbyteri ac Monachi Ordinis S. Be-
nedicti è Congregatione S. Mauri, Luteciae-Parisiorum, sumtibus
Caroli Robustel, 1709 (Editio secunda ab ipso Auctore recognita,
emendata & aucta); prima edizione Luteciæ Parisiorum, Billaine,
1681. L’edizione del 1709 è consultabile online a
http://x0b.de/mabillon/index.html.
1704 Librorum De Re Diplomatica Supplementum : In Quo Archetypa
In His Libris pro regulis proposita, ipsæque regulæ denuo con-
̱͸͸̱
firmantur, novisque speciminibus & argumentis asseruntur & il-
lustrantur / Opera & studio Domni Johannis Mabillon, presbyteri
& monachi Ordinis S. Benedicti è Congregatione S. Mauri, Lute-
ciae-Parisiorum, Carol Robustel, 1704.
MARCHETTO
2010 Ramona Marchetto, L’incendio non “brucia” i risultati delle in-
dagini finanziarie ma autorizza la prova testimoniale, in «Diritto
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1990 Francesco Sabatini, Analisi del linguaggio giuridico. Il testo
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2011 Francesco Sabatini, L’italiano nel mondo moderno. Storia degli
usi e della norma, la scuola, i dialetti, il latino, modelli teorici, la
Crusca, l’Europa. Saggi dal 1968 al 2009, a cura di Vittorio Co-
letti, Rosario Coluccia, Paolo d’Achille, Nicola de Blasi, Dome-
nico Proietti, Napoli, Liguori editore, 2011, 3 volumi.
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1997 La lingua del diritto. Difficoltà traduttive, applicazioni didatti-
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Milano, 5-6 ottobre 1995, a cura di Leo Schena, Roma: CISU,
1997.
TESAURO
1670 Emanuele Tesauro, Il cannocchiale aristotelico | o sia Idea |
dell’arguta et ingeniosa elocutione | Che serve à tutta l’Arte | ora-
toria, lapidaria, et simbolica | Esaminata co’ Principij | del divino
Aristotele, in Torino, per Bartolomeo Zavatta, 1670.
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1930 Georges Tessier, Leçon d’ouverture du cours de diplomatique de
l’École des chartes, in «Bibliothèque de l’École des chartes» XCI
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1952 Georges Tessier, La diplomatique, Paris, PUF, 1952 “Que sais-
je?” 536.
TYMOCZKO
1998 Maria Tymoczko, Computerized Corpora and the Future of Trans-
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nal» XLIII (1998)4, pp. 652-660, disponibile online alla pagina
http://www.erudit.org/revue/meta/1998/v43/n4/004515ar.pdf. Cfr.
anche I corpora computerizzati e il futuro dei translation studies,
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2007 Jacqueline Visconti, A textual approach to legal drafting and
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razione nel testo normativo, in VERONESI 2000, pp. 85-99.

5.2 WEBGRAFIA.
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corpora UniTO http://www.corpora.unito.it
EPIC http://dev.sslmit.unibo.it/corpora/corporaproject.php
?path=E.P.I.C.
Eur-Lex http://eur-lex.europa.eu/it/index.htm
Giuridat http://www.sdi-muenchen.de/projekte/kooperations
projekte/jura/projektergebnisse/
Jus Jurium http://www.bmanuel.org/projects/ju-HOME.html
Infoleges http://www.infoleges.it/
ITTIG - Legimatica http://www.ittig.cnr.it/Ricerca/Tematica.php?Id=3

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Master Tributario http://www.mastertributario.unito.it/do/home.pl/Vi
ew?doc=descrizione_master.html
NIR - Standard http://www.nir.it/sito_area2-progetto_standard.htm
NUNC http://www.bmanuel.org/projects/ng-HOME.html

̱͹ͳ̱
VI.

Anagraphica.

6.1 Manuel BARBERA è Ricercatore confermato alla Facoltà di


Lingue dell’Università di Torino. Ha fatto parte di ricerche COFIN
1997, 1999 e 2001, PRIN 2002 e 2007, FIRB 2001 e Bando Regionale
in Materia di Scienze umane e sociali 2008. Nel 1999 ha fondato
l’associazione bmanuel.org, ed è membro dell’Associazione per la sto-
ria della lingua italiana dal 2004. Si è occupato di linguistica generale,
linguistica storica, semantica e linguistica testuale, filosofia del lin-
guaggio, storia della linguistica, linguistica dei corpora, lessicografia,
critica testuale, metricologia, paleografia e creazione di font, romani-
stica, italianistica, uralistica, altaistica, amerindologia ed austronesia-
nistica.
È autore di varie monografie (La gradazione baltofinnica, 1993; In-
troduzione storico-descrittiva alla lingua vota, 1995 e 2012; A Short
Etymological Dictionary of the Votic Language, 1994 e 2012; Corpora
e linguistica in rete, 2007; Schema e storia del “Corpus Taurinense”:
linguistica dei corpora dell’italiano antico, 2009; Molti occhi sono
meglio di uno: saggi di linguistica generale 2008-12, 2013; Linguisti-
ca dei corpora e linguistica dei corpora italiana: un’introduzione,
2013) e di numerosi saggi su volume e rivista.
6.2 Marco CARMELLO è Profesor Interino presso il Departamento
de Filología Italiana dell’Universidad Complutense de Madrid. È
membro dell’AITLA (Associazione Italiana di Linguistica Applicata)
e del Sodalizio Glottologico Milanese. Si occupa di semantica formale,
logica, filosofia del linguaggio, semantica dei linguaggi letterari e sti-
listica, sintassi, pragmatica, linguistica testuale, retorica, linguistica
storica, linguistica greca e critica testuale.
È autore, oltre che di numerosi saggi in volume ed in rivista, di: E-
xtragrammaticalità. Note linguistiche, critiche e filosofiche sull’ultimo
Pizzuto (2012).

̱͹͵̱
6.3 Cristina ONESTI è Assegnista di ricerca presso il Dipartimento
di Lingue e Letterature Straniere e Culture Moderne dell’Università di
Torino, dove collabora a progetti di Linguistica e Linguistica Applica-
ta. Attiva nel gruppo di ricerca corpora.unito.it, ha fatto parte di pro-
getti di ricerca italiani (FIRB 2001; Bando Regionale in Materia di
Scienze umane e sociali 2008; PRIN 2011), anche come responsabile
(CNR/Promozione Ricerca 2005), ed internazionali (Satztypen und Sa-
tzmodi unter kontrastivem Aspekt, Fondo Ungherese per la Ricerca
Scientifica 2008; progetti Comenius “IGNATIUS Induction and Gui-
dance of Newly Appointed Teachers in European Schools” e “ETA-
LAGE European Task-based Activities for Language Learning; a good
practice exchange”; componente del Comitato Tecnico-Scientifico per
i progetti FEI Petrarca2 e Petrarca3). Si occupa di linguistica applica-
ta e linguistica dei corpora, con un focus particolare sulle lingue ita-
liano, inglese, tedesco e ungherese.
È co-autrice della monografia Interrogativsätze kontrastiv-
typologisch. Ein deutsch-ungarischer Vergleich mit sprachtypologi-
schem Hintergrund, 2009 e di numerosi saggi su volume e rivista.

̱͹Ͷ̱
VII.

Indice.

0. M. Barbera, Introduzione 5
0.0 Premessa 5
0.1 Le origini 5
0.2. Il contesto 5
1. C. Onesti, Suggerimenti della linguistica testuale ai giuristi 7
1.0 Il contributo della linguistica testuale 7
1.1 Connessione tra le parti 9
1.1.1 Punteggiatura 10
1.2 I punti-elenco 11
1.3 Posizione di avverbi focalizzatori 11
1.4 Conclusioni 11
2. M. Barbera, Retorica, linguistica e tradizione giuridica 13
2.0 Premessa: perché la retorica 13
2.1 La retorica, questa sconosciuta 13
2.2 Il ciclo valutativo 14
2.2.1 Vir bonus 14
2.2.2 Dall’adeguatezza... 15
2.2.3 ...alla teoria degli stili 15
2.2.4 Diversificazione esterna 16
2.2.5 Omogeneità interna 16
2.3.1 Quantità proporzionata 17
2.3.2 Sintassi sproporzionata ma proporzionabile? 17
2.4 Dispositio 19
2.5.1 Rem tene 20
2.5.2 Inventio 20
2.6. Exercitatio 20
2.7 Una considerazione conclusiva 21
3. M. Barbera - C. Onesti, Markup testuale ed articolazione
diplomatica: linguistica dei corpora per testi giuridici 23
3.0 Premessa 23
3.1 I corpora al servizio del traduttore 23
3.2 Il corpus Jus Jurium 24
̱͹ͷ̱
3.3 Tipologie testuali ed articolazione del testo giuridico 27
3.4 Markup testuale e diplomatico 28
3.4.1 L’esempio delle sentenze 30
3.4.2 Il traduttore di fronte al testo giuridico 32
3.5 Conclusioni 35
4. M. Carmello, Il commento giuridico: considerazioni intorno a un
genere della scrittura giurisprudenziale. 37
4.0 Questioni di adeguatezza testuale e tipologie del testo giuridico ita-
liano: un approccio micro-strutturale 37
4.1 Le metafunzioni della lingua giuridica 39
4.2 Strutture testuali ed esempi 42
4.2.1 Macro- e micro-struttura 43
4.2.2 Problemi generali della micro-struttura: A) il testo esempio 44
4.2.3 Problemi generali della micro-struttura: B) le esercitazioni degli
studenti del Master 52
4.3 Conclusioni 58
5. Bibliografia 61
5.1 Bibliografia generale 61
5.2 Webgrafia 70
6. Anagraphica 73
6.1 Manuel Barbera 73
6.2 Marco Carmello 73
6.3 Cristina Onesti 74
7. Indice 75

̱͹͸̱

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