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4 ACQUE

Le acque naturali comprendono un ampio spettro di tipologie: acqua dolce, piovana, di


superficie o di falda, sino alle acque salmastre e di mare, caratterizzate da elevata salinità e
alto tenore di ioni cloruro disciolti.

Questo capitolo si sofferma sul caso delle acque dolci e in particolare di quelle che una serie di
requisiti definisce come potabili, e tratta la corrosione, i materiali e le tecniche di prevenzione
nelle strutture metalliche utilizzate per il convogliamento: in particolare acquedotti e sistemi di
distribuzione negli edifici.

A differenza di quanto visto per i terreni, dove la corrosione interessa la superficie esterna ad
esempio di una condotta, la situazione caratteristica è quella di corrosione e protezione lato
interno, con danni che comprendono:
– alterazione della qualità dell’acqua, in relazione ai requisiti di potabilità;
– riduzione della vita operativa, sino a perforazione della parete, associata per lo più a forme
di corrosione di tipo localizzato;
– ostruzione delle tubazioni e blocco dei componenti del sistema causati da prodotti di
corrosione.

Viene trattata in questo capitolo la prevenzione della corrosione mediante inibitori di corrosione,
che trovano negli ambienti acquosi una delle loro principali applicazioni.

4.1 ACQUE NATURALI

4.1.1 Acque dolci

Le acque dolci sono suddivise in base alle provenienza in acque piovane, di superficie e
sotterranee.

L’acqua piovana è il prodotto della condensazione del vapor acqueo nell’atmosfera e, in linea
teorica, dovrebbe essere acqua chimicamente pura. Tuttavia, nelle zone industriali e
densamente popolate, le precipitazioni acquose abbattono una serie di specie chimiche
inquinanti che impartiscono un carattere acido alle piogge.

Le acque superficiali, che costituiscono i fiumi e i laghi, a contatto con l’atmosfera e il suolo e
per effetto degli scarichi urbani e industriali, si arricchiscono, in concentrazioni molto variabili, di
sostanze organiche e minerali. Il contenuto salino di queste acque è funzione della
conformazione geologica dei terreni con cui vengono in contatto e in genere è compreso tra 50
e 1000 ppm; quello dei principali fiumi italiani è tra 150 e 300 ppm.

Le acque sotterranee, percolando attraverso il terreno, subiscono un naturale processo di


filtrazione che elimina le sostanze sospese e i batteri. È sufficiente che la percolazione interessi
spessori di terreno di alcuni metri per ottenere un’acqua sterile, a meno che non sia raggiunta
da liquami inquinanti. Durante il percorso, tuttavia, l’acqua scioglie le sostanze minerali
contenute nel terreno e nelle rocce, in quantità dipendenti dalla natura chimica del terreno: ad
esempio, se l’acqua è in contatto con un terreno gessoso (CaSO4⋅2H2O) risulterà ricca di ioni
Ca2+ e SO42-, viceversa se si tratta di rocce calcaree conterrà ioni Ca2+ e Mg2+ e CO32-.

Alcuni gas disciolti aumentano il potere solvente dell’acqua sui minerali. In particolare, l’anidride
carbonica provoca la solubilizzazione dei carbonati delle rocce calcaree, secondo la reazione:

File: Cap-4 Rev 2005.doc


Data: 02/05/2005
Bruno Bazzoni
Dispense del corso “Corrosione e protezione dei materiali metallici”
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CaCO3 + CO2 + H2O = Ca(HCO3)2 e agisce in modo analogo sulle rocce a base di magnesite
MgCO3, dolomite MgCO3⋅CaCO3 e altri carbonati.

Tra le acque dolci, particolare interesse pratico ricoprono quelle definite potabili. Possono
derivare da acque sotterranee, come per la quasi totalità delle acque potabili distribuite in Italia,
o ottenute per trattamento chimico-biologico delle acque superficiali, come avviene ad esempio
nel Nord Europa. Oltre all’assenza di carica batterica, la normativa (DPR 24 maggio 1988, n.
236, che attua la direttiva CEE n. 80/778, da cui è tratta la Tabella 4.1) ne definisce i requisiti di
qualità.

conc. massima
unità di valore guida
Parametri ammissibile osservazioni
misura (VG)
(CMA)
Temperatura °C 12 25
+ non applicabile ad acque in
Concentr. ioni H unità pH 6,5 < pH < 8,5 6,0 < pH < 9,5 recipienti chiusi
Conducibilità el. µS.cm -1 400 - pari a 2500 ohm.cm
Cloruri mg.l-1 25 - è opportuno non superare 200 mg/l
Solfati mg.l-1 25 250
Calcio mg.l-1 100 -
Magnesio mg.l-1 30 50
Sodio mg.l-1 20 150/175
Potassio mg.l-1 10 -
Alluminio mg.l-1 0,05 0,2
Residuo fisso mg.l-1 - 1500
valore di saturazione superiore al
Ossigeno disciolto % sat. - - 75 %, salvo per acque sotterranee
Nitrati mg.l-1 5 50
Nitriti mg.l-1 - 0,1
Ammoniaca mg.l-1 0,05 0,5
non rilevabile
idrogeno solforato - - organoletticamente
Piombo µg.l-1 - 50
Cadmio µg.l-1 - 5
Ferro µg.l-1 50 200
Rame µg.l-1 100 1000
Zinco µg.l-1 100 3000
Fosforo µg.l-1 400 5000
Tabella 4.1. Valori guida e massimi ammissibili per l’acqua potabile.

4.1.2 Acqua di mare

Le caratteristiche dell’acqua di mare sono variabili con il luogo geografico, con la profondità e
nel tempo (cicli stagionali, di marea, notte-giorno). Le variazioni più accentuate si osservano
nelle acque prospicienti le coste, per miscelamento con acqua dolce in corrispondenza alla foce
di fiumi o a seguito di fenomeni di evaporazione in bacini chiusi o in relazione alle attività
umane e all’inquinamento ambientale che spesso ne consegue.

Le acque di mare si presentano in genere stratificate: a uno strato superficiale, di spessore


variabile da alcuni sino a qualche decina di metri e in cui i moti ondosi e le perturbazioni
atmosferiche rendono uniformi composizione chimica, temperatura e densità, seguono strati di
acque più profonde dove le proprietà variano più gradualmente.

L’acqua di mare è una soluzione contenente specie chimiche e gas disciolti, fasi solide disperse
e dove avvengono processi biologici (vedi Tabella 4.2).
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Ione o molecola Concentrazione


(mM/l) (g/kg)
Na+ 468,5 10,77
K+ 10,21 0,399
Mg+2 53,08 1,29
Ca+2 10,28 0,412
Sr+2 0,09 0,0079
Cl- 545,9 19,354
Br- 0,842 0,0673
F- 0,068 0,0013
HCO3- 2,3 0,14
SO42- 28,23 2,712
B(OH)3 0,416 0,0257
Tabella 4.2. Concentrazione delle principali specie chimiche in acqua di mare, di salinità 35 g/L
e densità 1,023 g/cm3 a 25°C.

Per la maggior parte delle acque marine il rapporto tra le concentrazioni degli ioni principali è
pressoché costante. La quantità totale di sale definisce la salinità, espressa in grammi di sali
disciolti per litro o per chilogrammo di soluzione. La salinità dell’acqua di mare è di norma
compresa tra 34 e 36 g/l, ma può assumere valori sensibilmente diversi: 39 g/l nel Mar
Mediterraneo, 44 g/l nel Golfo Persico, 7,8 g/l nel Mar Baltico.1 Alla salinità è collegata la
clorinità, che rappresenta il contenuto totale di alogeni - cloruri, ioduri, bromuri. La salinità può
essere calcolata dalla clorinità mediante la relazione empirica:

salinità (‰) = 0,03 + 1,805⋅clorinità (‰)

4.1.3 Acque dolci. Fattori di corrosione

4.1.3.1 Ossigeno disciolto

L’ossigeno è presente nelle acque naturali come ossigeno disciolto dall’atmosfera. La sua
solubilità dipende dalla temperatura e dalla salinità: in acqua dolce è pari a 14,6 mg/l a 0 °C e a
9,2 mg/l a 20 °C.

Nelle acque potabili la sua presenza è raccomandata (vedi tabella 4.1), per assicurarne il
carattere ossidante. In assenza di fattori controllanti la corrosione, come ad esempio le
incrostazioni (vedi oltre), l’ossigeno disciolto nelle acque, dolci o di mare, determina la
corrosione di molti metalli, e in particolare degli acciai.

4.1.3.2 Alcalinità e acidità

L’acidità della acqua influenza:


– l’instaurarsi di condizioni di corrosione acida, per riduzione di ioni H+ a idrogeno;
– l’equilibrio carbonati bicarbonati e il potere incrostante (vedi oltre).

In acqua deionizzata, la presenza di anidride carbonica, CO2, nell’atmosfera (0,03 % in volume)


per dissoluzione e formazione di acido carbonico impartisce un carattere debolmente acido
all’acqua. Nelle acque naturali, invece, quando sono presenti bicarbonati in soluzione, il pH è
neutro o leggermente alcalino, di norma compreso tra 7 e 8. L’acqua di mare ha pH 8,2.

Il contenuto di specie alcaline presenti in un’acqua viene determinato per titolazione sino a pH =
4,3 di viraggio del metilarancio ed espresso come alcalinità totale, Alk. Al pH di viraggio del

1
Si veda: S.C. Dexter, C. Culberson, Global Variability of Natural Sea Water, Mat. Perf. vol 19, September 1980, p.
16.
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metilarancio, pari a 4,3, tutti i carbonati e i bicarbonati sono presenti come acido carbonico; si
ha pertanto:
Alk + H+ = HCO3− + CO32− + OH−

Nelle acque con pH intorno alla neutralità, compreso tra 6,5 e 9,5, la concentrazione di
carbonati è trascurabile rispetto a quella dei bicarbonati, così come è trascurabile la
concentrazione degli ioni H+ e OH−; si ha pertanto:
Alk ≈ HCO3−

L’alcalinità viene espressa in meq/l di acido o come mg/l equivalenti di carbonato di calcio,
CaCO3; in questo secondo caso si devono moltiplicare i milliequivalenti di acido per il peso
equivalente di CaCO3.

In acque neutro - acide viene invece determinata l’acidità alla fenolftaleina, di seguito
abbreviata con Acid(8,2), per titolazione fino a pH 8,2 di viraggio della fenolftaleina; rappresenta
una misura approssimata della concentrazione di CO2 disciolta.

Negli acquedotti è raccomandato un pH neutro-alcalino così da escludere ogni contributo di


corrosione associato alla reazione di evoluzione di idrogeno.

4.1.3.3 Durezza

La durezza totale è la concentrazione di ioni di calcio (p.a. 40,08) e magnesio (p.a. 24,32)
presenti in un’acqua. Viene di norma espressa come quantità equivalente di CaCO3 (p.m.
100,09), in mg/l, o in Gradi Francesi (1 °F = 10 mg/l di CaCO3).

In Tabella 4.3 è riportata la classificazione delle acque in base alla loro durezza. Le acque
sotterranee utilizzate come acque potabili in Italia hanno durezza intorno a 20 °F.

Durezza Classificazione
da 0 a 7 dolcissime
da 7 a 15 dolci
da 15 a 22 dure
da 22 a 35 molto dure
> 35 durissime
Tabella 4.3. Classificazione delle acque in base alla durezza, espressa in Gradi Francesi.

Ad esempio: si consideri un’acqua contenente 100 mg/l di Ca2+ e 18 mg/l di Mg2+: la


concentrazione in meq/l delle due specie si calcola come:
100(mg / l) 18(mg / l)
(Ca 2 + ) = = 2,5(mmol / l) e (Mg2 + ) = = 0,74(mmol / l)
40,08(mg / mol ) 24,32(mg / mol)

(CaCO3 ) = (2,5 + 0,74)(mmol / l) ⋅ 100,09(mg / mmol ) = 324,3(mg / l)

e in Gradi Francesi: 324,3/10=32,43 °F, corrispondente ad un’acqua molto dura.

La durezza totale è la somma di durezza temporanea e durezza permanente. La prima misura


la quantità di calcio e magnesio presenti come idrogenocarbonati (bicarbonati), che precipitano
portando la soluzione all’ebollizione. La durezza permanente è invece la quota parte di ioni
calcio e magnesio presenti come sali solubili, come cloruri e solfati.

Alla durezza è legato il potere incrostante dell’acqua.


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4.1.3.4 Potere incrostante

Si definisce potere incrostante la capacità o tendenza di un’acqua a depositare carbonato di


calcio sulle superfici cui viene a contatto. Le incrostazioni di carbonato di calcio, CaCO3, si
formano dal bicarbonato di calcio, Ca(HCO3)2, secondo la reazione:

Ca2+ + HCO3− + OH− = CaCO3 + H2O

La precipitazione di incrostazioni di carbonato, che corrisponde allo spostamento a sinistra della


reazione scritta sopra, dipende:
– dalla concentrazione di bicarbonati, misurata dall’alcalinità al metilarancio della soluzione;
– dalla concentrazione di calcio (e magnesio), cioè dalla durezza dell’acqua;
– dal pH: si ricorda che la semireazione catodica di riduzione di ossigeno nei processi di
corrosione modifica localmente il pH, spostandolo leggermente verso valori alcalini;
– dalla temperatura: al crescere della temperatura diminuisce infatti la solubilità del carbonato,
CaCO3.

Il potere incrostante è un parametro influente per la corrosione nelle acque dolci: la formazione
di uno strato aderente e compatto sulle superfici metalliche ne rallenta la corrosione sino a
valori accettabili.

Per la previsione del potere incrostante di un’acqua si ricorre al pH di saturazione, pHS, definito
come il pH di equilibrio, a cui non si ha né dissoluzione né precipitazione di carbonato di calcio
(Langelier, 1936). Il pH di saturazione può essere determinato uguagliando la concentrazione
degli ioni bicarbonato ricavati dalle espressioni del prodotto di solubilità, KS, e della costante di
seconda dissociazione dell’acido carbonico, K’2:

KS = (Ca2+).(CO32-) e

K’2 = [(H+).(CO32-)] / (HCO3-)

Esprimendo la concentrazione di bicarbonati come alcalinità totale e passando ai logaritmi si


ha:

pHS = logKS logK’2 – log(Ca2+) – logAlk

dove:
– Ca2+ è la concentrazione di ioni calcio, in moli per litro;
– Alk, l’alcalinità totale, in equivalenti per litro,

e indicando con “p” il logaritmo cambiato di segno:

pHS = (pK’2 – pKS) + pCa2+ + pAlk

Alla temperatura di 15 °C si ha KS = 1.10−8 e pK’2 = 4,8.10−11. Entrambe le costanti dipendono


dalla temperatura e dalla salinità della soluzione. Il termine (pK’2 – pKS) diminuisce con la
temperatura (vale ad esempio: 2,48 a 0 °C; 2,04 a 20 °C; 1,96 a 25 °C; 1,54 a 50 °C) e
aumenta all’aumentare della salinità (a 25 ° vale ad esempio: 2,13 in soluzione di salinità 100
ppm; 2,35 con 500 ppm).

Per determinare il valore di pHS in funzione di temperatura e salinità dell’acqua, sono stati
sviluppati nomogrammi (Hoover, 1938); in alternativa si possono utilizzare formule empiriche.2

2
Le seguenti formule sono quelle maggiormente utilizzate:
T < 25°C pHs = 12,65 − 0,0142⋅(1,8⋅T + 32) − log(Ca) − log(alkM) + 0,1⋅log(TDS)
T > 25°C pHs = 12,27 − 0,00915⋅(1,8⋅T + 32) − log(Ca) − log(alkM) + 0,1⋅log(TDS)
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Sul pH di saturazione del carbonato di calcio si basa l’indice di Langelier, o di saturazione, S.I.,
definito come:
S.I. = pH – pHS

dove pH è il pH dell’acqua in esame e pHs il pH di saturazione. Per pH > pHS (S.I. > 0)
sussistono le condizioni per la precipitazione del carbonato di calcio e l’acqua è prevista essere
incrostante; viceversa, per pH < pHS (S.I. < 0) il carbonato di calcio è stabile in soluzione. Ad
esempio: si considerino le acque, designate A e B, aventi le seguenti caratteristiche a 25 °C:

alcalinità Ca2+ pK '2 − pK S pH salinità totale


(ppm di CaCO3) (ppm) (ppm)
acqua A 120 34 2,3 8,0 157
acqua B 13 5 2,2 6,9 43

Per l’acqua A, si calcola l’alcalinità in eq/l come: alk=0,120(g/l):50,04(g/eq) = 2,40.10-3 (eq/l); e


per il calcio la concentrazione in mol/l: 0,034 (g/l):40,08 (g/mol) = 8,48.10-4 (mol/l). Dopo essere
passati ai logaritmi, si calcola pHS come:

pHS = (pK’2 – pKS) + pCa2+ + pAlk = 2,3 + 3,07 + 2,62 = 7,99

e quindi l’indice di saturazione:

S.I. = pH – pHS = 8 – 7,99 = 0,01

dove il risultato positivo corrisponde a condizioni, seppure di poco, incrostanti.

Analogamente per l’acqua B: alk=0,013 (g/l):50,04 (g/eq) = 2,60.10-4 (eq/l); e per il calcio la
concentrazione in mol/l: 0,005(g/l):40,08 (g/mol) = 1,25.10-4 (mol/l). Dopo essere passati ai
logaritmi, si calcola pHS come:

pHS = (pK’2 – pKS) + pCa2+ + pAlk = 2,2 + 3,90 + 3,59 = 6,69

e quindi l’indice di saturazione:

S.I. = pH – pHS = 6,9 – 9,69 = – 2,79

risultato questo indicativo di condizioni assolutamente non incrostanti e pertanto corrosive per
l’acciaio.

con T in °C; Ca mg/L CaCO3; alkM mg/L CaCO3; TDS, salinità totale, in mg/L.
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4.1.3.5 Cloruri, solfati, salinità totale

I cloruri e, in misura minore i solfati, sono le specie anioniche più aggressive per l’acciaio. La
loro concentrazione, in combinazione con quella degli ioni bicarbonato, è utilizzata come
parametro di previsione della corrosività. Alla salinità totale è direttamente legata la
conducibilità elettrica, che è il parametro discriminante per prevedere corrosione per contatto
galvanico.

4.1.3.6 Conducibilità elettrica

La conducibilità, inverso della resistività, di un’acqua è proporzionale al contenuto di sali


disciolti. Si misura in µS.cm-1, dove S è il Siemens, inverso dell’Ohm. Per acque dolci, ad una
salinità di 1 g/l corrisponde indicativamente una conducibilità di 3000 µS.cm-1, pari a 330
ohm.cm-1.

Elevate conducibilità favoriscono tutti i fenomeni di corrosione che avvengono con formazione
di macrocoppie anodiche e catodiche e di corrosione bimetallica.

4.1.3.7 Batteri solfato riduttori

Come visto per i terreni, i batteri solfato-riduttori si sviluppano in condizioni anaerobiche in


presenza di ioni solfato, che vengono ridotti a solfuri. L’attacco corrosivo è caratterizzato dalla
formazione sul metallo di un deposito nero di prodotti di corrosione contenenti solfuri.

Le acque potabili vengono trattate con cloro, o con suoi composti, per renderle sterili e idonee
all’organismo umano. Il cloro viene aggiunto come soluzione acquosa (acqua di cloro), come
soluzione di ipoclorito di sodio, NaOCl, o come calcio ipoclorito, Ca(OCl)2.H2O, in granuli.3 Il
cloro è un forte ossidante e reagisce velocemente con le specie organiche in soluzione, con gli
ioni metallici, ad esempio Fe2+ e Mn2+ che precipitano come idrossido ferrico, Fe(OH)3 e
Fe(OH)3, con ammoniaca; il cloro in eccesso, detto cloro libero o residuo, esercita l’azione per
un tempo, nell’ordine di alcuni giorni, sufficiente a mantenere l’acqua potabile dal punto di
iniezione all’utenza.

Il trattamento si effettua in quantità tali da mantenere in soluzione una quantità di cloro residuo
in soluzione pari a 0,1 ÷ 0,2 ppm; per concentrazioni superiori il cloro esercita un effetto
significativo di corrosione dei materiali ferrosi.

4.1.3.8 Temperatura

La temperatura non ha un effetto univoco sulla velocità di corrosione, ma agisce aumentando o


diminuendo l’aggressività di un fluido secondo modalità diverse; si citano i seguenti effetti:
– aumento della cinetica delle reazioni di corrosione all’aumentare della temperatura;
– formazione di prodotti di corrosione protettivi, quali ad esempio FeS, FeCO3, o di depositi
calcarei di CaCO3.

4.1.3.9 Condizioni idrodinamiche

Le condizioni idrodinamiche agiscono sulla corrosione in modo complesso. Alcune effetti e


parametri che dipendono dalla velocità dell’acqua sono:
– rimozione di depositi protettivi (prodotti di corrosione o incrostazioni) sulle superfici
metalliche;
– efficacia di inibitori di corrosione;
– azione abrasiva in fluidi di produzione contenenti sabbia;
– fenomeni di trasporto in soluzione.
3
A.H. Tuthil, R.A. Avery, S. Lamb, G. Kobrin, “Effect of Chlorine on Common Materials in Fresh Water”, Mat. Perf.,
Nov. 1998, vol. 37, p. 52.
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4.2 ACQUE DOLCI. MATERIALI E MECCANISMI DI CORROSIONE

La distribuzione dei materiali per acqua potabile è variabile da paese a paese: i più usati negli
acquedotti per la raccolta, trasferimento e distribuzione sono indicati nella Tabella 4.4 insieme
all’anno di introduzione. La Tabella 4.5 si riferisce invece ai materiali impiegati nella costruzione
di impianti idrici interni.

Tipo Materiale Anno


Cementizi cemento armato 1920
cemento-amianto 1930
cemento armato precompresso 1950
Metallici ghisa grigia 1880
acciaio 1900
rame 1920
acciaio zincato a caldo 1940
ghisa sferoidale malleabile 1960
Plastici polietilene bassa densità (LDPE) 1950
polietilene alta densità (HDPE) 1950
polivinilcloruro non plastificato 1950
vetroresina 1970
polietilene media densità (MDPE) 1980
polietilene alte prestazioni (HPPE) 1990
Tabella 4.4. Materiali per acquedotti e date di introduzione.

Tipo Materiale Anno


Metallici piombo 1800
acciaio 1900
rame 1920
acciaio zincato a caldo 1940
Plastici polietilene 1950
polivinilcloruro (PVC) 1950
polipropilene 1980
Tabella 4.5. Materiali per impianti idrosanitari e date di introduzione.

La resistenza alla corrosione è uno dei criteri alla base della scelta del materiale più idoneo per
una data applicazione o per la verifica della sua idoneità. La previsione di resistenza alla
corrosione si basa sulla conoscenza delle caratteristiche chimiche dell’acqua e delle condizioni
operative; viene espressa di norma non come velocità di corrosione, ma unicamente in termini
di attesa, o meno, di una o più forme di corrosione. In inglese si utilizza l’espressione corrosion
likelihood, o probabilità di corrosione, a sottolineare la natura probabilistica, piuttosto che
deterministica dei fenomeni in gioco e quindi della previsione possibile.

Diversi materiali sono molto spesso usati in combinazione tra loro in uno stesso sistema: i
requisiti di compatibilità dell’acqua con i materiali, oggetto dei paragrafi che seguono, devono
pertanto essere verificati per più materiali simultaneamente.

4.2.1 Materiali cementizi

I materiali cementizi sono soggetti ad attacco chimico per solubilizzazione dell’idrossido di


calcio in acque pure, in particolare in acque neutro-acide contenenti CO2 libera e povere di
calcio. La rimozione dell’idrossido di calcio aumenta la permeabilità del calcestruzzo e la
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destabilizzazione delle fasi idrate. L’attacco chimico del cemento può provocare aumento locale
del pH nei tratti stagnanti delle tubazioni.

Il calcestruzzo viene attaccato in acque ricche di solfati: i più aggressivi sono i solfati di
ammonio, magnesio, sodio e calcio).

Nella Tabella 4.6 sono riportati una serie di criteri per la previsione dell’attacco chimico in base
al pH e al contenuto di specie aggressive nell’acqua.

Grado di attacco nullo debole moderato severo molto


severo
pH > 6,5 6,5 - 5,5 5,5 - 4,5 4,5 - 4,0 < 4,0
CO2 (mg/l) < 15 15 - 30 30 - 60 60 - 100 > 100
+
NH4 (mg/l) < 15 15 - 30 30 - 60 60 - 100 > 100
2+
Mg (mg/l) < 100 100 - 300 300 - 1500 1500 - 3000 > 3000
SO42− (mg/l) < 200 200 - 600 600 - 3000 3000 - 6000 > 6000
Tabella 4.6. Effetto di specie aggressive sull’attacco chimico del calcestruzzo.

4.2.2 Materiali ferrosi. Acciai e ghise

Trovano ampia applicazione negli acquedotti e negli edifici; nei primi prevalgono condizioni di
acqua aerata, e la corrosione è controllata primariamente dalla formazione di depositi protettivi.
Negli edifici invece acciaio e ghisa sono impiegati sia per la distribuzione dell’acqua potabile,
aerata, sia nei circuiti chiusi di riscaldamento, dove prevalgono condizioni deaerate e controllo
della corrosione per assenza di ossigeno.

La corrosione, quando è di tipo generalizzato, produce accumulo di ioni ferro in soluzione che
pregiudicano la potabilità dell’acqua (acque rosse); in forma di attacco localizzato provoca la
perforazioni delle pareti metalliche di tubazioni e componenti.

Corrosione generalizzata. I materiali ferrosi a contatto con acqua aerata sono suscettibili di
corrosione generalizzata. Quest’ultima, a seconda di una serie di fattori inerenti alle
caratteristiche dell’acqua o ai materiali, si può manifestare con morfologia uniforme o
disuniforme; la corrosione comporta in ogni caso il rilascio di ioni Fe2+ nell’acqua, i quali
vengono successivamente ossidati dall’ossigeno disciolto a composti, meno solubili, trivalenti
del ferro, Fe3+.4

Corrosione uniforme. Si ha corrosione generalizzata uniforme quando non ha luogo


separazione tra aree anodiche e aree catodiche, e sussistono condizioni per la precipitazione di
depositi superficiali protettivi; la velocità di penetrazione risulta nell’ordine delle decine di micron
anno, e pertanto compatibile con la vita operative delle strutture. Condizioni stagnanti o di
flusso intermittente favoriscono l’insorgenza di corrosione per aerazione differenziale, mentre in
acqua fluente prevalgono condizioni di attacco uniforme.

Per avere precipitazione di depositi protettivi, di prodotti di corrosione e di carbonato di calcio,


quale presupposto per avere una corrosione di tipo uniforme e trascurabile, devono verificarsi
condizioni di buona aerazione dell’acqua, di pH neutro-acido e di durezza e alcalinità adeguate.
Queste linee guida trovano una formulazione più precisa nelle seguenti regole empiriche:
– O2 > 3 mg/l;
– pH > 7;
– Alk > 2 meq/l;

4
Il trattamento di clorazione concorre alla ossidazione e precipitazione di composti trivalenti del ferro.
Bruno Bazzoni
Dispense del corso “Corrosione e protezione dei materiali metallici”
Cap. 4 – Acque

– Ca2+ > 20 mg/l.

Corrosione non uniforme. È la forma di attacco più comune per i materiali ferrosi (tubercoli,
shallow pit); si verifica comunemente, quando i depositi superficiali sono solo parzialmente
protettivi o insufficienti. Comporta una separazione tra aree anodiche e aree catodiche: devono
sussistere in questo senso condizioni idonee a stabilizzare le aree a diverso comportamento
elettrochimico. Corrosione non uniforme si può verificare in corrispondenza delle saldature, dei
cordoni di saldatura e delle zone termicamente alterate, a seguito di diversi valori di potenziale
di corrosione rispetto alle superfici adiacenti. La probabilità di corrosione non uniforme risulta
più alta in acque con tenori elevati di ioni Cl− e SO42− e bassa alcalinità totale (HCO3−); è
considerato fattore aggravante per il verificarsi di corrosione localizzata la seguente condizione,
basata sul rapporto delle concentrazione espresse in meq/l degli ioni bicarbonato, cloruro e
solfato:

HCO3−
< 1,5
Cl− + SO 24−

Non si ha invece corrosione generalizzata quando è assente ossigeno e allo stesso tempo non
sia disponibile acidità libera; il limite per la concentrazione di ossigeno al di sotto del quale la
corrosività si considera essere trascurabile è di 0,1 mg/l in acqua fredda e di 0,02 mg/l in acqua
calda. Nei sistemi chiusi dove il rabbocco di acqua è trascurabile, la corrosione consuma
rapidamente tutto l’ossigeno disciolto, mentre il pH si porta intorno a 8, e la corrosione risulta
trascurabile.

Ad esempio: si consideri il caso di una condotta di diametro interno 250 mm, riempita con
acqua aerata, contenente 6 mg/l di ossigeno disciolto, per l’esecuzione della prova idraulica. In
un metro lineare di condotta, il volume di acqua contenuta è pari a 0,252.π/4=0,05 (m3), e la
quantità totale, in moli, di ossigeno: 0,05(m3).8(g/m3)/32 (g/mol) = 0,0125 (mol). In base alla
stechiometria delle semireazioni anodica e catodica, una mole di ossigeno reagisce con due
moli di ferro: in un metro di tubazione, quando tutto l’ossigeno avrà reagito con il ferro,
risulteranno disciolte: 0,0125.2=0,025 moli di ferro (p.a. 55,84), pari a 1,34 (g) di ferro. Se si
riporta tale massa alla superficie interna di un metro di condotta, pari a 0,785 (m2), si ottiene
una perdita in peso pari 1,70 (g/m2), cui corrisponde, in base alla densità del ferro di 7,86
(g/cm3), in caso di corrosione uniforme, una penetrazione di 0,22 µm.

L’esempio dimostra che, in assenza di apporto di ossigeno, come avviene in un sistema chiuso,
l’entità della corrosione associata al consumo dell’ossigeno disciolto inizialmente nell’acqua è
trascurabile.

Negli impianti di riscaldamento devono essere rispettati i limiti sopra indicati di concentrazione
di ossigeno per prevenire corrosione dell’acciaio.

Grafitizzazione. Interessa le ghise con grafite globulare e sferoidale, a seguito di attacco


selettivo della matrice ferritica e formazione di uno strato residuo di grafite, in grado di svolgere
un ruolo catodico rispetto al ferro. Avviene soprattutto in acque non incrostanti con modesto
contenuto di ossigeno.

Corrosione-erosione. Quando la velocità dell’acqua è eccessiva i depositi protettivi vengono


rimossi meccanicamente e si ha corrosione con morfologia di attacco non uniforme. La
resistenza all’erosione dei depositi superficiali è bassa in acqua poco aerata, e corrosione-
erosione si osserva soprattutto in acque con basso tenore di ossigeno. Le zone di rimozione dei
depositi protettivi si comportano da aree anodiche e la velocità di corrosione risulta accelerata
per effetto della turbolenza indotta nella zona di attacco.
Bruno Bazzoni
Dispense del corso “Corrosione e protezione dei materiali metallici”
Cap. 4 – Acque

4.2.3 Acciaio zincato

Le tubazioni in acciaio zincato a caldo sono usate in particolare negli edifici. Lo strato di zinco
ha una resistenza a corrosione che di norma è superiore a quella dell’acciaio, ma attacchi
corrosivi si possono verificare in relazione alle caratteristiche del rivestimento e dell’acqua, alle
condizioni operative e alle modalità di installazione. La corrosione dello strato di zinco provoca
contaminazione dell’acqua con ioni zinco (più cadmio e piombo se presenti nel rivestimento
metallico). Gli ioni zinco provocano la riduzione in soluzione dei nitrati a nitriti, la cui
concentrazione massima ammissibile è nettamente più bassa.

Corrosione uniforme. In condizioni favorevoli, lo zinco si ricopre di uno strato di prodotti di


corrosione e la velocità di corrosione risulta trascurabile; in relazione allo spessore, lo strato di
zinco può mantenersi per tutto la durata della vita operativa. Perché abbia luogo la formazione
di uno strato protettivo di prodotti di corrosione, l’acqua deve essere sufficientemente ricca di
ioni bicarbonato.

La velocità di corrosione dipende, tra gli altri fattori, dalla presenza in soluzione di specie con
potere inibitore, quali fosfati, silicati, ioni alluminio, molecole organiche.

Corrosione localizzata. Avviene per separazione di aree anodiche e catodiche e provoca


attacco localizzato del rivestimento di zinco, in genere in forma di vaiolature superficiali, che a
volte si propagano nell’acciaio sottostante. La probabilità di attacco localizzato aumenta al
crescere della temperatura, in particolare al di sopra di 55-60 °C, anche per effetto
dell’inversione del potenziale di corrosione tra acciaio e zinco.

In installazioni miste con rame o leghe di rame (raccordi e rubinetteria in ottone), si può
verificare corrosione dello zinco per deposizione locale di rame (“copper induced local
lorrosion”). Ad esempio in sistemi con acqua stagnante, si ha dissoluzione di rame (e zinco)
dall’ottone, trasferimento degli ioni di rame per diffusione o convezione, e deposizione
sull’acciaio zincato dove si osserva corrosione localizzata.

Corrosione selettiva. È un tipo di corrosione selettiva che avviene in acque fredde contenenti
ioni nitrato, NO3−. L’attacco procede al bordo dei grani di zinco e provoca il distacco di particelle
solide di zinco metallico.

Blistering. Si manifesta in acque calde contenenti CO2 disciolta a seguito di evoluzione di


idrogeno che si assorbe nel rivestimento e si ricombina nella zona della lega ferro zinco.

Corrosione per contatto galvanico. Si manifesta sull’acciaio zincato in sistemi misti, in


particolare con rame o leghe di rame, in corrispondenza delle zone di contatto tra i diversi
metalli. La probabilità di attacco per contatto galvanico aumenta all’aumentare della
conducibilità dell’acqua.

4.2.4 Rame

Il rame è oggi il principale materiale per tubazioni di acqua negli edifici. Il rame ha una
eccellente resistenza a corrosione, superiore a quella dell’acciaio e dell’acciaio zincato. A
seconda del tipo di corrosione e dell’intensità dell’attacco si possono avere sia effetti di rilascio
di ioni Cu2+ e contaminazione dell’acqua, sia corrosione e perforazione delle pareti.

Corrosione uniforme. La corrosione uniforme del rame porta alla formazione di strati protettivi di
prodotti di corrosione. L’ossido rameoso, Cu2O, di colore marrone, forma un film sottile su cui
crescono strati di carbonato basico, Cu2(OH)2CO3, di colore verde; in acque con basso tenore
di bicarbonati (Alk < 1) può risultare invece favorita la formazione di altri composti, come ad
esempio il solfato basico, Cu2(OH)2SO4, di colore blu-verde, poco aderente e facilmente
rimovibile in acqua fluente. In acque di bassa salinità si possono formare strati di CuO, di colore
nero. In tutti i casi la corrosione uniforme non porta ad un danno significativo e a perforazione
Bruno Bazzoni
Dispense del corso “Corrosione e protezione dei materiali metallici”
Cap. 4 – Acque

delle pareti, ma solo all’effetto indesiderato di rilascio di ioni rame in soluzione; il rilascio di ioni
rameici in soluzione provoca corrosione localizzata di eventuali metalli meno nobili presenti a
valle.

La velocità di corrosione uniforme del rame dipende dal pH dell’acqua, aumentando al diminuire
del pH. L’aggiunta di ortofosfati diminuisce la probabilità di corrosione; viceversa, i polifosfati,
presenti a volte come anti incrostanti, aumentano al probabilità di corrosione uniforme.

Per assicurare condizioni di corrosione uniforme trascurabile devono risultare verificati per
l’acqua i seguenti requisiti:
– Acid(8,2) < 1,5 meq/l
– Alk > 1 meq/l.

Corrosione per pitting. È la morfologia più tipica di corrosione del rame (vedi Figura 4.1) si
verifica in situazioni anomale in relazione allo stato superficiale dei tubi, alla composizione
dell’acqua, alla temperatura e alle condizioni operative. Tra i fenomeni di corrosione per pitting
del rame si individuano due casi emblematici, designati pitting di tipo I e tipo II, che hanno luogo
a bassa e ad alta temperatura rispettivamente.

In acque fredde (T < 30 °C) la corrosione per pitting è caratterizzata da formazione di pustole di
carbonato basico di rame nella zona di attacco. Questa forma di pitting, di tipo I, è provocata da
cattiva qualità delle superfici interne, e in particolare da depositi di carbone, proveniente da
cracking degli oli lubrificanti di trafilatura, e di grasso. La brazatura può dare luogo ad
alterazioni superficiali che, con acque e condizioni operative sfavorevoli, provocano pitting tipo
I.

Gli ioni bicarbonato e cloruro diminuiscono la probabilità di pitting in acqua fredda; solfati e
nitrati sembrano invece comportarsi come promotori, così come condizioni stagnanti dell’acqua.
Non si ha pitting in acque deaerate (O2 < 0,1 mg/l)

In acqua calda, si osserva corrosione per pitting (designato di tipo II) solo in acque dolci e acide
contenenti solfati; è caratterizzata da assenza di prodotti di corrosione sulle superfici interne del
tubo. La probabilità di corrosione è bassa per:

(HCO3− )
≤2
(SO 24 − )

dove le concentrazioni sono espresse in mmol/l, o se il pH è superiore a 7,5.

Altre forme più rare di corrosione pitting, classificate genericamente di tipo III, si osservano in
acqua calda.
Bruno Bazzoni
Dispense del corso “Corrosione e protezione dei materiali metallici”
Cap. 4 – Acque

Figura 4.1. Corrosione per pitting di un tubo in rame, dopo pulizia chimica delle superfici.

Corrosione-erosione. Il rame è suscettibile di attacco per corrosione-erosione, soprattutto in


sistemi con acqua calda, caratterizzato da morfologia e penetrazione disuniformi e assenza di
prodotti di corrosione. La probabilità di attacco aumenta in acque acide. Per evitare corrosione
erosione la velocità dell’acqua deve essere mantenuta inferiore a 0,5 m/s in sistemi a servizio
continuo; inferiore a 5 m/s in sistemi a servizio intermittente o a 2 m/s in sistemi a servizio
intermittente ma con periodi di funzionamento superiori a 15 minuti.

La Figura 4.2 mostra un caso di corrosione erosione in corrispondenza di un raccordo tra tubo
in rame e gomito.5

FLUSSO

Figura 4.2. Corrosione erosione in corrispondenza di un raccordo in una tubazione in rame.

4.2.5 Leghe di rame

Sono impiegate soprattutto per raccorderia e rubinetteria. I tipi più comuni sono le leghe rame,
zinco e piombo (ottoni).

Corrosione selettiva. Porta alla dezincificazione delle leghe rame zinco, con arricchimento
superficiale in rame che provoca una variazione del colore (la fase β è più suscettibile della fase

5
J.R. Myers, A. Cohen, “Erosion-Corrosion of Copper Tube Systems by Domestic Waters”, Mat. Perf., Nov. 1998, vol.
37, p. 57.
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Dispense del corso “Corrosione e protezione dei materiali metallici”
Cap. 4 – Acque

α). La probabilità di corrosione aumenta al crescere del contenuto di cloruri nell’acqua e al


crescere del pH.

Tensocorrosione. Avviene solo in acque contenenti ammoniaca o nitriti. Le sollecitazioni


mecca-niche possono insorgere ad esempio a seguito di dilatazioni termiche.

4.2.6 Piombo

La principale fonte di piombo nell’acqua è la corrosione, non il contenuto all’origine: il piombo


infatti può essere presente nelle saldature (lega piombo stagno), nelle tubazioni, e come
elemento di lega nell’ottone e nel bronzo.

L’attuale limite di concentrazione massima ammissibile per il piombo nell’acqua potabile è pari
a 50 µg.l-1, ma l’obiettivo è una riduzione a 10 µg.l-1, da conseguire con l’eliminazione o
riduzione del contenuto di piombo nei materiali per saldature (0,2 % max.) e per tubi e raccordi
(8 % max.).

Le saldature piombo stagno sono la principale fonte di rilascio di piombo nell’acqua. (Pb/Sn da
40:60 a 50:50). La contaminazione massima si verifica nei primi 2 anni di esercizio,
assestandosi dopo alcuni anni. È favorita dall’accoppiamento galvanico tra rame e saldatura: la
lega piombo stagno è infatti anodica rispetto al rame (∆E = 250 mV ca).

Le concentrazioni maggiori di piombo nelle abitazioni si osservano in coincidenza di fasi di


ristagno dell’acqua nei tubi. La velocità di corrosione aumenta al crescere della concentrazione
di ossigeno e cloro; diminuisce all’aumentare della durezza; aumenta al diminuire del pH, con
andamento che dipende dall’alcalinità dell’acqua, e al crescere della temperatura.

I metodi impiegati per la riduzione della contaminazione da piombo sono:


– nelle nuove installazioni, divieto di impiego di tubi in piombo e saldature con lega piombo
stagno (queste ultime, ad esempio, sono vietate in alcuni paesi, sostituite con saldature
fredde SnAg5 e SnCu3);
– sostituzione di tubazioni in piombo;
– trattamenti chimici di aumento del pH; i requisiti raccomandati sono i seguenti:
– pH > 7,8
– pH > 8,5 in acque dolci;
– trattamenti con inibitori di corrosione (ortofosfati, polifosfati, silicati).

4.2.7 Acciai inossidabili

Gli acciai inossidabili usati nei sistemi per acque potabili o similari sono i tipi:
– ferritici (AISI 440; 18Cr2Mo)
– austenitici (AISI 304 e 316)
– austeno-ferritici (22Cr5Ni3Mo)

Tutti i tipi considerati, in acque con pH > 4 operano di norma in condizioni di passività e sono da
ritenere resistenti alla corrosione generalizzata. In condizioni sfavorevoli sono invece suscettibili
alle forme di corrosione di tipo localizzato: per pitting; interstiziale; e per tensocorrosione. A
queste si aggiungono la corrosione intergranulare, sui materiali sensibilizzati, e la corrosione (a
lama di coltello) delle saldature con leghe contenenti argento, per attacco selettivo
dell’interfaccia tra acciaio inossidabile e metallo di saldatura.

Corrosione per pitting e interstiziale. La corrosione per pitting avviene solo in acque contenenti
ioni cloruro e bromuro. La probabilità di innesco e propagazione del pitting aumenta al crescere
della concentrazione di ioni cloruro in soluzione e della temperatura. È favorita da condizioni
stagnanti dell’acqua e nelle situazioni di contatto trifase metallo, aria, acqua.
Bruno Bazzoni
Dispense del corso “Corrosione e protezione dei materiali metallici”
Cap. 4 – Acque

La corrosione interstiziale richiede la presenza di fessure, tanto più critiche quanto maggiore è
la profondità e minore lo spessore. Si ritengono ininfluenti interstizi di spessore superiore a 0,5
mm. Corrosione di tipo interstiziale si innesca in condizioni stagnanti sotto depositi.

La resistenza degli acciai inossidabili aumenta al crescere del tenore di cromo e molibdeno. In
acque contenenti più di 200 ppm di cloruri devono essere impiegati acciai inossidabili con
molibdeno; corrosione interstiziale si può manifestare in ogni caso anche al di sotto della soglia
indicata per i cloruri.

Tensocorrosione. Tensocorrosione di tipo transgranulare di acciai inossidabili di tipo austenitico


avviene a temperatura superiore a 50 °C in presenza di tenori significativi di ioni cloruro e sforzi
di trazione nel materiale. Una causa tipica di innesco è costituita da attacchi localizzati per
pitting dove si ha un arricchimento in cloruri. La resistenza a tensocorrosione di tipo
transgranulare aumenta al crescere del contenuto di nichel.

Nella Tabella 4.7 sono riassunti, per le famiglie di materiali visti, le principali morfologie di
attacco e i corrispondenti tipi di danno. La Tabella 4.8 raccoglie invece una serie di requisiti
dell’acqua che devono essere verificati per la prevenzione delle forme di corrosione esaminate.
Bruno Bazzoni
Dispense del corso “Corrosione e protezione dei materiali metallici”
Cap. 4 – Acque

materiale tipo e forma di attacco tipo di danno


− dissoluzione del calcio
cementizi
− aumento del pH nelle zone stagnanti
− cemento-amianto
− attacco uniforme (sino a pH=12)
− calcestruzzo
− rilascio di fibre di amianto (per il
− rivestimenti
cemento-amianto)
ferrosi − corr. generalizzata uniforme
− dissoluzione di ferro e particelle sosp.
− ghisa − corr. generalizzata non uniforme
− tubercoli di ruggine (ostruzione dei tubi)
− acciaio − corrosione-erosione
− grafitizzazione (ghise)
− dissoluzione di Zn (e Pb, Cd, Fe se
− corrosione uniforme
presenti nel rivestimento) e
− corrosione localizzata
contaminazione dell’acqua
acciaio zincato − contatto galvanico
− ostruzione dei tubi
− corrosione selettiva − particelle solide sospese
− blistering − distacco rivestimento
− corrosione generalizzata − dissoluzione di rame
− corrosione per pitting
rame − tipo I − perforazione pareti
− tipo II
− corrosione erosione − dissoluzione rame e perforazioni
− dezincificazione
− corrosione selettiva − blocco rubinetteria
ottone
− dissoluzione di piombo e zinco
− tensocorrosione − rotture di tubi
piombo
− dissoluzione di piombo
− tubi in piombo − corrosione uniforme
− dissoluzione di piombo e cadmio
− saldature Pb-Sn
− corrosione per pitting
− corrosione interstiziale − perforazioni pareti
acciai inossidabili
− corrosione selettiva
− tensocorrosione − rotture di tubi
− degrado per esposizione alla
plastici − alterazioni di sapore e odore dell’acqua
luce e per microorganismi

Tabella 4.7. Materiali per acquedotti: tipi di corrosione e di danno.


Bruno Bazzoni
Dispense del corso “Corrosione e protezione dei materiali metallici”
Cap. 4 – Acque

materiali tipo di corrosione requisiti di prevenzione note e fattori aggravanti


cementizi – solubilizzazione – pH > 7 – tra parentesi valori racco-mandati
– cemento-amianto – Alk > 0,3 (0,5) meq/l più conservativi
– calcestruzzo – Ca2+ > 10 (15-20) mg/l
– rivestimenti – SO4 > 200 mg/l
– S.I. > -0,2 – per prevenire il rilascio di fibre nel
cemento-amianto
ferrosi – generalizzata uniforme, con – O2 > 3 mg/l –
– ghise formazione di depositi protettivi e – pH > 7
– acciai penetrazione trascurabile – Alk > 2 meq/l
– Ca2+ > 20 mg/l
– generalizzata non uniforme – quando non sono verificati i criteri – HCO3-/(SO4-- +Cl-) < 1,5 (fattore
del riquadro qui sopra aggravante)
– generalizzata uniforme di entità – O2 < 0,1 mg/l – O2 < 0,02 mg/l in acque calde
trascurabile in acque deaerate – Acid(8,2) < 0,05 meq/l
– SRB assenti
acciaio zincato a caldo – formazione di depositi protettivi e – Alk > 1 meq/l – l’uso dell’acciaio zincato è
corrosione uniforme con – Acid(8,2) < 0,7 meq/l sconsigliato per tempera-ture
penetrazione trascurabile superiori a 60 °C
– corrosione localizzata (pitting – Alk > 2 meq/l – corrosione trascurabile se O2 <
superficiale) – HCO3−/(SO42− +Cl−) < 1 0,02
– Ca2+ > 20 mg/l
– corrosione selettiva – NO3−/(SO42−+Cl−) 2
– blistering – CO2 disciolta e temperatura bassi
sistemi rame zinco – corrosione localizzata – Cu2+ < 0,06 mg/l
rame – generalizzata uniforme, con – Alk > 1 meq/l –
formazione di depositi protettivi e – Acid(8,2) < 0,7 meq/l
penetrazione trascurabile
– pitting tipo I (T < 30 °C) – – la probabilità di pitting aumenta al
crescere di SO4
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Cap. 4 – Acque

materiali tipo di corrosione requisiti di prevenzione note e fattori aggravanti


– pitting tipo II (T > 30 °C) – pH > 7 – Cl e HCO3 hanno un effetto
– HCO3−/SO42− > 2 benefico
– corrosione – erosione – v < 0,5 m/s, servizio continuo – avviene preferenzialmente in
– v < 2 m/s, servizio intermittente acque calde
ottone – corrosione selettiva – pH > 7 – per evitare blocco delle filettature
– pH < 8,2 (8,3)
– HCO3−/Cl− > 3
– tensocorrosione – assenza di ioni nitrito e ammonio –
Piombo – corrosione uniforme trascurabile – pH > 7,8 –
− tubi in piombo – trattamenti con inibitori di
− saldature piombo -stagno corrosione
acciai inossidabili – corrosione generalizzata – pH > 4 –
– pitting inossidabili Ni-Cr – Cl− < 200 ppm –
– tensocorrosione austenitici – T < 50 °C –
– assenza di cloruri
sistemi a più materiali: – – Alk > 0,3 - 0,5 meq/l – requisiti minimi
cementizi, ferrosi, leghe di – Ca2+ > 10 mg/l
rame – HCO3/(SO4+Cl) ≥ 1,5
Tabella 4.8. Tipi di corrosione e criteri di prevenzione dei principali materiali impiegati negli impianti idrosanitari.
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Cap. 4 – Acque

4.3 INIBITORI DI CORROSIONE

Gli inibitori di corrosione sono specie chimiche che aggiunte in piccole concentrazioni ad un
mezzo corrosivo, di norma una soluzione acquosa, ne riducono la corrosività rispetto ai
materiali metallici. Rientrano in questa definizione una grande varietà di prodotti, in molti casi
miscele di più specie chimiche, che trovano applicazione in svariati settori.

L’inibitore di corrosione deve ridurre la velocità di corrosione senza alterare le caratteristiche del
mezzo in cui opera. Un aspetto collegato, è il problema dello smaltimento in relazione agli effetti
inquinanti; alcuni inibitori infatti hanno caratteristiche tossiche.

4.3.1 Tipi di inibitori e meccanismi

La classificazione degli inibitori di corrosione si basa prima di tutto sull’azione che il prodotto
svolge rispetto al metallo e al meccanismo di corrosione operante.

Gli inibitori passivanti agiscono da specie ossidanti e determinano condizioni di potenziale di


corrosione del metallo nel campo di passività; devono per questo essere applicati in sistemi
metallo – ambiente che assicurino condizioni opportune di passività (vedi Figura 4.3).

E cor,2

E cor,1

logi
Figura 4.3. Protezione di un metallo attivo – passivo con inibitore passivante: Ecor,1: potenziale
di corrosione in assenza di inibitore; Ecor,2: potenziale di corrosione dopo aggiunta di un inibitore
passivante.

Tipici inibitori passivanti per il ferro sono: i cromati (CrO42−), molto impiegati in passato come
inibitori nelle acque di raffreddamento industriali (oggi evitati per motivi ecologici); i nitriti (NO2−),
impiegati nei circuiti di raffreddamento di motori e nelle benzine quando siano presenti tracce di
acqua; i molibdati (MoO42−). Gli inibitori anodici sono spesso utilizzati in combinazione con
prodotti alcalini che hanno lo scopo di promuovere la passività del metallo: si citano tra questi:
perborati (Na2B4O7), fosfati (Na3PO4), polifosfati, silicati, benzoato di sodio (C6H5COONa).

Gli inibitori passivanti sono caratterizzati da una concentrazione critica, al di sotto della quale
possono provocare un aumento della velocità di corrosione, come illustrato in Figura 4.3.

Gli inbitori di adsorbimento, o filmanti, non intervengono direttamente sul meccanismo di


corrosione, ma si adsorbono sulla superficie del metallo bloccando il funzionamento delle aree
anodiche e catodiche.

Sono di norma molecole organiche contenenti gruppi fortemente polari in grado di adsorbirsi sul
metallo. Tipici inibitori di adsorbimento sono le ammine, la chinolina, la tiourea. Il benzotriazolo
(C6H4N3) è impiegato come inibitore di corrosione del rame.

p. 19
Bruno Bazzoni
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Cap. 4 – Acque

Gli oxygen scavenger sono specie chimiche aggiunte all’acqua allo scopo di eliminare per
riduzione l’ossigeno disciolto. Trovano applicazione ad esempio nei trattamenti di acqua di
caldaia: vengono aggiunti all’acqua dopo che questa è stata deaerata fisicamente, ad esempio
per trattamento sotto vuoto o per strippaggio con un gas inerte. Altri utilizzi sono per il
trattamento di acqua impiegata nelle prove idrauliche e negli impianti petroliferi per il
trattamento dell’acqua iniettata nei giacimenti per aumentare il recupero di idrocarburi.

Il prodotto più comune è il solfito di sodio, che reagisce con l’ossigeno ossidandosi a solfato:

2Na2SO3 + O2 → 2Na2SO4

Un altro oxygen scavenger è l’idrazina, N2H4, utilizzata per i trattamenti di acqua di caldaia ad
alta pressione; ha il vantaggio di reagire formando azoto, mantenendo così inalterata la salinità
dell’acqua:
N2H4 + O2 → N2 + H2O

I biocidi sono specie chimiche aggiunte all’acqua per sterilizzarle ed eliminare la carica batterica
presente e i possibili effetti di corrosione microbiologica.

Comprendono composti ad azione ossidante, come cloro e composti del cloro, già menzionati,
clorammine, ad esempio clorammina, NH2Cl, bromo, e composti non ossidanti, tra cui si
menzionano:adeidi: formaldehyde (HCHO); glutaraldeide (OCH[CH2] 3CHO); acrolein
(H2C=CHCHO); composti amminici: ammine quaternarie ([R1R2R3R4 N] + X-); composti
organici alogenati; composti organici contenenti zolfo: isotiazolone, carbammati; sali di fosfonio
quaternari [(CH2OH) 4P-X (X=Cl-, SO42-, PO42-)].6

Riferimenti bibliografici

1. DPR 24 maggio 1988, n. 236, Attuazione della direttiva CEE n. 80/778 concernente la
qualità delle acque destinate al consumo umano, ai sensi dell’art. 15 della legge 16 aprile
1987, n. 183.
3. Corrosion and Corrosion Control in Drinking Water Systems, Proceeding from a corrosion
workshop and seminar, Oslo, Norway, march 19 to 21, 1990. Published by NACE Int.,
1991.
6. Pisigan, J.E. Singley, Evaluation of Water Corrosivity Using the Langelier Index and
Relative Corrosion Rate Models, Mat. Perf.
8. Masazza, “La durabilità del calcestruzzo”, in Corrosione e Protezione di strutture Metalliche
e in Cemento Armato negli Ambienti Naturali, Ed. P. Pedeferri, CLUP, Milano, 1987.
10. Boffardi, Minimization of Lead Corrosion in Drinking Water, Mat. Perf., vol. 29, August 1990,
p. 45.

6
J. Boivin, “Oil Industry Biocides”, Mat. Perf., Feb. 1995, vol. 37, p. 65.

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