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i i i TU eh ee ee ee ee eee eer ae cee ordinario della Pontificia Accademia di San Tommaso d'Aquino e consultore del Pontificio Consiglio della Cultura, Sulla scia di Carlos Cardona e di Cornelio Fabro, nel suo pensiero ha Oe Ree ec en ee Ce ee Se en eee eee See eM Rao Re eee ee ae Pee SCS ket aa oe ce eee Colca cece a nombre propio de Dios (Eunsa, Pamplona 1980), Metafisica e Tee Ok oe ea Deena ee Ip) MIGUEL PEREZ DE LABORDA insegna Metafisica nella Facolti di Filosofia della Pontificia Universita della Santa Croce, Re ee eet eee ey ou mtn metafisica della persona ealla teologia apofatica. Lesue principal pubblicazioni sono: La razén frente al insensato, Dialéctica y fe en Deke e ae ea de los atenienses. Vida y muerte de Sécrates (2001), San Anselmo de Canterbury, Proslogion, traduccién, introduccién y comentarios (2002), Introduzione alla filosofia analitica (2006). A) 331 ry 1830] Pa [e G me L. Clavell - M. Pérez de Laborda Lluis CLAVELL - Miguel PEREZ DE LABORDA METAF Cora LOO eon crlie) PONTIFICIA UNIVERSITA DELLA SANTA CROCE Filosofia e reali ‘Tra le schematizzazioni formali della sazionalith moderna e il martella- ‘mento sensorial della odierna civltd dellimmagine, Puomo sta perdendo il senso ela misura della realta In questa frammentazione del reale Ia ilosofa @ in crisie questa non & una buona notizia per 'uomo che, privato di una rifessione critica suse stes~ 50 ¢su cid che lo circonda, appare sempre pit in balia dei propriistint e delle tendenze predominanti accolte senza esserne crticamente consapevole. La riflessione filosofica in questo momento storico sembra, perc Io stramento pitt adatto peril recupero della realta,e delle redini della propria vita, che Fuomo sente sottrarsi alla propria coscienza, attraverso un pensiero rigoroso ed emancipato dagliidola del tempo. Laverita delfessereeilvalore della persona umana, che fanno parte della grande tradizione metaisica occidentale, appaiono come un traguardo inso- stituibile di questo recupero, Ma non si trata di un semplice ripicgo della filosofa nella propria storia: bisogna abbandonare unlimpostazione mera- 'mente storiografica incapace di cogliere la realtt nella sua interezza, recupe- tando Vattualita del pensiero filosofico come suo costitutivo essenziae. In questttica la collana intende offrire ai lettori le conquiste pit rile vanti di un pensiero in grado di dare risposta alle domande fondamental sull'uomo nelle sue relazioni con il mondo ¢ con I'Assolut. Volum pubbiicati Edizione Le Monier ‘A. Llano, Flora della comascenza, Hi Sanguines, Laie filefica AL. Gonziler, Pubsfia di Dio M.Areigas- JJ Sanguinet, Fils dla natura A. Rodrigues Luto, Ec, G.Chalmeta, Bean applicata, A. Malo, Intraduzione ala picalgia. JJ. Sanguines,Inrodusione alla gnocolegia. Eduse LL Clavell - M. Pérez de Labords, Metairie. JA.Lombo - F Russo, Aniraplogia foie. Una introtione Tr Yara Pilea TL. Romere, Lomo eil istered Die. Care di Telogia Files Lluis Clavell - Miguel Pérez de Laborda METAFISICA Filosofia e Realti DUS Ai nostri studenti ISBN 978-88-8333-118-3, ©- ESC scart | Via dei Pianellari, 41 - 00186 Roma | info@edusc.it Prima edizione 2006 Ristampa 2014 PROLOGO Questo volume é un’introduzione alla metafisica intesa come scienza dell'essere. Pit precisamente, il testo vuole introdurre alla filosofia prima nella forma di un manuale di carattere fondamen- tale. Pur potendo essere studiato da solo, & nato come sussidio per corsi di primo triennio di una facolta universitaria di Filoso- fia. Quindi di per sé presuppone la partccipazione ad unattiviti accademica di lezioni, seminari e lavori personali, non solo di metafisica — pensiamo alla autogiustificazione della metafisica nella gnoseologia e alla teologia filosofica — ma anche di altre materie filosofiche, quali lantropologia e Tetica, nonché quelle di carattere storico, Nell’area di Metafisica di questa universit& @ maturato il bi- sogno di un testo nuovo rispetto alla edizione italiana del 1987 della Metafisica di Alvira, Clavell e Melendo, che ha reso un buon servizio, anche nella versione originale spagnola (con 8 edizioni) e in quella inglese. Lesperienza di questo ultimo decennio ci ha indotto a prepa- rare un'esposizione nuova, pitt discorsiva e unitaria. La discor- sivita ha comportato una maggiore presenza di ragionamenti di autori vari, in particolare di Aristotele, e anche di descrizioni della realti concreta e di riferimenti a problemi della filosofia contemporanea. La maggiore unita é stata cercata rendendo pit cesplicita la centralita dell’essere nella sua composizione con les- senza e tenendo presente Vessere personale come il grado pit perfetto della realta. La struttura di questo volume si @ dimostrata utile per intro- ursi nelVabito intellettuale di riflettere sulla dimensione metafi- 7 METAFISICA sica del mondo e delle persone, nonché di avviare il lettore verso approdo della filosofia prima nella teologia filosofica. Siamo consapevoli della trasformazione della metalisica avve~ nuta nella moderniti'. Diversi paradigmi metalisici si sono suc- ceduti negli ultimi secoli. Dalla metafisica classica della trascen- denza alla filosofia trascendentale della coscienza del soggetto = con la rivoluzione copernicana di Kant -, ¢ poi alla filosofia trascendentale del linguaggio o dell'intersoggettivita, nel ingui- tic turn, Quest ultimo indirizzo si & sviluppato come analitica, ermeneutica e pragmatica linguistica?, Pia recentemente l'inten- sificarsi della multiculeuraliea e la necessita di unfetica universale {ad es. per le importanti questioni bioetiche e di responsabilita nei campi delfecologia e delleconomia globale) pongono di nuovo il bisogno di un riferimento ultimo assoluto, non il mero frutto del consenso della comunita di ricercatori. ‘A nostro avviso, se non si accede all’essere stesso della realta, ma si timane nel cerchio di un “contestualismo relativista” (i limitatamente condivisibile, se si vuole), la societa e la persona corrono il rischio di essere schiacciati da mutevoli consensi e da ‘molteplici interessi nascosti. Il principio di responsabilita® pud essere chiamato in causa per non conformarsi con le proposte che escludono la possibilita di accedere al reale in sé*, Con questa consapevolezza ci é sembrato opportuno lasciare la discussione di diversi punti importanti ad altre discipline del primo triennio della Facolta. Nella prefazione al manuale del 1987, Adriano Bausola espri- ‘meva il seguente parere sulla metafisica: «Non é il kantismo, con la sua chiusura nel fenomeno soggettivo, quello che oggi domina; al contrario, ¢ la negazione della chiusura nel soggettivo, nel fe- * Of. A. Llano, Metafivieny longuaje 2Cfi. K-O, Apel, Metaphysit und die transzendentalpilesophischen Paradigmen der Ersten Philosophie. 2 Céz. H. Jonas, Dac Prinzip Verantwortung. 4Cti, L: Romera, Levigenza della filasfia prima: il suo carattere matefscoesapion- ziate. 8 MeTAFISICA nomenico, & la conseguente apertura all’essere (eppercid, poi, Papertura al discorso sullessere in quanto essere, ¢ cio® alla me- tafisica) cid che ha ripreso ampio, consolidato motivato credito rel pensieto filosofico contemporaneo. Lo stesso orientamento della filosofia analitica (Iegata in origine al neopositivismo) ha, in pid di uno dei suoi esponenti, riscoperto un autentico interesse per il linguaggio ontologico, e attraverso di esso per essere. Ma poi, in positive: come pensare che 'uomo possa sul serio rinun- Giare ad impegnarsi in un'indagine sul significato complessivo della sua vita? E questo non implica inevitabilmente interrogarsi sul fondamento ultimo della vita, e del mondo in cui Ia vita @ inserita? Questa indagine porta con sé, necessariamente, [a ri- flessione sull'intero, sulla totalita dell'essere, e, con cid, il pensa~ ‘mento dell'essere in quanto tale Le prospettive metafisice classiche di Parmenide, Platone, Asistotele e Tommaso d’Aquino ci sembrano un itinerario im- prescindibile per chiunque voglia accedere alla dimensione pro- fonda del reale. E una strada particolarmente adatta per acquisire Vabito intellettuale di conoscere e ragionare in modo sapienziale Cid non significa ignorare la rigorizzazione del discorso flosofico nata come esigenza della svolta linguistica e della critica heideg- geriana alla metatfisica onto-teo-logica Ringraziamo vivamente i nostri colleghi professori dell'uni- versita. Essi ci hanno arricchito con le loro conoscenze ¢ con i loro suggeriménti. In modo particolare ringraziamo a quanti hanno avuto la generositi di esaminare il testo completo o aleune delle sue parti: L. Romera, JJ. Sanguineti, $, Brock, C. Reyes e ‘A. Acerbi. Un ringraziamento particolare ai nostri studenti, Con Ie loro domande, essi ci hanno aiutato a pensare in modo pitt ri- goroso. Gli autori d Parte prima LA SCIENZA DELLENTE IN QUANTO ENTE Miguel Pérez de Laborda Capitola primo NATURA E OGGETTO DELLA METAFISICA 1. La sapienza cereata: a. Totalita. b. Profonditi. 2. Metafsica 3. Ontologia: 2. Il progresso in filosofa: alla scoperta dellessere. b. Oggetto delfontologia. c. Nozione di ente. 4. Filesfta prima: a ‘Tipo di priorta. b. Prime nozioni. c. Filosofie seconde. 5. Teologia 1, Due tipi di teologia b. Rapporto tra metafisica e fede. 6. Sapienza. 7. Scienza: a. La eritica di Hume alla metafsica. b. IL carattere scientfico della metafsica ‘Tra le diverse discipline filosofiche, la metafisica & forse quella per cui €& meno accordo sulla sua definizione, scopo, principi ¢ metodo, Davanti alla grande diversita di modi di far metafisica, viene voglia di dire semplicemente che la metafisica é cid che hanna _fatto i metafisicie di ridurre un libro di metafisica a una storia del pensiero metafisico. In realti, al di la delle tante differenze tra i sistemi, si pud-percepire Iungo la storia un filo conduttore, in buona parte grazie all'autorit\ dei primi grandi metafisici: Par raadlatnielainle L< loro opere sono sate Le lamentali per molti filosofi posteriori, ¢ i problemi metafisici che essi tentarono di risolvere sono ancora, in linea di massima, quelli che preoccupano il metafisico di oggi. In queste pagine, cercherd di presentare a grandi linee i pro- Dasitndninall dela mtafsie © diafgcsemlaciinaseace considero pitt Prima di turto, dovremo chiarire qual eee qual é il genere di questioni che le competono. B PARTE PRIMA = CAPITOLO PRIMO 1. La sapienza cereata Aristotele comincia la sua Metafisica affermando: «Tutti gli cuomini fer natura tendono al sapere». Ma @ anche vero che sono tante e assai diverse le conoscenze che interessano l'uomo: alcuni sono particolarmente interessati ad avere nofizie su questioni che altri considerano banali. In realta, perd, solo alcune tra le conoscenze occupano un luogo che consideriamo centrale. Esse sono le questions fondamentali, come Vorigine delVuniverso e del- Yuome, il fine e lo scopo della vita e delle nostre azioni, il senso del dotore e della morte, Pesistenza di Dio, ecc. Chi si occupa di tali questioni é il filosofo (amante della sa~ ‘pienza). Chi invece ha molte informazioni su svariati argomenti, ‘ma non possiede queste conoscenze particolarmente importanti, non é di solito considerato veramente sapiente; si dira, eutt’al pit, che é un erudito, una persona colta, istruita o ben informata. Ora, quali sono i tratti definitori della metafisica che la di- stinguono dalla filosofia? In questo caso, bisogna distinguere avendo cura di non separare troppo: la metafisica non s'identifica semplicemente con la filosofia, ma ne é certamente una parte, ¢ quella fondamentale Aristotele, nella riflessione sulla natura della metafisica che occupa i primi capitoli della Metafisica, presenta diverse caratte~ ristiche di questa sapienza, Vorrei soffermarmi in primo Iuogo su duc di esse: la totalite la profondita. a. Totalita Un primo tratto caratteristico di cid che di solito s‘intende per sapiente & questo: egli cerca, nella misura del possibile, 1a conoscenza di futte le cose. La sapienza che cerca il filosofo sar’ dunque qualcosa che riguarda tutta Ia realti, E possibile perd una conoscenza di tutto? Per poter rispondere, bisogna prima * Amisroreie, Metgfsiea A, 2, 9824 7-10 4 NATURA E OGGETTO DELLA METAFISICA osservare che sono diversi i modi in cui si pud intendere il sapere su tutto, Un primo modo e Verudizione (quando & una persona che in~ tende sapere tutto, 0 almeno molto) o il sapere enciclopedico (che ® sempre opera di collaborazione tra diverse persone). Ci sono stati diversi progetti di questo genere: ad es., ! Enciclopedia edita da Diderot (1751), con la collaborazione dei pit illustri pensa- tori francesi di quel momento, e 'international Encyclopaedia of \ Unified Science promossa da ©. Neurath all'Universiti di Chi- cago dal 1938. Questo tipo di sapere di totalita un tentativo di conoscere ciascuna delle cose in particolare, e non & quindi il tipo di sapienza che cercava Aristotele, il quale non richiedeva al sapiente Vavere conoscenza «di ciascuna cosa singolarmente considerata»’, ‘La strategia di Aristotele, al contrario, 2 cercare una prospet- tiva massimamente ampia 0 universale, dalla quale si possano considerare tutte le cose. Chi ha una tale scienza dell'universale sa, sotto un certo rispetto, tutte le cose’. Se vogliamo fare una metafisica che sia un sapere della totaliti in questo secondo senso, ci dobbiamo chiedere: quale potrebbe essere la prospettiva universale dalla quale considerare tutta la realta? C’é una nozione o un concetto massimamente universale? Pitt avanti dasemo risposta a tali domande, b. Profondita La seconda caratteristica del vero sapiente, per Aristotele, sa- rebbe questa: «é capace di conoscere le cose diffcili o non facil- mente comprensibili per 'uomo'. La nostra conoscenza comincia dai sensi, e solo in un secondo momento essa pud andare oltre i dati sensibili, per avere accesso a cid che ancora resta da conoscere. I! metafisico cerca proprio 2 Metafiea A, 2, 98229. 3 Metafia 8, 2, 9820 21-23. ‘ Metafsia 8, 2, 982a 10-11. 15 PARTE PRIMA CAPITOLO PRIMO sotto le apparenze (Vaspetto esterno), per trovare delle nuove di- mensioni che sono reali, ma, poiché non sono manifeste alla sen sibilita, in un primo momento restano eeculte © hanno bisogno di essere svelate. Come afferma Wittgenstein, «Gli aspetti per noi pitt importanti delle cose sono nascosti dalla loro scmplicita ¢ quotidianita. (Non ce ne possiamo accorgere, perché li abbiamo sempre sotto gli occhi). Gli autentici fondamenti di una ricerca non danno affatto nellocchio a chi vi @ impegnato; a meno che non sia stato colpito una volta da questo fatto. E questo vuol dire: cid che, una volta visto, ¢ il pit evidente, e il pit forte, questo non ci colpisce»*, I metafisico cerca aspetti celati a coloro che considerano superficialmente le cose e pensano che cid di cui la metafisica parla irreale, fttizio illusorio, In realta, chi scopre Vintimo della realtd, si rende conto che esso & massimamente essenziale e importante; si tratta delle questioni vitali 0 prin- cipali, ixrinunciabili, € non invece del superficiale, superftuo irrilevante. La metafisica, dungue, parla di cose che sono di un notevole spessore, sono cariche di veriti; sono si le questioni pit vitali, € quindi esigono da parte nostra un intenso sforzo di riflessione. Le indagini proprie del metafisico sono tante volte assai /onfane dalle conoscenze sensibili (che sono quelle pitt immediatamente evidenti a tutti), sono astratte e diffcili, ed esigono un'appassio- hata dedizione. Solo quando si dominano le passioni, quando Vintelligenza lascia da parte tutto cid che la disturba, quando ‘mette ordine al richiamo delle cose urgenti e pratiche, Puomo & capace d’impegnarsi nelle cose difficili ¢ di fare metafisica, La profondita che si cerca & allo stesso tempo la radice e Vori- gine dalla quale sorgono tutte le altre caratteristiche della realta, anche se queste sono pitt apparenti e sembrano pid indispensa- bili. Cio che si vuole rintracciare é la spiegazione pit radicale, la ragione ultima delle cose. Scoprisla certamente non sara facile, ¢ ogni tentativo dara risultati sempre assai limitati; ma dobbiamo 5 Ricerche flessihe 129, 16 [NATURA E OGGETTO DELLA METAFISICA rinunciare percid a questa ricerca? Possiamo rispondere ricor- dando cid che Aristotele disse riguardo alla conoscenza delle cose incorruttibil «Per quanto poco noi possiamo attingere delle realti incor ruttbili, tuttavia, grazie alla nobilta di questa conoscenza, ce ne viene pit gioia che da tutto cid che & intorno a noi, cost come una visione pur fuggitiva e parziale della persona amata cié pit dolee che unvesatta conoscenza di molte altre cose per quanto importanti 2. Metafisica Gia nella filosofia greca la parte fondamentale della sapienza che @ propria del filosofo ricevette diversi nomi. Aristotele, ad esempio, la chiama “filosofia prima” e “teologia’. Posteriormente ‘molti altri nomi sono stati suggeriti per denominasla, tafisica’, “ontologia’, “etiologia’, “protologia’, ecc. Ciascuno di questi nomi esprime un aspetto particolare di questo sapere, e ha quindi Ia sua giustificazione. Nel resto del capitolo, chiar altri aspetti fondamentali della metafisica facendo perno sul signifi- cato di alcuni di questi nomi. Lorigine dellespressione ‘metafisica” si fa risalire di solito ad Andronico di Rodi (sec. La.C.), editore delle opere d’Aristotele, il quale avrebbe raggruppato sotto questo nome una scrie di libri aristotelici, per un motivo piuttosto fortuito: nelfordine in cui i aveva collocati nella sua biblioteca, si trovavano dopo (“meta”) quelli della Fisica. Sia o.non sia vera tale tradizione, il nome “metafisica”, preso letteralmente, riflette assai bene il contenuto di quei libri: in essi, infatti, si trovano delle considerazioni che in qualche modo presuppongono i risultati della fisica (intesa in senso aristotelico, vale a dire come filosofia della natura). Tale espressione, quindi, esprime adeguatamente una dimensione * De partibus animativm, I, 5, 644b 32-36, v7 PARTE PRIMA -CAPITOLO PRIMO del rapporto della metafisica con Lesperienza sensibile e con le scienze pit legate ad essa . Ci troviamo dungue davanti a un paradosso: la metafisica studia cid che in qualche modo @ primo (in quanto é profondo, essenziale e principio di altre realt3), ma lo deve considerare dopo aver intrapreso molti altri studi, Cid che & primo per natura & posteriore nel! ordine della nostra conoscenza, ‘Tentiamno di capire come cid sia possibile, Qualsiasi filosofia che accetti che la conoscenza sensibile, sotto certi aspetti, ¢ anteriore nel tempo a quella intellettuale ¢ che la conoscenza propria dell'uomo comincia dai sensi, dovra necessariamente ammettere che la riflessione metafisica presup- pone altre conoscenze precedenti. Essa richiede, in primo logo, Yesperienza, intesa come una conoscenza immediata, diretta, che pud essere sensibile o intellettuale, ma sempre precedente alla rifessione razionale, e quindi spesso non pienamente giusti- ficabile. Sono tante e diverse le esperienze di cui si serve il me- tafisico per le sue speculazioni: non solo la conoscenza sensibile, ma anche l'esperienza morale, estetica, linguistica e religiosa, la conoscenza spontanea, il rapporto interpersonale, ecc. La metafisica presuppone anche molte conoscenze scientifi~ che (includendo Ia storia ed altre scienze umane), che & conve~ niente siano presenti al filosofo prima di cominciare il suo lavoro di metafisico e che in qualche modo ne sono la condizione di possibilita. Nelle scienze particolari, ad esempio, sentiamo par- lace per la prima volta della generazione e della corruzione, del movimento in genere ¢ dei suoi tipi, della contingenza, causalit’ e finalita, dello spazio e il tempo, ecc. B logico quindi che gia in filosofia della natura siano presenti molte considerazioni suila sostanza e sui modi di essere, simili a quelli che fara anche il metafisico. Certamente le considerazioni del filosofo della natura riguardano solo le sostanze naturali, che sono materiali e sensi- bilis ma in essa appaiono gii molte delle nozioni fondamentali della metafisica, come la sostanza, la materia e forma, l'atto e la potenza, i quattro tipi di causa, ece. Da questo punto di parterza, 18 NATURA OGGETTO DELLA METAFISICA e investigando le cause della realta sensibile, la metafisica pud ar- rivare alla convinzione dell’csistenza di una realti non sensibile e quindi a/ di la di quella che studiano le altre scienze. Dobbiamo concludere, dunque, che in filosofia il comincia- ‘mento puro (il tentativo di cominciare a pensare facendo a meno della sensibilita) & impossibile, e nasconde sempre dei pregiudizi non ancora riconosciuti. I! punto di partenza della riflessione me- tafisica deve essere sempre Vascolto della realta stessa, lasciando che essa si presenti a noi nei pitt svariati modi possi Si capisce percid un punto che gia a partire da Platone tanti pensatori hanno rilevato: i filosofi riserverebbero l'ultimo periodo della loro vita alla metafisica. Cosi la pensa anche san’Tommaso, che nel Proemio al suo commento al Liber de causisripete alcune idee aristoteliche riguardo all’ordine in cui s'imparano le scienze: i filosofi Sa questo argomento si veda M. Pérez de Laborda,# pasibile negore il principio sicontraddiione? ® Megfca, 4, 1006a 21-22. 2 Metapiiea, 5, 1010a 12-18. 58 ‘METODO E PRINCIPI DELLA METAFISICA quindi lessere «simile ad una piantay*, evitando qualsiasi azione oscelta, ‘Questa difesa aristotelica del principio di non contraddizione esta paradigmatica, per diversi motivi. In primo luogo, essa mostra che & possibile, e alle volte necessario, intraprendere una discussione sui primi principi, poiché aleuni fanno delle affer- mazioni che sono incompatibili con essi, sebbene di solito non si rendano conto delle conseguenze delle loro affermazioni e del Pincoerenza in cui cadono, D’altra parte, essa é un modello anche del modo in cui una tale difesa debba essese condotta: mostrando Je conseguenze radicali cui portano le opinioni contrarie. % Menaiviea , 4, 1006a 14-15. 59 Capitolo terzo LANOZIONE DI ENTE EI SENSI DELLESSERE 1. I particolare statuto della noxione di ente: a. Lioniversalita delfente. b. La nozione di ente non & generica, 2. Moltepicisa delfessere.3. Metapsicae sensi dell esere: 2, I casuale.b, Lessere nella ‘mente. cI sensi dellessere che studia la metafisica. 4, Analogia di In qualche modo tutti abbiamo una conoscenza immediata dellente e dell’essere. Sappiamo che cosa vuol dire che qualcosa esiste ¢ abbiamo una sorta di senso di realtt che ci permette di distinguere la realta dallapparenza, di godere dellesistenza delle cose che ci piacciono e di sentire la loro mancanza quando non ci sono. Ma questa é una conoscenza appena abbozzata che non ci permette di risolvere tante questioni complesse sulla realta che si possono sollevare. Una conoscenza pit profonda dellessere comincia quando Tressere stesso diventa oggetto di riflessione: ci si chiede perché esiste qualcosa e non piuttosto il nulla; qual @ la causa delVesi- stenza del mondo; in che cosa consiste Lessere delle cose. Inizia cosi un lungo processo di riflessione che deve necessariamente procedere a poco a poco, Cominceremo ora considerando alcune delle caratteristiche della nozione metafisica di ente ¢ la diversita di sensi in cui si parla delfessere. 1. Il particolare statuto della nozione di ente Nel cominciare il nostro studio dell’ente in quanto ente, ci si presentano diversi problemi relativi al particolare statuto della 6 PARTE PRIMA -CAPITOLOTERZO nozione di ente, dal quale derivano sia l'impossibilitd di definire Tente sia Pimpossibilita di definire altre nozioni in base alla no zione di ente, usandola come genere delle definizioni. ‘Che Fente non si possa definire appare cvidente. Per formare ‘una definizione bisogna trovare un genere aggiungere qualche differenza. Ora, quale potrebbe essere il genere dellente? Evi- dentemente non ce ne pud essere nessuno poiché esso non si pud inquadrare in una nozione ancora pitt universale, a, Liuniversalita delfente 1 tipo di universalita della nozione di ente & diversa dell versalita /ogica propria dei generi. C’@ una regola logica che riguarda il rapporto tra estensione € comprensione di un concetto. Per comprensione intendiamo V'in- sieme delle proprieta (essenziali) che sono contenute nel concetto. Nel caso del concetto di uomo tali proprieti sono Panimalita e la razionalith. E per esfensione intendiamo l'insieme delle realta alle quali si pud attribuire tale concetto (gli uomini). Ora, Ia regola di cui parlavo esprime un‘opposizione tra estensione e compren- sione: quanto piti ampia é lestensione, minore é Ia comprensione € quanto pitt ampia @ la comprensione, minore & Vestensione. Cosi, ad esempio, estensione di animale & pitt ampia di quella di suoma, perché essa include meno proprieti: non include la razio- nalita, che @ invece inclusa nella nozione di uomo. Se si applicasse questa regola alla nozione di ente, poiché la sua estensione @ massima (tutto é ente), avremmo una nozione massimamente indeterminata, vuota. Una tale nozione non ha niente a che vedere con eid che noi intendiamo per ente. Dicendo di qualcosa che é un ente, non ci riferiamo solo ad alcune (poche) caratteristiche che esso ha in comune con le altre realta, ma alle cose in tutte le loro dimensioni, poiché ognuna delle loro deter- minazioni, in quanto sono reali, in qualche modo rientrano nella nozione di ente. 62 LA NOZIONE DI ENTE E SENSI DELLESSERE __ Sembra che siamo spinti ad affermare che Ia sua compren- sione @ anche massima. Ma che cosa potrebbe significare, mas- sima comprensione? Non ceztamente che tutte le proprietA siano incluse nella nozione di ente, in modo tale che tutti gli enti le abbiano, Non tutti gl enti, ad esempio, sono razionali Ma allora, in quale senso si potrebbe parlare div massima? Nel senso che ente, di per sé, include ogni perfezione ¢ nessuna limitazione. Gli altsi concetti, invece, sono sempre settorialt ¢ delimitati: escludono tante diverse perfezioni e permettono Yaggiunta di perfevioni che non sono incluse in est. Cosi, ad animale possiamo aggiungere razionale, che non & incluso nel concetto di animale. Se la nozione di ente include di per sé ogni perfezione, & per ché essa fa riferimento allessere delle cose ¢ non alla loro natura © essenza'. Infatti, se le cose non sono sempre perfette, non si deve allessere degli enti: lessere non implica mai, di per sé, li- mitazione, ma solo perfezione. Per spiegare Vimperfezione delle cose ci serve quindi un altro principio, che ¢Vessenza. Ma questo @ um argomento sul quale ritorneremo successivamente 4, La noxione di ente non 2 generica __ Unfaltra difficota che la nozione di ente presenta, dicevamo, riguarda il suo rapporto con le altze nozioni metafisiche. Lente non pud essere usato per fornire definizioni di esse. Aristorele si riferiva a questo fatto quando affermava che Vente non ® un genere Infatti, perché ci sia un genere, servono delle differenze da aggiungere al genere, per formare le definizioni delle specie. Male proprieta che si prendono come differenze specifiche, non potrebbero a loro volta essere contenute nel genere nel senso di formar parte delfestensione del genere, Altriment, la differenza che si aggiunge al genere conterrcbbe in sé lo stesso genere & + aRatio ents ab atu essen situ, non ab eo cui conve (Tommaso p'Aauino, De veritate 1, 1 ad sc 3). rikbiemeas-2 83 PARTE PRIMA CAFITOLOTERZO allora il genere entrerebbe due volte nella definizione della spe- cie?, E chiaro, dunque, che una differenza da aggiungere alla no- zione di ente, bisognerebbe andare a trovarla al di fuori dell’ente: la differenza non potrebbe essere un ente, Ma allora essa non sarebbe reale e dunque non potrebbe neanche essere una diffe- renza’, Sc T'ente non é un genere se il genere & necessario per for- nire una definizione, allora sari una conseguenza inevitabile Limpossibilita di dare in senso proprio definizioni delle nozioni metafisiche fondamentali (gostanza, atto, veriti, ecc.). Esse sono nozioni prime, che presuppongono quella di ente (che, come ab- biamo visto, @ inclusa in qualsiasi altro concetto), ma é impossi- bile trovarne un genere. Dal metafisico pertanto non ci si deve aspettare un tipo di chiarezza ¢ precisione che non é in grado di fornire. Per spiegare che cos'é la sostanza o Vatto, ad esempio, egli non potri darne ‘una chiara formulazione, ma dovra servirsi di esempi, di compa- razioni e di altri mez2i di questo tipo. 2, Molteplicita dell’essere Nella nostra esperienza, abbiamo certezza dellesistenza di una grande varieta di realta. Certamente ci sono io che sto seri- vendo ¢ ci sei anche tu, lettore. Inoltre, fuori dalla finestra vedo alberi, pietre, macchine ed altri uomini. Queste realt’, a loro volta, appaiono spesso raggruppate: abbiamo allora boschi, mon- tagne, ingorghi e cortei o manifestazioni. E evidente inoltre che in qualche modo sono real alcuni degli aspetti sotto i quali le cose si presentano nella nostra esperienza, come color, sapori, misure € luoghi. Sono reali anche i dolori, le preoccupazioni e la serenit’ dell'anima. Ci sono anche incidenti ¢ scoperte, idee, ricordi, al- 2 Che. Tommaso v'AQuino, Sumna contra genie I, 25. 3 Che, AnistorsLe, MetafscaB, 3, 998b 22-26, 64 LANOZIONE DI ENTE E 1 SENSI DELLESSERE lucinazioni, pensieri. E ci sono buchi in alcuni tipi di formaggio, difetti negli animali e malvagita nel cuore delluomo. Come si vede, una risposta alla domanda su cid che c'? deve essere formulata in riferimento a tipi di cose (alberi, boschi, co- lori, ecc.), poiché sarebbe un lavoro impossibile dare un elenco di tutte le singole cose esistenti, e sarcbbe impossibile avere un nome proprio per ciascuna di esse. Il discorso sui tipi di cose & inevitabile, quando si vuole dare una spiegazione di cid che ca. Bisogna tener conto, d'altra parte, che ai diversi tipi di realta cortispondono diversi modi di essere. Per comprenderlo, imma- giniamo che qualcuno dica: “Nella mia stanza ci sono persone, sedie, sofferenze ¢ scoperte”. Che ¢é di strano in questa affer. mazione? Laver messo insieme cose di diverso tipo, certamente tutte esistenti, ma in modi chiaramente diversi giacché il modo in cui diciamo che una persona ¢ in una stanza non pud corri- spondere mai ad una scoperta 0 ad una sofferenza (che esive solo mentre é percepita). Sebbene sia evidente la molteplicita degli enti ¢ dei modi di essere, la difficolta di spiegare tale molteplicit’ porto alcuni filo~ sofi delYantichiti (Parmenide, Melisso) altri moderni a negacla, sostenendo, invece, unicitd dellessere. Questo certamente con traddice la nostra esperienza, ma é una conseguenza inevitabile per chi pensa che la molteplicita sia contraddittoria. Dunque, se ‘non vogliamo essere costretti a negarla, dovremo provare che la molteplicita non é per niente incoerente ¢ mostrare come essa sia possibile. La risposta pitt compiuta a tale questione fu data da san Tommaso, per il quale la molteplicita degli enti & possibile proprio perché nessuno di essi @ tutto Vessere, Vessere assoluto, ma é solo in modo limitato, ha un modo di essere determinato limitato, partecipa dellessere. San Tommaso si rese conto che per spiegare la molteplicita degli cnti bisogna chiarire, in primo uogo, come mai si pud ag- siungere qualcosa alfente. Infatti, se non si potesse aggiungere niente, non ci sarebbe che un solo ente, al modo della filosofia di Parmenide. Egli rispondera alla questione mostrando quali, tra i 65 PARTE PRIMA -CAPITOLOTERZO diversi modi in cui una cosa si pud aggiungere ad ur‘altra, sono ammissibili nel caso delYente*. ‘Allente non si pud ageiungere qualcosa nel modo secondo il quale ad un genere o ad una sostanza si pud aggiungere cid che non appartiene alla loro essenza, come la razionalita si aggiunge allanimale (per formare la specie umana) o il bianco al corpo. Poiché al di fuori dell’ente non c' nulla, & impossibile trovare qualcosa da aggiungere allfente in questo modo. San Tommaso ammette invece due altri modi in cui si pud aggiungere qualcosa allente. ‘In primo luogo, all’ente si pud aggiungere qualcosa concettial- ‘mente, ma non nella realta, Questo capita anche nel caso di ciecoy che aggiunge qualcosa a uomo, perché non # lo stesso dire “uomo” che dite “cieco”. Ma cid che si aggiunge (la cecita) non é un qual- che ente esistente nella realta: & soltanto la privazione di una perfezione. Come poi vedremo, la privazione é solo un ente di ra _gione, non reale, Allo stesso modo, all’ente si possono aggiungere degli aspetti che non sono esplicitamente inclusi nella nozione di ente, ma non sono neanche delle cote che si aggiungano real- mente all'ente. Come i cosiddetti érascendental: uno, vero, buono, Esci esprimono delle proprieta di tutti gli enti, ma aggiungono allente solo qualcosa nella ragione. Di essi si parlera a lungo nella terza parte del libro, Ma bisogna, sin da adesso, tener conto che nel dite uno, vero o buono non si sta ponendo nella realta qual- cosa di diverso dallente, La diversita dei trascendentali non im- plica quindi una molteplicita di enti né ci modi di essere. Una tale molteplicita appare invece nelV’altro modo di aggiun-~ zgere qualcosa: contraendo e determinando, come la nozione di ‘uomo, aggiungendo all’animale la razionalita, determina cid che 2 contenuto nella nozione di animale, Con “uomo”, quindi, si dice pit che con “animale”, In modo analogo, Vente viene contratto dalle cosiddette categorie (sostanza ¢ accidenti). Evidentemente, com’? stato detto, nessuna delle categorie potra aggiungere al- * Summa theolgiae I, 21, 1; De veritate 1, 1. 66 LANOZIONE DI ENTE E SENSI DELLESSERE Vente una differenza specifica. Ciononostante, esse sono modi di essere determinati, modi particolari dell’ente, e permettono quindi di parlare di una molteplicita di enti. Non dobbiamo credere che questi modi particolati di essere sorgano perché allessere, che sarebbe pura perfezione ¢ deter- minazione, si aggiunga Vimperfezione del non essere. E vero che dal Sofista di Platone il non essere ha fatto irruzione nella filosofia, ¢ non si pu non ammettere la sua reales, Ma il non essere, considerato semplicemente come tale, non é qualcosa che si possa aggiungere all’essere per determinarlo, Seguendo le orme di Aristotele, san Tommaso spiegherd la moltepliciti in base alla nozione di essere in potenza, che @ un modo di essere che in qualche modo partecipa anche del non essere € che si contrappone pertanto allessere in atte. Pitt avanti torneremo su questo argomento. 3. Metafisica e sensi dell’essere _Le categorie Vessere in atto ed essere in potenza - che sono gi8 apparsi come dei modi di essere — non sono gli uniei modi di essere, Di fatto, limitandosi ad essi non si potrebbero spicgare, ad esempio, la cecita di un uomo o Mincidente con il quale eg ha perso la vista. Nessunonegherebbe che quest sino real, ma non potrebbero essere ridotti a qualcuna delle categorie, o all'atto o alla potenza. itbiakiaete __Nel tentativo di segnalare quali siano tutti diversi sensi del essere, Aristotele ordina la molteplicita delle realtA intorno a quattro gruppi di sensi sina di quest Tener acidetale; un secondo essere come vero e il non essere come falso; inolte, ci sono le figure delle ca- tegorie [le ncrs, re ft quert 8 Pesere come poteniaa eattos’ 5 Metafisia B, 2, 10261 34-b 2. PARTE PRIMA ~CAPITOLOTERZO Poiché la metafisica si occupa soprattutto degli ultimi sensi, vale a dire, delle categorie, Vatto ¢ la potenza, ne parleremo per esteso nei capitoli successivi. Ora faremo invece aleune osserva- zioni sui primi sensi (essere accidentale ¢ T'essere come vero), pet spiegare soprattutto perché la metafisica non se ne deve oc cupare. a. Hcasuale Bisogna tener conto che quando Aristotele parla del primo senso dell’essere (essere accidentale; in latino, ens per accidens) non si tiferisce agli accidenti che sono delle categorie, e che guindi sono inclusi nel terzo gruppo di sensi dell’essere. Quando si parla delPaccidente categoriale, come vedremo, ci si riferisce ad una forma accidentale. Con Vespressione “ente accidentale”, al contrario, Atistotele intende parlare di un determinato tipo di rapporto tra la forma accidentale e il soggetto cui appartiene. TL bianco, ad esempio, appartiene ad una categoria accidentale (la qualita). Ma il fatto che qualcosa sia bianca non @ sempre un ens ‘per accidens, Non lo & per esempio, nel caso della neve, che per nnatura ¢ bianca. Per evitare fraintendimenti, eviteremo Vespres- sione “ente (0 essere) accidentale” ¢ chiameremo questo senso del- Pessere (Vens per accidens) “ente coincidentale”. Secondo Aristotele, Vente coincidentale sarebbe «cid che ap- partiene ad una cosa e che pud essere affermato con verita della cosa, ma non sempre né per lo pits’. Se pensiamo ad esempio al caso di urfattivith volontaria, si da una coincidenza quando il termine raggiunto da unvazione 2 al di Ia dell’intenzione del- Pagente e si da quindi un avvenimento imprevisto, inatteso; come quando scuno scava una fossa per piantare un albero e trova un tesoro. Questo ritrovamento del tesoro &, dunyue, uit wccidente [una coin cidenza] per chi scava una fossa: infati, una cosa non deriva dal- + Metafsiea 8, 30, 10258 14-15, 68 LA NOZIONE DI ENTE E ISENSI DELLESSERE Ws 8 een cem tee eee pit ch piantn un albero trova un tesoto LE per eee tuo gang ad Ena, se non & patito con Fintemo di giunger in talus, Want poche spi dala tepest, 0 pres Tale ritrovamento,o il fatto di arrivare dove non si voleva, sono certamente qualcosa di reale. Questi eventi accadono in modo fortuito, casuale, ma esso non é motivo per negarne Pesistenva, Quando qualcuno vince un milione al Lotto, ad esempio, ha ben presente che tale avvenimento & reale, e non invece un sopno o uniillusione, Nonostante a loro realta, queste coincidenze non sono il risultato di un divenire naturale. Lazione di scavare nulla hha che vedere, per sua natura, con il trovare un tesoro. Quindt tra i due estremi che s'incontrano non c’é nessuna vera unita, mma solo un'unita accidentale (i potrebbe dire anche incidentale, occasionale; una coincidenza). Né lintenzione di piantare un al. bero haa che vedere con il ritrovamento del tesoro, né trovare un tesoro ha a che vedere con tale intenzione. Fra Pintenzione e il ritrovamento non ’é quindi nessun rapporto, nessuna unit’, che non sia semplicemente casuale. Non sono in senso proprio units nella realta, ma eapita solo che all'uno segue casuabmente Valero, Lunia dellevento, pertanto, ® posta dalla nostra intelligenza, quando ne pensa o ne parla. i. 4b, Lessere nella mente ___sevondo modo di essere di cui parla Aristorele lo denomina ‘essere come vero”. In genere, ess0 & Lessere solo nella nostra mente (intesa in senso ampio) e non nella reale2. Doviemo fare perd, una distinzione importante: essere di ragione ed essere nelle proposiziont. : solito, alle nostre parole e ai nostri concetti vurrispondono elle cose realmente esistenti (nel senso di esistenti /a fuori, nel AnisroreLe, Metafiica A, 30, 10258 16-19; 25-27. o PARTE PRIMA-CAPITOLOTERZO mondo). Ad esempio, alla nostra idea del cane corrispondono i tanti cani, con Ia loro natura. Al nostro ricordo corrisponde un successo passato, ecc. In questi casi, che una proposizione sia vera o falsa dipende dal modo in cui le cose stanno nella realta. Percid, come dice Aristotele: «non perché noi ti pensiamo bianco ‘tu sei veramente bianco, ma per il fatto che tu sei bianco, noi, che affermiamo questo, siamo nel vero»*, Tante altre volte, perd, noi abbiamo nelle nostre facolta de- ali oggetti a cui in senso propria non corrisponde qualcosa nella realti. Essi sono di solito chiamati enti di ragione. Malgrado que~ sta espressione faccia riferimento alla ragiane, alle volte sono enti di ragione anche oggetti delle facoltA sensibili (vista, memoria, ec). ‘ite volte alfente ragione non corrisponde niente nella realta. B il caso di cid che é impossibile, contraddittorio, ma di cui si pud parlare, come il circolo quadrato. Di questo tipo sono anche il contenuto dei sogni e i prodotti della fantasia: miraggi, allucinazioni, chimere; personaggi dei romanzi (Don Chisciotte) 6 dell'immaginario popolare (Ia Befana). Essi certamente sono composti da noi a partire da elementi reali, di cui abbiamo avuto esperienza, come il centauro si forma combinando le nostre idee di uomo e di cavallo. Ma, in quanto tali, sono irreali, poiché nulla corrisponde ad essi nella realta. Non ci sono ad esempio centauri, Bisogna tener conto, perd, che le esperienze del!'irreale sono sempre esperienze reali. Le illusioni sono qualcosa che capita ‘a un womo, sebbene cid che si conosce in esse non sia qualcosa che esista nella realta, ma solo nelle nostre menti In altri casi, agli enti di ragione corrisponde qualcosa nella realti, ma la nostra mente guarda quella realti da una prospet- tiva del tutto particolare, aggiungendo qualcosa che in essa non cera, B il caso delle negazioni, delle privazioni (come la cecita), delle relazioni logiche (genere, specie, differenza specifica, cee.) cc degli oggetti della matematica (numeri, figure geometriche * Metafisice ©, 10, 105%b 6-9, 0 LA NOZIONE DI ENTE £ 1 SENSI DELLESSERE come il circolo e il quadrato, ecc.). Si pud, certamente, dire che la ccita ¢ nel occhio o che ci sono seatole quadrate, Ma in verita né la cecifé ha una realta positiva (essa é solo assencza di vista) né si possono trovare scatole che siano perfettamente quadrate, ¢ tanto meno si pud trovare il quadrato. Allo stesso modo, Vessere un zgenere non & una proprieta dell’animale in quanto tale, ma solo in ‘quanto pensato. Come si vede, le cose, in quanto pensate, hanno delle proprieta diverse dalle proprieti reali, Il fuoco pensato, ad ‘esempio, non brucia. Sebbene don Chisciotte, la cecita, il genere o il cireolo qua- drato siano enti di ragione, di essi si possono dire tante cose: Don Chisciotte ¢ il personaggio di un'opera di Cervantes, il genere ¢ pitt esteso della specie, la cecit’ 2 alle volte un male ereditario, un circolo quadrato 2 impossible, ec, Lespressione “é” che appare in queste proposizioni si chiama copula. Ora, bisogna tener conto che Ia copula in quanto tale non distingue i casi precedenti, in cui si parla di qualcosa che non esiste nella realta, da quelli in cui si parla di realta esistenti. Di fatto, Vessere come copula appare anche nel giudizio “Pavarotti 2 italiano” (appare implicitamente anche in “Pavarotti vive”, che significa lo stesso che “Pavarotti é vivo”). II fatto che la copula appaia in queste circostanze cosi diverse ci aiuta a comprendere che essa, per se stessa, non significa un essere nella realtt. Al- trimenti sarebbero impossibili le affermazioni false (nelle quali alfaffermazione non corrisponde niente nella realti) e le propo- sizioni su cose inesistenti. Con la copula semplicemente si attri buisce qualcosa a un soggetto, ¢ solo quando tale attribuzione & assertiva (¢ non @ invece una domanda, una supplica, una minac- cia, ecc.) ¢ non é fatta ncanche in un contesto letterario o con in- tenzione di ingannare, chi l'afferma intende dire che essa é vera. ‘Ma che l’affermazione sia vera non implica necessariamente che ad essa cotrisponda qualcosa nella reaita. Che il genere abbia pitt estensione della specie, ad esempio, non @ qualcosa che succeda nella realta e neanche & un evento reale che don Chisciotte abbia perso la testa leggendo libri. a PARTE PRIMA ~CAPITOLOTERZO Bisogna dunque stabilise una netta distinzione tra le nostre affermazioni c la realta. E necessario distinguere, ad esempio, il fatto che sia cominciata una guerra, dal mio pensare con weritit che la guerra sia cominciata. Ed & percid che Aristotele disse che il vero e il falso «non sono nelle cose, ma solo nel pensiero»’, essere che cortisponde al nostro semplice attribuire qualeosa ad un soggetto, é stato chiamato in modi diversi: essere intenzio~ nnale, essere nella proposizione, essere come verti. Esso @ certamente tun modo di essere, poiché 2 vero che stiamo attribuendo qual- cosa, ma non & un modo di essere reale. c. Lsensi delfessere che studia la metafisica Aristotele afferma a ragione che Vens ut verum va lasciato da parte in sede metafisica: esso, infatti, non @ «una realta sussi- Stente fuori dalla mentes!, Di essa, dunque, si occuperebbe la logica. Tn questo modo, possiamo anche escludete alcune proposte che sono state fatte lungo la storia, sulloggetto di studio della ‘metafisica: che essa studia anche gli enti possibili (Scoto, Wolff), o che studia addirittura cid che & contraddittorio (Meinong). Cid che @ solo possibile (¢ non ancora reale) e cid che & con- traddittorio esistono solo nella mente, € quindi non sono parte delPoggetto della metafisica. La questione dell’ens per accidens & un poco pitt complessa. ‘Abbiamo visto che esso € sempre fortuito o casuale, ¢ quindi di esso non Cé una causa determinata. Esso non ha una natura propria, non & qualcosa che si geneti o che si corrompa, e non ha heanche l'unita propria di cid che @ veramente reale. Ne deriva che di esso non ci pud essere scienza, intesa come conoscenza ccerta per cause. Poiché di un ente coincidentale ¢@ solo una causa _fortuita, non ha senso fare scienza delle sue cause. Sapendo che la ‘metafisica tenta di trovare delle cause, potremo allora concludere » MotafsicaF, 4,1027b 25-27. \ MetafiieaE, 4, 10282. n LANOZIONE DI ENTE E ISENSI DELLIESSERE che essa non si occupa dell’ente coincidentale, M: e : identale. Ma questa sarebbe unafermazione troppo ace Sea isogna tener conto, infatti, che ci pud essere una consid i era ione generale del perché dellesistenza delYente coincidental, nella quale si possono esaminare interessanti question’, come queste:dipende Vente coincdentale dalla material? Vale a re: si di anche nelle sostanze immateriali? Sarebbe possibile la liberta dell'uomo senza che nel mondo ci fosse quell’indetermi- nazione che & alla base dellente coincidentale? Com'é compati- bile i as con la Powdenza divin? sensi che pit interessano la metafisica, in ogni ; , in ogni caso, sono quelli che rguardan Lene yale Tesee oars reamyiaia essere in attoe in potenza. Saranno quest i sensi per questi, pertanto, i sensi che 4, Analogia di “essere” Prima di considerare questi sensi delVessere che pitt interes- sano la metafisica, dobbiamo ancora rispondere ad una questione: @ possibile che una sola scienza consideri tutti i diversi modi di essere, oppure ci sara invece una molteplicta di scienze, rivolte rispettivamente a ciascuno di essi? Poiché “essere” si dice in molti sensi ci potrebbe essere unequivociti, che impedirebhe che una sola scienza si occupi di tutti quanti sensi, Cosi capita, ad esem- pio, con “cane”: la biologia studia Vanimale cosi chiamato, ma & invece l'astronomia ad occuparsi della costellazione del Cane. Aristotele rtiene possibile che una sola scienza studi i divers sensi dellessere e ne spiega cost il motivo: E pee pol ee lo studio delle cose che oe ae ee er ae ™ Apisrorste, MetafsicaT, 2, 10036 12-15, a PARTEPRIMA-CAPITOLOTERZO Con Lespressione “in riferimento a unlunica natura’, Aristo- tele intende cid che posteriormente & venuto a chiamarsi “ana~ logia”. Passeremo ora a considerare la questione dell'analogia deilessere, per mettere in chiaro il tipo di rapporto che ¢é fra i diversi significati dellessere, e per capire cosi che é possibile una scienza delfente. Tltermine greco analogia era usato in matematica per denomi- nare la proporzione che si da, ad esempio, tra 2/4 e 3/6. In questo senso, potrebbe essere tradotta per “proporzione” o “proporzio~ nalita”. Ma lo stesso termine “analogia” fini per essere adoperato in latino «in modi lontani dalle sue origini: uno sviluppo questo ‘che causa grande confusiones!?, Per capire il senso in cui si parla di termini analogici, si de- vono comparare questi con gli altri termini ai quali essi si con- trappongono: univoci ed equivoci. ‘Molti dei termini che si usano in una lingua hanno un sole significato. E il caso di “ossigeno” ¢ “abete”. Certamente, essi si possono attribuire a diverse realti, ma lo si fa con uno stesso significato. Questi termini sono chiamati univoci (con un solo significato). "Altre parole hanno invece diversi significati: “nipote” pud si- gnificare, ad esempio, “figlio di un fratello” o “figlio di un figlio”; “quadro”, che pud significare, tra Taltro, “quadrato”, “scena di- pinta su tela” o “tabella”. Questi termini non univoci possono essere occasione di ambiguita, se non si tiene presente la loro molteplicita di significati. Buona parte dei sofismi di fatto si fon dano su di essi Tra i termini non univoci, a sua volta, si devono distinguere, come fece Aristotele”, quelli equivoci e quelli analogic. In aleuni casi, svatiate cose vengono chiamate con lo stesso nome, senza nessun motivo particolare, ma solo per caso. Si dice allora che i termini sono eguiveci. Un esempio classico ¢ “cane”, ‘Melyeawy, Lanalagia in Tommaso dApuino, p. 20. © Che, Etca nicomathea, 6, 1096) 26-8; Fisica, VIL, 4, 2494 23-5, " LA NOZIONE DI ENTE E 1 SENSI DELESSERE che vale anche in italiano, poiché, oltre al mammifero, significa anche una parte del meccanismo di un arma di fuoco, una co- stellazione, ecc. Un altro esempio chiaro é “riso”, che significa sia il ridere sia un tipo di cibo. In tutti questi casi, ai diversi signifi- cati manca qualcosa in comune, e non c’é una ragione per cui le diverse realta debbano essere chiamate nello stesso modo. Nel caso di altri termini con diversi significati, questi hanno qualcosa in comune, sono in qualche modo collegati. Sono i ter- mini analogici, che si possono predicare di realta diverse, secondo significati che sono in parte uguali c in parte diversi. Un esempio aristotelico & “san¢ «Diciamo sano tutto cid che si siferisce alla salute: 0 in quanto Ja conserva, o in quanto la produce, o in quanto ne 2 sintomo, 0 in {quanto @ in geado di riceverlas™ Cosi, diciamo che sono sane una passeggiata o una dieta, poi- ché conservano la salute, ¢ la medicina, in quanto la restituisce, € una faccia, in quanto rivela buona salute. In tutti i casi, nel dire di qualcosa che essa é sana, si fa riferimento alla salute del corpo, ¢ quindi i diversi sensi di “sano” sono in qualche modo collegati. ‘Ma sono ovviamente sensi diversi, poiché il motivo per cui un corpo @ detto sano @ diverso del motivo per cui la medicina & detta sana. Esaminiamo adesso se “essere” & un termine univoco, equi- voco 0 analogico. Se si pud parlare di una molteplicta di sensi dellessere, Ia no- zione di essere non pud essere univoca (Scoto ¢ Occam afferma~ rono invece che lessere & univoco). Resta da chiarire, perd, se questo termine @ equivoco oppure analogico. Non sono molti quelli che, lungo la storia della filosofia, hanno pensato che “ente” é un termine equivoco, cioé che i diversi enti si chiamerebbero cosi per caso, e che non ci sarebbe nulla di comune fra i sensi in cui sono detti enti. In alcune occasioni, ™ MetafiicaV, 2, 10034 35-b 1. 15 PARTE PRIMA -CAPITOLOTERZ0 petd, esso é stato affermato per mettere in rilievo Vassoluta tra~ scendenza di Dio, che esisterebbe in un senso del tutto diverso al senso in cui si dice che le creature esistono. Inrealta, come affermd Aristotele, “ente” non é semplicemente equivoco, ma i suoi significati sono in qualche modo collegati"®. Vediamo dunque che con “ente” capita qualcosa di simile a cid che abbiamo gia osservato rispetto a “sano”. II parallelismo perd ha i suoi limiti"®: sebbene “sano” si attribuisca sia all’animale sia all'urina o alla dieta, la sanita & presente solo nei viventi (solo essi hanno la salute); invece Vente si attribuisce alla sostanza ¢ all'accidente, e sia una che Faltro sono, esistono: una sostanza & un ente, ma anche un accidente lo Questa differenza fa si che, tra i termini analogici, possano essere rilevati diversi tipi di analogia. In primo luogo, alcuni sono analogici in riférimento a un primo (pros en, nella terminologia aristotelica, ¢ analogia di at- ‘ribucione, tra i tomisti), In questo caso, i diversi significati del termine hanno tra di loro un ordine di priorita € posterioritA. C’ inoltre un significato che & Panalogato principale, cioé, il significato pitt proprio di quel termine e il fondamento degli al- tri significati. Vanalogia di questo tipo pud essere, a sua volta, estrinseca 0 intrinseca. Quando é estrinseca (che @ il caso di “sano”), il termine si at- tribuisce alle realtA solo per un motivo estrinseco: in riferimento a cid in cui il senso proprio del termine @ presente. Nel caso di “sano”, in riferimento allat salute del corpo. Percid, possiamo negare che nella medicina o nella dieta si trovi la sanitd. Essa infatti si da solo nei corpi. Lanalogia sarebbe invece intrinseca quando il termine si attri- buisce a diverse cose, in virti di qualcosa che veramente si trova ¥ eLlesseres dice in moltepliclsgaficai, ma sempre in feimento ad una ith ead una leh determinata Liesere,quind, non s dice per mers omonimiay ma nella steso modo in cut diciamo “tana” tuto ia ches frie ala valuter (Me~ ‘afcaE, 2, 10032 33-35), Cre Tosnaaso D'AQuiNo, In Sen 19, 5,2 ad 1 76 LA NOZIONE DI ENTE E I SENSIDELLESSERE in esse, sebbene vi si trovi in modi diversi e non ugualmente perfetti. AlVanalogia di attribuzione si contrappone l'analogia di pro- porzionalita, che @ cid che Aristotele aveva chiamato “analogia’. ‘In essa cid che si tiene conto non sono le nature delle cose (come succede invece nellanalogia di attribuzione, che considera il cibo, la medicina, ecc.), ma le relazioni che esistono tra diverse realti. Come abbiamo gia visto, questo tipo di analogia appare chiaramente nella matematica, come quando si compara la rela~ zione che c’é tra 2 ¢ 4, e quella che c’é tra 3 € 6. Lanalogia di proporzionalita alle volte @ semplicemente mefa- {farica. Cid capita spesso nella poesia, come quando si dice che la ‘vecchiaia @ il tramonto della vita. Quando si chiama tramonto la vecchiaia, lo si fa perché si compara il rapporto tra vecchiaia e vita e tra tramonto e giorno. Il termine analogico, che in questo caso é“tramonto”, non si applica perd, in senso proprio, in entrambi i casi, ma solo quando si parla del giorno, Infatti, la vecchiaia non un tramonto, in nessun senso proprio di “tramonto”. La proporzionalita & invece propria quando il significato del termine analogico si pud attribuire in senso proprio in entrambi i casi, sebbene possa convenir loro secondo gradi diversi. Un esem- pio classico sono i tipi di conoscenza™. Il rapporto tra le diverse facolth conoscitive e i loro oggetti é proporzionale: il rapporto tra vista e Voggetto visivo, é simile a quello tra la facolt’ immagina~ tiva ¢ loggetto immaginato; ma sia la vista che |'immaginazione sono forme di conoscenza. La proporzionalita & pertanto pro- pria, e non metaforica Dopo aver fatto questa distinzione di tipi di analogia, dob- biamo chiederci: quale tipo di analogia si da nel caso delYente? E questo un problema molto dibattuto tra i tomisti. Fondandosi in diversi testi dell’Aquinate, alcuni, come Suarez, hanno pensato che allessere corrisponda unlanalogia di attribuzione intrineecas altri, come Caietano, unfanalogia di proporzionalita propria. Ma ” Che. J. Gancta Lorez, Lesions de metefisica tomista,p. 29. PARTE PRIMA -CAPITOLOTERZ0 Vinterpretazione pitt adeguata sembra essere una posizione in- termedia, che accetta entrambi i tipi di analogia ¢ spicga in che modo sono compatibili. Di fatto, entrambi mostrano delle di- ‘mensioni dell'essere di cui parleremo nei capitoli successivi. Da tuna parte, le diverse realti sono pil o meno perfette, di modo che la ragione di ente non si realizza in modo assolutamente uguale in tutti i casi (attribuzione intrinseca). D'altra parte, in ciascuna della realta, la perfezione delt’esere @ proporzionata alla sua essenza (proporzionalit’). Facendo questa distinzione tra analogia di attribuzione ¢ di proporzionalita, bisogna tener conto di unvosservazione che re- cenfemente é stata di nuovo sottolineata da McInerny: secondo ui, Panalogia sarebbe una questione strettamente logica, anche quando si parla delVessere, poiché si parlerebbe delle caratteri- stiche logiche del termine “essere”. Egli ha proposto, per non fare confusioni, di distinguere tra due dottrine, che denomina analogia di “esere” (vale a dire, analogia del termine “esscre”) analogia dell essere”, La prima & una dottrina logica, alla quale si riferisce san Tommaso quando adopera Yespressione “analogia’, della quale abbiamo parlato nelle pagine precedenti; la seconda @ una questione piuttosto metafisica, di cui san Tommaso non parla mai usando il termine “analogia’, ma adoperando altre espressioni. ‘Al di la della questione dell"uso tomista della parola ‘analo- sia’, in metafisica interessa soprattutto la seconda dottrina di cui parla McInerny: Panalogia dell’essere, © quindi le questioni della partecipazione dell’essere, del rapporto tra essenza ed essere, fino ad arrivare alla conoscenza di un Essere massimamente perfetto (psum Esse Subsistens). Il metafisico deve perd progredire secondo Yordine natu- rale della conoscenza umana, e quindi dovra cominciare da cid che esiste in modo pitt ovvio per noi: Ia sostanza, in particolare ™ Questa @ la tesi principale del libro R. Melnenwy, Llanalegia in Tommaso thine. C8. p.1, © Che, R. MelNeniy, Lanologia in Tommassd'Aguine, p. 174, 78 LANOZONEDI ENTE E1SENSI DELLESSERE quella materiale. Cominceremo percid il nostro studio dellente ce dei modi di essere dalle categorie e dalla priorita della sostanza rispetto agli accidenti. Parte seconda 1 PRINCIPI DELLENTE ‘Miguel Pérez de Laborda Gapitelo primo LE CATEGORIE 1. Distinzione delle categorie: a. Le categorie atistoteliche, b. Discussioni riguardanti il numero delle categorie. 2. Soxtenca, 3. Accidente. 4. Qualta, 5, Relaxione: a, Descrizione della relazione. b.1 tipi di relazione. c. La relazione di ragione. 6. Priori della sostanza. Sono molti i predicati che si possono attribuire ad un sog- getto. Di Socrate, ad esempio, si pud dire che & uomo, greco, bianco, alto, grasso, che @ ad Atene, che visse venticinque secoli fa, ecc. A sua volta, sono anche molti i modi in cui si possono raggruppare i diversi predicati. Del bianco, il nero, il vosso, ece., diciamo che sono coleri, larghezza, lunghezza ¢ profonditi sono dimensionis ¢ cosi via. Inoltre, i nuovi generi che appaiono in questi raggruppamenti (colore, dimensione, ecc.) si possono a loro volta raggruppare in altri generi pit universali, fino ad ar- rivare a dei generi che sono irriducibili tra di loro, Ad esempio, possiamo dire che alcuni predicati esprimono che tipo di cosa &, altri come 2, dove € quando & vissuto, ecc. In tutte Ie lingue e in tutte le culture, anche in quelle pitt antiche, i diversi predicati sono gid in qualche modo onganizzati e classificati. Tuttavia, solo nella filosofia greca essi furono ordi- nati in modo sistematice. La spiegazione pit riuscita fu quella di Aristotele, che chiamnd categorie i tipi pitt generali di predicati. Per capire qual era il suo tentativo, bisogna tener conto che egli non intendeva fornire semplicemente un elenco di modi di predi- «are. Le categorie sono anche, per Aristotele, dei modi di essere. 8 PARTE SECONDA - CAPITOLO PRIMO Percid, questa dottrina non é solo una questionc logica o lingui- stica, ma anche metafisica, poiché ci permette determinare quali sono i generi supremi dell’ente, vale a dire, i tipi pit. generali di realta, i costituenti del mondo. Lespressione “categoria” proviene dal greco (@ una trascrizione del nome adoperato dallo stesso Aristotele; alle volte si traduce con unlaltra espressione di origine latina: “predicamento”, En- trambe le espressioni si riferiscono a cid che si pud predicare (kategorein, in grecc). C’® perd unialtra parola anche etimologi- camente collegata: ‘predicabile”, Nonostante questa somiglianza etimologica, importante non confondere i predicamenti (le ca- tegorie) con i predicabili (generc, specie, proprio, ecc.), studiati soprattutto dalla logica aristotelica. In entrambi i casi, la con~ siderazione é assai collegata ai tipi di predicati, questi perd sono considerati rispettivamente da due prospettive diverse. Cosi, ad cesempio, il colore appare nella teoria dei predicabili come genere del bianco, e quindi essenzialerispetto ad esso; ma appartiene alla categoria della qualita, ed & quindi un accidente. 1. Distinzione delle categorie Lungo la storia della filosofia, sono state proposte diversi clenchi dei modi fondamentali di essere. Di essi, quello aristote- ico —che incorpora molte delle scoperte precedent, e rispecchi assai bene Ja nostra conoscenza spontanea— @ stato il punto di riferimento delle discussioni posteriori. Noi pertanto comince~ remo presentando la teoria aristotelica delle categorie, per fare poi alcune osservazioni sulla validita del suo elenco. a, Le categorie aristoteliche In duc delle sue opere', Aristotele presenta liste di dieci eate~ gorie, con esempi di ciascuna: sostanza (uomo, cavallo), quantita * Categorie d e Topic 9 84 LECATEGORE (lunghezza di due cubiti, lunghezza di tre cubiti), qualita (bianco), relazione (doppio, maggiore), dove (nel Liceo, in piazza), quando (ieri, anno scorso), posizione (si trova disteso, sta seduto), pos- sesso (porta le scarpe, si ¢ armato), agire (tagliare, bruciare), pa- tire (venis tagliato, venir bruciato). E difficile sapere quali furono i motivi esatti che spinsero Aristotele a distinguere le categorie ¢ a dare Felenco che di fatto diede. In ogni caso, la distinzione —soprattutto la differenza tra sostanza ed accidenti — @ implicitamente presente in diverse esperienze comuni. Da una parte, @ presente nell'analisi del movimento, in parti- colare nella spiegazione dei tipi di mufamento. C’t una distinzione evidente fra un mutamento sostanziale (la morte di un vivente, la dissoluzione di una sostanza) e un mutamento accidentale (in- grassamento, riscaldamento). Sono cose ben diverse per l'uomo il morire e l'invecchiare (la morte non @ infatti una sorte di vetta della vecchiaia). Chi possiede un pezzo d'oro sa bene che non é lo stesso il diluire oro che il riscaldarlo. Inoltre, ci sono diversi tipi di mutamento accidentale: guantitativo (ingrassare), qualita~ tivo (arrossire) ¢ di /uogo (arrivare a Venezia). Daltra parte, & esperienza comune la distinzione tra pro~ prieta essenziali e accidentali. Ad esempio, nel caso dell'uomo, essere animale ¢ razionale sono propriet necessariamente pre~ senti nell'uomo e diciamo che esse formano parte della sua es senza. Invece, l'uomo non sempre ha due piedi, due orecchie ¢ un naso. Queste sono delle proprieta che, sebbene derivano dalla sua natura (e sono percid presenti in lui sempre che non ci sia stato qualche infortunio), non necessariamente sono presenti in un uomo. Ma poi ci sono altre proprieta che in nessun modo derivano dall’essenza. Ad esempio, I'uomo non necessariamente 1é solitamente ha un determinato colore della pelle: questa una propricta accidentale che deriva sulo da caratteristiche indivi- duali. 85 PARTE SECONDA - CAPITOLO PRIMO Infine, anche nella grammatica (sia greca che italiana) €@ un riscontro della distinzione categoriale?. Si osservi, infatti, che le diverse categorie si predicano secondo forme grammaticali di- verse: sostantivi (stanza), aggettivi (quantita e quali), predi- cati con un complemento (relazione), avverbi di tempo e luogo (quando e dove), verbi attivi e passivi (agire e patire). ‘Non é difficile pertanto comprendere il nocciolo della propo- sta aristotelica, poiché le espressioni che egli usa formano parte del patrimonio culturale di una persona con un minimo di for- mazione. Allo stesso tempo, perd, dobbiamo riconoscere la dif- ficolta di determinare con precisione che cosa sia ciascuna delle categorie. Sant’Agostino aveva gia detto, riferendosi al sapere che cosa ¢ il tempo: «Se nessuno me lo chiede, lo s0; se dovessi spiegarlo a chi me lo chiede, non lo so»’, Questa esperienza, di fatto, pud essere estesa a tutte le altre categorie, in quanto ne abbiamo una precomprensione spontanea, che poi non riusciamo, ad esprimere in modo chiaro. TI fondamento di questa difficolta & che le categorie sono in- definibili, in quanto sono modi supremi dell essere, e non si pud trovare quindi un genere nel quale includerle. Lente, come ab- biamo visto, non € un genere. Cid vuol dire che le definizioni che ne daremo non sono costruite aggiungendo qualcosa a ente: alfente infatti nulla si pud aggiungere. Esse sono definizioni no- ‘inali (piegazioni del senso in cui si usano tali parole), e non definizioni reali, poiché non intendono esprimere perfettamente la natura delle cose. Si devono considerare descrizioni, che solo in modo parziale colgono la natura di questi modi di essere. Tale difficolta nella determinazione precisa delle catego- rie non ci pud portare a credere che esse siano assolutamente cambianti, relative, appartenenti solo a una determinata cultura, come presume il relativismo, nelle sue diverse forme. E vero che > Ci fa sotolineato in modo partcolare da Trendelenbueg, che credeva addirit~ tua che la scoperta delle categorie fose legata alle distinzioni che appaiono nella grammatica della lingua greca. Cf. La decrina delle categorie in Aristtele Sane’ Acostino, Le enfesion, XI, 14 86 LECATEGORIE Ja cultura nella quale siamo inseriti ci fornisce alcuni concetti fondamentali e alcune strutture di pensiero. Si pud dire pertanto che i tedeschi, in genere, pensano in un modo diverso dei cinesi. Cid non vuol dite perd che tedeschi o cinesi non siano in grado di percepire 1a totalita della realti, o che ci sia qualche modo fondamentale di essere che sfugga ai membri di una cultura, Per cosi dite, sia tedeschi che cinesi riconoscono la differenza tra una mucea, il suo colore e il suo sapore. Possiamo dunque affermare che ogni persona é in grado di riconoscere le categorie basilari, che sono allo stesso tempo modi di essere, di pensare e di dire. Non @ facile neanche sapere qual @ il criterio della divisione aristotelica, cio’, Ia logica della distinzione, Egli stesso non Jo dice esplicitamente, ma si pud intravedere considerando le dit verse spiegazioni che fornisce su ciascuna delle categorie. Di fatto, san Tommaso offre un criterio di distinzione che & coe~ rente con il pensiero aristotelico. Egli non tenta di fare una sorta di dimostrazione deduttiva delle categorie, ma semplicemente di capire la logica della divisione aristotelica. Questa, secondo san ‘Tommaso, si struttura d’accordo al rapporto tra il predicato e la sostanza di cui si predica (in particolare, a seconda di cid che nel soggetto fonda i diversi predicati sia pitt o meno intrinseco)*: 1. Se il predicato & essenziale rispetto al soggetto: sostanza 2. Seiil predicato si prende da cid che non é essenziale, ma & nel soggetto (c quindi si pud dire che & intrinsece); ess0 pud acca- dere in due modi = per se ¢ assolutamente ~ derivato dalla materia: guancita ~ derivato dalla forma: qualita = in rapporto ad altro, che é fuori dal soggetto: relazione 3. Se i predicato si prende da cid che @ fuori dal soggetto ( quindi si pud dire che @ escrinsets) ‘Prendo in considerazione insieme le spiegazioni che offe in In V Met.,9e Ie IIL Phys, 5. 87 PARTE SECONDA - CAPITOLO PRIMO ~ se 2 assolutamente fuori dal soggetto’. = misurando in qualche modo il soggetto: = se la misura esteriore @ il tempo: guando ~ se la misura esteriore & il luogo, = e non si considera Vordine delle parti: dove (ubi) ~e si considera Yordine delle parti: posizione (situs) = non misurando il soggetto: possesso (Aaditus) ; ~ se in qualche modo @ anche nel soggetto al quale si attri- buisce: - se il principio @ nel soggetto: agire = sel termine & nel soggetto: patire Lungo le pagine successive, si studieranno alcune di queste categorie: quelle che interessano pia Ia metafisica, perché sono propric anche delle realta spirituali (Ia sostanza ¢ la sua attivitA, Ia qualita, la relazione). Le altre sono piuttosto oggetto della fi- losofia della natura. 4b, Discussioni riguardanti il numero delle categorie La nostra esposizione, fino a questo punto, si basa sui duc testi nei quali Aristotele da una lista di dieci categorie. La questione del numero delle categorie & perd problematica, tra gli stessi in- terpreti del pensiero aristotelico. Il problema ha origine nel fatto che egli, in tanti altri luoghi, presenta liste pitt ridotte: di otto categorie, 0 ancora di meno. In particolare, due delle categorie "predict che i prenono da cd che 2 aeoutment feo dl sogeto espe tro deg acid uaa ove prions pcan) che sn 0 earn Detaped a soggets el neraconos che eno on iene moda ns seo SELEGT aectentrambiano Una sda a excl, non det, fn nessun Sil deere opt, Nel eae dl qu sembeeredbe hee cose ‘ecerp in luo modo paar el epo, ni emi moda alee o- ans, come gl animal che vechian oni pre eg sna In reat per ‘Shoei invetchiane ea del pasare del tempo, m Pe un proceso inteore Fe darn dalla ata dogh esd vive 88 LECATECORE delle liste pit lunghe, la posizione e il posseso, non appaiono in nessuna delle altre liste Questo fatto é stato oggetto di diverse interpretazioni, Se- condo alcuni, la lista di dieci sarebbe unvopinione della giovi- nezza di Aristotele (sia Categorie che Topici sono tra i suoi primi scritti)*. Altri pensano che quelle due categorie (posizione e pos sesso) sarebbero accettabili solo nell’Organon, cio’ da un punto divvista logico’. Per altri, infine, tali categorie sarebbero riducibili allagire e patire’, Sara difficile poter risolvere una tale questione, ma, in ogni caso, @ senzaltro chiaro che le due categorie che ‘mancano nelle altre liste sono di poca importanza metafisica: il _possesso in senso proprio si da solo nell'uomo, e la posizione, che fa riferimento alla disposizione delle parti, ¢ particolarmente rile~ vvante solo nel caso degli animali e di aleuni strumenti umani?. Si potrebbe pensare che questa sia solo una controversia tra esperti nel pensiero di Aristotele. Ma perlomeno essa da conto del fatto che il numero esatto delle categorie é suscettibile di di- scussione. Infatti, lungo la storia ci sono stati diversi tentativi di ridurte o di ampliare il loro numero. Nel mediocvo molti ammetteranno un numero pitt limitato Gleuni addirittura solo sostanza, quantita e qualita), riducendo il resto ad esse. E tra gli interpreti del pensiero di san Tommaso anche chi opina che egli in questo punto si sarebbe distaccato dall’insegnamento di Aristotele ed avrebbe ammesso 'esistenza di un numero minore di categorie”. “Zeler, Brandn, Trendlenge Bonitesacbbero di questa opinion; BRE ano, St mld signif! lfenee cond tate ps Cte) Own rite he Cole PpeofJacph Guets p.20 Gf H. Bower, Sue uted rite. 124 * "Nel eat dalle ate cone, a dapsone del part (id a poiions) slo & teva n quanto sono stuentdelteomosché ina rina Sees cot 6 Sapovets Elerant slp in quanto pub csre vrs dnlfeoro con quae sop Stren questo sfrimeno ale intention! delluomo, ogi cambio tt posiztone & Gelincate dace ad un camblo dogo Sin). Winns Te copra Teg of Tomax Apia. 25, pd wove unas dle placa option! Hoanen, Kreme, Ovens) a guard 99 PARTE SECONDA ~ CAPITOLO PRIMO Nella filosofia moderna sono apparse delle liste di categorie claborate da prospettive diverse: epistemologica nel caso di Kant, Finguistica nel caso di alcuni filosofi analitici; ma anche da una prospettiva metafisica sono sorte delle discussioni. B. comune- mente ammesso che una teoria delle categorie deve includere tutto cid che pensiamo come reale e deve fornire un elenco di ca- tegorie tra di loro esclusive, vale a dire, nessuna delle quali possa essere ridotta ad altre. Altrimenti una stessa realtA potrebbe ap- partenere a due categorie. Il problema perd & determinare che cosa & reale ¢ quando due categorie sono inriducibil tra di loro. Non possiamo ora discutere in profonditi Vargomento. Vorrei almeno indicare i dubbi sorti riguardo diverse categorie e pre- sentare alcune delle nuove categorie proposte. La sostanza é stata negli ultimi secoli oggetto di una vasta discussione. Nelle diverse forme di empirismo, infatti, si é rifiu- tato che essa fosse qualcosa di reale, poiché Ia sostanza non é tra gli aspetti della realta che si possono conoscere sensibilmente. Conosciamo cosi solo le figure, le dimensioni, i colori, i sapori, cc. Dalla prospettiva empirista quindi la sostanza non potrebbe essere altro che un fascio di qualita (bundle of qualitis). Torne- remo su questo argomento nei capitoli successivi. ‘Tra gli altri tentativi di ridurre il numero delle categorie, spie~ gando alcune di esse in base ad altre, il caso di dove e quando 2 forse il pit discusso. Queste due categorie alle volte vengono semplicemente chiamate spazio e tempo, ¢ sono origine di in~ tense discussioni: ¢é chi ha negato che una di esse o entrambe siano reali (per Kant sono forme a priori della sensibilita), altri le hanno dato un carattere sostanziale (lo spazio ¢ il tempo assoluti di Newton), e altri pensano che siano riducibili ad altre categorie (per Leibniz si ridurrebbero a relazioni di ordine tra corpi). Dialtra parte, alle volte Ia quantita e ta qualita non si con- siderano due categorie diverse, ma s'includono entrambe nella categoria proprieti. Alcuni sostengono percid che nella realta ci sono sostanze, relazioni e proprieta. Se si fa cosi, perd, bisogna sottolineare poi che tra le proprieti vanno distinte quelle che 90 LECATEGORIE derivano dalla materia e quelle invece che non derivano da essa, ‘Questa ¢ appunto la distinzione che Aristotele aveva introdotto tra quantita e qualita. Infine, anche Vagire e il patire sono state ridotte da alcuni alla sostanza, alla quantita o alla qualita", Ora non @ possibile discutere queste opinioni, che riguardano i rapporti trai diversi generi di accidenti, In ogni caso, indipen- dentemente dalla possibilita di ridurre alcuni tipi di accidenti ad altri, tutti quanti sono dei modi di essere che determinano Ja sostanza cui ineriscono in modo non essenziale. Possiamo quindi dire che il numero esatto delle categorie non é cosi deci- sivo, poiché il nocciolo della dottrina delle categorie non & tanto la distinzione di dieci categorie quanto la distinzione tra sostanza e accident! e la distinzione tra alcuni degli accidenti. Vediamo ora alcune delle nuove categorie che sono state pro- poste, e che sarebbero da includere in una lista completa, poiché inviducibili alle altre. Per valutare la loro legittimita, bisogna te- ner conto per’ che per Aristotele la lista delle categorie & solo un gruppo di sensi delVessere: egli ammette anche Pente per acci- dente, Vente come vero, Vatto c la potenza. Aleune delle nuove categorie proposte sono, di fatto, riducibili a questi altri medi di essere. Le principali categorie proposte sono: ~ sistema, alla quale apparterrebbero le famiglie, la Chiesa, i gruppi politici e sociali, ecc.. Alcuni sostengono che Tam- missione di questa nuova categoria faciliterebbe la comprensione delle interazioni di un organismo, di un gruppo o di una societd, € della loro complessita. "Una discussione critica di questa riduzione si pud trovare in J. Ferner ARet~ LAno, Metafiica de a velaciony de ln alteridad, pp. 116s, " Cfi. L ANoeuats, Studies on Gottlob Frege and Traditional Pbilorphy, p16 "fi, WN. Chane, The One and the Many: a Contemporary Thomtsic Metaphy- sie p 135, a PARTE SECONDA - CAPITOLO PRIMO ~ fatto'*, inteso come cid cui si riferiscono le proposizioni che dichiarano Lesistenza di uno stato di cose. I fatti sono, allora, cid che fanno si che le proposizioni siano vere o false. In realti, petd, il fatto va ricondotto allescere come vero (che @ uno dei sensi delVessere), e non ad una delle categorie. — mentale: includerebbe gli oggetti e i processi esistenti nelle nostre facolta conoscitive. Essi possono essere anche ridotti al- essere come vero, quando si tratta di oggetti pensati, sentii, ecc.; oppure dovranno essere ridotti all'a/tivita della persona (pen- sare, vedere) ¢ alle sue capacita (facolta del!'intelligenza, della vista, ecc,). Inoltre, quando si parla semplicemente della mente, ci si riferisce all'anima, che é la forma del corpo. Essa dunque un principio sostanziale. = durata, o tempo vissuto dalla coscienza, che Bergson con- trappone al tempo spazializzato, proprio della scienza. = evento, processo!*: una tempesta, un terremoto, una guerra, una partita di tennis. Alcuni riducono a processi addiriteura gli atomi c le menti. In realta, questi possono essere ridottiall'agire; ton allattivita di una singola sostanza, ma all’interazione di un insieme di sostanze. Nel caso della guerra, & chiaro che essa una serie di attivitt ostili da parte di alcune nazioni o gruppi sociali, Nel caso della tempesta o del terremoto @ pitt difficile spiegare di che tipo di attivita si trata, ma questo in ogni caso & compito degli scienziati. 2. Sostanza Lespressione greca ousia @ un termine astratto formato a partire dal participio del verbo einai (“essere”). Essa, per la sua etimologia o per il suo significato, ha uno stretto rapporto con diverse espressioni italiane: * B una nozion chavs del'stomiamo logico (Rael, primo Witgensten 5 Levent e il proceao sono paricelarmente important nile oso i David- son edi Whitehead apetivament 2 LECATEGORIE 1, “Essenza’: si usa per tradurre lespressione aristotelica to fien einai, ma deriva dal verbo “essere”; quindi, sebbene non sia un esatto corrispondente etimologico del termine greco ousia, “essenza” & Vespressione che pit gli somiglia. 2. “Sostanza” (dal latino substantia): @ la traduzione pit co- mune di ousia, ma etimologicamente ha un significato diverso: “cid che soggiace” (dal verbo sub-stare). 3. “Sostrato” 0 “soggetto": traducono il termine greco bypo- Aeimenon; ma questa espressione greca é anche il corrispondente etimologico di “substantia”. Ecco un quadro che chiarifica le complesse relazioni tra que- sti termini Express, greca somiglancza etimologica traduzione datina ousia essentia substantia hypokeimenon substantia, subiectum subiectum to tiencinai quod quid erat esse essentia Queste espressioni hanno origine nelle diverse caratteristi che della sostanza: essa Aa un'essenza, che permane invariata nei mutamenti accidentali che subisce la sostanza; sussste (8 in sé); ed & soggetto dei mutamenti accidentali, delle proprieta e delle attivita. Tenendo conto di esse, possiamo comprendere meglio le variazioni terminologiche: 1. Lespressione greca ousia (che deriva da cinai, essere) sot tolinea il suo particolare rapporto con 'essere: solo essa infatti & sussistente. 2, Lespressione latina substantia (da sub-staré) mette in rilievo che essa sta sotto (soggiace, & sostrato) rispetto agli accidenti. 3. Che Porigine etimologica di cusia e di essentia sia simile, mostra lo stretto rapporto esistente tra sostanza ed essenza, La categoria sostanza conviene infatti solo a predicati che sono es- senziali tispetto al soggetto. Inoltze, solo le sostanze hanno in senso proprio un’essenza. 9% PARTE SECONDA = CAPITOLO PRIMO Vediamo ora qualche altra proprieta della sostanza, Quando parliamo di sussistenza non bisogna pensare a delle realta che abbiano una lunga durata (0 persistenza), come gli ele~ fanti o Pacqua. Di fatto, ci possono essere entita dotate di tutti i presupposti per essere considerate sostanze, ma che durino solo pochi istanti’, come stato verificato dalla fisica moderna. Non dobbiamo cercare le sostanze neanche tra cid che & assolutamente semplice, come le monadi di Leibniz e gli atomi dellatomismo. Le sostanze possono essere complesse ¢ quindi avere parti, sem- pre che i diversi componenti siano uniti nella complessita, for- mando ad esempio un organismo, Che la sostanza sia di per sé sussistente non significa neanche che essa sia la ragione della propria esistenza, e che non abbia ricevuto Vessere da un altro, Non & neanche necessario che la sostanza debba essere infinita, come afferma Spinoza, e dunque anche unica. Solo Dio sarebbe allora sostanza. C’e invece una grande pluraliti di sostanze, possibile poiché esse hanno un de- terminato soodo di essere, finito e limitato, I carattere proprio della sostanza non & quindi né Ia durata dell’esistenza né Passoluta semplicita né essere causa di se stesso (causa sui) né Vinfinitezza, Qual é allora la definizione della sostanza, quali sono le sue caratteristiche essenziali? Bisogna ricordare ancora una volta che essa é tra quelle realta di cui non si pud dare una definizione pre~ cisa. Dire che la sostanza é J’ente per é, che é Vespressione con cui Aristotele caratterizza la sostanza in opposizione agli accidenti, che sono sempre in un soggetto, non pud essere considerata una definizione in senso proprio o reale. In ogni caso, la proprietd fondamentale della sostanza 2 il non aver bisogno di un sostrato per poter esistere, vale a dire, essere sussistente, esistente in se stessa. In questo essa si differenzia da tante altre realta: tutte quelle che erisfono ma non sussistono, come Chi. M, Anrreas, Filosofia dela naturale, p. 73. 4 LECATEGORIE ali accidenti o le parti di una sostanza (la mano 0 il braccio) che devono sempre esistere in una sostanza?, Nei capitoli successivi studieremo in modo pitt approfondito Ja sostanza, dalle altre prospettive che meglio la descrivono: in quanto soggetto (considerando quindi il rapporto della sostanza con gli accidenti) e in quanto essa ha un'essenza, 3. Accidente Quando si parla delf'sccidente, il primo problema che ci si presenta é che questa espressione si adopera in parecchi sensi di- versi, sia nel linguaggio ordinario sia nel linguaggio filosofico. In italiano sono fondamentalmente due gli usi di questo ter- mine: 1. Quando si qualifica qualeosa come accidentale, lo si con trappone talvolta a cid che & fondamentale, necessario, essen- aiale. 2. Altre volte, invece, ci si riferisce ad un evento fortuito, ad un fatto casuale, come una fitaliti, un infortunio o un imprevi- sto. Questo senso di “accidente” & pitt frequentemente usato in altre lingue: esso & chiaramente presente nell'inglese “accident”, nel francese “accident”, ¢ nello spagnolo “accidente”. Sebbene ‘non sia frequente, é anche corretto in italiano, soprattutto come aggettivo (accideneale) Entrambi gli usi dell'espressione sono anche presenti nel lin~ guaggio filosofico. Ci siamo gia occupati del secondo di essi: cid che Aristotele chiamava l'nte coincidentale (ens per accidens), che @ uno dei modi di essere che la metafisica non approfondisce, in ® Bisogna tener conto peed che il cso delle parti sostanzial & diveso da quello eal aciden: ques inrisconn sempre ad une tetany emus cot aa ee € non esiendo come elt ase. Le pat dna sos, inves, no ineigon, ‘22 ono appnto pat del eorpo. Sembra che exe posse esters come an el imate as. In eal, quando una parte stacas dla sostanes, non pit pare Avewa, Ad esempio una mano pub exere tga aloe la mano nom & fib fore del persons, cut mance sppunto aon pared orp 95 PARTE SECONDA - CAPITOLO PRIMO {quanto di esso non €é scienza (proprio perché & casuale). Non va confuso quindi con Vaccidente categoriale, che ora stiamo consi- derando, ¢ che si collega piuttosto con il primo uso menzionato. Un altro senso di “accidente” da non confondere con l'acci- dente categoriale, @il cosiddetto accidente logic. La logica aristo~ telica, nella sua teoria dei predicabili, distingue tra i predicabil essenziali e quelli accidentali, Sono essenzial il genere (nel caso dell’uomo: animale), la specie (uomo) ela differenza specifica (ra- zionale). Sono invece accidentali il proprio (il ridere per luomo) cLaccidente (il colore della pelle). Come si vede, ci sono due tipi di predicabili accidental: il proprio e 'aecidente, Evidentemente, nel formulare tale divisione dei predicabili stiamo usando “ac cidente” in due sensi diversi; altrimenti sarebbe impossibile che il proprio fosse accidente, contrapponendosi allo stesso tempo allaccidente. Quando si parla di predicabili accidentali (il ridere e il colore della pelle), sintende “accidente” in un senso che pos- siamo denominare metafisico, contrapposto ad essenziale. Pertanto sia il proprio sia Paccidente logico sono accidenti in questo senso del termine. Ma L'accidente (colore della pelle) che si contrap. pone al proprio (ridere), oltre ad essere un accidente in questo senso metafisico, @ anche accidente nel senso di caswale. II proprio invece non @ casuale, ma é fondato nella natura della cosa. Si pud dire quindi che il proprio ¢ Vaccidente Jagico sono accidenti in senso metafisico Questi due sensi non metafisici di accidente — Vente coinciden- tale e Paccidente logico — sono tra di loro assai collegati. Infatti, mentre qualcosa é proprio di un soggetto in quanto deriva ne~ cessariamente o per lo pitt dalla natura di quella sostanza, acci- dente logico si da invece nel soggetto in modo casuale. E Vente coincidentale @ cid che accade senza una causa determinata, € pertanto anche in modo casuale. Nel scnso che ora c'intcressa, V'accidente si pud descrivere come cid alla cui essenza compete di essere in altro. Per la loro natura, cssi non sono mai sussistenti di per sé, ma per poter esi- stere essi hanno bisogno di qualche soggetto al quale inerire: 96 Le cATEGORIE esistono in esso (Ia sostanza é il sostrato nel quale ineriscono) ¢ per ess0 (ricevono lessere dalla sostanza), Come si vede, l'ine- renza propria degli accidenti non & una semplice contiguita o adiacenza, non é un esiereattaccato, come sarebbe Vessere di un appendiabiti incollato ad una parete, o Tessere di un parassita nello stomaco di un animale. Lo studio degli accidenti categoriali, che é il modo in cui pos- siamo chiamare questo senso di accidente, & particolarmente importante nella filosofia della natura, poiché quelli principali, lasciando da parte la posizione e il possesso, sono presenti in tutte le realtd naturali, Il loro studio @ pertanto necessario per poter comprendere il modo in cui Ie sostanze naturali esistono realmente, In filosofia della natura, poiché si studiano gli enti mobili ¢ materiali, si considerano gli accidenti legati alla materialitd. Tale studio adotta una prospettiva limitata, Infatti, sebbene alcuni accidenti csistano solo nella natura, altri possono esistere anche separati dalla materia, in quanto essi non includono in se stessi un riferimento alla materia. Pertanto, nel caso csistessero delle sostanze immateriali, questi accidenti potrebbero anche inerire in esse Gli accidenti presenti so/o nelle realti naturali sono quelli le- gati alla struttura spazio-temporale, vale a dire, legati allesten- sione, la durata e il movimento. In quanto hanno un'estensione, Ie sostanze naturali hanno anche una dimensione, e sono sog- getti della quantita c del luogo. La loro durata invece & legata al fatto che sono soggetti del fempo. E il movimento, infine, & legato alfazione e alla passione, di modo che se nelle sostanze immateriali c’é un‘attivita (come la conoscenza), essa sari ben diversa dal movimento che implica passione. Bisognera quindi distinguete, tra le attivita, due tipi chiaramente diversi, ‘La metafisica si occupa anche di ciascuno degli accidenti, AI- ccuni di essi— quelli che sono presenti solo nelle realta materiali — ™ Chi, M, Antica, Filosofia de a naturale, p. 130, 7 PARTE SECONDA~CAPITOLO PRIMO sono considerati unicamente in quanto sono dei modi di essere. Altri ~ quelli che si danno anche nelle realti immateriali ~ inte~ ressano la metafisica in modo particolare, proprio in quanto pos: sono esistere separati dalla materia. Lasciando da parte gli acci denti legati alla materialita (quantita, luogo, tempo e passione), perché questi sono studiati dalla filosofia della natura, la metafi- sica si sofferma a considerare in dettaglio la qualita, la relazione ¢ T'azione, DelPattivita parleremo a lungo nei prossimi capitoli, quando studieremo Vatto e la potenza e quando si parlera della causalita, Ora invece si tratteri Ia qualita ¢ la relazione, 4, Qualita Quando noi descriviamo un tipo di realta, di solito diamo un elenco di alcune delle sue caratteristiche: quelle che consi- deriamo pitt evidenti 0 che ci permettono di distinguerla dalle altre realti, Per farlo, prendiamo delle proprieta stabili, che siano presenti in tutti gli individui di quel tipo. Esse sono, per lo pi degli aspetti esterni che permettono determinare Ia sua forma esteriore. Molte di queste proprieta sono da annoverare tra le yualita. ie generale, si chiamano “qualita” le proprieta accidentali che qualifcano la sostanza, Come abbiamo visto, esse sono proprieta derivate dalla forma ¢ determinano la sostanza in se stessa (in- trinsecamente). Le pitt comunemente ammesse tra queste proprieta formali sono di solito divise in due grandi gruppi, a seconda del modo in cui esse possono essere conosciute. Da una parte ci sono propriet’ come colori, sapori e suoni, vale a dire, i sensibili che sono og- getti propri dei diversi sensi esterni (vista, gusto, udito). Dvaltra parte, ci sono figura, movimento, misura, posizione, velocita, ioe quelle proprieta che sono percepibili da diversi sensi. Nella filosofia medicevale essi erano chiamati rispettivamente sensi~ bili propri e sensibili comuni, Nellepoca moderna essi sono chia- mati invece qualita secondarie (quelle proprie di un solo senso) 98 LECATEGORIE e qualita primarie (quelle percepibili da pitt sensi). Adoperando le espressioni contrapposte primaria-secondaria si vuole indicare che i sensibili percepibili da diversi sensi (qualita primarie) sono meglio conosciuti che i sensibili propri di un solo senso (qualita ‘secondarie). Alcuni filosofi si spingeranno fino a negare assolutamente Voggettivita delle qualita secondarie o sensibili propri, soste- nendo che esse in nessun modo sarebbero proprieta di cid che sembra averle, ma solo nostre sensazioni. La discussione di que- sto argomento conviene piuttosto alla filosofia della natura e alla gnoseologia. Ora interessa soltanto fare unfosservazione. Sebbene alcuni sensibili (come il caldo 0 il colore) si trovino soprattutto ‘nei nostri sensi, essi sono anche, in qualche modo, propriet’ delle cose, ¢ non solo una proprieta della nostra conoscenza. Infatti, sebbene il caldo e il colore siano sentiti in modo differente in circostanze diverse, non si pud negare che ad esse corrisponda qualcosa nella realta: rispettivamente, l'energia cinetica moleco- Iare (per il caldo) ¢, per il colore, la capacita di riflettere della superficie di un oggetto, o di produrre immagini visive. Sia i sensibili propri che quelli comuni sono legati alla ma- terialita del mondo fisico, in quanto hanno a che vedere con la quantita. Tnfatti, questi 1a delimitano (grasso, alto) 0 almeno ineriscono ad essa (colore, febbre). Alcuni, guardando solo ad essi, hanno pensato che tutte le qualita siano di questo tipo, e che dunque le proprieta quatitative siano riducibili alla guantita Percid esse si potrebbero studiare applicando metodi matema- tici. Tale opinione deriva da una concezione riduttiva della cono- scenza, secondo la quale essa non potrebbe andare oltre la sensi- bilita. In realta, pero, le qualiti non sono necessariamente legate alla materia, e pertanto ce ne possono essere alcune anche nelle sostanze immateriali ad esempio, le virtit della nostra anima, siano abiti intellettuali che morali). Certanente, le qualitt non sensibili non potranno essere direttamente percepite dai sensi, ‘ma la loro esistenza pud essere affermata come conclusione di un ragionamento, oppure in base ad una esperienza non sensibile. 9 PARTE SECONDA - CAPITOLO PRIMO 1La pitt classica divisione delle qualita, che tiene conto dei di- versi tipi, é quella che presenta Aristotele nelle Categorie. Senza pretendere che essa sia un elenco completo (di fatto, lo stesso Aristotele presenta Ia divisione come suscettibile di mighiora~ mento”), essa ci pud servire come un esempio di che cosa inten~ diamo per qualita. Egli le ordina in quattro grandi gruppi”: 1. Potenza (eapacita) 0 impotenza (incapacita). In virtis di esse il soggetto ha la capacita di fare qualcosa (ad esempio, di vedere) 0 di non subire facilmente qualcosa, come essere duro, che signi- fica non essere facilmente diviso. Sebbene Aristotele parli solo di attivita fisica (pugili, corridori, sani, malati), nella scolastica si aggiungeranno tra le potenze anche le facolta conoscitive (la vista, P'intelligenza, ecc.) e appetitive, che sono potenze opera tive. Allora si potrebbe dire che questo tipo di potenza apparc in tutte le sostanze corporee, in modo graduale: Penergia cinctica & presente in tutti i corpi, la eapacita di crescita e di riproduzione appaiono nei viventi, le facolta sensibili negli animali e le facolta intellettuali nell'womo. 2. Abiti e disposizioni. Esse qualificano le potenze operative, orientandole nelfattivita: per mezzo di esse un soggetto & di- sposto verso qualcosa, positivamente (come le virti}) 0 negativa~ mente (i vizi). Nel caso dellabito (le virti: scienza, temperanza, ece., che facilitano il bene, ¢ i vizi, che inclinano al male), si tratta di qualita che hanno una certa stabilita, e sono dunque resistenti al mutamento, Si chiamano disposizioni invece quando hanno una minore stabiliti,e facilmente si trasformano. 3. Qualita passibili (o affettive), come dolce, amaro, freddo, chiaro, scuro, bianco. Esse possono essere stabili o transitorie, € sono chiamate da Aristotele passibili (0 affettive) non perché i soggetti cui ineriscono subiscano in sé qualche passione o af fezione, ma per altri motivi: principalmente, perché esse produ- cono un/affezione nei sensi, come la dolcezza provoca un'affe~ * Categorie 8, 102 25-26. Che Caer cap 8 100 LECATEGORIE zione nel gusto c il calore la produce nel tatto. Molte di esse sono oggetti dei diversi sensi e sono materiali (come colore, odote, temperatura), ma Aristotcle parla di qualita affettive anche ri- guardo allanima: ad esempio, la pazzia. In ogni caso, questo tipo include fondamentalmente le qualita primatie e secondarie di cui abbiamo parlato, 4. Forma figura, Sono delimitazioni della quantita. La forma fa riferimento alla totalita delle parti del corpo e al rapporto fra di esse. La figura invece si riferisce solo al contorno esteriore del corpo, vale a dire al suo profilo, silhouette o sagoma. 5. Relazione a, Desorizione della relazione Utratto caratteristico della relazione 2 il riferimento a unvaltra cosa: il doppio & sempre doppio di qualcosa, una montagna si dice grande rispetto alle altre, il figlio @ sempre figlio di qualcuno. Percid, quando si vuole spiegare che cos'é la relazione si afferma che essa ¢ un rapporto tra due realta, un rifetimento di qualcosa a.unialtra, una connessione o correlazione, ecc. Pud sembrare che dire cid non & che ripetere le stesse cose con altre parole, Ma cid & inevitabile: non c’é unfaltra nozione che sia generica rispetto alla relazione, quindi la sua definizione diventa impossibile Conseguenza di questo riferimento ad unaltra cosa & che, se non si conosce il termine di riferimento, non si conosce neanche la relazione. Non si pud sapere che qualcosa @ doppio, se non si conosce di che cosa é doppio, né che @ pit bello, se non si sa pitt bello rispetto a che cosa. E logico quindi che di solito al termine relativo si contrapponga un altro, che & il suo contrario, come nelle coppie doppio-meti, maggiore-minore, figlio-genitore, schiavorpadrone, Dialtra parte, che attribuire una relazione sia manifestare che essa ha un rapporto con un‘altra realta implica anche che, tra le 101 PARTE SECONDA - CAPITOLO PRIMO diverse categorie, Ia relazione & quella che meno di tutte rappre~ senta un ente determinato”, 0, come dicono Averroé e san ‘Tom- maso, é la pitt debole in quanto all’essere®. Ne é prova il fatto che essa pud cambiare senza che ci sia un vero cambiamento nel soggetto della relazione. Basta infatti che cambi il termine con il quale esso @ in rapporto: chi é pitt alto di un altro, senza cam- biare di altezza, diventa piit basso quando Valtro cresce e supera altezza del primo. Intendendo Ia relazione in questo modo, @ chiaro che tutta la realta @ ordinata secondo una grande varieti di relazioni. Gli uomini ad esempio sono tutti in un rapporto di filiazione con altri uomini, ¢ molti anche di paternita; le pietre sono tutte pitt 9 meno grandi di altre pietre, e pitt 0 meno vicine tra di loro. E importante tener conto perd che Ia relazione non @ tutto cid cche c®é nella realta: ci sono anche altri tipi di accidenti, e ci sono anche le stesse sostanze, cui ineriscono le relazioni e gli altri ac- identi. Tali sostanze, pertanto, non consistono esclusivamente nel rapporto con altre sealta, La loro natura non si riduce a re- lazioni, ¢ quindi esse non sono assolutamente relative. sso ci mostra che non si pud sostenere un relativismo metafisice (una riduzione di tutto l'essere alla relazione), poiché ogni realta ha in se stessa una consistenza propria, che non si tiduce a dei rapporti con altre cose. Un altro conto & il relativismo epistemolagico, che sostiene che la nostra conoscenza della realta dipende sempre da fattori sociali, culturali, ecc. Ma non possiamo ora confrontarci con questa posizione. Negli esempi precedenti, le relazioni presentate sono chia~ ramente accidentali, Ma non é detto che ogni relazione debba ‘essere accidentale. Il caso paradigmatico é uso che ne fa Ia teo- logia, quando, spiegando il dogma della Trinita, afferma che in Dio ci sono delle relazioni sussistenti. Esse non possono essere cer tamente accidentali, poiché in Dio non ci sono accidenti. Ma Afi, Anistornt, Metafia N, 1, 1088a 29-30, = Che. Tonmaso DAQUINO, De fotentia 7, 9, che tiprende un'afermazione di Avert. 102 LE CATEGORIE anche nel caso delle creature alcuni sostengono che ci sono rela- ioni non accidentali, ma érascendentali: ad esempio, Ia relazione di dipendenza delle creature con il Creatore ¢ Ia relazione tra le diverse forme di atto e di potenza”, Gia d’ora quindi dobbiamo tener conto che, anche se la relazione @ di solito accidentale, la stessa natura della relazione non implica di per sé accidentalita, 4b. I tipi di relazione E evidente che nella realta troviamo una grande diversita relazioni: urtare contro, aver pieta di, derivare da, appartenere a, ecc. Esse si possono raggruppare in diversi tipi, a seconda di quali siano i loro fondamenti; e, allo stesso tempo, ciascuna di esse si pud moltiplicare in tanti diversi particolari. Ad esempio, le paterniti fondate sulla generazione sono di uno stesso tipo. ‘Ma ci sono molti genitori, e poiché alcuni di essi hanno generato pid figli, essi sono genitori rispetto a diverse persone. Come si vede, la molteplicita delle relazioni é possibile. Esse si distinguono in base a queste dimensioni: il soggetto che & in rapporto ad altro (la sostanza cui inerisce la relazione), il ermine con cui il soggetto si mette in relazione e il fendamento 0 causa della relazione™. In definitiva, in ogni relazione si stabilisce un rapporto tra duc realta (il soggetto e il termine, che sono anche 2 Una recent fea della relaione trascendentales pudtrovare in]. Ferrer Arel- lano, Metsfice dela rlacin y dea alterded, pp. 78-11. Al contrat, Keempel, nella gun monumentale opera Le dactrine del relation chez int Toa: expt ‘cried sysématique ba ato wn ecelentestulo dla nalts sorca dl questa tcoraalfinterno della neoscolasa, e ha cist con fermerza, 2 Nels manu omit allele spt d gut denen del aon: ie ai tre preauppoeti sopra mencionati, si aggiunge wn quarto clement, che saree le see relnion. Ci sl eapsce come fezione a Oscar, che negava che Ja releione agalungesse qualche novi alt esremt i sogettoe il termine di essa) certamente vero che quando i soggeto, il ermine «il fondamento della Felazione eatono nella elt, anche la sess relacione &qualcos che eiste nella sa no tol nel mene sinent non sree sno anova te categorie, che sono modi dieser. Cionomoctanc, non logo considerate la felaione come un elemento della relaione:srebbeascurdo, come dice chef cara un elemento della struttra dll act Al tempo stesso, non sembea opportune 103 PARTE SECONDA ~ CAPITOLO PRIMO chiamati estremi della relazione). Lappartenenza ad un tipo 0 ad un altro tipo di relazione lo da il fondamento. La diversita di soggetto o di termine fa si che ci siano relazioni numericamente diverse, ma specificamente identiche. La filiazione, ad esem- pio, & un tipo particolare di relazione, basata sulla generazione, sull’adozione, ecc., ma si potrebbe anche dire che ¢'@ una gran- dissima molteplicita di filiszioni fondate sulla generazione, in quanto sono tante le persone che sono figlie, e lo sono nei con fronti di persone diverse (il padre e la madre). Per distinguere le relazioni possiamo adoperare criteri diversi. Alle volte, soprattutto in ambito anglosassone, si distinguono le relazioni che si danno sempre (chiamate relazioni interne), come essere figlio di qualcuno, ¢ quelle che non sempre si danno (re~ lazioni esterne), come essere lontano da qualcuno. Un riterio particolarmente utile & quello adoperato da Aristo- tele®, Egli distingue le relazioni a seconda del loro fondamento, che pud essere unvazione (come nella paternita, che si fonda sulla generazione), una passione (come nella filiazione), la guancita (quando ad esempio si comparano grandezze di due dimension), la qualita (quando si dice che un bianco é pitt intenso di un altro) o la stessa sastanza, come quando si afferma di due alberi che ap- partengono alla stessa specie. Inoltre, possiamo aggiungere delle relazioni fondate sullo spazio e il tempo. Tutte queste relazioni si possono classificare in tre gruppit 1. Convenienza e sconvenienza: sispetto alla quantita (Cuguale ‘pit grande di”), alla qualiea (‘pit caldo di’) e alla sostanza (“lo stesso tipo di”, “diverso tipo di”). Esse alle volte sono deno- minate con espressioni come uguaglianza e disuguaglianza, iden litte diversita, somiglianza e dissomighianza, ecc. 2, Relazioni batate sull axione e sulla passione. Quando si genera ‘un figlio, si crea un opera di arte o si modifica una sedia, si agisce su qualcosa che subisce la passione, In questa maniera si fonda parlare di element della relazione, poiché la elazione & una ralta diversa dal fon ‘damento ¢ dag estremi, che in nessun modo la compongono. 5 Che, Antstoreie, Metaftica 4, 15. 104 LECATEGORIE un rapporto che é reale, ma che non produce una dipendenza nel- essere: il padre e il figlio esistono in modo indipendente. Inoltre tale rapporto & sempre reciprace (paternita ¢ filiazione, autore ¢ opera), poiché Ja causalita sulla quale esso si basa implica una modificazione nei due estremi- 3. Relazioni spazialie temporali. Si dice, ad esempio, che qual- che evento @ accaduto prima o dopo un altro, o che una cosa é davanti, dietro, sopra o sotto un’altra . La relazione di ragione In alcune occasioni si danno delle relazioni fondate su di una dipendenza che non é reciproca. Come dice Aristotele, «il misu- rabile, il conoscibile ed il pensabile si dicono relativi in quanto qualcos.altro @ in selazione ad essi»®, e non invece perché in essi ci sia veramente una relazione rispetto a cid che misura 0 cono- sce. Cosi, mentre la conoscenza umana dipende in qualche modo dal conoscibile (Ia sua veritA si fonda sull'essere delle cose cono- scibili), il conoscibile non dipende in nessun modo dalla nostra conoseenza. Questa dipendenza non reciproca pud essere anche riguardo allessere, come nella relazione di origine, di cui Pesempio pitt chiaro é la creazione”. La relazione con Dio evidentemente & qualcosa nella creatura, ma in Dio non si da in senso proprio una relazione con le creature, cosi come il fatto di conoscere qualcosa non aggiunge niente di reale alla cosa conosciuta. Questi esempi di dipendenza non reciproca ci permettono di vedere che alle volte sembra che ci sia una relazione che in realta non esiste. Si dice allora che una relazione & aii ragione € non invece reale. Cid capita ogni volta che manca uno degli elementi che determinano una relazione. % Anisrorene, Metafica 8, 15, 1021a 29-30. ® Cf. Tommaso 0! Aquino, De polenta 3, 3; Surana tbeolegiae I, 45,3. Come sb- bbiamo git detto alcuni pensano che la relazione delle creature con Dio non sarehbe categoriale, ma trascendentale 105 PARTE SECONDA - CAPITOLO PRIMO 1. In primo luogo, la relazione richiede due estremi. Ma alcune volte questi non ci sono. Bil caso delle: ~ relazioni logiche (come quella tra il genere ¢ la specie). In ‘questi casi, entrambi gli estremi sono irreali, nel senso che essi non esistono fuori dalla nostra mente. Ne! mondo esistono degli animali, ma i genere animale esiste solo nella nostra mente. Lo stesso si dica della specie uomo. La relazione tra animale e uomo & dunque una relazione di ragione. = relazioni con qualcosa che 2 irreale, come tra Vente e il nulla, tra una realta presente e unlaltra futura che ancora non esist sebbene la nostra intelligenza la possa anticipare. Ad esempio, si pud dire che una cosa passata é prima di unlaltra futura’®, = 1a relazione di identita di una cosa con se stessa. In tal caso, gli estremi non sono due, poiché if soggetto ¢ il termine non sono realmente diversi. 2. La relazione reale richiede anche un fondamento. In alcuni casi perd non c'é un tale fondamento. Ad esempio, si parla della relazione delle cose conosciute rispetto al nostro conoscere, 0 di Dio rispetto alle creature. Il motivo per cui affermiamo che in tal caso 'é una relazione non é qualcosa che realmente ci sia nelle cose conosciute o in Dio, ma @ piuttosto Ia tendenza della nostra intelligenza a considerare una relazione come reciproca. Vediamo infatti che la nostra conoscenza dipende dalle cose co- nosciute (la veritA si fonda nelle cose) e che le creature dipendono dal loro Creatore, ¢ concludiamo ~a ragione ~ che si da in esse una relazione reale, della conoscenza rispetto alle cose ¢ delle creature rispetto a Dio. Ma tendiamo a pensare che la relazione @ anche reale nella cosa conosciuta e in Dio. 6. Priorita della sostanza ‘Come conclusione di questo capitolo sulle categorie, vediamo alcuni aspetti del rapporto tra sostanza e accidenti. Sia la so- 2 Tommaso v'Aquino, De potentia 7, 11 106 LeearecoRiE stanza sia gli accidenti sono modi di essere. ‘Iza questi la priorita spetta alla sostanza, per motivi diversi: 1, In primo luogo, essa é una priorita conascitiva. Infatti, ri- teniamo di conoscere bene una cosa quando conosciamo Ia sua sostanza, piuttosto che quando conosciamo uno degli accidenti, come Ja qualita, la quantita o il nogo”. 2. E anche una priorita /ogica, poiché, tra i modi di essere ca~ tegoriali, Panalogato principale é la sostanza. Quando abbiamo parlato dell’analogia dellente, @ stato chiarito che, tra i sensi di- versi di un termine analogico, ce n’é sempre uno che @ il primo. ‘Ad esso fanno riferimento gli altri sensi, poiché il senso primo & presente nella definizione dei sensi derivati. La priorita per la no- zione o logica della sostanza implicherebbe quindi che nella no- ione delle altre categorie é necessariamente inclusa la nozione della sostanza, E questo & proprio cid che capita, come ben disse Aristotele: «Lessere si dice in molti sensi, ma tutti in siferimento ad un ‘unio principio: alcune cose sono dette esseri perché sono sostanza, alte perché affezioni della sostanza, altre perché vie che portano alla sostanza, oppure perché corruzioni, o privazioni, o qualita, 0 ST ae eer eter need ct riferisce alla sostanza, 0 perché negazioni di qualcuna di queste, ovvero della sostanza medesima»™, 3. Essa @ anche una priorita causale". La sostanza infatti & causa materiale degli accidenti, in quanto questi ineriscono ad essa come nel loro soggetto. F causa effciente, poiché qualsiasi accidente ha origine in una sostanza che lo fa esistere ~ sia quando derivano dalla propria natura, sia quando hanno Yori- gine in urvaltra sostanza -. Ed @ causa finale, in quanto gli acci- denti si ordinano totalmente alla sostanza. » Agisrore.n, Metafiice Z, 1, 1028a 30-b 2. % MetajiscaC, 2, 1003b 5-10. 4 Cfr. Tommaso D’AQUINO, Summa thelegiee I, 77,6 ad 2. 107 PARTE SECONDA - CAPITOLO PRIMO 4, Il fondamento delle precedenti priorita della sostanza ri- spetto agli accidenti, éla sua priorita ontolagica. La sostanza esi- ste in virtt di un essere che gli appartiene, ma gli accidenti sono solo in virtii dellessere della sostanza. La sostanza é dunque cid che propriamente esiste, mentre gli accidenti sono sempre gual- casa della sostanza, dalla quale dipendono per esistere. Eid evi dente che cid che ha 'esistenza per sé, in modo indipendente e autonomo, esiste in un senso pitt proprio di cid che ha Vesistenza in altro, Certamente possiamo dire anche che ci sono colori, di mensioni, figure, ecc. Ma é facile rendersi conto che esse non esi stono nello stesso modo in cui esistono, ad esempio, gli elefanti © le zanzare. Quando affermiamo che abbiamo visto un colore, id che intendiamo dire & che abbiamo visto qualcosa che ha un tale colore. Pit che dire che un accidente esiste, affermiamo che almeno una cosa ha tale proprieta. Lesistenza del colore dunque dipende dallesistenza di una realta (una sostanza) alla quale il colore inerisce e che lo sostiene nell’essere. La priorita della sostanza sispetto agli accidenti, dalle diverse prospettive segnalate, ha come conseguenza che la metafisica si dovri occupare soprattutto della sostanza, Percid Aristotcle af- ferma: «Cid che dai tempi antichi, cosi come ora e sempre, costituisce eterno oggetto di ricerca ¢ Yeterno problema: “che cos’é Fente”, ‘equivale a questo: “che cos’é Ia sostanza’s, Si pud dunque affermare che la metafisica & una ricerca delle cause, dei principi e degli elementi della sostanza®. Essa & quindi una ousialagia™ (scienza della sostanza). ® Metafivia Z, 1, 1028 2-4. 8 AmsroreLt, Metafisica H, 1, 1042a 4-6, % Giovanni Reale, in I! contetto di files prima e Punitd delle Meeafiice di Ari- stotele, si ® occupato per esteso di come la metafsica pud essere allo stesso tempo ‘ousialoga, eologta, ontlogia ed enolegia (scienza del' sno. 108 Capitola secondo ESSENZA 1. Nozione di essenza, 2. La conascenzza dellessenza. 3, Materia e _forma: 2. Forma. b. Materia, Di fronte a qualsiasi ente ha sempre senso la domanda “che cosa é questo?”. La risposta esprime il mado di essere della cosa: & un uomo, un elefante, una tempesta o un incidente stradale, Ora ci soffermeremo a considerare questo modo di essere proprio di ogni realta. ‘Tenterd di mostrare, in particolare, che le cose non sono semplicemente un fascio di proprieta accidental, Poiché una sostanza si distingue dai suoi accidenti, dobbiamo ammettere anche una dimensione essenziale. La nozione di essenza serve appunto a spiegare quali sono le proprieta che definiscono meglio il modo di essere di una realti. Vedremo allora che Vessenza di qualcosa é cid che le da Ja sua identita ae che la fa appartenere ad una specie ¢ non invece ad un'altra. E quindi cid che la fa simile (specificamente identica) alle cose appartenenti alla stessa specie e diversa a quelle di un’al- tra specie. Questa nozione, che ha la sua origine nella filosofia greca ¢ fu accolta da alcuni filosofi moderni (ma non, ad esempio, dalla tradizione empirista), ricevette forte critiche nella prima parte del ventesimo secolo da parte di molti dei primi esponenti della filosofia analitica, i quali avevano ricevuto un grande influsso dal pensiero empirista. Negli ultimi decenni, perd, essa & stata ricuperata proprio da alcuni filosofi analitici, in particolare S. 109 PARTE SECONDA ~ CAPITOL SECONDO Kripke e H. Putnam, Le loro osservazioniaiutano alla meta~ fisica a pensare allessenza in rapporto con la fisica ¢ la biologia moderne, presentandola quindi in modo pit accessibile alla no- stra mentalit’. 1, Nozione di essenza Nella conoscenza ordinaria c’é gia una qualche comprensione dell'essenza delle cose. Ad esempio, diciamo di due cose (due cani) che sono dello stesso tipo, perché hanno delle caratteristi- che comuni che appartengono a tutti gli individui di tale spe~ ce. E abbiamo anche una pit 0 meno completa comprensione di che cosa sono una montagna, una corsa, un incidente, una menzogna o un matrimonio. Questa conoscenza ordinaria, perd, & assai imperfetta, e di solito non riesce a spiegare bene quali sono le proprieta che hanno in comune le cose che hanno una stessa essenza, e quali le distinguono da individui di altre specie. ‘Ad esempio, pochi saprebbero spiegare con precisione che cosa hanno in comune tutti i cani, e in che cosa si distinguono i cani dai lupi, Certamente essi non si distinguono per il loro aspetto esteriore, poiché alcuni cani sono molto pit simili ai lupi che ad altri tipi di cani. Le caratteristiche exsenziali di una sostanza sono sempre necessariamente presenti in essa (Gebbene, come vedremo, non tutte le proprieta nesessarie siano parti dell’essenza). Esse sono quelle incluse nella definizione della sua specie. Possiamo anche dire, come & stato spesso suggerito nel ventesimo secolo, che le caratteristiche essenziali di una realtA sono presenti in essa in ciascuno dei mondi possibil'. Non neanche pensabile che essa possa esistere senza tali caratteristiche, poiché in tal caso non esisterebbe la stessa sostanza, ma unlaltra, di un tipo pitt o meno simile. Come si vede, Ia necessita di cui ora si parla non & una "La nozione di mondi possbili,introdotta in filosofia da Leibniz, @ stata pot s Iuppata nella moderna lagica modale,e in particolare nelfopera di. Kripke. 110 Ess NZA questione solo logica, che riguardi le proposizioni (necesita /o- giea, o de dicto), ma qualcosa che riguarda la natura stessa della cosa (necessit’ reale, de ré). Stiamo sostenendo, dunque, che la necessiti non si da solo nel nostro modo di parlare della realti, ma anche nelle cose stesse. Per la determinazione di quali siano le caratteristiche essen Ziali, non basta guardare all’aspetto esterno della cosa, e neanche alla spiegazione che qualsiasi persona potrebbe dare di tale cosa Pensiamo all'esempio delVacqua. Di solito intendiamo per essa qualcosa incolore, insapore e inodore, poiché abbiamo imparato che queste sono pitt o meno le proprieta di cid che di solito viene fuori quando apriamo il rubinetto, e di cid che & contenuto nelle bottiglie di acqua minerale (Ge sono le loro proprieta solo pit 0 ‘meno, € perché non ci si trova mai acqua pura). In realta perd le cose sono pitt complesse. Pensiamo, come ha suggerito Putnam?, ad una sostanza in una Terra Gemella (vale a dire, un pianeta lontano che avesse ca~ ratteristiche simili alla nostra Terra), che avesse tutte le propricta con cui descriviamo la nostra acqua, ma che avesse una compo~ sizione chimica diversa da HO. Diremmo che quella sostanza 2 acqua? Certamente no, ma penseremmo che, sebbene sembri acqua (poiché il suo aspetto sensibile & simile), in realta nom lo 2 (poiché la sua composizione chimica & diversa). Cid che con- sideriamo essenziale, per determinare che cosa @ una sostanza chimica come I'sequa, non @ il colore, il sapore o Yodore, ma la sua composizione chimica, Anche Kripke, che si é occupato a lungo di questi argomenti?, offre un chiaro esempio. Una persona poco esperta, se deve dare tuna descrizione delYoro, lo fara in base a delle caratteristiche esterne, come il colore o il tatto; ma in realta Yoro non sempli- cemente un metallo giallo, con malleabilita e ductilita determi- nate. In questo caso, non & necessario andare in una Terra Ge~ 2 Of tant nanny ne Te Meaning ei Ch: opted i fondant 8 Kast, Nonee nasi un PARTE SECONDA ~ CAPITOLO SECONDO mella per trovare una sostanza che abbia tali proprieta esterne, ‘ma non sia oro. Il prineisbecco o pirite ferrosa ha infatti tutti i tratti con cui noi di solito identifichiamo V'oro, ma in realta é un tipo diverso di sostanza, poiché mentre Loro si definisce per il suo numero atomico (che é 79), il princisbecco @ invece una lega di rame, stagno e zinco, Vediamo quindi che anche in questo caso cid che & determinante per specificare il tipo di sostanza, & Ia composizione chimica, ¢ quindi diciamo che qualcosa é oro se @ composta di atomi che hanno il numero atomico 7%. Evidentemente non possiamo neanche tentare di rintracciare quali sono le caratteristiche essenziali di ciascuna delle sostanze che troviamo nel mondo. Inoltre, il caso delle sostanze chimiche @ molto semplice, se comparato con quelle pitt complesse, come vegetali e animali. Come distinguere trai diversi tipi di conifere, se non guardando alla forma delle loro foglie, guardando cio’ ad un aspetto che & chiaramente esterno? Certamente negli ultimi decenni si & molto sviluppata la nostra conoscenza dei viventi, grazie ad esempio alla ricerca sul codice genetico, ¢ ci si pud aspettare che la nostra conoscenza divenga sempre pit essenziale. In ogni caso, Ia questione di determinare quali sono le essenze delle cose non & un problema metafisico. A noi interessa solo chiarite che cos'é Pessenza e quali sono le realti che hanno es senza. Intendiamo per essenza cid che da alla cosa il suo modo de- terminato di essere, senza il quale non potzebbe essere cid che &. ‘Non sono essenziali tutte le proprieta che necessariamente sono presenti in un soggetto, poiché alcune sono solo dei propri, sia di un individuo, sia della specie. Conviene ora ricordare che i propri, nella terminologia che segue la teoria aristotelica dei pre~ dicabili, sono quelle proprieta che, sebbene non siano essenziali, derivano dall’essenza e quindi si attribuiscono necessariamente 0 almeno per lo pit. Nell’esempio precedente, che Vacqua sia ino- * Com’t evidente, pr fare queste affermazioni presupponiamo la validita della teo- tia degli atom. 2 ESSENZA dore & chiaro che non @ una caratteristica essenziale dell’acqua, ma é una sua qualita e quindi un suo accidente. Questa qualita perd deriva necessariamente dalla sua essenza. Oltre alle sostanze, anche altri tipi di realti hanno un modo ssere pitt o meno determinato, ¢ quindi di esse si pud dire anche, in gualehe modo, che hanno un‘essenza, Un colore, ad esempio, & qualcosa pitt 0 meno determinata (che si definisce come una lunghezza d'onda), € lo stesso si dica di un bosco, di un gioco, di un matrimonio, di una tempesta o di un incidente. Certamente, in questi casi sara ancora pitt difficile fornire una precisa definizione, fino al punto di poter dubitare, in aleuni casi, che essi abbiano unvessenza precisa, Ci sono alcune nozioni molto simili a quella di essenza, ma che mettono in risalto aspetti che non sono esplicitamente pre- senti nell’spressione “essenza” (essentia). Questa deriva da “esse”, ¢ sottolinea quindi la relazione delfessenza con Patto di essere. ‘Ma Fessenza si pud considerare anche da altre prospettive, che sono pitt esplicitamente presenti in altre espressioni con cui ci si pud riferire ad essa: ~ Tessenza pud essere chiamata natura in quanto é la fonte dalla quale scaturisce lattivita. Diciamo dunque che la natura & essenza considerata come principio di operazioni; = & chiamata guiddita in quanto @ intelligibile e pud essere espressa dalla definizione, che risponde alla domanda “che (guid) @ questo’, ~si pud dire che & wniversale in quanto pud essere riferita a pitt individui (quelli che possiedono tale essenza). Questo é cid che Aristotele chiamava “sostanza seconda’. 2. La conoscenza dell’essenza Il sapere che le sostanze hanno un’essenza é diverso dal sapere qual ¢Vessenza di ciascuna delle sostanze. La metafisica sostiene semplicemente che esse hanno un'essenza, non pretende invece i determinate quali sono le caratteristiche essenziali di ogni 113 PARTE SECONDA - CAPITOLO SECONDO realta, Anzi, essa mette in tilievo le molte difficolta che la nostra conoscenza trova nel tentativo di chiarire con precisione Yes- senza di qualsiasi realta, di fornire cioé la sua vera definizione. TL problema sorge dal fatto che non abbiamo una conoscenza di~ retta dell'essenza di una realta, ma solo indiretta e parziale, poi ché essa non si mostra, non appare. Cid che appaiono sono gli accidenti, quindi ogni tentativo di conoscerla si fondera sulla nostra conoscenza degli accidenti. Ne consegue il fatto che tante volte formiamo solo definizioni accidental, formate usando differenze che sono accidentali in senso metafisico ~ in quanto non esprimono V'essenza ~ ma che possono essere anche inseparabili dalla realta definita. Esse sono descrizioni Fimitate, poiché non colgono perfettamente Yessenza delle realta descritte. Ciononostante, servono agli scopi prefissat ad esempio, classificare gli animali in specie, distinguendo una specie dallaltra. A questo fine, gli accidenti che meglio servono sono accidenti propri (cio’, accidenti derivati necessariamente dallessenza, e pitt o meno esclusivi di una specie) Nelle classificazioni del biologo, del geologo o di qualsiasi altro tipo di scienziato, cid che si cerca & soprattutto trovare delle differenze che servano appunto per distinguere le realta che si -vogliono classificare. E lo fanno in modo particolare attraverso le caratteristiche morfologiche esterne: qualita passibili, la forma 1a figura, cio’, attraverso il loro aspetto esterno, In questo modo, sari certamente audace pretendere di aver stablito con precisione delle differenze che sono essenziali. Ciononostante, non si pud negare che il geologo 0 il biclogo resteranno insoddisfatti se si presentano loro delle differenze fortuite o irrilevanti. Se l'uomo fosse Vunico animale bipede senza piume (¢ i grect pensavano che fosse cosi, poiché gli altri bipedi conosciuti erano uccelli), nessuno pretenderebbe che questa sarebbe una buona definizione dell'uomo, Queste caratteristiche esterne hanno un valore indubitabile per distinguere le singole specie, ma le grandi division all’in- terno dei regni dei viventi si fanno soprattutto in riferimento 14 ESSENZA allattivita, Di fatto la distinzione tradizionale fra minerali, ve- getali, animali e uomini si basava su diverse capacita: nutrizione, riproduzione, movimento, conoscenza sensibile o intellettuale Inoltre, le grandi distinzioni all’interno di ciascuno dei regni si formano di solito in base a delle capacita attive: la nutrizione (onnivoro, erbivoro), la crescita (autotrofo o eterotrofo, a seconda siano 0 no capaci di organicare le sostanze minerali), la ripro- duzione (mammifero, oviparo) e il movimento (rettili, anfbi, ecc.). Nel caso dell'uomo, sappiamo che esso @ spirituale perché ci rendiamo conto che realizza operazioni spirituali. Dunque, distinguiamo Puomo dal resto degli animali anche in base alla sua attivita. ‘Tali attivita pero sono in se stesse accidentali. In quanto de~ rivano direttamente dalla natura delle cose, ci permettono di avere unlidea sufficiente, agli scopi pratici, di come sono le cose, ma resta la difficolta di cogliere perfettamente le loro differenze essenziali. Percid san Tommaso affermd che Fessenza delle cose @ per noi sconosciuta’, e che Puomo non pud comprendere nean- che Vessenza di una mosca’. Un caso diverso & probabilmente Tessenza dell'uomo, poiché la definizione tradizionale “animale razionale”, con le opportune precisazioni’, potrebbe essere con- siderata una definizione reale dell'uomo. 3. Materia e forma La nozione di forma sostanziale & strettamente collegata con quella di essenza, sebbene nelle sostanze corporee non s'identi: fichino, poiché la materia & anche parte della loro essenza: in- Ct, Summa contra gentile, 30. ‘Cir, Bxporsio in Symbolum Apostlorum, prooem. ‘Una precisazione importante & che non qualsiasi animale razionale & necessa- ‘iamente uomo. Se a Marte si trovassero veramente marzian,intelligenti ma con ‘un compo animale molto diverso dallumano, non diremmo sicuramente che sono ‘deg uomini. Percid, pit che “animale razionae”, si dovrebbe dire “questo animale tazionale", cio, un animale con quest determinate caraterstiche corporee. us PARTE SECONDA - CAPITOLO SECONDO fatti, nella definizione di una specie corporea s’include anche la materialit’. La forma ¢ la materia sono oggetto di studio nella filosofia della natura, ma anche in metafisica, in quanto sono dei principi che spiegano il modo di essere delle sostanze corporee. Ora vedremo che cosa s‘intende per forma sostanziale e qual € il suo rapporto con Ia materia. Lasciamo ad un capitolo successivo alcune osservazioni sul senso in cui si pud dire di entrambe che sono delle cause, appunto la causa formale e la causa materiale Lessenza delle sostanze corporee @ composta da materia € forma, e percid si dice che c’ in esse una composizione ilemor- fica (dal greco Byle, materia, e morfé, forma). Nel mondo materiale ‘dunque la forma e la materia sono dei co-principi, che non sono separabili: né nella realtd, in quanto nessuna delle due pud esi~ stere indipendentemente dalPaltra, né nella conoscenza, in quanto entrambe si possono conoscere solo nel loro rapporto. ‘Non é difficile avere una prima comprensione di questi co- principi. Pensiamo ad esempio a delle statue fatte con materiali diversi, ma che hanno una stessa forma. Un artigiano pud pro durre diversi esemplari della Piet’, fatti in marmo, in bronzo 0 in plastica. In tale caso, diciamo che egli fa riproduzioni della Piet’, fatte in materiali diversi. La forma di esse ¢ dunque uguale, ‘ecid che cambia @ il materiale in cui la forma si riproduce. Tra le nozioni filosofiche di materia e di forma, c'é un rapporto simile (Golo simile) a quello tra la forma della statua e il materiale in cui essa @ impressa. a, Forma Sono diversi i sensi in cui in filosofia si parla di forma. Essa, in ptimo luogo, pud essere estrinseca. E forma, in questo senso, Ja causa esemplare nella produzione di una realta, cio’ il modello in accordo al quale una cosa & configurata. Tale forma esemplare non si trova nella cosa, ma fuori di essa: nell'intelligenza del- agente (artista, artigiano, architetto, ecc.). Percid essa si chiama 116 BSSENZA estrinseca. Ne parleremo pitt avanti, in quanto questa é rilevante per comprendere Pattivita dei diversi tipi di agenti. La forma @ invece infrinseca quando & veramente presente nella realta di cui é forma. Essa a sua volta potri essere una forma accidentale o una forma sostanziale. La forma accidentale sopravviene ad una sostanza, che, indi- pendentemente dalla ricezione di questa forma accidentale, @ git qualcosa di determinato (in quanto ha una forma sostanziale). Un uomo, ad esempio, cra gid qualcosa (appunto, un uome) prima di ingrassare, di diventare padre o di arrossire per la vergogna. Usando “forma” in senso ampio, qualsiasi accidente é forma. In questo senso, tutti gli accidenti aggiungono una forma al sog- getto a cui ineriscono. I] soggetto pertanto si pud denominare materia, Si dice dunque che la sostanza— nella quale ineriscono Je forme accidentali~ @ materia seconda, per distinguerla dalla materia prima. Ma alle volte si usa il termine “forma” in un senso piitristretto, per riferirsi solo aun tipo di qualita. Si ricordi infatti che Aristotele segnalava forma e figura come tipi di qualita. 1La forma sasfanziale invece non sopravviene a una realta che possieda git un modo di essere determinato, ma @ essa stessa a darle quel determinato modo di essere. E questa nozione di forma sostanziale quella che ora cinteressa, poiché & quella pitt legata all’essenza, Ti materialismo nega Vesistenza di qualsiasi dimensione della realta che non sia materiale. Alcuni dei suoi seguaci ammettono Yemergenza di proprieta che non possono ridursi alla somma dei componenti ma affermano che, per essere spiegate, quelle pro- prieti non avrebbero bisogno di untanalisi al di Ia dei loro com- ponenti materiali. Pertanto queste sarebbero in qualche modo tiducibili alle condizioni materiali, In realt’, la causa materiale non é di per sé sufficiente per chiarire tutte le diverse dimensioni che troviamo nelle cose: la loro struttura, i processi di generazione e corruzione, ecc. Percid, gid dall'inizio della filosofia si é cercato un altro principio, che, insieme alla materialita, potesse spiegare la nostra csperienza. 47

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