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DOMENICA VI “B” (Battesimo Lorella L.

) Morolo, 2006-02-12

Possiamo immaginare la sofferenza di questo uomo che in ginocchio supplicava a Gesù


muovendolo a compassione. Oltre la malattia stessa, il vedersi macchiato da per tutto, il dolore
fisico, oltre a questo, soprattutto l’ emarginazione, l’essere per la società come un morto, un morto
civile, esiliato, fuori della civitas. Magari al vederlo passare, tutti i quanti se ne andavano via da
altra parte per non contagiarsi e non gli rivolgevano nemmeno il saluto, nemmeno un sorriso.
Ancora di più, il lebbroso doveva andare gridando a viva voce: “Immondo, immondo”, terribile
umiliazione, e se consideriamo che un malato, -e soprattutto un lebbroso-, nella concezione giudaica
era un peccatore, un impuro, la sofferenza era totale!

Ci sono stati degli uomini che hanno imitato l’esempio di Gesù e anche loro sono stati
compassionevoli con i malatti.

San Francesco, dopo aver gettato tutto il proprio denaro sulla tomba dell'Apostolo Pietro a
Roma, uscendo poi si mette a chiedere l'elemosina. Tornato ad Assisi incontra un lebbroso e prova
orrore per questa malattia che era reputata particolarmente impura; tuttavia scende da cavallo,
abbraccia e bacia il lebbroso. La conversione del giovane culmina in questo evento. Con questo
bacio Francesco sposa madonna Povertà.”

Nella seconda metà del secolo XIX, si sentì dire al Padre Generale della Congregazione dei
Sacri Cuori di Gesù e Maria: "Cari confratelli, sto per farvi una comunicazione grave: vi chiedo di
non sentirvi costretti ma solo interpellati davanti alla vostra coscienza. Mi è stato chiesto di
mandare un missionario a Molokai, l'isola dei lebbrosi. Io non mi sento di chiederlo a nessuno in
particolare perché so che lo condannerei a morte certa. Vi dico soltanto il problema: voi pensateci e
domani datemi una risposta qualsiasi, senza sentirvi costretti."

Padre Damiano di Veuster, dotato di un grande fisico e una salute di ferro-quando aveva
18 anni integrava la nazionale di Hockey su giaccio del Belgio-: si offre per tale missione nella
diocesi di Hawai: Vado io! Molokai, l’isola dei lebbrosi. Non ci arrivava nessuno. All’inizio aveva
paura, poi gli abbracciava. Si rese conto del contagio della lebbra quando mise il piede in un catino
di acqua bollente e non sentì niente, aveva perso la sensibilità. “Ora sono uno dei vostri”. Quando è
stato visitato da un confratello si confessai a viva voce da una barca all’altra, come chi grida:
“Immondo!”, “Immondo!”. Morì santamente nell’anno 1889, con 49 anni di età.

Forse questi siano dei casi eroici, più da ammirare che da imitare, ma anche noi possiamo
essere compassionevoli riguardo i nostri fratelli che soffrono qualsiasi genere di malattia. Tante
volte abbiamo meno sensibilità nel confronto di chi soffre che la pelle di un lebbroso!

Nel messaggio inviato in occasione della XIV Giornata internazionale del malato, che si è
tenuta ieri in Australia, Papa Benedetto XVI dice: “Un quinto dell’umanità è colpita da questi
problemi-disagi mentali-. I sofferenti e le loro famiglie rischiano l’emarginazione: aiutiamoli”.
“Non lasciamo soli i malati di mente”. Un migliardo di persone in tutto il mondo!

Il fenomeno delle malattie mentali è in crescita accelerata, tanto che se oggi la malattia
psichiatrica incide per l’11% sul totale delle patologie, tra un ventennio salirà, secondo gli esperti,
quasi al 15%. Non solo: nel 2020 i disturbi neuropsichiatrici infantili cresceranno di oltre il 50% e
saranno una delle prime cinque cause di malessere per i bambini.

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Questo dovuto alle guerre, le catastrofi naturali(tanti sono rimasti subito senza famiglia), il
terrorismo (vivono nella paura), ecc. Anche nei paesi di sviluppo economico, la crisi dei valori
morali: droga, pornografia, violenza famigliare, divorzio, mancanza di affetto, ecc... Quanti anziani
vivono da soli!

“Non lasciamo soli i malati di mente”. Altri possono avere il conforto di una visita, di un
amico, di una conversazione, ma i malati di mente, nemmeno questo; sono completamente isolati.
E tante volte i parenti li rinchiudono in un manicomio –anche se tante volte non c’è alternativa
perché spesso diventano violenti-, però non li visitano mai.

Ma il mondo di oggi, che con la globalizzazione sembra un “piccolo villaggio”, è un mondo


di soli. Soprattutto perché, alla solitudine umana, aggiungiamo il vuoto esistenziale, la mancanza
del senso della vita, il vivere allontanati da Dio. Ecco perché tante persone dicono: “questa vita è
un inferno!”

Attenti che l’inferno sarà questo, l’essere emarginati per vivere una solitudine infinita,
senza avere mai la presenza di Dio! La malattia spirituale e la più brutta malattia di tutte, cioè il
peccato, perché ci conduce alla solitudine infinita, all’emarginazione assoluta, che è un’auto
emarginazione, perché è il peccatore che va via dell’accampamento, che abbandona la compagnia di
Dio, unico che può riempire i desideri della nostra anima.

La mostra di compassione, e di misericordia più grande di Gesù è stata quella di sanarci


della malattia del peccato, che poi è stata la causa di ogni malattia. La morte, e le malattie, e le
sofferenze degli uomini hanno come conseguenza il peccato originale.

Oggi, in questa celebrazione, sarà battezzata Lorella, una bambina di 6 anni, che verrà
purificata dalla macchia del peccato originale e di tutti i peccati che possa aver commesso.

Oggi, la sua anima sarà più bianca della neve. Oggi, Lorella supplica a Gesù: “Se vuoi, puoi
guarirmi”. “Certo, lo voglio, perché ti amo!”, li dice il Signore.

Oggi, quando le acque toccheranno soavemente il corpicino di Lorella, lei riceverà il bacio
di Gesù e sarà guarita della lebbra spirituale.

Oggi, Lorella, che fino a questo momento ha vissuto “fuori dell’accampamento” dei Figli di Dio,
farà il suo ingresso all’accampamento della Chiesa e riceverà l’abbraccio del Padre Celeste.

Oggi, Lorella diventerà figlia di Maria per sempre e non sarà più sola, perché sarà una
stabile dimora della Santissima Trinità!

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