Documenti di Didattica
Documenti di Professioni
Documenti di Cultura
1999, p. 167.
comune; non esiste infatti la proprietà privata, così come non esistono la
guerra e i politici che decidono del destino delle nazioni. Poiché però le
società europee sono esattamente l’inverso di tutto questo, l’utopia non è
che un mondo alla rovescia, che permette un ribaltamento simmetrico e
una ridescrizione straniante del mondo conosciuto.
Secondo Darko Suvin, «L’utopia è la costruzione verbale di una parti-
colare comunità quasi umana in cui le istituzioni socio–politiche, le norme
e le relazioni individuali sono organizzate secondo un principio più perfetto
di quello che governa la comunità dell’autore; una costruzione basata sullo
straniamento che origina da un’ipotesi storica alternativa»9. E, nel caso
specifico del racconto di Swift, l’isola rappresenta «a metaphor of closure»,
la quale «marks the desire for something else»; e «its traditional collocation
in geographical areas far away from Europe, in unexplored lands, confirms
its haughty otherness from the civilised world»10.
Gulliver’s Travels rappresenta tuttavia una sorta di anti–utopia, visto che le
società immaginarie in esso presentate appaiono, sotto molti aspetti, come
esempi di anti–società, con visioni grottesche che, non proprio ideali, rap-
presentano in realtà una satira amara dell’ordine sociale in cui l’autore vive e
opera. Tra le «several remote nations» non si trova infatti alcun modello che
sia totalmente positivo, nessuna immagine di un’auspicabile società a venire.
La ‘moda’ della letteratura di viaggio conosce un illustre precedente nel
sopra citato A New Voyage Round the World di Dampier, pubblicato nel
1697. Non a caso, nella lettera di prefazione aggiunta all’edizione del 1735
dei Gulliver’s Travels, il capitano Gulliver scrive a suo cugino Sympson di
aver dato delle direttive affinché un Gentiluomo proveniente da qualche
università correggesse lo stile del suo racconto, proprio come suo cugino
Dampier aveva fatto fare dietro suo consiglio11.
Anche la celeberrima avventura nata dalla penna di Daniel Defoe pochi
anni prima della pubblicazione dei Travels, vede come protagonista un viag-
giatore, Robinson Crusoe, il quale approda da solo su una spiaggia deserta
per raccontare dei mezzi con cui riesce a sopravvivere in una terra estranea.
9 Ivi, p. 6.
10 C. IMBROSCIO, “Myths and Symbols”, in Dictionary of Literary Utopias, cit., p. 419.
11 «I hope you shall be ready to own publicly [...] that by your great and frequent
Gulliver e Crusoe sono, oltre che viaggiatori, anche narratori che cercano il
modo più efficace per descrivere e raccontare eventi che sfuggono alla loro
abituale capacità di comprensione.
Nella Prefazione a The Life and Strange Surprising Adventures of Robinson
Crusoe si legge: «The editor believes the thing to be a just History of Fact»,
e infatti Defoe era stato ispirato dalla storia vera di Alexander Selkirk. A
parte ciò, vi sono riferimenti sia temporali che spaziali ben precisi che De-
foe utilizza allo scopo di convincerci dell’attendibilità degli eventi descritti,
come sostiene ad esempio John Mullan: «Defoe imitates factual accounts to
provide us with the means of believing in his stories»12. E non c’è in effetti
motivo per dubitare che, all’epoca in cui apparve, Robinson Crusoe fosse ac-
colto dai suoi lettori come un resoconto storico. Al riguardo, Robert Ma-
yer sostiene che: «Undoubtedly there were some in London who knew, on
the day the work appeared, that it had been written by Defoe, and others
who guessed that it was imaginary, but there were also apparently many
who read it as an account of matters of fact, and probably more who were
not sure [...]»13.
Oltre alla prefazione, nella quarta edizione, apparve anche una mappa,
che spingeva ancora di più i lettori ad accettare il testo come una storia ve-
ra. Alcune mappe sono presenti anche in Gulliver’s Travels, ma le mappe di
Swift sono molto meno verosimili di quella di Defoe, che invece è au-
tentica, anche se il viaggio descritto non lo è.
Anche a Gulliver, come a Crusoe, piace descrivere «fatti», ma, ad un
certo punto, il suo racconto prende una strada diversa, e questo accade nel
momento in cui il lettore è chiamato a lasciarsi alle spalle il mondo del
possibile. Gulliver’s Travels infatti non è un romanzo, ma una satira, che, se-
condo Aileen Douglas, tratta «the unwarranted pride modern Europeans
take in what they know and have: their modes of government, scientific
achievements and civilisation»14.
Gulliver racconta di esperienze incredibili, visitando terre abitate da
‘alieni’ antropomorfi. I lillipuziani appaiono piccolissimi, mentre Gulliver
è enorme, rappresentando in un certo modo il potere coloniale; tuttavia,
ciò che per Clement Hawes configura maggiormente il viaggio a Lilliput
12 J. MULLAN, “Swift, Defoe and narrative forms”, in The Cambridge Companion to En-
glish Literature, 1650-1740, a cura di S.N. Zwicker, CUP, Cambridge 1998, p. 256.
13 R. MAYER, History and the Early English Novel, CUP, Cambridge 1997, p. 192.
14 A. DOUGLAS, “The Novel Before 1800”,The Cambridge Companion to the Irish Novel,
15 C. HAWES, “Three Times Round the Globe: Gulliver and Colonial Discourse”, Cul-
tural Critique, 18 (1991), p. 199: «What most marks the voyage to Lilliput as an ironic
appropriation of colonial discourse [...] is the topos of assimilation».
16 «I cannot but conclude the Bulk of your Natives to be the most pernicious Race of
little odious Vermin that Nature ever suffered to crawl upon the Surface of the Earth» (J.
SWIFT, Gulliver’s Travels, cit., p. 123).
Robinson Crusoe e Gulliver’s Travels 405
versi, il racconto dai toni razzisti dello stesso Dampier, il quale descriveva
gli aborigeni come «the miserablest People in the World», che «differ but
little from the Brutes»17.
Per Carol Houlihan Flynn, entrambi Defoe e Swift usano la figura del
cannibale per esplorare l’Altro, che viene ad essere incorporato dall’essere
«civilizzato» come componente necessaria della società ‘divorante’: «Defoe
demonstrates Crusoe “civilizing” his savage to make him part of a system
he controls. But the savagery Crusoe combats turns out to be located as
much within as outside his own nature. […] Swift also insists upon ex-
posing the savagery implicit in his straining physical economy. To protect
himself from his yahoo “nature”, Gulliver skins the Yahoos he so fears, and
melts them down for tallow, making use of their bodies to separate himself
from their needs»18.
L’Altro, ritratto come selvaggio e cannibale, serve pertanto a fornire
una giustificazione per la conquista e la sottomissione dello stesso19, ma
non solo; sia Defoe che Swift usano il cannibale come «the emblem of a
physical economy that requires an infusion of new blood to revitalize (…)
an ailing body politic»20. Gli inglesi dipendevano pertanto dai corpi colo-
nizzati per poter soddisfare i bisogni che emergevano man mano, nel corso
del loro processo di espansione21.
In una prospettiva coloniale, l’incontro con l’Altro evidenzia inoltre
una volontà di esclusione riguardo a ciò che viene percepito come diverso,
poiché, come ricorda Said, «culture is a system of discriminations and eva-
luations […] and it also means that culture is a system of exclusions». Nel
quarto libro dei Travels, è il Master Houyhnhnm a rappresentare tale pro-
spettiva. Egli vede, come ha sottolineato Hawes22, solo ciò che Gulliver, in
17 W. DAMPIER, op. cit., p. 312. D’altra parte, Michel de Montaigne scriveva: «Noi
non abbiamo altro punto di riferimento per la verità e la ragione, che l’esempio e l’idea
degli usi e opinioni nel nostro paese... Perciò gli altri diversi da noi sembrano selvaggi, allo
stesso modo per cui chiamiamo selvatici i frutti che la natura ha prodotto nel suo naturale
sviluppo» (M. DE MONTAIGNE, Saggi, 3 voll., a cura di V. Enrico, Mondadori, Milano
1986, vol. I, cap. XXXI, ‘Dei cannibali’, p. 231).
18 H.C. FLYNN, The Body in Swift and Defoe, CUP, Cambridge 1990, pp. 149-150.
19 «The definition of otherness, the degree to which others can be persuasively shown
to be discordant with putative norm, provides a rationale for conquest» (S. DEANE, “Intro-
duction”, in T. EAGLETON, Nationalism, Colonialism and Literature, University of Minnesota
Press, Minneapolis 1990).
20 H.C. FLYNN, The Body in Swift and Defoe, cit., p. 150.
21 Ibid.
22 E.W. SAID, The World, the Text and the Critic, HUP, Cambridge (Ma.) 1983, p. 11.
406 Adelina Cataldo
liver’s oscillating sympathy with and resistance to the societies he encounters, as he sees
himself, or refuses to see himself through alien eyes. It is in his fourth and final voyage that
he completely adopts the perspective of his hosts, and his sense of self is devastated».
26 B. MCLEOD, The Geography of Empire in English Literature 1580-1745, CUP,
27 Ibid.
28 D. DEFOE, Robinson Crusoe, cit., p. 113.
29 Ivi, p. 128.
30 H.C. FLYNN, The Body in Swift and Defoe, cit., p. 155.
408 Adelina Cataldo
31 Ivi, p. 209.
32 Cf. B.C. MCNEILLY, “Expanding Empires, Expanding Selves: Colonialism, the No-
vel, and Robinson Crusoe”, Studies in the Novel, 31 (2003) 1, pp. 1-21.
33 H.K.BHABHA, The Location of Culture, cit., p. 122.
34 Ibid.
35 A tal proposito, Bhabha sostiene che «the question of identification is never the affir-