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Edizioni La Fenice

VeneziaMusica e dintorni
n. 56 – novembre 2014
Testata in corso di registrazione
Direttore responsabile
Giampiero Beltotto

a cura di
Leonardo Mello

VeneziaMusica e dintorni
è stata fondata da Luciano Pasotto nel 2004

Editore
Fondazione Teatro La Fenice
Campo San Fantin
San Marco 1965
30124 Venezia

Realizzato da
Dali Studio S.r.l.
VENEZIAMUSICA
e dintorni

Edizioni La Fenice
Sommario

32 Opera – Saggi
3 Editoriale

4 Focus – La stagione 2014-2015 32 Giulio Viozzi e il suo teatro lirico


di Chiara Facis

37 Altre musiche
4 La specificità della Fenice,
tra innovazione e importanti ritorni
di Cristiano Chiarot
37 I Pink Floyd tra genio assoluto
6 Una stagione «italiana» e variegata e polemiche (anche veneziane)
di Fortunato Ortombina di Giò Alajmo

8 Focus – Simon Boccanegra 40 Dintorni


8 Il «Simon Boccanegra» del 1857: una cronaca 40 Bernard-Henri Lévy e l’edizione italiana
della «Barbarie à visage humaine»
12 Da Gutiérrez a Verdi di Cesare De Michelis
di Lorenzo Bianconi
42 La scrittura secondo Claudio Magris
14 Qualche nota sul «Simon»
di Fabrizio Della Seta 44 Il premio «Una vita nella musica» 2014
di Anna Ave

46 Prosa
17 Una breve storia della vocalità
di Giorgio Gualerzi

18 Andrea De Rosa illustra il suo allestimento 46 La «Bovary» di Luciano Colavero


a cura di Alberto Massarotto di Fernando Marchiori

20 Contemporanea 47 Dalle note di regia della «Bovary»

20 A proposito della «Porta della legge» di Sciarrino 48 Carta Canta


di Mario Messinis
48 Il Mozart «al femminile» di Leonetta Bentivoglio
22 La terza Biennale di Ivan Fedele di Leonardo Mello
a cura di Alberto Massarotto

24 La «Biennale College»

25 Steve Reich
di Mario Messinis

26 Sulla Biennale Musica 2014 (1)


di Paolo Petazzi

28 Sulla Biennale Musica 2014 (2)


di Enrico Bettinello

30 Claudio Ambrosini e la guerra vista da un bambino


a cura di Leonardo Mello

2 | VENEZIAMUSICA e dintorni
EDITORIALE

C
ome è ormai tradizione, VeneziaMu- poranea, a partire ovviamente da uno sguardo ca-
sica e dintorni incentra il numero di pillare sulla Biennale Musica appena trascorsa, e
novembre su uno dei momenti più dedicando altresì alcune pagine al dibattito lettera-
importanti dell’anno musicale vene- rio di oggi e di ieri.
ziano, vale a dire l’apertura della stagione lirica. La musica, il teatro, la letteratura, le arti visive
Quest’anno la Fenice, all’interno di un program- sembrano sempre più «necessitate» a incontrarsi,
ma dai contorni vasti e frastagliati, presenta, come abbandonando i marcati confini che contraddistin-
spettacolo inaugurale, un nuovo allestimento del guevano e connotavano ciascun genere nell’ormai
Simon Boccanegra verdiano, che proprio a Vene- trascorso Novecento. Commistioni innovative tra
zia ebbe il debutto assoluto il 12 marzo del 1857. parola, gesto, movimento, canto, supporti architet-
Un’altra opera, dopo Il trovatore, che il composito- tonici sono ormai all’ordine del giorno, in una ten-
re emiliano, coadiuvato per il libretto da Francesco denza che sembra irreversibile e che probabilmen-
Maria Piave, aveva tratto dal teatro drammatico te influirà in modo determinante nelle ridefinizione
dello spagnolo Antonio García Gutiérrez, un au- futura delle arti, sceniche e non. Favorire la comu-
tore acclamato in patria ma piuttosto sconosciuto nicazione tra questi settori è parso uno dei modi
nel resto d’Europa. Tra i capolavori di Verdi, il più efficaci di rispondere senza presunzione alla
Simon non è uno dei più celebri e rappresentati, funzione che sta all’origine di questa nostra espe-
ma presenta importanti snodi sia dal punto di vista rienza editoriale, che con novembre 2014 sorpas-
musicale che drammaturgico: all’analisi di questi sa il traguardo del decimo anno di vita. La prima
elementi, oltre che all’esplorazione del nuovo im- uscita, caratterizzata dall’entusiasmo e dall’ingenu-
pianto registico, firmato da Andrea De Rosa, ab- ità che sempre accompagnano le nuove avventure,
biamo dunque dedicato la prima parte della rivista. risale infatti al novembre 2004, in ideale coinciden-
Ma per confermare e accrescere la volontà, accen- za con l’agognata riapertura della Fenice, grazie,
tuatasi ulteriormente negli ultimi numeri, di svisce- anche allora, a uno spettacolo verdiano, quella
rare il panorama culturale del territorio cui ci rife- Traviata allestita da Robert Carsen che ancora oggi
riamo, spesso allargato a «dintorni» sia geografici è riproposta con successo, oltre che a Venezia, nei
che sostanziali, nella seconda parte ampio spazio cartelloni dei maggiori teatri europei.
ricopre l’elaborazione musicale e teatrale contem-

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Focus – La stagione 2014-2015

LA SPECIFICITÀ DELLA
FENICE, TRA INNOVAZIONE
E IMPORTANTI RITORNI
di Cristiano Chiarot*

L
a stagione 2014-2015 rafforza la programma si articola anche in altre direzioni. Ne è
strada intrapresa in questi ultimi esempio il recupero di un’opera piuttosto trascura-
anni, nei quali si è sempre più chia- ta come l’Alceste di Christoph Willibald Gluck. Ri-
ramente definito un modello pro- teniamo sia compito di un’istituzione come la Fe-
duttivo proprio della Fenice. L’obiettivo che ci sia- nice intervallare a titoli di grande richiamo anche
mo prefissati è continuare a offrire un’ampia varietà opere meno note che però rappresentano passaggi
di proposte culturali e musicali ai diversi pubblici fondamentali della nostra tradizione musicale. Per
che frequentano i nostri due teatri, aumentando il valorizzare al massimo quest’Alceste abbiamo affi-
più possibile quest’offerta. Si tratta di uno sforzo dato la regia, le scene e i costumi a un artista raffi-
ingente, che vede coinvolti tutti i settori del Teatro, nato e colto come Pier Luigi Pizzi, che tornerà per
ciascuno con le sue competenze, per raggiungere la quarta volta a lavorare su questo capolavoro di
le finalità che ci siamo programmaticamente posti. Gluck, autore di cui festeggeremo anche il tricen-
Il primo pubblico al quale abbiamo pensato è na- tenario della nascita.
turalmente il fedele gruppo degli abbonati, cui è Un altro elemento caratterizza da tempo gli indi-
riservata una stagione variegata e caratterizzata da rizzi programmatici del Teatro, vale a dire la colla-
molte novità. Nella costruzione di questo nuovo borazione con altre importanti realtà culturali del
cartellone, come già in passato, abbiamo infatti te- territorio. In questo senso va il progetto dedicato
nuto conto anche dei preziosi suggerimenti che ci a Vincenzo Bellini, la cui Norma sarà presentata a
arrivavano dagli abbonati stessi. maggio. Dopo il successo della Butterfly realizza-
C’è poi l’importante appuntamento rappresenta- ta nel 2013 insieme alla Biennale Arte, nella quale
to dall’Expo, al quale abbiamo riservato partico- abbiamo assistito all’affascinante e inedita lettura
lare attenzione con la volontà di proporre anche scenografica di Mariko Mori, è ora la volta del fa-
a spettatori che provengono da lontano un ampio moso lavoro belliniano, con il quale si cimenterà
ventaglio di rappresentazioni. La Fenice da sempre un’altra importante artista visiva come Kara Wal-
per sua natura si rivolge anche a un pubblico inter- ker, che nella sua carriera ha indagato temi centrali
nazionale, che grazie ai nostri spettacoli è attirato a del dibattito culturale odierno, quali la violenza
venire a Venezia. E la manifestazione milanese è un di genere, la sessualità, la discriminazione. Tutto
momento particolarmente importante per l’enor- questo confluirà certamente nella sua interpre-
me numero di persone che richiamerà da tutta Ita- tazione registica dell’amara vicenda di Norma. Il
lia e dall’estero. Con questo spirito è stata varata sodalizio con la Biennale nasce dalla convinzione
l’iniziativa «Expo Traviata»: il celebre allestimento che sempre più sia necessario un incontro tra for-
firmato da Robert Carsen nel 2004, in occasione me espressive differenti, per esprimere un punto di
della riapertura del Teatro, raggiungerà nel 2015 la
cifra record di venticinque repliche.
Ma il nostro impegno per ampliare e diversificare il * Sovrintendente Fondazione Teatro La Fenice

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Focus – La stagione 2014-2015

vista fresco e innovativo nella creazione di nuovi ed emblematica come Il flauto magico mozartiano.
spettacoli d’opera. Non mi riferisco alle cosiddette Qualche considerazione infine sull’inaugurazione,
«attualizzazioni», spesso estetizzanti, quanto a un che come ogni anno è l’inizio di un’ulteriore sfida.
modo contemporaneo e vitale di intendere il teatro Questa volta abbiamo voluto accostare al menzio-
musicale. nato Simon un titolo amato dal pubblico come La
Senza soffermarmi su ogni titolo scelto voglio però traviata, che come ricordavo poc’anzi tornerà più
mettere in evidenza alcune altre linee-guida di que- volte nel corso della stagione. Anche qui la volon-
sta nuova stagione, che prosegue – lo ripeto – il tà è stata quella di mettere insieme uno spettacolo
percorso avviato negli ultimi anni. Oltre allo sforzo nuovo di zecca, curato scenicamente da Andrea
produttivo, che si fa sempre più massiccio, l’atten- De Rosa, e un «classico» che è divenuto nel tempo
zione è rivolta anche all’eccellenza del cast artisti- anche, per così dire, il marchio di fabbrica della
co. In questo senso fondamentale è l’alternanza di Fenice. Due opere, tra l’altro, composte da Verdi
nomi di chiara fama – due per tutti il citato Pizzi proprio per il nostro Teatro, e che assumono, an-
e Myung-Whun Chung, che tornerà alla Fenice che per questo, un forte valore simbolico. Simbo-
per dirigere il nuovissimo allestimento del Simon lica è poi anche la centesima ripresa della Travia-
Boccanegra verdiano – e direttori, cantanti e registi ta, che rappresenta, per tornare a quanto dicevo
giovani, che abbiamo selezionato per il loro talento all’inizio, l’idea che sottende la nostra concezione
e che rappresentano un’importante apertura alle produttiva: costruire spettacoli importanti, con
nuove generazioni, in un disegno complessivo che caratteristiche di novità nel rispetto della dram-
deve necessariamente contraddistinguere un ente maturgia originale, e dare loro una vita, riproporli
culturale come il nostro. In questa direzione si in- perché possano essere visti e ammirati dal più vasto
serisce anche la prossima regia di Damiano Michie- numero di appassionati possibile.
letto, che affronterà questa volta un’opera capitale

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Focus – Simon Boccanegra

UNA STAGIONE «ITALIANA»


E VARIEGATA

di Fortunato Ortombina*

N
ella stagione 2014-2015 abbia- Triumphans di Vivaldi, dei primi del Settecento. In
mo voluto dare un ulteriore in- mezzo trova posto il Classicismo e il melodramma
cremento alla nostra program- dell’Ottocento fino a Puccini. La doppia inaugu-
mazione. Da anni abbiamo razione è poi tutta verdiana, con il nuovo allesti-
costruito, per così dire, una «politica dello svilup- mento del Simon Boccanegra firmato da Andrea De
po», prima di tutto del repertorio, ampliandolo, e Rosa e diretto da Myung-Whun Chung, sommo in-
poi creando le basi per la crescita di giovani talenti terprete del Genio di Busseto, e la riproposizione
per quanto riguarda il canto, la regia e la direzione della Traviata, che vedrà sul podio Diego Matheuz.
d’orchestra. Su tutti questi fronti ora ci proponia- Questo accostamento è interessante anche per il
mo di continuare il processo di accrescimento av- fatto che il giovane venezuelano iniziò a lavorare
viato. Questo significa anche aumentare, in termini a Venezia cinque anni fa, quando venne a dirigere
numerici e qualitativi, le opere in cartellone: le fu- le ultime recite di un Rigoletto che aveva diretto
ture «alzate di sipario», seppure proponendo per proprio Chung. In questo senso quindi il cerchio
tre volte la nostra Traviata, saranno infatti ventuno. si chiude.
Quindi incrementeremo ancora di più la varietà Un altro argomento forte è la venezianità di molti
della stagione lirica, che –come ho detto altre volte dei pezzi che abbiamo selezionato: il Simon ebbe la
– deve essere un unico grande spettacolo, compo- prima versione proprio alla Fenice (una seconda,
sto di molti ingredienti diversi. Deve cioè avere un più fortunata, che riproponiamo anche noi, fu in-
appeal, perché è la presentazione di un Teatro e di vece scritta per la Scala), così come è noto che La
quello che offre, ed è dal grado di appetibilità e traviata fu ideata per il nostro Teatro. A queste si
di interesse con cui riesce a vellicare la curiosità aggiunge – per citare soltanto un altro titolo – an-
e il gusto di ogni singolo abbonato che si capisce che I Capuleti e i Montecchi composta nel 1830 da
se la programmazione funziona o meno, pensando Bellini per Venezia.Cerchiamo insomma, in questo
anche alle molte persone che arrivano in laguna da nuovo cartellone, di sottolineare una vera e propria
fuori,e magari da lontano, e che – a seconda delle civiltà veneziana legata all’opera e al canto. Bellini
proposte che vengono fatte loro – pianificano uno poi tornerà anche con una nuova messinscena della
o più viaggi a Venezia. Norma, realizzata in collaborazione con la Biennale
Da un punto di vista musicale, quest’anno pre- d’Arte, come già avvenne due anni fa per la for-
sentiamo una stagione fortemente improntata a tunata rappresentazione della Madama Butterfly
un’identità italiana, che allarga l’ampiezza tempo- firmata da Mariko Mori. Questa volta, a curare la
rale in cui le composizioni sono state scritte. C’è regia e le scenografie sarà l’americana Kara Wal-
musica del Novecento inoltrato, come La voix ker, e sarà assai interessante vedere come un’artista
humaine di Francis Poulenc, scritta alla fine degli
anni cinquanta, cioè musica pressoché contempo-
ranea, così come all’estremo opposto la Juditha * Direttore artistico Fondazione Teatro La Fenice

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Focus – Simon Boccanegra

contemporanea, finora estranea alla lirica, possa Triumphans di Vivaldi, che non è un’opera ma un
sintetizzare l’universo di quest’opera, che – rispet- oratorio per il quale il Prete Rosso ricevette l’inca-
to alla Butterfly – presenta alcune complessità in rico nei primi del Settecento in occasione di una
più, dovute alle molte scene di massa e corali. vittoria sui turchi per il possesso di Corfù: il go-
A seguire un dittico di Gaetano Donizetti, di cui verno veneziano gli commissionò questo pezzo che
presenteremo L’elisir d’amore e il Don Pasquale: a fu eseguito alla Pietà, che come tutti sanno era un
quest’ultimo titolo siamo molto legati, perché ven- collegio femminile. La compagine vocale, che com-
ne rappresentato, con grande successo, al Malibran prende cinque ruoli solistici e ampie parti corali,
quando ancora la Fenice non era rinata. Dopo di per cui è stata composta pure la linea dei bassi e
allora, ben quattordici Teatri, tra italiani ed euro- dei tenori, sarà esclusivamente eseguita dalle voci
pei, l’hanno richiesto per il loro cartellone. femminili del coro della Fenice. Quindi sarà anche
Una vera rarità è poi la prima veneziana dell’Alce- un test sonoro molto interessante.
ste di Christoph Willibald Gluck: la versione del Nel mese di settembre avremo infine la nostra or-
1767, in italiano, era un’opera-programma di quel- mai abituale ripresa dopo l’estate con La traviata,
la che doveva essere la riforma del melodramma. che si alternerà ad altre produzioni della Fenice
Mi stupisce che in tanti anni, data anche la forte come Tosca e La cambiale di matrimonio di Rossini.
vocazione classicista e neoclassicista che ha sempre Si prosegue, al Malibran, con un altro dittico, com-
contraddistinto Venezia, non sia mai stata rappre- posto dal Diario di uno scomparso di Leoš Janáček
sentata qui. Per un recupero in grande stile abbia- e la citata Voce umana di Poulenc con la regia affi-
mo affidato la regia a un maestro come Pier Luigi data a un giovane talento milanese, Gianmaria Ali-
Pizzi, festeggiando con l’occasione anche i suoi ot- verta. E a chiudere la stagione sarà un altro titolo
tantacinque anni. importante, Il flauto magico di Mozart, affidato a
In giugno sarà poi la volta della citata Juditha Damiano Michieletto e al suo team.

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Focus – Simon Boccanegra

IL «SIMON BOCCANEGRA»
DEL 1857: UNA CRONACA

I
l 22 novembre debutta alla Fenice il cipali: Simone Piazzola (Simon Boccanegra), Giacomo
Simon Boccanegra di Giuseppe Ver- Prestia (Jacopo Fiesco), Julian Kim (Paolo Albiani),
di, un nuovo allestimento del Teatro Luca Dall’Amico (Pietro), Maria Agresta (Amelia Gri-
con la regia di Andrea De Rosa e la maldi), Francesco Meli (Gabriele Adorno).
direzione di un grande esperto del musicista di Busseto Prima di dare spazio agli interventi seguenti, che offro-
come Myung-Whun Chung. Questi gli interpreti prin- no una lettura dell’opera da molteplici punti di vista, ri-

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Focus – Simon Boccanegra

produciamo la recensione pubblicata anonima nell’Ap- ed io non m’arrischio a profferire più nessuna sen-
pendice della «Gazzetta privilegiata di Venezia» in tenza. Potrei chiamar buoni i versi del Piave, potrei
data 15 marzo 1857. Questo resoconto del Simon, la chiamarli cattivi, ed avere torto egualmente. E poi
cui prima assoluta si svolse il 12 marzo, nell’originale chi bada ora alla veste poetica ne’ libretti? La mu-
ottocentesco era accostato a un’altra critica verdiana, sica, nata ad un parto colla poesia, come i due putti
dedicata invece a una ripresa del Trovatore, andata in del Rota, fa a un di presso al modo del putto bianco,
scena, sempre alla Fenice, il primo gennaio. che si caccia sotto a’ pie il negro. La musica conculca
la poesia; fa strazio della parola, e purché ne sorga
Il tempo è prezioso e questa è verità dimostrata, la nota, tanto fa l’una che l’altra. Quello ch’è certo
benché non generalmente riconosciuta; e’ non si dee è che il poeta presentò al maestro una nuova e varia
dunque perdere in opere inutili. Noi vi demmo fino tela, che il suo dramma ha un certo scenico effetto,
da una settimana fa la storia di questo Simon Bocca- e pietosissime situazioni. Quantunque d’una certa
negra: voi sapete chi è, che cosa ha fatto, come visse misura, nessuno dirà che la favola si perda in troppe
e morì, non ci occorre dunque parlar del soggetto. Il lungaggini; molti fatti ci sono esposti, ma molti, an-
libretto ci aggiunse soltanto una figlia, che il Bocca- cora si lasciano indovinare; si fa capitale dell’accor-
negra ebbe da certi suoi amori contrastati e clandesti- tezza dell’uomo.
ni con una Fieschi; ch’egli smarrì bambina e che poi Quanto alla musica, egli è un altro discorso, un altro
riscontra e riconosce nel tempo, in cui il dramma si ordine d’idee. Il Verdi è salito a tale altezza, il suo
finge; ch’è amata del pari da un Gabriele Adorno e nome, fondato su tante egregie prove, ha sì gran suo-
da un Paolo Albiani, popolano rifatto, e che il padre no, che l’annunzio d’un suo nuovo lavoro equivale a
concede in isposa al primo, pel motivo plausibilissi- un avvenimento nell’arte, e se ne può predire, se non
mo, ma non sempre da’ padri compreso, ch’egli è da il futuro successo, il quale spesso dipende da mille
lei preferito, e benché suo nemico, mentre l’altro è incerte e occulte cagioni, certo l’intrinseco pregio.
suo fautore e seguace. Di che segue costui si mette La musica del Boccanegra non è di quelle che ti fac-
contro il doge co’ Guelfi, e questo non gli riuscendo, ciano subito colpo. Ella è assai elaborata, condotta
te gli dà un beverino e finisce la storia, o meglio, la col più squisito artifizio, e si vuole studiarla ne’ suoi
favola. particolari. Da ciò nacque che la prima sera ella non
Fuor di questo traditore, ch’è un vero marrano, tut- fu in tutto compresa, e se ne precipitò da alcuni il
ti gli altri compongono una società di genti compi- giudizio; giudizio aspro, nemico, che nella forma,
te, docili, pieghevoli, che non conservan rancore: il con cui s’è manifestato, e rispetto ad un uomo, che
doge perdona a’ congiurati, i congiurati perdonano chiamasi Verdi, uno de’ pochi, che rappresenti di
al doge; Fiesco giunge a pregar fin pace sulla sua fuori le glorie dell’arte italiana, che compose il Na-
tomba; Amelia per obbedire al padre, appena tro- bucco, i Lombardi e tanti altri capolavori, i quali fece-
vato, dimentica quasi l’amor suo: tutti piegano, si ro e fanno il giro del mondo, ben poteva parere, per
convertono, e se il mondo non va per ordinario così, non dir altro, strano e singolare. Se non che le cose
e così non sarà ne meno andato ai tempi di messer Si- mutarono faccia alla seconda rappresentazione: le
mone; se i caratteri sempre rimangono saldi, e’ dovrà opinioni si modificarono; alcuni pezzi, ch’erano pri-
pur confessarsi che il mondo a questa guisa cammi- ma inavvertiti e negletti, si notarono, s’applaudirono,
nerebbe assai meglio; e’ sarebbe davvero il miglior e il maestro, ben contate, fu domandato per insino a
dei mondi possibili, ed io lodo assai il Piave d’averlo diciannove volte sul palco; trionfo tanto più grande,
trovato. quant’egli sorgeva dalla caduta, ma che non sorprese
Quanto a’ versi non ne discorriamo. In un tempo di nessuno, chi ben pensava.
tanta confusione d’opinioni e di gusti, quando il sig. Ciò che può in qualche modo spiegare quella prima
di Lamartine in Francia osava pubblicare alla faccia e sinistra impressione, è il genere della musica forse
della terra che i versi di Dante sono presso a poco troppo grave e severa, quella tinta lugubre che domi-
una porcheria, in verità non si capisce più nulla: le na lo spartito, e il prologo in ispecie. Dopo un breve
leggi della critica o le teste degli uomini cambiarono, preludio, in cui si toccano i più bei motivi dell’opera,

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Focus – Simon Boccanegra

ecco il prologo comincia. È notte; la città di Genova Figlio, a tal nome palpito,
è sordamente agitata per la elezione di un nuovo si-
gnore. Paolo si maneggia pel Boccanegra, ch’ei chia- con quella esimia cadenza; da ultimo, il magistrale
ma di soppiatto da Savona, e mette innanzi per salire artifizio del finale, sono bellezze di prim’ordine, che
con lui; un coro narra le sventure dì Maria, l’amata di la seconda sera perfettamente s’intesero e si valutaro-
Simone, tenuta prigioniera da’ suoi; ed indi a poco no, e tanto dopo la cavatina, quanto dopo il secondo
Fiesco, nella cavatina del basso, l’Echeverria, ne an- duetto e l’adagio del finale, il maestro dovette, a furia
nunzia e deplora la morte: tutte queste misteriose e di voci e di mani, mostrarsi non so quante volte.
tetre cagioni sono espresse dal solenne carattere della L’atto secondo non ebbe eguale fortuna. L’aria del
musica, studiosamente ponderata all’effetto ne’can- tenore, in cui, per le malvagie insinuazioni di Paolo,
ti e ne’passi eloquentissimi dell’orchestra; come nel Gabriele, che non conosce ancora il secreto del vin-
bell’adagio dell’anzidetta cavatina, a cui si mesce di colo che stringe il doge ad Amelia, concepisce contro
dentro un flebil coro dì donne, con pedale degli uo- lei sospetti e gelosie; e il duetto ch’indi tra’ due, Ame-
mini, e che termina non si può dire con quale soave lia e Gabriele, ne segue, passarono piuttosto freddini.
malinconica melodia degli strumenti. A questo pun- Non ci si nota grande sfoggio d’immaginazione, ben-
to, fin dalla prima sera fu domandato il maestro, e ché nella prima assai si lodasse la burrascosa agita-
più volte comparve alla seconda. Il prologo sì chiude zion dell’orchestra, che così bene risponde all’interna
con un coro assai vivace e festìvo, in cui il popolo agitazione del personaggio ed alla parola. A questo
celebra l’elezione del Boccanegra. luogo cade il terzetto, uno de’ pezzi più condotti e
L’atto primo s’apre con la cavatina del soprano. finiti dell’opera, a detta di tutti gl’intelligenti.
Amelia, la Bendazzi, aspetta l’amante, e s’affligge de’ Il doge, la mente oppressa, stanche le membra, come
suoi lunghi indugi. Il primo tempo è, per verità, un dice il libretto, è vinto dal sonno. E’ sogna d’Amelia,
po’ languido e scolorato, benché s’accompagni col e come la sua mente, la musica, con filosofico pen-
più grazioso movimento d’orchestra, e spertichino siero, richiama l’immagine della figlia con la melodia
del tenore, il Negrini, di dentro. All’udir quella voce del duetto, in cui egli la riconobbe. Quand’egli si de-
cessano ì dubbi suoi, e ben l’allegrezza di quell’ani- sta, si trova a fronte della figlia, che arresta il braccio
mo tutta si spande nella cabaletta, del più vivace e di Gabriele, il quale volea trucidarlo. Gli esce allora
spiritoso concetto, che la Bendazzi canta con una for- dal labbro il secreto; quegli s’avvede e si pente del
za, un’agilità e potenza d’acuti, che difficilmente da suo errore, s’offre ad espiarlo; il doge pende incerto
altre udiremo. Che voce, e qui pure, qual arte! se debba perdonare o punire, ed Amelia, che più non
In quest’atto sono tre altri pezzi notabili: il duetto tra teme pel padre, ora teme per l’amor suo. Il terzetto
soprano e tenore, un altro tra quello e il baritono, si svolge in questa varia situazione; se ne ammira il
ed il finale. Nel primo l’imitativa armonia degl’istru- grandioso lavoro, la proprietà della frase e del canto:
menti, la vaghezza della frase ma ci lascia scarsa impressione, perché termina qua-
si improvviso, con un coro dì congiurati di dentro,
ripara i tuoi pensieri che poco anche s’intende, e sembra piuttosto inter-
Al porto dell’amor; rompere che finire il pezzo. Gli nocque la singolarità
della forma.
l’agitato della stretta, quando i due amanti, per fug- Un altro gran tratto, il tratto anzi capitale dell’opera,
gire alle insidie di Paolo, risolvono d’affrettare il è il quartetto finale dell’atto terzo. Il doge, circonda-
rito nuziale, ed in cui i cantanti sì bene si uniscono; to dalla figlia, da Gabriele, da Fiesco, con cui s’è già
nell’altro l’entrata del clarinetto, la passione che spi- riconciliato, muor del veleno, propinatogli da Paolo.
ra dal racconto, benché un po’ forse prolisso, della Sarebbe difficile notare tutt’i pregi, che si riscontrano
Bendazzi, quella espansione, mi si permetta la figura, in questa veramente grandiosa composizione, in cui
dell’orchestra, quando il padre riconosce la figlia, e tutti si manifestano il profondo sapere e il grande in-
più di tutto la piena e larga, e sì affettuosa melodia gegno dell’insigne maestro. Quale tesoro d’armonie!
dell’ultimo tempo: qual filosofia di melodiche espressioni! La frase della

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Focus – Simon Boccanegra

benedizione del morente, il lamento, il singulto della Fu una importazione di fuori. Il pubblico di Venezia
figlia, quel sommesso accompagnar de’ violini, i rin- è umano, intelligente, cortese: si rispetta e rispetta
tocchi misurati de’ timballi, tutto quel funebre con- gl’ingegni.
certo di voci e di suoni, ti lacera il cuore, ingombra
di terrore la scena. L’arte sorpassa quasi se stessa, la Questi, infine, i dati di locandina che completavano
finzione va fin troppo al vero vicina. Il maestro, finito l’articolo:
lo spettacolo, per due volte la seconda sera raccolse
sul palco la corona del pubblico suffragio. 1857, 12 marzo – Teatro La Fenice
Della Bendazzi a suo luogo dicemmo: tutti gli altri SIMON BOCCANEGRA
attori, il Negrini, il Giraldoni, l’Echeverria, sostenne- Melodramma in un prologo e tre atti di Francesco
ro egualmente l’opera coll’usato loro valore, ed ella è Maria Piave, musica di Giuseppe Verdi.
messa, come di consueto, splendidamente in iscena. Prima Assoluta
Onorando l’opinione di tutti, e poiché quella del Interpreti: Leone Giraldoni (Simon Boccanegra);
pubblico non è in questa occasione chiara abbastan- Giuseppe Echeverria (Jacopo Fiesco); Giacomo
za, abbiamo detto sul lavoro del Verdi liberamente Vercellini (Paolo Albiani); Andrea Bellini (Pietro);
la nostra, anche perché fondata sul voto delle più Luigia Bendazzi (Maria Boccanegra); Carlo Negrini
competenti persone, che tutte s’accordano a levarne (Gabriele Adorno).
a cielo, massime la fattura. Non nascondiamo però Direttore Carlo Ercole Bosoni.
che tutti non sono del nostro avviso, e che il Verdi, o Maestro del coro Luigi Carcano.
almen la sua opera, ha non pochi avversarii; ma, per Messa in scena di Francesco Maria Piave.
onore del nostro gentile paese, dobbiamo pur dichia- Scene di Giuseppe Bertoja.
rare che certi segni di sfavore, troppo eloquenti ed Impresa fratelli Marzi.
aperti, non mossero da labbro veneziano. N. 6 repliche.

Un bozzetto di Andrea De Rosa per il Simon Boccanegra di Verdi in scena alla Fenice dal 22 novembre.

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Focus – Simon Boccanegra

DA GUTIÉRREZ A VERDI

di Lorenzo Bianconi*

C
ol Simon Boccanegra Verdi ri- 1338, nel momento dell’acclamazione del cor-
tenta il colpo fortunato del Tro- saro a doge; i quattro atti successivi si svolgo-
vatore: per la seconda volta at- no ventiquattr’anni dopo, e terminano con la
tinge da un dramma di Antonio morte del protagonista: chi aveva trentasette
García Gutiérrez (1813-1884), Simón Bocane- anni nel prologo (Simón) ne ha sessantuno nel
gra, andato in scena nel 1843. Non sappiamo dramma; chi ne aveva quarantacinque (Fiesco),
da dove Verdi avesse tratto notizia di questi sessantanove; chi tre (María, creduta Susana
drammi acclamati a Madrid ma sconosciuti al nel dramma, Amelia nell’opera), ventisette. Il
di qua dei Pirenei. Come nel caso del Trova- prologo, peraltro, consente sì di presentare de
dor, il folgorante «dramma cavalleresco» che visu gli eventi originari della vicenda: ma non
nel 1836 aveva proiettato d’un balzo lo squat- per questo il drammaturgo ha rinunziato a un
trinato studente ventitreenne nel firmamento antefatto, tenebrosissimo anch’esso, che come
del teatro romantico spagnolo, non vi era allo- nel Trovador solo a poco a poco riaffiora dai
ra alcuna traduzione francese o italiana del Si- resoconti, sempre frammentari e obliqui, che
món Bocanegra. E come per Il trovatore, Verdi ne danno diversi personaggi. In più, la stoffa
si dev’essere arrangiato a tradurlo di suo pu- del dramma essendo ritagliata nell’aspro, sordo
gno, assistito dalla colta consorte, Giuseppina conflitto che oppone dapprincipio la plebe agli
Strepponi, versata nelle lingue. È probabile aristocratici, indi il despota ai suoi oppositori
che il librettista Francesco Maria Piave non occulti sia guelfi sia ghibellini, vari personaggi
abbia mai avuto per mano l’originale spagno- del dramma vivono in clandestinità, sotto falso
lo. Ancor oggi manca un’edizione italiana, che nome, e i loro dialoghi sono avvolti in una col-
pure dovrebbe far gola a tutti i patiti del teatro tre di mistero, di cifrata allusività, in un guar-
verdiano: c’è però una bella versione in versi dingo dire e non dire che aizza la curiosità dello
che attende un editore, approntata or ora da spettatore ma esige dal lettore un’acuita atten-
una giovane ispanista fiorentina, Silvia Rogai. zione. In senso generale il dramma di García
Come nel caso del Trovador/Trovatore, l’intrec- Gutiérrez illustra appunto la corrosione degli
cio, aggrovigliato già nel dramma, risulta anco- animi che in un regime di tirannide finisce per
ra più oscuro nella compressione librettistica. guastare perfino la marmorea statura morale
Il congegno teatrale che García Gutiérrez ha dei due principali antagonisti, il patrizio Jacobo
imbastito sulla vicenda umana del primo doge Fiesco e il plebeo Simone Boccanegra.
di Genova, Simone Boccanegra (1301-1363), è
artificioso all’estremo. Il prologo si colloca nel * Università di Bologna

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Focus – Simon Boccanegra

Nel clima di dissimulazione e sospetto che Si dice spesso che Simon Boccanegra è un’ope-
permea il dramma, García Gutiérrez ha fatto ra politica. Certo, la lotta delle fazioni alimen-
abbondante ricorso a un procedimento tipico ta sordide passioni in quest’opera: e nella ver-
del teatro classico, il tardivo riconoscimento sione del 1881 la figura del doge dominatore
della vera identità di un personaggio: l’ac- viene potentemente sbalzata dalla Scena del
cumulo delle agnizioni deve aver affascinato Consiglio aggiunta di sana pianta da Boito
Verdi, per i veementi effetti patetici che ne (nulla di simile nell’originale). Ma nel dram-
poté trarre. Il Simón Bocanegra vanta almeno ma spagnolo un altro e diverso tema deve aver
un’agnizione per atto. Nel prologo Simón sti- sedotto Verdi, il feroce contrasto tra il corsaro
pula col capo della fazione plebea, Paolo, un e il patrizio, cioè tra il baritono che incarna
patto politico scellerato al solo fine di potersi la forza irresistibile dell’amore e il basso che
impossessare della sua donna, la figlia del no- gli oppone la granitica inflessibilità dell’odio.
bile Fiesco che la tiene sequestrata: ma un atti- Nel Simon Boccanegra la sfida che oppone Fie-
mo dopo la scopre ormai cadavere. Susana sa sco e Simone per un interminabile quarto di
di essere María e lo palesa a Simón al prim’at- secolo tematizza un quesito assai serio: come
to, ma non sa di essere sua figlia: lo apprende invecchiare bene, come invecchiare male. Si-
da Simón al second’atto. Gabriel, l’amante di mone muore male, sì, ma muore contento: ha
Susana, ignora che Simón non è, com’egli cre- inseguito un sogno d’amore, infine appagato
de, il seduttore e rapitore di Susana bensì il nel ritrovamento della figlia perduta; ricono-
suo genitore: lo apprende al terz’atto. Simón sciuto Fiesco, può mantenere il patto che in-
non sa che Andrea è in realtà il vecchio Fie- speratamente suggella la loro riconciliazione
sco, il suo antagonista nobile, e questi non e la concordia dei Genovesi; salda i conti col
sa che Susana è sua nipote: lo apprendono al passato, e sulle labbra smorte gli fiorisce un
quart’atto, nel diverbio finale che nell’opera fioco sorriso di serena letizia. Fiesco invece è
dà luogo al formidabile duetto dei due bassi. invecchiato male, nella sua alterigia ha covato
Susana stessa apprende soltanto in extremis l’odio, il livore, la brama di rivalsa, il rancore:
d’essere la nipote di Fiesco, nell’attimo in cui il riconoscimento di Maria nell’attimo stesso
Simón spira, avvelenato per vendetta da Pao- della morte di Simone è per lui insieme una
lo. Quanto a costui, l’antagonista ignobile che grazia inopinata e il fomite d’un rimorso che
pretendeva per sé la mano di Susana, muore lo perseguiterà in sempiterno. Il sentimento
in esilio senza aver appreso perché mai Simón prevale infine sulla lotta per il potere.
gliela negasse.

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Focus – Simon Boccanegra

QUALCHE NOTA
SUL «SIMON»

di Fabrizio Della Seta*

S
imon Boccanegra è tra le opere ver- doge, ma per due volte rifiuta di «assassinarlo» o
diane una delle più dichiaratamente di lasciarlo assassinare a tradimento. Il suo dolore
politiche. Da Dante a Manzoni, i per la morte della figlia è autentico, umanissimo è
più grandi italiani avevano visto la il rimprovero rivolto alla Vergine Maria per non
causa della decadenza italiana nelle discordie civi- averne protetto la verginità, come pure il repentino
li, nei contrasti sociali e religiosi. Già nella prima pentirsi della quasi bestemmia. Pur non sapendo
versione (1857), nata in un’Italia divisa tra monar- che Amelia Grimaldi è sua nipote, veglia su di lei
chici e repubblicani, liberali e clericali, federalisti «con paterna cura» e assente alle sue nozze con
e centralisti, l’opera mette in scena le vicende del- Gabriele Adorno. Fiesco sa che la sua pupilla non è
la Genova trecentesca, dove si combattono guelfi nata nobile e mette alla prova la sincerità del giova-
e ghibellini, patrizi e plebei. Nel 1881 (seconda ne: poiché questi dichiara di adorare la trovatella,
versione), mentre il processo unitario è tutt’altro Fiesco lo proclama degno di lei; dunque egli fa per
che consolidato e le classi emarginate cominciano Amelia quello che non aveva voluto fare per sua
a far sentire la loro voce, lo scenario si allarga: il figlia: l’orgoglioso custode dei privilegi di casta be-
doge cerca di convincere i propri concittadini che nedice un’unione diseguale consacrata dall’amore.
«Adria e Liguria / hanno patria comune», ma solo Quando Simone morente gli restituisce la nipote,
per sentirsi ribattere che «È nostra patria / Geno- Fiesco riconosce l’errore in cui è vissuto, piange,
va». Subito dopo assistiamo all’irruzione del popo- abbraccia l’antico nemico. La musica ci dice più
lo nella sala del Senato, che allo spettatore di allora delle parole: per tutta l’opera Fiesco canta in un
richiamava momenti di terrore ancora vivi nella registro di basso profondo, con toni sacerdotali
memoria (la Comune di Parigi). che esprimono la fermezza dei suoi principi; qui si
L’arco del dramma è teso fra i due grandi confron- spinge a un registro baritonale, vicino a quello di
ti tra Fiesco e Simone: essi rappresentano le forze Simone, e giunge quasi a riprenderne una melodia
politiche contrapposte, ma in loro il conflitto pub- cantata in precedenza.
blico s’interseca con questioni private. Entrambi Simone è invece schietto e generoso, ma ha
sono padri di un’unica figlia perduta. Di solito lad- anch’egli qualche lato oscuro. Accetta più per mo-
dove i padri sono due, come in Luisa Miller, uno tivi privati che per vocazione pubblica l’elezione a
è ritratto in termini assolutamente negativi; qui doge, ch’è frutto di un «voto di scambio». Il fatto
invece Fiesco, che dei due è certo il meno simpati- che non sembri esserne pienamente consapevole
co, ha un lato umano che suscita perlomeno com- non depone a favore del suo acume politico, e co-
prensione. Per orgoglio di casta rifiuta a Simone la munque egli accetta la richiesta di Paolo di farlo
mano della figlia sedotta e resa madre, ma l’offerta «parte ai perigli e alla possanza», un palese caso di
di perdonarlo se gli affiderà la nipote è sincera; si concussione. Eletto come uomo di parte, governa
sente offeso nell’onore e per questo, ancor più che
per motivi politici, resta fino all’ultimo nemico del * Università di Pavia

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Focus – Simon Boccanegra

super partes, sollecito del bene comune, tuttavia risolve sublimando l’amor paterno frustrato in un
l’antico popolano non ha una grande opinione di ideale più alto e più astratto, la pace civile:
quelle che definisce sprezzantemente «le plebi»:
(Deggio salvarlo e stendere
Quest’è dunque del popolo la voce? La mano all’inimico?
Da lungi tuono d’uragan, da presso Sì – pace splenda ai Liguri,
Gridio di donne e di fanciulli. Si plachi l’odio antico;
Sia d’amistanze italiche
Così parla il Simone dell’aristocratico Boito, ma Il mio sepolcro altar.)
anche del Verdi settantenne e proprietario terriero,
molto lontano dal figlio dell’oste delle Roncole e A questo auspicio risponde il coro dei congiurati
dal mazziniano del 1848. Posto di fronte al dilem- guelfi, con parole dure, feroci come la musica che
ma di ogni uomo di potere che ha vinto i propri le intona. Si noti il rispondersi di due versi, «Sì –
nemici – condannarli o concedere loro la grazia? pace splenda ai Liguri» / «All’armi, all’armi, o Li-
– nel 1857 Simone propende per la prima opzione: guri», parallelismo della parola-rima, antitesi ideo-
logica tra «pace» e «armi».
Doge! Ancor proveran la tua clemenza Simone parla della propria morte in termini reli-
I traditor?... No, di paura segno giosi (sepolcro = altare): è chiaro che egli si sente
Fora il perdono..., la vittima sacrificale che si immola volontariamente
per il bene comune; più avanti si definirà come un
nel 1881 per la seconda, con un argomento degno martire. L’idea della morte aleggia su tutta l’opera,
del Tito di Metastasio, da monarca assoluto più che ma non sempre come pensiero angoscioso. Simone
da leader democratico: la vede piuttosto come liberazione dagli affanni,
come riposo eterno, un pensiero che ritorna spes-
Di paura segno so nel Verdi maturo. Le ultime parole dell’opera
Fora il castigo... sono quelle con cui Fiesco comunica ai Genovesi
la morte del doge: «Pace per lui pregate!...». E il
A differenza di altri padri verdiani, Simone non popolo, dalla piazza, ripete: «Pace per lui!». L’at-
è geloso. Prima di sapere che Amelia è sua figlia mosfera è la stessa con cui si apre il Requiem del
s’informa discretamente sui suoi sentimenti, dopo 1874, ma non siamo neppure lontani dal finale di
abbandona il proposito di chiederne la mano per Aida, col triplice «pace» di Amneris.
Paolo. Ma quando scopre che l’eletto è Gabriele, «Pace», la parola chiave del dramma. Nel libret-
prorompe: «Una figlia ritrovo; ed un nemico / A to del 1881 ricorre non meno di undici volte, col
me la invola...»; e mentre si abbandona al sonno, massimo rilievo nel grande concertato ch’è il cuore
rimugina tra sé: «Oh! Amelia... ami... un nemi- dell’opera. L’appassionata invocazione di Simone:
co...». Quando Gabriele tenta di ucciderlo, Simo-
ne se ne esce in una frase che, più che minaccia, E vo gridando: pace!
esprime amarezza e lascia intravedere la strada del E vo gridando: amor!
perdono:
trova risposta nella strofa di Amelia:
Ah quel padre tu ben vendicasti,
Che da me contristato già fu... (Pace! lo sdegno immenso
Un celeste tesor m’involasti Raffrena per pietà!
La mia figlia... Pace! t’ispiri un senso!
Di patria carità.)
È questa una delle situazioni in cui passioni pub-
bliche e private vengono a conflitto; Simone lo Spetta alla figlia concludere la pagina avviata

VENEZIAMUSICA e dintorni | 15
Focus – Simon Boccanegra

dall’allocuzione del padre, in maniera sorprenden- sono necessarie a un progetto di vita che trascende
te: dopo la cadenza generale in triplice pianissimo, il singolo. Se nella maggior parte delle sue opere
la sua voce si attarda per altre due battute, senza la presentazione del conflitto tra individuo e po-
accompagnamento, con una dolcissima fioritura tere investe della massima simpatia il primo e il
su «pace!». Nulla potrebbe indicarci più chiara- secondo è visto come il negativo, qui Verdi tenta
mente ciò che Verdi ha voluto intendere. Amelia un’analisi comprensiva dell’aspetto anche positivo
è lo strumento per mezzo del quale Simone spera della sfera pubblica e azzarda l’idea che la felici-
di realizzare il suo grande disegno; il matrimonio tà individuale possa realizzarsi all’interno di essa.
con l’Adorno, benedetto dal doge morente e da Insomma, pur essendo una delle opere più cupe
un Fiesco riconciliato, prelude alla ritrovata con- di Verdi, Simon Boccanegra è forse l’unica con una
cordia civile: «Gli odii funesti han fine!». Verdi è conclusione, non si dice ottimistica, ma perlomeno
troppo disincantato per non sapere che «tutto fi- non desolata.
nisce»; ma sa anche che utopia, speranza, illusione

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Focus – Simon Boccanegra

UNA BREVE STORIA


DELLA VOCALITÀ

di Giorgio Gualerzi*

P
er poche delle sue opere Verdi Poco da dire circa il personaggio di Amelia
fu particolarmente esigente circa Grimaldi, che alla prima assoluta del 1857 era stato
la scelta dei cantanti come per affidato a Luigia Bendazzi, uno dei più compiuti
Simon Boccanegra nell’edizione esempi di soprano drammatico di agilità. Alla Scala
riveduta e corretta andata in scena alla Scala nel nel 1881 fu la volta di Anna d’Angeri, poco gradita
febbraio 1881. Subito si pose il problema del a Verdi perché «precisamente per la potenza della
protagonista, di cui Verdi, con il solito gusto del voce, e della persona, non sarebbe a posto per
paradosso, sottolineava le molteplici difficoltà. «È far la parte di una fanciulla modesta, ritirata, una
una parte faticosa quanto quella del Rigoletto», specie di monachella». Insomma un’Amelia forzuta
scriveva infatti a Giulio Ricordi nel novembre nel fisico e nel robusto strumento di soprano
1880, «ma mille volte più difficile. Nel Rigoletto la drammatico, privo però della duttilità vocale tipica
parte è fatta, e con un po’ di voce e di anima si può della scuola belcantistica italiana.
cavarsela bene. Nel Boccanegra la voce e l’anima Verdi aveva le idee molto chiare anche sulle
non bastano». A parte le non comuni qualità peculiarità vocali di Fiesco, figura «satanica»
vocali, occorre poi anche «quella certa autorità d’ispirazione meyerbeeriana: «Ci vorrebbe una
scenica indispensabile per la parte di Simone». A voce profonda, sensibile nelle corde basse fino al
impersonare il vecchio doge alla Scala fu Victor fa, con qualche cosa nella voce di inesorabile, di
Maurel, di lì a qualche anno primo Jago e primo profetico, di sepolcrale», tutte caratteristiche di
Falstaff, dotato d’indiscutibili qualità d’interprete. cui era priva la voce certamente di prim’ordine ma
Ed è tanto vero ciò che proprio nella presenza di «un po’ vuota e troppo baritonale» di Édouard de
un protagonista poco autorevole dal punto di vista Reszke, il Fieschi del 1881 alla Scala.
scenico – il pur bravo Carlo Tagliabue – consisterà il Gabriele Adorno, infine, fu interpretato da
punto relativamente debole della ripresa veneziana Francesco Tamagno, tenore già celebre e
del gennaio 1950. apprezzato (alla Scala, per esempio, se l’era cavata
A stimolare l’interesse di Verdi erano anche i egregiamente nell’assai più ardua parte di Don
personaggi di Paolo Albiani (drammaturgicamente Carlo) ma non ancora entrato nel mito. Ci entrerà
fondamentale) e del popolano Pietro: «Sono parti di lì a sei anni quale Otello, e per il 1881 possiamo
per due attori, e che sieno veramente attori», si immaginare un Verdi interessato non tanto al suo
raccomandava Verdi a Ricordi, in ciò indicando la rendimento nel Simon Boccanegra, quanto a capire
necessità di non sottovalutarle e di affidarle a due se le sue risorse d’interprete potessero un giorno
artisti completi. Non a caso per Giancarlo Landini essere adatte al Moro di Venezia.
questa lettera di Verdi rappresenta «il momento
ufficiale della nascita del cantante-attore che tanta
parte avrà nella produzione della Giovane Scuola
e, più in generale, nel teatro del Novecento». * Critico musicale

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Focus – Simon Boccanegra

ANDREA DE ROSA ILLUSTRA


IL SUO ALLESTIMENTO

a cura di Alberto Massarotto*

A
ndrea De Rosa, cosa vedremo sul tempo, prepotente poiché simbolo di un impedi-
palco del Teatro la Fenice? mento amoroso: è infatti il padre di Maria, Jacopo
Se dovessi rispondere d’istinto Fiesco, a segregare la figlia all’interno della fortezza
direi semplicemente: il Simon affinché rinunciasse, addirittura a costo della pro-
Boccanegra! Intendo dire che per il nuovo allesti- pria vita, all’amore per Simone.
mento dell’opera di Verdi che il Teatro mi ha affi-
dato, sono rimasto fedele al testo evitando qualsiasi Quali difficoltà si incontrano nel rendere le relazioni
tipo di tradimento o sconvolgimento provocato da che intercorrono tra i vari personaggi?
qualche effimero trucco o effetto. Direi che in un Su questo fronte Simon Boccanegra è un’opera mol-
certo senso ho pensato all’opera nel modo più tra- to articolata, al punto da apparire addirittura com-
dizionale, cercando di rafforzare l’interpretazione plicata. Ed è probabilmente questo uno dei motivi
al fine di esaltare quello che secondo me può essere che decretò lo scarso successo di pubblico nella
considerato l’elemento chiave: il mare. prima versione. I rapporti di parentela o di interes-
se che sussistono tra i vari personaggi della vicenda
In quale modo? sono in continuo cambiamento. Si dovrà aspetta-
Posso anticipare che al mare ho attribuito un’im- re il terzo atto affinché tutti i nodi della storia si
portanza primaria rendendolo presente, in forme sciolgano quasi in una sorta di smascheramento
sempre diverse, per tutta la durata dello spettacolo: identitario. Provo un interesse vivo nell’esaltare le
a volte ne avvertiamo il richiamo in lontananza, in relazioni umane sulla scena, un’operazione che mi
altre invece si rivela addirittura attraverso il suppor- appassionò già quando affrontai la realizzazione
to video che interagisce con il resto dell’allestimen- del Trovatore lo scorso marzo per il Teatro Muni-
to. Un altro elemento che ho voluto sottolineare in cipal de São Paulo in Brasile. Anche in quell’opera
maniera particolare riguarda la rappresentazione i personaggi sono uniti da una fitta rete di connes-
del tempo. Si tratta di una componente molto im- sioni che vengono svelate solamente a conclusione
portante in quest’opera: dall’inizio alla fine infatti è della narrazione. Mi riferisco per esempio alla crisi
possibile avvertire lo scorrere del tempo, a partire esistenziale che prova Manrico nel secondo atto
dallo scarto di venticinque anni che intercorre tra quando scopre dalla madre di non essere il suo
il prologo e il primo atto fino agli istanti che descri- vero figlio intonando così la celebre «Non sono
vono il martirio cui Simon Boccanegra è destinato, tuo figlio?». Il colpo di scena viene però totalmen-
dopo aver bevuto il veleno che gli era stato versato te scatenato solo alla fine del quarto atto quando
a tradimento nella coppa. Azucena, presa dalla disperazione dovuta alla vi-
A questi elementi metafisici, di cui si avverte la sione di Manrico in fin di vita, rivela al Conte di
presenza ma che effettivamente non sono del tutto
visibili sulla scena, ho contrapposto la solidità del
palazzo come elemento fisico reale e, allo stesso * Musicologo

18 | VENEZIAMUSICA e dintorni
Focus – Simon Boccanegra

Luna che l’uomo che ha appena ucciso era in realtà considerazione esclusivamente la seconda versione
suo fratello. del libretto.

La messinscena di Simon Boccanegra e del Trovato- La prima versione dell’opera ebbe luogo proprio alla
re fanno parte di un progetto specifico? Fenice nel 1857, poco più di centocinquant’anni fa:
L’allestimento delle due opere, a pochi mesi di di- che tipo di responsabilità avverte?
stanza una dall’altra, non è collegato. Sia il Simon A parte il fatto che la mia versione di Simon Boc-
Boccanegra che Il Trovatore mi sono state affidate, canegra non tiene in considerazione tale ricorren-
separatamente, dalla Fenice e, ancor prima, dal za, più che di responsabilità storica sarei tentato
Municipal. Non fanno in realtà parte di alcun ciclo di dire che avverto il fascino della città all’interno
o progetto personale anche se un accostamento di della quale è collocato il teatro. Stiamo ovviamente
questo tipo potrebbe farlo pensare. Forse perché parlando di uno dei teatri più grandi e belli al mon-
esiste un legame sotterraneo tra le due opere: en- do, su questo siamo d’accordo. Ma è tutto ciò che
trambe sono state tratte da un dramma di Antonio mi circonda prima di entrare a teatro per le prove
García Gutiérrez. Ma anche questo è un fatto di e il silenzio della sera che mi avvolge e che investe
pura casualità. i miei pensieri, le riflessioni avviate sulle decisioni
prese durante il lavoro, che in qualche modo si è
A quali fonti si è rivolto per la messinscena del Si- radicato nel pensiero registico. È come se l’aura di
mon? questa città, con la sua storia e nella sua unicità,
Alla seconda versione del libretto operistico. La abbia in qualche modo arricchito la mia idea ori-
prima è stata scritta da Francesco Maria Piave ginale. E devo dire che è una bellissima sensazione
intorno alla metà dell’Ottocento. La revisione di che mi ha fatto sentire parte integrante di questa
Arrigo Boito venne effettuata circa trent’anni più città, insieme al mio spettacolo, nei giorni della
tardi su invito dell’editore Ricordi in vista della fu- mia permanenza. Un valore aggiunto che ho avuto
tura collaborazione tra Verdi e il giovane letterato la fortuna di vivere in prima persona e che credo
per la realizzazione di Otello. Per quanto riguarda di essere riuscito a trasferire all’interno di questo
la regia di Simon Boccanegra ho dunque adottato spettacolo.
un approccio del tutto tradizionale prendendo in

VENEZIAMUSICA e dintorni | 19
Contemporanea

SULLA «PORTA
DELLA LEGGE»
DI SALVATORE SCIARRINO
di Mario Messinis*

P
ubblichiamo un estratto della presen- Già in quel primo incontro palermitano si era per-
tazione pubblica dell’opera di Salva- cepita subito la novità che Sciarrino recava in sé.
tore Sciarrino curata da Mario Messi- Da un lato si era formato, come lui stesso amava
nis insieme a Paolo Furlani e tenutasi indicare, dall’ebollizione materica di Darmstadt e
alle Sale Apollinee il 17 ottobre, nell’ambito degli attraverso la figura di Stockhausen, per prenderne
incontri organizzati dagli Amici della Fenice. La ste- dall’altro successivamente le distanze, opponendo-
sura del testo è a cura di Alberto Massarotto. si alla tabula rasa professata da quel movimento e
mantenendo vivo il rapporto con la storia. Sotto
Ho conosciuto Salvatore Sciarrino a Palermo nel questo profilo egli rivela delle forti affinità con
1968, durante le Settimane Internazionali di Nuo- autori di casa nostra, penso a Maderna e ancora
va Musica, e, benché fosse un ragazzo di appena a Nono, i quali operavano sulla via di un certo Ri-
vent’anni, ho riscontrato in lui tutte le caratteristiche nascimento. Sciarrino riscopriva nella sua anima
proprie di un grande compositore. Pur arrivando al e nella sua coscienza una civiltà greca, antica, che
proscenio vent’anni dopo i maestri della neoavan- si riteneva perduta e che lui stesso è riuscito a far
guardia quali Berio, Boulez, Stockhausen, Nono e rivivere senza ritorni neoclassici ma come stimolo
Maderna, è impressionante come egli abbia rapidis- alla nuova creatività e all’avanguardia più estrema.
simamente aggiornato i suoi strumenti espressivi e Lo dimostra questa formidabile Porta della legge,
compositivi divenendo immediatamente un «coeta- composta nel 2008, che a mio parere, insieme a
neo», dal punto di vista della maturità artistica, di Luci mie traditrici, scritta dieci anni prima, rimane
quegli autori. Mi riferisco soprattutto al composito- l’opera più forte, esemplare e radicale che abbia
re che idealmente, anche se non linguisticamente, gli mai realizzato. Un’opera difficile per la quale si
è più vicino: Luigi Nono. Ebbene Sciarrino esplorò esige una particolare concentrazione e anche una
una drammaturgia del silenzio dieci anni prima ri- certa pazienza nell’ascolto.
spetto a quanto poi fece Nono nel suo Prometeo e Sciarrino è un librettista singolare, o per meglio
negli ultimi lavori. Non è un caso che i due autori si dire è il librettista di se stesso. In genere – tranne
amassero molto. In Sciarrino infatti anche il silenzio i primissimi esperimenti – ricorre a fonti letterarie,
ha un suono, divenendo così una delle componenti sottoponendole a una contrazione rigorosa. Non è
fondamentali della teatralità dell’opera, alla quale si il primo autore a intrattenere questo tipo di rap-
assomma la ricerca sonora, ovvero la drammatur- porto con la letteratura, penso ad esempio a Gian
gia sul suono. Grazie a un particolare utilizzo degli Francesco Malipiero, che si scrisse sempre i libretti
strumenti sintetici, in accostamento a quelli acusti- da sé, estrapolandoli da fonti esterne che venivano
ci tradizionali, raggiunge delle zone inesplorate del poi «concentrate» attraverso un procedimento cu-
suono, attraverso un tipo di ricerca che si avvicina
molto a quella elettronica pur rinunciando a usarne
gli strumenti specifici. * Critico musicale

20 | VENEZIAMUSICA e dintorni
Contemporanea

riosamente analogo a quello di Sciarrino. Nel caso del quale si esprime una sorta di demonismo teo-
della Porta della legge, in un primo tempo il com- logico: il custode è descritto come un dio crudele
positore palermitano aveva intenzione di musicare e possessivo.
interamente la parabola di Franz Kafka. Successi- Per quanto concerne la drammaturgia, credo sia
vamente cambiò idea, temendo che l’operazione opportuno evocare un paragone con le arti visive,
risultasse troppo lunga, e decise dunque di ridur- che rappresentano per il musicista uno stimolo im-
re il testo, restando tuttavia assolutamente fedele prescindibile. Sciarrino è un profondo conoscitore
all’originale: vi è infatti totale coincidenza tra il suo di pittura, a partire da Piero della Francesca per
pensiero e quello dello scrittore ceco. giungere fino a due tra i suoi artisti prediletti, Al-
Il racconto di Kafka pone al proprio centro il tema berto Burri e Lucio Fontana. Il bianco accecante
del vuoto esistenziale, al quale l’opera di Sciarrino del Cretto di Burri credo si possa mettere in stretta
reagisce creando una sorta di viatico verso la morte. relazione con Esplorazione del bianco, composto
È un’opera profondamente tragica, anche se questa nel 1986: tra le due opere esistono dei punti di
tragicità si coglie soltanto nel corso dello sviluppo contatto veramente peculiari. D’altro canto i mo-
drammatico e narrativo. Di questo apologo esisto- menti prettamente concettuali presenti all’interno
no molte interpretazioni, ma è sorprendente come della Porta della legge richiamano l’astrattismo vi-
Sciarrino rispetti e preservi l’idea di Kafka: siamo suale di Fontana. Nell’elaborazione musicale poi,
in presenza di un dialogo-scontro tra un uomo, che attraverso una vocalità dichiaratamente antinatura-
vorrebbe varcare la soglia della legge, e il custode listica, prende vita un teatro surreale, in cui a tratti
di questa soglia che glielo impedisce, anche se ipo- figurano degli abbagli di realtà, la quale viene in
critamente sembrerebbe consentirgli l’accesso. Sia un primo momento fissata per poi essere immedia-
nel lavoro di Kafka che nella musica di Sciarrino tamente dispersa e contraddetta, come avviene in
il guardiano è un personaggio negativo, all’interno certo teatro nichilista e dell’assurdo.

VENEZIAMUSICA e dintorni | 21
Contemporanea

LA TERZA BIENNALE
DI IVAN FEDELE

a cura di Alberto Massarotto

Q
uali sono i temi fondanti di que- dalle vecchie avanguardie degli anni cinquanta che
sta edizione del Festival di Musica ponevano dei paletti concettuali e ideologici molto
Contemporanea, il terzo da lei di- ferrei. Penso che questo sia uno dei tanti motivi che
retto, a partire dal titolo «Limes»? testimoniano quella vivacità della contemporaneità
Un festival rappresenta sempre un momento in in musica che è uno degli obiettivi che mi sono po-
cui si vuole focalizzare un aspetto della modernità sto per questi miei quattro anni di mandato, ovvero
di un’arte. Il primo anno ci occupammo di mini- dimostrare come la musica contemporanea non si
malismi e massimalismi musicali. L’anno scorso riduca a un solo stilema ma faccia riferimento ad
al centro stava il tema della voce e dello spazio. artisti di diversi orientamenti, estetiche e pratiche
Quest’anno il titolo suggerito dal presidente Paolo con esiti talvolta stupefacenti. Abbiamo recuperato
Baratta, «Limes», parla di confini, talvolta geogra- la prassi dell’investigare altrove, non solo dal pun-
fici e talaltra metaforici, luoghi dove le tradizioni to di vista geografico ma anche storico, motivi di
musicali e le forme dei linguaggi storici incontrano interesse per una nuova creatività.
il moderno e il contemporaneo. Abbiamo spettaco-
li in cui le radici etniche di un popolo si incontrano La scelta di consegnare a Steve Reich il Leone d’Oro
con la modernità, mi riferisco all’opera del compo- alla carriera vuole sottolineare dunque questo cam-
sitore albanese Admir Shkurtaj che tratta dell’af- biamento di rotta?
fondamento di quella motovedetta carica di pro- Sì, e il messaggio mi sembra ancor più chiaro se con-
fughi albanesi alla fine degli anni novanta al largo frontato con i premi delle scorse edizioni: abbiamo
di Otranto che procurò tanti morti. In quest’opera cominciato con Pierre Boulez, monumento vivente
compare un coro di tradizione albanese che inne- della contemporaneità non soltanto come autore
sta il proprio linguaggio come testimonianza di ma anche come direttore, pensatore e intellettuale
un popolo all’interno di un tessuto estremamente per arrivare a Sofija Gubajdulina, che è espressione
moderno sia dal punto di vista drammaturgico che di un mondo totalmente diverso e che, nonostante
musicale. Nel concerto della Galata Electroacou- abbia subito un isolamento culturale tremendo, è
stic Orchestra gruppi etnici di Anatolia, Sardegna riuscita a disegnare un profilo originale di se stessa.
e della costa sud della Spagna si incontrano e, in di- Assieme a Steve Reich questi sono esempi di com-
versi gruppi sapientemente organizzati da due di- positori, seppur molto diversi tra loro, che hanno
rettori, strutturano un percorso musicale che pre- vissuto al limite, ecco Limes ancora, ai confini di
vede sia la musica «scritta» sia l’improvvisazione quella che era sempre stata considerata la referente
sia l’interazione con l’elettronica. Il tutto partendo principale della musica contemporanea, ovvero la
dalle radici di questi popoli rese attraverso l’utiliz- cultura mitteleuropea. La molteplicità nella quali-
zo di strumenti etnici accanto a quelli acustici tipici tà e viceversa è il compito che mi sono prefisso:
della modernità. Questa è la testimonianza di come ho voluto dimostrare che la musica contempora-
la musica d’oggi abbia superato il limite segnato nea non fa riferimento esclusivamente a qualche

22 | VENEZIAMUSICA e dintorni
Contemporanea

cliché incarnato dalla musica puntillista degli anni tistiche, quello della musica è il festival che ancora
cinquanta, dove apparentemente non si coglie un oggi coinvolge meno il pubblico: come mai secondo
nesso tra un evento e l’altro. lei?
Parafrasando Berio, c’è musica e musica: posso
Chi è in due parole Steve Reich oggi? dire che cerco il più possibile di selezionare autori
Io posso parlare di cosa un compositore, arrivato e composizioni non soltanto secondo i miei criteri
alla sua età, può rappresentare per il suo presente di gusto ma cercando di capire a quali obiettivi e
e per i giovani. Al di là del suo stile inconfondibile, temi esse sono utili. Dopodiché c’è una forbice che
mi soffermerei su un significato metaforico gene- si è creata e che spesso è ingiustificata: c’è una ten-
rale che è quello di un uomo assolutamente libero. denza del grande pubblico a considerare la musica
La libertà nell’arte è una prerogativa fondamenta- come un’arte alla quale si chiede soltanto una fun-
le: scrivere senza avere un riferimento dietro alle zione di intrattenimento. Questo tipo di atteggia-
spalle che ti possa spingere a creare una «musica mento fa sì che non si possa trovare alcun motivo
di corte» è un elemento straordinario. La duttilità di interesse anche in qualcosa di appena articolato:
con la quale quest’uomo ha coniugato la musica c’è un’attitudine passiva che privilegia il riconosce-
europea con la popolar music – il suo ultimo disco, re ciò di cui si è già fatta esperienza.
che verrà presentato in Biennale, fa riferimento ai
Radiohead – lo rende a 76 anni un rocker nell’ani- Quale brano musicale si sente di consigliare per un
ma. Questo a me piace molto perché è una persona approccio alla musica d’oggi?
che vive il suo tempo al di là delle stagioni della sua C’è un pezzo che a mio avviso fa capire come un
vita: non è un uomo che fa accademia di se stes- autore della modernità si radichi nella sua storia e
so ma è sempre in cammino, on the road, un vero da questa sugga un nettare che gli fa creare musica
americano in questo senso. del suo tempo: un sano rapporto col passato e una
proiezione verso il futuro attraverso un presente
Sulla base delle due edizioni precedenti da lei diret- molto intenso. È un brano molto utile per comin-
te, che funzione pensa che debba avere la Biennale ciare ad ascoltare la musica del nostro tempo per-
nel contesto contemporaneo? ché ha delle sonorità e delle modalità accattivanti.
Più funzioni, a mio avviso: una di queste è quel- Sto parlando di Sinfonia di Luciano Berio. Tra l’al-
la di mostrare come, al contrario di quanto alcu- tro i testi sono tratti dai miti della nascita dell’ac-
ne persone pensano, la musica contemporanea qua elaborati da popolazioni esotiche. L’autore fa
sia una scrittura veramente in cammino con una quindi riferimento alla storia dell’uomo mentre la
grande varietà di stili: è una musica che abita tut- musica è di una modernità sconvolgente.
te le generazioni. È un fenomeno globale che re-
gistra un incremento di giovani che si interessano Qual è, secondo lei, lo stato di salute del teatro mu-
alla composizione. Questo è un aspetto che dob- sicale oggi?
biamo analizzare, presentando anche progetti che Finché c’è l’uomo c’è teatro. Finché esistono le re-
li possano coinvolgere. Obiettivo che realizziamo lazioni tra uomini, esiste il teatro che è la sublima-
con il programma «Biennale College», che mi au- zione della rappresentazione della società ma an-
guro diventi il primo di una serie di impegni che la che dell’individualità del soggetto contemporaneo.
Biennale porta avanti. Abbiamo selezionato attra- Il teatro ha bisogno di modalità espressive partico-
verso una chiamata internazionale quattro giovani lari che devono passare attraverso un modo altro
per farli confrontare con il teatro musicale buffo e di abitare spazi a questo punto non convenzionali.
dell’assurdo. A questo va aggiunta l’indagine delle Questo porta alla stretta collaborazione un regista
grandi differenze stilistiche che si possono riscon- e un compositore: la musica non è più indifferente
trare oggi. alla regia ma si crea un vero e proprio team che
lavora insieme alla stesura dell’opera teatrale.
Pur essendo presente in tutte le altre discipline ar-

VENEZIAMUSICA e dintorni | 23
Contemporanea

LA «BIENNALE COLLEGE»

L
o scorso 4 ottobre hanno debuttato mentre non fanno che aumentare la nostra incapa-
al Teatro Piccolo Arsenale i quattro cità di relazionarci davvero.
brevi atti unici, esempio di teatro O-X-A di Accursio Cortese, che si è avvalso di An-
musicale da camera, nati dall’espe- tonio Di Marca per il libretto e la regia, e di Isabel-
rienza della «Biennale College», condivisa da tutti i la Terruso per la scenografia, gioca sul significato
settori dell’istituzione veneziana e volta a promuo- del «per» del titolo che richiama, oltre al gergo
vere i giovani talenti offrendo loro di operare a giovanile, la croce in legno utilizzata dal puparo
contatto di grandi maestri. per muovere le sue marionette. Le lettere O e A
Le opere sono state selezionate attraverso una call richiamano i due protagonisti, Orlando e Angelica,
internazionale per progetti di teatro musicale pre- che si trasformano anche in Arlecchino e Smeraldi-
sentati in team: compositore, librettista, regista, na passando dalla tradizione dei pupi siciliani alla
scenografo. I giovani artisti prescelti hanno parte- commedia dell’arte, dall’Orlando Furioso al Servo
cipato a più fasi di elaborazione del loro progetto: di due padroni di goldoniana memoria.
durante lo scorso festival e poi dal 6 al 10 dicembre MagenZeit Opera di Gabriele Cosmi, libretto di
2013 e dal 15 al 26 marzo 2014; altre due tappe si Michelangelo Zeno, regia di Alberto Oliva e sce-
sono svolte tra giugno e luglio e a partire dal 22 set- ne di Marco Ferrara, si ispira alle suggestioni della
tembre. I tutor che hanno accompagnato gli artisti Zeitoper di Weimar e mette in scena lo scontro ge-
sono David Moss, vocalist e percussionista, Giu- nerazionale attraverso la surreale contrapposizione
liano Corti, drammaturgo, Giancarlo Cauteruccio, tra l’ingordigia di una madre obesa e tirannica e
regista, Ljuba Bergamelli, soprano, Jo Bullit, per- l’inconsistenza di una figlia al limite dell’anoressia.
former, Claudio Ambrosini, compositore, Jean- In mezzo un malcapitato dottore conteso fra le due
François Peyret, regista, Ivan Fedele, compositore. parti e vittima, col suo candore, di colossali frain-
Anche gli undici cantanti sono stati scelti tramite tendimenti.
audizioni, svoltesi a marzo, con giovani artisti pro- The Myth of Homo Rudolphensis dell’israeliano
venienti dai Conservatori di tutta Italia. residente a Berlino Yair Klartag, libretto di Yael
Tre cose (a caso) sull’amore di Claudio Gay, per la Sherill, regia di Franziska Guggenbichler e scene
drammaturgia di Laura Tassi, la regia di Chiara di Aileen Klein si interroga sull’esistenza assurda-
Passaniti e la scenografia di Tommaso Osnaghi, mente breve dell’Homo Rudolfensis, una specie
ha posto al centro dell’opera quello che potrebbe che sarebbe comparsa due milioni di anni fa in
sembrare il classico triangolo: lei, lui e l’analista. Africa e che gli autori vedono come infinitamente
In realtà è un rapporto di coppia osservato da un sensibile e onesta per poter coesistere con l’Homo
terzo, in un mondo in cui i media e i social network habilis che in breve lo soppianterà.
ci illudono di tessere una rete enorme di relazioni

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Contemporanea

STEVE REICH

di Mario Messinis

P
ubblichiamo l’articolo su Steve quelle americane. Diversamente da Glass la pop
Reich firmato da Mario Messinis music è assimilata con grande originalità.
e apparso sul «Gazzettino» del Certo ci fu un atteggiamento di rifiuto della neoa-
20 settembre scorso, aggiornato e vanguardia degli anni cinquanta, fiorita nei cena-
corretto dall’autore. coli di Darmstadt, come c’era stato un rifiuto della
pop art nei confronti dell’espressionismo astratto.
Esiste ancora il «minimalismo», la popolare cor- Reich è un compositore radicale; muove dal primo
rente di pensiero che, negli anni sessanta, aveva do- Cage, ma non ne accoglie la successiva apertura al
minato il mondo musicale statunitense? Si potreb- caso, la dissoluzione formale; ha qualche affinità
be dubitarne, almeno per Steve Reich, cui lo scorso con la dilatazione del tempo e il rovello iterativo
21 settembre è stato assegnato il Leone d’Oro alla di Morton Feldman, ma non ne condivide l’appel-
carriera della Biennale Musica. lo trascendentale, i silenzi inviolati. Nel suo primo
Dapprima si coglieva qualche affinità tra gli espo- pezzo significativo, del 1965, It’s Gonna Rain, per
nenti più celebri, Riley, Glass e appunto Reich. nastro magnetico, le modalità elaborative della
Ma ben presto apparve evidente che Reich aveva voce con l’elettronica forse guardano all’Omaggio
poco a che vedere con l’esotismo improvvisatorio a Joyce di Berio, ma con una tensione realistica di
e misticheggiante di Riley e con le ambizioni com- tutt’altro segno.
merciali di Glass. È un compositore catafratto, for- È pianista e compositore; ha creato un complesso,
temente razionale, antiromantico, che non ricerca «Steve Reich and Musicians», senza direttore, ove
il consenso ecumenico. Le sue tecniche ripetitive partecipa come solista, con un organico anomalo,
(qualcosa di simile alla figuratività additiva di Andy ideato in funzione delle proprie esigenze composi-
Wharol) sono concepite con rigore strutturale. tive. Una delle sue opere più tipiche e più perfette,
Non c’è il minimalismo semplicistico e facilmente Musica per 18 esecutori, si impone per l’originalità
comunicativo dei suoi ipotetici colleghi. Reich è un della strumentazione: due archi, quattro voci colo-
costruttore di solidissimo artigianato. Il suo sin- ristiche e legni sovrastati dalle predilette percussio-
cretismo linguistico assimila in un bagno ossidante ni «magiche» (ma senza magia), marimbe, xilofoni,
esperienze musicali anche antitetiche: il jazz – la vibrafoni di pungente asciuttezza nelle metamor-
fissità elaborativa di Coltrane –, le culture extraeu- fosi infinitesime della scrittura. Un modo per ar-
ropee, africana e balinese, ma senza seducenti eso- ricchire il contesto ripetitivo, grazie a un’organica
tismi (secondo quanto ha chiarito lo stesso autore), complessità.
la forte conoscenza delle tradizioni europee più di

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Contemporanea

SULLA BIENNALE
MUSICA 2014 (1)

di Paolo Petazzi *

I
l titolo «Limes» della Biennale ma evoca efficacemente alcune situazioni chiave. L’
Musica 2014 intendeva suggerire opera dura circa quarantacinque minuti, impegna
«l’idea di musiche lontane sei strumentisti, elettronica, quattro cantanti, tre
nello spazio e nel tempo che, attori e un coro polifonico (Violinat e Lapardhase)
coniugandosi, superano i confini rigidi di ogni protagonista di brevi inserti di musiche tradizionali
dogmatismo in una pratica quotidiana della albanesi. Lo stesso Shkurtaj suonava fisarmonica
creatività che fa del molteplice uno dei suoi punti e oscillatori analogici, affiancato da clarinetto,
di forza»: con queste parole Ivan Fedele, direttore tromba, violoncello, pianoforte, percussioni,
del settore musica della Biennale, proponeva un elettronica. Convergono linguaggi diversi in
tema di rilievo pari all’ampiezza delle possibili una partitura in cui violenza fonica, fitti intrecci
interpretazioni, un tema cui era agevole ricollegare ritmici, colori grigi, metallici, rugginosi, alternanza
tanto l’apertura con l’assegnazione del Leone tra sonorità aggressive e svuotati indugi evocano
d’Oro alla carriera a Steve Reich, quanto la la tragedia senza correre il rischio della retorica.
conclusione con la nuova opera da camera Katër La furiosa tensione non viene mai meno. Efficace
i Radës. Il naufragio dell’albanese Admir Shkurtaj l’impostazione stilizzata e rituale della regia di
(1969), una delle proposte più interessanti del Salvatore Tramacere e bravi tutti gli interpreti
festival. All’autore del libretto, Alessandro diretti da Pasquale Corrado.
Leogrande, si deve un libro sul naufragio della Deludente invece l’altra serata di teatro musicale,
motovedetta albanese «Katër i Radës» («battello l’incauta proposta di quattro minuscoli atti unici,
in rada»: Katër, quattro, è il nome di un tipo di chiamata Biennale College sulla scia di esperienze
motovedetta albanese): nel marzo 1997, in un positive in altri settori. Compositori come
momento politico in cui in Italia era stata presa la Gabriele Cosmi (1988) o Accursio Cortese (1980)
decisione di respingere ad ogni costo coloro che avrebbero probabilmente fatto miglior figura se
attraversavano l’Adriatico per fuggire dalla guerra avessero avuto un compito meno arduo di quello
civile in Albania, questo battello malconcio carico di scrivere un brevissimo atto unico (entrambi
di profughi albanesi fu speronato e affondato da hanno superato i dodici minuti previsti; ma non
una corvetta italiana. Al processo fu condannato il di molto) e se fossero stati dissuasi dal tentare di
capitano della corvetta; ma non fu possibile risalire mettere in musica testi di desolante ingenuità.
alle responsabilità dei suoi superiori. All’epoca Meglio se l’è cavata l’israeliano Yair Klartag (1985)
della tragedia Shkurtaj studiava in Italia, dove si in The Myth of Homo Rudolfensis, giocando
è diplomato in composizione e musica elettronica. proprio sull’«assurdo» della durata prescritta e
Il libretto di Leogrande, cantato o recitato in
parte in albanese, in parte in italiano, ha un taglio
rapido ed essenziale, del tutto indipendente dal
libro: non presenta lineare continuità narrativa, * Critico musicale

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Contemporanea

immaginando che i dodici minuti siano quelli della Daniele Ghisi, per l’Ensemble InterContemporain
durata di una specie umana (Homo rudolfensis). che ha purtroppo presentato un programma non
I quattro atti unici erano accomunati dalla memorabile. Frondoso Misterio (2002) di Luis
aspirazione ad esercitarsi nella sfera del comico- de Pablo è stato il momento culminante dei due
assurdo-grottesco, e questo potrebbe essere un concerti dell’Orquesta de Euskadi: è un pezzo
dato interessante; ma la mesta serata offriva solo per violoncello e orchestra, una intensa e pacata
una conferma della enorme (anche se affascinante) meditazione sulla morte di grande bellezza poetica,
difficoltà del teatro musicale oggi. che ha avuto in Asier Polo uno splendido solista.
Il livello generale della Biennale Musica 2014 Il secondo concerto riproponeva il progetto
era ovviamente superiore all’infelice «College», «Tesela» dell’Orquesta de Euskadi, che per il 2012,
sebbene il festival abbia risentito delle circostanze trentesimo anniversario della fondazione, aveva
che hanno reso inevitabile una riduzione commissionato a otto autori (Lavista, Finnissy,
del numero dei concerti (forse sarebbe stato Fedele, Pesson, Dillon, Eötvös, Mundry, Sotelo)
opportuno concentrarli in un periodo più breve): è un pezzo che liberamente riflettesse il loro punto di
stata impressione generale che fosse venuto meno vista sul paese basco e la sua cultura. Alcuni hanno
l’equilibrio tra autori poco noti (spesso non senza tenuto presenti, o rielaborato, melodie o ritmi o
ragione) e protagonisti illustri, tra novità e proposte generi popolari, o anche, nel caso di Ivan Fedele,
di sicuro rilievo. Non per caso, delle sei giornate hanno usato uno strumento basco (Txalaparta, con
che ho potuto seguire, nella memoria restano quasi scatenate poliritmie). I risultati non si possono
solo i pezzi di autori conosciuti, dall’omaggio a collocare tra i più impegnativi e significativi dei
Peter Maxwell Davies (che non ho potuto seguire), rispettivi autori. Forse il pezzo poeticamente più
a qualche presenza francese, da Bedrossian a riuscito era anche quello più indipendente da
Aperghis. Conferme anche per Fabio Nieder, riferimenti diretti alle tradizioni basche, Calles y
per il Divertimento Ensemble che ha proposto sueños di Isabel Mundry (1963).
accanto a Kagel Aureliano Cattaneo e il giovane

VENEZIAMUSICA e dintorni | 27
Contemporanea

SULLA BIENNALE
MUSICA 2014 (2)

di Enrico Bettinello*

C
he un festival di musica contemporanea City Life che vibra di caos urbano. Un concerto
si concentri sui «confini» è cosa in un piacevole, caratterizzato dalla direzione istrionica
certo senso naturale, dal momento di Jonathan Stockhammer e che in qualche senso
che i linguaggi sonori più stimolanti recupera Reich all’aspetto umano, facendo eseguire
sono abitualmente quelli che hanno la tendenza a il triplo quartetto a tre gruppi strumentali, mentre
esplorare con instancabile curiosità ciò che si cela nell’originale il quartetto suona sovrapponendosi a
oltre i limiti conosciuti. Lessicali, formali, anche parti registrate.
geografici, nonostante un certo «eurocentrismo» Di Reich si è ascoltato anche l’elegante Nagoya
risulti in taluni ambiti ancora prevalente. Marimbas, eseguito dai due percussionisti dell’Eco
In questo senso il conferimento del Leone d’Oro Ensemble, formazione della Bay Area di San
al compositore americano Steve Reich è stato un Francisco che in due differenti concerti ha proposto
segnale piuttosto significativo per dare il via a una anche Gnarly Buttons di John Adams e una serie
Biennale Musica 2014 il cui programma è stato di altre nuove composizioni, la più interessante
attraversato proprio da quel concetto di limes, delle quali ci è sembrata Minuteman Trail di Aaron
soglia, linea che delimita i terreni, i luoghi fisici e Einbond, lavoro costruito sul vibrante rapporto tra
culturali. suoni naturali registrati e loro riproduzione con gli
Quella di Reich è una personalità centrale negli strumenti. Anche questa una soglia stimolante.
sviluppi della musica del Nuovo Mondo negli Nel programma allestito poi dal direttore Ivan
ultimi cinquant’anni: figura formatasi con Luciano Fedele, mi ha colpito in particolare il grande lavoro
Berio, ma fortemente influenzata anche dal jazz più di GEO, la Galata Electroacoustic Orchestra, vasto
avventuroso, quello di John Coltrane ad esempio, organico composto da giovani musicisti turchi,
come ha ricordato lo stesso compositore in un spagnoli e italiani che utilizzano l’improvvisazione
incontro con il pubblico caratterizzato da una guidata e materiali di chiara matrice etnica. Sotto
informalità che ha consentito di ripercorrere in l’attenta direzione di Roberto Doati e Tolga Tüzun,
modo veloce alcuni momenti ben noti della sua disposti al centro del bello spazio ligneo costruito
carriera (il viaggio in Ghana, il trauma dell’11 al termine delle Corderie dell’Arsenale, i ragazzi
settembre). hanno costruito un viaggio affascinante, con tanti
Convenzionalmente rubricato tra i «minimalisti», computer a fianco di strumenti tipici della tradizione
Reich è certamente uomo che sui confini si trova a musicale d’origine. Alcuni gruppi strumentali
suo agio, non disdegnando di lavorare con jazzisti rispondono alle indicazioni dei direttori, un altro
con Pat Metheny o di rileggere – è una delle sue invece si muove del tutto liberamente, innescando
ultime fatiche più recenti, sebbene forse non così un continuo gioco di possibilità che trova nella
indimenticabile – alcune canzoni dei Radiohead.
Per celebrarlo la Biennale ha affidato all’Orchestra
del Teatro Petruzzelli di Bari il Triple Quartet e una * Critico musicale

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Contemporanea

concisione dell’architettura complessiva e nella ma che sanno (Prode in questo caso) rileggere
freschezza degli esecutori una forza espressiva un lavoro di Luigi Nono come …sofferte onde
quasi necessaria. Sono strade che in ambiti extra- serene… con un approccio originale che fa risaltare
accademici sono già conosciute e praticate, è vero, il «romanticismo» di molti passaggi.
ma proprio per questo motivo lo spostamento del Molte finestre si possono e si devono ancora aprire
senso della soglia che questo appuntamento ci sul mondo, certamente. Ma non voglio trascurare i
offre mi sembra davvero importante. segnali che questa Biennale ha offerto in termini di
Una forte caratterizzazione identitaria – basca in ridefinizione degli spazi e dei rapporti sui confini.
questo caso – è anche quella che anima l’Orquesta Quel confine con i nuovi pubblici, difficilissimo
Sìnfonica de Euskadi, protagonista di due concerti, si sa, ma esplorato con ostinazione attraverso un
uno dei quali presentava il progetto/mosaico costante rapporto con le scuole, spesso presenti
Tesela, mentre l’altro mi ha fatto scoprire la bravura con intere classi (talvolta ridacchianti, ma fa parte
di compositori come Ramón Lazkano e Gabriel del gioco) ai concerti e comunque a contatto con un
Erkoreka, oltre a confermare la felice mano di Luis mondo che del loro ascolto ha un grande bisogno.
de Pablo. Davvero bravi gli orchestrali e ottimo Quello con le altre discipline e le altre culture
José Ramòn Encinar che li dirigeva. sonore, anche popolari. Quello con un mondo che
Parlando di confini e limiti, quelli che i solisti si muove veloce e che talvolta anche compositori
devono affrontare sono sempre particolarmente particolarmente sensibili faticano a raccontare.
impegnativi, ma i riscontri che sono venuti da E non è forse un caso che anche una formazione storica
un paio di concerti hanno confermato l’altissimo formidabile come l’Ensemble Intercontemporain
livello degli strumentisti italiani. Il flautista Matteo sia sembrata – pur nella grande bravura dei suoi
Cesari e il contrabbassista Dario Calderone, componenti – leggermente stanca dal punto di vista
innanzitutto: il loro recital abbina momenti solisti espressivo, forse non aiutata da un programma in
a composizioni in duo e i due giovani protagonisti cui alla fine è un classico di Ligeti come il Concerto
sono strepitosi, specialmente nei lavori del da camera a svettare per necessità sopra le opache
grandissimo Yannis Kyriakides e in quelli di Silvia creazioni dei suoi colleghi più recenti.
Borzelli e di Oscar Bianchi. I confini mutano, le geografie anche, le culture
Applausi meritatissimi anche per il pianista si muovono in fretta nello spazio. La Biennale
Francesco Prode e il percussionista Dario Savron, Musica 2014 ha voluto aprire qualche interrogativo
che aprono il loro recital con un denso Tombeau che non potrà che stimolare chi voglia seguirne la
in Memoriam Gérard Grisey di Philippe Hurel, traiettoria.

VENEZIAMUSICA e dintorni | 29
Contemporanea

CLAUDIO AMBROSINI
E LA GUERRA VISTA
DA UN BAMBINO
a cura di Leonardo Mello

I
l 13 dicembre andrà in scena alla Come si articolerà questa rappresentazione?
Fenice Gli eroi sono coloro che co- Sarà suddivisa in due parti. La prima è una rifles-
struiscono la pace, spettacolo inedi- sione sulla Grande Guerra compiuta con gli occhi
to ideato da Claudio Ambrosini, che di oggi e a partire da questo libricino, ridotto per
ha scritto le musiche per l’occasione. Ne parliamo la scena da Sandro Cappelletto, che sarà anche
con il compositore veneziano. presente come voce recitante. A queste pagine di
Tutto ha origine dal quaderno di scuola di Giusep- estremo fascino saranno inframmezzate frasi di
pe Boschet, che nasce nel 1914 e dunque ha circa Nelson Mandela e di Anna Achmatova. Abbia-
quattro anni quando la guerra finisce. In quarta mo cioè voluto accostare a questo testo originale
elementare la maestra chiede a tutti i bambini del- alcuni scritti di adulti, e ci siamo orientati su due
la sua classe di raccontare per iscritto un evento personalità – un uomo e una donna –non diretta-
che li aveva particolarmente colpiti. E lui comincia mente coinvolte nella prima guerra mondiale ma
a narrare un episodio della guerra che gli era ri- immerse in altri conflitti, per allargare lo sguardo
masto impresso in modo indelebile. L’insegnante ad altri dolorosi contesti di guerra e violenza. La
trova questa narrazione così avvincente che sigla Achmatova si riferisce ai difficili anni del primo
una sorta di patto con il piccolo Giuseppe: se aves- Novecento russo, tra purghe, fucilazioni e censure,
se continuato a scrivere episodi come quello che mentre Mandela, naturalmente, richiama in scena
le aveva consegnato sarebbe stato esonerato dai la storia sudafricana. Questa prima parte – su mu-
compiti per casa. Alla fine ne nasce un quadernetto siche mie e drammaturgia di Cappelletto – si inti-
veramente sconvolgente, perché descrive con gli tolerà La Grande Guerra (vista con gli occhi di un
occhi di un bambino quello che è accaduto e che bambino) mentre tutto lo spettacolo avrà il titolo
si è radicato nella sua memoria, dall’invasione dei complessivo Gli eroi sono coloro che costruiscono
soldati alla fame, dalla morte di alcune persone co- la pace, che è una frase di Mandela. Nella seconda
nosciute al padre che non vede mai perché sempre parte ritorniamo invece indietro al 1914, attraver-
al fronte, e così via. In seguito Giuseppe Boschet so canzoni d’epoca, canti popolari, motivi militari,
diviene sacerdote, e del prezioso libricino nessuno che comprendono non solo l’Italia ma anche altri
parla più, fino al suo ritrovamento qualche anno grandi Paesi coinvolti nel conflitto, come la Fran-
fa, quando l’autore era ancora in vita. La sua esi- cia e la Germania. Si passerà dal brano in cui sol-
stenza mi era allora stata segnalata da Sonia Garna, dati incattiviti dalla guerra cercano una ragazza per
direttrice di coro e pianista che abita quasi nello “rilassarsi” al canto dei giovani francesi che inve-
stesso paese, Lamen, dove è vissuto don Boschet. ce si rifiutano di partire per il fronte. La Grande
Quando l’ho letto ho subito pensato di prenderlo a Guerra ha avuto, anche e soprattutto in Italia, una
spunto per un’opera. Nel frattempo si avvicinava il connotazione «volontaristica», molti gruppi intel-
centenario della guerra e così è nata l’idea di farne lettuali e molti artisti, a cominciare dai Futuristi,
uno spettacolo. inneggiavano al combattimento. Ma questo non

30 | VENEZIAMUSICA e dintorni
Contemporanea

deve far dimenticare i moltissimi che il conflitto e in questo caso rappresenta, una per tutte, la do-
l’hanno subito, ribellandosi all’imposizione di farsi lente controparte: può essere la madre, la fidanza-
soldati. La selezione sarà molto varia, comprende- ta, la moglie (cioè colei che magari resterà vedova),
rà per esempio una ninnananna, probabilmente un la sorella… La donna che aspetta e soffre della
pezzo dell’americano Samuel Barber e un altro di guerra indirettamente, oltre a subirla sulla propria
Orlando di Lasso, cioè un frammento di Passione pelle per le invasioni, le violenze, la fame. Il tutto è
cinquecentesca che riflette sempre sull’eternità del accompagnato da soli tre strumenti, un pianoforte
problema della guerra. All’inizio, sia per le mie (Matteo Liva), una tromba – che è una simbologia
musiche che per questi canti, avevo pensato di tipicamente militare, tanto che anche don Boschet
utilizzare un coro di alpini, poi la scelta è ricaduta ne richiama una – (suonata da Alberto Perenzin)
sull’ensemble Coenobium Vocale, una formazione e un bambino percussionista, di circa dieci anni,
di Vicenza dal repertorio estremamente eclettico Giulio Somma, che è la proiezione sonora del pic-
diretta da Maria Dal Bianco. colo Giuseppe. Non volevo assolutamente che fos-
se un bambino a fare da voce narrante, per non
Ci fornisce qualche dettaglio in più sulla struttura creare un’atmosfera da libro Cuore, ma mi piaceva
della prima parte? dare l’idea, sonora e visiva, di un bimbo che è co-
I pezzi selezionati del quadernetto sono interpreta- stretto a vivere un evento enormemente più grande
ti da un coro di voci maschili, che rappresentano il di lui come la guerra. E insistendo proprio sul pia-
mondo degli uomini, coloro che «fanno la guerra» no visivo, da un certo punto in poi questo bambino
e poi magari la cantano pure. A questo universo entra in scena spingendo un’immensa grancassa,
maschile si contrappone una donna, la soprano So- che funge da metafora di un peso insormontabile
nia Visentin, che ha interpretato tutte le mie opere per sopportare il quale manca anche la forza fisica.

VENEZIAMUSICA e dintorni | 31
Opera – Saggi

GIULIO VIOZZI
E IL SUO TEATRO LIRICO

di Chiara Facis*

«I
compositori d’oggi vogliono ri- esperienze compositive, non era stato insensibile
trovare il dialogo col pubblico, al fascino delle preziosità timbriche e cromatiche
anche e soprattutto col grande dell’impressionismo debussiano; ne aveva fatto
pubblico e questo è possibile tesoro nei suoi primi pezzi sinfonici, come l’Ou-
soltanto con la musica tonale». Con queste paro- verture carsica. Ma la vulcanica temperie artistica
le, Leonard Bernstein, poco prima della sua morte del Viozzi doveva affermarsi nel codice espressio-
avvenuta nell’ottobre del 1990, sembrava proporre nistico. C’è da ricordare che l’ago della bussola
una forma di concorrenza quantomeno improbabi- viozziana non punta stilisticamente a nord, cioè
le nell’ambito di un panorama musicale dominato alla Scuola di Vienna, bensì a est, cioè alla lezio-
dall’atonalismo come quello attuale. Ma forse ci ne di Rimsky-Korsakov per interposto Respighi e
si dimenticava del contributo di quei compositori alle grandi avanguardie russe del primo Novecento
che, pur restando fedeli alla tonalità, hanno fornito come Stravinsky, Prokofiev dal quale il musicista
interessanti esempi nell’ambito dell’opera moder- triestino aveva desunto soprattutto l’aspra incisivi-
na senza per questo restare ancorati agli stilemi del tà ritmica e il gusto per le peripezie armoniche; o
passato. Si pensi, per esempio,in ambito italiano, a alla lucida forma di matematica precisione eredi-
Luciano Chailly o al triestino Giulio Viozzi. Pro- tata da Bartòk. Nell’amalgama di tali influssi, tutti
prio a Viozzi Massimo Mila aveva riservato stima concorrenti a creare uno stile vivace, brillante, ag-
sincera, ben consapevole della statura artistica di gressivo qual è quello viozziano, si ritrova comun-
quel compositore nato nel 1912 col cognome ori- que un’inesausta propensione al melos che porta
ginale di Giulio Weutz , cresciuto alle linfe straus- l’autore a schiudere inattese parentesi di un lirismo
siane di Antonio Illersberg, ma votato sostanzial- derivato dal Puccini più maturo. Questa tensione
mente a un felice eclettismo che si sarebbe rivelato al canto doveva condurre inequivocabilmente all’
il principale caratterizzante del suo stile, pur sem- opera lirica, autentica vocazione del compositore,
pre contrassegnato da una fedeltà essenziale alla poiché nonostante il Viozzi abbia trattato nella sua
tonalità. Nei suoi cromosomi d’artista, Viozzi non prolificità compositiva ogni tipologia formale, ha
smentiva la sua triestinità. I figli dell’estremo Nor- acquisito fama internazionale soprattutto come
dest d’Italia sanno che la bora tagliente e asciutta operista, sfidando ogni pessimismo circa la sor-
soffia soprattutto nella loro interiorità. Dalla sua te del teatro lirico a cui il Nostro era approdato
Trieste il musicista aveva assimilato presto ogni con il folgorante exploit di Allamistakeo nel 1954.
suggestione multietnica e si era rivelato ben pre- Quell’atto unico presentato al Teatro delle Novità
sto uno straordinario innovatore. La bora Viozzi si di Bergamo con la direzione di Ettore Gracis e la
proponeva innanzitutto di spazzar via ogni traccia regia di Sandro Bolchi aveva conosciuto subito va-
dello scontato gusto tardo- romantico che stagna-
va nella tradizione musicale triestina marcata dal
dominio dell’operetta. Il musicista, nelle sue prime * Musicologa

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Opera – Saggi

sta fama, giacché il suo autore aveva ricevuto per- agli inganni della modernità si traduce in musica
sonalmente le congratulazioni di Benjamin Britten; con un’invettiva nei confronti della dissoluzione
l’autore del Peter Grimes, presente alla prima di tonale, simbolo, per il compositore medesimo,
Bergamo, aveva infatti espresso apertamente il suo dell’incomunicabilità. Il linguaggio criptico con
consenso entusiasta per quell’operina dal carattere cui la mummia prende a parlare dopo il suo mille-
allegramente antireazionario che, con più di due- nario silenzio sembra denotare che in questo caso
cento repliche in Europa e oltre, sarebbe rimasta il Viozzi abbia tenuto presente il linguaggio «infer-
l’opera moderna più rappresentata in assoluto. In nale» usato dai demoni nel III quadro del IV atto
un’epoca in cui l’astrattismo in pittura, l’ermeti- della Damnation de Faust che Berlioz aveva desun-
smo in poesia e l’atonalismo in musica esprime- to da Swedenborg.
vano a tutto tondo l’incomunicabilità, dramma Nel 1955, dopo l’esecuzione della sua operina ra-
pregnante dell’uomo moderno dopo le due guerre, diofonica La parete bianca e del suo Ditirambo ri-
Viozzi combatteva a spada tratta nel nome di un chiesto alla Scala da Victor De Sabata e diretto dal
prepotente attaccamento alla vita che lo incitava a giovane Lorin Maazel, Viozzi tornava al teatro liri-
un inesausto desiderio di comunicare. Nacquero co con un altro atto unico intitolato Un intervento
così le sei opere liriche del Maestro triestino che notturno, tratto dal racconto d’un autore contem-
ne firmò anche i libretti, scritti in un linguaggio poraneo americano, Robert Adger Bowen, il cui
agile e attuale. Ciò che si nota immediatamente ac- titolo era The House at the Crossroads. La prima
costandosi al teatro lirico del Viozzi è che il dato dell’opera ebbe luogo al Teatro Comunale «Giu-
comune a tutte le sue opere è l’elemento onirico, seppe Verdi» di Trieste nel 1957 con la direzione
determinante nella scelta delle fonti letterarie, nei di Ennio Gerelli. Anche in questo caso si tratta di
libretti e nelle partiture. In tal caso, dunque, azione un’opera comica la cui trama alquanto esile riguar-
e musica trovano la propria, puntuale espressione da un intervento chirurgico eseguito d’urgenza,
sulla scena del sogno e dell’incubo, secondo i det- nottetempo e con felice esito, da un medico schi-
tami di un’arte musicale che, rapportata alle altre zofrenico sul cervello di una donna gravemente
discipline artistico-letterarie contemporanee, può ferita. La vicenda si dipana tutta in un’atmosfera
avere ideale corrispondenza nel surrealismo visio- sospesa ai limiti dell’assurdità; i personaggi sono
nario di un Dalì o nelle inquietudini di un Buzzati. indicati da nomi comuni e non esiste un ruolo pro-
Di quest’originale produzione lirica – in cui Viozzi tagonistico vero e proprio; tutta l’azione si concen-
è intervenuto con sicura perizia anche nella regia tra sulla situazione d’attesa creata dall’intervento.
e nell’azione coreografica – Allamistakeo è il ma- La fragilità della trama è compensata dall’abile uso
nifesto. Quest’atto unico di carattere comico, li- del coup de théâtre e dalla partitura che rivela i suoi
beramente tratto dalla novella di Edgar Allan Poe punti di forza a cominciare dall’atmosfera di sospe-
Some Words With a Mummy, riprende il soggetto sa inquietudine già evidente dal preludio bitonale,
originale esclusivamente nel suo nucleo essenzia- nonché nella straordinaria vivezza del recitativo.
le, nella vicenda, cioè, di un’antica mummia egizia Quest’ultimo dato risulta particolarmente rilevante
richiamata in vita mediante l’uso d’una pila vol- proprio perché non sempre ravvisabile nelle opere
taica e indotta a conversare con i posteri. L’azio- del Novecento – se si pensa che due lavori come
ne è trasposta quasi interamente in una dimensio- l’Isabeau (1911) e il Nerone (1935) di Mascagni
ne onirica che protrae la propria eco nella realtà. sono usciti dal repertorio proprio a causa di un re-
Quanto all’ironico nome assegnato all’antico egizio citativo pressocché adibito a semplice collegamen-
– dall’originale inglese «All a Mistake», “Tutt’un to tra un’aria e l’altra –. In Viozzi, al contrario, il
errore” –, delinea un fiero accusatore dell’inganne- recitativo si reimpone quale veicolo essenziale della
vole progresso, che sconvolge i posteri evocando tensione narrativa e questo breve atto unico ne è
gli spiriti delle antiche dinastie e scagliando la sua un chiaro esempio proprio perché è interamente
maledizione su una guizzante serie dodecafonica giocato sul recitativo medesimo quale elemento
in cui l’intento dell’autore è chiaro: la maledizione fondamentale. L’Intervento aveva suscitato a suo

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Opera – Saggi

tempo entusiastici consensi tra il pubblico in Italia sacrificio sembra ripreso dal capolavoro cinemato-
e all’estero e spianato il terreno al successo del suo grafico di Giuseppe Pastrone, Cabiria, realizzato
autore. Nel 1958, l’interesse per il teatro di danza nel 1914 con il commento musicale di Ildebrando
indirizzava il Viozzi nuovamente alla Scala in col- Pizzetti – la Sinfonia del fuoco – e le didascalie del
laborazione con la danzatrice e coreografa Luciana D’Annunzio. Il dettaglio era rimasto senz’altro im-
Novaro per il balletto Prove di scena (1958) al cui presso nella memoria del Viozzi, sempre attento al
allestimento assistette anche la giovane ma già nota dato interdisciplinare. Oltre a ciò, la parte musicale
Carla Fracci. Sarebbe stato questo il punto d’avvio trattata con dispiegata perizia – l’importante Prelu-
per la realizzazione di un’opera lirica in tre atti con dio iniziale, il Preludio al II atto trattato come uno
grande azione coreografica, Il sasso pagano, con Scherzo, le sontuose pagine corali – hanno fatto sì
cui il musicista triestino avrebbe reso il massimo che il Sasso mietesse vasto successo tra pubblico
omaggio alla sua terra. L’imponente lavoro teatra- e critica. L’opera in tre atti ha segnato il periodo
le venne rappresentato per la prima volta a Trieste più fertile per l’attività compositiva del musicista
nel 1962 con la direzione di Gianfranco Rivoli e la triestino, comprendente interessanti poemi sinfo-
magistrale interpretazione del baritono Giuseppe nici come la Musica dei ginepri (1962). La succes-
Taddei nel ruolo del protagonista. Liberamente siva esperienza teatrale vedeva Viozzi nuovamente
ispirato a una delle Novelle friulane di Otto von impegnato con un atto unico tratto dal raccont odi
Leitgeb – autore tedesco nato alla fine dell’Otto- un autore a lui particolarmente congeniale, Dino
cento e vissuto per diversi anni a Gorizia –, il libret- Buzzati. La quarta opera lirica, La giacca dannata,
to tratta del rovello d’un parroco circa la presenza tratta dalla raccolta La boutique del mistero, vedeva
d’una stele pagana posta al limitare d’un paesino dunque la sua prima a Trieste nel 1967 con la di-
nei pressi dell’antica Aquileia e ritenuta dal prelato rezione di Alberto Zedda. La vicenda che ne ispira
un pericolo per la fede dei suoi abitanti. Ossessio- il libretto narra di un impiegato, Giacomo – unico
nato da quel simulacro raffigurante il dio Baal, il personaggio cantante in scena –, il quale si accorge
protagonista passa attraverso una serie di avven- che la sua nuova giacca, confezionatagli da un abile
ture tragicomiche fino a soccombere davanti ad quanto bizzarro sarto, gli fornisce fior di banconote
esso. Anche in questo caso, l’opera si distingue dal dalle sue inesauribili tasche. Sconvolto dapprima,
racconto originale (Der verlassene Gott – «Il nume attratto poi dal prodigioso fenomeno, Giacomo,
abbandonato») per il sicuro senso della spettacola- dopo aver cercato il sarto in un primo soprassalto
rità proprio del Viozzi e il suo arguto tratteggio dei d’onestà, si accorge che questi è introvabile. Reso
personaggi – alcuni ideati ex novo – di guareschia- quindi avido dal protrarsi del fenomeno, l’impie-
no riferimento. È infattti il protagonista viozziano gato si appresta a condurre vita da miliardario, ma
un autentico Don Camillo in questo lavoro teatrale si accorge che ogni banconota si accompagna pun-
strutturato secondo i dettami dell’opera comica an- tualmente alla notizia di un sinistro. Resosi conto
che se tragico alla conclusione. L’elemento popola- di aver stretto inconsapevolmente un patto col dia-
re, espresso da vivaci locuzioni nell’idioma locale, volo, Giacomo decide di bruciare la giacca strega-
trionfa nell’espansione melodica delle due villotte ta, ma viene a sapere che la favolosa cifra da lui ac-
corali inserite nel primo atto definito da Mila «di cumulata corrisponde esattamente al novero delle
poetica vena manzoniana». Ma l’elemento onirico vittime delle due guerre mondiali. All’istante, con
e surreale irrompe nella II scena del III atto con la gran fiammata che incenerisce il diabolico indu-
un’imponente azione coreografica accompagna- mento, scompaiono tutte le ricchezze acquisite dal
ta dal coro, nella rappresentazione del «Sogno di protagonista. Come e più dell’Intervento notturno,
Don Matteo». L’incubo del protagonista che vede questo monologo lirico si fonda su un recitativo
scatenarsi un rituale orgiastico e un sacrificio uma- intonato che costituisce l’asse portante dell’opera.
no dinanzi all’esecrato idolo ricorda molto da vici- Lo stillicidio dell’analisi psicologica condotta da
no sotto il profilo scenico e orchestrale il Baccanale Buzzati nel racconto originale trova qui puntuale
del Dafni e Cloe di Ravel. Inoltre il particolare del corrispondenza in una gamma di sfumature dina-

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Opera – Saggi

miche ed espressive che nella voce del baritono scrittrice triestina Nilde Spazzali – Bianca Maria e
solista variano istantaneamente dal declamato al l’Inverno –, inclusa nella raccolta Un passo, un fio-
parlato, dall’urlo al sussurro. La parte orchestrale re. Inutile cercare in essa il sarcasmo o i colpi di
denota una trattazione ad hoc,della medesima, feb- scena dei primi lavori teatrali. Nell’ambito di una
bricitante vitalità, anche con l’impiego di ritmi di fase esistenziale in cui l’autore ha ormai conosciuto
danza, primo fra tutti il mefistofelico valzerino che fragilità e vicissitudini, l’aggressività lascia luogo a
delinea la pantomima del sarto nel Preludio, uno una saggia e pacata ironia. La trama fiabesca, in cui
dei Leitmotiv più felici dell’opera. una bambina vuol fermare l’inesorabile calata del
Un’inattesa svolta nelle tipologie musicali più clas- gelo invitando a casa propria l’Inverno nella notte
siche è rappresentata invece dall’Elisabetta, nuovo del solstizio decembrino, trova ideale corrispon-
lavoro teatrale in tre atti che il Viozzi consegnava denza in una parte orchestrale tutta tratteggiata in
ancora alla scena triestina nel 1970 con la direzio- punta di penna e ridotta nelle percussioni, nonché
ne di Manno Wolf-Ferrari. La quinta opera lirica nel cast essenziale costituito da tre soli personaggi,
del Maestro è classica nella scelta della fonte let- l’Inverno, la piccola Bianca Maria e la sua Nonna.
teraria, ispirandosi alla novella Boule de suif dalle Anche in quest’operina, comunque, il Viozzi non
Soirées de Medan di Guy de Maupassant; classica rinuncia alla sua stoccata alludendo a qualche nota
nella trattazione orchestrale e nell’immagine della sociale, ma sempre con bonaria e fugace arguzia,
protagonista la cui fisionomia musicale viene de- con la consapevolezza dell’artista che va avvicinan-
lineata dal musicista con una nuova sensibilità e dosi alla misura della piena e distaccata saggezza.
inserita in un contesto narrativo in cui il cinismo Il Maestro non avrebbe visto la rappresentazio-
tipico della morale maupassantiana si stempera in ne della sua fiaba musicale. La prima esecuzione
un’immediata e partecipe umanità. Un’incursione dell’Inverno, in forma di concerto e nella versione
in pieno territorio tradizionale, quindi, ed effet- per canto e piano, si è tenuta postuma nel 2000
tuata soprattutto pensando al grande pubblico, se all’Auditorium Revoltella di Trieste; la messinsce-
si considerano l’ambientazione precisa nel 1870 – na dell’operina, in una revisione della partitura con
durante la guerra franco-prussiana – e l’episodio aggiunta di temi viozziani inediti degli anni trenta
della giovane prostituta che, durante il disagevole e quaranta effettuata da Massimo Favento, ha avu-
viaggio in diligenza, offre con generosità parte del- to luogo nel 2012 alla Sala Tripcovich, sempre a
le proprie provviste ai passeggeri – anche in questo Trieste, con la direzione di Fabrizio Ficiur. Il Mae-
caso un illustre riferimento cinematografico in Om- stro si è spento nel 1984 a Verona per quella stessa
bre rosse di John Ford (1939) –. La partitura, quale febbre che l’ha fatto lavorare incessantemente alla
corrispettivo ideale, vi si adegua coi suoi brillanti sua musica. Oltre alla sua inesauribile generosità,
concertati, la sincera melodicità, la vibrante parte nel mondo musicale rimane il suo esempio. E oggi,
sopranile della protagonista, espressa sovente con alla luce del giudizio di Bernstein, si può notare
accenti quasi veristici. Un cenno a sé merita ancora come la lezione di Viozzi abbia trovato necessaria
l’elemento onirico, che in quest’opera è rappre- eco. Altri compositori hanno raccolto il significato
sentato dal notturno corale – «O pallide ombre del messaggio tonale trasmesso dal musicista trie-
del sonno» – situato quale intermezzo a metà del stino, rielaborandolo ciascuno nel proprio stile. Si
II atto, vera e propria «isola melodica, anzi atmo- consideri, ad esempio, il finlandese Aulis Sallinen,
sferica» (Viozzi) per la sua vibrante suggestione autore di sicura esperienza nel campo della musica
notturna, le eteree armonie vocali e orchestrali, il lirica, che nel 2000 ha presentato con successo a
mirabile amalgama timbrico in cui la primigenia Londra il suo Re Lear. Oppure si pensi al britan-
lezione impressionista è riproposta dall’autore nel nico John Taverner che ha offerto al suo pubblico
pieno della maturità stilistica. autentici capolavori di musica sacra. Si ricordi inol-
L’ultima opera lirica, composta nella parabola tre il polacco Gorecki, sinfonista tanto amato dal
conclusiva della sua produzione, è un altro atto pubblico giovanile.
unico, L’Inverno, tratto da una delicata fiaba della In una fase epocale come questa, in cui perfino

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Opera – Saggi

qualche brano cameristico di Ada Gentile lascia animato quel musicista triestino nato cent’anni fa.
percepire esili accenni a un discorso melodico, non Perché, come in un suo poema sinfonico, i gine-
pare azzardato accennare ad una corrente neoto- pri, fragili e impavidi come la leopardiana ginestra,
nalista – inimmaginabile trent’anni prima – che a parlino ancora di vita sul carso di ogni dolore. Per-
poco a poco raduna esponenti delle più disparate ché un artista con l’ anima di Giulio Viozzi rimane
nazioni. È questa volontà di ripristinare un dialogo troppo vivo per morire.
col grande pubblico la stessa che, a suo tempo, ha

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Altre musiche

I PINK FLOYD TRA GENIO


ASSOLUTO E POLEMICHE
(ANCHE VENEZIANE)
di Giò Alajmo*

L
pubblicazione, fu invece un lavoro più coerente e
’ultima volta che mi capitò di maturo che vide i tre a pieno titolo collaborare per
scambiare due parole con Richard un ultimo progetto da affidare alla storia.
Wright fu a Venezia venticinque Il tempo ha cambiato molte cose nel frattempo.
anni fa. I Pink Floyd stavano pre- Qualcuno non c’è più, come il geniale grafico
sentando alla stampa e alla città il famoso concerto Storm Thorgerson, il mago dei palchi Marc Fisher,
sull’acqua, fonte di contestazioni e pessimi ricordi. il primo leader Syd Barrett, il manager storico Ste-
Rick si era tenuto in disparte, alto, lo sguardo un ve O’Rourke. E lo stesso Richard Wright ha ceduto
po’ perso nella distanza, l’aria di chi ha altro per la a un cancro veloce nel 2008.
testa. Il suo carattere schivo, lontano dalla voglia di Dalle session di studio di The Division Bell Gil-
apparire dello star system e oggi delle generazioni mour e Mason a sorpresa hanno tratto un nuovo
cresciute a talent show e twitter, lo faceva stare ai ultimo album, quasi totalmente strumentale, co-
margini di una delle più famose band del mondo, struito sulle parti lasciate incompiute da Richard
che pure aveva contribuito a creare. Wright. È un album dove gli intrecci di chitarre,
In realtà c’era un motivo legale per il suo stare in tastiere, batteria riportano necessariamente alle so-
disparte. La disfida tra i Pink Floyd rimasti e Ro- norità dei Pink Floyd post Waters ma sono anche
ger Waters, fondatore e principale compositore dal echi di altri momenti, quando il gruppo creava mu-
1968 al giorno in cui aveva dato il «taglio definitivo» sica strumentale, suite, improvvisazioni, atmosfere
e dichiarato conclusa l’avventura, era nel pieno di da condire con emozioni, giochi di luce, effetti spe-
uno scontro feroce fatto di dispetti, minacce legali, ciali, filmati.
movimenti di avvocati. Tecnicamente Wright era Syd Barrett fu tra i primi a metà degli anni sessan-
stato cacciato dal gruppo a metà delle registrazio- ta a indicare che la musica pop non doveva avere
ni di The Wall e riassunto come semplice turnista limiti di tempo ma fluire liberamente. Brani come
per il tour e il successivo The Final Cut. Gilmour «Interstellar Overdrive» o «Astronomy Dominé»
e Mason avevano vinto la battaglia per conservare superarono di gran lunga i tre minuti standard per
marchio e progetto ma nel 1989 – quando Roger dilatarsi su disco e ancora di più dal vivo quando
era ancora ben lontano dall’ammettere, parole sue, la musica della band era sinonimo di psichedelia,
la «stupidità» e l’errore della sua posizione – non condita con le luci viventi dell’Ufo Club londinese.
era ancora ben chiaro se la posizione di Wright Lo scioglimento in acido dei neuroni di Barrett
avrebbe potuto compromettere i delicati equilibri portò presto a un’altra leadership, quella di Wa-
fra Gilmour, Mason e Waters. ters, e all’ingresso di Gilmour. Waters, architetto,
A Momentary Lapse of Reason fu un album stra- spinse il gruppo verso nuove dinamiche sonore,
no, registrato con molti contributi esterni, curato
meno di quanto avrebbe dovuto. Il successivo The
Division Bell, di cui ricorrono ora i vent’anni dalla * Critico musicale

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Altre musiche

costruendo brani dove prima era definita la strut- zione. I duecentomila che riuscirono a invaderla
tura architettonica del pezzo, con le sue dinami- per un giorno intero non ebbero né riparo né risto-
che, i crescendo, i diminuendo, e poi si costruiva ro né acqua né gabinetti né cassonetti per l’immon-
l’adeguata parte musicale, come in «Careful With dizia. E l’Italia intera pagò per anni una polemica
That Axe», Eugene» che finì nella scena finale di «antirock» che espulse di fatto la musica popolare
Zabriskie Point di Antonioni e che fu il momento dai luoghi storici, le piazze, l’Arena di Verona, an-
topico del concerto filmato nell’anfiteatro di Pom- che se rilievi tecnici fatti proprio con i Pink Floyd
pei nel 1972. all’Arena avevano comprovato l’insussistenza della
Stockhausen fu fonte di ispirazione per l’uso mas- tesi che «i decibel danneggiano i monumenti».
siccio di fonti sonore diverse dagli strumenti tradi- I Pink Floyd si sono sempre considerati musicisti
zionali. Ummagumma presentò un collage ritmico a disposizione della loro musica, hanno costruito
di versi di animali dello zoo di Londra che si som- vere e proprie suite strumentali (Echoes, Atom He-
mavano in un crescendo continuo. «Seamus», da art Mother) con un’impronta ben precisa che nel
Meddle, ebbe come voce solista il mugolìo del cane tempo ha assunto come marchio di fabbrica il len-
dell’amico Steve Marriott, perfetto complemento a to incedere della batteria di Mason, i lunghi suoni
un solitario blues, poi The Dark Side of the Moon, della chitarra di Gilmour («Ho le dita troppo gros-
l’album perfetto, rappresentò l’apoteosi del suono se e tozze per suonare veloce», ci rise su una volta,
trasformato in musica, gli orologi di «Time», i re- concordando poi che «less is more» – meno vale
gistratori di cassa di «Money», l’ingresso massic- di più – è una regola imprescindibile) e le frasi di
cio dei sintetizzatori elettronici. E ancora la stru- pianoforte e organo di Wright, oltre naturalmente
mentale «The Great Gig in the Sky» di Wright fu all’inventiva e allo sviluppo di temi di Waters per
costruita nella parte vocale di Clare Torry, la voce vent’anni, fino al 1985.
modulata che esplode in urli drammatici, secondo Oggi naturalmente i fan e i critici dibattono sulla
un preciso schema architettonico. legittimità di perpetuare il marchio Pink Floyd in
Ma se i Pink Floyd sono a buon diritto considera- assenza di Roger Waters che ne dettò la linea fino
bili gli eredi dei Beatles per la loro capacità di usare alla distruzione. Lo stesso fecero e dissero dopo
lo studio di registrazione e superare gli schemi pre- l’uscita di Syd Barrett nel 1968. Ma sono giochi
esistenti, certamente hanno aperto una nuova e co- di fan. Essendo il rock musica di autore collettivo,
lossale strada allo spettacolo rock con i loro palchi cambi di organico portano a ovvi spostamenti di
giganti, i movimenti di luci, l’utilizzo di computer, prospettiva, ed è innegabile che Barrett aprì una
pupazzi, video, disegni animati, fino alla costru- strada, Waters e Gilmour ne percorsero un’altra
zione del muro di The Wall moltiplicatosi sino alla più avanzata e l’ultima fase spostò la lancetta più
recente versione da stadio di Roger Waters dopo verso la musica e il suono puro che non sui temi
essere passato da Berlino nel ’90 celebrando la politici, sociali, psicologici e personali cari a Wa-
caduta del grande confine di cemento figlio della ters.
guerra fredda. Fu la ricerca del bello e del mai pro- The Endless River, l’ultimo e definitivo album del-
vato prima che li portò a Venezia nel 1989. Suonare la storia Pink Floyd, è letto come un omaggio al
sull’acqua davanti a una folla e alla più suggestiva tastierista scomparso, al vecchio amico di viaggi
piazza del mondo. Un azzardo, ma anche uno scon- e bevute, al musicista elegante e sensibile che ha
tro fra mondi lontani in cui tutti persero. I Pink caratterizzato gran parte del suono della band dai
Floyd e i loro fan costretti entro vincoli ridicoli di suoi inizi. Musica d’ambiente – come la definisce
decibel che a malapena consentivano l’ascolto, la Gilmour – una sola vera canzone, che suona molto
città che di fatto tentò il suicidio per l’incapacità come l’album di vent’anni fa, e che coglie – nelle
di capire e gestire un evento superiore alla propria parole di Polly Samson, scrittrice moglie di Gil-
cultura. Dopo mesi di polemiche, di fatto Venezia mour e autrice di gran parte dei testi Pink Floyd
fu lasciata alla fine in balia del vento e della folla, dopo Waters – quella speciale magia di quando
senza regole, senza assistenza, senza programma- Gilmour, Mason e Wright si ritrovavano insieme a

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Altre musiche

provare e a improvvisare fino a cogliere l’idea giu- Cambridge. Due concerti in cui finalmente la musi-
sta per dar vita a un nuovo brano. ca dei Pink Floyd poté fluire tranquilla tra le pietre
L’ultimo ricordo di Richard Wright dal vivo è pro- della Serenissima davanti a un pubblico seduto co-
prio a Venezia, nel 2006, quando si unì alla band di modamente ad ascoltare. Come Musica vuole.
Gilmour per il lungo tour solista del chitarrista di

Qualche nota su «The Endless River»


The Endless River è il quindicesimo album in studio dei Pink Floyd, pubblicato il 7 novembre 2014
dalla Parlophone Records. Prodotto da David Gilmour, Martin Glover, Andy Jackson e Phil Man-
zanera, è il primo disco del gruppo a distanza di vent’anni dalla pubblicazione di The Division Bell.
L’album è stato anche il primo pubblicato in seguito alla morte del tastierista Richard Wright, nonché
il terzo dei Pink Floyd guidati da Gilmour, dopo l’abbandono di Roger Waters. Descritto come il
«canto del cigno di Richard Wright», The Endless River è un album prevalentemente strumentale,
caratterizzato da sonorità ambient, basato su materiale inedito che il gruppo registrò con Wright
durante le sessioni di The Division Bell nel 1993 con il titolo provvisorio di The Big Spliff.

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Dintorni

BERNARD-HENRI LÉVY E
L’EDIZIONE ITALIANA
DELLA «BARBARIE
À VISAGE HUMAINE»
di Cesare De Michelis*

I
l ’77 fu l’anno della rivolta, la più guardare con curiosità alle liberatorie provocazioni
radicale e insensata, priva di altro dei noveaux philosophes, piuttosto per una picco-
scopo se non di azzerare le rovine la casa editrice com’era allora Marsilio sembrava
di quel mondo che dieci anni pri- difficile proporsi come un credibile interlocutore
ma, nel ’68, aveva subito l’assalto all’arma bianca capace di ripetere in Italia il successo che Lévy sta-
del movimento: allora contava il numero, impor- va ottenendo ovunque in Europa: mi soccorse per
tava essere in tanti perché i cortei assumessero un verso l’amicizia e la collaborazione di Armando
l’aspetto di serpenti che avrebbero stretto un mon- Verdiglione, che allora era attivo quasi più in Fran-
do esausto in un nodo mortale; ora si doveva essere cia che da noi e che si fece generosamente tramite
estremi, violenti, bisognava testimoniare con azioni con l’editore francese e con lo stesso autore, e per
esemplari la propria estraneità a un mondo in di- l’altro il conformismo prudente degli altri editori
sfacimento. che aspettavano il conforto dell’establishment in-
Fu in quel contesto che nella primavera del 1977 tellettuale che invece resisteva sordo e allineato.
apparvero i primi libri dei noveaux philosophes e Insomma ci facemmo vivi, dapprima timidamente,
tra questi, esemplare, La barbarie à visage humaine ma poi, aperto il dialogo e ottenuti i diritti per la
di Bernard-Henri Lévy: conquistarono il pubbli- traduzione italiana, con crescente baldanza: appre-
co, scalarono le classifiche dei best seller, finirono stammo la traduzione affidandola a un folto gruppo
sulla copertina di «Time» e suscitarono diffidenti di giovani – erano in sei – per comprimere i tempi
reazioni da gran parte degli intellettuali europei e ci mettemmo alla ricerca di qualche autorevole
sconcertati dal loro furore anti-ideologico, che presentatore italiano che rintuzzasse l’indifferenza
nella lettura di Roberto Calasso viene ridotto ad e l’ostilità che sentivamo d’intorno; accettarono
abilità «nel percepire il prurito sotto la pelle della in due, Leonardo Sciascia e Francesco Alberoni,
storia» e nell’annunciarlo con stridula arroganza di e così la nostra edizione si apriva con i loro scritti
pamphlettisti. niente affatto encomiastici, anzi attenti e preoc-
Eppure il libro di Lévy iniziava perentorio e in- cupati di suggerirne una lettura che superasse «le
quietante: «Sono il figlio naturale di una coppia dighe del conformismo e del compromesso» che
diabolica, il fascismo e lo stalinismo», riportando avrebbero cercato di fermarli (Sciascia) e aiutasse a
sul terreno della propria esperienza esistenziale riconoscere che «ogni rivoluzione non è una rottu-
i più suggestivi risultati di una storiografia che si ra definitiva, ma una modalità dello sviluppo stori-
stava liberando dai lacci delle ideologie totalitarie
novecentesche.
Non era necessario alcun anticonformismo per * Critico letterario

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Dintorni

co» insieme al «merito di Lévy di esprimere questa Quarant’anni dopo, quando Bernard ha proposto
delusione e questo orrore nel modo più ingenuo» in prima mondiale il suo monologo Hôtel Europe a
(Alberoni). Venezia al Teatro La Fenice a entrambi è sembra-
Era settembre quando l’edizione italiana arrivò in to naturale riprendere quella fortunata collabora-
libreria e Lévy venne a Venezia per un primo con- zione e rinnovare quel sentimento di solidarietà e
fronto pubblico: io e lui andammo in campo San amicizia: questa volta il tema era il centenario della
Polo sul palco attrezzato dal Festival dell’«Avan- Grande Guerra cominciata con l’attentato di Sara-
ti!» per ripetere davanti a una platea di militanti jevo, dove tanti anni dopo – trent’anni fa – la crisi
socialisti che fascismo e stalinismo avevano molto dell’identità culturale europea aveva consentito si
in comune, erano la «coppia diabolica» che aveva scatenasse l’ultima e drammatica guerra balcani-
oscurato l’orizzonte novecentesco con un totalita- ca, e così l’intrecciarsi di dolorose memorie più o
rismo oppressivo e violento e instaurato una nuova meno remote suggeriva un bilancio su quanto si era
terribile barbarie. riusciti ad apprendere dalla «lezione della storia».
Lo sconcerto dei compagni preoccupati di compro- Anche la piccola storia delle avventure editoriali è
mettere l’alleanza di sinistra che governava allora arricchita dai ricorsi della storia o dal riaccendersi
Venezia confermò l’attualità e l’importanza della di sentimenti e amicizie a testimonianza che anche
scelta che avevamo fatto e annunciò il successo le idee camminano sulle spalle degli uomini che se
che anche in Italia il libro avrebbe conquistato: ne ne fanno carico con fedeltà e ostinazione.
stampammo in pochi mesi tre edizioni.

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Dintorni

LA SCRITTURA SECONDO
CLAUDIO MAGRIS

I
n un’intervista per la Fenice Chan- proprio perché la vita è varia. Amo le storie in cui
nel, curata da Ilaria Pellanda e tra- confluiscono tutti i generi. L’errore è imporre qual-
smessa lo scorso 14 ottobre, Claudio cosa che magari piace allo scrivente ma che non
Magris racconta alla radio il suo c’entra con la vicenda. Quando stavo scrivendo
rapporto con la scrittura, i generi e i filoni prediletti, Danubio, appena ho voluto inserire un elemento
i modelli cui ha attinto durante la sua carriera. Ne della mia esistenza che all’interno del libro non era
pubblichiamo alcuni stralci nell’adattamento per la presente, il testo ha manifestato un’operazione di
stampa di Alberto Massarotto. rigetto.

Si sa sempre cosa si vuole veramente scrivere? Come sceglie i titoli dei suoi libri e dei suoi articoli?
No, quasi mai, eccetto i libri strettamente accade- Per i libri il titolo viene alla fine. Sono sempre io
mici. Ma per qualsiasi altro titolo, non solo d’in- a sceglierlo perché è assolutamente fondamenta-
venzione ma anche di saggistica, non si sa mai dav- le. Deve imporsi per sua necessità. Per gli articoli
vero dove si stia andando: si conosce la direzione invece il discorso è diverso: i giornali, per molte
ma mai il primo viottolo che si potrà incontrare. ragioni, cambiano sempre i titoli che suggerisco.
Ma questo non vale solo per la struttura, anche Sembra che io sia rimasto l’unico a proporne, per
il tema di fondo si costruisce strada facendo. Per poi recuperarli quando pubblico una raccolta di
esempio, quando ho cominciato a progettare Da- miei pezzi. Una sera ho chiamato Giulio Nascim-
nubio non sapevo che tipo di opera avrei scritto, beni, l’allora responsabile della pagina culturale
se ne sarebbe uscito una specie di reportage og- del «Corriere della Sera», perché volevo cambiare
gettivo, cosa che poi non è accaduta, oppure se il il titolo di un mio articolo, anche se poi sapevo che
personaggio che parla in prima persona si sarebbe non sarebbe stato preso in considerazione.
rivelato una proiezione di me stesso. Solo quando
sono circa a metà del lavoro mi accorgo di che tipo A quali modelli si riferisce nella sua attività di scrit-
di libro sto scrivendo. Il vero tema non è poi neces- tore?
sariamente quello indicato nel titolo. Così, un poe- Ci sono tanti maestri, padri e fratelli maggiori, a
ta che intende comporre una poesia su un fiore, in cominciare dai grandi classici o dal Salgari amato
realtà ottiene un componimento d’amore per una in adolescenza. Per quel che riguarda la lingua cre-
persona. Ecco che il tema non è il fiore ma l’amore do che il «cosa» debba essere identico al «come».
per quella persona, anche se la poesia può essere Per esempio, il linguaggio etico-politico, tipico
stata stimolata davvero dal fiore che ha visto e l’ha della denuncia e della discussione critica, esige un
ispirato. suo proprio ritmo. Quando invece si racconta una
storia ecco che allora si devono fare i conti con
Quale rapporto ha con il romanzo e con il saggio? l’ambiguità della vita, e il linguaggio diventa spesso
Credo che la mia dimensione sia il genere misto, ipotattico, pieno di condizionali, di affermazioni

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Dintorni

corrette e mitigate. Quindi ci sono modelli di scrit- In realtà sto volentieri al caffè poiché a casa sono
tura stendhaliana, limpida e classica, e modelli di più facilmente raggiungibile e soggetto a distra-
scrittura invece «devastante» come quella di Faul- zioni. Poi alzando gli occhi incorrerei nel pericolo
kner. di incrociare con lo sguardo, all’interno della mia
biblioteca, libri ben più interessanti di quelli che
A quale dei suoi libri è più affezionato? potrei comporre io. Mentre al caffè sono solo con
È molto difficile operare una scelta. Direi che i due la carta che ho in mano e con quello che cerco di
libri che hanno cambiato la mia vita sono Il mito scrivere, quindi molto più concentrato.
asburgico e Danubio. Volumi per me importantissi-
mi sono stati poi Microcosmi e Un altro mare. Dal Le è mai capitato che si sia avvicinato qualche fan a
punto di vista critico credo che la cosa migliore distoglierla dal suo lavoro?
che io abbia prodotto sia L’anello di Clarisse, però Ogni tanto, ma sempre con molto riguardo: suc-
sono i primi che ho nominato, cui aggiungerei la cede quasi soltanto quando mi prendo una pausa.
pièce teatrale La mostra, gli snodi essenziali della
mia vita. Cosa pensa dello strumento digitale in merito alla
pubblicazione e diffusione di informazioni?
Cosa rappresenta per lei il premio Campiello alla car- Sono molto favorevole alla possibilità di far sentire
riera, che ha ricevuto lo scorso giugno? la propria voce immediatamente attraverso il web.
Il fatto che qualcuno trovi il tempo di offrirci la Io però personalmente scrivo a penna. Non per ci-
sua attenzione e la sua stima è sempre una grande vetteria, ma per la sola ragione che ormai mi trovo
sorpresa, di cui bisogna essere grati. Poi il premio bene così. Se cominciassi a utilizzare ora il compu-
Campiello, e in particolare quello cosiddetto alla ter probabilmente peggiorerei e magari rallenterei
carriera, ha un peso speciale per il fatto che chi il mio lavoro. Ognuno deve essere libero di usare il
viene premiato si sente accettato per quello che gli mezzo che padroneggia meglio.
stava a cuore dire, che è ancora più importante del
riconoscimento ufficiale di un testo rispetto a un Un consiglio a un giovane scrittore?
altro: quando si scrive qualche cosa si spera sem- Preservare una sorta di autonomia personale, vale
pre di raggiungere qualcuno. Se poi in quel che si a dire scegliere le proprie letture liberamente, in-
è scritto altri ritrovano un certo senso della vita, dirizzarsi verso quelle che appassionano davvero,
ebbene questo infonde sempre una grande gioia. senza seguire le mode. E cercare i propri interessi
in modo indipendente, attraverso uno spirito «zin-
A Trieste lei è solito lavorare all’Antico Caffè San garesco», ma accantonando l’ansia di andare per
Marco: cosa c’è in quel luogo che la stimola? forza controcorrente.
Non c’è niente di veramente speciale o di originale.

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Dintorni

IL PREMIO «UNA VITA


NELLA MUSICA» 2014

di Anna Ave

I
l premio «Una vita nella musica» norama musicale e chi, per questioni anagrafiche,
nasce nell’ormai lontano 1979, per pur avendo riconosciuto talento non ha ancora
iniziativa di Bruno Tosi, instanca- raggiunto quel livello di notorietà. In quest’edi-
bile presenza della vita musicale zione, come recita il testo della motivazione, c’è
veneziana, cui si devono, tra le altre cose, suggesti- stato un ulteriore slittamento in duplice direzione:
ve monografie di Arthur Rubinstein e Maria Callas. se per consuetudine il Premio veniva offerto a noti
Nell’arco di trentacinque anni il riconoscimento è esecutori e realizzatori (tra i registi, oltre a Pizzi,
stato assegnato, per citare solo qualche nome, ol- si ricorda Luca Ronconi), ecco che ora a salire sul
tre allo stesso Rubinstein, a Leonard Bernstein, podio è per la prima volta un compositore, Sal-
Claudio Abbado, Zubin Mehta, Pier Luigi Pizzi e vatore Sciarrino, presente lo scorso anno con un
Daniel Barenboim. Alla scomparsa di Tosi, avve- nuovo allestimento del jamesiano Aspern (targato
nuta nel settembre 2013, il Premio ha subito alcuni La Fenice) e in ottobre con la ripresa del magnifico
cambiamenti strutturali, pur nell’ideale continuità La porta della legge, tratto da un breve racconto di
con le premesse originarie. Organizzata dalla Fon- Franz Kafka. Per la sezione giovani sono stati scel-
dazione Teatro La Fenice in collaborazione con ti il compositore Federico Gardella, il clarinettista
l’Associazione culturale Arthur Rubinstein, dallo Michele Marelli e il musicologo Emanuele D’An-
stesso 2013 la manifestazione si avvale di un Co- gelo. Durante la cerimonia di consegna, avvenuta
mitato scientifico, presieduto da Mario Messinis e alle Sale Apollinee il 25 ottobre scorso, sono stati
composto da studiosi e critici quali Oreste Bossi- eseguiti due brani dello stesso Sciarrino e due di
ni, Massimo Contiero, Andrea Estero, Gian Paolo Stockhausen, suonati al clarinetto da Marelli.
Minardi, Giorgio Pestelli e Francesca Valente. La
più importante trasformazione dovuta a questo ne- Qui di seguito si riportano per esteso le motivazioni
onato organo di valutazione è l’istituzione, a fianco della giuria tecnica:
dell’onorificenza principale, destinata ai massimi
protagonisti della scena musicale internazionale – Premio «Una vita nella musica» 2014
nel 2013 se l’è aggiudicata Myung-Whun Chung a Salvatore Sciarrino
– di una nuova sezione denominata «Premio Gio- «Il Premio “Una vita nella musica” è sempre sta-
vani», fortemente voluta dal presidente del Comi- to assegnato a un interprete. Abbiamo ritenuto,
tato e suddivisa in tre diversi ambiti d’intervento: invece, di dare questo riconoscimento a uno dei
la composizione, l’interpretazione e gli studi mu- maggiori compositori contemporanei, Salvatore
sicologici. Quest’innovazione, riservata ad artisti e Sciarrino. È un artista estremo, d’avanguardia;
studiosi (under 35 per l’esecutore, under 40 per le e tuttavia vive in lui la presenza della storia, una
altre due categorie), assume un forte significato di memoria dell’ellenismo, come della civiltà barocca.
rinnovamento proprio nell’unire in un’unica cele- Ha creato una drammaturgia del suono e del silen-
brazione rappresentanti celebri e acclamati del pa- zio, in molteplici testi cameristici e sinfonici e in un

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Dintorni

teatro simbolista e surreale, di una rivoluzionaria come uno dei massimi solisti di clarinetto della sua
tensione inventiva. Il compositore palermitano ha generazione. L’interesse per la musica del nostro
influenzato profondamente la nuova generazione tempo e la ricerca di sconosciute tecniche esecuti-
europea. La sua geniale ricerca timbrica, anomala ve sono testimoniati dalle frequenti collaborazioni
in quanto al di fuori di prassi esecutive condivise con autori famosi come Karlheinz Stockhausen.
fa ormai parte dei nuovi lessici della nostra epo- Tra i suoi meriti va ricordato il contributo rivol-
ca. L’assegnazione del Premio vuole sottolineare la to alla scrittura per il corno di bassetto il cui svi-
vitale presenza di Sciarrino nel cuore della moder- luppo, grazie al suo funambolico virtuosismo, ha
nità.» creato nuove sonorità. Per l’intensità del pensiero
musicale, Marelli ha trovato un ruolo sempre più
Premio Giovani 2014 significativo all’interno della letteratura musicale
a Federico Gardella (categoria compositori) contemporanea.»
«Milanese, Federico Gardella ha esordito come ot-
timo giovane pianista presso il Conservatorio della
sua città. Dedicatosi poi solamente alla composi- a Emanuele d’Angelo (categoria musicologi)
zione, presso la scuola di Sonia Bo e di Alessandro «All’interno di un rinnovato interesse per la figura
Solbiati, ha approfondito successivamente la sua e l’opera di Arrigo Boito (cui ha partecipato con la
formazione soprattutto con il celebre compositore pubblicazione, nel 2010, di una impegnativa mo-
giapponese Toshio Hosokawa. Gardella si è rive- nografia), il giovane studioso Emanuele d’Angelo
lato in pochi anni uno dei più interessanti e ori- restituisce al lettore di oggi la prima redazione del
ginali giovani musicisti italiani. La passione per il libretto del Mefistofele, che si riteneva perduta,
comporre lo conduce ad una continua maturazione con ampiezza di documentazione e di analisi. Il
intellettuale. Molto vasti gli interessi non solo mu- volume, e la più che decennale attività di ricerca
sicali. Il suo mondo sonoro riesce ad essere affasci- di d’Angelo su argomenti boitiani, è anche testimo-
nante, alieno da ogni facile seduzione.» nianza di un valido contributo che la librettologia
– campo d’indagine autonomo sempre più prati-
a Michele Marelli (categoria interpreti) cato da letterati e da musicologi – può offrire alla
«Michele Marelli si è fatto conoscere in questi anni comprensione dei fenomeni storico-musicali.»

VENEZIAMUSICA e dintorni | 45
Prosa

LA «BOVARY»
DI LUCIANO COLAVERO

di Fernando Marchiori*

L
o scorso 21 ottobre, al Teatro un bovarismo ben più moderno, succube della
Santa Marta, è andata in scena in maniacale cura del corpo, delle diete, ecc.).
prima assoluta Madame Bovary, Costretta per tutto il tempo a muoversi su uno
una riscrittura dell’originale stretto e lungo praticabile perpendicolare alla
flaubertiano firmata da Luciano Colavero. platea, un corridoio nel vuoto senza alcuna uscita,
l’attrice costruisce con precisione le azioni fisiche
Come ben sanno gli studiosi di Flaubert, la che la portano a contorcersi sul filo della ribalta
celebre affermazione «Madame Bovary c’est moi» negli spasmi causati dal veleno, a volteggiare col suo
non è mai stata scritta dal romanziere francese. pastrano nero nell’episodio del ballo, a lanciarsi in
Si tratta di una formula apocrifa, riportata da fughe impossibili. Meno riuscite le partiture vocali,
testimonianze orali di dubbia attendibilità, che almeno nella prima parte cedono a stilemi
che tuttavia nella sua icastica provocatorietà convenzionali e comunque risultano sempre sopra
costringe giustamente a saldare l’algido esercizio le righe, forzando l’emissione e sprecando le
dell’impersonalità da parte dell’autore con una possibilità di diversificazione dei livelli espressivi.
sua temperata partecipazione emotiva alle vicende Si tratta evidentemente di una scelta registica
della protagonista. La complessità del personaggio funzionale al montaggio per contrasto del quadro
è ottenuta, infatti, da una focalizzazione interna (la finale. La confessione disperata di Emma si
realtà descritta con gli occhi di Emma) contraddetta conclude con il rifiuto della gabbia identitaria
fino al sarcasmo da uno sguardo che descrive impostale dal matrimonio: «Io non sono Madame
l’eroina stessa come parte dell’asfittico mondo Bovary», urla più volte spogliandosi e venendo a
piccoloborghese da lei rigettato. Nell’adattamento sedersi su un angolo della pedana. Un microfono
drammaturgico di Luciano Colavero portato in sul petto amplifica il battito cardiaco accelerato
scena con convinzione da Chiara Favero, questi dagli sforzi, il respiro affannato tra le parole, e
due piani narrativi vengono traslati efficacemente raccoglie anche la voce, finalmente bassa, interiore,
«in soggettiva». Prima un lungo monologo di calda. Una voce di dentro per chi è sempre vissuto
Emma che, rivolgendosi al marito, ripercorre in solo di esteriorità. E il dramma del desiderio
una incalzante analessi il suo depravante viaggio al rifiuta di chiudersi in rimpianto per tramutarsi
termine del desiderio e della dignità, mentre vive in una estrema affermazione di libertà. Così il
l’angosciata attesa dell’effetto dell’arsenico. microfono diventa uno scandaglio sul fondale
Poi una tagliente invettiva in seconda persona dell’essere, una sonda che sbuca dall’altra parte
che sdoppia il personaggio e ne demolisce di un soggetto svuotato e ne scopre la nudità oltre
l’inconsistente struttura psicologica, frutto di le maschere. Un delicato scavo nel corpo vocale,
un equivoco romanticismo da signorine e di
un immaginario da romanzi rosa (ma Colavero
attualizza la figura rinfacciandole le devianze di * Critico letterario

46 | VENEZIAMUSICA e dintorni
Prosa

che ci piace leggere anche come un omaggio, in un sudario contribuiscono alla percezione del
tanto più interessante in quanto probabilmente passaggio termico in quella che Starobinski ha
inconsapevole, a tanti esperimenti di captazione chiamato la «scala delle temperature» nel romanzo
della voce dal corpo attorale, e in particolare a di Flaubert. Poi una mano tremante stacca il cavo
quelli di Leo De Berardinis. Le luci che avvolgono dal microfono, ed è il buio.
soffuse ancora per un po’ le carni pulsanti come

Dalle note di regia della «Bovary»

«La conoscono tutti, anche chi non ha letto il romanzo che porta il suo nome. Su di lei sono stati
realizzati film e spettacoli teatrali. Su di lei hanno scritto canzoni, saggi, studi, parodie, imitazioni.
Il suo nome ha definito una malattia dell’anima: il bovarismo. La sua personalità supera i confini del
romanzo che la contiene.
Quando immagino Madame Bovary vedo una donna che ha fame, vedo una donna drogata di
desiderio. La sua droga non sono gli oggetti, la sua droga è l’immagine, la visione, il sogno di ciò che
non possiede.
Lei vede qualcosa che non ha, lo desidera e corre. Se può permettersi di comprarlo lo compra. Se non
se lo può permettere s’indebita e lo compra lo stesso. Se non può comprarlo neanche indebitandosi
fino al collo si ammala di desiderio e d’invidia.
Il desiderio l’avvelena, ma nello steso tempo la rende viva. Lei vuole l’impossibile, e questo la
rende viva. Perché i desideri realizzati sono desideri morti. Ma nel dolore degli ultimi istanti, nella
disperazione del finire, quanta fame di vivere ancora, senza pace e senza riposo. Proprio adesso che
sta per finire tutto, quanto disperato desiderio di vivere, semplicemente di vivere. Proprio adesso.»

Luciano Colavero

VENEZIAMUSICA e dintorni | 47
Carta canta

IL MOZART «AL FEMMINILE»


DI LEONETTA BENTIVOGLIO

di Leonardo Mello

Leonetta Bentivoglio e Lidia Bramani,


E Susanna non vien. Amore e sesso in Mozart,
Feltrinelli, Milano 2014, 288 pagine, euro 16.

«P
ossono dei capolavori set- glio – giornalista da molti anni in forze alle pagine
tecenteschi offrirci idee di Cultura e Spettacoli di «Repubblica», dove spa-
rivoluzionarie sull’amore, zia tra danza, musica, teatro e letteratura, nonché
disegnando una mappa di autrice di molti importanti saggi – e Lidia Bramani,
sentimenti ed eros tuttora attuale e forse neces- musicologa e studiosa dagli interessi eclettici, che la
saria? Attraverso la trilogia italiana creata con portano a occuparsi di Mozart come di composito-
il poeta Lorenzo Da Ponte, Wolfgang Amadeus ri contemporanei, uno per tutti Hans Werner Hen-
Mozart mostra di sì, tracciando un’avveniristica ze. Il libro, scritto in uno stile godibile e accessibile
e coerente teoria degli affetti. […] Nel celebrato a tutti, senza rinunciare a una rigorosa documenta-
trittico Mozart scandaglia ogni aspetto dell’amore, zione delle fonti, fornisce una lettura per così dire
esplorando problematiche radicate nella nostra «al femminile» della trilogia mozart-dapontiana,
identità. Affronta temi che continuano a toccarci, analizzando alcune figure di donne rese immortali
descrivendo la violenza sessuale e psicologica sul- dalla celebre coppia. Essendo impossibile, in po-
le donne e segnalando le trappole in cui cade chi che righe, dare conto dei molti argomenti trattati,
“ama troppo”. Indaga i mille volti della vita ero- ci si limita a evidenziare l’immagine che emerge
tica, incluse le pulsioni bisessuali. Si rivolge a chi del Genio di Salisburgo, del tutto depurata dalle
ha conquistato l’estasi di una soddisfacente mono- incrostazioni romantiche, che lo vedono come un
gamia non obbligata, così come agli infedeli che prodigio avulso dal contesto in cui vive. Al contra-
rifiutano l’ipocrisia o agli amanti clandestini che rio, dicono le autrici, Mozart, che apparteneva alla
non credono nella mistica della trasparenza. Con cerchia più illuminata e progressista della società
la sua musica apre squarci profetici sulla possibi- viennese, soprattutto attraverso quel fondamentale
lità di legarsi simultaneamente a più persone, sul trittico «italiano» dimostra un’attenzione all’amore
significato e sulle conseguenze dell’adulterio, sulle e alle sue molteplici declinazioni (oltre che alle sue
passioni che bruciano nell’adolescenza come nella vittime) davvero straordinaria e irripetibile, con-
terza e quarta età, sulle dinamiche dell’autoeroti- vocando in scena, mediante la sua musica, anche
smo e sulla scelta di essere single». tematiche dolorose e scabrose – una per tutte il
Questo è un estratto dalla prima pagina di E Susan- femminicidio – che sono cruciali anche per chi vive
na non vien. Amore e sesso in Mozart, il magnifico la contemporaneità.
volume scritto a quattro mani da Leonetta Bentivo-

48 | VENEZIAMUSICA e dintorni
Qualche nota sul «Simon Boccanegra»
di Fabrizio Della Seta

Da Gutiérrez a Verdi
di Lorenzo Bianconi

Cenni sulla vocalità del «Simon»


di Giorgio Gualerzi

A proposito di Steve Reich


di Mario Messinis

Sulla Biennale Musica 2014


di Paolo Petazzi

Claudio Ambrosini e la guerra vista da un bambino

I Pink Floyd tra genio assoluto e polemiche


di Giò Alajmo

Bernard-Henri Lévy e l’edizione italiana della «Barbarie»


di Cesare De Michelis

Edizioni La Fenice

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