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Orazio

Carmina IV, 7

Si sono sciolte le nevi, ritorneranno le

erbe nei campi e le fronde sugli alberi;

successivamente muta la terra e i fiumi decrescenti

trascurano le rive;

una Grazia con le ninfe e le sorelle gemelle osa

guidare nuda i cori:

non sperare le cose immortali, ammonisce l’anno e l’ora

che rapisce il giorno che dà vita

Zefiro mitiga il gelo, a primavera,

e l’estate che fugge la estingue,

l’autunno poi darà i suoi frutti, e presto

torna l’inverno senza vita.

Tuttavia rapida la luna ripara i danni del cielo:

noi quando cadiamo dove (si trovano)

il padre Enea, Anco e il ricco Tullo,

siamo polvere ed ombra.

Chi sa se gli dei superi aggiungeranno

un domani al giorno passato?

Tutte le cose che avrai concesso all’animo amico

fuggiranno le avide mani dell’erede.

Quando, o Torquato, sarai morto e Minosse


pronuncerà su di te chiari pensieri,

non ti ridaranno la vita né la stirpe,

né la bella parola, né la fede;

infatti, mai dalle tenebre infernali Diana

libera il puro Ippolito,

né Teseo può spezzare al caro Piritoo

le catene del Lete.

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