SCENARI
LE SFIDE DEL LAVORO/1. Lo scontro tra la visione strategica Usa ed europea
L’industria
del futuro che
vogliamo
La risposta di fronte all’intelligenza artificiale è la trasformazione digitale del
modello americano o l’Industria 4.0 del modello tedesco-europeo? Gli obiettivi e
l’impatto economico sono molto diversi…
di Antonio Dini
L
a domanda è semplice. I robot e le intelli-
genze artificiali ci ruberanno il lavoro? E se
accadrà, in che modo e secondo quale logica?
La risposta non è semplice. Perché, anche in
un sistema di mercato aperto e libera impresa,
esistono dei quadri di riferimento ai quali guardare
per capire la logica con la quale cerchiamo di gestire la
trasformazione. In particolare, quella digitale. Sarà uno
spirito europeo o uno americano a guidare il cambia-
mento? Quali, di conseguenza, le direttrici? Non è la
prima volta che ci poniamo queste domande: la storia
non si ripete ma, per certo, tende a fare rima.
La guerra geopolitica sullo sfondo
Ad esempio, l’oggi fa rima con la guerra geopolitica
combattuta dallo scrittore americano di techno-thriller
Michael Crichton (quello di Jurassic Park). È durata
un lustro ed è stata combattuta senza quartiere: da un
lato gli Usa, dall’altro i nemici Giappone ed Europa.
Con Sol levante del 1992 (da cui è stato tratto anche un
film con Sean Connery) Crichton affronta il “pericolo
giallo” nella fase di massima espansione dell’economia
nipponica ai danni di quella americana, soprattutto nel
settore manifatturiero. Invece, con Punto critico, uno
dei romanzi forse meno noti dello scrittore americano,
Crichton si occupa dell’Europa. Anche qui è il settore
industriale e manifatturiero a essere in crisi: il fittizio
produttore di aerei Norton Aircraft è in difficoltà
per la scorretta competizione degli “spietati europei”,
aiutati dalle sovvenzioni statali comunitarie e che non
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rispettano le regole del libero mercato americano. È
un’Europa temibile, di cultura franco-tedesca, che non
accetta il ruolo di mercato per le merci americane e
vuole imporre, invece, la propria visione economica.
All’epoca Crichton rispecchiava lo spirito del tempo
in cui viveva: gli Usa, come già la Gran Bretagna, negli
anni Ottanta e Novanta delocalizzavano rapidamen-
te e pagavano lo scotto sociale in termini di posti di
lavoro dei colletti blu persi. L’operazione aveva anche
un effetto non secondario: mettere fuorigioco il settore
manifatturiero americano, mentre in Europa il settore
riusciva a resistere soprattutto in Germania e, in misura
relativa, in Italia. L’America, il campione della produ-
zione bellica durante la Seconda guerra mondiale e di
quella civile nel Dopoguerra, per la prima volta non era
più la grande fabbrica del Pianeta.
Lo scontro sul terreno digitale
Il 2001 non è stato solo l’anno dell’11 settembre, ma
anche quello dell’entrata della Cina nella Wto. La
guerra al terrorismo ha dato una forma diversa a quello
che sembrava dovesse essere uno scontro commerciale
ed economico a tutto campo tra Pechino e Washington,
in un momento in cui il dibattito era centrato sul signi-
ficato della globalizzazione (con tensioni sociali anche
notevoli, da Seattle fino all’oramai dimenticato G8 di
Genova di quell’anno). Dopo 15 anni, però, la chiave
di volta è diventata un’altra: il digitale. Ma il conflitto
rimane quello tra Usa ed Europa. In realtà, di scontri
economici tra il Vecchio e il Nuovo continente ce ne
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sono stati tanti, dalla fine dell’Ottocento a oggi. Tut- – la privacy è un diritto civile, mentre negli Stati Uniti
tavia la trasformazione innescata dalla nuova fase della è un’opzione». La scoperta nel 2013, grazie a Edward
digitalizzazione ha portato lo scontro a livelli inediti, Snowden, delle attività di spionaggio della Nsa, inclusa
aumentati dalla debolezza dell’infrastruttura europea. l’intercettazione del telefono cellulare personale di An-
Accanto a questo ci sono vari fattori: dall’elezione del gela Merkel, ha messo in difficoltà le relazioni tra Usa
nuovo presidente americano Donald Trump (che in e Germania. «Dopo le rilevazioni di Snowden – dice
qualche modo spariglia imprevedibilmente le carte) alla Sudha David-Wilp, “transatlantic fellow” del fondo
Brexit, con tutte le tensioni populiste e nazionaliste in Marshall per la Germania – le relazioni tra Germania
corso a livello locale. e America hanno toccato uno dei punti più bassi di
sempre».
Usa senza un alleato in Europa
Soprattutto, però, il voto in Gran Bretagna ha por- Il nocciolo della questione
tato con sé conseguenze importanti per le relazioni La privacy digitale è un aspetto estremamente improntate
bilaterali Usa-Gran Bretagna. L’alleato “preferenziale” della digitalizzazione, ma il nocciolo è un altro. Come
dell’America, perché legato dalla storia, dalla lingua, spiegava tempo addietro Lynn Tilton, fondatrice e Ceo
dal sistema di common law e dalla cultura protestante di Patriarch Partners: «Con le stampanti tridimensionali
per una economia di mercato aperto e libera impresa, stiamo per rivoluzionare le fabbriche, il mondo della pro-
adesso paradossalmente lo sarà molto meno: senza più duzione. L’America ha mancato la generazione attuale di
la partnership europea la Gran Bretagna diventa meno fabbriche per la manifattura, che in Europa e soprattutto
attraente, perché perde la
capacità di influire sul resto
dell’Europa. Non è stato un
caso se, cinquant’anni fa, il
generale De Gaulle avesse
messo il veto alla parteci-
pazione britannica alla Co-
munità economica europea,
in quanto riteneva (non a
torto, come poi la storia
ha dimostrato) che Londra
avrebbe fatto soprattutto e
sistematicamente l’interesse
di Washington. Ora il be-
neficio americano di avere
un “amico speciale” a Bru-
xelles è evaporato a tutto
vantaggio, apparentemente,
della Germania. La quale,
non a caso, sta assumendo
sempre più un ruolo trai-
nante nel settore-chiave per
l’economia del futuro: la
trasformazione digitale.

Visioni diverse della Privacy digitale
Qui le visioni sul tavolo sono sostanzialmente due, e
non sono frutto solo di una pianificazione a tavolino,
ma anche la conseguenza di alcune “scoperte” che han-
no avuto un impatto significativo sulle relazioni con gli
Stati Uniti. Dopo l’orrore del nazismo, ma anche dopo
il quarantennale regime comunista su metà del paese,
la Germania ha sviluppato un rapporto con la privacy
e i Big Data molto differente da quello americano.
«Per i tedeschi – dice Markus Beckedahl, direttore di
Netzpolitik e cofondatore della Digitale Gesellschaft
in Asia sono all’avanguardia. Ma cosa succederà quando
tutte quelle macchine per la produzione non serviranno
più, perché si potrà produrre con tutta un’altra scala, a
domicilio?». Secondo Bernard Charlès, Ceo di Dassault
Systèmes, «Adesso che il mondo è diventato piatto con la
globalizzazione e con Internet, adesso che possiamo spo-
stare qualsiasi cosa in qualsiasi posto, possiamo preparare
bozzetti e mock-up di qualsiasi cosa con il software, qual
è il prossimo passo? La risposta non è creare il prossimo
pezzo di software ma capire la trasformazione e offrire
ai nostri clienti il modo per gestirla». La risposta è la

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Factory focused Le strategie degli Usa

e della Germania
Manufacturing as % of Gdp. 2014 or latest available Al cuore dei due differenti approcci ci sono
0 5 10 15 20 25 30 visioni diverse e opportunità differenti.
China L’America ha molto chiaro che il suo più
Germany importante settore è quello dell’economia
Japan digitale e non ha alcuna intenzione di
European Union
ostacolarne o rallentarne la crescita. Vuole
United States
restare il campione assoluto del software,
Britain
dei servizi e del cloud. La Germania invece
Fonte: World Bank ha immaginato un piano che consentisse
alle sue aziende manifatturiere (e in buona
Tech titans, manufacturing midgets parte a quelle europee, Italia compresa) di
Company valuations*, $bn trarre vantaggio non solo dalla digitalizza-
US technology firms
zione, ma anche da una forte integrazione
verticale con soluzioni locali, utilizzando
0 100 200 300 400 500 600
tecnologie di aziende “sicure” e un quadro
Apple
normativo rispettoso della privacy.
Google
Microsoft
Anche perché, argomentano con un certo
Amazon
buon senso i sostenitori di questa imposta-
Facebook zione, il confine tra lo spionaggio politico e
lo spionaggio industriale è labile. E l’eser-
cizio della sovranità di un giudice straniero
German maufacturing firms
sui dati di un’azienda di un altro paese sem-
0 100 200 300 400 500 600
plicemente perché i dati sono “nella nuvola”
Daimler è qualcosa di più che non un semplice
Siemens
problema di giurisdizione: è il momento
BMW
Volkswagen
che definisce la cultura dei mercati.
Continental
Thyssenkrupp Obiettivo europeo:
il “Mercato unico digitale”
Fonte: Thomson Reuters *At November 17th 2015
Oggi tutti concordano sull’idea che la
trasformazione digitale debba produrre
trasformazione digitale. O l’Industria 4.0. un cambiamento che permetta di cogliere
Che non sono la stessa cosa, anche se spesso il senso di passaggio della nostra epoca.
si fa confusione tra le due nomenclature e Infatti, la trasformazione ha fatto in mo-
nella pratica i concetti vengono declinati e do che il prodotto non sia più solo un
“mescolati” sul mercato. La prima, la “digi- prodotto. Secondo molti infatti bisogna
tal transformation”, è la strategia che i big lavorare per inventare, il team interno con
del mercato americano hanno costruito un i team esterni all’azienda, un prodotto con
pezzetto per volta, con la logica del leader valore olistico, che serva a tutto, che metta
dell’industria del software e dei servizi di- assieme tante anime diverse: l’engineering
gitali (quale sono gli Stati Uniti). È figlia di è una di queste, assieme però al marketing,
una ideologia fortemente liberista, animata al commerciale, alle vendite, alla ricerca
dallo spirito capitalista che privilegia in ma- tecnologica. Mentre sostanzialmente gli
niera molto chiara e lineare l’effetto piatta- Usa si aspettano che a guadagnare spazio
forma e quindi la posizione di chi è in van- in questa fase di trasformazione siano le
taggio sul mercato dei fornitori di tecnologie: proprie imprese del settore digitale (le
chi vince, vince tutto. La seconda, l’Industria Amazon, le Google, le Ibm, le Microsoft
4.0, prende il nome invece dal piano indu- e le Oracle, per intendersi) l’Europa ha
striale del governo tedesco nato nel 2011 e un obiettivo differente. Il punto di arrivo
diventato lentamente la base per la strategia è il “Mercato unico digitale” (Dsm), in
europea ed è stato costruito con un pensiero cui sia garantita la libera circolazione delle
e un obiettivo diverso, più ampio, ma sempre persone, dei servizi e dei capitali, e dove
ispirato dal Dna tedesco. gli individui e le imprese possono senza

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soluzione di continuità accedere
ed esercitare attività online in con-
dizioni di concorrenza leale, e un
alto livello di protezione dei con-
sumatori e dei dati personali, in-
dipendentemente dalla nazionalità
o luogo di residenza. Per arrivare a
questo obiettivo la Commissione
nel 2015 ha identificato 10 priorità
politiche, 16 azioni e ha creato un
gruppo di lavoro guidato dal vice-
presidente Andrus Ansip. Secondo
l’Ue, il Dsm permette di creare
nuove aziende (start-up) e far cre-
scere quelle già esistenti all’interno
di un mercato da 500 milioni di
persone, con un contributo annuo
che viene stimato in 415 miliardi
di euro e la possibilità di creare po-
sti di lavoro e trasformare i servizi
pubblici.
Una trasformazione
per tutta la società
Alla base di questo, affinché i cit-
tadini dell’Unione abbiano la pos-
sibilità di cogliere le opportunità
in termini di informazione cultura
e lavoro, la Ue immagina anche
che sia necessario che abbiano le
competenze adeguate. Inoltre, la
trasformazione è anche per i gover-
ni nazionali oltre che per quello co-
munitario, dato che il digitale offre
la possibilità di avere forme moder-
ne e aperte. Il fronte europeo è co-
erente con la tradizione sviluppata
da Bruxelles di una pianificazione
sovranazionale piuttosto articolata
e burocratica: priorità, linee guida,
azioni, pilastri. In questa ottica, va-
le la pena osservare che la strategia
del Dsm è stata costruita attorno
a tre pilastri: miglior accesso per
consumatori e aziende; migliori e
più eque condizioni per le reti di-
gitali che consentano la fioritura di
servizi innovativi; massimizzazione
del potenziale di crescita dell’e-
conomia digitale. All’interno di
questa impostazione vengono poi
declinati i singoli piani nazionali,
ma in contesti differenti, con qua-
dri normativi diversi e, soprattutto,
con interpretazioni che possono
SCENARI
variare anche molto. Questo, da
un lato, favorisce l’adattamento al-
le singole realtà nazionali di una
strategia di trasformazione digitale
ma, dall’altro, costituisce anche un
elemento di attrito rispetto al piano
complessivo, che è oltretutto fin
troppo articolato.
La risposta delle aziende
tedesche
Dall’altro lato dell’Oceano la si-
tuazione è molto diversa. Gli Stati
Uniti hanno dalla loro un dominio
culturale assoluto dell’informatica:
la scienza del pensiero computa-
zionale è il prodotto dell’ingegno
umano di ricercatori di tutte le
nazionalità, certamente, ma avvie-
ne sostanzialmente negli Usa. E a
dominare i cicli sia finanziari sia
di innovazione di prodotto sono
le aziende americane. Negli ultimi
quarant’anni infatti è passato tutto
dal Nuovo mondo: dai mainframe
ai personal computer (Ibm e poi
Microsoft), da Internet e web al
cloud (da Google ad Amazon),
dagli apparecchi post-Pc e mobile
(ancora Google e Apple) fino ai
social (Facebook). L’obiettivo della
Industria 4.0 è il settore mani-
fatturiero ma gli strumenti sono
tutti digitali e questo radicale sbi-
lanciamento delle tecnologie, delle
reti e dei servizi verso gli Usa
rende certamente meno paritetica
la competizione. Il problema, se-
condo gli osservatori, è quello di
riuscire a conquistare il quadro di
riferimento all’interno del quale
poi declinare le varie tecnologie.
La risposta tedesca, che su questo
tema continua a proseguire per
la sua strada in maniera coeren-
te, è ben rappresentata da alcune
aziende. Un caso è quello della
Trumpf: azienda familiare fondata
nel 1923 a Stoccarda che “produce
cose che servono a produrre altre
cose” in vari settori. Ha innova-
to sistematicamente utilizzando i
primi apparecchi a controllo nu-
merico e per il taglio laser, fino ad
arrivare ad avere 10mila dipendenti
e 2,7 miliardi di euro di fatturato.
La prossima mossa di Trumpf è
passare dall’hardware al software:
con la start-up interna Axoom nata
nel 2015 si occupa di collegare in
rete macchine per la produzione
estraendone dati che consentono
di gestire meglio i carichi di lavoro
e prevedere la manutenzione, oltre
ad aprire il sistema all’uso di app di
terze parti.
La prossima sfida
sull’intelligenza artificiale
È la rivoluzione della Internet
of Things o Internet delle Co-
se (IoT), uno dei punti nevralgici
della trasformazione delle fabbri-
che assieme con la manifattura
additiva, l’integrazione orizzontale
e verticale della produzione, l’uti-
lizzo in fabbrica di varie tecnologie
“potenzianti” (dalla realtà aumen-
tata alle soluzioni di advanced ma-
nifacturing) fino ai “cobot”, i robot
collaborativi. Big Data e cyber-
security sono i corollari di questo
approccio (non si può non trarre
valore dalla mole di informazioni
che la digitalizzazione di tutto ge-
nera e non si può non considerare
i nuovi problemi di sicurezza che
tutto questo comporta), ma soprat-
tutto dietro l’angolo c’è un ulterio-
re cambiamento di passo, dettato
dalle intelligenze artificiali. Le ar-
tifcial intelligence sono i sistemi
capaci di svolgere compiti prima
propri solo dell’essere umano, non
solo nell’ambito produttivo (con i
robot), ma anche in quello gestio-
nale e di servizi. La risposta dei
due continente non potrebbe essere
più differente così come il quadro
geopolitico ed economico che ci
aspetta. Nei prossimi decenni l’e-
mergere di nuove geografie (quella
africana), la digitalizzazione della
Cina e l’evoluzione di Russia, India
e Brasile saranno solo una parte
della storia. Quale strada digita-
le e quale paradigma sceglieranno
di seguire? Quello statunitense o
quello europeo?
@antoniodini
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