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2. Cose e persone
J. Oggetti d'affezione
4. Gusti alti e bassi
5. Il «borghese» e il «popolare»
Premessa
ioni
mti bibliografici
testo
einomi cul-
a gue rra mondiale l'an trop olo gia
Nei decenni successivi alla Second rno all'in-
ificativo sviluppo, inc ent rato atto
turale conosce in Italia un sign dall'opera
e a un par adi gm a teorico trat to
teresse per ·la, cultura pop ola re ito di
del carcere, Gramsci aveva sugger
di Antonio Gramsci. Nei Quaderni . Questa
di cultura delle classi subalterne
considerare il folklore in termini studi che si
radicalmente una tradizione di
mossa sembrò pot er rifondare filologico, e
ristretto qua dro di positivismo
era collocata fino ad allora in un iniziative
si era pre stat a a fiancheggiare le
che durante il ventennio fascista Tra gli anni
ime e le sue avventure coloniali.
di propaganda populista del reg fica sulle
duc e una ricca letteratura etnogra
'50 e '70 il nuov'b paradigma pro , propo-
izionale e sop ratt utto contadina
forme della cultura pop ola re trad forti legami
rispetto al passato e costruendo
nendone interpretazioni nuove
rnazionale.
con il dibattito antropologico inte
o di fine degli anni '70, lo storico
Al culmine di questo periodo, in un test
Carlo Ginzburg scriveva:
o
ia diva mpa no improvvise, brucian
A volte le mo de culturali in Ital
prevede-
za lasciare traccia. Ma è facile
rapi dam ente e si spe ngo no sen iver ann o
sulla cult ura pop olar e sop raw
re che gli studi (storici e non ) non c'è
Che si tratti anc he di una moda,
alla mod a che oggi li circ ond a. e reale, diffuso
de tuttavia un interess
dub bio . Die tro ad essa si intr ave e meno
istratori locali, ricercatori giovani
negli ambienti più vari. Ammin i della
sindacalisti, militanti o ex militant
giovani, gru ppi cattolici di base,
PREMESSA 11
__ _ _ _ _ _ _ ___
1I001~ P~RE~M~ES~SA: ___ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _
Liberazione '
.. e meno estrem a, seguaci di Comunione. e. zione museografica di tratti della cultura contadina e artigiana;
oppure sulla
sm1stra est re~a e . . sono occupati negli ultimi anru della cultu- onio di generi tradizionali
antanri preu e proressort si . salvaguardia e sulla valorizzazione di un patrim
di pratiche tu-
eradell e assi subalteme [Ginzburg 1979, 1].
'
c1 • (feste, forme di spettacolo) ripresi o reinventati nel contesto
onio sono
ristiche e identitarie. Queste forme di antropologia del patrim
fortuna della cultur a. popo- o, e hanno una
. b
Gmz urg cog e q
li ui la duplice natura della
, . . spesso assai raffinate sul piano epistemologico e metodologic
legata a1 moV1Inent1 socia- «costr uita» del proprio
lare: da un 1aro scren
· tifi·ca O accademica, dall altro
. . forte consapevolezza riflessiva riguardo la natura
i consegnati dal
li e (anche se Ginzburg non usa questa es~ress1o~e) a!!e ~orme di
c~nsumo oggetto. Tuttavia si accontentano di lavorare sui temi classic
enti. Ma la , il lavoro contadino,
culturale che caratterizzano in quegli anm gruppi soCiali emerg repertorio folklorico (la tradizione orale formalizzata
azione a una
«facile previsione» sul carattere duratur~ di questo _int~resse era
destina- le feste e i riti rurali del ciclo dell'anno), abbandonando l'aspir
sua più ampia
ta a venire smentita. Negli anni '80 infatti la categona di cultur
a popolare teoria generale della cultura popolare contemporanea e a una
declina progressivamente, per scomparire quasi del tutto nei rappresentazione etnografica.
0 subalterna paradigma
decenni successivi. Certo, alcuni aspetti dell'interesse per il popol
are per- La mia convinzione è che una coerente interpretazione del
e della cultura
mangono e talvolta persino si consolidano (come nelle esperienze
dei musei gramsciano spingerebbe invece oggi a riformulare una vision
e di comunica-
etnografici e, su tutt'altro piano, delle feste e delle rievocazion
i storiche): popolare che tenga conto dei processi di circolazione globale
intern o una sempre
organizzato zione di massa , cercando di riconoscere proprio al loro
sono però riconcettualizzati all'interno di un nuovo paradigma, o, l' antropolo-
- con coordinate mobile frattura fra egemonico e subalterno. Su questo terren
attorno al concetto di «patrimonio culturale intangibile» discip line quali gli studi
gia potrebbe recuperare un fecondo rapporto con
sia epistemologiche che etico-politiche completamente diverse. ciana proprio
punto culturali (che hanno in qualche modo raccolto l'eredità grams
In questo libro seguirò questo percorso di fortuna e declino dal portandola in
in par- mentre la demologia italiana la stava abbandonando, anche se
di vista di una specifica disciplina di studi, l'antropologia culturale; , le vicende
il nome di direzioni non sempre chiare) e la storiografia. Per quest'ultima
ticolare di quella sua peculiare declinazione italiana che ha preso di recente ri-
o margi- della categoria interpretativa di «cultura popolare» sono state
demologia. Una disciplina oggi accademicamente debole e persin costruite con grande lucidità da Francesco Benigno [2013 ]. Vicen de, anche
migliori per
nale, ma che in quei decenni del dopoguerra ha vissuto tempi in questo caso, di «fortuna e declino», anche se su coordinate
e con moti-
· , di ·d
la sua capacita gm are un ampio movimento culturale centra to appunto in un troppo brusco
di li ili le for- vazioni diverse. Ma, anche qui, con la percezione che
sull '"d
1
ea dei· « 5 ve · interni», vale a dire di uno scarto cruciale tra abbandono della problematica del «popolare» la disciplina
abbia più perso
ere che
~e di cultura egemoniche e quelle subalterne. Cercherò di sosten che guadagnato.
il successivo inaridirsi· d.1 questo mov1m · ento e, dovuto oltre che bruscoal
oltà interna
mallutamento del clima culturale negli anni '80 anche a ~na diffic ti Il volume è diviso in due parti. Il primo capitolo è una sintesi della
storia
a demologia·· più precisa · ' ppos ne riperc orre i
.. mente, una contraddizione tra i suoi presu
. . . . degli studi italiani sul folklore e le tradizioni popolari, che
teonci e una pr . I d. alla stagione
. ecisa sce ta I demarcazione del campo di studi ' limitato al tratti salienti: dalla fase positivistica, al paradigma gramsciano,
repenon delle for tOlkl . . , rivolto soprat tutto a
n me onche classiche. La demologia non ha saputo baliz-
e della sua crisi. È un capitolo per così dire preparatorio
eppure voluto affro t I d.lilamic . . problemi
zazione all n are e he socioculturali legate alla glo · fe- chi affronta per la prima volta queste tematiche: mette sul tavolo
· • ormen te appro fondit i nel
rendo con
' e nuove. tecno! ogie ·
comumcauve e al consumo di massadi , pre di storia e teoria degli studi che saranno maggi
· e con Paolo De
riseman•;~ ·
centrarsi sui pi ' · .
u rassicuranti e autentici oggetti della tra zion li' resto del libro. Il secondo capitolo (scritto in collaborazione
ntesca deil'in -
UL.Zati sotto l' a d d ' Simonis, per i paragrafi 4 e 7) si sofferma sulla nascita ottoce
anni '90 a ogoi 1 . geo a ell Ich Untangible Cultura! Heritage). ra-
Dag
t:,•, mo ti studi si
sano concentrati sulle forme di rappresen
PREMESSA 13
~12~~P~R~EM~E5::S~A_ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ __ _ _ _ __
• oi sviluppi nella prima metà del '900 e durante (nelle sue ricerche sulla Francia degli anni '60 e '70) di un'estetica o un gu-
teresse per il folklore e Slll su d di G .
. . f . Il t è invece interamente e cato a ramsc1 e alla sto sociale borghese nettamente separato da quello popolare. La dicotomia
il ventenmo asc1sta. erzo . .r .
. dell ultura popolare con parucolare r11erimento, ovvia- risulta sostanzialmente confermata dai nostri materiali - che mostrano gli
sua trattazione ac ' . . . .
. Q d · d l carcere Il quarto capitolo ripercorre il cosiddetto oggetti domestici non tanto come ris~e~chiament~ della c~~dizione ~ ~las-
mente ai ua ernz e ·
«dibacito sul folklore» aperto nell'Italia del seco~do dopoguer~a proprio se dei loro proprietari, ma come att1v1 strumenti strateg1c1 per defm1re e
dalla pubblicazione degli scritti gramscia~, e dom~ato (almeno In una pri- contrattare quella condizione.
ma fase) dalla figura di Ernesto de Martmo. Il qumto mette a fuoco lana- Detto quel che si trova nel libro, due parole anche su quanto non c'è.
scita della «demologia» come disciplina di compromesso tra i nuovi impulsi Primo: non c'è una sistematica storia degli studi folklorici e demologici ita-
teorici e la vecchia tradizione di studi folklorici: in particolare viene discusso liani. È un limite serio della nostra tradizione scientifica il non aver prodotto
il lavoro di Alberto M. Cirese e il suo tentativo di costruire una «scienza n0r- una storiografia di sé stessa - se non per frammenti e con un approccio per
male» dedicata ai «dislivelli interni di cultura». Il capitolo (e la prima parte lo più eccessivamente «interno». Le storie degli studi più classiche sono
del libro) si conclude con il progressivo e tacito abbandono della demologia pensate come ricostruzioni della successione di metodi e teorie, più che su
a partire dagli anni '90, e con l'avvento del nuovo paradigma patrimoniale. una scala più ampia ed «esterna» di storia delle idee. La cultura popolare,
I successivi quattro capitoli adottano un approccio diverso. Focalizzan- come già visto, è da un lato un costrutto scientifico, dall'altro una categoria
culturale soggetta ad usi ed elaborazioni di tipo politico, estetico, commer-
dosi su campi particolari della ricerca antropologica, si interrogano sulle
ciale e via dicendo. Queste dimensioni non sono separate ma si intrecciano
possibilità attuali di una teoria della cultura popolare. Il sesto parte da una
costantemente nei diversi contesti storici. Alcuni contributi più recenti [ad
discussione del concetto antropologico di dono per giungere a un'idea di
es. Puccini 2005; Alliegro 2011] cercano di assumere questa dimensione,
cultura popolare come pratica interstiziale, che si muove negli spazi lasciati
che non potrà però realizzarsi in modo sistematico se non con ampi sfor-
a~erti dalle due grandi istituzioni che regolano la nostra vita associata, vale a
zi cooperativi. Secondo: manca nel libro un dialogo più serrato con altre
dire ~o stat~ e~ mercato. Il settimo capitolo discute il concetto di pluralismo
discipline che hanno incrociato nel loro percorso la nozione di ctÙtura po-
me_~co, e ms1ste sui modi in cui la tradizionale opposizione tra medicina
polare: la storia in primo luogo, come già detto, ma anche la sociologia, la
ufficiale e folklo nca · e' oggi· compli cata d a un (relativamente) nuovo 1eno- r
semiologia e gli studi culturali, l'etnomusicologia e altre. Terzo, e forse an-
meno: la. diffusione di eterogene1· sapen· e pratlc · h e relative· a corpo, salute
cora più importante: manca il confronto con le soluzioni che altre tradizioni
e malattia
. . che
. si pongono sul piano · d el popular, poggiando sulla cultura e
nazionali di studi hanno proposto alla «crisi del folklore» . Come si sono
sm mezzi. d1 comunica2ione d.1massa. Il ch e costringe a ripensare il concetto
trasformati gli ~tudi folklorici quando è scomparso quel mondo contadino,
stesso . di una. medicina popolare, e a studiarne . .
la fenomenologia in chiave relativamente isolato e compatto, che forniva gran parte del loro repertorio
non d1resistenza delle t d.121001 · · di .
e b . ra ma costante ibridazione tra ambiti «alti» classico? In che modo hanno affrontato la modernità, i processi di ibrida-
« assi» - come nel caso b
tavo capi'tol . ' revemente affrontato, della pranoterapia. L'ot- zione e globalizzazione? Almeno alcuni indirizzi hanno discusso in modo
lto e a museografia etnografica: discute il
o s1 muove nell'amb· d 11
paradosso di . h . diretto questo problema [Clemente e Mugnaini 2001] e proposto soluzioni
musei c e mtend al .
assumendola ali'. . . . ono v onzzare la cultura subalterna ma ehe, che, per quanto diverse, convergono su punti importanti: penso fra gli altri
e 1a rendono d mtemo di istituzioni . e sapen· u ff•1c1'ali , la patrimoru.alizzano a Stuart Hall e alla fondazione dei Cultura/ studies britannici [Hall 2006];
unque egemomca Il ul . . . . .
a Matteo Aria) espo . f' · . ~ono e timo capitolo (scritto ms1erne ad Hermann Bausinger [2005] e alla Empirische Kulturwissenscha/t per la
·a1
ten e domestica e d m me
ne
.
alcuru ul . di . Germania; al dibattito statunitense sulla fine del folklore e in particolare
ns tat1 una ricerca sulla cultura rna-
. on otta m alcune . , d li .. al lavoro di Barbara Kirshenblatt-Gimblett [1998]; alla ricchezza teorica
particolare mettere ali cma e a Toscana. L'obiettivo è qui 10
a prova le not e tesi· di P1erre
.
J
Bourdieu sull'esistenza
e,
14 PREMESSA
PARTE PRIMA
di autori come Pierre Bourdieu [1983~ e Mic?el de ~erteau ~1980] per la
Francia oltre che al filone di Ethnologte du present sviluppato m questo pa- Fortuna e declino
ese dagli anni '90 [Althabe, Fabre e Lenclud 1992]; alla tradizione di storia
culturale scandinava rappresentata da Orvar Lofgren [Frykman e Lofgren del la categoria di cultura
1987]; all'antropologia del consumo e della cultura di massa interpretata da
un autore come Daniel Miller [1998] ; agli studi sudamericani sull'indigeni- popolare negli studi
smo come ibridazione, rappresentati da Nestor G. Canclini [1998] . Un qua-
dro analitico di questi e analoghi studi non poteva rientrare nell'economia
antropologici italiani
del presente lavoro: spero di poterci tornare in successive occasioni, poiché
mi sembra un momento essenziale per la ricostruzione che auspico della
tradizione demologica italiana.
=rrow 1
Cultura popolare:
un panorama storico
.d · ata del folklore: fino a impegnarsi nel soste- non lineari e contraddittori) tutti gli aspetti della vita culturale - inclusa
.. temente i eo1ogizz il . 1
v1s10ne pes~n- d li ( che attraverso un geme aggio con a tedesca la cultura, la consapevolezza e la soggettività delle stesse classi subalterne.
gno _allep?liu~he elkakraz~:»a:el 1939 ). «Si vedono rispecchiati nella mil- Nella sua visione, ogni aspetto della cultura - dalla letteratura all'arte, dalle
«Zeitschnft
. .fur
. Vodels unt ' opolo i caratteri· genuim · · rnco
· nfon dibil'1 d ella avanguardie più colte alla cultura popolare e di massa - si apre a un'analisi
lenana tradizione noS ro P . . . • · · di .
. . L di delle tradizioni popolari si potenzia qurn m un storico-politica; e, al tempo stesso, l'emancipazione delle classi subalterne
razza st O
. italiana.
. o u 1 ma oltre tutto il suo vero val ore sotto · l' aspetto po- può apparire come un progetto in certa misura culturale ed educativo.
nnnovato mteresse e P as , ' . .
.. •a1 In te righe scritte dal direttore Paolo Toschi su «Lares» Come detto, alcune pagine dei Quaderni sono dedicate al folklore; un
liuco e soci e». ques . . . ., .
· anif t m· modo che difficilmente potrebbe essere pm espli- tema la cui importanza consiste nel segnalare scarti o dislivelli nel campo
ne11938 s1 m es a, , .
cito, la metamorfosi fascista del folklore - e, al tempo stesso, 1esaurlffiento culturale che hanno a che fare con le differenze di classe. Gramsci parte da
dell'impresa scientifica che la Mostra e il Congresso del 1911 avevano fatto una netta seppur rispettosa critica alla tradizione di studi erudita e classifi-
' catoria, che «raccoglie» il folklore come «materiale pittoresco» sulla base
sperare. ·I di un ambiguo e indifferenziato concetto di popolo. Occorrerebbe invece
studiarlo, egli afferma, come
2. IL PARADIGMA GRAMSCIANO
«concezione del mondo e della vita», implicita in grande misura, di de-
(
Dopo la Seconda guerra mondiale l'interesse per la cultura· popolare terminati strati (determinati nel tempo e nello spazio) della società, in
contrapposÌzione (anch'essa per lo più implicita, meccanica, oggettiva)
ripartirà su basi completamente nuove. Per la verità, un filone di interesse
con le concezioni del mondo «ufficiali»[ ... ] che si sono succedute nello
erudito e classificatorio di impianto positivista per le «tradizioni popolari»
sviluppo storico [Gramsci 1975, Quaderno 27, 2311].
non si esaurirà mai completamente, soprattutto sul piano della ricerca loca-
le; tuttavia, altre saranno le linee-guida teoriche. La prima tra queste con-
Il popolo (cioè «l'insieme delle classi subalterne e strumentali di ogni
siste in alcune paginette di Osservazioni sul folclore che Antonio Gramsci
forma di società finora esistita») non può avere - per defirùzione - concezio-
scriveva nelle carceri fasciste, negli stessi anni in cui i folkloristi istituzionali
ni del mondo elaborate, sistematiche e organizzate. Le risorse per produrre
si dedicavano all'esaltazione della razza e dell'impero.
questa elaborazione sono infatti nelle mani dei ceti dominanti. Per questo il
. I Quaderni del carcere furono pubblicati a partire dal 1948, ed eser-
folklore si configura come
c_itarono una grande influenza sulla cultura italiana dell'epoca (e, succes-
sivamente, sugli indirizzi marxisti e postcoloniali internazionali). In essi,
agglomerato indigesto di frammenti di tutte le concezioni del mondo
Gramsci offriva un'ampia visione sia della storia e della cultura italiana e della vita che si sono succedute nella storia, della maggior parte delle
che degli scenari economico-politici mondiali alla luce di una originale in- quali, anzi, solo nel folclore si trovano i superstiti documenti mutili e
terpretazione
. della teona· marxista.
· L,aspetto ' forse più innovativo· d e1su o contaminati [ibidem, 2312].
approccio consiste nel s0 tt o1·meare 1a comp1esslta • , degli• apparati· cu1tu rali
. li i quali 1e c1assi· d ommantl
attraverso • . esercitano il loro potere. Gramsci· 5i In altre parole, il folklore si costituisce per «caduta» di elementi resi-
1ascia a e spalle il det
. · ·
ermmismo . . . con cui il marxismo
meccamcisttco . c1asS!C
·o duali _e talvolta fossilizzati della cultura alta. Fin qui, la caratterizzazione è
affrontava I rapp · il
do · • di orti tra «S t ruttura» e «sovrastruttura»: intende invece n~gattva. Il folklore è un insieme disorganico, chiuso e angusto, che merita
mimo classe come un . ili . he di esser studiato solo per poterlo meglio combattere e superare. Finché l'o-
investe il ruol d . . . ampio e cap are processo di «egemonia», e
o et ceu mtellettuali e forgia in profondità (e in modi spesso
(ULTURA POPOLARE: UN PANORAMA STORICO 23
rizzonte culturale delle classi dominate vi resterà impigliato, esse saranno · etto alle precedenti concezioni romantiche (il popolo-nazione come
1e nsp . . (il l . ..
condannate alla subalternità e nessun processo emancipativo potrà scattare. entità misticamente collettiva) ed evoluziomste popo o come «pnmitl-
Ma non è tutto. In altri passi del testo gramsciano il folklore non è soltanto . interni», deposito di sopravvivenze arcaiche). Da collezione erudita di
un deposito inerte di disorganiche sopravvivenze: esso è anche in grado di ;antichità», l'etnografia della cultura popolare si trovò proiettata a pieno
titolo nel cuore del sapere storico-sociale e persino della pratica politica. Il
esprimere
secondo aspetto più influente riguarda appunto il potenziale antiegemonico
una serie di innovazioni, spesso creative e progressiste, determinate del folklore: studiarlo e valorizzarlo può apparire una pratica progressista,
spontaneamente da forme e condizioni di vita in processo di sviluppo e un modo di dar voce ai ceti subalterni e di contribuire alla loro educazione
che sono in contraddizione, o semplicemente diverse, dalla morale degli ed emancipazione. È curioso osservare, dalla prospettiva odierna, come in
strati dirigenti [ibidem, 2313] . soli dieci anni si sia passati da un folklore conservatore, volto a esaltare i
valori fascisti della guerra, della razza e della sottomissione della donnà, a
In quanto «riflesso delle condizioni di vita culturale del popolo», il follc- un folklore contestativo e rivoluzionario, implicitamente socialista. Un salto
lore manifesta dunque una differenza irriducibile rispetto al progetto cultu- mortale che rimanda all'aspro clima politico del tempo, certo, ma che testi-
rale egemonico: ne rappresenta il limite, ne segnala la parzialità e introduce monia anche di un radicale mutamento di paradigma.
se non altro la potenzialità di un'alternativa.
Vi è una tensione interna al pensiero gramsciano sul folklore. Da un
lato agglomerato indigesto, fardello di cui liberarsi lungo la strada dell'e- 3. ERNESTO DE MARTINO E LE «PLEBI RUSTICHE DEL
mancipazione dei ceti subalterni; dall'altro, oggettiva espressione di una MEZZOGIORNO»
resistenza alle strategie egemoniche, forma di cultura non puramente inerte
Il tema del folklore progressivo richiede di introdurre un altro prota-
o fossilizzata ma capace di svilupparsi creativamente e in direzioni progres-
gonista della ripresa postbellica, indiscusso padre fondatore dei moderni
siste. Del resto, in altri suoi scritti come le Lettere, Gramsci propone valu-
studi Dea (Demoetnoantropologici) italiani, vale a dire Ernesto de Martino.
tazioni sempre assai positive della cultura locale e popolare (ad esempio,
Di formazione filosofica e storico-religiosa, de Martino fu tra gli allievi di
insiste sull'importanza del dialetto nell'educazione scolastica, sulla funzione
Be~edetto Croce. Nei suoi primi scritti degli anni '40, si dedicò alla critica
espressiva dei canti e del teatro popolare, e così via [Boninelli 2007]). Si
dei presupposti «naturalistici» dell'etnologia classica e al tentativo di una
può ipotizzare che egli intendesse distinguere una cultura popolare viva,
sua rifondazione in senso storicista. Nel volume Il mondo magico, edito nel
dinamica e storicamente presente da quella pittoresca, arcaica e residuale
l 94~, propose un originale approccio al tema del pensiero magico e delle
raccolta (o meglio «prodotta») dagli stessi studi folklorici. In effetti, com~ pratiche rituali, considerate nell'ottica di una heideggeriana «presenza» (in-
vedremo meglio più avanti, nulla in Gramsci sembra legittimare l'idea di der- Welt-sein) che n°l'- mon d o arcaico
· nsc · · e trova neli a magra
· h'ra di smarnrsi ·
u~_a «scienza» che assuma il follclore come proprio oggetto isolandolo dal una forma di collettiva protezione o riscatto [de Martino 1948].
p1u complessivo processo culturale. . . ~e Martino comincia a occuparsi di cultura popolare negli anni succes-
. Tuttavia . , le O · · furono lette come una possibile nuova fOnda-.
. sservazwm ~:'1'. mfluenzato da Gramsci e dal marxismo ma soprattutto dalle esperienze
zione degli st ~di sulla cultura popolare. In particolare, due aspetti del di- i ncerca e di attivismo politico che compie nel Mezzogiorno d'Italia. Fre-
scorso gra~sciano furono decisivi. Il primo è l'identificazione del «popolo>> q_ue~ta aree rurali della Lucania e della Puglia come dirigente del Partito so-
con
. , .le classi subaltern e. p er quanto scontato m
. una prospetuva
• mar.vista
.. e cialista prima e comunista· por,· e sviluppa un forte mteresse
• .
per la cosiddetta
PIU m generale sociologica, · questo passo rappresentò una rottura r adica·
CULTURA POPOLARE : UN PANORAMA STORICO 25
( ~AP~ITO
~24~ ~ 1 _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ __
~ L~0 2_
.derandola nei suoi aspetti culturali oltre tadini poveri appare come tutt'altro che irrazionale o residuale: de Martino
. .d.1onale» - cons l
«quesuone men miei Il «sottosvilup po» del Sud restava in ne mostra in modo assai convincente la natura di dispositivo di radicamento
. elli strettamente econo . . 1
eh e m qu . 'bil candalo per un paese nso utamente avviato esistenziale e di protezione della «presenza» in un mondo dominato dall'in-
li i un mconcep1 e s . b
queg ann d della modernizzazione. Era un pro lema difficil- combere quotidiano della miseria e dell'oppress ione. Non manca inoltre di
intraprendere 1a stra a . . h ull
a 'bil h dai partiti della simstra, e e puntavano s a classe porre in costante relazione le pratiche popolari e subalterne con lo sviluppo
mente gesu e anc e·tt, del Nord come soggetto din amico . e trasf armatore,
. di storico del discorso egemonico. I due livelli ridefiniscon o costantemen te l'u-
operaia delle gran cl a di clini. an alfab etl,. isolati
.
, confrontarsi con masse conta no rispetto all'altro i propri confini: tanto che la persistente vivacità dell'e-
ed avevano diffico1ta a .. · · d 1 ·
lemento magico e del paganesimo sincretico, evidente ad esempio nel culto
· uni·cativo e immersi m una v1S1one e mondo magico-
dal punto di vista com
miracolistico dei santi o della Vergine, può esser letto come una forma di
religiosa. resistenza alla forza di penetrazione della cultura dominante (sia quella della
Questo disagio era stato espresso molto bene da_un ~~manzo che co-
Chiesa che quella dello stato secolare moderno ).
nobbe grande fortuna nell'immediato dop?guerra, ~risto sz e/erma:o a Ebo-
li di Carlo Levi. Medico e intellettuale tonnese, Levi era stato confinato nel Ne emerge quindi una valorizzazione di quanto alla folkloristica positi-
vista appariva come pura sopravvivenz a di superstizion i e pregiudizi arcaici.
1935 per la sua attività antifascista in un villaggio lucano; nel libro, edito nel
La religione e la magia popolare sono razionali e persino efficaci: svolgono
1945, descrive la sua esperienza come una sorta di incontro antropologico
D
bene il lavoro della cultura, che è quello di tenere radicati gli esseri umani ;
con un'alterità radicale. La piccola società del paese è rappresenta ta come
fuori dalla storia, sospesa in una dimensione di miseria, immobilità e fatali-
nel mondo. Lo fanno , per de Martino, attraverso un meccanismo di «desto- I
r~icazione». In una quotidianità dominata dalla minaccia del negativo, rito e
smo e in una «mentalità primitiva» in cui la realtà si confonde inestricabil-
mito ap~ono una dimensione metastorica che conferisce sicurezza, permet-
mente con le rappresentazioni magico-religiose. L a primitivizza zione dei
''
:n~~ di «~tar~ n~ll~ storia_ come se no~ ci si fosse». D 'altra parte, proprio
contadini del Sud fu assai criticata dalla sinistra marxista , perché l'insistenza
cio c~~siste il limite stonco della magia: essa protegge esistenzialm ente le
su questioni di «mentalità» rischiava di nascondere le condizioni storiche
com_unlta subalterne mentre, al tempo stesso, le tiene confinate fuori dalla
e materiali dell'arretratezza e dell'oppressione [Clemente 1980]. Critiche st_o na. yale a dire, fuori dalla possibilità di risolvere i loro problemi nella
condivise da de Martino, che tuttavia era interessato a evidenziare la dirnen· dimensione della poli(tea, attraverso un re al e processo emancipativ o. Per
sione culturale della «questione meridionale» contro un troppo schematic? questo de M artmo · fini• sce per auspicare • .
m ultima analisi la scomparsa e il
determinismo economico. Il che apriva la possibilità di studiare la cultura, il s~perame~to del proprio stesso oggetto di studio: la magia lucana o il taran -
folklore e la religione delle «plebi rustiche del Mezzogiorn o» non come una tismo pugliese so~o 1·sutut1
.
·
· · di nscatto esistenziale che tengono tuttavia i ceti
colle~i~ne di tratti arcaici e pittoreschi, bensì come aspetti centrali della loro rur ali. mtrappolat1 n e11e con di ztom
M
· · re ali della propria oppressione . Per de
condizione storica e sociale artmo, come peraltro p er G ramsc1, . li . l .
ne a nvo uz10ne non e' è posto per la
. L'
È q_uanto de Martino. cerca di fare nelle tre grandi monografi: sul In ag1a eman · · · h ·
ne d 11· 'al ulc1paz1one ne tede la conquista, da parte delle classi subalter-
~ezzo~iorno che pubblica tra la fine degli anni '50 e i primi anni' 60, dedica~e , e ta e tura.
nsp~tt1vamente alle pratiche del lutto e al pianto rituale alla fenomeriologta Eppure, in alcuni scritti de M t' ali . .. , .
gressivo del fo ' .a~ ~~ apre a poss16 ilita d1 un uso pro-
magica popolare in Lucania, e infine - in li h , , ' babilmented'il suo ,.,. spe . ~ore. Nelle sue attJ.v1ta sia politiche che di ricerca si imbatte
capola al que o e e e pr(l) f f: ,
voro - compl ·• . i 51,.1, sso m canti popol · al
esso mittco-ntuale del tarantismo una orma tivament d 'f• . an e tre orme dell espressione orale che sono crea-
drome culturalm di . ' ta at· e mo 1 1cat1 per e · . .
traverso r1·t1· li en_te_ c~n z1onata diffusa nel Salento (Puglia) e cura1959' lotte d' spnmere contenuti di protesta e di supporto alle
CO ett1V1 di t' · 958•' . _' conta me [de Martino 1949·, 1950) • n rolklore U e
apparenteme nte im-
1961] In ipo coreutico-musicale [de Martino 1
. queste opere di r d . . . . del cofl
g an e respiro, il mondo magico-relig ioso
26 CAPITOLO 1 CULTURA POPOLARE: UN PANORAMA STORICO 27
mobile e fossilizzato dimostrava qui vitalità, capacità di dar voce a quella che Io entravo nelle case dei contadini pugliesi come un «compagno»,
i marxisti chiamavano allora «coscienza di classe». Nel «folklore progressi- come un cercatore di uomini e di umane dimenticate istorie, che al tem-
vo» de Martino vedeva la soluzione al dilemma posto da Gramsci - se e in o stesso spia e controlla la sua propria umanità, e che vuol rendersi
che modo le classi subalterne possono usare una propria distintiva e oppo- partecipe, insieme agli uomini incontrati, della fondazione di un mondo
sitiva cultura nella lotta per la liberazione. Fra l'altro, questa convinzione lo ~igliore, in cui migliori saremmo diventati tutti, io che cercavo e loro
portava a valorizzare esperienze di confine tra cultura alta e popolare, come che ritrovavo [de Martino 1953a, 319].
quella di Rocco Scotellaro, il poeta-contadino lucano che rappresenta un' al-
tra figura-chiave del meridionalismo postbellico, e la cui opera Contadini del Questo «rendersi partecipe» consiste in primo luogo nel «dar voce» ai
Sud costituisce un pionieristico esempio di uso delle storie di vita nell'analisi contadini poveri del Sud, operando una mediazione altrimenti impossibile
sociale [Scotellaro 1954]. fra il livello subalterno e quello egemonico. «Non ci abbandonare tu che sai,
Per la verità, lo stesso de Martino non coltivò a lungo la nozione di tu che puoi, tu che vedrai» - dice un vecchio contadino a de Martino: o al-
folklore progressivo. Tuttavia essa ebbe larga influenza, non solo nel campo meno questa è la storia che lui racconta [ibidem], una sorta di mito d'origine
della ricerca ma anche e soprattutto in quello della produzione culturale e dell'intellettuale organico.
a_rtistica. A un uso contestativo e politicamente impegnato di forme espres- La poetica e la politica del «dar voce» sta al centro degli interessi per
sive della tradizione popolare si dedicarono a partire dagli anni '50 vari pro- la cultura popolare tra anni '50 e '60, ispirando molte altre esperienze che
getti artistici, come Cantacronache, il Nuovo canzoniere italiano e I dischi del tentano di coniugare la passione etico-politica con una nuova visione della
(
sole. In essi era centrale l'idea di una produzione culturale dal basso, fon- stor_ia e delle scienze umane. E ciò non vale soltanto nell' «arretrato» Mez-
?ata su una diretta presa di parola dei ceti subalterni, e al tempo stesso una zog~orn~. Nell'Italia del Nord occorre almeno ricordare il lavoro di Gianni
idea brechtiana di spettacolo popolare come forma di educazione e presa di Btio, smgol~re figura di intellettuale, politico e organizzatore di cultura
coscienza delle masse. c e persegue il progetto radicalmente anticrociano di una storia dal basso.
5comparso prematurarn t all' , di . .
di· . . en e eta 48 anm, Bos10 non ha lasciato opere
ampio respuo ma . d' . .
sul t . . h , h una sene I scntt1 e soprattutto un'attività di ricerca
4. «ELOGIO DEL MAGNETOFONO»: GIANNI BOSIO E LA STORIA erntono c e anno fatt O 1 (
DAL BASSO dall'Ist·t E scuo a una scuola rappresentata soprattutto
1
uto mesto de M · f d
1966 e an . artmo, on ato a Milano dallo stesso Bosio nel
cora oggi operante con d S p· •
cerca e archivio di f . ali,) se e a esto iorentmo, come centro di ri-
, Ne~a _prospettiva che abbiamo visto finora aprirsi, un aspetto cruciale onu or Parti 1 infl ,
e la pos121one ·
engage' assunta dal ncercatore. 1 del magnetofono t . d. . co armente uente e stato il suo Elogio
, Studiare la cultura popo are , esto mtro Uttlvo a un l di f . .
una poetica (per n di a racco ta onu orali che esprime
nboln e c?~e ~accogliere farfalle: nel far emergere tratti distintivi dei ceti su- on re un metodo) ehe sara' con d'1v1so ·
a terni, il ncercatore · . · stu diosi: da generazioni di
li . necessanamente partecipa alla battaglia educauva e
po Uca per la loro em · · Il l b
. ancipaz1one. nuovo folklorista ' per usare la ce e. re L' . d
espressione di Gram • . f .
bal E' sci, si a dunque «mtellettuale organico» alle classi su, avvio egli studi sulla cultura del d
terne. ancora de M · • gna col magnetofon O d . mon o popolare e proletario se-
bi · artmo a espnmere con la massima efficacia questo I una ataz1one nuo Il r
umvoco rapporto tra c . . a presenza costante dell ul va. magnetorono documenta
del 1 . onoscenza e Impegno ' quando scrive , a proposito · · la quale proviene non sol-
a c tura oppos1t1va
suo avaro m Salento: tanto dalla obiettiva
. presenza stori d Il l •
operaia, ma anche dall f d. ca e e cassi popolari e della classe
e orme I consapevolezza [ ... ] La possibilità di
28 CAPITOLO 1 CULTURA POPOLARE: UN PANORAMA STORICO 29
i due si è potuto stabilire un rapporto forte, ed è persino possibile rivendica- · La Lapa») Cirese è studioso di ampio respiro: pratica il campo
popo1an, « ' .. . . . . ,
re una fondamentale unità del campo di studi. del folklore regionale (occupandosi 10 particolare di canti e pro:e~b1), ?1a e
molto attivo anche nel dibattito politico-cultural~ _att~r?o_al m ndionalis~o
7
ed è tra i primi a traghettare in Italia importanti 10dinzz1 dell antropologia
5. ALBERTO M. CIRESE E IL CONSOLIDAMENTO DEllA NUOVA internazionale (in particolare la semiotica e lo strutturalismo, curando tra
DEMOLOGIA l'altro l'edizione italiana di Le strutture elementari della parentela di Lévi-
Strauss). Per quanto la sua produzione fra gli anni '60 e '70 sia vasta e in-
Si è visto finora quanto poco si possa separare la storia degli studi dalla fluente, il suo testo più noto è probabilmente un manuale, dal titolo Cultura
più generale storia politica e sociale in cui si colloca. Questo vale a mag- egemonica e culture subalterne [Cirese 1973], su cui si sono formate intere
gior ragione per il periodo cui siamo arrivati, gli anni '60. Qui il dibattito generazioni di antropologi in Italia (inclusa quella di chi scrive, studente alla
sul folklore ha ormai preso le sembianze della passione per la «storia dal fine degli anni '70). Manuale che, come spesso accade, meglio della produ-
basso» e per il progetto di dar «voce» (letteralmente, attraverso il magneto- zione saggistica riesce a esprimere un paradigma teorico, una intera conce-
(
fono) alle classi subalterne; a loro volta tali passioni e progetti si alimentano zione di una disciplina.
dei fermenti sociali, delle ideologie politiche, delle trasformazioni culturali Già il titolo del manuale è programmatico. Cirese ritiene la pubblicazio-
dell'epoca. E non è solo il clima del '68 a farsi sentire: le discussioni sulla ne delle Osservazioni sul folclore di Gramsci il «momento teorico determi-
cultura popolare saranno ugualmente influenzate (sia pure in modi obliqui) nante» per il rinnovamento degli studi demologici italiani:
dai mutamenti economici e demografici, dall'accentuata mobilità sociale, I
dal rapido incremento dei livelli di istruzione, dalla diffusione del consumo l'impostazione marxista di Gramsci opponeva allo storicismo idealistico \
e della cultura di massa. il ristabilimento del legame tra fatti culturali e fatti sociali che viceversa
Si resta però ancora un po' nell'ambito della definizione accademica del Croce aveva così recisamente negato; liquidava in modo definitivo le
campo di studi. De Martino muore improvvisamente nel 1965. Per quanto ibride eredità della nozione romantica del «popolo-anima» o «popo-
avesse costantemente lavorato sulla cultura popolare, non si era mai sentito lo-nazione», e introduceva una determinazione storico-sociale precisa:
o dichiarato un folklorista (forse anche in contrapposizione ad alcuni folk- quella del «popolo-classi subalterne», inteso ovviamente come «variabi-
loristi suoi contemporanei, come Paolo Toschi, che si attardavano in una le storica» [ibidem, 218].
visione puramente filologica, positivista e «pittoresca» della disciplina). Per
de Martino, la cultura popolare non definiva una disciplina: era semmai un . Cirese era convinto che la definizione gramsciana potesse offrire una
ingrediente fondamentale di un sapere che di volta in volta definiva come rigorosa delimitazione dell'oggetto di studio della rinnovata disciplina, che
etnologico, storico-religioso o storico tout court. preferiva chiamare «demologia» (un termine che col tempo diventerà la de-
Dopo di lui, verso la fine degli anni '60, alcuni studiosi sentono invee~ ~ominazione ufficiale nell'insegnamento universitario, pur sopravvivendo
il bisogno di dare nuova sistematicità e unità allo studio della cultura popo· f~o ad oggi anche la precedente etichetta «Storia delle tradizioni popola-
lare, recependo le impetuose ma talvolta caotiche innovazioni postbelliche, ~»). Ed era an~he convinto che, come accade nelle rivoluzioni scientifiche,
ma al tempo stesso stabilendo una continuità con una tradizione folklorica nuovo paradigma fosse in grado di riassorbire il vecchio: in altre parole, il
italiana risalente almeno al romanticismo ottocentesco. Il principale inter- co_rpus di studi folklorici dell'800 e della prima metà del '900 poteva essere
prete di questa esigenza è probabilmente Alberto M. Cirese. Figlio d'art~ ~tilmente ~teg_rato all'interno della più complessa e raffinata visione aperta
(il padre Eugenio era poeta dialettale ed editore di una rivista di tradizioni a Gramsc1. C1rese riformula i principi gramsciani attraverso la teoria dei
32 UPITOLO 1 CULTURA POPOLARE: UN PANORAMA STORICO 33
«dislivelli interni di cultura»: riferendoci «ai comportamenti e alle concezio. . " lidarietà" con il "popolo" (in quanto distinto dalle "élite")»
legame d1 so . .
ni degli strati subalterni e periferici della nostra stessa società» ci troviam 0 .
[ibidem, 13, corsivo m10J. . . . .
di fronte a dislivelli culturali interni, mentre con dislivelli esterni intendiam Cirese adotta qui una epistemologia naturalistica, secondo la quale ogm
il rapporto con le «società etnologiche» o «primitive» [ibidem, 10]. Una de~ • d <<I.solare» con chiarezza. .un proprio oggetto (sul quale com-
. .
scienza eve .
finizione da cui scaturisce una chiara delimitazione delle discipline: l' etno- • z1·0 n1· di descrizione classificaz10ne, general1zzaz1one) . Ma natu-
.
p1ere opera ' . . . .
logia studia i dislivelli esterni, la demologia quelli interni. Più precisamente, ralmente isolare certi fatti culturali dalla ~amica stonca, compl~ss1va che
quest'ultima studia la diversità culturale che si accompagna alla diversità attribuisce loro una connotazione egemomca o popolare e propno quanto
della condizione sociale: diversità nella quale «si manifesta la disuguale par- la teoria gramsciana vieta di fare. Cirese conclude il suo manuale esort~do
tecipazione dei diversi strati sociali alla produzione ed alla fruizione dei beni li studi demologici a «fare i conti - e non genericamente - con la realta so-
culturali» [ibidem, 12]. :ioculturale contemporanea, con le forze e le ideologie che la animano [ ... ]
Accurato lettore di Gramsci, Cirese evita di stabilire un rapporto trop- trasformandosi in conseguenza» [ibidem, 310). Al tempo stesso, sembra
po meccanico e deterministico tra appartenenza di classe e livelli culturali; però convinto che l'oggetto della demologia sia costituito essenzialmente
è attento, come diremmo oggi, a non essenzializzare la cultura subalterna. dai repertori tradizionali del folklore contadino. Una contraddizione, o al-
Parla piuttosto di fatti culturali «popolarmente connotati», dove «connota- meno una tensione, che come vedremo si farà pesantemente sentire negli
zione» indica un «rapporto di solidarietà» tra aspetti della cultura e gruppi sviluppi degli anni successivi.
sociali o classi [ibidem, 13-14]. La sua è dunque una definizione relazio-
nale. Se un oggetto è popolare o no dipende dal suo posizionamento nella
dinamica egemonico-subalterno all'interno di un preciso contesto storico: 6. LA QUESTIONE DELLA CULTURA OPERAIA
può anche accadere che il medesimo «fatto culturale» risulti egemonico in
un contesto e popolare in un altro (ad esempio il pianto rituale, oggetto di
. Verso la fine degli anni '70, la rifondazione della demologia sulla base '
del «paradigma» gramsciano è largamente condivisa nel panorama degli
studio di Cirese come di de Martino, è egemonico nella società omerica ma
studi italiani. Sono anni di intenso sviluppo della disciplina, sia nel campo
subalterno nel Mezzogiorno italiano di oggi). d"
. la I· della ricerca che in quello dell'insegnamento universitario. Beninteso, gli
Tuttavia, come detto, Cirese è anche preoccupato di deli mitare
orientamenti e gli stili di ricerca sono tutt'altro che compatti: vi è anzi una
sciplina sulla base di un oggetto peculiare e distintivo; il che lo po~a a so~
1 geografia accademica complessa e frastagliata, che sarebbe impossibile resti-
vrapporre alla definizione relazionale una più essenziale o sostanu~a- . tuire qui anche solo per tratti fondamentali . Ad esempio, la scuola di Cirese
1
·
pnma ·
spingere bb e a studiare non un «oggetto» spec1·f·1co, m a le d10am dire•
si differenzia piuttosto nettamente dagli studiosi, specie meridionalisti, che
che storiche che producono la frattura egemonico-subaltern o; v~e a nel più direttamente si riconoscono nell'eredità di de Martino; quest'ultima è
i processi di differenziazione e le relazioni fra classi nella produzione e a sua volta fran1mentata, e combinata in diverse figure con dosi diverse di
al centro
consumo culturale. La seconda definizione spinge invece a porre • ·d no marxismo, strutturalismo, semiologia (è il caso di figure come Clara Gallini,
· 0
dell'attenzione alcuni «fatti culturali» che poi in buona parte coIOCI ~nabella Rossi, Luigi M. Lombardi Satriani, Antonino Buttitta, Elsa Gug-
' . • bbero
con quelli studiati dalla tradizione folklorica. Questi «fatti» co stituire 0 e g1no) . Ulteriori orientamenti sono quelli più influenzati dall'antropologia
una «cultura» popolare che può e deve essere studiata in modo autonorn do culturale anglosassone, per lo più antistoricisti e vicini alla sociologia (una
separato rispetto a quella egemonica. Cirese rafforza questo punto quanti e tradizione aperta in Italia da Tullio Tentori) . Vi sono poi singole figure di
· d egli studi demologici, che «tra tutti· 1· com porramen
afferma , a proposito st
ifico udiosi, scarsamente riconducibili a schieramenti, che sviluppano gli inte-
le concezioni culturali essi isolano e studiano quelli che hanno uno spec
- CULTURA POPOLARE: UN PANORAMA STORICO 35
34 CAPITOLO 1
ressi per la cultura popolar e in r~azion e a sp~cifici ambi~i tematic i _ coine recuperando la teoria dell'anti co» [ibidem, 4]. In altre parole, escludere la
Vittorio Lantem ari e Alfonso D1 Nola per 1antropo logia della religio cultura operaia garantisce la continu ità con la tradizio ne folklorica. Ma - si
Tullio Seppilli per l'antrop ologia medica, Diego Carpite lla e Robeno Le;~i chiede il questionario - si può applicar e il concetto modern o di classe alle
per l'etnomusicologia. realtà rurali precapitalistiche, per le quali si invocan o invece spesso nozioni
Questa generazione di studiosi nati per lo più negli anni '20 e '30, pur interclassiste come quelle di «mentalità»? E d'altra parte, se si considera la
con accenti molto diversi, sembra tuttavia condivi dere il progett o della nuo- cultura operaia parte integran te del campo di studi demologico (coerente-
va demologia, ed è accomu nata dal conside rare la questio ne della cultura mente con la definizione di popolo come classe), sorgono altre difficoltà. È
popolare come fulcro della tradizio ne antropo logica italiana . Nel 1980 na- possibile attribuire a essa quel caratter e di alterità, quella natura peculiare e
sce una nuova rivista antropo logica, «La ricerca folklori ca» (che esce an- distintiva che si è soliti attribuir e alla cultura contadi na tradizionale?
cora oggi e ha rapprese ntato un'espe rienza signific ativa in un panoram a
editoriale ricco ma frammentato e sempre molto precario ); il primo numero Dobbiamo considerare la cultura popolare come <<altra» rispetto a
è dedicato appunto a La cultura popolare. Questioni teoriche. Il direttore, quella egemone , facendo prevalere il criterio della distinzione, e secondo
alcuni anche della contrapposizione (oggettiva o anche soggettiva)? O
Glauco Sanga, aveva proposto ad alcune decine di studios i, soprattu tto an-
dobbiamo preferire una concezione dinamica, che veda nei contatti tra
tropologi ma anche filosofi, storici e sociologi, di rispond ere a un questiona-
culture diverse momenti di integrazione e di scambio, regolati dalla dia-
rio che enunciava i principali problem i aperti nel dibattit o sul «paradigma
lettica egemonia/subalternità? [ibidem] .
gramsciano». Tutti davano per scontato che si trattass e di un tema condivi-
so, che accomunava orientamenti teorici diversi e sul quale si misuravano In altri termini, sia pure forzando un po' le parole del questionario: ha
i rapporti dell'antropologia con le altre discipli ne e con il grande campo senso considerare quella operaia come una cultura in senso antropo logico
- certamente egemone nella cultura e nell'acc ademia italiana del tempo - - cioè autonoma, «altra», compatt a e demarca ta da confini relativamente
del marxismo. A rafforzare questa impress ione contrib uiscono due numeri netti? Queste qualità sembravano apparte nere alla cultura contadin a in vir-
della rivista «Problemi del socialismo», usciti l'anno precede nte e dedicati a tù del suo isolamento geografico, comunicativo e sociale. Ma non è q~esto il
Orientamenti marxisti e studi antropologici italiani. Problemi e dibattiti (l5 caso per il mo n d o operaio,· specie · que11 a f ase della sua storia caratterizzata
· m
e 16, 1979), anch'essi in buona parte incentra ti attorno al problem a della dall'accesso al consum o e ai mezzi di comunicazione di massa e da confini
cultura popolare. sempr~ più sfumati rispetto ad altri segmenti sociali come i ceti medio-bassi.
Il questionario, dopo un rapido accenno ai problem i sollevati dal c~n- Quest1 aspetti appaion o cruciali al question ario che li riunisce sotto due
cetto di cultura per la molteplicità delle sue accezio ni ' si sofferm a sulla aozio-e '
«delicatissime ques r·ioru:· eh e rapport o c ,e, tra popolo e ceti medi? [ ... ] Che
ne di popolo. Accettando la caratter izzazion e gramsc iana del popolo com_ Irapporto
. c''e tra cul tura popolar e e comunicazione di massa?» . Il che porta
n
classe, come si configura la «cultura del popolo» ? Si tratta di una e tità unl· uc,damente a concludere:
t · legata ali a qualita ·
· , subalter na di tale cultura, oppure sl ovra Pensare
d '
ana,
che ad ogm· ceto soci'ale corrispo . d que che · · na, che vede come essenziale il
nda una particol are cultura, e •un · ffer· Accogli ere 1•·1mpostaz1one gramscia
1 ul · ne di un · atto culturale e come non rilevante il
e c ture subalterne siano molte? [Sanga 1980, 3] Il questio nano sl so . momento dell' assunzio f
ma sul · ·al • il' am b1to momento ·
della prod uz10ne · ·f·1ca forse mettere m· d.1scuss1on· e
ques1to cruc1 e circa la classe operaia: «Va o no collocat a ne I' non s1gm
della cult ura popo1arer. . Se s1• esclude la cultura operaia 1, am b'1to d eila cultura · autonomia della cultura popolare e ridimensionarne in qualche misu-
0 10 ·
· e sui· meccan1s· m1· cl ell a dinam1ca
popolare viene 'd ali 1 • . . . 'd ali perand . , e ra l'alterità , per eone en t rare l' attenzion
. n otto e e assi precap1talist1che resi u , recu
•
pieno l' element0 dell a tra d'tz1one, . 11 d il' oralita,
10 misura sostanz iale que o e
36 CAPITOLO 1 CULTURA POPOLARE: UN PANORAMA STORICO 37
culturale all'interno di una società complessa, considerata come un tutto In ogni caso, Bertolotti fa notare come il ruralismo folklorico si è col tempo
interagente, con una sola storia e non come una somma di parti (la cul- trasformato in una «pesante ipoteca» per gli studi di cultura popolare: una
tura egemone e la sua storia più la cultura subalterna e la sua storia)?
ipoteca «che ha ridotto le possibilità di cogliere i violenti processi di trasfor-
[ibidem]. mazione della società italiana, e di contribuire in modo specifico al dibattito
sul mutamento che sociologi ed economisti hanno assai più consapevolmen-
Il questionario della «Ricerca folklorica», mentre finge di porre,doman- te affrontato» [Bertolotti 1980, 18].
de ad ampio spettro partendo da un nucleo teorico condiviso, mette a fuo- Ma è soprattutto Pietro Clemente, da allievo di Cirese, a entrare nel
co una contraddizione profonda che mina quello stesso nucleo. La visione vivo della teoria dei dislivelli interni. Già in un articolo di poco precedente
oramsciana non legittima affatto l'assunzione di una «cultura subalterna» aveva sostenuto la necessità di un «ridimensionamento del concetto di folk-
b
come sfera separata e autonoma, che possa rappresentare l'oggetto distinti- lore, carico di implicazioni arcaicizzanti e ruraliste, e l'assunzione del pro-
vo di una scienza specifica. L'illusione ottica di questa possibilità deriva dal letariato industriale (nella sua faccia subalterna) dentro l'area di interesse
guardare al mondo contadino come paradigma della subalternità: in questo demologico» [Clemente 1979, 147]. Nel dibattito su «La ricerca folklorica»
caso, le sue condizioni di relativo isolamento portano la frattura egemonico- Clemente scrive: «Credo che non abbia giustificazione espungere dallo stu-
subalterno ad assumere le sembianze di un'alterità culturale in senso antro- dio delle classi subalterne la classe operaia industriale; proponendo semmai
pologico. Ma non appena si volga lo sguardo a realtà industriali e u~bane'. per l'assunzione alla demologia di un "versante " specifico della vicenda del
caratterizzate da confini sociali più fluidi e dalla diffusione massmediale di proletariato: quello della vita quotidiana, della routine, dei livelli primari
contenuti culturali, le cose cambiano. A quel pw1to, non è più possibile ri- della organizzazione» [Clemente 1980, 40). La prospettiva che propone è
comprendere la vecchia disciplina folklorica sotto le nuove insegne. Tra u~o quella del «cannocchiale sulle retrovie» - dove retrovie è da intendere come
studio classificatorio dei repertori della tradizione contadina e una teoria richiamo non tanto agli aspetti «progressisti» dello status operaio (le lotte
della cultura popolare nella realtà contemporanea si apre una irreversibile · sindacali, o la funzione di guida rivoluzionaria che il marxismo-leninismo
disgiunzione. assegna a questa classe), quanto «la vita familiare, lari-produzione della esi-
stenza collettiva, i modi del permanere, innovarsi, ibridarsi delle ideologie,
i circuiti culturali che mantengono (mi pare) una certa peculiarità anche
nell'epoca dei mass-media» [ibidem].
7. CULTURA POPOLARE E CULTURA DI MASSA
Clemente vuole qui trarre fino in fondo le conseguenze della visione
gramsciana della demologia: una disciplina che dovrebbe allontanarsi deci-
Gli antropologi che rispondono al questionario della «Ricerca folkio-
. . dd' . entemente samente dalle «implicazioni arcaicizzanti e ruraliste» del folklore per scon-
nca» g1rano largamente attorno a questa contra 1z10ne, appar de
finare in un 'antropologia della dimensione quotidiana dei ceti subalterni
senza volerla affrontare. In pochi rispondono in modo diretto alle domdan .
l"1 ntl· contemporanei. Una mossa quasi ovvia, potremmo oggi dire, viste le pre-
del questionario. Guido Bertolotti, ad esempio, si rende conto che e]are messe. Eppure di questa svolta non c'è grande traccia nella ricerca di quegli
ficazione dei contadini come portatori per eccellenza della cultura popo alità anni. L'attenzione alla cultura operaia è praticamente inesistente (con alcu-
ha creato una sorta di illusione prospettica. Per questo autore, la cen:r di ne eccezioni, come le ricerche sul lavoro minerario di Paola Atzeni [1984;
• degli stu 1988 )), e le forme culturali di massa restano un oggetto opaco, presente
contadina sare bb e una conseguenza dell'origine meri di on alisuca )'ef·
italiani- una osservazione interessante che però inverte forse la causaile •a· nella consapevolezza degli studiosi ma inafferrabile, difficile da aggredire
·
fet to. Il mezzogiorno al , • l priv egi sul . d li , ..
rur e e «arretrato» e stato visto come uogo lare· piano e a teoria come su quello del metodo. E vero che la stessa nvist a
to della demologia in virtù di una certa concezione della cultura popo
ì 38 CAPITOLO 1 CULTURA POPOLARE: UN PANORAMA STORICO 39
«La ricerca folklorica» dedica pochi anni dopo, nel 1983, un numero al terna
è almeno in qualche misura espressione di una coscienza di classe, questa
«Cultura popolare e cultura di massa», a cura di Amalia Signorelli [1983]. qualità non può certo appartenere ai prodotti dell'industria culturale, i quali
Nei numerosi contributi presentati nel fascicolo, l'accento è prevalenternen- si impongono semplicemente al «popolo» che ne subirebbe passivamente la
te posto sulla critica alla visione interclassista della cultura di massa, e alle forza egemonica. Se la «vera» cultura popolare dev'essere studiata e valoriz-
capacità di resistenza opposta ai media e all'industria culturale da parte del. zata, è proprio in contrasto al consumo culturale di massa.
le tradizioni locali e delle istanze subalterne. Sono presentate ricerche assai Il che conduce a un terzo e connesso ordine di motivazioni. Per gli in-
interessanti sui modi in cui la «modernizzazione» si insinua all'interno di tellettuali, la cultura di massa è al tempo stesso oggetto di critica teorico-
forme della tradizione, quali le feste e i riti contadini, i movimenti religiosi politica e di disgusto estetico, nel senso sociologico che a questo termine
carismatici, le pratiche del lutto, le leggende e la narrativa orale. Ma è come attribuiva Pierre Bourdieu [1983]. Una caratteristica cruciale dell'Italia de-
se l'antropologia fosse legittimata a occuparsi di cultura di massa solo per gli anni '60 e '70 è l'accesso di larghe fasce di popolazione giovanile, anche
i modi in cui essa interviene a modificare il suo oggetto classico, oppme lo quella di origine contadina e operaia, all'istruzione superiore e universitaria
assorbe nei propri prodotti (come nel caso di film , pubblicità, programmi e a pratiche di consumo culturale nel campo della musica, del teatro, del
televisivi che incorporano tratti del folklore contadino). Sembrano invece cinema e dell'arte. Una parte importante degli italiani sceglie di investire in
assenti dal panorama italiano degli studi i riferimenti alla prospettiva che capitale culturale; una parte non lo farà, investendo piuttosto in altre forme
in quegli stessi anni veniva sviluppata - a partire proprio da una rilettura di di consumo vistoso, in beni di lusso e nei simboli di status promossi dai
Gramsci - dai Cultura! studies inglesi: vale a dire uno studio delle culture media. Differenti strategie che creano nel paese una frattura antropologica
subalterne basato sull'etnografia del consumo della cultura di massa tra gli molto profonda, che è fra l'altro alla base delle odierne insanabili divisioni
strati popolari. politiche. I nuovi «ceti medi riflessivi» che così si formano centrano le pro-
In realtà la «nuova demologia» italiana sembra preoccupata soprattutto prie strategie distintive, appunto, sulla raffinatezza dei consumi culturali. È
di demarcare con nettezza il proprio oggetto e il proprio campo di studi da una raffinatezza che si può manifestare a molti e diversi livelli, che hanno
quello della cultura di massa. In modo più o meno esplicito, gli antropologi però in comune il «disgusto» per gli aspetti seriali, artificiosi, inautentici e
e i demologi sentono i contorni della cultura di massa come un confine inva~ kitsch della cultura di massa.
licabile: superarlo significherebbe tradire le fondamentali motivazioni ohe li Gli intellettuali guidano questo movimento di estetica sociale. Per alcu-
ni di loro l'alternativa all'industria culturale consiste nelle tradizioni della
spingono a studiare, ma anche a tutelare e valorizzare, la cultura popolare.
grande arte, letteratura e musica, in specie nelle loro elitarie manifestazioni
Le motivazioni di questo atteggiamento sono almeno di tre ordini. Il primo
di avanguardia. Per altri, in genere quelli meno radicati in forme accreditate
è quello accademico: assumere a proprio oggetto la cultura di massa sare~be
di «nobiltà» o in «rendite di posizione» culturale, l'alternativa può consi-
una mossa rischiosa per l'autonomia della disciplina: avvicinandosi perteo·
stere nell'autentica spontaneità del folklore e della tradizione contadina. È
losamente al terreno della sociologia, della semiotica e delle scienze della co-
in questa chiave che il «folk» assume un valore distintivo rispetto ai modelli
municazione massmediale, resterebbe schiacciata dalla loro preponderanza
. . U n secon d o ordine di motivazioni ha a ch e f are con l'influenzal
di consumo promossi dai media: le case coloniche e l'arredamento in stile
quant1tat1va. «ru st ico», considerati come spazzatura fino a pochi anni prima, divengono
delle teorie critiche dell'industria culturale, come quella francofortese.' Jll~-~ agognati sirnboli di status; il canto, il teatro e le feste popolari sono oggetto
1
to forte negli anni '70. Autori come Adorno e Marcuse sono assai letti, e 1i riletture e riproposizioni che si saldano con lo spettacolo d'avanguardia.
d h il . . . .d l . a al ser·
~~ c e con~~o culturale d1 massa cosutmsca una forza 1 ~o ogi~ in quel E in questa cornice di significati sociali che la stessa demologia si trova ad
vizio del dom1mo e una forma di anestetizzazione delle coscienze e agire e a demarcare un certo tipo di oggetti culturali.
d . ( . .
ecenmo e non solo m quello) un luogo comune intellettuale. Se
il folklore
w
8 L'ANTROPOLOGIA CULTURALE ITALIANA OGGI: QUALE e li studiosi di «dislivelli interni»; da larga maggioranza, questi ultimi sono
SPAZIO PER LA CULTURA POPOLARE? di:enuti una minoranza intimorita, che si tiene decisamente sulla difensiva
e non sembra più credere in uno statuto forte del proprio campo. Così, le
. de dello specialismo disciplinare
Le vicen . . si.intrecciano
. qui
, con. quelle di discussioni sulla demarcazione del «popolare» sono accuratamente evitate;
una stona • SOCIOC
· ulturale dell'Italia decrli
t,
ultum
• .
decenm
• •
del• 900: •un punto lo stesso vale per il rapporto tra differenze culturali e appartenenze sociali.
•
su cw occorrere bbe andare ben oltre questi smtet1c1 accenm. Sta di fatto che Problemi che rischiano per così dire di far mancare il terreno sotto ai piedi.
la demologia nasce attorno a una cruciale ten~ione sia t~orica sia, per così Gli sviluppi della demologia hanno dunque imboccato altre direzioni.
clire, poetica. Da un lato vi è la fondazione teonca gramsciana, che la spinge- La strategia è stata quella di continuare a porre al centro dell'attenzione
rebbe a concentrarsi sui mutamenti culturali più recenti, cercando di seguire gli oggetti «classici» della disciplina, in particolare le feste locali e religio-
le nuove articolazioni del rapporto egemonico-subalterno attraverso una et- se, le performance di spettacolo legate alla tradizione folklorica, le forme
nografia della vita quotidiana dei ceti popolari e delle pratiche del consumo dell'espressione orale. Questi «oggetti» sono stati però collocati in quadri
di massa. Dall'altro, vi sono invece la poetica e la politica della salvaguardia interpretativi innovativi e spesso assai raffinati, influenzati dai dibattiti I
e della valorizzazione di tratti culturali tradizionali, rappresentativi di una sull'invenzione della tradizione, dalla decostruzione del concetto di cultura
diversità e meglio ancora di una resistenza rispetto alla penetrazione d~i me- operata dall'antropologia critica e postcoloniale, dagli approcci riflessivi alla
dia e dell'industria culturale: ad esempio le pratiche terapeutiche magico- descrizione etnografica. Queste influenze, forti soprattutto a partire dagli
religiose, i canti popolari e le varie forme di improvvisazione e gara poetica, anni '90, hanno da un lato portato alla rinuncia di ogni ricerca di autenticità:
il teatro e le feste di origine contadina. Questi non sono solo fenomeni del a proposito di pratiche come le feste, le forme religiose carismatiche o le
passato, certo: sono spesso vivi e creativi, nel quadro di processi di persi- performance di tradizione orale, gli studi hanno piuttosto sottolineato le ca-
stenza e di revival che tuttavia interessano realtà minoritarie o marginali, pacità di rinnovamento e la tendenza ad intrecciarsi con le dinamiche della
potremmo dire persino elitarie, lontane comunque da una dimensione vera- cultura mediale e globalizzata. Dall'altro lato, l'attenzione dei demologi si è
mente «popolare». , . s~~st ata sulle pratiche di rappresentazione e patrimonializzazione della tra-
Questa tensione irrisolta finisce per indebolire la stessa categoria ~1 dizione · In parti.col
' are, a partire · · · · opera deIlo stesso c·tre-
· d a una piomenstica
«cultura popolare». Se alla fine degli anni '70 essa appariva il centro uni- se [1977] · ' il
. , si e sv uppato un cospicuo filone di antropologia museale, che ha
ficante dell'antropologia italiana, nonché il principale tramite dei suoi rap· ~rovato i suoi punti di forza non solo nelle università ma anche e soprattutto
porti con la storia, con la sociologia e la semiologia, a partire dagli anni 'SO la 1Il una rete di musei· t
. e nograf1c1. . 1oc ali . p·1Ccoli ma spesso ·aliest1t1
. . con orande
fmezza eco l . . . . . . .o.
situazione cambia. I tentativi di definire e demarcare il «popolare» sem~r~- . n~apevo ezza epistemologica, questi musei sono oggi numtl nella
no condurre in vicoli ciechi, oppure fuori dai confini invalicabili della dis_ci-
vivace asso
d
. s· bd
ciazione un ea (Società italiana per la museografia e i beni
plina; ~ conseguenza, sia la ricerca che l'elaborazione teorico-metodolo~l: t emColetnoantropologici, costituita nel 2001) - il cui primo presidente, Pie-
ro ement h ·
vanno 10 cerca di altri centri di gravità. Quali sono questi nuovi elemenU e, a teonzzato attraverso la formula del «terzo principio della
· ;i In pnmo
ag gregazione. · luogo, nel quadro antropologico italiano • as sum 0 • inuseog f
. r:\ la» uno stile espositivo radicalmente antirealista, volto a evocare
1e risorse
no sem · · ea· una im • .
pre maggiore Importanza le ricerche di etnologia extraeurop · . ti d. d. mag1nat1ve dello spettatore più che a produrre discorsi compiu-
giore 1 or lile l f .
conseguenza, questa, delle più forti relazioni internazionali e della mag bil· 200l · c assi icatono o narrativo [Clemente e Rossi 1999; Padiglione
accessibilità d · ·' I · . . • · ' roba 2
. ei PIU ontam terrem. Rispetto agli anni '70, oggi si e P sui ' OOB]. Alle pratiche museali si è inoltre accompagnata una riflessione
mente mvertit0 il . . europeo Processi di pat . .ali . 11 . . . . . .
rapporto tra chi pratica forme di /ieldwork extra nmom zzazione de a trad1Z1one e dei bem etnooraflCI
b '
42 CAPITOLO 1 CULTURA POPOLARE: UN PANORAMA STORICO 43
in dialogo critico con le politiche culturali dell'Unesco relative ai «tesori e ita alcuna continuità fra tali studi e quelli folklorici . È come se si
viventi» e al «patrimonio intangibile» [Aa.Vv. 2006] (v. oltre, cap. 5). pere p d' . . h d' 'f . .
te 1vers1, piuttosto c e 1.mam estaz1om
trattasse di Ogg etti completamen
Malgrado la loro ricchezza, si tratta di studi che continuano ad assume. ricamente differenziate di uno stesso campo - vale a dire forme della
re la tradizione contadina e folklorica come oggetto distintivo dell' approc- ::tura quotidiana di ceti popolari. A questa incomunicabilità contribuisce
cio demologico O antropologico. Certo, è una tradizione considerata non la distanza degli impianti teorici e metodologici. Mentre la demologia, nella
come pura persistenza ma nelle sue relazioni con i contesti contemporanei sua definizione ciresiana, aveva come punti di forza il marxismo, la semio-
di mutamento; e, d'altra parte, come forma di resistenza alla deculturazione logia e lo strutturalismo, gli attuali studi di antropologia della cultura di
prodotta dallo strapotere dei media e del consumo di massa. Non è che la massa poggiano piuttosto sugli approcci interpretativi di stampo geertziano,
demologia si chiuda alla società mediale e globalizzata. Al contrario: è come oppure su una qualche forma di «teoria delle pratiche» nella linea Bourdieu-
se i meccanismi della cultura di massa potessero essere legittimamente af- de Certeau. E ancora, mentre la prima tendeva a produrre repertori docu-
frontati solo attraverso il prisma delle forme più classiche del folklore. Pena mentari e filologici, i secondi puntano piuttosto sull'etnografia in profondità
lo scadimento in una generica «sociologia» - un timore assai diffuso fra gli di singoli casi.
antropologi italiani, che deriva forse dalla percezione di schiacciamento da Riallacciare questa recente stagione di ricerche al nucleo forte della tra-
parte di una disciplina più giovane che si è costruita però un potere accade- dizione demologica, vale a dire al nodo gramsciano della frattura egemoni-
mico assai più grande. co-subalterno , è la scommessa teorica che a mio parere ci sta oggi di fronte.
Tutto questo fa perdere di vista, in definitiva, l'obiettivo teorico attorno Ciò significherebbe recuperare il terreno perduto rispetto ad altri indirizzi,
al quale la nuova demologia si era costruita fra gli anni '60 e ;70: vale a dire come i Cultura! studies anglosassoni, che hanno usato Gramsci per costruire
l'ambizione di porre in relazione le differenze culturali con quelle sociali, una solida cornice interpretativa della cultura di massa; e significherebbe
e il tentativo di seguire l'articolazione (e la linea di frattura) egemonico- altresì restituire al campo degli studi demologici in Italia una compattezza
subalterno ben oltre la dissoluzione del mondo contadino tradizionale, e forse una originalità che sembra oggi lontana. In definitiva, la scommessa
all 'interno dei mutamenti culturali contemporanei. In conclusione di queS ta è quella di arrivare a pensare cose apparentemente inconciliabili - il teatro
sintetica ricostruzione storica, che sarà approfondita nei capitoli successivi, contadino e le partite di calcio, i canti popolari e le soap operas, le fiabe
vorrei chiedermi se è possibile e opportuno recuperare oggi una centralità tramandate oralmente e quelle di Walt Disney, i pellegrinaggi e le gite turisti-
della categoria di cultura popolare, in un quadro di studi focalizzato sull~ che, la medicina dei guaritori e quella New Age - all'interno di una medesi-
ma cornice interpretativa.
pratiche della quotidianità e sulle forme del consumo di massa. Negli ultirnt
vent'anni '. sia l'antropologia che la sociologia culturale e qualitativa hanno
pro~otto tn Italia studi di taglio etnografico su aspetti della cultura di massa,
qual~ lo spettacolo sportivo, il turismo, il consumo della televisione, dell~
s
mu ica e del cinema, le pratiche alimentari la cultura materiale e l'uso degli
oggetti ordinari in b' domesttco, • ' 1 ratiche
. . am Ito le «culture della rete» e e P
·
comunicative legare ad lllternet. Q collle
.. ueste ricerche sono spesso pensate ,
am b1t1 tematici 'ali st · · · mrnal
da genenche. speci ic1 e separati l'uno dall'altro accomunati se
e amb' ·h ' neo»
0 d il
. , igue ettc ette come «antropologia del contempora 0
e e «soc1eta co 1 ( all' t op.
·
1 · mp esse» come se tutte le società studiate d an rviene
og1a non fossero «co 1
mp esse» e «contemporanee») . Di solito non
La stagione del folklore:
romanticismo, positivismo,
fascismo
studi avevano vissuto momenti piuttosto intens_i ~ v~ ho ~ià accennato - so. . · 1 tine fino ad allora usate. Thoms definisce la sua materia come «usi
naz10n1 a . . .
prattutto a cavallo tra '800 e '900. Per c~mod1ta, s~ puo schema~icarnente · abitudini superst1z1001, ballate, prover b 1" ecc. d e1. tempi. antlc . h" .
1».
e costumi, ' , . . . 1
suddividerne la storia in tre fasi: un esordio romantico, un consolidamento . izione che influenzera a lungo la d1sc1plina, soprattutto con que
una d ef m . . . al .
positivistico, una ideologizzazione fascist~. . · to al passato che le conferisce un orientamento quasi nost g1co,
rifenmen . . . . . .
L'interesse per il «popolare» nasce 111 Europa almeno a parure dalla , una missione di salvatagg10 nei confronti di un patrimomo che sem-
nonc h e
seconda metà del '700 - dal momento in cui i ceti dominanti e intellettuali bra destinato prima o poi a scomparire.
cominciano a pensare sé stessi come moderni: vale a dire, come le avan. Lo studio della cultura popolare, così intesa, prende dunque corpo fra
guardie di un percorso inarrestabile di progresso materiale e spirituale che '700 e '800, nella grande stagione del Romanticismo . Peter Burke [1980, 12]
si lascia alle spalle i residui arcaici e spezza le catene della povertà, delle ha potuto scrivere che la cultura popolare è stata scoperta da un gruppo di
norme consuetudinarie e dell'oscurantism o dogmatico. Capitalismo, tec- intellettuali tedeschi sul finire del XVIII secolo. «Scoperta», o si potrebbe
nologia e industrializzazione, liberismo e illuminismo sono i capisaldi di persino dire «inventata». Si scopre infatti qualcosa che già esisteva in prece-
una nuova visione del mondo che appare inarrestabile ma procede in modo denza in modo compiuto. Ma una «cultura popolare» prima non esisteva:
disuguale, lasciando dietro di sé zone d'ombra o residuali - in altre parole, c'erano agglomerati frammentari di differenze fra alto e basso che erano
per usare il termine proposto da Alberto M. Cirese, «dislivelli di cultura». I ovviamente percepiti ma non considerati «oggetto» possibile di interesse,
dislivelli possono essere esterni o interni. I primi riguardano i popoli che si né tanto meno immaginati come parte di un complesso culturale compatto e
chiamavano allora primitivi o selvaggi, i quali sembravano restare confinati
in una statica dimensione preistorica - salvo venire forzatamente trascinati
nello sviluppo dall'espansione e dalla violenza coloniale. I dislivelli interni
riguardano invece i ceti popolari degli stessi paesi occidentali, in particolare
ben definito. Nei secoli passati, la cultura delle classi sociali più basse aveva
suscitato occasionali attenzioni di tipo polemico da parte degli intellettuali,
che si divertivano a compilare repertori di errori e pregiudizi, oppure ad
opera d_elle autorità religiose nella loro battaglia contro le superstizioni e le
\
le grandi masse contadine. Queste vivevano in una situazione di relativo iso· eresie. E con il Romanticismo che si fa strada l'idea di una cultura peculiare
lamento rispetto ai grandi centri di produzione della ricchezza e del sapere, e di_stintiva prodotta dal popolo come entità collettiva, e che di un popolo-
in condizioni di vita e di lavoro arcaiche di analfabetismo e di mancanza di nazione espr~e il più autentico spirito. Il Volksgeist è in quegli anni ispi-
istruzione. Non partecipavano dunque del '
progresso, e la loro «cultura» si rator_e della vita artistica come di quella politica. Gli intellettuali romantici
distaccava in modo sempre più netto da quella avanzata e dominante. considerano loro com p1·r 1
o a racco1ta, il fi ssaggio . ne11a scrittura
. e dunque il
. Era una cultura, quella del popolo rurale, fatta di usi e costumi antichi salvataggio di quell ul al , l bil .
a c tura or e cosi a e e delicata che rischia di esser
Immobilizzati dalle norme della tradizione di credenze e riti magici e di una spazzata via dall' a d il d . , .
li . . vvento e a mo erruta. Jacob Gnmm - il celebre racco-
r~ligione immanente e superstiziosa, di un'linguaggio arcaico e vernacolare, g tore di fiabe insie al f 11 Wilh 1m
f b . .' me rate o e -vedeva la fantasia creativa delle
di rep~rtori st andardizzati di «arte» e «letteratura» trasmessi per via orale, la e inesorabilment e . . <l' d l' . . , ..
come 1 pro ver b"1, 1· canti,· 1e f·1ab e. d il . . mmacciata < a ove aVIdita e gh mgranaggi stridenti
Queste forme culturali considerate co me e e macchine mtorb"di
37] · . 1 . al .
scono ogm tro pensiero» [cit. in Bausinger 2005
sopravv~venz~ di civiltà passate, cominciano a interess~re gli intellettuali , questa idea di sal • . '
moderm·' storici , fil 0 1 · 1 esting .d vataggio m extremis di una cultura che starebbe per
og1, etterat1· e artisti
. . ne fanno oggetto d1. stu dio, prima uers1 a un mo all' al
sotto la denomin · d" l lavoro dei f lkl . . mento tro accompagnerà per oltre due secoli il
azione 1vu gares antiquitates o popular antiquitzes, · poi,· ap· 0
largament . orisu d . · La ra. ecolt a d"1 canti· e f'1ab e popolari (peraltro spesso
punto, sotto la rubrica di folklore . Quest'ultimo termine (folk-lore, dottrina · e nve uti e manipol t') d" · ,
o sapere popolare) . ,v,illi·ain
1n quegli anni. a 1 iviene cosi un genere letterario cruciale
J· Th oms, con l'obiettiv
'venne comato nel 1846 dallo studioso inglese w
0 d.1 · ·
.
sostituire un termine anglosassone alle d en oinI·
!48~~(~A~P~ITO~L~0~2_ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ __ LA STAGIONE DEL FOLKLORE: ROMANTICISMO, POSITIVISMO, FASCISMO 49
2 ALLE ORIGINI DELLA FOLKLORISTICA ITALIANA: NICCOLÒ l zione di continuità, Tommaseo passa dalla esaltazione dell ' ar-
TOMMASEO E BEATRICE DI PIAN DEGLI ONTANI Senza sdi~ u le che ammira nelle chiese di Pistoia a quella del «popolo»
te tardome oeva . .
.
eh emcon tra nelle montagne circostanti.
· ulso arriva con qualche
lo lt ali a questo imp . , . ritardo. Gli intellettuali ita-
.
. . ch e tanto h anno m
liam · vestito sull'eredita rmasc1ment ale e sul programma
. . NeI pis· t o1·ese si rincontra un tipo di fisionomie differente
•,
dal fioren-
· h ·'
' · . " Jpi'te insieme e più delicate. Son facce e pm poenc e e pm
neoc1assico, sono men 0 interessati al /risson romantico rispetto a quelli di uno: piu sco . . . I Gl' .
· h .
al m· paes1.· L' att o di nascita di un campo
. . autonomo della cultura p1ttoresc e. P arlo del popolo ' perché la poesia nsiede nel popo o. 1 usi
. . . è
popolare
·ali
. . · · 1
don prosaici e ineleganti spesso I nostri movunenn: a mossa
forse rappresen tato dall a Gita nel Pzsto;ese,. un testo
, pubblicato sulla rivista sdoclll t retan degli occhi nel popolo tiene ancora dell'ispirato. [. •.]e quel-
"_ 1ogia»
<v~uto · ne11832 , m · cui il filologo Niccolo Tommaseo narra del suo e a es ' ' . di u·
1e soaVIss · ime parole escivano della bocca di contadinucc ie, pastore 1,
incontro con Beatrice di Pian degli Ontani, la «poetessa pastora»: d il · '
abbellite da un sorriso di campagna, che un cittadino stanco e a citta
può solo vagheggiar degnamente [ibidem, 15-16].
Feci venire di Pian degli Ontani una Beatrice, moglie d'un pastore,
donna di circa trent'anni che non sa leggere e che improvvisa ottave con
L'antichità, l'istinto, la natura, il popolo: vi è una continuità essenziale
I
facilità, senza sgarar verso quasi mai: con un volger d'occhi ispirato, qua-
fra questi elementi, che concorrono a costituire per !ommaseo un 'idea di
le non l'aveva di certo madama De Sade [ ... ] Donna sempre mirabile;
\
meno però, quando si pensa che il verseggiare è quasi istinto ne' tagliato- bellezza autentica da riscoprire contro la modernità. E significativo che, re-
ri e ne' carbonai di que' monti [Tommaseo 1832, 26]. lazionando sul repertorio di canti eseguiti per lui dai contadini della monta-
gna pistoiese, Tommaseo non manchi di deplorare l'infiltrazio ne di elementi
Beatrice pratica l'improvvisazione poetica in ottava rima - un genere «estranei» che vengono non dall'oralità ma dalla stampa: dalla diffusione
di «poesia» o «canto» popolare che ha mantenuto fino a oggi una sua tra- cioè di fogli volanti e altre forme di letteratura che oggi chiamerem mo di
dizione. Tommaseo vede impersonato in lei il fascino per l'ispirazione istin- consumo, che inquinano il «naturale» sentire e parlare dei poeti popolari.
tiva, per la creazione collettiva, per forme artistiche che sembrano sgorgare
spontaneamente dal popolo. La cosa notevole in questo brano è soprattutto Non ho potuto ottenere altra cosa che una leggenda (stampata,
lo giurerei) d'un amante che uccide l'amata infedele, e il giorno dopo
il contesto in cui è inserito. Che non è certo quello di una «spedizione et-
nell'ora del commesso delitto si uccide egli stesso. Non v'è di poetico
nografica» nel senso moderno del termine: bensì di un resoconto arti st ico-
che questa circostanza dell'ora[ .. . ]; un contadino del Melo che sa pure
letterario che si sofferma sulle capacità estetiche degli «antichi», vale a dire
a mente e ottave del Tasso e versi contro i francesi, e altre cosucciacce
della pittura e della scultura del '300 e del '400, esaltate nella loro naturalez· st ampate [ibidem, 16, 27].
za e ist intività che le rendono di tanto superiori a quelle artificiose e forzate
dei moderni.
Siamo qui di fronte a un aspetto della sensibilità romantica che non ces-
serà mai- molto oltre il Romanticis mo - di marcare gli interessi per il folk.lo-
. . .a que ' tempi· il concetto ispiratore [ .. . ] e, come neU' e_tà
,Abondava r~. I Popolani non hanno consapevole zza del tesoro linguistico e poetico che
dell oro ~iumi di latte, così scorrevano fiumi di bellezza. [ ... Gli antichi], SI Portano di il' · di
per raggmngere quell"d I h' • scarso valo . etro, e .ne esprunerlo lo mescolano costanteme nte con cose
1
ea e c essi avevano nel pensiero, non facev an se te e cattivo gusto (le «cosucciacc e stampate»). Sta al folklorista
che osservare la natura , • .. . 1f ttO
re d I ., ne suoI varuss1mi aspetti, coglierla su a ' Parare
Com . le gemm e vere d a que11 e f al se, e h e pure sono mo l to som1g . li .
p n era nel p1u bello [ibidem, 12-13]. ant1.
e s1 vedrà quest t . . . , . l . .
, o a tegg1amento si ntrovera m mo te successive stag10-
LA STAGIONE DEL FOLKLORE: ROMANTICISMO, POSITIVISMO, FASCISMO 51
50 CAPITOLO 2
. d li
ru eg stu
ull ultura popolare anche all'interno di paradigmi te . .
di
s ac dunque dei precursori o dei proto-folkloristi; scrittori che hanno cioè do-
' orici
cumentato aspetti della vita culturale del «popolo» pur in assenza di una
molto diversi. .
La Gita nel pistojese ci pone in realtà di ~ron~e a un c~stante intreccio cornice sistematica di studi. Così, per l'Italia si possono citare eruditi inte-
tra l'oralità e la scrittura: poiché c'è molto d1 scr~ttura e di alta letteratura ressati alle antiquitates vulgares, vale a dire ai residui delle civiltà antiche o
(Dante, Tasso e così via) nella formazione ~ei poeti po?olari (magari indiret- classiche inconsapevolmente rimasti nelle pratiche popolari: ne sono esempi
tamente, anche nel caso di totali analfabeti che tuttavia sono stati educati in per il '700 Ludovico Muratori e Michelangelo Carmeli, e per il primo '800
un ambiente in cui la scrittura circolava e la letteratura colta lasciava i suoi lo stesso Giacomo Leopardi per il giovanile Saggio sopra gli errori popolari
echi). Ma Tommaseo non vuole riconoscerlo, preso com'è dalla sua ideolo- degli antichi. Nel ricordare questi e altri precursori, Alberto M. Cirese (au-
gia di una oralità primaria e incontaminata. Non ~on~ in realtà i contadini e tore, come si vedrà, di quello che è stato a lungo il più autorevole manuale
i montanari in sé che gli interessano, ma una specie di valore eterno che essi italiano di demologia) sembra ritenere decisivo il passaggio da un interesse
incarnano quasi indipendentemente dalla loro volontà e che infatti non pos- polemico e accusatorio nei confronti delle credenze e dei costumi popolari
sono capire. Questo popolo astratto rappresenta un soggetto artistico ma al a un atteggiamento più neutralmente descrittivo e documentario [Cirese
tempo stesso anche politico. Il lavoro di Tommaseo si colorerà infatti ben 1973 , 127-129]. Solo quest'ultimo consentirebbe l'affermazione di una vera
presto di toni risorgimentali e irredentistici, con la pubblicazione nei primi
anni '40 dei quattro volumi di una raccolta di canti pÒpolari toscani, còrsi,
e propria scienza del folklore.
Tuttavia non si tratta di un atteggiamento «scientifico» o «oggettivo» (
illirici e greci- cioè di quattro nazionalità in cerca di indipendenza. Volumi che si viene lentamente distillando. Piuttosto, come detto, con la fase ro- \I
mantica si assiste all'apertura di un nuovo spazio epistemico e discorsivo nel
capostipiti di una tradizione di pubblicazioni basate sulla trascrizione dei
quale è possibile collocare la nozione di popolare. E si tratta di uno spazio
testi dei canti popolari che durerà a lungo. Ma nel passo in cui cita Beatrice
prevalentemente estetico e politico, prima ancora che filologico . Nell'inte-
ciò che «politicamente» colpisce è quell'innocente incipit: «feci venire.·.».
resse per il popolare si gioca il posizionamento di nuovi ceti dirigenti (e di
Proprio la naturalezza dell'espressione segnala l'enorme e incolmabile-~-
nuove forme di egemonia culturale) che da un lato nel «popolo» cercano
ferenza di status sociale tra i montanari e il professore venuto dalla ci~ta:
consenso
. · · i'denutane,
e ragion1 · · dall'al tro se ne sentono radicalmente sepa-
soggetti che non appartengono alla stessa comunità morale. Nel suo scntto
~at~. La _modernità (il percepirsi come moderni) è lo spartiacque che divide
Tommaseo non pensa per un attimo di potersi rivolgere a loro; parla in~e- 1d1vers1 . . segm en t'i soci'ali : ed e, attorno a questo spartiacqu
ce di lo~o per ~ pubblico e interlocutori diversi, per finalità (di dibatti~
. e che gli altri (i
plebei.' I contadini
. · d.
, m un iverso senso 1· «selvagg1») . possono oggettivarsi in
letterario e politico, di scontro tra fazioni intellettuali) del tutto eSrranee matena di contemp1azione . o di studi o. E, cosi, che la «tradizione» diventa
mondo popolare. qu al. cosa da. docume t
n are e an ali zzare, ponen d os1. al centro di. un mteresse
.
ee ildi un discorso «positivo» ·· e accademico . Più in particolare , la tradizione
°
d popolo sono temi s 11evat.i d a partlco . . de11 a classe dingente
. lan. fraz1on1 ..
e[1 e1mondo intellettua le. Vale smo . dal Romantic1sm . . o quel che Bourdieu
L . d sull990 ' 150] affermava per il '900 , cioe . , che ogn1. d.1scuss10ne
. sul popolo o
. e st0 ne egli studi presentano spesso questo momento come il primo 1e a cu
tra l' . il 1tura pop l . .
O are va compresa pnma d1 tutto nel
nconoscim ento d il'. contesto di una lotta
e 1mportanza di. un oggetto di studio . (la eultura Popoa1lar '
0 ra
g I tnte ettuali.
appunto) che per cosi' di re esisteva
· ., compmtam
. h t· o ad
g1a ente ma c e lil 'bi!ità folklDa qui una earattenstica · · ehe accompagna tutta la storia deali studi
di
. not ata; g11· mte
non era stata . 11ettuali non avrebbero cioè avuto 1a sensi
no ore, vale a dire la s1stemat1ca
· · am b'1valenza dei giudizi sul popolare. Da
i:,
per coglierne l' au •
tonomia e le caratteristiche peculiari. Spesso si cerca
LA STAGIONE DEL FOLKLORE: ROMANTICISMO, POSITIVISMO, FASCISMO 53
. . esteu·ca per la semplicità, spontaneità,.e autenticita' ·del. Tornando all'800 italiano, lo spirito romantico alimenta per tutto il se-
un lato ammirazione . .
• h dall'altro disprezzo o . verso 1ignoranza
ironia . , l' arre. colo un robusto filone di studi sul canto popolare, con autori quali tra gli
le forme folklonc e,
tratezza, i pregiudizi e le superstizioni. Q~est1 due attegg1a~enti possono altri Giuseppe Tigri, Ermolao Rubieri, Alessandro D'Ancona, Costantino
. diversi· gruppi di intellettuali, ma. anche. comb10arsi
. in mod o Nigra. Come osserva Cirese [1973, 146 ss.], nella seconda metà del secolo
caratterizzare
non contraddittorio all'interno di una prospettiva un1tana. La combinazio- lo slancio emancipativo risorgimentale si rovescia talvolta in una contempla-
ne di ammirazione e di più o meno ironico disprezzo implica però a sua vol- zione nostalgica del mondo contadino di segno decisamente conservatore.
ta una distinzione fra accezioni diverse di popolo. C'è da una parte il popolo Cirese parla in questo senso di «continuatori idillici di Tommaseo». A essi
autentico, inconsapevole portatore di una tradizione antica; e dall'altra un contrappone un approccio più realista, rappresentato da autori quali il mi-
popolo troppo contaminato dalla modernità, che non ha certo assimilato la lanese Carlo Tenca e il sacerdote calabrese Vincenzo Padula: entrambi (sia
cultura moderna ma al contempo ha perso il senso della tradizione, impi- pure in modi e da angolature molto diverse) attenti a legare le produzioni
gliandosi in grottesche forme di ibridazione, in ridicoli tentativi di imitazio- folkloriche alle condizioni di vita e ai problemi materiali e sociali dei ceti
popolari (tendenza che troverà poi espressione nel «verismo» letterario di
ne dei codici «alti». Così, gli intellettuali romantici si devono spingere nelle
Verga e Capuana, scrittori a loro volta molto vicini a interessi folklorici) .
campagne o sulle montagne più sperdute per rintracciare i loro tesori di
Ma, ciò che più conta, negli ultimi decenni del XIX secolo questi studi assu-
fiabe o canti popolari: la Foresta Nera dei fratelli Grimm e l'Appennino pi-
stoiese di Tommaseo sono i luoghi più appartati, in cui l'inquinamento cul-
turale moderno non è ancora arrivato. Solo tra i pastori e i carbonai sperduti
sui loro monti si possono ritrovare le origini inconsapevoli dell'ispirazione
mono un più solido impianto positivistico e filologico: più che sugli effetti
estetici, l'accento viene posto sull'analisi linguistica, sul confronto delle va-
rianti, sulle ipotesi di diffusione storico-geografica. Nell'Italia postunitaria,
ì
l'attenzione di linguisti e letterati per i generi popolari è diffusa, e si colloca
di un Dante o un Petrarca. Non certo nel popolo delle città o delle aree più (ad esempio in figure come quelle di Angelo De Gubernatis e Domenico
esposte alla contaminazione. È un tratto che ricompare sistematicamente Comparetti) nel quadro di ampi scenari internazionali di filologia compa-
nelle successive discussioni sul popolare: lo ritroveremo ad esempio, qua- rata. Inoltre, l'influenza del concetto antropologico di cultura e l'interesse
si centocinquant'anni dopo, nella poetica di un Pier Paolo Pasolini, tanto etnografico per gli artefatti materiali aprono filoni di studio su aspetti non
affascinato dal popolo quanto ossessionato dalla ricerca di zone marginali specificamente letterari della cultura popolare: usi e costumi, credenze e
ancora non toccate dal progresso e dalla «rivoluzione antropologica» del su~e_rst~zioni, oggetti della casa e del lavoro, feste e spettacoli, riti magici e
Il
consumismo (cfr. oltre, cap. 5) . rel~giosi si pongono al centro di una sempre più ampia letteratura documen-
A tale poetica si affianca spesso quella del salvataggio: i folkloristi imma- taria, non più soltanto condotta da filologi.
ginano sé stessi come gli ultimi in grado di documentare un'antica tradizio-
ne che si va disperdendo e che sarà scomparsa nel giro di una generazione, 4· LA STAGIONE POSITIVISTA
Naturalmente, il fatto che questo argomento sia ripetuto in mo d alita' anal0 •
ghe da almeno due secoli suggerisce .
· di considerarlo come un tratto struttU·
rale_ ~e~a P0st ura folklorica, indipendentemente dalla consistenza e della f lklA ~a:allo fra i due secoli si sviluppano in particolare due scuole di studi
rapidita degli eff tt" · mutamenti. stonc1.. . , 1 uard0 ~, onci, quella siciliana e quella fiorentina. Per la prima, il personaggio
. e ivi E ciò che tiene incollato O sg p1u rappresent f , il .
folklonco a un pas t . . stesso, . a 1vo e certamente medico palermitano Giuseppe Pitrè di
. sa O mmacciato e quasi perduto· e che al tempo ctu parlerò più in d li . . , , . . . '
come s1 vedrà n l · d il ' zione nell'U . . , ettag o m segmto, e che e fra 1altro il pnmo a introdurre
•f . e segmto e a trattazione, preclude un'adeguata atten niversita (a parure •
· d a11911 ) un msegnamento .
che trae il «popolo» a
a1 enomem culturali del presente.
LA STAGIONE DEL FOLKLORE: ROMANTICISMO, POSITIVISMO, FASCISMO
55
55•4~~(~A~Pl~TO~LO~2_ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ __
=- ----
I,
. oggetto , denominandolo «demops icologia» . La .scuola fiorent'llla l Mantegazza nel 1869 con una cattedra universit aria affiancat a poco
proprio 0 I '
discende dagli insegnamenti di Paolo Man~egazza, che f~ dal 1871 aveva :: : dalla già ricordata Società italiana di antropolo gia ed etnologia (Sia~),
fondato una Società italiana di antropolo~ia ed etnologia , centrata su un da[a rivista «Archivi o per l'Antropo logia e l'Etnolog ia» e dal Museo naz10-
nucleo di studi naturalistici ma largamente mter~ssata ~nche ali'etnografia e e di antropologia. Dieci anni prima Giovenal e Vegezzi Ruscalla [1859]
nal if
al folklore. Queste dimensioni sono sviluppate 10 parucola re da Lamberto aveva introdott o per la prima volta in Italia il termine «etnolog ia», con r e-
Loria, eclettica figura di viaggiatore e intellettuale che dopo lunghe missioni rimento tanto ai popoli di cultura che a quelli di natura. Quando, in seguito,
in Asia, Nuova Guinea ed Eritrea si dedicò alla diversità interna delle re- l'attenzione della disciplina si rivolse quasi esclusiva mente ai secondi, non
gioni italiane. Un passo che ricorre più volte nei suoi scritti esprime quasi mancò l'apporto italiano: mancò piuttosto un quadro organico di formazio -
miticamente la «conversione» che lo ha condotto dal fascino per l'esotico a ne ed elaborazione cui ricondur re intrapres e esplorati ve anche importan ti
quello per il folklore regionale: ma che finirono per restare isolate. La dimensio ne tardiva e limitata del co-
lonialismo italiano non produsse inoltre, come altrove, un'etnolo gia deter-
Mi trovavo dunque a Circello del Sannio [ ... ] quando, in me, che minata dal rimorso della «coscien za coloniale » o dalla «rivolta dell'ogge tto
D
guardavo dapprima con indifferenza e poi con attenzione sempre cre- etnologico». Nacquer o piuttosto , con sviluppi di qualche rilievo anche nella
scente la vita caratteristica di quella popolazione sannita sorse spontanea prima parte del '900, interessi etnologic i per le origini delle istituzion i civili
la domanda: perché andiamo tanto lontano a studiare gli usi e i costumi
favoriti dalla tradizion e di studi rivolta alla storia classica, greca e romana.
dei popoli, se ancora non conosciamo quelli dei nostri connazionali uniti
L'antropologia di Mantegaz za, essenzial mente fisica , si pensava e pro-
politicamente sotto un solo governo; ma con nel sangue, fuse o semplice-
mente mescolate, mille eredità divergenti? [Loria 1910, 4]
Come si è visto nel primo capitolo, nel 1906 Loria fonda a Firenze un
grammava in realtà come generale: sottopon endo al metodo naturalis tico, al
dominio biologico , anche i fatti e i comport amenti culturali. Nella seconda
metà dell'800 appariva però oggettiva mente maggiori taria in Italia l' atten-
\
zione indirizza ta alle tradizion i popolari regionali , in particola re - come
Museo di etnografia italiana, i cui materiali confluisc ono successivamente
detto - ai canti e alle fiabe. Attenzio ne che occupava peraltro posizioni mar-
a Roma, in una Mostra etnografica delle regioni organizz ata dal governo
ginali nel quadro compless ivo della cultura italiana, la cui identità non si
per celebrare i cinquant'anni dell'Unit à d'Italia (1911). Questa mostra, con ·
· ale» quanto pmttosto
. , su un' «an1ma
centrava · popo1are naz1on sulla grande
il Congresso internazionale di etnografia che l'accomp agna, rappresenta il entale. I canti e le fiabe del
eredita letteraria e artistica medieval e e rinascim
punto di maggiore sviluppo e visibilità degli studi di folklore nella loro fase illustri che
popolo vennero studiati quasi con la mano sinistra da figure
positivistica. La cultura del popolo è vista come patrimon io specifico del Nigra , D 'An cona, De G u b ernatts, • avevano ncercato e trovato i loro'
.
come. .
paese, accanto alle grandi eredità dell'arch eologia e della storia dell'a~t~ · al tn· settori. Forse anche per questo
· ifi' c1· 1n
.... en t'1 sc1ent
Prtnc1pali riconosc;.......
(oggetto di due analoghe e parallele mostre). Lontano dal contrasta re l'u!llta 10 sguardo rivolto al d 1 . .
· ali possono apparire come una risorsa e un trat· mon o popo are era tanto selettivo e parcelliz zante ,
. . ' le. d'ff
Politica 1 erenze reg1on 1ontano da un' ott' li . f .
tea o suca. A avare dt una concezio ne più compatta mente
t~ d1st_10 t1:7o della nazione, divenend o oggetto di un sapere specifico do~ato ul
«c turale» si moss ero, ne11893 , 1e asp1raz1o . . m,. di. breve durata, della Socie-
d1 pan 1 · · ' nspetto · . . · uco, t' .
. egtttlffiita a quelli, appunto, archeolo gico e stonco-a rus a nazionale per 1 t d · · • popolan. italiane, . .
Gli Atti del Congr esso d e11911 cosutmsc . . ono una buona rapprese n razione. c e ra tz1om fondata da De Guberna tis
on a sua «Rivist d 11
1 di . . . . . ,
delle esperi_enze e delle tendenze di allora nell'amb ito delle scienze che_s1 anche . a e e tra ztom popolan italiane» . Approcc i organici,
f'18 1·ral1a· 10
organizzat1·vo , espresse ancor di pm , su cm·
·, l' operato d'1 p·1tre,
possono chiamar 10 · 1
e senso ato antropolo giche [Società di etnogra d com d senso
l' • alrn nte a e etto tornerò.
na l912]. Era present e
e appunto antropolo gia, fondata istituz10n
LA STAGIONE DEL FOLKLORE: ROMANTICISMO, POSITIVISMO, FASCISMO 57
S6 (APfTOLO 2
AP~ITO
6~O~ ( ::'. O _2 _ _ _ _
:_::L=._ __
. . . liO irito popolare. E tuttavia, a rileggere quel di Le descrizioni di Pitrè sono posizionate per così dire sullo stesso piano
· 1 p1tre1ane su sp quanto scorrettamente p·itre' f asse stato t' · dei suoi soggetti: l'autore non li osserva dall'alto, anzi non perde occasione
annotaz1on irato
. · uò non notare
batuto, non s1 P . . f . Da un lato, e paradossalmente, de Martino di insistere sulla sua condivisione dei codici culturali diffusi nei quartieri
. ball su entrambi t ronu. . . .. . . . non
in °
, a ace o non vuo1e stor
icizzare Pitrè: 1hmitl che gli attnbmsce soho se
. . . . m-
popolari. Pitrè mostra di non appartenere socialmente a quel mondo, certo,
ec P elli d itivismo (venato d1 correziom romantiche) del ma di farne parte in un altro senso. Evidenzia con compiacimento una com-
licemente qu 1
e pos . uli .. suo
P li • sa valutare il suo pec are posizionamento (il petenza da autoctono o, come si direbbe oggi , un elevato grado di intimità
tempo, e non g mteres . suo
. ) . el contesto tardo-ottocentesco. Toschi, da parte sua tr culturale. È un atteggiamento discorsivo diverso da quello di un Frazer che
«far stona» m qu . . . . . . , a-
·1contesti di riferimento: dimentica che a1 su01 giorni Pitr' descrive i riti dei «selvaggi», parlando da una siderale distanza che si mi-
scura ugu almen te . e sura al tempo stesso sulla scala degli stadi evolutivi e su quella del potere
. . uno spazio teorico avanzato, 111 rapporto a una rete di ricerca
s1 muoveva m . . . imperiale. E diverso anche dall'atteggiamento di Niccolò Tommaseo, che
. . dai· pt'u' autorevoli studiosi mternazionali (basterebbe ricordare
cosntu1ta nell'incontro con Beatrice l'ammirava, certo, ma al tempo stesso continuava
che !'«Archivio per lo studio delle tradizioni popolari» si apre con un «edi-
a parlare dall'altro versante di un abisso di classe incolmabile. Pitrè invece
toriale» di Max Mi.iller). Non gli rende dunque buon servizio quando lo usa
va e viene rispetto al suo popolo siciliano. Gioca su una doppia appartenen-
per sostenere una scuola folklorica che specie negli anni del fascismo si era I
za morale. Scrive in italiano per un pubblico che non è né popolare né ne- I
fortemente chiusa su sé stessa e provincializzata.
cessariamente siciliano; ma proprio per la sicurezza con cui appartiene a una
più «alta» comunità morale può giocare a immergersi nell'intimità nativa.
~iò 1~ .porta spesso a difendere quel «suo» popolo siciliano dalle esplicite o
6. IL POPULISTA PITRÈ implicite accuse di arretratezza e «barbarie» (che lui può formulare, ma non
accett.a qu3:°do sono lanciate da fuori) . Ne è un esempio particolarmente \
Insomma, forse è proprio quel dibattito che ha ostacolato un pieno ap- '
forte il c~~i~olo su mafia e omertà in Usi e costumi credenze e pregiudizi del
prezzamento storiografico del ruolo di Pitrè negli studi italiani. Si può forse
popolo szczlzano. Si tratta di un testo molto citato tra oli storici della mafia
come espressione di una tendenza a «culturalizzare» ilfenomeno trascuran ~
I
recuperarlo oggi proprio riflettendo sul complesso uso del concetto di «po-
polo» in Pitrè: in che modo lo spazio politico e conoscitivo del «popolo» · ·
· e cnrmnosa;
done la dimen sione po1·1t1ca e, al tempo stesso di una' volontà di
si struttura nella sua scrittura? Si è spesso considerato Pitrè il paradigma difendere la Sicilia d agli stereot1p1 .
· · ch e su di essa proietta .
il. 'contmente [Lupo
dell'atteggiamento paternalistico verso il popolo che caratterizzava gli intel- 2004, 17-18] llcheport p· , d ff
· a 1tre a a .
ermaz1om . d .
ec1samente giustificazioni-
lettuali liberali ottocenteschi: in parte sedotti dal suo «spirito» romantico, in ste, come questa:
parte severi censori della sua arretratezza e ignoranza. Più di recente, ut~z-
zand0 uno di quei concetti-grimaldello tanto diffusi nel filone postcolon1ale Il af' · ·
La mafia non è sett a ne' assoc1az1one, non ha reoolamenti né stat1.1ti
dell'antro I · . . • · rno>> m toso non è un lad ' al d · e seb nella nuova fortuna·
. . po ogia contemporanea, s1 è parlato di un «orientalismo mte t ro, non e un m an rmo;
di un popo1O «altro» e
di Purè·· cioè dell a rappresentazione· . m I d alla
occata . parol l ali , di f'
. , a, a qu ta ma toso è stata applicata al ladro, ed ,Ù
distanziante
«barba f · 1 · aie tema an d'nno ' cto
.
è pereh,e il non sempre colto pubblico non ha avuto
. . ro», unziona e alle strategie di dominio del nuovo stato nazwn.
1 ragionare sul val l , ,, .
ttahano. Le cose p ,
f d
b
ero sem rano un po' più complesse laddove ci
· 51· cali a
'. 1
po
nel mod d' . ore deIl a paro a, ne s e curato d1 sapere che
11 O 1
on o nella raffinar · · . ' ll quale uom ~entire del ladro e del malandrino il mafioso è soltanto un
d' . a, ironica e ambigua scrittura pitreiana: ne a
ente, ehe non porta mosca sul naso, nel qual senso
0 coraggioso e val
1stanz1amento O . . lternB l'esse f' ,
sp ggettivante dalla vita e dalla cultura popolare 51 li re ma toso e necessano, . è la coscienza
. d'1spensab'ile. La mafia
. anzi. 10
esso con un certo rad O d.1. .
g mclus1one o partecipazione.
LA STAGIONE DEL FOLKLORE:
62 ROMANTICISMO, POSITIVISMO,
(APITOLO 2 FASCISMO 63
. . hi d li demità industriale, si confrontava accortamente . f ali zate sulle concezioni dell'autorità e sui sistemi amministra-
contro I nsc e a mo , d 1'900 L 'f" , con rafiche
g.. Rill oc· f zlklorici della conquista
· dell 'Etiopia,
· · awenuta nel 1936 , pos-
. .. crià nella prima meta e . e spec1 1c1ta folklor· h
le mutaz1on1 m corso o· . . , 1c e uv1 essi o f' h . . l
, t'diana andavano con diversa veloc1ta trasformand · iderarsi le numerose mostre etnogra 1c e orgamzzate m tutta a
che neli a re al ta quo 1 . . o- sono. cons
. . d . (feste e sagre ' costumi e .danze) vennero ncostruite e/o l . presentavano infatti l' es altaz1one
· de11e virtu
· ' del popolo 1t· aliano
si O estmguen osi . . pemso a. rap , . .
. allizza te perché rivivessero nel tempo libero, a f1m soprattutto turi'sti.'· ronto a reagire all assedio economico posto al paese dalla So-
cnst . lavoratore, P . . .
ci. Il fascismo riuscì progressi:~e~te a ~ontr~llare ~gm aspe:to della vita • , delle Nazioni, contraria all'avventura colomalista voluta dal fascismo.
sociale, con altrettante forme 1st1tuz1onali. Il 1 maggio 1:25 vienè fondata cietaGravi si dimostrarono le compromissioni dei folkloristi italiani quando
l'0 era nazionale dopolavoro (0nd) che prevede al suo mterno una sezio- il re ime assunse posizioni sempre più decisamente razziste. Raffaele Corso
ne ~ddetta alla promozione delle tradizioni capaci di mettere «in rilievo il fu t;a i firmatari, nel 1938, del Manifesto degli scienziati razzisti assieme a
profilo psicologico e le caratter~stiche popolari di una città o di llll'intera Giuseppe Cocchiara, che scrisse inoltre vari articoli su «La difesa della raz-
regione» [Stefanelli 1935, 134]. E probabilmente una mera coincidenza che za» e un discusso saggio sui musei italiani di tradizioni popolari, nel 1939,
nello stesso anno Raffaele Corso desse vita a «Il Folklore Italiano». Non è per la «Zeitschrift for Volkskunde». I folkloristi italiani si dimostrano al ser-
invece legata al caso la rifondazione di «Lares»: nel 1929 si tiene a ·Firenze vizio del regime anche nella Seconda guerra mondiale. In appoggio alle mire
il I Congresso nazionale delle tradizioni popolari voluto da un Comitato espansionistiche fasciste dedicano il loro N Congresso, tenutosi a Venezia
nazionale per le tradizioni popolari legato al Centro di alti studi dell'Istituto nel 1940, dedicato alle tradizioni popolari mediterranee. Elevano nell'oc-
nazionale fascista di cultura che l'anno dopo editerà il primo numero della casione il loro «pensiero riconoscente» a quanti stavano combattendo per
nuova serie di «Lares». Crescono in questa fase le sigle dalle lettere maiusco- restituire all'Italia la Dalmazia, Nizza, la Corsica e Tunisi «suggellando il
le. Dal 193 2 si decide di «inquadrare e disciplinare nelle file di un'istituzione predominio che fu sempre legittimo, dell'Italia sul Mediterraneo» (Ond \
prettamente fascista», il Comitato nazionale italiano per le arti popolari, 1942, 606). Emma Bona, redattrice di «Lares», sostiene doveroso «in questo \
tutte le diverse iniziative legate al folklore. Termine questo avvertito però momento in cui il popolo italiano affronta e supera le più ardue prove, illu- \
come «straniero» e pertanto, con circolare del 2 ottobre 1933 firmata da strare quelle forme tradizionali che ne rivelano le insopprimibili forze e la '\
Starace, segretario nazionale del Partito nazionale fascista e commissario ferrea tempra» [cit. in Cavazza 1997, 145).
st raordinario dell'0nd, con «popolaresca». «Il Folklore Italiano» di Corso Il 19 luglio 1942 si apre a Venezia la Mostra nazionale d'arte religiosa
dovette cambiar nome in «Archivio per la raccolta e lo studio delle tradizio- ~o~olare, curata dal Cniap con la collaborazione del Museo di etnografia
ni popolari italiane».
1folkloristi cercavano appoggi nel regime anche per lo scarso spazio che
~vevano ottenuto in ambito universitario: solo nel 1932 viene istituita uba
li~era docenza in «Letteratura e tradizioni popolari». Paolo Toschi, pri:m©
direttore del nuovo «Lares», ottiene il primo incarico nel 1934 e una cat~~-
ttaliana_ed il sostegno della Santa Sede. Come scrive «Il Popolo d'Italia» del
;.oluglio, «in alcune sale è documentata la religiosità del soldato italiano,
e~ro e~ orgogli~s? di combattere una guerra di alti ideali antibolscevichi
ant1plutocrat1c1, che si concluderà con il trionfo di un ordine nuovo nel
mondo» Sono
di S · . l'al
.~sposti, tra tro, ex voto della Grande guerra, della guerra
'
dra. nel 193 8· An cora al 1932 nsale
• la prima cattedra di Etnologia, · nif1-
· slg . pag?a, dell impresa etiopica e del conflitto in corso. Nonché la ricostru-
cauvamente ered di d l d guerre zione d1 un tempi t d . ld .. . . .
. e una prece ente Etnologia africana. Tra e ue d ll'I e to eretto a1 so au m Etiopia per celebrare la conqmsta
furono rn particol Raff 1 p ticare e mpero L'' ,d • , . .
b . are ae e ettazzoni e Giuseppe Cocchiara a pra ital· · mgresso e ommato da un «unponente statua d1 un fante
uoru rapporti con l' 1 . l' 1 Sul piano iano che calp st 1 b di
d li . etno og1a e antropologia internaziona e. . a r· d e a a an era rossa, con simboli della falce e del martello,
e a ricerca furon 0
eh· . .
e e .I
ar O ont1 Rossini ed Enrico Cerulli a con u
d rre I.li tcor o dell
nem· . d
h .
a guerra c e s1 sta combattendo nel fronte orientale contro i
tave stonco-g1urid' 1 . . . . etnO· Ic1 ella fede» [Bona 1943, 165).
ica, tra e popolaz1om etiopiche ed eritree, surveys
MO, FASCISMO 69
LA STAGIONE DEL FOLKLORE: ROMANTICISMO, POSITIVIS
. . artirà invece un tipo diverso di riflessione antr che la teoria della cri~i e del riscatto c~t_urale della presenza è il modo pecu-
questo nconosc1mento P . . opo.
.
logica, rappresenta o
t m· modo emblematico
. . .
dal lavoro .
d1 Ernesto de iv1
.
"""'a rt1-. liare di de Martino di parlare della «cns1 contemporanea» legata alla guerra.
degli st udi
no - uno de1. protagonisti , forse il prmc1pale, della rifondazione
. . , ,.
.ali . ali · d econdo dopoguerra. «La nostra c1vilta e m crisi: un mon. Quel che accade è una specie di transfert: la carica emotiva inespres-
SOCI lt aru n s . . .
do accenna ad andare in pezzi, un altro s1 annunzia», scnve nel suo primo sa viene proiettata sull'oggetto, la labilità e la precarietà vissute nel pre-
libro, uscito nd 1941. Allievo di B:~edetto Cro~e: de Martino persegue il sente diventano le costanti essenziali del mondo magico [. .. ] Questo
progetto di una critica in senso stor1c1st~ alla tradiz~one na~uralistica dell'et- transfert fa sì che Il mondo magico costituisca in qualche modo un «ri-
nologia. Il suo primo volume [de Mar~mo 19;1] e una discussione critica scatto della presenza» del mondo occidentale [Cases 1973 , xxv].
di autori e indirizzi classici, da Durkheun a Levy-Bruhl, da Padre Schmidt
all 'antropologia americana, tutti ugualmente colpevoli di naturalizzare i fatti Siamo molto lontani dall'idea della guerra come laboratorio, che aveva
culturali sottraendoli così inesorabilmente alla comprensione dell'intelli- dominato il pensiero positivista. Nel laboratorio la distinzione fra soggetto e
genza storica. Negli anni della guerra, tenta di sviluppare in positivo un oggetto è basilare e assoluta. I contributi dei folkloristi sono fondati su una
approccio storicista a un tema classico dell'antropologia, quello della magia. simile separazione: da un lato gli studiosi, che fanno parte dei ceti dominanti
Il mondo magico, il volume che esce nel 1948, si oppone alle interpretazioni e sono guidati dalla ragione e dal progresso, dall'altro un «popolo» domi-
che vedono nell'illusorietà l'essenza del pensiero magico, commisurandolo nato da una logica culturale arcaica e irrazionale. I primi pensano, gli altri
a una concezione etnocentrica e dogmatica della «realtà». La magia crea vivono.- o ~uoio~o se questo serve alla Patria. Per de Martino la guerra è
piuttosto un suo mondo e una sua realtà, sulla base di un «dramma storico» semmai la distruzione di ogni possibile laboratorio antropologico e della I
fiducia in que1fIpo di ragione
· '
e di progresso. E' la soggettività conoscente \
che le è peculiare: la crisi e il riscatto culturale della «presenza». Presenza è
per de Martino l'unità del Sé, l'autonomia dell'individuo rispetto al mondo che non ~uò essere più la stessa dopo che il mondo è andato in rovina. È con
e agli altri e la capacità di agire attivamente. Questo bene fondamentale, che quest a ci~r~ riflessiva che l'antropologia si presenta alla conclusione della
«guerra civile europea>>- una categona • . f· .
la nostra cultura dà per scontato, è in realtà una formazione storica. C'è stata d E stonogra 1ca di recente riproposta
a. nzo Traverso [2007] , 10rse
r . a mostrare anche sul
d.1scut1'bil e ma utile
un'epoca, quella della magia, in cui la presenza non era garantita e andava
piano cultura! l '
ogni volta difesa e riaffermata dalla comunità e dalla cultura di fronte alle . .d , e, a compattezza del periodo 1914-1945. La fine della guerra
comc1 e cosi con di al
pressioni del «negativo». E anche oggi, in condizioni particolari di incom- contra .. una ra c e cesura epistemologica, che va ben oltre la
ppos1zione fra natural· . . .
benza del negativo (come possono essere quelle della guerra), la presenz~ capit0 li .. ismo e stonc1smo. M1 appresto a esaminarla nei
· cns1 · · e aver bisogno di esser riscattata attraverso l' azio · ne dei successivi a p t" d , l ..
puo' entrare m di Ant001. G . ar Ire a un ango atura specifica, quella del pensiero
0 ramsc1.
riti e dei simboli.
È difficile sottrarsi all'impressione che il «dramma» della presenza per-
·
duta e nconqu1stata · messo in scena nel suo libro abbia a che fare con la tra·
gedia della guerra, con il disfarsi e il rinascere del soggetto occidentale che
essa ha pro dotto. Queilo della magia è un mondo arcaico, ma puo- ripresen· . ·
tarsi n l · . jvaz1on1,
e presente: «m una situazione di particolari sofferenze e pr al1
nel corso
. di un di .
a guerra, una carestia, ecc. l'esserci
. puo, non resistere •gJea
. eccezionale, e puo, qum
tensione . . al d ramma esistenz1 va
. d'1 d'1 nuovo apnrs1
magico» [d M · re osser
e artmo 1948, 156 nota]. Un autorevole commentato
. I , . realta 1espo
Chi par a e in
Gramsci pur
. ( con moto
, , nente principale del tipo di folkloris.rno
1 nspe
. ne filologica con uno
di zJO
.
.
. tto) ritiene superato, e che coniuga l'appr
strumentano teorico ri·
h
ee
oc.
CAPITOW 4
.
cio dassificato~io .
· el'eru . . . .
Toschi pubblicò una srntesi del dibattito ro.rnano 8
li . '30 il . . al
sa-
u
Popolo, popolare, populismo:
Iente all'evoluziomsmo.
«Lares>'., a
I
. . ehe era stata durante g anm
r1V1sta
prrncip e stru.rnento
d . r lkloristi al regime, di supporto del mondo degli studi
il dibattito sul folklore
di avviCJDamento e1 ro . . d 1f . .
. . . t populiste e anumodermste e ascismo e ai suoi usi
alle ideologie razz1s e,
. . chiave di consenso [Cavazza 1987, 116-117). Nel clima
della tra diz10ne in . . .
.mtell ettu a1 e del dopoguerra ' Toschi cerca leg1tt1mazione culturale citando
. .
• p chi· anni prima , mentre Gramsci monva nelle carceri fasciste ,
Gramsa. o
cercava jegl·,...;mazione
,uw
inviando costantemente lettere e dedicando libri a]
Duce. È difficile, naturalmente, formulare giudizi sui comportamenti tenuti
sorto il regime senza contestualizzare. Toschi si proclamerà antifascista a 1. ERNESTO DE MARTINO E IL «DIBATI1TO SUL FOLKLORE»
partire dal '43; e in molti hanno sostenuto l'importanza del suo ruolo di me-
diazione nei confronti dei tentativi fascisti di ideologizzare completamente I Quaderni del carcere sono pubblicati a partire dal 1948; le Osservazioni
l'ambito delle tradizioni popolari (analogamente a quanto era avvenuto in compaiono per la prima volta nel 1950, nel volume dell'edizione tematica
Germania tra il nazismo e la tradizione della Volkskunde). L'autorevolezza togliattiana dedicato a Letteratura e vita nazionale. Già per i primi lettori
accademica avrebbe permesso a Toschi di sfruttare gli spazi concessi dal interessati a1 problema del folklore si apriva un enorme problema: poiché
regime mantenendo al tempo stesso un certo livello di rigore metodologico l'autore dei Quaderni sembrava offrire con una mano allo sguardo antropo-
e di autonomia scientifica. Può darsi. Ma qui il punto è un altro, e cioè con logico ciò che con l'altra toglieva. Il suo impianto legittimava lo studio delle
quanta facilità Gramsci - una volta divenuto di moda tra gli intellettuali- forme della cultura bassa, che non appare più nella forma di superstizioni
potesse esser citato e usato in modo superficiale, senza andare ad intaccare da condannare, né di pittoresche arti minori da esaltare in uno spirito ro-
:e'.am:nt: l'inerzia di tradizioni disciplinari profondamente incistate fl~lle mantico. Si tratta piuttosto di scritti che documentano le condizioni delle
ist1tuz1om e nel senso comune. Toschi e il suo stile folklorico nazionalista tlassi su~~terne_ e illustrano il funzionamento del progetto egemonico; la
ed. estetizzante possono rappresentare un caso limite. . . Ma e, comunqu e ]e-. d~ro anali~i acqmsta significato nel quadro di una più vasta indagine delle
. .
b di . · li studi,
gmimo chiedersi . . . se 1a tanto s an erata rivoluzione gramsciana neg b'.suguaglianze sociali. Gli studi di folklore, da ambito marginale e un po'
antropolog1c1 itali · · · hero izzarro della stona . . . a1
. o d eIl a 1etteratura, avrebbero cosi, potuto msed1ars1
di esa . an_1 c1 sia stata veramente. Nel capitolo seguente cere
mmarne alcuni tratti e momenti. centro stess 0 d 11 d
Gram . e a gran e teoria economico-politica. Eppure, a1 contempo,
lo sci non garantiva affatto l'autonomia disciplinare di tali studi. Il folk.-
re non è inf . 1.
cipi di atti _per ll1 una cultura isolata e compatta governata dai prin-
!{
resid . ~n~ propna specifica storia; è piuttosto un frammentario insieme di
1
scritt~ _ei processi di formazione dell'alta cultura, e non può essere né de-
ne cornpr . d. d ..
Tanto eso In tpen entemente dalla storia dei processi egemonici.
rivendi:en~ rappresenta una sorta di cultura rivoluzionaria da difendere o
. .
are 111 contrapposiz10ne all
e classi dominanti.
POPOLO, POPOLARE, POPULISMO: IL DIBATTITO SUL FOLKLORE 97
, . blema che fin dall'inizio etnologi e folkloristi si s . . empirica mutuati da un folklorista come Van Gennep, egli
E questo I1pro
.
. .
d 1 Osserva-rioni 0oramsc1ane. Ernesto de Martmo, ad esemp·
ono d1. rilevazione
. f r distanziarsi d ali 'lffimagme
· · de1· c1ass1c1
· · raccogliton· d.1 cre-
osu leggen o e ~ • 10, fa Og n1 s orzo pe . . f b il .
P aff t apertamente fin dal 1951, mtervenendo a quella presentazione tiche tradizionali. La magia, il lamento une re e tarantismo
I0 ron a . .h f . denze e pra
. .
1 ali . .
come sistemi cu tur · mtlffiarnente connessi a con 1z1one
. ali d. .
. di Letteratura e vita nazionale cui o atto cenno m conclusione 0
d 1M
romana . . .d gli appa1on . f d. . di
del capitolo precedente [de Martm_o 1951 a; per una smtes1 el dibattito . •aJe delle «plebi rustiche e ezzog1orno», rutto i una stona
es1stenz1 ' , 11 di . . .
• qu ell' occasione v. Toschi. 1951].. La. sua. .lettura a caldo del testo . . alto» e «basso». Non ve nu a mtrmsecarnente «progressivo»
avvenuto rn mtrecc1 tra « . .
. ne coglie soprattutto gli accenti d1 critica al folklore-· quest'ul· . ·. al ontrario, si possono leggere come smtom1 della secolare oppres-
oramsciano messi. e . , , . di li
". . de1·contadini meridionali. E pero 1IDportante stu ar non solo come
umo sarebbe un «ostacolo che deve essere rimosso» di fronte al compito s10ne
di costruzione di una nuova cultura (nazionale) che unifichi intellettuali e elementi costitutivi di una «storia religiosa del Mezzogiorno», ma anche
popolo. «Gramsci respinge nettamen~e l'idoleggia~ento rom~tico ~el po- nella prospettiva della piena inclusione di quei ceti sociali nella «nuova co-
polo, del popolare pittoresco, concezione sostanzialmente reazionaria [. .. ] scienza nazionale» che i movimenti progressisti cercano di costruire.
Il folklore è per Gramsci servitù ideologica, disgregazione culturale, testi- Su questo punto de Martino si sente in quegli anni «circondato» da due
monianza della limitazione umanistica della cultura borghese» [de Martino contrapposti fronti di tensione. Tensione, da un lato, rispetto alle prevalenti
195 la, 88]. Che senso può avere allora una scienza del folklore? Perché inte- politiche del Partito comunista, centrate sul ruolo rivoluzionario della classe
ressarsi al folklore se è solo un residuo disorganico da estirpare? La risposta operaia del Nord e propense a vedere le culture popolari meridionali come
che de Martino propone riguarda il concetto di «folklore progressivo», sul sacche di arretratezza di cui dovremmo semplicemente disfarci. Dall'altro
quale proprio in quegli anni stava lavorando in relazione a una ricerca in lato, un esplicito attacco sulla rilevanza storiografica del «popolo» viene
Emilia-Romagna [de Martino 19516; sulle origini del concetto di folklore mosso da parte crociana, ad opera in particolare dell'allora giovanissimo
progressivo e sul suo radicamento nelle letture di etnologia sovietica ohe de Giuseppe Giarrizzo. Quest'ultimo aveva colto l'occasione di una recen-
Martino conduce in quegli anni si veda Cannarsa 1992]. Nel nuovo c~a sione-stroncatura del testo di Cocchiara sulla Storia del folklore in Euro-
culturale che fa seguito alla Resistenza, con i movimenti dal basso che r~av~ pa [Giarrizzo 1953] per lanciare un attacco piuttosto scomposto all'intero
vicinano intellettuali e popolo, anche il folklore può assumere connotazio~ cam~o ~eg~ studi sulle culture popolari e alla possibilità di una loro auto-
progressiste. Si verifica cioè una creazione dal basso di elementi culturali nonua disciplin G. ·
. are. 1arnzzo parte dal classico assunto crociano per cui del
che «nascono come protesta del popolo contro la sua con diz1one · su_balter- negattvo non · d' · 1
si a stona: e culture folk.loriche, così come quelle «primiti-
na, o che commentano, esprimono . culturalmente, le lorte per em anciparse·. ve», non sono f
nen . orme autonome di creazione, ma semplicemente la «perma-
ne» _[~e M~rtino_ 1_95~a, 89]. Gli esempi che de Mar~ino ri~~rta sonao;:r~ za In aree 1 t ali d . d .
scorn a er ei ru en di uno stadio precedente i quali vengono
nd
trad1Z1onah modificati per esprimere istanze sindacali o politiche, m de· Pongpare [ 0 _quando si fa urgente l'assalto di forme più elevate che si im-
un «folklore della occupazione delle terre o delle fabbriche, un folklo~e- h ano» G1arri 195
ha senso u ~zo 4, 174]. Da ciò si dovrebbe concludere che «non
gl'I scioperi
.
o eg sctoperi a rovescio, un folklore delle gran d.1fes te poliuc e
. d li . st
I singoll no _ udio autonomo di tutto ciò che è popolare» [ibidem, 173].
e segnatamente del primo maggio ... » [ibidem]. . U , tratu folkl · • . . .
D M · · . d. · reress1 e aU interno di d' . ~nci _potrebbero e dovrebbero pmttosto esser studiati
e artmo tuttavia abbandonerà presto questo upo i ID • t· così il c lsciplme già esistenti e basate su categorie storiche universali:
concetto stesso d'1folklore progressivo, . anche attraverso un ,au rOcritica .
piuhe . ' anro popola ,
tosto esplicit [d M • ., f se r1cerc Zioni deU . re sara oggetto della storia della letteratura, le supersti-
a e artmo 1954]. Le sue successive e pm amo g- a storia d li e1· . .
se la prende .e e r ig1oni e così via [Giarrizzo 195 3, 23 3]. Giarrizzo
sulle forme della · d li . . · no non P0 .
. magia e e a religione popolare nel Mezzogior enti todologi d lropno con de Martino, definendolo «uno degli illuminati me-
giano sulla cate · · . ili. do strurll
gona interpretativa di folklore; pur ut zzan e a nuova scienza folklonsuca»; . . e 1o cntica
. . su punti. ehe toccano
POPOLO, POPOLARE, POPULISMO; IL DIBATTTTO SUL FOLKLORE 99
opno . 1. su01. nervi. pm __ seoperti. Evoca la critica che. già[ Croce aveva riVoIto
di Giarrizzo: giacché è chiaro che la concezione del mondo più critica e
ull
al Mondo magico s a storicizzazione delle. categorie
pr . . Croce. 1949] . , e sul!a
autonomia epistemologica . la . nale che le plebi rustiche del Mezzogiorno possiedono solo in nuce e a
pericolosa ten denza demartiniana ad attnbmre di f . . razIO if ·' 11
. dovrebbero un· ormarsi eque a espressa
dall
a élite politico-intellettuale
.
alla magia e pen al siero primitivo. E non manca
l ar
. . riferunento alla d e-
indigesto chiedend . c(_Ul uesto caso dagli organi dirigenti del partito). Resta radicalmente incom-
. .
fimzione gramsc1an . a di folklore come
., agg
. omerato . ' 0s1 mq di d M . h .
reso l'obiettivo e artmo, e e era pmttosto quello di «correggere» la
come s1. possano riportare a umta questi . frammenti
. - se. non separandou1,
naturalisticamente dal processo storico che li ha prodotti; e s~mbra davvero ~a ione progressista fino a ricomprend~re le istanze esistenziali poste dalla
voler provocare de Martino suggerendo che la sua prospettiva finisce per m!gia e dalla religione popolare. In ogni caso, questa critica porta anche Ali-
coincidere con quella della sociologia anglosassone per «l'esaltazione dell' 0_ cata a sottolineare un solo aspetto della definizione gramsciana di folklore,
biettivo, [... ] la certezza di una legge che muove deterministicamente!a quello dell'agglomerato indigesto; da qui tre precetti metodologici che gli
società e che sola dà senso alla sua storia» [Giarrizzo 1954, 172-173]. sembrano scaturire direttamente dal Quaderno 27. In primo luogo, «bisogna
In definitiva, conclude Giarrizzo, neppure il richiamo al «popolo» come
guardarsi dal postulare l'esistenza di un mondo culturale unitario sotto il
forza sociale attiva, e magari molla del mutamento e del progresso, basta a nome generico di "mondo culturale" dei contadini o, peggio, della "società
contadina" meridionale»; secondo, i diversi contesti culturali delle campagne
conferire unità e autonomia alla sua cultura (alle sue concezioni del mondo
e della vita): infatti «quel che muove il proletariato è un appetito fisico e uno meridionali vanno studiati «sempre in rapporto ai legami in cui essi si trova-
no con i mondi culturali "ufficiali"»; terzo, in tali contesti occorre distinguere
slancio vitale, che attende però di tradursi in formula politica e però in fatt@
gli aspetti vivi e morti, positivi e negativi, aiutando i secondi a scomparire e
culturale ad opera di un'élite che ne esprima consapevolmente le esigenze
i primi a progredire «nel quadro di una lotta politico-culturale che non può
"inconsapevoli"» [ibidem, 174]. Ora, è curioso osservare come sul fronte \
non avere il suo centro propulsore nella classe operaia e nella sua dottrina
opposto, quello marxista e materialista, si raggiungessero conclusioni analo-
rivoluzionaria, il marxismo-leninismo» [ibidem, 190-191].
\
ghe. Èil caso di uno dei testi più citati nelle varie ricostruzioni del cosiddetto
«dibattito sul folklore» [Clemente, Meoni e Squillacciotti 1976; Rauty 1976;
Angelini 1977; Pasquinelli 1977], quello dell'intellettuale e dirigente comu-
2. «LO SPROPOSITO DEL FOLKLORE COME SCIENZA
nista Mario Alicata pubblicato su «Cronache meridionali» nel 1954. Si tratt~ AUTONOMA»
principalmente di una presa di distanza dal meridionalismo alla Carlo LeVIil'
ehe m · dugia· eccessivamente su un'immagine arretrata, pnmitiva • · · e immob e
de1Sud e quasi. se ne compiace, ignorando invece i su01. elementi· di moder· .Giarrizzo e Alicata convergono paradossalmente nell'attacco verso una
. .
<'.scienza del folklore», che sembrano interpretare come una forma di popu- I
nizzazione e dinamicità. Se Levi è il principale bersaglio, anche de M~rttnole
llsrno. Conferire autonomia epistemologica alla cultura del popolo significa
'li
·
trascmato • questa polemica: pur facendogli molti complimenti,
m . · Alleata 0·
· deb.ltamente le categorie
relativizz are lil ·
. crociane · la ragione
per il prlillo,
ac cusa di conrenre popolare: c10e «presentare
di certi ·' dietro il pro-
Progressi·st a e il materialismo storico per il secon do. o·1 pm,
e · · . • ,
autonoffila alla magia . J:ni
1 · di · ·
e ementi superstizione propri della "concezione del mon d °
,, d ei conta(Jll" . b
lerna
. co · · • · A
nosc1t1vo se ne nasconde uno politico. utonom1zzar · e il folklore .
men'dionali non m · lotta con gli altri elementi di una "concezwne · dd moniJl
equivale al rifi'uto di riconoscere il ruolo direttivo • dell 'li
e e te, el uniche . m
do" ·, · · • . eppure
piu emica e razionale, già presente oggi nella loro coscienza s ·aJe, d' di e1abarare una cultura organica e una coscienza stanca P
grado · · roduttnce .
forme elemem · · . . di 1or0 congerlldella . . h Ali t il
· lusa la coscienza di classe, c e per ca a popolo poss1e-
an, ma quasi come la manifestazione un di Progres
. so.. lilc
e pur sempre alid . di oscenza
, . v o, strumento di rappresentazione e con d· · . . ed «elementare» e ehe va dunque costruita nelle
e in .tnod 0 so1o liltuttivo
0 . 1. . ( n al popo-
realta» [Alicata l 954, 191 l Posizione radicalmente antipopuliS ta come q sue giu t e
s e rorme dagli intellettuali organici. A questi u umi e no
- ~10~0~(A~Pl~TO'.:'.L0~4~ --------------
----- ----
POPOLO, POPOLARE, POPULISMO: IL DIBATTITO
SUL FOLKLORE 101
i della
il compito di stabili. re che dcosa c'è di positiv 0 e d'1 il Pitrè si tratta pur sempre di isolare i tratti più o meno arcaic
1 ) spetta anche
secondo una conce zione pe
.
agogic a che rirnand al r;:ologia popolare~ ~o~tadina, di des_criverli ~cc~r at~en te, ~ di stabili -
o ste~so e l1d il a e d1 creden ze
. d' d' catena di costurru, d1 pratich .
egauvo nel io ore,
n . ruolo di gw 'da del partito . Qum 1, tetro gesto appare ntellle nte re g1I. anelli successlVl d1 una . ,
storia.
solido d . l . . . Ma, ovviamente, questa succe~s_10ne - ancor~ hé accert ata_ non fa
n 1
ers_ 1~ e~1tt~az1~~e d~ ~ popolo
potreb be n~~co li abbiamo
innocu o del foll<lo rista
iont ribellist e e E non potrà mai farla'. perche 1s?land_o qu~1 ~ratti noi stessi
. . .plin ato, dominato da appetl
mdisc1 . tl e slane1 . vitali, da mtwz messi per sempre fuon dell~ stona , e ncacci au e perdut i nella gran notte
1onal e.
. d forme di coscienza
spontaneiste, a o·preraz
. . . . h ..J:c d della «preistoria» [de Martm o 1955a , 221-22 2]. I
come 1,etnograf"ta e, una «tecnica di raccolta» [de· Martino h 195 3 a, 206]. Dun·
3
_L'INTERPRETAZIONE DEMO LOGICA DI GRAMSCI
.
que strumenti tecmc1 1 re . • d. perimento delle fonti. c e non producono
. di per
se, comprensione
' . . e che rispetto alla stona
stanca, , (o
, alla scienza) si trovan o Abbiamo dunque visto come il dibattito successivo alla pubblicazione
dei. Quaderni si concentri sul dilemma dell'autonomia del folklore. Gramsci
.m una pos1z10ne. . an ciliare [Clemente. 1985).. E cosi che
. la documentazione
.. , tili"zzata nelle sue ricerche m Lucama e Salento: anche nel . il tema del folklore, invita a considerarlo come «una cosa seria» e
empmca sara u . . . . h · · valorizza d . d'al gli .
pm• , ..i: lkl ·
«10 onco»
dei· suoi libn ' Sud e magza, . . c e .poggia
, . m buona
. , su
, parte • al campo un enso spessore teonco; tra parte, per stessi
con fensce . . . . . .
. •
rilevaz1om scon di gi·uri , formule ' forme di
. . ntual1ta cenmoruale,
. . 1 autore s,· osti della sua visione di un domm10 di classe che s1 esercita attraver-
presupp l , .d .
•
pone nso utam1 ente al di fuori della tradizione folklonca
. . e piuttosto dentro la roduzione egemonica, non o puo consi erare come un oggetto uru•
un'idea di storiografia. Nelle sue opere magg1on sembra anche allor,itanarsi so · P eparabile» da altri momenti"dll e a cul tura e fondattvo
· di una sc1en- .
tano, «s
da Gramsci, poiché lo cita assai raramente. Tuttavia resta in quei lavori una
za au ton Orna • Molti commentatori sia crociani che marxisti non sembrano
fondamentale coerenza con l'interpretazione dello storicismo gramsciano comprendere fino in fondo la tensione teorica che G~amsci po~e tra questi
maturata nel «dibattito sul folklore» dei primi anni '50. Il punto fermo è due aspetti: sottolineano il secondo e lo usano per dismettere il folklore (o
appunto il rifiuto di «isolare» una sci_enza del folklore ~a una _compr:nsione almeno i suoi aspetti «negativi», considerati cioè negativi dalla prospettiva
più ampia delle dinamiche sociali; di se~arare lo _st_u~o degli as~etu.subal- di una razionalità assoluta, estranea al «popolo» stesso). Contro le intenzio- I
I
terni della cultura da quello dei processi egemoruc1. S1 tratta, scnveva nella
ni gramsciane, tornano a considerarlo come una sorta di relitto evolutivo,
risposta a Giarrizzo e Alicata, di «saggiare il processo di espansione delle
residuo di inciviltà di cui occorre semplicemente disfarsi il prima possibile.
forme egemoniche di cultura nelle classi popolari, esplorando il modo con
De Martino, al contrario, fonda proprio su questa irriducibile tensione il suo
cui queste forme hanno cercato di fondare una unità complessa e ricca di
progetto di etnografia e storia religiosa del Mezzogiorno. La sua soluzione,
sfumature col mondo contadino» [de Martino 1955 a, 223 J. Il che rappre-
come abbiamo visto, sta nel valorizzare i temi della cultura popolare nel
senta, per l'appunto, il programma di lavoro della trilogia meridion~sta.
quadro di un ampliamento della coscienza storiografica dell'Occidente (e
Nella ricerca sul pianto rituale come in quelle sulla magia e sul tarantismo,
di una visione più ampia della stessa ragione progressista ed emancipativa):
de Martino tratta il materiale popolare non come unità autonoma m~ _nella
alla condizione, tuttavia, di strappare tali temi dalla tradizione naturalistica
sua costante interazione storica con le categorie egemoniche e con gli mtel-
degli studi folklorici. Di questi ultimi non solo non riconosce l'autonomia,
lettuali (religiosi medici scrittori) che di tale interazione sono stati pr~ta·
' '
gonisti; e resta convinto che non possiamo comprendere questi enomen e·
f: 1 se considerandola «uno sproposito»: di più, ritiene che rappresentino l'altra
· d aila po1emica · ant1mag1ca
· · e antmtu · · alist a che le culture faccia del processo che ha posto la cultura popolare «fuori dalla storia». Il
non a partire . eg e
.
mom occ1 ent "d ali h 1 il
anno a ungo sv uppato. 10 con uc e·, d e a pensarli
. com"ali e folklore è un agglomerato di avanzi di cui non si può fare storia? Sì, argo-
fenomeni moderni, frutto cioè di un rapporto costante tra classi soc~ e menta de Martino, ma solo perché questi avanzi sono stati da noi «isolati dal
livelli culturali (laddove sia Giarrizzo che Alicata non riescono a immagmar plesso storico concreto,[ ... ] fermandoli e irrigidendoli in semplici "avanzi"
0
la cultura popolare se non come relitto o sopravvivenza del passato). "re~ist enze passive", incapaci di qualsiasi movimento dialettico, e or~~i
Pronti per gli entusiasmi romantici e per le minute industrie degli erod1 t1»
[de M · di
:h~ artmo 19556, 227-228]. Un altro modo per dire che la postura eru ta
_vagheggia il popolo e colleziona i tratti della sua cultura ha la stessa
d:gine ~ quell'esercizio del potere che lo opprime e lo esclude. Per queS!O,
Martino cerca di rifondare una pratica di studi sulla cultura popolare
104 CAPITOLO 4 POPOLO, POPOLARE, POPULISMO: IL DIBATTITO SUL FOLKLORE 105
L I
I
106 CAPITOLO 4 POPOLO, POPOLARE, POPULISMO: IL DIBATTITO SUL FOLKLORE 107
ni popolari (fondatore fra l'altro della rivista «La Lapa»), Cirese si il ciali, anche se umilissime, di cui il coacervo culturale preso di volta in
. d' . . co oca
tuttavia sul versante gramsciano i un mteresse «unpegnato» per 1 I . volta in esame costit~i~ce il «~odo ~i vedere e di operare». E perciò
, . 1 . . e cassi
subalterne. A trent anru, ne ~9?1 , era mte1:7enuto_ n~l «dibattito sul follt. al giudizio sulle quahta fo~mah o sw contenuti di quegli agglomerati
l
lore» con un articolo sul quotidiano del Partito socialista, dal titolo Il vogo si accompagna la constatazione che quella determinata «compresenza»
. d d . .. di elementi culturali, qu_ale ne sia l'~rigine, o il livello, costituisce il pa-
protagonista. Qw pren eva ecisamente una posizione «populista» t
. . . . ull ul , a tac. trimonio intellettuale d1 un determmato gruppo sociale, che lo vive e
ili
cando i giudizi troppo um1n1stici s a c tura popolare come arret
' ., . rata ne fruisce dall'interno non avvertendone la contraddittorietà, 0 almeno
e disorganica. Riven di cava l autonoma capacita creativa del proletariato
non avvertendola nei modi che sono propri a chi guardi dall'esterno.
affermando che «il mondo del folklore non è la degradazione del mond~ Così ogni combinazione di elementi culturali che formi il portato di un
egemonico: è un mondo cresciuto su sé stesso con movimenti che hanno gruppo sociale comunque identificabile viene a costituire una sorta di
fisionomia propria, anche se sino ad oggi tale fisionomia è stata condiziolil. ata «unità di fatto», che può essere guardata dal punto di vista del gruppo
in vario modo dalla pressione economica politica culturale delle classi ege- che vi si riconosce e che dunque può essere legittimamente chiamata
moniche» [Cirese 1951, 3]. Un «mondo cresciuto su sé stesso»: cioè una cul- «concezione del mondo», perché, pur non essendolo per noi, tale essa è
tura, nel senso antropologico del termine. Ma Cirese si rende conto che una per altri [Cirese 1970, 103].
I
simile interpretazione deve fare i conti con le tensioni del testo gramsciano:
come trasformare in una cultura l' «agglomerato indigesto»? La sua risposta Unità di fatto: ciò che appare come agglomerato indigesto all'intellet-
è elaborata nell'intervento a un convegno cagliaritano di studi gramsciani tuale che lo osserva dall'esterno, è invece unità organica per chi ci vive den-
del 1967. Sulla base di un'attenta analisi delle occorrenze del concetto di tro. E in questo modo l'antropologia, col suo sguardo del nativo, ha il diritto
folklore nei Quaderni, Cirese riconosce l'irriducibilità di una tensione fra di studiarlo. In questo senso Cirese può scrivere che «Gramsci opera dun- \
accezioni positive e negative del termine: insieme disorganico e residuale di que la legittimazione di un oggetto e di un settore di studi sulla base di una
cui disfarsi nel processo emancipativo, ma anche forma di resistenza alla cul- definizione dell'oggetto stesso» [ibidem, 69]. Affermazione perentoria che
tura dominante. La via d'uscita non consiste per lui nell'idea di un carattere si allontana decisamente dalla lettura demartiniana.
progressivo o (diversamente da Lombardi Satriani) di una implicita natura
contestativa del folklore: piuttosto, nel fatto che Gramsci usi spesso il tenni·
4. JEANS RODEO E JAMES BOND: DOVE SI INCEPPA L'IMPIANTO
ne associandolo all'espressione «concezione del mondo». Ora, nei Quaderni
tale espressione è non di rado usata anche a proposito delle prospettive filo· TEORICO DELLA DEMOLOGIA
sofiche (e infatti il folklore è definito «filosofia spontanea») e persino della
~osofi~ della praxis, che evidentemente rappresenta per il pensatore sar~o il Su questo punto Cirese torna pochi anni dopo nel suo testo più celebre,
il massimo grado di organicità della cultura. Non vi è allora un'essenza in manuale Cultura egemonz'ca e culture subalterne, vero e proprio manifesto
e~~ t d i una demologia che, fin dal titolo, vuole presentarsi. come
°
c~~u~e fra questi livelli? E qui Cirese vede emergere in Gramsci qualcosa . en
gramsciana . . suIla demarcaz1one
· An ch e qw. l' autore ms1ste
. dell' oggetto d1·
di simile a un concetto di cultura in senso socioantropologico. Leggiamo per stdi
esteso la pagina cruciale del saggio: ?
u . come fondativa della disciplina: «gli studi demologici - scrive - tra
tutti 1com . . ili h
h Portamenti e le concezioni culturali isolano e studiano que c e
anno un 0 u· ' . di
Cosl l'impiego che Gramsci fa della nozione di concezione del mo~- st' spec 1co legame di "solidarietà" con il "popolo" (m quanto ·
· di conti· lllto dall " 'li " . d'
• • «spontanee» viene
do, almeno quando si· tratti· di conceziom recup e e te )» [Cirese 197 3 , 13] · Una definizione che gli consente 1.
· · ni so·
' s1tuazJO
nuo appoggiar0 a una f'ltta rete di richiami alle concrete erare tutta la storia degli studi folklorici in una cornice unitaria, dagli
POPOLO, POPOLARE, POPULISMO: IL DIBATTITO SUL FOLKLORE 109
!10~8~(~A~PITO~L0~4~- - - - - - - - - - - - - - - - - - - - -
. .. . . . omantici fino alla «nuova tematica sociocultui·al d si trova più a coincidere con contesti di compatto isolamento geografico,
mdinzzi anuquari e r . .. e» eJ
E, vero che i precursori utilizzavano una nozion . unicativo e culturale? Cosa accade quando i gruppi subalterni non vivo-
secon do dopoguerra. . , e lna- com di . ff' .
»· ma il loro lavoro documentano puo ugualmente es iù in regimi · quas1-autosu 1c1enza materiale e culturale (producendo
deguata di «po Polo · . , sere 0
. b
nassor ito . all'rn· terno del nuovo paradigma. Tanto che,
. nell architettura del ~a ~é il proprio cibo, i propri abiti e mobili, i propri divertimenti, i propri
volume, Cirese ricostruisce una fondame~tale cont~nuità fra la tradizione canti e racconti ecc.), non sono dunque più immersi in una cultura propria e
di studi filologici sul canto popolare e le r~c_erch~ d1 _de Martino _ proprio distintiva? È ancora possibile mantenere la finzione di una cultura popolare
la continuità che quest'ultimo voleva a tutti i costi evitare. Ne esce l'idea di da descrivere come unità di fatto antropologica?
demologia come scienza che assume a proprio oggetto, sia pure sulla base Il paradosso è che la demologia si costituisce e si istituzionalizza proprio
di un approccio teorico radicalmente rinnovato, un repertorio classico di nel bel mezzo di questo processo, cioè nel momento in cui il suo oggetto
tratti culturali: quelli della vita contadina che già i primi folkloristi ave~ano classico scompare. Nell'Italia degli anni '70 la classe subalterna è soprattutto
«.ritagliato» e classificato in generi (canti, fiabe, proverbi, riti e credenze, usi quella operaia, la cui vita culturale consiste principalmente nel consumo dei
e costwni ecc.), e che ora possiamo rileggere come «unità culturali di fatto» beni di massa. Se i contadini si ritrovavano a veglia nella stalla a celebrare
prodotte dal relativo isolamento sociale ed esistenziale dei ceti subalterni il loro repertorio di canti, fiabe e proverbi, per la felicità del folklorista, gli
rurali. operai vanno allo stadio, ascoltano i dischi, guardano la televisione, compra-
In effetti, in relazione al mondo contadino la «demologizzazionè» di no abiti preconfezionati e oggetti di plastica al supermercato. Dove finisce
Gramsci che Cirese propone sembra funzionare. Funziona come un •èaso allora la peculiarità differenziale delle culture subalterne? Che ne è della
speciale, diciamo, dei rapporti tra egemonia e subalternità: l'isolamento «diversità culturale che accompagna o corrisponde alla diversità sociale»?
(territoriale, comunicativo, sociale) dovuto alle condizioni materiali di vita Di fronte a questo problema, ci sono due risposte possibili. La prima
ritaglia «unità di fatto» antropologiche che possono essere documentate in è lo sviluppo di una critica della cultura di massa, nel senso francofortese
modo separato rispetto ai processi dell'alta cultura. È vero che fra le due (o pasoliniano, potremmo forse dire per l'Italia) . La seconda è una etno-
sfere filtrano contenuti, ma questi sono concettualizzati in termini di circo- grafia della cultura di massa, che ne studi le modalità di consumo da parte
lazione ascendente o discendente o di sincretismi: casi speciali, insomma, di diversi soggetti sociali e i significati che per essi acquisisce. Nel primo
senza che la fondamentale unità antropologica delle «due culture» ne sia c~so, la cultura di massa è vista come uno strumento egemonico di straor-
intaccata. Una obiezione possibile a questa visione riguarda il fatto che la dinaria potenza che non produce differenze ma le cancella: si impone senza
stessa idea di isolamento di una Gemeinscha/t contadina è in buona misura me~azione ai soggetti subalterni, plasmandone la coscienza e ottundendo-
una costruzione degli stessi intellettuali che producono un discorso sul «~o- n~ tn modo permanente le potenzialità critiche. È una modalità di domi -
polo». Se l'ideale comunità rurale chiusa e autosufficiente non è mai esiSt1ta: lllo perfetta, che non ha più bisogno di ricorrere alla mediazione faticosa
ciò no_n sigm· ·t·ica pero, che non si possa parlare - come fanno sia · Gramso1. . ~ complessa degli intellettuali (sostituendo anzi gli intellettuali classici con
1
Ptotag onistr· · d eI mondo dell'intrattenimento) . E' lo strumento pop ul'1sta
che Cirese - di condizioni storiche di relativo isolamento: ad esempi@ w
rif · nei· viliaggi•di montagna o nei. poden. mezzad rili. ' caratte·
. erirnen to all a VIta .. • ~er eccellenza, poiché si appella ai desideri del popolo (plasmati peraltro
rizzata da un · · . . . ,d ndiz1onl a Propagand a e persuasione occulta) per tenerlo in con d 1z1001 ' · · sempre Più
. onzzonte es1stenz1ale decisamente ristretto, c10e a co . • strette di .
stoncamente det ermmate · d. alf . ili. , t ema ]imi·
1 an abeusmo di scarsa mah ta, es r h il controllo, alienazione, falsa coscienza. Nel secondo caso, rnvece,
tatezza dei medi · •• ' · altro: c e consumo
e d. . di massa non e, considerato come una pratica · puran1en te passiva
a comumcatlVl e così via. Il problema è semmai un • . I Imp · · ·
cosa accade all • , d. f 1•· dustrta s osizione dall 'alto. I significati delle pratiche di consumo, pmttoSta,
. e «unna I atto» quando, con l'urbanizzazione e ID
· cul tural'1 e al posizio-
lizzaz1one il m d balt rna no11 ono costant emente negoziati . rispetto alle categone
' ° d.
on conta mo si disgrega, e la condizione su e
POPOLO, POPOLARE, POPULISMO: Il DIBATT
-----
111'~0~(~AP~IT~O::L0~4~ - - - - - - - ITO SUL FOLKLORE 111
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:__
.
G li auton ve d ono m· tutto ciò una forma di «grottes ca mescolan
d . dell ocietà dei consumi vengono gettati nel mondo rnza»,' in
. . . dei metodi docume ntari e delle strategie espositive (nei musei, ad
. . sul pian 0
cut «i pro otu as . . ag1c · ) Nondim eno, l' am b.lto di stu di eh e così si configura sembra aver
che fagocitati come corpi estranei , senza essere 0' esempio .
dal qu al e vengon O an il l . . ai contatto con 1a problematica . f .
ondattva della demologia: .
. il . . tegrati» [ibidem 146]. Prevale ne a oro vtsione la preoPerò
assun au o ID
erso orm . vale a
Pd. l' rticolazione del rapporto egemom co-subal terno, la corrispo ndenza
1 . .
'. . . ccu.
.
pazione per 1,.mvadenza impenali I differenze sociali. e queile cul tur ali .
sttca Ife a
. . . . della cu tura di massa . . , ' che att acca
. hia di ero dere il patnmoruo di differenze e autentic ita rapprese
e nsc . . . . . . ntato tra ~o cercato dunque di mostrar e il parados so di una disciplina che ab-
_ in questo caso_ dai riti magico-relig10si tr~dizional1. Ed è proprio questa
b donava Gramsc i nel momen to stesso in cui lo innalzava a proprio pro-
preoccupazione _(m_o~to fr~cofor tese, assai p_oco gram_sci~na:. che li por.
a;ore totemico. Ho anche suggerit o che tale paradosso possa in qualche
ta a ignorare il significato di queste penetran ti osservaz iom. Lingresso dei te
modo avere a che fare con 1a categon·a di pop ulismo cul turale. Nei dibattiti
·eans Rodeo O dei cappellini diJames Bond è forse l'aspetto più interessante
degli anni '50, de Martino (e con lui il giovane Cirese) rivendicava un certo
~el resoconto etnografico: mostra la capacità del rito di integrare nel suo
grado di autonom ia cultural e del popolo: o, almeno, la non completa ridu-
macchinario generativo sempre nuove risorse (e del resto, come già aveva.
cibilità del folklore alle categori e egemon iche. Lo rivendicava sia contro i
no mostrato de Martino [1961] per il tarantism o e Brelich [1953-54] per il
crociani che contro i marxisti , portator i entramb i di una posizione «elitista»
pellegrinaggio a Vallepietra, la forma «tradizi onale» è già il risultato di un
che vede il folklore come un inerte deposito di rifiuti della storia. È vero
costante processo storico di ibridazione, di «grottes che mescolanze»). Da
che il marxismo intendev a porsi dalla parte del popolo e contro le élite: ma
notare che l'estraneità radicale di questi oggetti cultural i (i jeans di marca
sul piano culturale il popolo interess ava solo nella misura in cui si adeguava
e il tarantismo, il berrettino pubblici tario e la processi one) è percepita solo
alla filosofia della storia progres sista incarnat a dalla dottrina del partito.
dagli osservatori, non certo dagli attori sociali: e rimanda all'idea dei due
Tutto il resto (il «folklor e») è residuo da eliminar e, che esiste come prodotto
«mondi» o delle due culture separate, mai veramen te integrab ili, e che inve·
di falsa coscienza, di copertu ra ideologi ca dei meccanismi del dominio. La
ce nell'ottica gramsciana non possono che integrar si costante mente, seppu-
consapevolezza critica del dominio può essere elaborat a solo dagli intellet-
re - appunto - in un agglomerato indigest o.
tuali: sarebbe inutile chiederl a al popolo, che può semmai attingerla solo sul
piano intuitivo, come una sorta di coscienz a di classe affettiva, che deve però
- ed~cato dal <<babbo» - trasform are in corretta dottrina .
5. ELITISMO E POPULISMO CULTURALE . E_evidente che tutto l'impian to gramsci ano si allontana da una simile
ideadifal
L . . saco scienza, · 1egata agli approcc i· eh e G ramsci· chi
ama economic·1st1.
· ·
Credo che questa postura epistem ologica rappres enti una con~rad~i: a. visione del m on d o di partico · 1an· segment i· popol an· '
· · al aff
e sempre rontata
z10ne 1nterna meccanismo demoloo ico che lo mette b en pres to in cr1s1 gli neillQuaderni come frutto di specific he dinamic he di egemonia e conflitto ,
b '
portando a un progressivo inaridim ento della disciplin a: anzi, per ~e I0 ne e a1· ·
I qu i si assume la piena coscienz a o razionalità del «popolo». Basta ri-
di re, all ,abb an d ono della stessa denomin 0
azione (di cui· oggi· resta traccia so eggere una delle
Pulis . . pagme· m · cw· G
ramsci· affronta d.irettame nte il tema d ~l po-
ne Ila lettera D del settore disciplin are M-DEA /01, «Discip . . lin d rnoetno·
e e. _ lll _rno politico: quella delle note su Machiav elli dedicata al boulangi
· h smo,
antropo logic e») e alla sua trasform azione in qualcos a di moto 1 diversodi figovl!l1ento
f frane ese d.i f' '8 d . masse popol .
, 1 . del patrimo me 00 ove ampie an sostengo no una
nio culturale . La scelta di esc1u d ere 1a cultura
un antropo ogia ura orte h ·
. della Po stesso lic· e si contrap pone all' establishment ma rapprese nta, al tem-
mass dal
a ·
propno campo non poteva che porre al centro il rep ertorio reo:
. .
tratt il 'g interessi di una compon ente della classe domman . .
t d. · te. Gramsci
« ra iztone». Un repertor io assunto in modo tutt'altr o che mgen · uo ce cioè~ caso proprio nel contesto di una critica serrata all' «economismo»:
·d f'. ·cato
consi erato nella sua costante risignificazione e trattato in mo d O so 1st1 a teo d enza ad assolutiz zare gli «interes si oggettivi» considerando «la
114 CAPITOLO 4
POPOLO, POPOLARE, POPULISMO: IL DIBATTITO SUL FOLKLORE 115
_ _ _ _ _ _ _ _____
~6._!D~A~P~~S~O~Ll~NI~A~B~E~RL~U:.:.SC.:._O_NI . minentemente borghesi le tendenze romantiche, dla bohème, le
. cui sono e . .. . .
1Il d'
guar te · ) Lontano dal fuggire la sua condlZ!one o «pre estmaz10ne».
. . Più pasoliniana . , gramsciana.
che . degli Scritt1.
L'autore avanh ome pretende di fare, Pasolini ne applica in modo estremo i re- d
È una pos1z1one . .d. , borg ese, c
. con Ia massima mtens1ta e luci· 1ta
corsari.espnme 1 questa
· difesa del.popolo . . .. ompe il conformismo e infrange le regole per sottrarsi a un mon o
qu1s1t1. r .. d l . h . .
contro il popo1o stes , so trasformato dalla «nvo uz10ne
. antropologica»
. dei culturale al quale si stanno avvtcman o masse popo an c e ne mmacciano
.
consumtsmo m una. piccola borohesia
i:,
conservatnce
• •
e conformista.
• •
Ciò
•
che l'esclusività. . , ., . . .
· 0 sullo sfondo Pasolim lo porta esplicitamente
1. demo1og1· 1ascian . . , tn .primo
. Gli Scritti corsari sono forse 1opera pm radicalmente anupopulista che
. rt.
piano - a pa tr e proprio da un confronto con Gramsci,
. h h applicabile
non pm la letteratura italiana abbia mai prodotto. Certo, Pasolini era interessato al
in virtù dell'omologazione culturale del consumismo c e a cancellato le «popolare» nel senso antropologico del termine, . .e accentuava il suo caratte-
precedenti differenze. Scrive ad esempio: di cultura per certi versi incommensurabile nspetto a quella «moderna»
I
:\borghese» (fra l'altro, era stato egli stesso curatore di un'antologia di I
Ja vecchia cultura di classe (con le sue divisioni nette: cultura della classe oesia popolare). E anelava a quella «alterità ontologica», a «quel qualco-
dominata, 0 popolare, cultura della classe dominante, _o borghe_se, cul- ~a di "corporalmente" diverso [ ... ] che definisce una persona del popolo»
tura delle élite) è stata sostituita da una nuova cultura mterclass1sta che [Pasolini 2007, 222; cfr. Sobrero 2015] . Solo che nel mondo in cui le lucciole
si esprime attraverso il modo di essere degli italiani, attraverso la loro erano scomparse, e che aveva attraversato la «rivoluzione antropologica»
nuova qualità di vita [Pasolini 2007, 56].
del consumismo, questo popolo aveva subito una metamorfosi radicale: di
fatto, non esisteva più nel momento stesso in cui Pasolini scriveva. Emerge
Questa «nuova cultura interclassista» è legata a sua vo~t~ a ~ <~nuovo
qui una teoria molto forte - anche se vaga ed estetizzante - del potere e dei
potere che mi è difficile definire: ma di cui sono certo che e il p~u- vtole~to
rapporti tra le classi, che si pone in implicito dialogo con Gramsci. Il nuovo
e totalitario che ci sia mai stato» [ibidem, 58]. Più il popolo ne e mvesuto,
potere, «il più violento e totalitario che ci sia mai stato», ha l'effetto di can-
più subisce una mostruosa trasformazione che lo allontana dalla bellezza e
cellare la classica relazione o dialettica tra cultura egemonica e subalterna.
dalla purezza. Ciò porta Pasolini a disprezzare e ad accusare in primo l~ogo
proprio quegli elementi di «progresso» ed «emancipazione» che le da_:
polari vanno ricercando ed ottenendo in quegli anni: dagli agi mat:rtfi e~
r In definitiva, dunque, il popolare è una cultura residuale, che resiste solo in
pochi angoli ancora non raggiunti dalla «nuova cultura interclassista», dalla
50 quale è inesorabilmente contaminato. Queste riflessioni fanno parte di una
brutti appartamenti suburbani all'istruzione di massa, dallo stipendi o l 5 .
. . . . . . . . odo 0 g1co recensione (uscita per «Il Tempo» nel 1974) a un libro di scrittura popolare,
una partecipazione democratica d1 superficie. Il pos1Z1ona~:nto s . al del-
Avventure di guerra e di pace di F. De Gaetano. Si tratta delle memorie di guer-
di Pasolini è molto complesso. Da un lato si pone come crttlco radi~ e rrna
lo stile «borghese», da cui dice di esser fuggito «trasgredendo og~ no he
ra ~~ contadino beneventano, che affascinano Pasolini per la tensione fra
.
. . e g1ungen do così a fare esperienza - corporea ancor prlffla e il un asptrazione «borghese» dell'autore, che si esprime attraverso la scrittura, e
e 1lffiJte»; un contenuto h . 1m d . .
·mte11ettuale - di quel mondo popolare «che si estende sconfmato sotto ra r 6. c e resta mconsapevo ente a erente a un piano mcommensu-
stu a ~e, quello «popolare», e vanifica quelle stesse pretese. Pasolini considera
livello della cultura borghese» [ibidem, 221 -222]. Attraverso queS ta po la Pro1ondam . . ' h .
. d di . . . ali f risuonare
ll'~tro se ente poetico lo sguardo ingenuo e spontaneo dell autore, c e quasi
tnten e st1nguers1 dagli altri scrittori italiani, verso 1 qu a nza voleriO .d. li il h. d
st <<co l rt ico zza le istituzioni borghesi, la guerra, vece 10 man o
essa polemica gramsciana di scarsa vicinanza alla gente comune. Da f nda· il ·· 1 o
0
lato, tuttavia, è chiaro che questa sua scelta distintiva è a sua volta pro 13], esiand al sua violenza feroce e 1·diota». Ma, come per romant1c1smo, a P ~
0 illal e Popolare è inconsapevole - c'è indipendentemente dall'autore, anzi
mente «borghese» ed elitista (nel senso ben mostrato da Bourd'teu [2 g~dol~ . · ·,
' Utore stesso. Pasolini infatti loda l'autore (aoè la soggett1V1ta 0
p
I
118 CAPITOLO 4 POPOLO, POPOLARE, POPULISMO: IL DIBATTITO SUL FOLKLORE 119
lo «sguardo» popolare in~critto nel testo)_ ma è sar:astico verso lo scrittore il nelle frequentissime citazioni di questa poesia, che Pasolini tiene
De Gaetano reale: «nel vivere e nello scrivere, egli ha accettato gli sch .' . spesso, . . hi dall
. . .. . .. d enu di b ferme le posiziom su e sta a parte della ragione (il movimento), e
comportamento e i canoru retorici 111hllt1 111 un mon o a livello infinit
. di li li . . al li atnente e~~dalla parte del torto (la polizia).
più alto, ed è anche conVInto aver app catl; 111 re tà · ha vanificati co
_[ "al " . , 'al nun
contenuto penettam~te tr~,, c1oe_ap~art~ente ~ un tra cultura. Quella A Valle Giulia, ieri, si è così avuto un frammento
che oggi l'acculturazione del pm totalitario dei Poteri sta distruggendo». Ela di lotta di classe: e voi, amici (benché dalla parte
chiusura del testo è sferzante: «Non è nemmeno pensabile che gli stessi nipoti della ragione) eravate i ricchi,
ventenni di Francesco De Gaetano, ormai "acculturati", e perciò veri servi del mentre i poliziotti (che erano dalla parte
potere, possano più essere come lui» [ibidem, 215]. del torto) erano i poveri [ibidem].
Dunque, Pasolini apprezza la «vera» anima popolare di De Gaetano
ma non i suoi tentativi di conseguire - per sé e per i suoi nipoti- una cultur~ Ed è questo che rende il paradosso del populismo irrisolvibile. La de-
diversa, che vede come più alta, o anche solo un modo di vita migliore, meno mologia ci è transitata dentro finendo - come ho cercato di mostrare - per /
duro, meno povero, più «acculturato». In tutta l'opera di Pasolini, del resto, perdersi. Forse ritrovare una strada per la demologia non è problema tanto I
la verità e la bellezza si nascondono negli anfratti culturali arcaici, marginali diverso dall'orientarsi nel fenomeno politico del cosiddetto populismo con- l
o devianti; mentre nessuna pietas storica è concessa a quelle masse di operai temporaneo, caratterizzato da una sorta di «gentrificazione» dei tradizionali
e contadini inurbati che cercano una vita migliore negli appartamenti di pe- partiti progressisti e dall'appoggio dei ceti subalterni a movimenti conserva-
riferia con acqua e riscaldamento, nei mobili di plastica, nei cibi inscatolati, tori e talvolta decisamente autoritari e sciovinisti. Le élite, ancora una volta,
nelle notizie e negli spettacoli della televisione, nella possibilità di mandare i combattono per gli interessi del popolo ma contro il popolo. Il che conduce
figli a scuola e magari i nipoti all'Università. Queste masse anelano, da molto a tutto un repertorio di argomenti già ben noto nella storia degli studi sulle
lontano, a quella condizione da cui Pasolini dice di esser fuggito trasgreden- culture subalterne: l'affettività e l'irrazionalità delle risposte popolari, gli
do ogni regola: per lui questa scelta suscita solo disgusto estetico e accuse di appelli «alla pancia della gente», il ruolo dell'indottrinamento (televisivo,
«servitù al potere». Ma cosa c'è di più elitista, e dunque di più «borghes~, ad esempio), e così via [cfr. Taguieff 2006] . Solo una qualche forma di falsa
di questo atteggiamento? Altro che fuggire dalla borghesia: Pasolini compie coscienza potrebbe spiegare questo divario fra il popolo ideale e il popolo
in realtà le scelte distintive più estreme che la sua condizione gli impone: real~. Le paure e le preoccupazioni di quest'ultimo sarebbero sfruttate e
Come già osservato, fugge sdegnosamente da un mondo culturale al quale si m~ mdirizzate da abili demagoghi (sempre perché il popolo «sente» e non
. .
de così con lezioni di· antirazzismo, . .
di valon. c1VI-
st anno pericolosamente approssimando masse che non erano prima neppu· . . · Ad
liragiona) . esse si. nspon
re in grado di percepirlo. , di ideali dem ocrauci; ·
· · e si· contmua ·
a ritenere ·
mcomprens1'bile pereh,e il
La poetica pasoliniana rappresenta il momento estremo di un elitismo Popolo .
non v t' . .
0 1 a smistra. All d . d 1 . .
o stesso mo o, i emo ogi contlnuano a non
h di ue· 1
c e usa la cultura popolare per tenere lontano il popolo. Del resto q capue
I . c e e masse preferiscano le soap operas alle fiabe tra z1on al'1, o
per h ' di ·
sto para dosso p asolini' era perfettamente consapevole e 1o m · divi'duava con· a musica p al · · di
lem . op repertorio folklorico contadino. Questi due aspettl - 1 ·
chiarezza anche sul lato opposto come mostra la celebre ' poesia • sugli scontri·
0 e1
rnli del populismo politico e di quello culturale - sono parti di uno stesso
' Prob ema?
sessantotteschi di Valle Giulia - con i figli della borghesia che conte5tan .
proletari-poliziotti che difendono l'ordine costituito [Pasolini 1968 ). oun Si Potrebb e a1meno osservare che la progressiva
ed ll'· · eclissi· dell a demologia.
que, con il domm· 1·0 di casse neila poss1'bili'ta, di assumere ·ca
un
l che s1. manuesta
: i:
di e In~eresse per il popolare, verso la fine del '900, ha coinciso con l'avvio
atteggiamento . l . . . . dimenU · trasformazione in senso «populista» dell a vita
una sistematica ·
· poli uca.
nvo uzionano m nome del «popolo». Anche se si
120 CAPITOLO 4
. . . .
.
di «berlusconismo», dal momento ch e Silv10 Berlusconi ne e'
importante e p1omenst1co fautore , ma che ha progressivamente . . ~iu
. I . I ali
a catego ·
. ria
stato li •,
h·
. . li il libro erorn1sce . zione dell. 'oggetto ' nonc e
. • definizione e .delimita
. 8 nni '70 e primi anni '80, del· resto, lil'antrop ologia italiana individua
d1sc1p na teoria .. Q)· ~roria degli studi precede nti (parte A)· ;"" Tra fine I · ' N sono testimon·
(parte ' - , . •.. ,u.ne, pecu anta. e . i i due
· d ti
ton amen · . 11rt rezzi. merodolog ica (parte. B) . Tutto e costruito in una cor. ella prospe ttiva marxista a. propria .
des.:li . .
la stona degli studi. come .un'. evoluz ·on, n . di «Problemi del soc1al1smo» che escono nel 1979 col utolo·a1·Orien-
cas~etta , . . il libro traccia · · (« P ro bi emi. deI soci ismo»
· 1tant
· · tla
togzct
· ro~ress1sta». . 1 volumi e studi .antropo
«p •arrraverso v,ari ,gradi. d1 consape
mce passa volezza . avvicina
.teonca, .. ndosi""""r 1ame11t1. ma rxisti . . . . . . .
Pasqui-
.
che .. . ]
98 con scritti di Giulio Ang10111 , Pier G1org10 Sohnas, Carla
il rornantic ism
CIeme_nte , v·mcenzo _Pa 1g ~ne'. , ara .
. attuale: pnma gli interess i anuqua n, poi o d. li Cl Gallini·,
tappe al para d1gma . .. .. .. [l97 Tullio
nelli, ' ·
Seppilli , Ptetro
. la pnma volta lo. spmto . del popolo
. , poi il posuivisrn o
che tem aazza per
0 1 a Cirese stesso, che
vi pubblica quello che e forse il p1u manusta dei
. rod uce la documentazione sistematica ecc. , fmo a che gli strumen•u:
che mt in fonna di libro .(Cirese .1984] )e
tr~ n·cu·' qualche anno dopo ampliat . o. .
. no di comprendere la vera natura del folklore , a·oe·
. 1· non "onsento
, SUOI se
gramsc1an
Studi antropologici italiani e rapporti dz classe («Problemi del socialismo»
lasua connotazione di classe.
[!9796] , con scritti di Alberto M. Sobrero , Luigi M. Lombardi Satriani,
Rispetto alla tradizione rapprese ntata dallo stesso maestro di Cirese,
Sandra Puccini e Massimo Squillacciotti, Tullio Tentori , Vittorio Lamer-
cioè Paolo Toschi, il libro è fortemente innovativo, persino dirompente, po-
nari, Francesco Apergi) . Così come ne sono testimoni le prime annate della
nendosi esplicitamente proprio dalla parte di quegli approcci teorici (de
rivista «La ricerca folklorica» , che esce a partire dal 1980 posizionandosi in
Martino oltre che Gramsci) che Toschi detestava. Il che è del resto coerente
modo netto nel quadro del nuovo paradigma demolo gico (in panicolare U
con l'impegno politico che caratterizzava la formazione di Cirese, e con la
numero monografico La cultura popolare: questioni teonche [Sanga 1980]
sua volontà di collocarsi in quella che in Cecs chiama «la nuova tematica
(già discusso nel cap. 1), con scritti di Giulio Angioni , Bernardo Bemardi ,
socioculrurale» degli studi italiani (si sono già visti nel capitolo preceden-
Guido Bertolotti, Giovanni Battista Branzini, Diego Carpitella, Umberto
te i suoi interventi od «dibattito sul folklore» [Cirese 1950; 1951; per una
Cerroni, Alberto M. Cirese, Pietro Clemente, Clara Gallini, Vittorio Lan-
ricostruzione della formazione politica di Cirese negli anni precedenti alla
ternari, Roberto Leydi, Gavino Musio, Bruno Pianta, Glauco Sanga, Pietro
stesura di Cecs rimando a Fanelli [2008]). Conviene rammentare che nel
Sassu, Amalia Signorelli, Italo Sordi) . Al paradigma demologico, e al mar-
capitolo conclusivo della parte A («Gli studi demologici in Italia: sviluppi
xismo, resterà invece del tutto estranea la rivista «Lares» che Paolo Toschi
in remi e contatti europei.» ), Cirese decide di separare nettamente «il filone
dirigeva fin dal 1930. La separazione fra i due indirizzi o campi dello studio
delle ricerche tradizionali» (in cui colloca Raffaele Pettazzoni, Giuseppe
delle tradizioni popolari è nettissima almeno fino al 1974, anno della scom-
Cocchi.ara, Paolo Toschi, Antonino Pagliaro, Vittorio Santoli) dalla - ap·
parsa di Toschi: solo con la nuova direzione di «Lares» da parte di Giovann i
punto- «nuova tematica socioculturale» [Cirese 1973, 202). Quest'ultima è 5t
~atti a Branzini vi saranno aperture e intrecci , pur restando fenno l'aggan -
delineata a partire da Gramsci e de Martino includendo riferimenti a Carlo cio allo stile delle «ricerche tradizionali».
Levi, Franco Cagnetta, Danilo Dolci, Roc;o Scotellaro, Diego Carpitella,
. Ma si è ampiamente visto nel capitolo precedente che Ernesto de Mar·
Gianni Bosio, Robeno Leydi, ma anche a La collana viola, al neorealismo
cinematograf•ico, alla 1etteratura di. Cesare Pavese Pier . Paolo p asolini'' Italo tm~,
81
Principale ispiratore della «nuova tematica socioculturale». non aveva
~ creduto all'autonomia del folklore come disciplina,
ricomprendendolo
Calvino [ibzdem, 217 ss. ]. Occorre anche conside . ' rare il. ruolo d'1 spartiac·. st
que che in quegli anm. gioca . l'ades1one. . . li diosi che.s1 piutro o nell'etnologia o nella storia delle religioni. Quando usa la parola
. al marxismo. Tutti g stu o un genere espres-)
rifanno alla line a G~arnsc1-. de Martmo . . . e· ni B0s10, Di <~olklore», de Martino lo fa per identificare un oggetto
. . ·
(Cirese e i suoi allieVI, ian sivo (ad
L..
Tullio Seppilli , Alfonso M .. esempio nel breve periodo in cui parla d1 «folklor e progres 5ivo» ·
Nwg1 M. Lombardi Satriani, 1Clara Gallini
ola, Amalia Sig ili . , . marxista non P~r riferirsi alla disciplina di studio. Cirese, al contrario, vuole soSlenere
nore e rno t1 altri) si collocano in uno scenarw .
h 1 . . . t 1klor1CJI· Proprio una tale autonomia che è per lui al tempo stesso epiS temologica e
c e prende radicalm
ente e di.stanze dalla precedente trad1Z1one 0 accadem i n· ' . · armale»
ca. tetro la volontà di Cecs di costruire una «scienza n
124 CAPITOLO 5
DALLA DEMOLOGIA AL PATRIMONIO 125
',I'ii' 1:J, -
DALLA DEMOLOGIA AL PATRIMONIO 127
li
, ,_
128 CAPITOLO 5
hl
':'I'I I
130 CAPITOLO 5 131
DALLA DEMOLOGIA AL PATRIMONIO
tnentre Cecs
. non sem bra avere seguito
z10ne , pratica.
. nella . , al è che .
l .Il .paradosso allelamente in modo isolato, sia pure con occasionali travasi dall'una
.d fini' l' etto di studio e da nuova. di egtttmuta repertorio .
folkl orico
n e sce ogg di . par un modello incentrato sul flusso della cultura di massa che si di-
. (non sopravvivenze o frammenti. tra z10ne ma cultura subaIter.
cl asstco all'altra, a . 1 'd if' d al
) to oggetto sta scomparendo di fronte alla modernizzazione N
. . Ce nel corpo soe1a d
str1bUJS
e, i l ican
ent . o he tempo1 stesso producendo una
na , ques al l 'bil' , di . · on . . de di differenze. La emo ogia dnon a vo uto o potuto seguire questo
scompare eerto a cultura sub terna, ma a possi lta identificar!a con
l rn1r1a f' . . 1
.. . percorso, restando ancorata . a. una e miz1one c assica dell'oggetto come
quel particolare repertorio.
e e cautela. Natural. reperto rl.0 di tratti della tradizione rurale. Addentrandosi così in un palese
Questo argomento richiede qualche specificazion
paradoss o·· una scienza . della
. cultura subalterna
. che esclude dal suo ambito
mente, la folkloristica in sé nasce (già almeno dal tempo dei Gritntn) come
di interesse i consumi di massa, vale a dire la gran parte della vita culturale
strutturalmente legata al processo di modernizzazione: nel senso che la no- dei ceti subalterni di oggi.
stalgia e la valorizzazione estetica di ciò che resta dietro lo spartiacque del
Per capire il senso della «costituzione demologica», occorre anche
moderno è essa stessa un prodotto moderno. Dunque la «scomparsa immi-
considerare che nel passaggio tra anni '50 e '70 l'apparente continuità del
nente» del folklore fa parte da sempre dell'ideologia folklorica - e per oltre
duecento anni ne resta la condizione, insieme ali'etica e ali'epistemologia del
«salvataggio». Nell'Italia degli anni '70 del '900 questo meccanismo struttu-
rale si diffonde con grande forza (sta fra l'altro alla base della fortuna cultu-
discorso sul popolare nasconde un cruciale mutamento. Nell'immediato
dopoguerra, gli intellettuali gramsciani individuano e valorizzano il popo-
lare (o folklorico ) in contrapposizione alle forme della cultura alta, ufficiale
o, come si dice nel linguaggio di quegli anni, «borghese». Il canto o il teatro
(7
rale e commerciale del folk, e forse in parte anche dello sviluppo di una dif.
fusa sensibilità «antropologica»). Ma ormai è impossibile retrocedere verso
ambiti marginali nei quali il contagio modernista non è ancora arrivato (le
«montagne» di cui parlava Gramsci quando cercava esempi di isolamento
popolare si definiscono per contrasto con - poniamo - gli spettacoli della
Scala; le fiabe raccontate nelle veglie contadine per contrasto con la pro-
duzione letteraria colta e artistica; gli arredi poveri delle case coloniche per
'
culturale, o le demartiniane «Indie di quaggiù») in cerca del vero folklore. c?ntrasto con i mobili di lusso e di antiquariato delle ville signorili, e così
La società di massa e il mercato culturale hanno cancellato le condizioni che ;'a._st~ent' anni dopo le cose sono cambiate: la preoccupazione principale
consentivano la costituzione di «bolle culturali» subalterne relativamente e di mguere il folklore «vero» dalle forme della cultura di massa e della
produzione m· d t 'al · sene. · L d · ·al · al 1
autonome (l'isolamento del mondo contadino, la stretta corrispondenz~ tra , us n e m a emarcaz1one cruc1 e, m tre paro e,
capitale economico e culturale, la rigidità della struttura di classe). I ceti s:· e que1 lla tra il folle e il pop. Così il canto, il teatro, le fiabe autenticamente
Popo ari sono contrap t . . , . "al 1ev1S1vi .. . . . . .
balterni (ad esempio la classe operaia) consumano la cultura di massa.~ e l' . pos e a1 vaneta, a1 sen te o ru cartoru an1mat1;
. if' . al . li ..
re~-
aragianato povero .
ne è allora della «cultura subalterna»? Viene cancellata dall' omologazwne . che in d acquista
PIast1ca . s1gn 1cato e v ore m rapporto ag oggetti m
me dial e? Resta solo studiabile come fenomeno del passato, oppu . Part . va ono i supermercati; le case coloniche in rapporto .agli., ap-
arnent1 condomm · i'ali b b . Q .
d' · al
rorme 1 rev1v ? Ma il revival
e è un fenomeno sostanzi ·a1m en te egemoJllCO, er coere . su ur am ecc. uesta percezione appare ru pm un
L tere nel ten nte sviluppo d li .. . f · 1 ul di
· · , ·
a contmmta, In un approccio gramsciano, non puo conSIS
, · . che si Può esser eone t al' e a pos1z1one gramsciana. In atti a c tura massa non
fermo lo sguardo su un oggetto in sé - il canto popolare, ad esempw, n· gressiva» o «conr e tu izzata come «subalterna»: certamente non come «pro-.
d to a nasco st .
trasrorma
e In genere folk. Si tratta piuttosto di capire dove e an a
. ,
stenz d e ativa», ma neppure come indice di una oggettiva «res1-
dersi il subalterno nelle nuove condizioni socioculturali. . ·. cioè e dist~:b ~Ile classi Popolari all'egemonia borghese. Prodotta dall'industria
· queStl· sviluppi. U!ta attrave rso il mercato, essa espnme · appieno · · 11'
In Gramsc1· c1· sarebbero state le risorse per segmre . da un tnonia , . propno que ege-
, ne e il vei IO d' 'li
per affrontare il definitivo (ma già ampiamente prefigurato) passaggw ·v no nella e . , co - anzi è molto più efficace della vecchia cultura e te
apacna di 1·mpors1· senza res1dm · · soffocando ogru· poss1'bil e d'1vers1ta ·'
modell0 soci·al e di cotomico, in cui una cultura alta e una b assa conVI 0 eresistenza. ,
l
o I
I'
·I
I
I
folk come genere distintivo e, potremmo ben due (sociologicamente se non anche molto rara nel corpo dei testi. Quando l'adopera, Clemente I
e diventa ·
· li qui·d azione
li cita (come ne1 saggio · Il punto
ideologicamente) , «b?r~hese». ~a in questa app~r_ente «scomparsa dell'og. f er compierne una esp
getto» sta anche la pnnc1pale ragione della sua cn~1- o ~er meglio dire della lo aP · · · · · '90 [Cle~ente 2001a,
sul folklore, edito nel ~0~1- ma ~ermo n~1 pr~i anru
sua progressiva e tacita scomparsa dal campo degli studi. Apparente: poiché 6]) oppure per rifenrs1 m chiave stanca ali Importanza
dell msegnamen-
naturalmente non è l'oggetto a scomparire, ma le lenti interpretative che 2: di Cirese [Clemente 20016, 225 ss.] . Ciò non dipende soltanto dal fatto
non riescono più a seguirlo e a metterlo a fuoco nei suoi mutamenti. Per :he proprio all'inizio degli anni '90 Clemente passa dall'insegn~e nto di
meglio dire, la macchina demologica si inceppa a causa di uno stallo interno Storia delle tradizioni popolari a quello di Antropologia culturale. E invece
al proprio stesso motore teorico: la ricerça delle connotazioni subalterne evidente una perdita di fiducia nell'autonomia epistemologica della discipli-
nella circolazione culturale spingerebbe necessariamen te verso terreni (la na, in termini di statuto teorico e demarcazione di uno specifico oggetto di
diffusione dei media, il trash e il kitsch commerciale, il mercato e il consumo studio. In seguito, in riferimento alla peculiarità del proprio approccio, Cle-
di massa) dai quali ci si vuole invece tenere ben lontani. mente non farà mai ricorso alle parole-chiave del canone demologico (come
dislivelli interni e subalternità), e neppure ali' espressione «cultura popo-
lare». Impiegherà piuttosto espressioni evocative e poetiche quali «mondi
4. OLTRE LA CRISI DELIA DEMOLOGIA:ANTROPOLOGIA precari e poveri», realtà minute e locali, «gracili», che si deve cercare di non
CRITICA E STUDI CULTURALI schiacciare e violare con apparati conoscitivi troppo forti e distanzianti. Al
tem~o stesso, si farà strada una nuova categoria unificante che riassorbe og-
Tacita scomparsa, quella della demologia, si è detto. Poiché l'abbando: getti e pratiche della tradizione demologico-fo lklorica, quella di patrimonio
no del suo paradigma non è stato ufficialmente dichiarato da nessuno dei culturale - su cui tornerò fra un istante.
suoi sostenitori; né il suo campo è stato occupato da teorie nuove e_ alter-
h A maggior ragione, questo allontanament o agisce per quegli studiosi
native che l'abbiano relegato in secondo piano. L'etichetta «demolo~Ia>~ h_a c e, pur lontani da C1r · ese d il 1 · ·· · 1 d
· traccia
1aSCJato • e resiste nella denominazione del settore sc1enu · •fi co- disc1pli· della . e a a sua scuo a, s1 erano posizionati ne qua ro
«ogg normalizzazione
t. d
· e·'
de mo1ogica. · if.1ca d a un 1ato ch e 1· tradiz10n
10 sign
· al.1
nare -la «D» di M-DEN0l. Tuttavia il suo esaurimento è palese. Lo stesso e ti» ell' att . d 1 . ,
Cirese, nella sua fase più matura, non persegue più il programma «nor~ale» esempio d li e~zione emo og1ca passano in secondo piano. E il caso ad
st
che dop ~g udi sulla fenomenologia magico-religio sa del Mezzogiorno,
- allontanandosi dall'interesse sistematico per la ctÙtura subalterna~ UlS:i o a scomparsa di de M r· . . . .
guendo piu_ttost? un'antropologia universalista e «dedutt~va» _c~ st ruitacJ- stagione di il ar mo avevano conoscmto una mtens1ssuna
tema delle mvananti e sulla possibilità di ricondurre la diversita dell~ · ai lavori_ f;v u_p po _ma che si arenano con i primi anni '90. Mi riferisco
tura a modelli di relazioni logico-formali. Ma anche i suoi allievi più dire~~ [~977; 1983 ; ~ altn -~ Clara Gallini [1971; 1973], Vittorio Lanternari
inizialm · · al d seguen Risso (197 2 ],' Lu~o?so Di Nola [~976].' J\nnabella Ros~i [1969_],_Michele
ente mtern1 paradigma demologico lo abban onan O l ja
.
di fatto altr e st ra d e - pera1tro molto diverse '
l'una d all'al tra, dall' etn° ogba· chesvilupp gi M. Lombardi Satnam [1971], Tullio Seppilli [1983],
· ano co di
extraeurope ali a stona • d egli studi. dall'antropolog ia
. 1 a quella ur on gza e l'inter n verse sfumature il modello demartiniano di Sud e ma-
a musea e d ll Pretazion d · · • . .
na, dagli st di 1 · . ' b be datare e a a crisi della e ei mi mag1c1 come forme di protezione o riscatto
u su patnmomo alla letteratura. Si potreb e anc
Presenza. Il modello demologico negli studi sulla magia ha 1· ·',
1.,
l Ji, ,I,,
I 1-,
I i'
I I
I I•
, 1!'\1- I
I,
Probabilmente il suo momento di maggior compattezza in un conv . i [ ] nelle quali, adoperando precise politiche
situazton . . . d . .
della rappre-
. . . . .
lermitano del 1975 [Aa.Vv. 1979) e, su un piano . . in un egno. Pa-
divulgativo,
zione e attraverso eterm1nate strategie comumcauve, 1d1vers1 «ac-
. . . d li . '70 [B b . Min . a serie di senta definiscono sia i contorni categoriali e sociali, i contesti molteplici
documentari te_lev1s1V1 eg . anm ~r ~tl, g?zz1 e Rossi 197S]. tants» . . . il . ..
inizio degli anm '90 questo mteresse declina m modo 1IDprovvìso. Gli ~ .
e 111terc onnessi del propno agire, sia propno poslZ!onamento al loro
. . . . d' auton . no [Palumbo 20096, 18-20].
che da allora m p01 contmuano a occuparsi 1 queste tematiche lo f tnter ! '
.. .
d l . he e interpretative anno
costruendosi nuove cormCJ meto o og1c _ escono dal
radigma, insomma. È il caso di Tullio Seppilli, che incorpora la tradizi Pa- Il lavoro di Berardino Palumbo sulla «guerra dei santi» in un paese si-
delle monografie meridionaliste demartiniane nel più vasto quadro dell~n~ iliano rappresenta probabilmente l'esempio teoricamente più convinto e
tropologia medica e dell'etnopsichiatria; di Elsa Guggino, che inizia i s:i :onsapevole di questa strategia interpretativa [Palumbo 2003). Qui i confini
studi sulla magia tradizionale siciliana in un quadro demologico [Guggino tra le consolidate partizioni subdisciplinari (ad esempio antropologia reli-
1978) ma transita più avanti a un approccio «dialogico» o di «antropologia giosa e antropologia politica) perdono decisamente di senso. Un 'operazione
N
dell'esperienza» legato al modello di Marcel Griaule [Guggino 1993]; e di analoga è stata condotta da Giovanni Pizza nel campo dell'antropologia
Paolo Apolito, che all'inizio degli anni '90 affronta il tema delle apparizioni medica, con la decostruzione (o «disarticolazione», come l'autore preferi-
mariane con un approccio fortemente innovativo e orientato in senso feno- sce esprimersi) della nozione di medicina popolare. La medicina popola-
menologico ed etnometodologico [Apolito 1990), per giungere successiva- re, sostiene Pizza, non è un insieme positivamente rilevabile di pratiche e
mente a una radicale decostruzione in senso foucaultiano della precedente credenze diffuse tra i ceti subalterni, che gli etnografi possono «scoprire»
tradizione di studi [Apolito 2006] . '
Anche i classici generi della tradizione orale formalizzata, come i canti,
e descrivere nella sua autonomia e compattezza. Piuttosto, l'effetto di au-
tonomia e alterità è frutto dello sguardo egemonico dello stesso etnografo e
'
la fiabistica e il teatro popolare escono lentamente dal campo demologico: del suo più o meno esplicito orientalismo interno. Se volessimo studiare le
continuano a occupare ambiti di studio specializzato ma si spostano verso il c~n:ezioni del corpo, della salute e della malattia dei contadini siciliani di
campo delle Per/orming arts. D'altra parte, quando la ricerca si volge ai temi Pttre, ad esempio dov . dall' . . . b' li .
. . , remmo partire amnumstraz1one 1opo uca dello
che sarebbero stati un tempo classificati come «folklore» o «cultura popo- stato unitario· il . d' d ..
· repertono 1 ere enze e nu prodotto dal medico palermi-
lare», come ad esempio le feste, l'impianto demologico appare soppiantat~ tano andrebbe ril · h' • .
pa t d . . etto 1Il e rave di pratiche di sottomissione o resistenza da
da due diverse (solo in parte sovrapponibili) cornici. Una - maggioritaria-_e re e1 ceti subalterni [Pizza 2012].
quella del «patrimonio culturale intangibile», che si vedrà meglio nei prossi- Tale appro . . .
internaz' l cc10.' v1cmo ai piu · ' attu ali 1Il · · deli' antropo logia critica
· d'mzz1
mi paragrafi. L'altra è una cornice di etnografia critica, che mira alla produ· iona e ha il g d . di .
· dI· ncerc
ZIOne · he centrate non su statici repertori tematici · · ma su «p rati che» . tra pian ' . ran e mento naffermare la relazione inscindibile
o egemoruco bal
li · ul ali I
po Uco-c tur , ne senso attribuito a questo termine da p·1erre Bourdieu._ scenari etn f . e su terno, aprendo, a partire da questa, stimolanti
e1 .
ant1essenz· . . d'1 potere m
ogra ic1.. Tuttavia , il rili'ev o d at o alie re1az1om . h'
QUl. I. temi. e1ass1c1 . . del 10 klore e del «patrimonio intang1'bil e» so no de-es . · li
la sta rischia tal 1 di 1 . .
e 1ave
,.l :.
· li · · · · di tens10nt '1l!llensione s· b . vota asciare m secondo piano il ruolo della
sen~1_a zza!1,_ e riconfigurati come aggregati di pratiche, ~ampi_ 't' e della
[D . m1 olico-cultural il . . d il
politiche. E il caso della fenomenologia religiosa della cenmon1ah a e, 2002· Pal b e ne a costituzione e e soggettività agenti
1. ' . . d tte adesso p0111: · um o 2002] L' 1'd
fest a, pietre
·
ango an delle precedenti stagioni di studi, neon ° 'ali>>'
Per d'
'
t1ca riduc 1 . ·
e e differenz ul ali
ea che tutta l'antropologia sia antropologia
f ·
alle.«dim en st·om· pragmauc . .
• he, quotidiane d li
e concrete e e re az 1 ioni . . he e'
soct 1Più, d.1 e e tur a mere unz10ni o spettri del potere;
cosicché l' f' d' • 'ali pohttc tot 111: un potere ( ilO d il
. etnogra 1a lV!ene «una riflessione sulle poste soci ' a zzante · que e o «stato», ad esempio) pensato in modo
tntellettuali» in gioco in PoU · ' unpersonal st .
hca. Un'ot . e e rutturale, m un'ottica foucaultiana o di bio-
tica assai d. d
iversa a quella di Gramsci, che quando parla di
,, ,
11
!13~6~(~AP~ITO
DALLA DEMOLOGIA AL PATRIMONIO 137
~L0
':_5
~ - - - - - - - - - - - - - - - --------
iI,
'd tifi' a sempre con precisi e concreti gruppi sociali O I tropologica» - per cui cultura popolare indicherebbe «tutto ciò che
potere 1o 1 en e .. . ili e 9Uadr0
. al
di trettanto precisi contesti stor1C1..
di con tto (per un approfondun·
. . ento d'
~a;a:lo fa O ha fatto»,_,«la cultu:a: le ~sanze, ~e a~it~dini e _le tradizioni
. . al concetto biopohtico d1 stato rimando a Dei [2017]) In I 11 P P ) del popolo, c10 che defm1sce il suo stile d1 vna particolare» [ibi-
questa cnuca . . · ogni ,ro{kways d ..
caso, l'approccio «critico» sembra accantonare. come urilevante la d V' l] Si tratta di una ef'm1z1one puramente descnttiva:.
sembra impli-
. Otnanda deni6 · · 1m · t· · d.
cruc1·a1e attorno alla quale il progetto
. . demolog1co
. st era costituito· val di
. . · e a re
' . ventario potenzia ente m 101to 1 tratti culturali. Ma come rin-
care un in
indagare i nessi tra differenz_e soci~ e differ_e~ze cultu~al~, 1 modi in cui esse . all'interno d.1questa desenzione . . . il . . .
e]encatlva pnnc1p10 strutturante
. uano ad agire nella dimensione quottd1ana dell esistenza depo . tracciare d l al , . . .
conun . . . , suan. che prod
uce il popolare opponen o o non popolare? E 1mposs161le co-
dosi negli aspetti più ordinari, banali e di background della realtà socia) .
·re questa opposizione strutturante m forma puramente descrittiva (un
strut ali d . .
Per certi versi anche qui Bourdieu è un possibile punto di partenza -il Bo:: d. . b
eIeneo di tr atti cultur « offililantt» e uno 1 tratti «su alterni») · Non si
rdieu della Distinzione, in questo caso, con la sua idea-chiave: la circolazione tratta dunque di contenuti (i quali possono passare dall'uno ali' altro piano,
disuguale di beni materiali e simbolici non configura universi culturali chiu- «ascendendo» o «decadendo»): la questione cruciale risiede piuttosto nelle
si e statici nei quali gli attori sarebbero imprigionati (e che è dunque possibi- forze e nei rapporti che sostengono la distinzione, «in ogni determinato mo-
le isolare descrittivamente), ma un'arena di risorse fluide che gli attori stessi mento, tra ciò che conta e ciò che non conta come attività o forma culturale
sfruttano in modi creativi e mutevoli neUe loro strategie di posizionamento d'élite». Ora, tali distinzioni o categorie (élite e popolare) sono sostenute da
sociale (per una riflessione sugli usi diversi e in parte mancati di Bourdieu «un intero complesso di istituzioni e processi istituzionali», che marcano
nella tradizione dell'antropologia italiana rimando a Dei [20146]; per un costantemente la differenza fra di esse: ad esempio la scuola e l' «apparato
convincente accostamento tra Bourdieu e Gramsci nell'ottica di una teoria letterario ed erudito», che distinguono «la parte nobile della cultura, il patri-
della cultura popolare si veda Canclini [1984]). monio culturale, la storia da tramandare, le conoscenze di valore, da ciò che
Ancora più importante è però il contributo teorico offerto da Stuart non ha invece valore, non è "vera cultura"» [ibidem, 62].
Hall, uno dei fondatori della moderna scuola di Cultural studies, proprio Non si può dunque «congelare la cultura popolare all'interno di un
perché parte specificamente da Gramsci. «Scrivere una storia della cultu- qualche contenitore descrittivo atemporale» (una espressione che sembra
ra delle classi popolari esclusivamente dall'interno di quelle classi, senza
attaglia_rsi perfettamente alla tradizione degli studi folklorici): occorre inve-
compren dere 1· mo di m · cm· queste sono tenute costantemen te m· rapporto ce cogliere
. il d . . i «rapp orti· di potere che costantemente punteggiano e dividono
· · · · de11a produzione culturale
con 1e 1st1tuz1001 · m· ca esser fuori
dominante, s1gn
dal XX secolo»: così Hall [2006, 57-58] si esprime nel suo saggio del 1981 •
res1ornm10
·d " della , .cultura ne11e sue categone . pn.vil egiate
. e resi'du ali (pre.lerred
I
ua,m. Ne s1 ' · • 1
Notes on Decostructin g the Popular. E aggiunge: «Voglio affermare che 0.00
re e d. P_uo accontentarsi di una definizione che equipari popola-
«
. def111• · •J massa» ' riferen d osi. senz 'altro ai. consumi. delle classi. popolan.. La
estste nessuna cultura popolare coesa, autentica e autonoma che so pravvive, . iz1one che Hall , .
fu · d I attività eh h
on a campo d1· forza delle relazioni di potere e d1. dommto · · ulturale»,
c .
propone e la seguente: sono popolan «quelle forme e
e ' a1
. osi come, per tro, non esiste una cultura dominante capace di co]on1zzare
. cl e . anno
rn111ate f le loro rad1·c1· neile con d1z1001 ' . . socia. 11· e maten,.ali d. d
1 eter-
• e assi: orme e t . . , .
Rispetto ali d t· . . a t1v1ta Incorporate in tradizioni e pratiche popolari».
e 1ceti popolari (la tesi che Hall chiama deu•·mco rporaz
m. mod0 tot a] · · 100
. d lla f'In1sce
· a
la ul e tn1z1on e d escnttiva,
· ·
(zmplantation) 0 incapsulamento (encapsulation) culturale)· «Lo studi0
cultura pop 0I . . . sto jnaccetta
:ili) .
~nfluenze
e tura l questa insiste sul fatto che «ciò che de-
. are cont10ua a oscillare tra questi due (piutto ~opo are sono le relazioni di continua tensione (scambi,
poh: autono · ap- In , antagonismi) 1
. .
. mia pura o 10capsulamento totale» [ibidem, 5 9] · QuestoJare>> apparenza
1 con a cultura dominante». Non è una definizione
procc10 lo port d ff . . . . di «popo suU
. a natura re}ontana .
da il della demologia
que a .
, a a a rontare il problema della defm1z10ne hio· , la quale insiste a sua volta
ponendosi espi' · . In sé azionale d 1 l '!,
icuamente 10 contrasto con la visione che egli stesso e 'rna solo in l . e popo are (un tratto non è popolare o dominante
re azione ali d ' .
a 1nam1ca di un determinato contesto storico- 11
,1
1
11
1 :II ,
I !
I,'
,,
138 CAPITOLO 5
DALLA DEMOLOGIA AL PATRIMONIO 139
.al ) M si è ,~sto, la demologia finisce per dimenticarsi di quest to l'Unesco, nelle sue strategie
soci e . a, . ul ali (I f" b . . . .. o e Per di valorizzazione e salvaguardia dei
. reper tori di tratti c tur e. ta e, 1canti, ha assegna ull . d" . 1 . .
costrutre . 1nt1 ecc.) pensat·1come . I ali basate s a creazrone I repertori g obali di «capolavori dell'u-
bent cu tur . . . . ..
parti. di un ms1
• ·eme (la «cultura
. . contadma») relativamente
. ., stabile e coeso. È __ Dopo aver creato con successo liste dei benr artrsuc1e monumentali
,mpedisce di mterpretare la modemrta come fortna di man1ta». . d . . '
questo che 1e "" ., se non . ali archivistici e ocumentan, a partire dagli anni '90 l'Unesco si è
·
Ssl one della tradizione. Laddove Hall legge pru correttamente Gr,...., amb1ent , . . fi . ili . , h . .
repre . . . . ....,,se,. dedicata an che ar beru etnogra
. c1
. - que , eroe, c e non consistono m opere
quando interpreta la scuola, l_a ~om~m_cazrone mediale, gli apparati letterari
e accademici e così via come 1st1tuz10111 che pongono la lotta per l'egemonia maten"ali e durevoli ma m sapen, Iperformance,
. forme espressive tramandate
dalla tradizione orale e_ le~ate e_sc usrvament~ alla memoria, alle pratiche, al
su piani nuovi e certamente più complessi rispetto al passato, non come
linguaggio di «portatori» vrven~. L~ scop~ di questa est~nsione a un' accezio-
dispositivi totalizzanti che semplicemente cancellano la cultura popolare.
ne antropologica della cultura e pnma di tutto consentire la partecipazione
In direzione analoga, sia pure con linguaggi e da angolature molto di-
verse, convergono altri indirizzi di più o meno recente sviluppo, che in varie
alle «liste dei capolavori» anche ai paesi (come molti di quelli ex coloniali)
tradizioni nazionali hanno sostituito la folkloristica classica: dai Cultura! stu- privi di reperti monumentali e storico-artistici; ma anche di includere, per
dies agli indirizzi di antropologia dei consumi (si veda Pickering [2010] per ]o stesso Vecchio mondo, tutto l'ambito del «tradizionale» e del «popolare» I~
un quadro ampio e articolato del rapporto tra studi culturali, etnografia dei
indagato e valorizzato ormai da due secoli di studi folklorici.
consumi e teoria della popular culture in ambito anglosassone), dalle Empi- I primi documenti Unesco in proposito utilizzano ancora questi ultimi
rische Kulturwissenscha/ten di Hermann Bausinger [2005] [cfr. Dei 2007a] concetti: è il caso della «Raccomandazione per la salvaguardia della cultura
ai cosiddetti «nuovi studi di cultura materiale» [Dei 2011a; Dei e Meloni tradizionale e del folklore», del 1989, cui fanno seguito un programma sui
2015], dai dibattiti sulla «fine del folklore» negli Stati Uniti [Kirshenblatt· «Tesori umani viventi» (1993) e uno sui «Capolavori del patrimonio orale
Gimblett 1998] al post-folklorismo scandinavo [Frykman e Lofgren 1987; e intangibile dell'umanità» (1999). Il concetto di «intangibile» finisce per
Ehn e Lofgren 2011]. Ricucire la tradizione italiana rispetto a questi e altri in~obare tutti gli altri nel documento fondamentale adottato nel 2003 la
indirizzi, molti dei quali fra l'altro si confrontano direttamente con il pensie- '.<~o~venzione per la salvaguardia del patrimonio culturale intangibile», ~he
t
ro gramsciano, mi sembra oggi un passo cruciale per un superamento della lS ltwsce una «lista rappresentativa» analoga a quella del patrimonio mate-
crisi della demologia che non ne mandi del tutto perduta l'identità. r~ale. La Convenzione viene adottata da molti dei paesi membri dell'Unesco
(iuloclusa_l'~talia, che la ratifica nel 2007), finendo per guidare le politiche
e turali sia dell' · · ·
Il amnu01straz1one centrale sia dei governi regionali e locali.
5. PATRIMONIO INTANGIBILE be .. documento del 2003 stabilisce una definizione «costituzionale» dei
n1 intangibili h d li . . . , . ..
llvelli di el ' ~ e a a ora m poi s1 trovera costantemente npresa a tutti 1
Dobbiamo però adesso considerare più da vicino l' affennazione - a parti· aborazrone delle politiche culturali:
re. dagli . '90 di
anru - una cornice o paradigma «patrimom"ale» che ha progres· bli ·
siva~en_te riassorbito gli studi demologici e che, sul piano degli usi pub •v~'.
s·.
1llltendono per
Presentaz1on1 t. . ul al . "bil .h
. .
hpa n~piazzato il linguaggio (dominante fino agli anni '70-80) del folk re~ n• •<<pa. nmomo c tur' e mtang1
. , e» prauc
. e, rap-
atr · · . · e) e u • ti, gli O . '. espressrom, conoscenze e sapen - cosi come gh strumen-
im~ruo Immateriale o intangibile (Ich Intangzble Cultura! Hentag hé 1
categona e t l . ' ul ali none tnunitàg~etti, ~anufatti e gli spazi culturali associati ad essi- che le co-
. . n rata so
deile discipline · if• o dr recente
h
nel discorso delle politiche c tur ' -•jco
etnognu Parte de~ ruppi e, ~ alcuni casi, gli individui riconoscono come facenti
scient re e che si occupano di cultura nel senso . _ he le bile tr oro Patrunonio culturale. Tale patrimonio culturale intangi-
o antropologie0 d I . ·alita e ' asmesso d.1 . . . .
e termllle. La sua diffusione è legata alla centr dalle com . , generazione lil generazione, è costantemente ricreato
Ltntta e dai g .. .. f . , al I
ruppi mteressat1 m con ormtta b.
oro am 1ente,
~
&
I' '
140 CAPITOLO 5 DALLA DEMOLOGIA AL PATRIMONIO 141
' '
I
alla loro interazione con la natura e alla loro storia, e fornisce lor , ·ca e non esiste, si potrebbe dire, un concetto di «falso» 0 di
senso di identità e continuità, promuovendo così il rispetto per la ; un . bilita stor1 ' . . .
varia An ra e di conseguenza, la salvaguardia viene mtesa non come
sità culturale e Ja creatività umana [Un esco 2003] . ia»l , co ' ·
Ver- «coP . documentaz10ne ma come mo d o per favome · · ·
il passaggio
ervaz1one 0 . ,.
cons . f generazioni (non necessanamente all 1nterno di uno stesso
Si deve notare la forte connotazione antropologica di questo do dei .saperi ra
. iacché si ammette la poss1'bil'1ta' d"1 una diffus10ne
· diasporica di
to, che: a) si apre a mo1tep li c1. processi. e pro dott1. culturali («pratichcurnen. rerrttDfr!O, ;patrimoniali). Ciò implica, infine, che gli interlocutori principali
. . .) e, rap-
presentazioni, saperi, strumenti, oggetti» , con un e1eneo tendenfrL certe orm · · lm
litiche Unesco non sono gli esperti· o gli stud'1os1,· ma prmc1pa
. he defi mz1om
. . . d'1 eul tura; b) insiste sui <U1nente ente
aperto che ricorda Ie e1ass1c ru . delle po di . . ,. . l ., h
. «portatori» di. quel sapere o tra 21one, c1oe 1 soggett.1 o e comumta e e ne
. , . . di tali b em. che sono
sulle comuruta come soggetti «portaton» dung PPI le 1
. . ' que co- no protagomste.
locati in una dimensione soCiale; e) preCISa che il patrimonio è da intende . so Gli antropologi dovrebbero essere molto contenti. A 130 anni dalla ce-
come radicato nell'ecologia dei gruppi sociali, cioè nelle modalità pratic~: lebre definizione di E.B . Tylor, l'accezione etnografica di cultura sembra
di interazione con l'ambiente da un lato, con la memoria e il passato storico assunta dalle massime istituzioni internazionali - nel quadro di un processo
dall'altro; àJ specifica le modalità di trasmissione, che rimandano all'oralità
di ridefinizione in senso antieurocentrico del concetto di patrimonio e di
e al rapporto diretto fra generazioni; e) infine, propone un richiamo forte al
una particolare sensibilità per la valorizzazione delle differenze culturali.
concetto centrale della tradizione antropologica, vale a dire la conoscenza
In effetti, la diffusione della cornice patrimoniale dell'Unesco ha molto in-
e il rispetto della diversità culturale. Anche la successiva specificazione dei
fluenzato l'antropologia contemporanea, in particolare nella sua declinazio-
campi tematici di cui il patrimonio intangibile è composto ricorda (sia pur
ne folklorica o demologica. A tal punto che l'antropologia del patrimonio si
con alcune lacune) l'indice di un manuale di antropologia:
èaffermata come nuova specializzazione disciplinare, o meglio ancora come
definizione di un campo che era in precedenza identificato in termini di
a) tradizioni e espressioni orali, incluso il linguaggio, intesi come
«cultura popolare».
veicolo del patrimonio culturale intangibile; b) arti dello spettacolo; e)
pratiche sociali, riti e feste; d) conoscenza e pratiche concernenti la natu-
ra e l'universo; e) artigianato tradizionale [ibidem]. 6
· L'ANTROPOLOGIA DEL PATRIMONIO TRA CRITICA
EPARTECIPAZIONE
La list a del patrimonio immateriale non è solo una estensione di quella
d_ei monumenti O dei siti, in grado di garantire una più equilibrata di5tribu:
~ d. . al
one_ et nconoscimenti su scala mondiale. Rispetto alla lista «materi e» vt
sono lffip 0 rt · difr . . . n- lo . D'altra
, parte , il rapporto tra l' approccio · patnmom
· ·al'1sta e l'an t rop o -
. anti rerenze. In pruno luogo si tratta di una lista «rapprese
g1a e stato fm · d 11'' . . 1 'd
a 1111210 teso e difficile. In una uc1 a discuss10ne . ull
e en e c1oe se ez1onare delle assolute «ecceIlen ze» ma
tattva», che non pr t d . , di l . ori . . s e
d1. segna! ·, · e
. ~re_prn ampi complessi culturali. Inoltre, al centro dell'attenzion . to!gin, e sulla costruzione della Convenzione Unesco del 2003, Chiara Bor-
patnmonializzant st
I 1, • e anno non tanto degli «oggetti» quanto el «p
d . rocesst chiaOtto [2008
. . ' 20] sostiene . che «1e reaztom
. . degli stu d'1os1. pm ., di rettamen te
cu turau», Intesi co · • viluppo lllatt in cau dall'· . . . . .
me reperton di competenze creative in costante 5 . -
le, gU sa 1ntroduz1one di questa nuova categona patnmoma~
. gi, sono state quasi unanimemente di perpless1ta
e mutamento. Ciò .111 di . . . li' t ntic1ta, antropolo · ·, d
centrale ,.d _Pone scuss10ne anche il reqms1to de au ed' . ne
Vera se non 1
per 11 enttficaz· dl · . . · · be JVJe v1· sone Propria. ostil't'1 a». L' affermaz1one
· e, ·forse eccessiva:
· ma senza d ubbio
qui men 0 IOne e patnmomo stonco-art1st1co e c d di . o stati m . . di . . . d ll
pressante (1 · al' , d' gra o Ztone d' . otivi frizione più che occasionali. L'elaborazione e a no-
a vit ita 1 una tradizione richiede un certo
1 zntang 1'bl h .
e erztage, tra anni '80 e '90, poggrn sull uso d'1 categorie
. ' .
DALLA DEMOLOGIA AL PATRIMONIO 143
I
I
assume come ovvia l'esistenza di certi beni culturali (ad esempio . l ra Proprio l'etnografia può mostrare che sono in gioco mecca-
. . . al )
un genere di canto popo1are, una tecmca art1g1an e ' esattamente una fesi a, di cu tu · .
non . I iù complessi, istanze eterogenee e spesso contraddittorie - mai
la storia dell'arte si assume l'esistenza
· di
un repertorio .
di opere dellCOtne. per . rn1 mo to p
nis d'
te riducibili a una questione 1 apparenze ed essenze, d1. ideologia
.. . . .
' h' · Il d' · es a Pittura jnteramen
rinascimentale, 0 deIl are 1tettura gotica. sapere 1sc1plinare
. lid
,. . altà. Ad esempio, la patr1mom . .al' . di
1zzaz1one una festa non potrà essere
bbli d . al . peno e tn
tegrato nel dis~?rso ~u- _co ~ v~ az1?~~ e v_ or_1zzazione di questi beni e di re come spontanea manifestazione dei sentimenti identitari di una
compresa
sostiene le poliuche 1sutuz1onali e I relativi 1mp1anti normativi (ad
. . .·
ese111p10 'tà ma neppure solo come frutto di mteress1
. . l
po itici ed economici- o
le pratiche di c~n~lffiento, schedatura, s_~vag~ardia, ~usealizzazione), e n~ cornurumeno come dispositivo 1'deo1ogteo
' . . . del naz1on. a1·1smo. Magari vi agisco-
è a sua volta leg1ttlffiato. La postura «crltlca» mvece s1 pone in modo _ tanto . questi elementi, ma inestricabilmente intrecciati in configurazioni
. di . 'al' . meta no tutti
discorsivo verso i processi patrimom 1zzaz10ne: ne fa oggetto di analis· uliari che vanno ricostruite volta per volta. L'antropologia del patrimo-
etnografica, senza confondersi con le loro categorie. L'etnografia, che secon'. pec
nio si profila dunque com~ una_dis~1~ · lin ~-fedele ali · voca~ione criti-
a p~opna
do Palumbo è il suo metodo caratterizzante, appare qui come strumento di ca e riflessiva, che non puo app1attus1 all mterno del discorso patrimoniale e
netta separazione dali' oggetto. delle sue più ingenue categorie; ma che, d'altra parte, è consapevole di stare '
Più complessa è la situazione della postura «partecipativa», in cui si dentro i dibattiti e le pratiche pubbliche di gestione dei beni culturali. Non (
padroneggia l'impianto critico e riflessivo ma al tempo stesso si sceglie di può limitarsi ad osservare i protagonisti dei processi di patrimonializzazione
operare nel campo patrimoniale (ad esempio, collaborando alle pratiche dall'esterno - come insetti al microscopio, o come se non facessero parte
di riconoscimento di un «bene» o di candidatura alla lista Unesco). Sem, della propria stessa comunità morale.
pre secondo Palumbo, qui il tratto decisivo è la capacità di oggettivare sé
stessi, à la Bourdieu, dunque di esser «consapevoli del carattere "politico"
della propria partecipazione» [ibidem], del proprio stesso coinvolgimento 7. LA SINDROME DI RE MIDA
nei processi studiati. D'accordo: vorrei però anche aggiungere che rispetto
ali' approccio «critico» ciò che cambia è il rifiuto di una prospettiva radical- Vorrei però adesso tornare al nostro principale problema. Il riassorbi-
mente metadiscorsiva. Qui i due discorsi, quello patrimoniale e quello an- mento della tematica folklorica e demologica nel paradigma patrimoniale
tropologico, si intrecciano e si modificano a vicenda. L'etnografia in quest~ rappresenta un «trasferimento di competenze» avvenuto anche in altri paesi
caso può rappresentare uno strumento non di separazione ma di «fusione di e tra_dizioni di studio europee, sia pure in modi diversi. In Italia l'interesse
orizzonti». E il circolo ermeneutico descrive forse più correttamente queS ta . , I beni immaten'ali e per 1- processi. delia 1oro patrm1001
per . 'alizzaz1one
. non
SI e ' ·
posizione conoscitiva che non l'oggettivazione del soggetto oggettivante._. . aggiunto a1 precedenti approcci ma li ha sostituiti: si è sovrapposto ad
In questo mo do s1. possono superare certe ng1 . 'd'1ta, deil' ap proccio «enti· essi
s un po' come un nuovo parad'1gma sc1ent · u·1co rispetto
· al veceh'10, anche
co», che presenta a sua volta due tipi di rischio. Da un lato, un arroccarn~to 5t
e que a ,<~rivoluz1·one scienti
· ·f'1ca» e' stata per cosi' di re 1mp
· 1·1c1ta,
· non di -
chi \ '
arata Ed
nel campo accademico e la difficoltà a mettersi in gioco nella sfera pubbl_ca. cani . · unque cambiata l'agenda antropologica: la messa a punto dei.
Dali' altro, una tendenza . ·ale O cultura.. 1stnea p, e degli o . d' . . 61
a liquidare il discorso patnmom
Post·I. 1ve h' ggett1 1 ncerca, il lino-uago-io usato e soprattutto 1 pro emi. I
come pura ideologia o mistificazione a fronte di una più oggettiva visio. Patri"' . cc 1 problemi sono semplicemente messi da parte. La cornice
b b
I,
dell e re al ta' soci·a1·1. o·!Il1ostrare che le' «entità» patrimom'ali so no cos trulle ·e '"1oniaie n 51. . b1 .,
l' . . . l illusori , estudia . on Interessa più delle categorie di egemonia e su a termta,
po Itlcamente e retoricamente non autorizza affatto a considerar e . · cui· il classICo
Piuttosto i mo d'1m . repertono · folkl onco
· e, recupera to, \ \1 :
fru d.I . te1nve I'
d ilo <<stato», .f ntato e val .·
onzzato da vane agenzie sociali come bene cultura1e, con
tto una sorta d1 falsa coscienza al servizio del «Potere» e e li · a e . . . . 1'
d tnalit' .
e unque smascherabili da un più solido linguaggio che parh d'I po tJC . a turistich 1'd · . · 1
e, ent1tane o di altro tipo. Gli studi· d1· patnmomo·
avora-
I \~Il
I t\I', ~
I'
I ',
- --
~14~6~C~AP:i:'.IT~OL~o -=-
s _ _ _ _ _ _ _ __ _ _ _ _ _ _ _ __ _ _ _ DALLA DEMOLOGIA AL PATRIMONIO 147
hé la fiaba si stava estinguendo in quegli anni no . . l progetto e trasformarlo in un'antropologia della cultura popolare
te ( ma non perC . .d .f . . ' n più d'1 riadt que
. d
quanto s1 an ass e estinouendo a1 tempi e1 ratelli Gnmm) . Ora oranea.
, se negli
1:> •
conternp b' • ;>
. , . f sse
anm 60 s1 o pensato di creare .una Scuola nazionale. per la decla"' .
,.,azione Come raggiungere q_u~sto o iettivo. I capitoli . .
che seguono provano a
deIlaia . b
f ap opolare tradizionale, m modo da non lasciar estinguere , e alcuni percorsi m modo esplorativo e certamente più frammen-
. . . llnarte deUn ea r . . . . . .
._[ au·va e letteraria minacciata dai mass media e dalla modern,·z .
penorm tario rispetto alla nc_ostr~zi~?e sto~i~a-e ~e?nca fm qui se~uita. I capitoli si
. . . zaz10.
ne, cosa ne Sarebbe venuto fuon? Una specie di arte minore musealiz zata f alizzano su alcum terru pm specif1c1 di ncerca: la tematica antropologica
consegnata alla Cultura e sottratta invece al viv~ divenire della cultura (quel'. d:~ dono, il problem_a del plur~smo medico e delle_medicine non conven-
la con la «c» minuscola) , dunque qualcosa di antropologicamente rnolto ionali, la museografia etnografica e la cultura matenale domestica. Pur nel-
diverso rispetto a ciò che la fiaba era per le narratrici registrate da Cirese e ;a grande differenza dei ten:1i e del tagli~ ~nali~ico adot~ato, tutti e quattro i
dai suoi collaboratori. Ma è proprio questo che rischia di accadere_ anzi capitoli si concentrano su differenze o dislivelli culturali che emergono nella
che è già accaduto nel momento stesso in cui una pratica culturale divien~ società italiana contemporanea. Certo, le differenze non si distribuiscono
così ufficiale e «consacrata» da accedere a un processo di patrimonializza- uniformemente in relazione a classi sociali ben separate, ciascuna delle quali
zione formale. L'Unesco è come Re .i'vlida: dove mette le mani, trasforma produrrebbe o consumerebbe una sua cultura specifica e distintiva. Ci si
fenomeni effimeri ma vivi in statue d'oro. L'antropologia non può seguirla trova di fronte , rispetto all'età d'oro delle ricerche demartiniane, a una strut-
fino in fondo senza tradire le sue più profonde vocazioni. Prima di tutto la tura di classe molto più segmentata e articolata; e i rapporti tra dinamiche
vocazione per la mediocrità, per il brutto, per i mucchi di rifiuti e i fenomeni sociali e culturali sono resi più complessi dall'esplosione della cultura di
marginali, per tutto ciò che fa più fatica a emergere e ad essere riconosciuto massa. Eppure vale ancora la pena di seguire questa pista, che stava al centro
istituzionalmente. Si potrebbe quasi dire che quando certi aspetti della cul- della riflessione gramsciana e dell'originario progetto della demologia.
tura emergono esplicitamente in primo piano nel discorso pubblico, allora
non sono più pane per l'antropologia. Così, quando a certe forme di folklore
ci pensano organizzazioni internazionali e istituzioni pubbliche, sponsor
bancari e associazioni di categoria, articoli sui giornali e servizi televisivi, _si
ha la netta sensazione che il posto dell'antropologia sia da un'altra parte-ID
angolini meno illuminati - a registrare barzellette oscene nei bar, a fotogra·
fare 1e scntte . sw. muri dei gabinetti, a catalogare co11ez1oni . . d'1 oggetti kitsch
in abitazioni di classe media. d'
. .
In smtes1, per concludere: il filone Gramsci-de Martmo- . c·rese1 ' CO I·
fi e· .
cato m ecs seppure con le ambiguità che abbiamo visto e m un a letturail ·
eccessivamente continuista rispetto al passato folklorico, ha rappresentat~ .
00
momento di maggiore originalità e visibilità internazionale dell'antr?P
· · 1· . h 1s1stem 8
gia lta iana (nonché di visibilità delle discipline antropologie e ne eso
culturale-scientifico italiano). Dobbiamo considerarlo oggi come 00.:0rsa
che grava sulle possibilità globalizzanti dei nostri studi, o come un~ rl rega·
e. a oman da secondo me è retorica: di fron te alla
da valorizzar ;> L d disg
. . . •gina·
z1one silenzios d il d 1 . l'. . z10ne ofl
a e a emo og1a, si tratta di recuperare 1sptra