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Professoressa

Guido Sbobinatori: Giulia Libralon


Alice Perazzolo
Controllore: Ludovico Fava

Anatomia patologica 16/05/2017

MALATTIE ACQUISITE VALVOLARI E DELL'ENDOCARDIO

Giulia Libralon

Le conseguenze di una malattia valvolare sono di due tipi: stenosi valvolare (restringimento
dell'ostio valolare con problema del flusso anterogrado) ed insufficienza valvolare (incompleta
chiusura dei lembi valvolari con problema del flusso retrogrado, detto rigurgito).
I problemi valvolari causano nel cuore degli adattamenti: se c'è una stenosi gli adattamenti
riguardano ciò che è a monte della stenosi, mentre nell'insufficienza vi sono modificazioni sia a
monte che a valle della valvola.
Mentre le stenosi insorgono progressivamente, le insufficienze possono essere anche eventi acuti
(come nel caso di rottura di muscoli papillari o corde tendinee a causa di un infarto miocardico).
Lo scenario epidemiologico delle valvulopatie è enormemente cambiato nel tempo: fino a 20-30
anni fa la principale causa di malattia era la malattia reumatica, oggi calata nettamente nei paesi
occidentali (nei paesi tropicali essa è invece ancora ben rappresentata), mentre sono aumentate le
cause di danno legate all'età.

CLASSIFICAZIONE EZIOPATOGENETICA DELLE VALVULOPATIE

• Forma reumatica
• Forme infettive
• Stenosi calcifica dell'aorta
• Degenerazione mixoide (quasi sinonimo di insufficienza mitralica)
• Endocardite trombotica non batterica

La malattia reumatica è una malattia sistemica che esordisce da
una faringite streptococcica (spesso causata da Streptococco
piogene o Streptococco β-emolitico). L'infezione attiva il sistema
immunitario, i linfociti T e le cellule B che producono anticorpi
anti-streptococco. Questi anticorpi cross-reagiscono con
componenti della cellula miocardica e con glicopeptidi valvolari
portando ad una pancardite, cioè un interessamento di tutto il
cuore con pericardite (che però raramente diviene restrittiva),
miocardite reumatica (a cui si devono ascrivere episodi mortali in
fase acuta) ed endocardite valvolare. Sono interessate
soprattutto la valvola mitrale ed aortica, raramente la tricuspide,
mentre non è quasi mai interessata la polmonare.
L'endocardite reumatica si manifesta con un quadro iniziale di
edema dei lembi valvolari che poi progredisce in un danno all'endotelio, seguito da un infiltrato di
cellule infiammatorie e dalla deposizione di fibrina, fino alla formazione di alcune tipiche
escrescenze dall'aspetto verrucoso.
Se il processo progredisce esso innesca fenomeni di fibrosi e deposizione di collagene e spesso
anche di calcio, con irrigidimento dei lembi valvolari e fusione delle commissure: si ha infine un
quadro terminarle di endocardite fibroplastica (quadro aspecifico che indica lo stadio terminale
dell'endocardite, qualunque ne sia la causa).
Nella fase cronica la valvola stenotica ha un caratteristico aspetto ”a bocca di pesce”, con
escrescenze verruciformi e riduzione dell'ostio valvolare.
Le conseguenze dipendono da quanto è grave la stenosi. Normalmente l'ostio valvolare ha una
superficie che va dai 3 ai 5 cm²: a seconda di quanto esso è ridotto la stenosi è detta lieve,
moderata o severa (la stenosi è critica se l'ostio è ridotto ad 1 cm²).
La stenosi del flusso attraverso la valvola mitralica causa un forte aumento pressorio
• nell'atrio sinistro, che va incontro a ipertrofia e dilatazione (che predispone alla fibrillazione
atriale)
• nel sistema polmonare
• nel ventricolo destro, che diviene ipertrofico. Quando l'ipertrofia si associa a dilatazione del
ventricolo questa può causare insufficienza della tricuspide (si parla quindi, soprattutto
nelle fasi avanzate della malattia, di steno- insufficienza).

L'endocardite batterica è una malattia seria che, fino all'epoca pre-antibiotica portava a morte
molto rapidamente il paziente per scompenso cardiaco acuto o sepsi, soprattutto se era causata da
Stafilococco Aureo o Streptococco Piogene. Forme più lievi, ad andamento subacuto, erano
causate ad esempio da Streptococcus Viridans o Staphilococcus Epidermidis ed interessavano
invece valvole già compromesse, già malate. Streptococcus Faecalis e Stafilococco rimangono gli
agenti infettivi più frequentemente coinvolti.
Oggi la mortalità è nettamente minore grazie all'avvento delle terapie antibiotiche ma, nonostante
questo, l'incidenza non è cambiata.
L'età di insorgenza è aumentata: mentre in passato erano più colpiti giovani e bambini ora il picco
si ha attorno ai 60 anni, nei maschi più frequentemente che nelle femmine. I tossicodipendenti
costituiscono un'eccezione: la malattia in essi insorge più precocemente, favorita dalla
concomitante immunodepressione.
La distribuzione valvolare è la stessa della malattia reumatica: sono interessate frequentemente
valvola aortica e mitrale, più raramente la tricuspide ed eccezionalmente la polmonare.
I fattori che predispongono all'endocardite batterica sono tutti i fattori che alterano il flusso
ematico o l'anatomia valvolare:
• cardiopatie congenite
• malattia reumatica
• immunodepressione
• protesi valvolari
• prolasso della mitrale
• degenerazione calcifica valvolare
• diabete
• gravidanza

Questo spiega perché i portatori di un difetto valvolare di qualsiasi tipo devono fare una profilassi
antibiotica ogni volta che si sottopongono a procedure a rischio di disseminazione batterica.

Ci deve essere inoltre, oltre al difetto valvolare, una batteriemia transitoria, che di solito origina da
infezioni dentarie, cutanee, polmonari o manovre sul tratto genitourinario.
La batteriemia porta gli agenti infettivi a contatto con il difetto valvolare, su cui si localizzano e
provocano il danno.
Dal punto di vista anatomopatologico le vegetazioni si manifestano con la formazione di lesioni
ulcero-polipose sul versante atriale delle valvole atrioventricolari e su quello ventricolare delle
valvole semilunari. Queste vegetazioni sono costituite da piastrine, fibrina, detriti cellulari e da
colonie batteriche: esse sono molto friabili e possono staccarsi dando fenomeni di embolia settica.
Le fondamentali conseguenze sono quindi:
• Embolia settica, che interessa frequentemente encefalo, milza e vasi del fondo oculare.
• Quadri di insufficienza valvolare acuta, se i lembi valvolari si rompono.
• Ascessi miocardici, per estensione del processo infettivo al miocardio.
• Aneurismi cardiaci (per estensione del processo infiammatorio al miocardio o per infarti
dovuti ai fenomeni di embolizzazione).
• Glomerulonefrite immunomediata con aspetto caratteristico “a morso di pulce” (sono
visibili delle piccole petecchie su tutta la superficie renale).


Degenerazione calcifica dell'aorta: Di essa distinguiamo due tipi: la calcificazione distrofica senile
(la più frequente) e la stenosi calcifica dell'aorta bicuspide (meno frequente).
La prima è tipicamente senile, si può quasi definire un “danno da usura” della valvola. I lembi della
valvola sono irrigiditi, ispessiti, anche se non si fondono mai completamente come nella malatttia
reumatica. Essendo legata all'invecchiamento questa valvulopatia si manifesta progressivamente
dai 65 anni in poi, nei maschi in misura maggiore che nelle femmine.
La stenosi calcifica dell'aorta bicuspide insorge invece su una valvola aortica anomala, bicuspide. In
essa fino all'età adulta non c'è nessun malfunzionamento apparente ma avvengono fenomeni di
deposizione di calcio, ispessimento e fibrosi che, solitamente entro i 60 anni, portano ad avere
stenosi o stenoinsufficienza (è quindi più precoce della forma senile).

Degenerazione mixoide delle valvole: E' una condizione che predilige la mitrale, tanto da essere
considerata quasi un sinonimo di prolasso mitralico. Un prolasso è una condizione in cui la valvola
mitrale si abbassa in maniera ampia nell'atrio sinistro durante la contrazione. In realtà un piccolo
movimento di prolasso si ha normalmente anche in assenza di patologia. L'incidenza è del 2,4%,
con una prevalenza del sesso femminile.
C'è un'importante componente familiare nella patogenesi del prolasso mitralico: esistono forme
ereditarie trasmesse come caratteri autosomici dominanti, a penetranza variabile, associate a
malattia renale policistica o ad altre malattie del collagene.
La lesione è dovuta ad un aumento di collagene, mucopolisaccaridi acidi e glicosamminoglicani,
responsabili dell'aspetto mixoide, spongioso della valvola. I lembi sono caratteristicamente
protrudenti, con commissure separate.
Le principali complicanze sono
• alto rischio di trombosi, soprattutto parietale
• dilatazione dell'atrio sinistro
• ipertrofia eccentrica da sovraccarico del ventricolo sinistro.

Endocarditi trombotiche non batteriche (marantiche): sono forme molto comuni di endocardite,
riscontrate nel 2,3% delle autopsie degli anziani. Una caratteristica peculiare di queste patologie è
la loro associazione, nel 75% dei casi, ad una neoplasia, soprattutto di pancreas, stomaco e
polmone. Altre condizioni a rischio di sviluppare endocardite trombotica sono CID, sepsi e grandi
ustioni.
La condizione interessa soprattutto le valvole aortica e mitrale, soprattutto se esse sono già
danneggiate (ad esempio da pregressa endocardite reumatica). Macroscopicamente sui lembi
valvolari si possono vedere delle vegetazioni, molto simili a quelle dell'endocardite infettiva ma
prive di colonie batteriche e con poche cellule infiammatorie (queste differenze non sono visibili
macroscopicamente: la diagnosi differenziale tra endocardite batterica e non batterica è
puramente istologica). Ne 30-40 % dei casi queste vegetazioni danno embolie ed infarti a milza,
rene ed encefalo.
Data la grande tendenza di queste vegetazioni ad embolizzare, se durante la pratica clinica ci
troviamo di fronte ad un'embolia non spiegabile in altro modo è importante pensare a questa
situazione e cercare un tumore o un'altra condizione che possa aver causato endocardite
trombotica non batterica.

CARDIOMIOPATIE

Le cardiomiopatie sono un gruppo eterogeneo di malattie primitive del miocardio, (in passato
considerate idiopatiche, mentre ora di alcune le cause sono note). Le cardiomiopatie più
importanti sono la cardiomiopatia dilatativa, la cardiomiopatia ipertrofica, la cardiomiopatia
aritmogena del ventricolo destro e la cardiomiopatia restrittiva.
Tra tutte la forma dilatativa è la più frequente e costituisce un'indicazione molto frequente per il
trapianto di cuore.

CARDIOMIOPATIA DILATATIVA: La cardiomiopatia dilatativa è la terza causa di scompenso cardiaco,
associata nel 75% dei casi alla morte del paziente entro 5 anni dall'insorgenza dei sintomi. Le
“parole chiave” della cardiomiopatia dilatativa sono:
• Ipertrofia del ventricolo sinistro
• Dilatazione delle 4 camere cardiache con ingrandimento ed aumento di peso del cuore
• Disfunzione sistolica con aumento del volume residuo e minor efflusso di sangue.

Si distinguono:
• forme familiari (1/3 dei casi): con vari geni implicati, trasmessi come caratteri autosomici
dominanti
• forme post-miocardite, soprattutto virale
• forme secondarie ad ipertensione
• forme tossiche (secondarie all'uso di alcool, cocaina ed alcuni farmaci)
• forma che insorge in gravidanza nel terzo
trimestre
Macroscopicamente il cuore appare più grande,
aumentato di peso e volume e caratterizzato da ipertrofia
del ventricolo, dilatazione delle camere, ipertrofia del
setto, miocardio flaccido (per disfunzione delle cellule
miocardiche che compromette il processo di
contrazione), e dilatazione dell'anello mitralico (secondaria a quella delle camere). È detto cor
bovinum e spesso si può associare a trombosi murali.
Microscopicamente si può vedere miocitolisi delle cellule miocardiche, che sembrano avere
citoplasma svuotato, con disorganizzazione delle fibre (aspetto importante per la diagnosi),
mescolate a fibrosi sia intramiocardica che subendocardica.
La disfunzione del miocita riduce la contrattilità ed il volume di eiezione, aumentando la pressione
di riempimento ventricolare e riducendo così la gittata cardiaca (il paziente appare quindi debole
ed affaticato). Il paziente inoltre risentirà delle conseguenze dell'insufficienza mitralica e della
congestione polmonare e sistemica (edema, ascite, giugulari distese).

Alice Perazzolo
CARDIOMIOPATIA IPERTROFICA
Le “parole chiave” del concetto di cardiomiopatia ipertrofica sono:
• ipertrofia, che è spesso asimmetrica e che interessa il ventricolo sinistro;
• disfunzione diastolica: inadeguato riempimento nella fase diastolica.

Non si conosce bene quale sia l’incidenza di questa patologia, anche se si sa che è una forma di
cardiopatia più rara di quella dilatativa, può interessare tutte le età e anche in questa forma
sono state individuate moltissime possibili alterazioni genetiche trasmesse come carattere
autosomico dominante.
Il cuore all’esame macroscopico è ingrandito con un grado di
ipertrofia variabile a seconda della mutazione di base:
tuttavia non è nota la precisa associazione tra la specifica
mutazione e il grado di ipertrofia ventricolare. Il muscolo si
presenta spesso e la cavità cardiaca può essere ridotta a una
semplice fessura
Esempio di una ipertrofia asimmetrica del setto: anche le
papille e le trabecole diventano ipertrofiche e molto
voluminose.

A livello istologico si osservano ipertrofia delle miocellule e un certo grado di disordine strutturale;
si trovano spesso arteriole coronariche con lume ridotto e ipertrofia di parete, e anche in questa
condizione intervengono fenomeni di fibrosi (soprattutto interstiziale).

In blu, nell’immagine viene evidenziata dal colorante una banda di connettivo e si nota il tipico
disarray, un disordine dell’architettura del tessuto.



Dal punto di vista clinico, il decorso è variabile e dipende anche dal grado di ipertrofia raggiunta
dal miocardio. I sintomi possono essere assenti anche per lungo periodo; raramente si ha come
complicanza l’infarto, qualche volta si presentano complicanze infettive. Un rischio importante è la
morte improvvisa da problema aritmico, perché tutto il disordine delle cellule muscolari può
creare fenomeni di rientro.








Nel grafico si
evidenzia come sia
importante la
cardiomiopatia
ipertrofica come
causa di morte
improvvisa in
soggetti al di sotto
dei trentacinque
anni giovani che
fanno sport a livello
competitivo.

Ci sono alcuni fattori di rischio associati alla morte improvvisa:
• soprattutto la giovane età alla diagnosi;
• non è noto esattamente il ruolo del singolo tipo di mutazione: alcuni studi sembrano
indicare che alcune mutazioni, che sarebbero quindi più “maligne” di altre, si
assocerebbero più frequentemente con il rischio di morte improvvisa;
• l’ipertrofia molto severa;
• la familiarità per morte improvvisa;
• la precedente comparsa di fenomeni di tachicardia ventricolare o episodi di sincope.
Tutti questi sono segnali che possono far prevedere l’insorgenza di morte improvvisa aritmica.

CARDIOMIOPATIA ARITMOGENA
Il terzo tipo di cardiomiopatia è la cardiomiopatia aritmogena, tradizionalmente chiamata
cardiomiopatia aritmogena del ventricolo destro, anche se in realtà oggi si sa che può interessare
anche il ventricolo sinistro.
È una malattia rara, che interessa 1/5000 individui, a carattere ereditario: sono state identificate
mutazioni di vari geni.
Tale malattia si caratterizza per sostituzione parziale, come avviene nelle forme infiltrative, o
massiva, del tessuto nobile miocardico da parte di tessuto adiposo o fibroadiposo con
assottigliamento della parete. La conseguenza di questa sostituzione è il possibile sviluppo di
aritmie ipercinetiche, che possono causare morte improvvisa.
Dal punto di vista clinico si può presentare in maniera variabile, da un quadro asintomatico se non
per lievi aritmie, ad aritmie più importanti fino a quadri di scompenso cardiaco con dilatazione. Se
in questi casi non si può ricorrere a trapianto la morte del paziente è pressoché inevitabile. Si
tratta in definitiva quindi di una malattia molto grave.

CARDIOMIOPATIA RESTRITTIVA
L’ultima forma di cardiomiopatia è la restrittiva, una condizione eterogenea: sotto questa
definizione si trovano varie malattie che hanno in comune la rigidità del ventricolo sinistro che
perciò si dilata poco e si riempie poco nella fase di diastole. È una condizione più rara rispetto alle
altre forme, ma comunque molto seria e che generalmente porta a scompenso cardiaco
congestizio.
In tabella, le principali cause di
cardiomiopatia restrittiva tabella
distinte in:
• forme da danno miocardico
• forme da danno
endomiocardico.















In immagine, esempi di:
• emocromatosi: l’accumulo di
ferro nelle cellule miocardiche
è l’elemento patogenetico
fondamentale (quadro molto
raro al giorno d’oggi).
• sarcoidosi si può notare un
classico granuloma sarcoideo
con cellule giganti senza
necrosi caseosa.
• amiloidosi miocardica.







MALATTIE DEL PERICARDIO

Tra le malattie del pericardio, verranno presentati i versamenti e le pericarditi, patologie che si
intersecano, perché le pericarditi possono dare luogo a versamenti.

VERSAMENTO PERICARDICO
Si definisce versamento pericardico la presenza di liquido nel sacco pericardico, fra i due foglietti.
La natura del liquido è chiaramente legata alla causa che ha determinato il versamento, per cui ci
sarà:
• essudato in condizione di infiammazione, di infezioni, in presenza di lesioni neoplastiche;
• trasudato in condizioni di insufficienza cardiaca, di insufficienza renale, nelle forme da
irradiazione e nelle condizioni di ipoalbuminemia.
Dal punto di vista della quantità, nel sacco pericardico c’è normalmente una piccola quantità di
liquido che non supera mai i 50mL. Il sacco pericardico può arrivare a contenerne fino a 2L, ma
anche accumuli non importanti da 100-200cc, se si realizzano in maniera brusca, possono avere
conseguenze importanti, perché comprimendo il cuore ne riducono il riempimento diastolico: si
tratta di una potenziale causa di morte.
Forme di versamenti pericardici:
• versamento sieroso o idropericardio, di tipo trasudatizio;
• versamento chiloso, con fluido ricco di chilomicroni, quando si stabilisce una connessione
con il dotto toracico ad esempio a seguito di processi infettivi o patologie tumorali;
• versamento siero-ematico, può essere la conseguenza di un trauma;
• versamento ematico, può essere la conseguenza della rottura
di cuore ed è la classica situazione in cui si ha tamponamento
cardiaco.
Nell’imagine si può notare la formazione di un enorme coagulo in
seguito alla rottura di cuore.








PERICARDITI
Le pericarditi sono invece processi infiammatori veri e propri del
pericardio che poi si assoceranno a varie forme di versamento a seconda della eziologia.
Le pericarditi possono essere classificate dal punto di vista degli aspetti morfologici o dal punto di
vista della causa, della eziopatogenesi, e le due cose, ovviamente, non sono disgiunte perché a
determinate eziologie corrispondono determinati quadri morfologici.
Quadri morfologici
• pericardite siero-fibrinosa, è la forma più frequente, è quella che dà il tipico rumore di
sfregamento all’auscultazione. Appare con
strie biancastre, depositi di fibrina. Esempio
classico è la pericardite uremica;
Nell’immagine si nota il deposito di fibrina, non ci
sono praticamente cellule infiammatorie se non
rarissime cellule mononucleate.







• forma purulenta, è quella originata dalle infezioni batteriche, si presenta con essudato
purulento caratterizzato oltre che da depositi di fibrina anche dall’accumulo di numerose
cellule infiammatorie, soprattutto granulociti neutrofili ed anche eventualmente le stesse
colonie batteriche. Non si tratta delle forme più frequenti;
• forma emorragica è una forma rara. La principale causa di endocardite emorragica è
l’infiltrazione del cuore da parte di un processo neoplastico.
In immagine, ghiandole maligne di un adenocarcinoma che ha
metastatizzato al pericardio e ha provocato un versamento, una
pericardite emorragica.








Dal punto di vista eziopatogenetico, si distinguono forme idiopatiche, infettive e non infettive:
• delle forme idiopatiche non si conosce la causa;
• tra le forme infettive tutti i microrganismi sono implicati (le virali sono le forme più comuni
ma ne esistono anche da batteri, funghi, parassiti);
• le forme non infettive sono dovute a molte malattie e condizioni
o pericardite associata all’infarto, localizzata, epistenocardica;
o forme infiammatorie sistemiche;
o malattie reumatologiche importanti;
o vasculiti;
o malattie granulomatose;
o radiazioni;
o farmaci.
La forma idiopatica è ad eziopatogenesi sconosciuta. È una forma benigna, quasi sempre
autolimitante, che si risolve spontaneamente quasi fino nel 90% dei casi. Si manifesta come
pericardite acuta tipicamente intorno all’età di 40 anni con un rapporto maschi/femmine di 10:1.
Si è visto che pazienti che sviluppano questa forma hanno avuto una storia di infezione del tratto
respiratorio superiore, seguita da segni e sintomi di una malattia di
cuore congestiva.
Dal punto di vista macroscopico si vede che il pericardio ha un
aspetto irregolare, rugoso ed è presente un essudato fibrinoso.
Questo essudato poi si organizza e alla fine si ha un processo di
fibrosi.
Nell’immagine si nota una pericardite idiopatica in una fase non più
acuta dove domina il connettivo, ci sono rarissime cellule
infiammatorie e sono ancora visibili le cellule mesoteliali che
costituiscono il rivestimento del pericardio.

Tra le forme infettive le forme virali sono forme comuni e sono responsabili dell’1-2% di tutte le
pericarditi acute. I virus implicati sono Coxsackie virus B, Influenza, Echovirus, Poliovirus. Si tratta
di condizioni autolimitate, di solito in 1-3 settimane, quindi la prognosi è buona. Le pericarditi
possono essere anche associate alle miocarditi virali (che dovranno essere oggetto di studio
autonomo). Il meccanismo patogenetico è sia legato ad una azione citopatica diretta, cioè il virus
che si replica all’interno della cellula ne determina la morte, oppure a un meccanismo
immunomediato indotto dal virus (comune in molte malattie, non tutti i virus sono direttamente
citopatici).
Le forme batteriche sono più frequentemente viste nei bambini e sono quelle che si associano
all’aspetto morfologico dell’essudato purulento con molte cellule infiammatorie, molti granulociti
neutrofili e molti detriti cellulari. Sono provocate da Gram+ e Gram-, batteri anaerobi come quelli
della specie Clostridium.

Una pericardite può realizzarsi:
• per diretta estensione da processi infettivi adiacenti;
• per una disseminazione per via ematica da focolai settici in altra sede;
• per traumi (anche interventi).
Ci sono forme di pericardite batterica che possono cronicizzare e dare degli esiti cicatriziali anche
importanti; appaiono come un essudato fibrinoso con tante cellule infiammatorie.
Nell’immagine una forma da funghi (i bastoncini allungati sono ife
fungine, spore) confermata da una colorazione specifica proprio per
identificare i funghi. Dunque si tratta di una pericardite micotica.





Tra le pericarditi infettive un posto importante è occupato dalla pericardite tubercolotica, perché
questa è una causa di pericardite che si può incontrare ovunque. Nel mondo occidentale
l’incidenza della tubercolosi in generale, anche della pericardite tubercolare, è diminuita ma
l’infezione tubercolare è ancora un problema nei soggetti immunodepressi e nei paesi
sottosviluppati e in via di sviluppo. Non è una condizione rarissima, si ha nell’1-8% dei pazienti che
hanno una tubercolosi polmonare. Osservando tutti i casi di pericardite acuta o subacuta, nel 4%
dei casi si trova anche una infezione tubercolare, e tra tutti i soggetti che hanno un
tamponamento cardiaco un 7% dei casi ha anche una infezione tubercolare.
La disseminazione si verifica:
• per lo più per via retrograda dai linfonodi bronchiali interessati dalla malattia (retrograda);
• dal focus primario attraverso il sangue (ematogena);
• più raramente per contiguità.
Dal punto di vista morfologico in fase acuta inizia come una pericardite fibrinosa, si può avere
caratteristicamente un versamento con tracce di sangue, un infiltrato composto di linfociti e
plasmacellule e, nella fase subacuta, compare l’infiltrazione granulomatosa vera e propria, spesso
associata anche alla necrosi caseosa.
Nella fase cronica i processi di cicatrizzazione conducono ad esiti di tipo fibrotico.



PERICARDITE COSTRITTIVA
La pericardite costrittiva comprende gli stadi terminali di qualsiasi malattia del pericardio. È
caratterizzata da ispessimento fibrotico del pericardio con adesione dei foglietti, per cui vi è una
compressione sul tessuto miocardico che limita fortemente il riempimento ventricolare.
Le cause sono tutte le malattie sopra descritte, tra cui le più frequenti sono la forma idiopatica,
postchirurgica e le pericarditi conseguenti a radiazione (nell’irradiazione i fenomeni di esagerata
produzione di collagene, di fibrosi e di retrazioni cicatriziali sono molto comuni, anche nel
pericardio).
Nell’immagine: uno scudo rigido che avvolge il cuore, le aderenze
rendono impossibile separare i due foglietti, questo limita il
riempimento diastole, quindi si verifica una insufficienza di tipo
diastolico e i pazienti manifestano i segni e i sintomi della
insufficienza cardiaca destra.











Dal punto di vista istologico il collagene appare praticamente
di tipo ialino con pochissima cellularità, con fibrina ma
sostanzialmente un tessuto connettivo di tipo cicatriziale molto
spesso e molto denso.









TUMORI DEL CUORE

I tumori del cuore non sono molto frequenti e la maggior parte sono benigni, sono rari, l’incidenza
in sede autoptica è variabile ma al massimo ci sono casistiche che parlano dello 0,3%.
I tumori più frequenti a livello del cuore sono le metastasi da polmone e mammella, con un
rapporto che varia a seconda delle casistiche da 100:1 fino a 1000:1. La metastasi quindi è la
lesione tumorale più frequente.
I tumori cardiaci possono essere diagnosticati con metodi di indagine non invasiva e la prognosi
dipende dalla possibilità dell’intervento chirurgico.
I tumori benigni hanno generalmente una prognosi favorevole, le manifestazioni cliniche
dipendono dal tipo di tumore e soprattutto dalla localizzazione. Questi tumori sono detti grandi
imitatori perché possono mimare qualsiasi altra malattia a seconda di dove si vanno a localizzare.
I tumori che sono intracavitari possono dare origine a fenomeni di aritmia: i mixomi sono tumori
che possono manifestarsi con una triade considerata classica, cioè sintomi da ostruzione
valvolare, da embolia e sintomi costituzionali per esempio sincopi.
Ovviamente da tutti gli elementi che compongono la struttura del cuore possono originare tumori
quindi abbiamo tutto un elenco di tumori benigni e maligni non epiteliali; verranno considerati
tumori che hanno elettivamente sede nel cuore (non tumori che sono comuni anche ad altre sedi):
• mixoma cardiaco probabilmente il più frequente;
• rabdomioma cardiaco;
• amartoma a cellule di Purkinje;
• fibroelastoma papillare.

MIXOMA CARDIACO
Il mixoma è probabilmente il più frequente dei tumori cardiaci ed è detto mixoma cardiaco perché
rispetto ai mixomi che possono insorgere in altre sedi ha delle peculiarità dal punto di vista della
sua presentazione e composizione. Si manifesta nell’endocardio e quasi sempre nell’atrio sinistro.
Non si sa bene quale sia la cellula di origine, si pensa che sia una cellula multipotente che ha
ancora la capacità di differenziare lungo linee differenti.
Originariamente si riteneva che fosse una forma di trombo perché spesso il mixoma si associava a
fenomeni trombotici; oggi invece è del tutto accreditata l’ipotesi che sia una neoplasia vera e
propria.
Il suo aspetto è estremamente caratteristico:
macroscopicamente è una massa spesso di aspetto polipoide
con la base attaccate sull’endocardio. L’aspetto
caratteristicamente mixoide, che ricorda il prolasso valvolare, è
gelatinoso e la superficie è liscia e brillante; la base di impianto
è variabile, nell’immagine sembra quasi un polipo del grosso
intestino. Ci possono essere aree
di emorragia associate.


Dal punto di vista istologico l’elemento diagnostico è la cellula in
immagine, di aspetto sinciziale con lunghi prolungamenti, che può
avere anche divisioni mitotiche anche se la neoplasia è considerata
benigna. Queste formazioni si arrangiano in vario modo e le cellule
sono immerse in questo stroma definito appunto mixoide. Una
peculiarità caratteristica è che possono contenere in una piccola
percentuale strutture ghiandolari vere e proprie che sono identiche
alle ghiandole intestinali, e questo è uno dei motivi per cui si pensa
che la cellula di origine possa essere una cellula multipotente che ha conservato ancora la capacità
di differenziarsi secondo linee differenti.
La prognosi di questi tumori che possono essere resecati è clinicamente eccellente, il rischio di
recidiva è solo del 2% e si ritiene peraltro che tutti i casi di mixoma recidivante non fossero dei veri
e propri mixomi ma fossero già in origine la variante maligna, dei sarcomi mixoidi.
Nelle forme ricorrenti, ci si trova quasi sempre di fronte a forme di tipo familiare, che hanno
appunto un maggior rischio di recidiva, mentre tutte le altre hanno un rischio piuttosto basso.

I fibroelastomi papillari, tumori
esclusivi del cuore che si localizzano
sulle valvole cardiache, possono
raggiungere anche 3-4cm di diametro e
hanno un aspetto spugnoso se
vengono messi in acqua. Sono costituiti
da papille: una papilla è una struttura
costituita da una asse fibrovascolare
attorno a cui generalmente crescono
degli epiteli, in questo caso, più che
altro cellule di tipo mesoteliale.
Nell’immagine: papille tagliate
trasversalmente con core connettivale,
vasi e sopra delle cellule mesoteliali.

Il problema di queste papille è che si possono staccare e quindi dare luogo a fenomeni di
embolizzazione.

Per estrema completezza si cita il Tawarioma o celotelioma, tumore microscopico che si localizza
al nodo atrioventricolare e che può essere causa di morte improvvisa per aritmia.

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