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CANCRO ALLA MAMMELLA

Il seno è costituito da un insieme di ghiandole e tessuto adiposo ed è posto tra la pelle e la parete del
torace. In realtà non è una ghiandola sola, ma un insieme di strutture ghiandolari, chiamate lobuli, unite tra
loro a formare un lobo. In un seno vi sono da 15 a 20 lobi.
Il tumore al seno è una malattia potenzialmente grave se non è individuata e curata per tempo. È dovuto
alla moltiplicazione incontrollata di alcune cellule della ghiandola mammaria che si trasformano in cellule
maligne, e tende a metastatizzare principalmente al torace, fegato ed ossa.

EPIDEMIOLOGIA

Il carcinoma della mammella è la più comune neoplasia femminile nel mondo, ogni anno in Italia ci sono
50.000 nuovi casi e rappresenta la prima causa di morte per tumore nel sesso femminile,
indipendentemente dall’età.

Il picco di incidenza si ha intorno ai 50-55 anni, anche se cresce sempre più il n. di donne giovani (30-35)
affette da cancro alla mammella.

Il picco massimo si ha prima dei 50 anni, scende tra i 50 e i 70, dopo i 70 diventa più raro. I numeri sono in
aumento sia perché se ne scoprono di più in fase precoce attraverso screening, sia perché l’età media di
vita si è allungata, e insieme ad essa le patologie. Allo stesso tempo però è migliorata anche la cura,
complessivamente, per tutti gli stati, si ha l’80% di guarigione.

FATTORI DI RISCHIO

E’un tumore endocrino sensibile: gli ormoni sessuali femminili (estrogeni e progesterone) si legano ai
recettori che sono quasi sempre esposti sulla superficie della cellula tumorale, vengono internalizzati,
vanno al nucleo e avviano la replicazione. Dunque il tumore della mammella cresce sotto stimolo di
estrogeni.
Tutte le condizioni che favoriscono un ambiente estrogenico sono:
-Fattori dietetici;
-Sindrome metabolica;
-Abuso di alcol;
-Obesità;
-Menopausa tardiva;
-Menarca precoce;
-Sedentarietà;
-Nulliparità;
-Lesioni benigne: iperplasia atipica della ghiandola mammaria che espone un rischio maggiore: queste
donne hanno nell’arco di 30 anni il 30% di probabilità di sviluppare un cancro alla mammella.
Il tumore è più frequente in donne con una maggior esposizione agli estrogeni: questo però non giustifica il
motivo per cui una donna giovane si ammali di tumore alla mammella. In questo caso subentrano i fattori
genetici: donne che hanno ereditato da uno dei genitori mutazioni dei geni BRCA1 BRCA2, hanno un rischio
elevato di ammalarsi di tumore della mammella o ovaio. Se una donna sana è portatrice di mutazioni di
BRCA1-BRCA2, può sottoporsi all’asportazione di organi che si possono ammalare, mastectomia bilaterale
profilattica. (Angiolina Jolie)
Circa il 5-15% delle donne presenta queste mutazioni.

CLASSIFICAZIONE ANATOMO-PATOLOGICA

La ghiandola mammaria rappresenta il 20-25% della mammella ed è deputata alla funzione


dell’allattamento. E’ una ghiandola tubulo-alveolare composta, ed è l’unica ghiandola esocrina del corpo
umano a non avere una capsula connettivale che l’avvolge, ma lo stroma è formato da adipociti. I vari dotti
confluiscono in un dotto galattoforo, da cui fuoriesce latte, che termina nel complesso areola-capezzolo
(prima di sbucare nel capezzolo si dilata a formare il seno galattoforo).
Il tumore può nascere sia nelle cellule dei dotti galattofori, carcinoma mammario duttale, la forma più
frequente, sia in quelle dei lobuli ghiandolari, carcinoma mammario lobulare.
Possono essere in situ: non superano la membrana basale e non danno metastasi; o infiltranti, crescono
localmente, superano la membrana basale, infiltrano i vasi linfatici ed ematici, e danno metastasi.

 Carcinoma duttale in situ (DCIS): è una forma iniziale di tumore al seno, le cellule tumorali si
sviluppano all’interno dei dotti ma rimangono “in situ” cioè non si estendono al di fuori del dotto
nel tessuto circostante o in altre parti del corpo. Questa caratteristica rende la prognosi del DCIS
molto buona. Può esserci un DCIS quando nella mammografia sono presenti piccoli accumuli di
calcio (micro-calcificazioni) che appaiono come piccole macchie bianche.

 Carcinoma duttale invasivo: È il tipo più frequente di tumore al seno. Rappresenta infatti il 75% di
tutti i tumori ed origina dalle cellule dei dotti cioè i canalini che conducono il latte al capezzolo. I
disturbi possibili consistono in un cambiamento nella forma o nelle dimensioni del seno, nella
comparsa di un nodulo o un ispessimento della pelle, un rigonfiamento sotto l’ascella, un dolore
costante al seno o all’ascella e cambiamenti o secrezioni a livello del capezzolo e/o dell’areola. Lo
screening mammografico spesso rivela tumori molto piccoli che non causano alcun disturbo. In
alcuni casi può esserci un carcinoma duttale invasivo quando nella mammografia sono presenti
piccoli depositi di calcio (micro-calcificazioni) nei dotti che nella mammografia appaiono come
piccole macchie bianche.

 Carcinoma lobulare in situ: il LCIS (detto anche intralobulare) è una pre cancerosi: le cellule
tumorali si sviluppano all’interno dei lobuli (zona della ghiandola che produce il latte) e rimangono
“in situ” cioè non si estendono al di fuori del lobulo nel tessuto circostante o in altre parti del corpo.
Questa caratteristica rende la prognosi del LCIS molto buona. Il LCIS è più frequente tra i 40-50
anni, nel 40-85% dei casi è multicentrico (cioè forma più focolai di cellule tumorali nello stesso
seno) e nel 30% dei casi può interessare tutte e due i seni. Si associa alla presenza di un tumore
invasivo nel 5% delle pazienti. La diagnosi di LCIS aumenta da 7 fino a 10 volte il rischio di un
successivo tumore invasivo. In caso di sviluppo di un tumore invasivo generalmente si riscontra un
carcinoma duttale invasivo.
 Carcinoma lobulare invasivo: Origina dalle cellule dei lobuli (zona della ghiandola che produce il
latte). rappresenta il 10–15% di tutti i tumori. In alcuni casi può interessare più di una zona dello
stesso seno o entrambi i seni. Questo tipo di tumore presenta anche, rispetto agli altri tipi, un
rischio leggermente superiore di ripresentarsi nel seno controlaterale a distanza di tempo dalla
prima diagnosi.

CARATTERIZZAZIONE MOLECOLARE
Conoscere il profilo molecolare del tumore è fondamentale per proporre il trattamento più indicato per il
singolo paziente tenendo conto della sua individualità, della sua storia medica e delle sue condizioni
generali di salute, come pure delle caratteristiche biologiche specifiche del ‘suo’ tumore. Ci sono, infatti,
tumori mammari che vanno curati con anticorpi monoclonali ed altri no perché non tutti sono uguali.

Tempo fa esisteva quasi solo la chemioterapia, si utilizzavano dei farmaci piuttosto che altri, pur sapendo
che i chemioterapici agiscono con diverso meccanismo d’azione distruggendo tutte le cellule che si
replicano velocemente, non solo quelle tumorali. Quanto più la cellula tumorale si replica velocemente,
tanto più funziona la chemioterapia.
Gli effetti collaterali principali della chemioterapia sono molteplici: perdita di capelli, nausea e vomito (le
cellule della mucosa gastroenterica hanno un elevato turnover), tossicità ematologica: le cellule del sangue
principalmente distrutte sono i globuli bianchi, globuli rossi e piastrine, in questo ordine, sempre in base
alla velocità di replicazione.

Cosa bisogna guardare per capire le caratteristiche biologiche, molecolari e il comportamento clinico di un
tumore?
-Se esprime sulla superficie i recettori per estrogeni e progesterone;
-L’indice mitotico (ki67), ovvero quanto velocemente si replica il tumore: se veloce, è peggio di uno che si
replica lentamente e inoltre è un tumore che è più vulnerabile alla chemioterapia.
-Si valuta il recettore HER2 (recettore presente sulla superficie cellulare a cui, una serie di ligando, si legano.
Questo recettore all’interno ha una proteina chinasi che comincia a fosforilare e ad autofosforilarsi, si rende
autonoma, prende dei gruppi fosfati, li lega a sè e attiva due vie di trasmissione principali del segnale al
nucleo, attraverso cui avvia replicazione, neoangiogenesi, metastasi), quanto più HER2 è presente, tanto
più è aggressivo il tumore.
-Tumori triplo negativi: non hanno recettori per estrogeni e progesteroni, né tanto meno hanno HER2.
Quasi sempre hanno un indice mitotico molto elevato (ki67).

CURVA DI SOPRAVVIVENZA:
Questa è una curva di sopravvivenza globale, tumori in stadio precoce. Se unisco le ascisse e le ordinate, so
che al t. 0 della mia osservazione, il 100% dei pz sono vivi. A 5 anni, se guardo la linea azzurra, ne sono vivi il
75-80%.
Descrivono la sopravvivenza di una popolazione e nello specifico rappresentano tumori mammari delle
stesse dimensioni, ma con caratteristiche diverse, avranno un comportamento nel tempo, delle cure
differenti, in funzione delle caratteristiche che ha (le organizziamo in funzione dei recettori per gli estrogeni,
progesterone, stato di her2, indice mitotico). Combinando queste 4 condizioni, ci sono dei sottogruppi
completamente differenti:

-LUMINALE A: tumori mammari a prognosi più favorevole, con recettori per estrogeni e progesterone
superiori all’80%, con indice mitotico basso, il ki67 è inferiore al 20%, l’her2 è assente; fanno solo terapia
endocrina, non chemio;

-TUMORI TRIPLO NEGATIVI: non esprimono recettori per estrogeni, progesterone, né her2. Hanno quasi
sempre un indice mitotico elevato;

-TUMORI HER2 PURI: non esprimono recettori per estrogeni e progesterone, ma esprimono l’her2;

-LUMINALE B: HER2 POSITIVI o HER2 NEGATIVI. O hanno il recettore per il progesterone basso, o l’indice
mitotico alto, sono una via di mezzo tra i luminale A. In questi casi si prosegue con la chemioterapia, terapia
con anticorpi monoclonali e terapia endocrina.

PRESENTAZIONE CLINICA

La mammella è distinta in 5 quadranti: due esterni verso il braccio, due interni verso lo sterno ed uno
centrale: il 50% dei tumori maligni del seno si verificano nel quadrante supero-esterno che guarda verso il
braccio e verso l’ascella, perché la ghiandola mammaria si trova maggiormente in questa zona. Le
caratteristiche di un nodulo mammario ‘’preoccupante’’ sono:

 consistenza aumentata (duro);


 non è dolente;
 quando è fisso rispetto ai piani superficiali e profondi;
 i margini sono irregolari;
 la cute a buccia d’arancia, che si verifica se c’è infiltrazione dei linfatici;
 se ci sono secrezioni siero-ematiche;
 linfonodi all’ascella clinicamente sospetti;
Altri quadri particolari sono il carcinoma infiammatorio (1-6%) ricorda la mastite infiammatoria, è un
tumore aggressivo caratterizzato da un’ampia infiltrazione del derma e dei linfatici del derma; altra
presentazione non rara, molto particolare, che spesso sfugge inizialmente alla diagnosi è il carcinoma di
Paget che si presenta come una lesione simil-eczematosa del capezzolo.

ESAME OBIETTIVO:

SINTOMI

Negli stadi iniziali, la malattia non dà luogo a sintomi specifici, ma ogni donna dovrebbe essere in grado di
riconoscere eventuali cambiamenti, quali:
-mammella: variazione di dimensioni o forma, presenza di rilievi o infossamenti sulla superficie, presenza di
protuberanza o ispessimento, presenza di segni di infiammazione;
-capezzolo: retrazione, presenza di una protuberanza nell’area situata dietro il capezzolo;
-braccio: gonfiore a livello dell’ascella, dell’avambraccio o di tutto il braccio;
DIAGNOSI
Solitamente l’iter diagnostico comincia dal medico di medicina generale, che visita e pone domande sulla
storia familiare e sulle condizioni generali. Dopo la visita, se lo ritiene opportuno, può suggerire di
consultare un senologo per una più approfondita valutazione ed eventuale esecuzione di ulteriori esami. Il
medico può decidere di sottoporvi a uno solo o a più esami strumentali, solitamente quello più appropriato
per il sospetto diagnostico, quali:

-MAMMOGRAFIA: è l’esame di prima scelta se il sospetto diagnostico è un carcinoma. E’ una tecnica


radiologica, c’è una sorgente di raggi X che attraversa dei tessuti e va a impressionare una lastra
radiografica. I raggi X che dalla sorgente attraversano un organo, un apparato, vengono fermati in misura
differente a seconda del tessuto che incontrano. Per esempio, i raggi X quando incontrano l’osso si
fermano, non lo attraversano, non impressionano la lastra radiografica che si trova oltre l’osso; i polmoni
sono pieni d’aria, dunque i raggi X passano e impressionano la lastra; il cuore, che ha una struttura con
densità maggiore rispetto all’osso ma minore rispetto l’aria, appaiono più o meno grigi, i raggi X passano,
ma non completamente.

FIGURA A SX) La zona più bianca comprende noduli solidi, il tessuto ghiandolare è più addensato per cui i
raggi X passano di meno. Il nodulo ha un aspetto stellato, i margini non sono netti, tipico della crescita
infiltrativa dei tumori.
FIGURA A DX) I puntini rappresentano delle microcalcificazioni, sono bianche come l’osso, dunque i raggi X
non passano. Quando le microcalcificazioni sono concentrate in una zona rappresentano un quadro tipico
di un carcinoma in situ. Molto spesso il carcinoma in situ, che è una lesione millimetrica per cui non è
visibile radiologicamente, è accompagnato dalla presenza di queste microcalcificazioni allungate: in questi
casi bisogna fare una biopsia chirurgica: procedura che consiste nell’asportare, attraverso una piccola
incisione cutanea, la lesione sospetta per intero o solo in parte. Il tessuto rimosso viene inviato al patologo
per l’esame istologico.

-ECOGRAFIA: tecnica radiologica che utilizza le riflessioni di un fascio di ultrasuoni per formare
un’immagine degli organi interni del corpo. A seconda del tessuto che incontrano lo possono attraversare e
non tornare indietro, oppure lo attraversano meno ed essere riflesse. Gli ultrasuoni passano attraverso
l’aria e i liquidi. Oltre a stabilire la natura di un nodulo, consente di differenziare i noduli solidi dalle cisti.
Una piccola sonda ecografica emette un fascio di ultrasuoni, le cui riflessioni sono convertite in immagini
tramite un computer. All'interno della sonda è possibile collocare un dispositivo che permette di
visualizzare i vasi sanguigni e il flusso del sangue al loro interno. Ciò è molto utile perché la presenza di un
tumore modifica il flusso sanguigno. L’ecografia è indolore e dura solo pochi minuti.
Entrambi gli esami sono complementari, l’uno integra, in termini di informazioni, l’altro. Si sceglie l’uno o
l’altro in funzione di quello che è il sospetto diagnostico.

E’ una cisti, dentro c’è acqua, i margini sono netti.

-RISONANZA MAGNETICA: tecnica radiologica che utilizza i campi magnetici per elaborare immagini
dettagliate delle strutture interne dell’organismo. Talvolta, per ottenere immagini più chiare, viene iniettato
per via endovenosa un mezzo di contrasto. La RNM ha delle indicazioni ben precise:
-quando non si ha una diagnosi di certezza con eco o mammografia;
-nelle donne giovani ad alto rischio (BRCA-mutate);
-pazienti portatrici di protesi, per un tumore o per motivi estetici;
-pazienti che vengono trattate con terapia neoadiuvante, perché in questo modo il tumore si può ridurre
ma anche frammentarsi in piccole parti, per cui è importante sapere se si è ridotto mantenendo questo suo
aspetto compatto, o frammentato.

Si sospetta la presenza di una neoplasia sia per le microcalficazioni, sia per alterazioni strutturali del tessuto
ghiandolare, pur non vedendo il nodulo. Per cui il riscontro di una lesione radiologicamente sospetta
impone l’accertamento diretto al fine di definirne la natura: per questo motivo esiste il mammotome,
biopsie multiple sotto guida di un computer utilizzando aghi ‘ad uncino’, consentono l’aspirazione di frustoli
multipli di tessuto e quindi un esteso campionamento della lesione da analizzare istologicamente.
Una volta ottenuta la diagnosi cito-istologica di neoplasia mammaria, altri esami strumentali servono per il
completamento della stadiazione pre-terapeutica, che prevede l’esecuzione di:
-radiografia del torace
-ecografia epatica
-scintigrafia ossea
-TAC encefalica, nel caso di sintomi neurologici; TAC torace, per tumori a prognosi sfavorevole nelle quali è
più probabile si possano trovare noduli polmonari piccolini. Mentre l’eco del fegato è attendibile quanto la
tac addome, quella del torace è raccomandabile se la diagnosi istologica conferma la presenza di un tumore
HER2 positivo (è un fattore prognostico sfavorevole).

STADIAZIONE

CHIRURGIA
(rapporto tra volume tumorale e volume della mammella)

Si è passati da una mastectomia secondo Halsted, che consiste nell’asportazione totale della mammella
compresi i due muscoli pettorali su cui poggia e dell'intero pacchetto di linfonodi del cavo ascellare, ad una
mastectomia secondo Madden con risparmio di entrambi i muscoli pettorali e si procede ad asportazione
dei linfonodi ascellari di I, II e III livello. Anche se una chirurgia senologica moderna tende a evitare il più
possibile la mastectomia, soprattutto per motivi estetici.
Si cerca sempre di effettuare una quadrantectomia (a volte chiamata escissione segmentale), viene
asportato circa un quarto del seno. Dopo una quadrantectomia, il seno di solito sarà più piccolo e potrà
inoltre presentare un avvallamento a causa della quantità di tessuto rimossa.

Se il tumore è grande, come si procede? Si effettua un trattamento pre-operatorio per diminuire il volume,
dopodichè si può effettuare una quadrantectomia. Se viceversa non è possibile, per la dimensione o
localizzazione del tumore, spesso si effettua una mastectomia anche per tumori piccoli, una mastectomia
skin sparing, con risparmio della cute, si svuota la mammella e si impianta la protesi;
se non è possibile e bisogna eliminare anche la cute, si impianta una protesi temporanea che
periodicamente viene gonfiata con soluzione fisiologica in modo da guadagnare spazio ed elasticità di
tessuti e, a distanza di un anno dall’intervento, si impianta la protesi definitiva.

LINFONODO SENTINELLA
Il linfonodo sentinella è il primo linfonodo che drena la sede della neoplasia primitiva, e si trova tra il
tumore e la stazione linfonodale ascellare. Come lo si localizza?
1. Alcune ore prima dell’intervento si inietta, in prossimità del nodo palpabile, sotto guida ecografica,
o in corrispondenza di un aggregato di microcalcificazioni tumorali (sotto guida stereotassica
mammografica), una soluzione salina contenente particelle colloidali di albumina umana coniugata
con Tecnezio 99m o un colorante vitale.
2. Alcune ore dopo l’inoculo del tracciante radioattivo, l’utilizzo di una sonda per chirurgia
radioguidata, passata lentamente in corrispondenza dei linfonodi del cavo ascellare, consente di
individuare la zona ascellare di maggiore emissione del segnale.
3. In tale sede si esegue una piccola incisione cutanea, attraverso cui si inserisce la sonda, rivestita da
una guaina sterile. Il primo linfonodo ‘caldo’, (che ha filtrato il liquido linfatico ed ha parzialmente
trattenuto il radiocolloide, e che quindi emette il maggior segnale di radioattività), rappresenta il
primo linfonodo drenante l’area neoplastica=linfonodo sentinella.
Esso viene asportato ed esaminato istologicamente: se i linfonodi tolti non risultano metastatici, i
linfonodi del cavo ascellare sono negativi; viceversa se risultano metastatici si procede con la
linfoadenectomia al cavo ascellare.

Evitare la dissezione ascellare in pazienti con linfonodo sentinella negativo è fondamentale, in quanto
migliora notevolmente la qualità di vita della paziente, riducendo il rischio di linfedema dell’arto superiore
e preservando in maniera ottimale la funzionalità dell’arto.
Bisogna tener presente che i tumori superiori a 3 cm nel 70% dei casi hanno già dato metastasi ai linfonodi
del cavo ascellare, per cui tendenzialmente si procede con la linfoadenectomia ascellare piuttosto che il
linfonodo sentinella.

Una delle complicanze importanti della linfoadenectomia ascellare è il linfedema: quando viene tolto un
linfonodo del cavo ascellare, si instaurano dei deficit del circolo linfatico, la linfa non è in condizioni di
ritornare, e questo dipende dalla capacità dei circoli collaterali di drenare la linfa dell’arto. Per questo
motivo viene effettuata solo se c’è evidenza o sospetto di linfonodi ascellari positivi.

RADIOTERAPIA ADIUVANTE
-dopo chirurgia conservativa: tutte le volte che si esegue un intervento di chirurgica conservativa, cioè non
viene portata via la mammella in toto, dopo va fatta la radioterapia, che azzera il rischio di recidiva locale.
-dopo mastectomia: l’irradiazione della parete toracica e delle stazioni linfonodali (sovraclaveari, ascellari) è
limitata a condizioni di maggiore rischio per recidiva, quali tumori di grosse dimensioni (maggiore di 5 cm) o
con estesa invasione vascolare; o interessamento linfonodale ≥4; oppure quando la resezione è
microscopicamente incompleta.

In presenza di più di 6-7 linfonodi coinvolti, anche se è stata fatta la mastectomia, va irradiata la regione
claveare, ovvero la stazione linfatica successiva, a scopo profilattico.

TERAPIA

 CHEMIOTERAPIA: I farmaci maggiormente impiegati sono le ANTRACICLINE e i TAXANI.


 OROMONOTERAPIA: quando il tumore esprime i recettori per estrogeni e progesterone. Tra i
farmaci abbiamo:
TAMOXIFENE, è un modulatore del recettore per gli estrogeni, impedisce il legame estrogeno-
recettore per abbassare il livello di estrogeni circolanti. Gli estrogeni vengono prodotti dai follicoli
ovarici e dalle ghiandole surrenali: l’Androstenedione viene convertito dall’Aromatase in Estrone e
poi Estradiolo.

INIBITORI DELLE AROMATASI, impediscono la sintesi di estrogeni a livello adiposo e surrenale.


INIBITORI DELLA SOPPRESSIONE OVARICA: l’asse ipotalamo-ipofisario controlla fisiologicamente la
funzione ovarica e si possono utilizzare degli analoghi (LH-RH) per indurre una castrazione
farmacologica: esistono farmaci che inducono l’amenorrea, ovvero la mancanza di ciclo mestruale.
Per le donne in pre menopausa: le ovaie ‘’vengono messe a riposo’’ con un’iniezione mensile con
un analogo LH-RH, e si utilizza il tamoxifene bloccando la sintesi a livello ovarico. Al tempo stesso si
impedisce anche il legame tra gli estrogeni circolanti con i recettori per gli estrogeni presenti sulle
cellule tumorali circolanti. Sostanzialmente si blocca la sintesi degli estrogeni a livello ovarico e
surrenalico.
Per le donne post menopausa si utilizza il tamoxifene.

EFFETTI COLLATERALI:
TAMOXIFENE: induce un ispessimento dell’endometrio fino ad avere quadri di carcinomi
dell’endometrio. Queste donne hanno un rischio di sviluppare tumori dell’endometrio che è doppio
rispetto alla popolazione generale.
INIBITORI DELLE AROMATASI: sono osteopenizzanti, possono indurre o favorire l’osteoporosi.
Bisogna bilanciare gli effetti collaterali valutando periodicamente lo spessore dell’endometrio
(ecografia transvaginale una volta l’anno); per le donne con osteoporosi e osteopenia fanno una
mineralometria ossea computerizzata per valutare lo stato di salute dell’osso che può peggiorare
durante i 5 anni di trattamento con inibitori delle aromatasi.

 TERAPIA CON ANTICORPI MONOCLONALI (RIVOLTI CONTRO L’HER2): chemioterapia + anticorpi anti
HER2.

TERAPIA DEL CARCINOMA MAMMARIO METASTATICO

Le donne devono arrivare all’intervento chirurgico con un esame istologico completo. Se al momento della
diagnosi si ha la certezza che la donna dopo l’intervento dovrà fare chemio o chemio + anticorpi anti HER2,
si prosegue in primis con un trattamento neoadiuvante. Questo consente di ridurre le dimensioni del
tumore, rendere l’intervento più semplice e, in molti casi, consente di far scomparire completamente il
tumore.
La malattia metastatica va trattata fino a quando è possibile:

 Triplo negativi: solo chemioterapia;


 HER2: chemioterapia e anticorpi anti HER2;
 Tumori endocrino sensibili: si utilizzano terapie ormonali. Oggigiorno c’è la possibilità di associare
vari farmaci biologici come l’EVEROLIMUS, un inibitore di mTOR, coinvolto nel meccanismo di
endocrino-resistenza. L’associazione di un inibitore di mTOR con l’inibitore delle aromatasi
rappresenta un ulteriore linea di terapia endocrina.
Fondamentali sono anche gli inibitori delle cicline CDK 4-6, oggi rappresentano la prima linea di terapia
endocrina. Le cicline sono coinvolte, attraverso l’attivazione del gene RB e la fosforilazione del fattore E2F,
nella regolazione del ciclo cellulare, in particolare nel passaggio dalla fase G0-G1 alla fase di sintesi.
Esistono questi farmaci che bloccano le cicline CDK 4-6, consentono di inibire il ciclo cellulare della cellula
tumorale impedendo il passaggio dalla fase G1 a quella di sintesi.
PREVENZIONE

La prevenzione è importantissima. Lo screening per la diagnosi precoce del tumore mammario si rivolge alle
donne di età compresa tra i 50 e i 69 anni e si esegue con una mammografia ogni 2 anni.
Anche l'ecografia è un esame molto utile per esaminare il seno giovane, dato che in questo caso la
mammografia non è adatta.
L'autopalpazione è una tecnica che consente alla donna di individuare precocemente eventuali
trasformazioni del proprio seno. La sua efficacia in termini di screening è però molto bassa: questo significa
che costituisce un di più rispetto alla sola visita e alla mammografia a partire dall'età consigliata, ma non
può sostituirle.
I test genetici per la ricerca dei geni BRCA1 e 2, responsabili di alcune forme ereditarie di cancro del seno,
sono strumenti di prevenzione utili in situazioni particolari, in cui lo studio della genealogia di una persona
evidenzia specifiche caratteristiche di trasmissione della malattia. Prima di sottoporsi ai test genetici è
necessario rivolgersi a un genetista esperto che confermerà o smentirà l'utilità dell'esame. In caso di
positività è possibile rafforzare le misure di controllo con mammografie ed ecografie molto ravvicinate per
identificare il tumore in una fase precoce qualora dovesse presentarsi.

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