Sei sulla pagina 1di 60

ICE

2. Cose e persone
J. Oggetti d'affezione
4. Gusti alti e bassi
5. Il «borghese» e il «popolare»
Premessa
ioni

mti bibliografici

testo

einomi cul-
a gue rra mondiale l'an trop olo gia
Nei decenni successivi alla Second rno all'in-
ificativo sviluppo, inc ent rato atto
turale conosce in Italia un sign dall'opera
e a un par adi gm a teorico trat to
teresse per ·la, cultura pop ola re ito di
del carcere, Gramsci aveva sugger
di Antonio Gramsci. Nei Quaderni . Questa
di cultura delle classi subalterne
considerare il folklore in termini studi che si
radicalmente una tradizione di
mossa sembrò pot er rifondare filologico, e
ristretto qua dro di positivismo
era collocata fino ad allora in un iniziative
si era pre stat a a fiancheggiare le
che durante il ventennio fascista Tra gli anni
ime e le sue avventure coloniali.
di propaganda populista del reg fica sulle
duc e una ricca letteratura etnogra
'50 e '70 il nuov'b paradigma pro , propo-
izionale e sop ratt utto contadina
forme della cultura pop ola re trad forti legami
rispetto al passato e costruendo
nendone interpretazioni nuove
rnazionale.
con il dibattito antropologico inte
o di fine degli anni '70, lo storico
Al culmine di questo periodo, in un test
Carlo Ginzburg scriveva:
o
ia diva mpa no improvvise, brucian
A volte le mo de culturali in Ital
prevede-
za lasciare traccia. Ma è facile
rapi dam ente e si spe ngo no sen iver ann o
sulla cult ura pop olar e sop raw
re che gli studi (storici e non ) non c'è
Che si tratti anc he di una moda,
alla mod a che oggi li circ ond a. e reale, diffuso
de tuttavia un interess
dub bio . Die tro ad essa si intr ave e meno
istratori locali, ricercatori giovani
negli ambienti più vari. Ammin i della
sindacalisti, militanti o ex militant
giovani, gru ppi cattolici di base,
PREMESSA 11
__ _ _ _ _ _ _ ___
1I001~ P~RE~M~ES~SA: ___ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _

Liberazione '
.. e meno estrem a, seguaci di Comunione. e. zione museografica di tratti della cultura contadina e artigiana;
oppure sulla
sm1stra est re~a e . . sono occupati negli ultimi anru della cultu- onio di generi tradizionali
antanri preu e proressort si . salvaguardia e sulla valorizzazione di un patrim
di pratiche tu-
eradell e assi subalteme [Ginzburg 1979, 1].
'
c1 • (feste, forme di spettacolo) ripresi o reinventati nel contesto
onio sono
ristiche e identitarie. Queste forme di antropologia del patrim
fortuna della cultur a. popo- o, e hanno una
. b
Gmz urg cog e q
li ui la duplice natura della
, . . spesso assai raffinate sul piano epistemologico e metodologic
legata a1 moV1Inent1 socia- «costr uita» del proprio
lare: da un 1aro scren
· tifi·ca O accademica, dall altro
. . forte consapevolezza riflessiva riguardo la natura
i consegnati dal
li e (anche se Ginzburg non usa questa es~ress1o~e) a!!e ~orme di
c~nsumo oggetto. Tuttavia si accontentano di lavorare sui temi classic
enti. Ma la , il lavoro contadino,
culturale che caratterizzano in quegli anm gruppi soCiali emerg repertorio folklorico (la tradizione orale formalizzata
azione a una
«facile previsione» sul carattere duratur~ di questo _int~resse era
destina- le feste e i riti rurali del ciclo dell'anno), abbandonando l'aspir
sua più ampia
ta a venire smentita. Negli anni '80 infatti la categona di cultur
a popolare teoria generale della cultura popolare contemporanea e a una
declina progressivamente, per scomparire quasi del tutto nei rappresentazione etnografica.
0 subalterna paradigma
decenni successivi. Certo, alcuni aspetti dell'interesse per il popol
are per- La mia convinzione è che una coerente interpretazione del
e della cultura
mangono e talvolta persino si consolidano (come nelle esperienze
dei musei gramsciano spingerebbe invece oggi a riformulare una vision
e di comunica-
etnografici e, su tutt'altro piano, delle feste e delle rievocazion
i storiche): popolare che tenga conto dei processi di circolazione globale
intern o una sempre
organizzato zione di massa , cercando di riconoscere proprio al loro
sono però riconcettualizzati all'interno di un nuovo paradigma, o, l' antropolo-
- con coordinate mobile frattura fra egemonico e subalterno. Su questo terren
attorno al concetto di «patrimonio culturale intangibile» discip line quali gli studi
gia potrebbe recuperare un fecondo rapporto con
sia epistemologiche che etico-politiche completamente diverse. ciana proprio
punto culturali (che hanno in qualche modo raccolto l'eredità grams
In questo libro seguirò questo percorso di fortuna e declino dal portandola in
in par- mentre la demologia italiana la stava abbandonando, anche se
di vista di una specifica disciplina di studi, l'antropologia culturale; , le vicende
il nome di direzioni non sempre chiare) e la storiografia. Per quest'ultima
ticolare di quella sua peculiare declinazione italiana che ha preso di recente ri-
o margi- della categoria interpretativa di «cultura popolare» sono state
demologia. Una disciplina oggi accademicamente debole e persin costruite con grande lucidità da Francesco Benigno [2013 ]. Vicen de, anche
migliori per
nale, ma che in quei decenni del dopoguerra ha vissuto tempi in questo caso, di «fortuna e declino», anche se su coordinate
e con moti-
· , di ·d
la sua capacita gm are un ampio movimento culturale centra to appunto in un troppo brusco
di li ili le for- vazioni diverse. Ma, anche qui, con la percezione che
sull '"d
1
ea dei· « 5 ve · interni», vale a dire di uno scarto cruciale tra abbandono della problematica del «popolare» la disciplina
abbia più perso
ere che
~e di cultura egemoniche e quelle subalterne. Cercherò di sosten che guadagnato.
il successivo inaridirsi· d.1 questo mov1m · ento e, dovuto oltre che bruscoal
oltà interna
mallutamento del clima culturale negli anni '80 anche a ~na diffic ti Il volume è diviso in due parti. Il primo capitolo è una sintesi della
storia
a demologia·· più precisa · ' ppos ne riperc orre i
.. mente, una contraddizione tra i suoi presu
. . . . degli studi italiani sul folklore e le tradizioni popolari, che
teonci e una pr . I d. alla stagione
. ecisa sce ta I demarcazione del campo di studi ' limitato al tratti salienti: dalla fase positivistica, al paradigma gramsciano,
repenon delle for tOlkl . . , rivolto soprat tutto a
n me onche classiche. La demologia non ha saputo baliz-
e della sua crisi. È un capitolo per così dire preparatorio
eppure voluto affro t I d.lilamic . . problemi
zazione all n are e he socioculturali legate alla glo · fe- chi affronta per la prima volta queste tematiche: mette sul tavolo
· • ormen te appro fondit i nel
rendo con
' e nuove. tecno! ogie ·
comumcauve e al consumo di massadi , pre di storia e teoria degli studi che saranno maggi
· e con Paolo De
riseman•;~ ·
centrarsi sui pi ' · .
u rassicuranti e autentici oggetti della tra zion li' resto del libro. Il secondo capitolo (scritto in collaborazione
ntesca deil'in -
UL.Zati sotto l' a d d ' Simonis, per i paragrafi 4 e 7) si sofferma sulla nascita ottoce
anni '90 a ogoi 1 . geo a ell Ich Untangible Cultura! Heritage). ra-
Dag
t:,•, mo ti studi si
sano concentrati sulle forme di rappresen
PREMESSA 13
~12~~P~R~EM~E5::S~A_ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ __ _ _ _ __

• oi sviluppi nella prima metà del '900 e durante (nelle sue ricerche sulla Francia degli anni '60 e '70) di un'estetica o un gu-
teresse per il folklore e Slll su d di G .
. . f . Il t è invece interamente e cato a ramsc1 e alla sto sociale borghese nettamente separato da quello popolare. La dicotomia
il ventenmo asc1sta. erzo . .r .
. dell ultura popolare con parucolare r11erimento, ovvia- risulta sostanzialmente confermata dai nostri materiali - che mostrano gli
sua trattazione ac ' . . . .
. Q d · d l carcere Il quarto capitolo ripercorre il cosiddetto oggetti domestici non tanto come ris~e~chiament~ della c~~dizione ~ ~las-
mente ai ua ernz e ·
«dibacito sul folklore» aperto nell'Italia del seco~do dopoguer~a proprio se dei loro proprietari, ma come att1v1 strumenti strateg1c1 per defm1re e
dalla pubblicazione degli scritti gramscia~, e dom~ato (almeno In una pri- contrattare quella condizione.
ma fase) dalla figura di Ernesto de Martmo. Il qumto mette a fuoco lana- Detto quel che si trova nel libro, due parole anche su quanto non c'è.
scita della «demologia» come disciplina di compromesso tra i nuovi impulsi Primo: non c'è una sistematica storia degli studi folklorici e demologici ita-
teorici e la vecchia tradizione di studi folklorici: in particolare viene discusso liani. È un limite serio della nostra tradizione scientifica il non aver prodotto
il lavoro di Alberto M. Cirese e il suo tentativo di costruire una «scienza n0r- una storiografia di sé stessa - se non per frammenti e con un approccio per
male» dedicata ai «dislivelli interni di cultura». Il capitolo (e la prima parte lo più eccessivamente «interno». Le storie degli studi più classiche sono
del libro) si conclude con il progressivo e tacito abbandono della demologia pensate come ricostruzioni della successione di metodi e teorie, più che su
a partire dagli anni '90, e con l'avvento del nuovo paradigma patrimoniale. una scala più ampia ed «esterna» di storia delle idee. La cultura popolare,
I successivi quattro capitoli adottano un approccio diverso. Focalizzan- come già visto, è da un lato un costrutto scientifico, dall'altro una categoria
culturale soggetta ad usi ed elaborazioni di tipo politico, estetico, commer-
dosi su campi particolari della ricerca antropologica, si interrogano sulle
ciale e via dicendo. Queste dimensioni non sono separate ma si intrecciano
possibilità attuali di una teoria della cultura popolare. Il sesto parte da una
costantemente nei diversi contesti storici. Alcuni contributi più recenti [ad
discussione del concetto antropologico di dono per giungere a un'idea di
es. Puccini 2005; Alliegro 2011] cercano di assumere questa dimensione,
cultura popolare come pratica interstiziale, che si muove negli spazi lasciati
che non potrà però realizzarsi in modo sistematico se non con ampi sfor-
a~erti dalle due grandi istituzioni che regolano la nostra vita associata, vale a
zi cooperativi. Secondo: manca nel libro un dialogo più serrato con altre
dire ~o stat~ e~ mercato. Il settimo capitolo discute il concetto di pluralismo
discipline che hanno incrociato nel loro percorso la nozione di ctÙtura po-
me_~co, e ms1ste sui modi in cui la tradizionale opposizione tra medicina
polare: la storia in primo luogo, come già detto, ma anche la sociologia, la
ufficiale e folklo nca · e' oggi· compli cata d a un (relativamente) nuovo 1eno- r
semiologia e gli studi culturali, l'etnomusicologia e altre. Terzo, e forse an-
meno: la. diffusione di eterogene1· sapen· e pratlc · h e relative· a corpo, salute
cora più importante: manca il confronto con le soluzioni che altre tradizioni
e malattia
. . che
. si pongono sul piano · d el popular, poggiando sulla cultura e
nazionali di studi hanno proposto alla «crisi del folklore» . Come si sono
sm mezzi. d1 comunica2ione d.1massa. Il ch e costringe a ripensare il concetto
trasformati gli ~tudi folklorici quando è scomparso quel mondo contadino,
stesso . di una. medicina popolare, e a studiarne . .
la fenomenologia in chiave relativamente isolato e compatto, che forniva gran parte del loro repertorio
non d1resistenza delle t d.121001 · · di .
e b . ra ma costante ibridazione tra ambiti «alti» classico? In che modo hanno affrontato la modernità, i processi di ibrida-
« assi» - come nel caso b
tavo capi'tol . ' revemente affrontato, della pranoterapia. L'ot- zione e globalizzazione? Almeno alcuni indirizzi hanno discusso in modo
lto e a museografia etnografica: discute il
o s1 muove nell'amb· d 11
paradosso di . h . diretto questo problema [Clemente e Mugnaini 2001] e proposto soluzioni
musei c e mtend al .
assumendola ali'. . . . ono v onzzare la cultura subalterna ma ehe, che, per quanto diverse, convergono su punti importanti: penso fra gli altri
e 1a rendono d mtemo di istituzioni . e sapen· u ff•1c1'ali , la patrimoru.alizzano a Stuart Hall e alla fondazione dei Cultura/ studies britannici [Hall 2006];
unque egemomca Il ul . . . . .
a Matteo Aria) espo . f' · . ~ono e timo capitolo (scritto ms1erne ad Hermann Bausinger [2005] e alla Empirische Kulturwissenscha/t per la
·a1
ten e domestica e d m me
ne
.
alcuru ul . di . Germania; al dibattito statunitense sulla fine del folklore e in particolare
ns tat1 una ricerca sulla cultura rna-
. on otta m alcune . , d li .. al lavoro di Barbara Kirshenblatt-Gimblett [1998]; alla ricchezza teorica
particolare mettere ali cma e a Toscana. L'obiettivo è qui 10
a prova le not e tesi· di P1erre
.

J
Bourdieu sull'esistenza

e,
14 PREMESSA

PARTE PRIMA
di autori come Pierre Bourdieu [1983~ e Mic?el de ~erteau ~1980] per la
Francia oltre che al filone di Ethnologte du present sviluppato m questo pa- Fortuna e declino
ese dagli anni '90 [Althabe, Fabre e Lenclud 1992]; alla tradizione di storia
culturale scandinava rappresentata da Orvar Lofgren [Frykman e Lofgren del la categoria di cultura
1987]; all'antropologia del consumo e della cultura di massa interpretata da
un autore come Daniel Miller [1998] ; agli studi sudamericani sull'indigeni- popolare negli studi
smo come ibridazione, rappresentati da Nestor G. Canclini [1998] . Un qua-
dro analitico di questi e analoghi studi non poteva rientrare nell'economia
antropologici italiani
del presente lavoro: spero di poterci tornare in successive occasioni, poiché
mi sembra un momento essenziale per la ricostruzione che auspico della
tradizione demologica italiana.
=rrow 1
Cultura popolare:
un panorama storico

I. FOLKLORE, ETNOGRAFIA, «POPOLARESCA»: GLI STUDI SULLE


TRADIZIONI CULTURALI DALL'800 AL FASCISMO

Nel '!911, per il cinquantennale dell'unità d'Italia , si tenne a Roma


un'ambiziosa Esposizione universale. Tra le principali iniziative, vi fu una
Mostra etnografica delle regioni, organizzata da Lamberto Loria, un'eclet-
tica figura di viaggiatore e intellettuale che aveva aperto pochi anni prima a
Firenze il primo museo etnografico italiano. La mostra era volta a rappre-
sentare

il documento vivo della spontanea vita popolare, negli usi, abitudini,


fogge, negli utensili e negli strumenti del lavoro[. ..]. Nessun paese può,
quanto il nostro, offrire tante varietà e così tenace persistenza di tradizio-
ni locali, tradizioni manifestatesi con bellezza di colori, di poesia e anche
di musica [Loria 1910, xii; Puccini 2005, 16-17] .

Mentre si celebrava l'unità politica, la Mostra intendeva ricordare le


caleidoscopiche differenze culturali ancora presenti nel paese: assumendole
tuttavia non come limite ma come ricchezza o come si dice oggi «bene cul-
turale», accanto ai più prestigiosi beni archeologici e storico-artistici. Come
questi LÙtimi, anche i beni etnografici erano pensati come oggetto di una
specifica disciplina scientifica. Alla Mostra si affianca infatti un affollato
Congresso di etnografia, cui partecipano molti antropologi, storici delle reli-
18 CAPITOLO 1
- CULTURA POPOLARE : UN
PANORAMA STORICO 19

mo stra la viv aci tà di un sett ore antrop?I_ogi-


· ti· e r,folkloristi-' un congresso che . . uis ce allo stallo della ricerca
. m,. lin gws . Il sec ond o fatt ore che con trib polittche
g10 atti ti e alle cor. fer ma zio ne del fascismo . Le
na espans1~ne, atte nt~ ~1 dib 1 erio do fra le due gue rre è l'af
culturale apparentemente in pie e empiriche. italiana dai più vivaci . con.test
i in-
su un am pio fro nte di nce rch h del regime isolano la cul tur a
renti internazionali e impegnato ca ne
autarc h~1c e assom. Prat1c en- am
lore ave van o ric evu to in Ita
lia un così tico lare dai dib atti ti francesi e anglos
Mai prima l'etnografia e il folk · ali , m· par
ternaz1on e mu tan do l_e
o - e per cer ti ver si, ma i più
lo riceveran. altrove sta nno pro fon ~am ent
vistoso riconoscimento pubblic te nulla arriva dei ferm ent i che so a~tr?polog1-
il culmine di iana si provincializza; il dis cor
sso del 1911 rap pre sen tan o scienze um ane . La cul tur a ital
no dopo. La Mostra e il Congre sec ond a metà ma rgin ale , si atta rda su un par adi gm a evoluz1•· 10msta (ch· ')
e
e
di stud i di imp ron ta pos itiv isti ca. Ne lla lt a risu ltar
me mge~u1ta .
una lun ga stag ione
o D'Ancona co, o re smo, non può che con fer m_a
umanistico (co me Ale ssa ndr peraltro, agli occhi dello storici m Ge rma nia con
dell'800, molti studiosi in campo del la poesia e par te il fasc ism o, ana log am ent e a qua nto acc ade
icati alla rac col ta e all' ana lisi D'a ltra
inte res sat o ad app rop riar si
del folklore sul
e Costantino Nigra) si erano ded to con il lavoro le politiche culturali naziste, è
la fine del sec olo , sop rat tut è ~ pun to
della narrativa popolare. Verso ione del la trad izio ne regionale
lud ere una piano ideologico. La valorizzaz
foll<loristi si am pli a fin o a inc di edu caz ion e di ma ssa e costruz
10ne del
di Giuseppe Pitrè, l'interesse dei oro e la di forza delle pol itic he fasciste izionali,
più ampia gamma di tratti cultura
li: le feste e gli spe ttac oli , il lav Iato rip res a o inv enz ion e di
fes te trad
nie del ciclo consenso. Ciò significa da un dem mia , inte se
religione pop ola re, le cer imo l'uv a in occ asi one del la ven
cultura materiale, la medicina e la ich e, musei e com e ad ese mp io le Fes te del
ideologia ru-
ietà di stu di, riv iste spe cia list ; dal l'al tro , lo svi lup po di una
dell 'anno e della vita . Nascono soc ti dal lo stes- come riti partecipativi di massa ime com e il na-
menti uni ver sita ri (in aug ura esaltare i valori chi ave del reg
collezioni, nonché specifici insegna ralista e conservatrice, volta a com e ma dre e
inazione di «D em ops ico log ia»
).
la dev ozi one cat toli ca, la con cez ion e del la don na
so Pitrè a Palermo sotto la denom zion alis mo , l'O nd (Op era
il con sol ida me nto del cam po di
studi lta da un' app osi ta isti tuz ion e,
Vi sono dunque le condizioni per casalinga. Qu est a politica fu svo degli stu di e
la folkloristi- ilì stre tti legami con il cam po
graf ico; sott ratt o all' app roc cio pur am ent e filo log ico del nazionale dopolavoro), che stab
etno · ne ver so il pm ·' vas t0
otto cen tesc a esso sem b · d. · zars1· con d ec1· s10 della ricerca folklorica. rso e Giu -
ca . ' ra 10 mz · del per iod o, com e Raffaele Co
h
ambito delle sci enze soci·ali , anc e attr ave rso fec ond i ·rap por ti con dial
le prID- Alcuni dei prin cip ali stu dio si ndo per sin o
. . , • ara , ade riro no esp lici tam ent e al fascismo, giu nge
Cipali scuole europee · 1ìutt aVIa · ·, non acc adr a. La Pri ma gue rra mo n ie sep pe Coc chi
giustificare con
, c10 '30 po ' ern e l'id eol ogi a razzista e a
. · · · ·' , alla fine degli anni '30 a sos ten
mterrompe. bru scament e questa stagion e cre ativ a. Ne gli anm 20 e . f sue pre tes e coloniali. Altri,
com e Pao lo To-
d ue fatton di diver. din . di rorroe argomenti «an trop olo gic i» le consolidamen-
so or e mte rve ngo no a blo cca re lo svi lup po ul al le isti tuz ion i una possibilità di
. 1 · a c tur e schi, videro nel l'at ten zio ne del do aut ono mia
mo deme di etnografi a e antropo og1a. Il pri mo fat tor e è l'in flu enz e1 _ essere sfru ttat a pur ma nte nen
. .
de11 o stonc1smo id ali st · d.
. .
1co d P0 i to della disciplina , che pot eva si illusoria. Di fat-
1 tto Cro ce. Im pla cab ile cr1t d ltim a, che doveva dim ost rar
sit· · C e ico Ben ede scientifica. Speranza, que st'u par ato ideo-
lVIsmo, roce diffid di ogru· pretesa «na tur alis tica » nel la con osc enz a reei si inte ram ent e ing lob ata nel l'ap
fenom · . a li to, la folkloristica italiana fu qua stessa den om ina -
ern umani. e sociali·· val e a di re, di ogni stu dio che int end a 1app· caen- log ico del reg ime (fin o ad acc etta re di cam bia re la pro pri a
metodi dell o del term ine
e scienze natura li b'
che si pre sta inv ece esc us1vam do per ragioni di aut arc hia l'us
. a un am 1to tutt o zione in «po pol are sca », evi tan Fu cos titu ito un
te a una int Ili 1997; Cip rian i 1979, 13-57]).
e genza stonca · e0 1pevoli di que sto equ ivo co son o sop rat e sassone «folklore» [Cavazza
le scienze soc1·ali h di per per le arti pop ola ri (Cniap),
nel qua le il ruolo
. , c e Cro ce sval u ta com e pse udo -sc ien ze, for me ,sa Com itat o naz ion ale ital ian o
Prive di auton •a ep1. stemolo . S . . d que e sub alte rno a que llo dei politic
i.
omi olog1a e ant rop olo gia son o un . degli studiosi era dec isam ent
gica. oc1 di- la Gra nde
messe da Parte· "' Lor ia nel 1912 e inte rro tta con
. li ne merame ' ma anc he folkl ore ed etn ogr afia app aio no a1 pm com e La rivista «Lares», fon dat a da me nto di questa
scrp nt d . e di basso oni nel 1930 div ene ndo stru
fil e ocument ane . n. nsp
· , anc illa . ett o alla sto na guerra, ripr ese le pub blic azi
pro o teorico.
- 20 CAPITOLO 1
CULTURA POPOLARE: UN PANORAMA STORICO 21

.d · ata del folklore: fino a impegnarsi nel soste- non lineari e contraddittori) tutti gli aspetti della vita culturale - inclusa
.. temente i eo1ogizz il . 1
v1s10ne pes~n- d li ( che attraverso un geme aggio con a tedesca la cultura, la consapevolezza e la soggettività delle stesse classi subalterne.
gno _allep?liu~he elkakraz~:»a:el 1939 ). «Si vedono rispecchiati nella mil- Nella sua visione, ogni aspetto della cultura - dalla letteratura all'arte, dalle
«Zeitschnft
. .fur
. Vodels unt ' opolo i caratteri· genuim · · rnco
· nfon dibil'1 d ella avanguardie più colte alla cultura popolare e di massa - si apre a un'analisi
lenana tradizione noS ro P . . . • · · di .
. . L di delle tradizioni popolari si potenzia qurn m un storico-politica; e, al tempo stesso, l'emancipazione delle classi subalterne
razza st O
. italiana.
. o u 1 ma oltre tutto il suo vero val ore sotto · l' aspetto po- può apparire come un progetto in certa misura culturale ed educativo.
nnnovato mteresse e P as , ' . .
.. •a1 In te righe scritte dal direttore Paolo Toschi su «Lares» Come detto, alcune pagine dei Quaderni sono dedicate al folklore; un
liuco e soci e». ques . . . ., .
· anif t m· modo che difficilmente potrebbe essere pm espli- tema la cui importanza consiste nel segnalare scarti o dislivelli nel campo
ne11938 s1 m es a, , .
cito, la metamorfosi fascista del folklore - e, al tempo stesso, 1esaurlffiento culturale che hanno a che fare con le differenze di classe. Gramsci parte da
dell'impresa scientifica che la Mostra e il Congresso del 1911 avevano fatto una netta seppur rispettosa critica alla tradizione di studi erudita e classifi-
' catoria, che «raccoglie» il folklore come «materiale pittoresco» sulla base
sperare. ·I di un ambiguo e indifferenziato concetto di popolo. Occorrerebbe invece
studiarlo, egli afferma, come
2. IL PARADIGMA GRAMSCIANO
«concezione del mondo e della vita», implicita in grande misura, di de-
(
Dopo la Seconda guerra mondiale l'interesse per la cultura· popolare terminati strati (determinati nel tempo e nello spazio) della società, in
contrapposÌzione (anch'essa per lo più implicita, meccanica, oggettiva)
ripartirà su basi completamente nuove. Per la verità, un filone di interesse
con le concezioni del mondo «ufficiali»[ ... ] che si sono succedute nello
erudito e classificatorio di impianto positivista per le «tradizioni popolari»
sviluppo storico [Gramsci 1975, Quaderno 27, 2311].
non si esaurirà mai completamente, soprattutto sul piano della ricerca loca-
le; tuttavia, altre saranno le linee-guida teoriche. La prima tra queste con-
Il popolo (cioè «l'insieme delle classi subalterne e strumentali di ogni
siste in alcune paginette di Osservazioni sul folclore che Antonio Gramsci
forma di società finora esistita») non può avere - per defirùzione - concezio-
scriveva nelle carceri fasciste, negli stessi anni in cui i folkloristi istituzionali
ni del mondo elaborate, sistematiche e organizzate. Le risorse per produrre
si dedicavano all'esaltazione della razza e dell'impero.
questa elaborazione sono infatti nelle mani dei ceti dominanti. Per questo il
. I Quaderni del carcere furono pubblicati a partire dal 1948, ed eser-
folklore si configura come
c_itarono una grande influenza sulla cultura italiana dell'epoca (e, succes-
sivamente, sugli indirizzi marxisti e postcoloniali internazionali). In essi,
agglomerato indigesto di frammenti di tutte le concezioni del mondo
Gramsci offriva un'ampia visione sia della storia e della cultura italiana e della vita che si sono succedute nella storia, della maggior parte delle
che degli scenari economico-politici mondiali alla luce di una originale in- quali, anzi, solo nel folclore si trovano i superstiti documenti mutili e
terpretazione
. della teona· marxista.
· L,aspetto ' forse più innovativo· d e1su o contaminati [ibidem, 2312].
approccio consiste nel s0 tt o1·meare 1a comp1esslta • , degli• apparati· cu1tu rali
. li i quali 1e c1assi· d ommantl
attraverso • . esercitano il loro potere. Gramsci· 5i In altre parole, il folklore si costituisce per «caduta» di elementi resi-
1ascia a e spalle il det
. · ·
ermmismo . . . con cui il marxismo
meccamcisttco . c1asS!C
·o duali _e talvolta fossilizzati della cultura alta. Fin qui, la caratterizzazione è
affrontava I rapp · il
do · • di orti tra «S t ruttura» e «sovrastruttura»: intende invece n~gattva. Il folklore è un insieme disorganico, chiuso e angusto, che merita
mimo classe come un . ili . he di esser studiato solo per poterlo meglio combattere e superare. Finché l'o-
investe il ruol d . . . ampio e cap are processo di «egemonia», e
o et ceu mtellettuali e forgia in profondità (e in modi spesso
(ULTURA POPOLARE: UN PANORAMA STORICO 23

rizzonte culturale delle classi dominate vi resterà impigliato, esse saranno · etto alle precedenti concezioni romantiche (il popolo-nazione come
1e nsp . . (il l . ..
condannate alla subalternità e nessun processo emancipativo potrà scattare. entità misticamente collettiva) ed evoluziomste popo o come «pnmitl-
Ma non è tutto. In altri passi del testo gramsciano il folklore non è soltanto . interni», deposito di sopravvivenze arcaiche). Da collezione erudita di
un deposito inerte di disorganiche sopravvivenze: esso è anche in grado di ;antichità», l'etnografia della cultura popolare si trovò proiettata a pieno
titolo nel cuore del sapere storico-sociale e persino della pratica politica. Il
esprimere
secondo aspetto più influente riguarda appunto il potenziale antiegemonico
una serie di innovazioni, spesso creative e progressiste, determinate del folklore: studiarlo e valorizzarlo può apparire una pratica progressista,
spontaneamente da forme e condizioni di vita in processo di sviluppo e un modo di dar voce ai ceti subalterni e di contribuire alla loro educazione
che sono in contraddizione, o semplicemente diverse, dalla morale degli ed emancipazione. È curioso osservare, dalla prospettiva odierna, come in
strati dirigenti [ibidem, 2313] . soli dieci anni si sia passati da un folklore conservatore, volto a esaltare i
valori fascisti della guerra, della razza e della sottomissione della donnà, a
In quanto «riflesso delle condizioni di vita culturale del popolo», il follc- un folklore contestativo e rivoluzionario, implicitamente socialista. Un salto
lore manifesta dunque una differenza irriducibile rispetto al progetto cultu- mortale che rimanda all'aspro clima politico del tempo, certo, ma che testi-
rale egemonico: ne rappresenta il limite, ne segnala la parzialità e introduce monia anche di un radicale mutamento di paradigma.
se non altro la potenzialità di un'alternativa.
Vi è una tensione interna al pensiero gramsciano sul folklore. Da un
lato agglomerato indigesto, fardello di cui liberarsi lungo la strada dell'e- 3. ERNESTO DE MARTINO E LE «PLEBI RUSTICHE DEL
mancipazione dei ceti subalterni; dall'altro, oggettiva espressione di una MEZZOGIORNO»
resistenza alle strategie egemoniche, forma di cultura non puramente inerte
Il tema del folklore progressivo richiede di introdurre un altro prota-
o fossilizzata ma capace di svilupparsi creativamente e in direzioni progres-
gonista della ripresa postbellica, indiscusso padre fondatore dei moderni
siste. Del resto, in altri suoi scritti come le Lettere, Gramsci propone valu-
studi Dea (Demoetnoantropologici) italiani, vale a dire Ernesto de Martino.
tazioni sempre assai positive della cultura locale e popolare (ad esempio,
Di formazione filosofica e storico-religiosa, de Martino fu tra gli allievi di
insiste sull'importanza del dialetto nell'educazione scolastica, sulla funzione
Be~edetto Croce. Nei suoi primi scritti degli anni '40, si dedicò alla critica
espressiva dei canti e del teatro popolare, e così via [Boninelli 2007]). Si
dei presupposti «naturalistici» dell'etnologia classica e al tentativo di una
può ipotizzare che egli intendesse distinguere una cultura popolare viva,
sua rifondazione in senso storicista. Nel volume Il mondo magico, edito nel
dinamica e storicamente presente da quella pittoresca, arcaica e residuale
l 94~, propose un originale approccio al tema del pensiero magico e delle
raccolta (o meglio «prodotta») dagli stessi studi folklorici. In effetti, com~ pratiche rituali, considerate nell'ottica di una heideggeriana «presenza» (in-
vedremo meglio più avanti, nulla in Gramsci sembra legittimare l'idea di der- Welt-sein) che n°l'- mon d o arcaico
· nsc · · e trova neli a magra
· h'ra di smarnrsi ·
u~_a «scienza» che assuma il follclore come proprio oggetto isolandolo dal una forma di collettiva protezione o riscatto [de Martino 1948].
p1u complessivo processo culturale. . . ~e Martino comincia a occuparsi di cultura popolare negli anni succes-
. Tuttavia . , le O · · furono lette come una possibile nuova fOnda-.
. sservazwm ~:'1'. mfluenzato da Gramsci e dal marxismo ma soprattutto dalle esperienze
zione degli st ~di sulla cultura popolare. In particolare, due aspetti del di- i ncerca e di attivismo politico che compie nel Mezzogiorno d'Italia. Fre-
scorso gra~sciano furono decisivi. Il primo è l'identificazione del «popolo>> q_ue~ta aree rurali della Lucania e della Puglia come dirigente del Partito so-
con
. , .le classi subaltern e. p er quanto scontato m
. una prospetuva
• mar.vista
.. e cialista prima e comunista· por,· e sviluppa un forte mteresse
• .
per la cosiddetta
PIU m generale sociologica, · questo passo rappresentò una rottura r adica·
CULTURA POPOLARE : UN PANORAMA STORICO 25
( ~AP~ITO
~24~ ~ 1 _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ __
~ L~0 2_

.derandola nei suoi aspetti culturali oltre tadini poveri appare come tutt'altro che irrazionale o residuale: de Martino
. .d.1onale» - cons l
«quesuone men miei Il «sottosvilup po» del Sud restava in ne mostra in modo assai convincente la natura di dispositivo di radicamento
. elli strettamente econo . . 1
eh e m qu . 'bil candalo per un paese nso utamente avviato esistenziale e di protezione della «presenza» in un mondo dominato dall'in-
li i un mconcep1 e s . b
queg ann d della modernizzazione. Era un pro lema difficil- combere quotidiano della miseria e dell'oppress ione. Non manca inoltre di
intraprendere 1a stra a . . h ull
a 'bil h dai partiti della simstra, e e puntavano s a classe porre in costante relazione le pratiche popolari e subalterne con lo sviluppo
mente gesu e anc e·tt, del Nord come soggetto din amico . e trasf armatore,
. di storico del discorso egemonico. I due livelli ridefiniscon o costantemen te l'u-
operaia delle gran cl a di clini. an alfab etl,. isolati
.
, confrontarsi con masse conta no rispetto all'altro i propri confini: tanto che la persistente vivacità dell'e-
ed avevano diffico1ta a .. · · d 1 ·
lemento magico e del paganesimo sincretico, evidente ad esempio nel culto
· uni·cativo e immersi m una v1S1one e mondo magico-
dal punto di vista com
miracolistico dei santi o della Vergine, può esser letto come una forma di
religiosa. resistenza alla forza di penetrazione della cultura dominante (sia quella della
Questo disagio era stato espresso molto bene da_un ~~manzo che co-
Chiesa che quella dello stato secolare moderno ).
nobbe grande fortuna nell'immediato dop?guerra, ~risto sz e/erma:o a Ebo-
li di Carlo Levi. Medico e intellettuale tonnese, Levi era stato confinato nel Ne emerge quindi una valorizzazione di quanto alla folkloristica positi-
vista appariva come pura sopravvivenz a di superstizion i e pregiudizi arcaici.
1935 per la sua attività antifascista in un villaggio lucano; nel libro, edito nel
La religione e la magia popolare sono razionali e persino efficaci: svolgono
1945, descrive la sua esperienza come una sorta di incontro antropologico

D
bene il lavoro della cultura, che è quello di tenere radicati gli esseri umani ;
con un'alterità radicale. La piccola società del paese è rappresenta ta come
fuori dalla storia, sospesa in una dimensione di miseria, immobilità e fatali-
nel mondo. Lo fanno , per de Martino, attraverso un meccanismo di «desto- I
r~icazione». In una quotidianità dominata dalla minaccia del negativo, rito e
smo e in una «mentalità primitiva» in cui la realtà si confonde inestricabil-
mito ap~ono una dimensione metastorica che conferisce sicurezza, permet-
mente con le rappresentazioni magico-religiose. L a primitivizza zione dei

''
:n~~ di «~tar~ n~ll~ storia_ come se no~ ci si fosse». D 'altra parte, proprio
contadini del Sud fu assai criticata dalla sinistra marxista , perché l'insistenza
cio c~~siste il limite stonco della magia: essa protegge esistenzialm ente le
su questioni di «mentalità» rischiava di nascondere le condizioni storiche
com_unlta subalterne mentre, al tempo stesso, le tiene confinate fuori dalla
e materiali dell'arretratezza e dell'oppressione [Clemente 1980]. Critiche st_o na. yale a dire, fuori dalla possibilità di risolvere i loro problemi nella
condivise da de Martino, che tuttavia era interessato a evidenziare la dirnen· dimensione della poli(tea, attraverso un re al e processo emancipativ o. Per
sione culturale della «questione meridionale» contro un troppo schematic? questo de M artmo · fini• sce per auspicare • .
m ultima analisi la scomparsa e il
determinismo economico. Il che apriva la possibilità di studiare la cultura, il s~perame~to del proprio stesso oggetto di studio: la magia lucana o il taran -
folklore e la religione delle «plebi rustiche del Mezzogiorn o» non come una tismo pugliese so~o 1·sutut1
.
·
· · di nscatto esistenziale che tengono tuttavia i ceti
colle~i~ne di tratti arcaici e pittoreschi, bensì come aspetti centrali della loro rur ali. mtrappolat1 n e11e con di ztom
M
· · re ali della propria oppressione . Per de
condizione storica e sociale artmo, come peraltro p er G ramsc1, . li . l .
ne a nvo uz10ne non e' è posto per la
. L'
È q_uanto de Martino. cerca di fare nelle tre grandi monografi: sul In ag1a eman · · · h ·
ne d 11· 'al ulc1paz1one ne tede la conquista, da parte delle classi subalter-
~ezzo~iorno che pubblica tra la fine degli anni '50 e i primi anni' 60, dedica~e , e ta e tura.
nsp~tt1vamente alle pratiche del lutto e al pianto rituale alla fenomeriologta Eppure, in alcuni scritti de M t' ali . .. , .
gressivo del fo ' .a~ ~~ apre a poss16 ilita d1 un uso pro-
magica popolare in Lucania, e infine - in li h , , ' babilmented'il suo ,.,. spe . ~ore. Nelle sue attJ.v1ta sia politiche che di ricerca si imbatte
capola al que o e e e pr(l) f f: ,
voro - compl ·• . i 51,.1, sso m canti popol · al
esso mittco-ntuale del tarantismo una orma tivament d 'f• . an e tre orme dell espressione orale che sono crea-
drome culturalm di . ' ta at· e mo 1 1cat1 per e · . .
traverso r1·t1· li en_te_ c~n z1onata diffusa nel Salento (Puglia) e cura1959' lotte d' spnmere contenuti di protesta e di supporto alle
CO ett1V1 di t' · 958•' . _' conta me [de Martino 1949·, 1950) • n rolklore U e
apparenteme nte im-
1961] In ipo coreutico-musicale [de Martino 1
. queste opere di r d . . . . del cofl
g an e respiro, il mondo magico-relig ioso
26 CAPITOLO 1 CULTURA POPOLARE: UN PANORAMA STORICO 27

mobile e fossilizzato dimostrava qui vitalità, capacità di dar voce a quella che Io entravo nelle case dei contadini pugliesi come un «compagno»,
i marxisti chiamavano allora «coscienza di classe». Nel «folklore progressi- come un cercatore di uomini e di umane dimenticate istorie, che al tem-
vo» de Martino vedeva la soluzione al dilemma posto da Gramsci - se e in o stesso spia e controlla la sua propria umanità, e che vuol rendersi
che modo le classi subalterne possono usare una propria distintiva e oppo- partecipe, insieme agli uomini incontrati, della fondazione di un mondo
sitiva cultura nella lotta per la liberazione. Fra l'altro, questa convinzione lo ~igliore, in cui migliori saremmo diventati tutti, io che cercavo e loro
portava a valorizzare esperienze di confine tra cultura alta e popolare, come che ritrovavo [de Martino 1953a, 319].
quella di Rocco Scotellaro, il poeta-contadino lucano che rappresenta un' al-
tra figura-chiave del meridionalismo postbellico, e la cui opera Contadini del Questo «rendersi partecipe» consiste in primo luogo nel «dar voce» ai
Sud costituisce un pionieristico esempio di uso delle storie di vita nell'analisi contadini poveri del Sud, operando una mediazione altrimenti impossibile
sociale [Scotellaro 1954]. fra il livello subalterno e quello egemonico. «Non ci abbandonare tu che sai,
Per la verità, lo stesso de Martino non coltivò a lungo la nozione di tu che puoi, tu che vedrai» - dice un vecchio contadino a de Martino: o al-
folklore progressivo. Tuttavia essa ebbe larga influenza, non solo nel campo meno questa è la storia che lui racconta [ibidem], una sorta di mito d'origine
della ricerca ma anche e soprattutto in quello della produzione culturale e dell'intellettuale organico.
a_rtistica. A un uso contestativo e politicamente impegnato di forme espres- La poetica e la politica del «dar voce» sta al centro degli interessi per
sive della tradizione popolare si dedicarono a partire dagli anni '50 vari pro- la cultura popolare tra anni '50 e '60, ispirando molte altre esperienze che
getti artistici, come Cantacronache, il Nuovo canzoniere italiano e I dischi del tentano di coniugare la passione etico-politica con una nuova visione della

(
sole. In essi era centrale l'idea di una produzione culturale dal basso, fon- stor_ia e delle scienze umane. E ciò non vale soltanto nell' «arretrato» Mez-
?ata su una diretta presa di parola dei ceti subalterni, e al tempo stesso una zog~orn~. Nell'Italia del Nord occorre almeno ricordare il lavoro di Gianni
idea brechtiana di spettacolo popolare come forma di educazione e presa di Btio, smgol~re figura di intellettuale, politico e organizzatore di cultura
coscienza delle masse. c e persegue il progetto radicalmente anticrociano di una storia dal basso.
5comparso prematurarn t all' , di . .
di· . . en e eta 48 anm, Bos10 non ha lasciato opere
ampio respuo ma . d' . .
sul t . . h , h una sene I scntt1 e soprattutto un'attività di ricerca
4. «ELOGIO DEL MAGNETOFONO»: GIANNI BOSIO E LA STORIA erntono c e anno fatt O 1 (
DAL BASSO dall'Ist·t E scuo a una scuola rappresentata soprattutto
1
uto mesto de M · f d
1966 e an . artmo, on ato a Milano dallo stesso Bosio nel
cora oggi operante con d S p· •
cerca e archivio di f . ali,) se e a esto iorentmo, come centro di ri-
, Ne~a _prospettiva che abbiamo visto finora aprirsi, un aspetto cruciale onu or Parti 1 infl ,
e la pos121one ·
engage' assunta dal ncercatore. 1 del magnetofono t . d. . co armente uente e stato il suo Elogio
, Studiare la cultura popo are , esto mtro Uttlvo a un l di f . .
una poetica (per n di a racco ta onu orali che esprime
nboln e c?~e ~accogliere farfalle: nel far emergere tratti distintivi dei ceti su- on re un metodo) ehe sara' con d'1v1so ·
a terni, il ncercatore · . · stu diosi: da generazioni di
li . necessanamente partecipa alla battaglia educauva e
po Uca per la loro em · · Il l b
. ancipaz1one. nuovo folklorista ' per usare la ce e. re L' . d
espressione di Gram • . f .
bal E' sci, si a dunque «mtellettuale organico» alle classi su, avvio egli studi sulla cultura del d
terne. ancora de M · • gna col magnetofon O d . mon o popolare e proletario se-
bi · artmo a espnmere con la massima efficacia questo I una ataz1one nuo Il r
umvoco rapporto tra c . . a presenza costante dell ul va. magnetorono documenta
del 1 . onoscenza e Impegno ' quando scrive , a proposito · · la quale proviene non sol-
a c tura oppos1t1va
suo avaro m Salento: tanto dalla obiettiva
. presenza stori d Il l •
operaia, ma anche dall f d. ca e e cassi popolari e della classe
e orme I consapevolezza [ ... ] La possibilità di
28 CAPITOLO 1 CULTURA POPOLARE: UN PANORAMA STORICO 29

fissare col magnetofono modi di essere, porsi e comunicare (così come la


ellicola permette di fissare in movimento feste riti e spettacoli) ridona rande campagna
di raccolta in tutte le regioni italiane [Discoteca
. 1 di Statoh
g h una più vasta visione della narrativa orale popo are anc e
~a cultura delle classi oppresse la possibilità di preservare i modi della 1975],c e apre a .. . , . d 1
propria consapevolezza, cioè della propria cultura [Bosio 1975, 171].
al di là del genere fiabistico in senso ~tr~tto. Le poss1bilita ~ocumentane ~
magnetefono s1· es tendono ai racconti d1 . .
guerra e della
. . . stone
Resistenza, .alle . .
di vita, alla fenomenologia della vita quoudiana. S1 tratta spesso d1 1mz1at1ve
Bosio, diversamente da de Martino, lavorava in contesti contadini e
l ali mosse da passione etico-politica e non sempre supportate da co~pe~
operai con consolidate tradizioni di organizzazione politica e sindacale; il
che lo portava ad accentuare il tema della «consapevolezza», cioè delle for- tenze . cnten
oc 'meto d olo gi·che·, mancano standard tecnici condivisi, così come 1
· di onservazione catalogazione e trattamento delle fonu . Preva e
me culturali assunte dalla coscienza di classe. Il carattere progressivo non comuru c ' . · · al
però il carattere «eroico» di un'impresa che viene percepita come di rad1c e
era per lui una occasionale eccezione; anzi l'esplicito impegno oppositivo e
rottura rispetto al passato. . .
di protesta rispondeva a una interna logica di sviluppo creativo del folklore.
Non è solo l'antropologia a «scoprire» le fonti orali, ma ovviamente
Bosio era interessato molto di più ai fenomeni di trasformazione che a quelli
anche la storia. E anche nella storiografia la nozione di cultura popolare ha
di permanenza. E sembrava non esservi per lui soluzione di continuità tra
grande fortuna soprattutto a partire dagli anni '60. Le fonti di q~esto inte-
la registrazione «sul campo» di canti o performance di teatro popolare e
resse erano molteplici: fra le altre, la «storia dal basso» delle classi subalter-
l'organizzazione di spettacoli destinati al pubblico colto delle città; spetta-
ne proposta da marxisti inglesi come Eric Hobsbawm ed Edward P. Tho~-
coli nei quali i motivi della tradizione si fondevano con i repertori socialisti
pson , e l'ampia influenza della scuola francese delle Annales, con la sua In~
o anarchici e con canzoni di protesta attualizzanti. È il caso di L'altra Italia,
sistenza sui temi della vita quotidiana, delle «mentalità» e delle strutture di
rassegna della «canzone popolare e di protesta vecchia e nuova», di spetta-
lunga durata. Ho già citato nella Premessa l'affermazione di Carlo Ginzburg
coli come Ci ragiono e canto e Bella ciao, dei concerti del Nuovo canzoniere
sulla cultura popolare come una «moda» della storiografia internazionale e
italiano e della importante serie discografica I dischi del sole: tutte iniziative
italiana: moda che nel nostro paese si era solidamente innestata, appunto,
degli anni '60, fondative di quello che potremmo chiamare il folk politica-
nei dibattiti aperti dai testi gramsciani e dal tipo di antropologia praticata
mente impegnato, un genere ancora oggi ben vivo e che ha trovato in Ivan
da de Martino. Proprio Carlo Ginzburg è stato il principale (o almeno il più
Della Mea, cantante e intellettuale recentemente scomparso, il suo più den-
noto) interprete dell'interesse storico per il popolare, in particolare nei suoi
so interprete [Fanelli 2017, 124 ss.J.
primi lavori come I benandanti, del 1966, e Il fo rmaggio e i vermi, pubblicato
L'immagine dell' «intellettuale rovesciato», che dà il titolo alla più im-
10 anni dopo [Ginzburg 1966; 1976]. Lavorando su fonti del XVI secolo,
portante raccolta di saggi di Bosio (1975], esprime perfettamente il rap-
Ginzburg tentava di delineare un sostrato di cultura popolare e subalterna
porto tra cultura popolare e mondo engagé della ricerca di quegli anni. ll
distintivo e resistente rispetto alla cultura egemonica, e che poteva però rive-
magnetofono è lo strumento magico che consente di invertire il rapport~
larsi indirettamente solo attraverso l'esame di documenti egemonici, come
tra cultura «alta» e «bassa», che spinge l'intellettuale a imparare dalle classi
i verbali dei processi dell'Inquisizione. Proprio questa necessità di leggere
s~balteme e non (o non solo) a insegnare. Si apre qui una intensa stagi?ne
le fonti per così dire in traslucido, interpretando il non detto e lavorando
di l~voro sulle fonti orali. La diffusione di mezzi di registrazione au~~ ~
s sulle incongruenze del discorso egemonico, accentua il contrasto fra le due
co u relativamente accessibili fa intravedere nuove e sterminate possibilita
culture e fa immaginare che i frammenti subalte,rni oggi ancora accessibili
documentarie. Queste sono relative da un lato alle forme classiche dell~
fossero parte di un insieme organico e strutturato. Certo, il lavoro sulle fonti
tradizione ?rale, come il canto e la fiaba; per quest'ultima, ad esempio, si storiche è assai diverso da quello sulle fonti orali contemporanee: eppure fra
svolge tra il l 968 e il 1972 - per iniziativa della Discoteca di Stato - una
30 CAPITOLO 1
CULTURA POPOLARE: UN PANORAMA STORICO 31

i due si è potuto stabilire un rapporto forte, ed è persino possibile rivendica- · La Lapa») Cirese è studioso di ampio respiro: pratica il campo
popo1an, « ' .. . . . . ,
re una fondamentale unità del campo di studi. del folklore regionale (occupandosi 10 particolare di canti e pro:e~b1), ?1a e
molto attivo anche nel dibattito politico-cultural~ _att~r?o_al m ndionalis~o
7
ed è tra i primi a traghettare in Italia importanti 10dinzz1 dell antropologia
5. ALBERTO M. CIRESE E IL CONSOLIDAMENTO DEllA NUOVA internazionale (in particolare la semiotica e lo strutturalismo, curando tra
DEMOLOGIA l'altro l'edizione italiana di Le strutture elementari della parentela di Lévi-
Strauss). Per quanto la sua produzione fra gli anni '60 e '70 sia vasta e in-
Si è visto finora quanto poco si possa separare la storia degli studi dalla fluente, il suo testo più noto è probabilmente un manuale, dal titolo Cultura
più generale storia politica e sociale in cui si colloca. Questo vale a mag- egemonica e culture subalterne [Cirese 1973], su cui si sono formate intere
gior ragione per il periodo cui siamo arrivati, gli anni '60. Qui il dibattito generazioni di antropologi in Italia (inclusa quella di chi scrive, studente alla
sul folklore ha ormai preso le sembianze della passione per la «storia dal fine degli anni '70). Manuale che, come spesso accade, meglio della produ-
basso» e per il progetto di dar «voce» (letteralmente, attraverso il magneto- zione saggistica riesce a esprimere un paradigma teorico, una intera conce-

(
fono) alle classi subalterne; a loro volta tali passioni e progetti si alimentano zione di una disciplina.
dei fermenti sociali, delle ideologie politiche, delle trasformazioni culturali Già il titolo del manuale è programmatico. Cirese ritiene la pubblicazio-
dell'epoca. E non è solo il clima del '68 a farsi sentire: le discussioni sulla ne delle Osservazioni sul folclore di Gramsci il «momento teorico determi-
cultura popolare saranno ugualmente influenzate (sia pure in modi obliqui) nante» per il rinnovamento degli studi demologici italiani:
dai mutamenti economici e demografici, dall'accentuata mobilità sociale, I
dal rapido incremento dei livelli di istruzione, dalla diffusione del consumo l'impostazione marxista di Gramsci opponeva allo storicismo idealistico \
e della cultura di massa. il ristabilimento del legame tra fatti culturali e fatti sociali che viceversa
Si resta però ancora un po' nell'ambito della definizione accademica del Croce aveva così recisamente negato; liquidava in modo definitivo le
campo di studi. De Martino muore improvvisamente nel 1965. Per quanto ibride eredità della nozione romantica del «popolo-anima» o «popo-
avesse costantemente lavorato sulla cultura popolare, non si era mai sentito lo-nazione», e introduceva una determinazione storico-sociale precisa:
o dichiarato un folklorista (forse anche in contrapposizione ad alcuni folk- quella del «popolo-classi subalterne», inteso ovviamente come «variabi-
loristi suoi contemporanei, come Paolo Toschi, che si attardavano in una le storica» [ibidem, 218].
visione puramente filologica, positivista e «pittoresca» della disciplina). Per
de Martino, la cultura popolare non definiva una disciplina: era semmai un . Cirese era convinto che la definizione gramsciana potesse offrire una
ingrediente fondamentale di un sapere che di volta in volta definiva come rigorosa delimitazione dell'oggetto di studio della rinnovata disciplina, che
etnologico, storico-religioso o storico tout court. preferiva chiamare «demologia» (un termine che col tempo diventerà la de-
Dopo di lui, verso la fine degli anni '60, alcuni studiosi sentono invee~ ~ominazione ufficiale nell'insegnamento universitario, pur sopravvivendo
il bisogno di dare nuova sistematicità e unità allo studio della cultura popo· f~o ad oggi anche la precedente etichetta «Storia delle tradizioni popola-
lare, recependo le impetuose ma talvolta caotiche innovazioni postbelliche, ~»). Ed era an~he convinto che, come accade nelle rivoluzioni scientifiche,
ma al tempo stesso stabilendo una continuità con una tradizione folklorica nuovo paradigma fosse in grado di riassorbire il vecchio: in altre parole, il
italiana risalente almeno al romanticismo ottocentesco. Il principale inter- co_rpus di studi folklorici dell'800 e della prima metà del '900 poteva essere
prete di questa esigenza è probabilmente Alberto M. Cirese. Figlio d'art~ ~tilmente ~teg_rato all'interno della più complessa e raffinata visione aperta
(il padre Eugenio era poeta dialettale ed editore di una rivista di tradizioni a Gramsc1. C1rese riformula i principi gramsciani attraverso la teoria dei
32 UPITOLO 1 CULTURA POPOLARE: UN PANORAMA STORICO 33

«dislivelli interni di cultura»: riferendoci «ai comportamenti e alle concezio. . " lidarietà" con il "popolo" (in quanto distinto dalle "élite")»
legame d1 so . .
ni degli strati subalterni e periferici della nostra stessa società» ci troviam 0 .
[ibidem, 13, corsivo m10J. . . . .
di fronte a dislivelli culturali interni, mentre con dislivelli esterni intendiam Cirese adotta qui una epistemologia naturalistica, secondo la quale ogm
il rapporto con le «società etnologiche» o «primitive» [ibidem, 10]. Una de~ • d <<I.solare» con chiarezza. .un proprio oggetto (sul quale com-
. .
scienza eve .
finizione da cui scaturisce una chiara delimitazione delle discipline: l' etno- • z1·0 n1· di descrizione classificaz10ne, general1zzaz1one) . Ma natu-
.
p1ere opera ' . . . .
logia studia i dislivelli esterni, la demologia quelli interni. Più precisamente, ralmente isolare certi fatti culturali dalla ~amica stonca, compl~ss1va che
quest'ultima studia la diversità culturale che si accompagna alla diversità attribuisce loro una connotazione egemomca o popolare e propno quanto
della condizione sociale: diversità nella quale «si manifesta la disuguale par- la teoria gramsciana vieta di fare. Cirese conclude il suo manuale esort~do
tecipazione dei diversi strati sociali alla produzione ed alla fruizione dei beni li studi demologici a «fare i conti - e non genericamente - con la realta so-
culturali» [ibidem, 12]. :ioculturale contemporanea, con le forze e le ideologie che la animano [ ... ]
Accurato lettore di Gramsci, Cirese evita di stabilire un rapporto trop- trasformandosi in conseguenza» [ibidem, 310). Al tempo stesso, sembra
po meccanico e deterministico tra appartenenza di classe e livelli culturali; però convinto che l'oggetto della demologia sia costituito essenzialmente
è attento, come diremmo oggi, a non essenzializzare la cultura subalterna. dai repertori tradizionali del folklore contadino. Una contraddizione, o al-
Parla piuttosto di fatti culturali «popolarmente connotati», dove «connota- meno una tensione, che come vedremo si farà pesantemente sentire negli
zione» indica un «rapporto di solidarietà» tra aspetti della cultura e gruppi sviluppi degli anni successivi.
sociali o classi [ibidem, 13-14]. La sua è dunque una definizione relazio-
nale. Se un oggetto è popolare o no dipende dal suo posizionamento nella
dinamica egemonico-subalterno all'interno di un preciso contesto storico: 6. LA QUESTIONE DELLA CULTURA OPERAIA
può anche accadere che il medesimo «fatto culturale» risulti egemonico in
un contesto e popolare in un altro (ad esempio il pianto rituale, oggetto di
. Verso la fine degli anni '70, la rifondazione della demologia sulla base '
del «paradigma» gramsciano è largamente condivisa nel panorama degli
studio di Cirese come di de Martino, è egemonico nella società omerica ma
studi italiani. Sono anni di intenso sviluppo della disciplina, sia nel campo
subalterno nel Mezzogiorno italiano di oggi). d"
. la I· della ricerca che in quello dell'insegnamento universitario. Beninteso, gli
Tuttavia, come detto, Cirese è anche preoccupato di deli mitare
orientamenti e gli stili di ricerca sono tutt'altro che compatti: vi è anzi una
sciplina sulla base di un oggetto peculiare e distintivo; il che lo po~a a so~
1 geografia accademica complessa e frastagliata, che sarebbe impossibile resti-
vrapporre alla definizione relazionale una più essenziale o sostanu~a- . tuire qui anche solo per tratti fondamentali . Ad esempio, la scuola di Cirese
1
·
pnma ·
spingere bb e a studiare non un «oggetto» spec1·f·1co, m a le d10am dire•
si differenzia piuttosto nettamente dagli studiosi, specie meridionalisti, che
che storiche che producono la frattura egemonico-subaltern o; v~e a nel più direttamente si riconoscono nell'eredità di de Martino; quest'ultima è
i processi di differenziazione e le relazioni fra classi nella produzione e a sua volta fran1mentata, e combinata in diverse figure con dosi diverse di
al centro
consumo culturale. La seconda definizione spinge invece a porre • ·d no marxismo, strutturalismo, semiologia (è il caso di figure come Clara Gallini,
· 0
dell'attenzione alcuni «fatti culturali» che poi in buona parte coIOCI ~nabella Rossi, Luigi M. Lombardi Satriani, Antonino Buttitta, Elsa Gug-
' . • bbero
con quelli studiati dalla tradizione folklorica. Questi «fatti» co stituire 0 e g1no) . Ulteriori orientamenti sono quelli più influenzati dall'antropologia
una «cultura» popolare che può e deve essere studiata in modo autonorn do culturale anglosassone, per lo più antistoricisti e vicini alla sociologia (una
separato rispetto a quella egemonica. Cirese rafforza questo punto quanti e tradizione aperta in Italia da Tullio Tentori) . Vi sono poi singole figure di
· d egli studi demologici, che «tra tutti· 1· com porramen
afferma , a proposito st
ifico udiosi, scarsamente riconducibili a schieramenti, che sviluppano gli inte-
le concezioni culturali essi isolano e studiano quelli che hanno uno spec
- CULTURA POPOLARE: UN PANORAMA STORICO 35
34 CAPITOLO 1

ressi per la cultura popolar e in r~azion e a sp~cifici ambi~i tematic i _ coine recuperando la teoria dell'anti co» [ibidem, 4]. In altre parole, escludere la
Vittorio Lantem ari e Alfonso D1 Nola per 1antropo logia della religio cultura operaia garantisce la continu ità con la tradizio ne folklorica. Ma - si
Tullio Seppilli per l'antrop ologia medica, Diego Carpite lla e Robeno Le;~i chiede il questionario - si può applicar e il concetto modern o di classe alle
per l'etnomusicologia. realtà rurali precapitalistiche, per le quali si invocan o invece spesso nozioni
Questa generazione di studiosi nati per lo più negli anni '20 e '30, pur interclassiste come quelle di «mentalità»? E d'altra parte, se si considera la
con accenti molto diversi, sembra tuttavia condivi dere il progett o della nuo- cultura operaia parte integran te del campo di studi demologico (coerente-
va demologia, ed è accomu nata dal conside rare la questio ne della cultura mente con la definizione di popolo come classe), sorgono altre difficoltà. È
popolare come fulcro della tradizio ne antropo logica italiana . Nel 1980 na- possibile attribuire a essa quel caratter e di alterità, quella natura peculiare e
sce una nuova rivista antropo logica, «La ricerca folklori ca» (che esce an- distintiva che si è soliti attribuir e alla cultura contadi na tradizionale?
cora oggi e ha rapprese ntato un'espe rienza signific ativa in un panoram a
editoriale ricco ma frammentato e sempre molto precario ); il primo numero Dobbiamo considerare la cultura popolare come <<altra» rispetto a
è dedicato appunto a La cultura popolare. Questioni teoriche. Il direttore, quella egemone , facendo prevalere il criterio della distinzione, e secondo
alcuni anche della contrapposizione (oggettiva o anche soggettiva)? O
Glauco Sanga, aveva proposto ad alcune decine di studios i, soprattu tto an-
dobbiamo preferire una concezione dinamica, che veda nei contatti tra
tropologi ma anche filosofi, storici e sociologi, di rispond ere a un questiona-
culture diverse momenti di integrazione e di scambio, regolati dalla dia-
rio che enunciava i principali problem i aperti nel dibattit o sul «paradigma
lettica egemonia/subalternità? [ibidem] .
gramsciano». Tutti davano per scontato che si trattass e di un tema condivi-
so, che accomunava orientamenti teorici diversi e sul quale si misuravano In altri termini, sia pure forzando un po' le parole del questionario: ha
i rapporti dell'antropologia con le altre discipli ne e con il grande campo senso considerare quella operaia come una cultura in senso antropo logico
- certamente egemone nella cultura e nell'acc ademia italiana del tempo - - cioè autonoma, «altra», compatt a e demarca ta da confini relativamente
del marxismo. A rafforzare questa impress ione contrib uiscono due numeri netti? Queste qualità sembravano apparte nere alla cultura contadin a in vir-
della rivista «Problemi del socialismo», usciti l'anno precede nte e dedicati a tù del suo isolamento geografico, comunicativo e sociale. Ma non è q~esto il
Orientamenti marxisti e studi antropologici italiani. Problemi e dibattiti (l5 caso per il mo n d o operaio,· specie · que11 a f ase della sua storia caratterizzata
· m
e 16, 1979), anch'essi in buona parte incentra ti attorno al problem a della dall'accesso al consum o e ai mezzi di comunicazione di massa e da confini
cultura popolare. sempr~ più sfumati rispetto ad altri segmenti sociali come i ceti medio-bassi.
Il questionario, dopo un rapido accenno ai problem i sollevati dal c~n- Quest1 aspetti appaion o cruciali al question ario che li riunisce sotto due
cetto di cultura per la molteplicità delle sue accezio ni ' si sofferm a sulla aozio-e '
«delicatissime ques r·ioru:· eh e rapport o c ,e, tra popolo e ceti medi? [ ... ] Che
ne di popolo. Accettando la caratter izzazion e gramsc iana del popolo com_ Irapporto
. c''e tra cul tura popolar e e comunicazione di massa?» . Il che porta
n
classe, come si configura la «cultura del popolo» ? Si tratta di una e tità unl· uc,damente a concludere:
t · legata ali a qualita ·
· , subalter na di tale cultura, oppure sl ovra Pensare
d '
ana,
che ad ogm· ceto soci'ale corrispo . d que che · · na, che vede come essenziale il
nda una particol are cultura, e •un · ffer· Accogli ere 1•·1mpostaz1one gramscia
1 ul · ne di un · atto culturale e come non rilevante il
e c ture subalterne siano molte? [Sanga 1980, 3] Il questio nano sl so . momento dell' assunzio f
ma sul · ·al • il' am b1to momento ·
della prod uz10ne · ·f·1ca forse mettere m· d.1scuss1on· e
ques1to cruc1 e circa la classe operaia: «Va o no collocat a ne I' non s1gm
della cult ura popo1arer. . Se s1• esclude la cultura operaia 1, am b'1to d eila cultura · autonomia della cultura popolare e ridimensionarne in qualche misu-
0 10 ·
· e sui· meccan1s· m1· cl ell a dinam1ca
popolare viene 'd ali 1 • . . . 'd ali perand . , e ra l'alterità , per eone en t rare l' attenzion
. n otto e e assi precap1talist1che resi u , recu

pieno l' element0 dell a tra d'tz1one, . 11 d il' oralita,
10 misura sostanz iale que o e
36 CAPITOLO 1 CULTURA POPOLARE: UN PANORAMA STORICO 37

culturale all'interno di una società complessa, considerata come un tutto In ogni caso, Bertolotti fa notare come il ruralismo folklorico si è col tempo
interagente, con una sola storia e non come una somma di parti (la cul- trasformato in una «pesante ipoteca» per gli studi di cultura popolare: una
tura egemone e la sua storia più la cultura subalterna e la sua storia)?
ipoteca «che ha ridotto le possibilità di cogliere i violenti processi di trasfor-
[ibidem]. mazione della società italiana, e di contribuire in modo specifico al dibattito
sul mutamento che sociologi ed economisti hanno assai più consapevolmen-
Il questionario della «Ricerca folklorica», mentre finge di porre,doman- te affrontato» [Bertolotti 1980, 18].
de ad ampio spettro partendo da un nucleo teorico condiviso, mette a fuo- Ma è soprattutto Pietro Clemente, da allievo di Cirese, a entrare nel
co una contraddizione profonda che mina quello stesso nucleo. La visione vivo della teoria dei dislivelli interni. Già in un articolo di poco precedente
oramsciana non legittima affatto l'assunzione di una «cultura subalterna» aveva sostenuto la necessità di un «ridimensionamento del concetto di folk-
b
come sfera separata e autonoma, che possa rappresentare l'oggetto distinti- lore, carico di implicazioni arcaicizzanti e ruraliste, e l'assunzione del pro-
vo di una scienza specifica. L'illusione ottica di questa possibilità deriva dal letariato industriale (nella sua faccia subalterna) dentro l'area di interesse
guardare al mondo contadino come paradigma della subalternità: in questo demologico» [Clemente 1979, 147]. Nel dibattito su «La ricerca folklorica»
caso, le sue condizioni di relativo isolamento portano la frattura egemonico- Clemente scrive: «Credo che non abbia giustificazione espungere dallo stu-
subalterno ad assumere le sembianze di un'alterità culturale in senso antro- dio delle classi subalterne la classe operaia industriale; proponendo semmai
pologico. Ma non appena si volga lo sguardo a realtà industriali e u~bane'. per l'assunzione alla demologia di un "versante " specifico della vicenda del
caratterizzate da confini sociali più fluidi e dalla diffusione massmediale di proletariato: quello della vita quotidiana, della routine, dei livelli primari
contenuti culturali, le cose cambiano. A quel pw1to, non è più possibile ri- della organizzazione» [Clemente 1980, 40). La prospettiva che propone è
comprendere la vecchia disciplina folklorica sotto le nuove insegne. Tra u~o quella del «cannocchiale sulle retrovie» - dove retrovie è da intendere come
studio classificatorio dei repertori della tradizione contadina e una teoria richiamo non tanto agli aspetti «progressisti» dello status operaio (le lotte
della cultura popolare nella realtà contemporanea si apre una irreversibile · sindacali, o la funzione di guida rivoluzionaria che il marxismo-leninismo
disgiunzione. assegna a questa classe), quanto «la vita familiare, lari-produzione della esi-
stenza collettiva, i modi del permanere, innovarsi, ibridarsi delle ideologie,
i circuiti culturali che mantengono (mi pare) una certa peculiarità anche
nell'epoca dei mass-media» [ibidem].
7. CULTURA POPOLARE E CULTURA DI MASSA
Clemente vuole qui trarre fino in fondo le conseguenze della visione
gramsciana della demologia: una disciplina che dovrebbe allontanarsi deci-
Gli antropologi che rispondono al questionario della «Ricerca folkio-
. . dd' . entemente samente dalle «implicazioni arcaicizzanti e ruraliste» del folklore per scon-
nca» g1rano largamente attorno a questa contra 1z10ne, appar de
finare in un 'antropologia della dimensione quotidiana dei ceti subalterni
senza volerla affrontare. In pochi rispondono in modo diretto alle domdan .
l"1 ntl· contemporanei. Una mossa quasi ovvia, potremmo oggi dire, viste le pre-
del questionario. Guido Bertolotti, ad esempio, si rende conto che e]are messe. Eppure di questa svolta non c'è grande traccia nella ricerca di quegli
ficazione dei contadini come portatori per eccellenza della cultura popo alità anni. L'attenzione alla cultura operaia è praticamente inesistente (con alcu-
ha creato una sorta di illusione prospettica. Per questo autore, la cen:r di ne eccezioni, come le ricerche sul lavoro minerario di Paola Atzeni [1984;
• degli stu 1988 )), e le forme culturali di massa restano un oggetto opaco, presente
contadina sare bb e una conseguenza dell'origine meri di on alisuca )'ef·
italiani- una osservazione interessante che però inverte forse la causaile •a· nella consapevolezza degli studiosi ma inafferrabile, difficile da aggredire
·
fet to. Il mezzogiorno al , • l priv egi sul . d li , ..
rur e e «arretrato» e stato visto come uogo lare· piano e a teoria come su quello del metodo. E vero che la stessa nvist a
to della demologia in virtù di una certa concezione della cultura popo
ì 38 CAPITOLO 1 CULTURA POPOLARE: UN PANORAMA STORICO 39

«La ricerca folklorica» dedica pochi anni dopo, nel 1983, un numero al terna
è almeno in qualche misura espressione di una coscienza di classe, questa
«Cultura popolare e cultura di massa», a cura di Amalia Signorelli [1983]. qualità non può certo appartenere ai prodotti dell'industria culturale, i quali
Nei numerosi contributi presentati nel fascicolo, l'accento è prevalenternen- si impongono semplicemente al «popolo» che ne subirebbe passivamente la
te posto sulla critica alla visione interclassista della cultura di massa, e alle forza egemonica. Se la «vera» cultura popolare dev'essere studiata e valoriz-
capacità di resistenza opposta ai media e all'industria culturale da parte del. zata, è proprio in contrasto al consumo culturale di massa.
le tradizioni locali e delle istanze subalterne. Sono presentate ricerche assai Il che conduce a un terzo e connesso ordine di motivazioni. Per gli in-
interessanti sui modi in cui la «modernizzazione» si insinua all'interno di tellettuali, la cultura di massa è al tempo stesso oggetto di critica teorico-
forme della tradizione, quali le feste e i riti contadini, i movimenti religiosi politica e di disgusto estetico, nel senso sociologico che a questo termine
carismatici, le pratiche del lutto, le leggende e la narrativa orale. Ma è come attribuiva Pierre Bourdieu [1983]. Una caratteristica cruciale dell'Italia de-
se l'antropologia fosse legittimata a occuparsi di cultura di massa solo per gli anni '60 e '70 è l'accesso di larghe fasce di popolazione giovanile, anche
i modi in cui essa interviene a modificare il suo oggetto classico, oppme lo quella di origine contadina e operaia, all'istruzione superiore e universitaria
assorbe nei propri prodotti (come nel caso di film , pubblicità, programmi e a pratiche di consumo culturale nel campo della musica, del teatro, del
televisivi che incorporano tratti del folklore contadino). Sembrano invece cinema e dell'arte. Una parte importante degli italiani sceglie di investire in
assenti dal panorama italiano degli studi i riferimenti alla prospettiva che capitale culturale; una parte non lo farà, investendo piuttosto in altre forme
in quegli stessi anni veniva sviluppata - a partire proprio da una rilettura di di consumo vistoso, in beni di lusso e nei simboli di status promossi dai
Gramsci - dai Cultura! studies inglesi: vale a dire uno studio delle culture media. Differenti strategie che creano nel paese una frattura antropologica
subalterne basato sull'etnografia del consumo della cultura di massa tra gli molto profonda, che è fra l'altro alla base delle odierne insanabili divisioni
strati popolari. politiche. I nuovi «ceti medi riflessivi» che così si formano centrano le pro-
In realtà la «nuova demologia» italiana sembra preoccupata soprattutto prie strategie distintive, appunto, sulla raffinatezza dei consumi culturali. È
di demarcare con nettezza il proprio oggetto e il proprio campo di studi da una raffinatezza che si può manifestare a molti e diversi livelli, che hanno
quello della cultura di massa. In modo più o meno esplicito, gli antropologi però in comune il «disgusto» per gli aspetti seriali, artificiosi, inautentici e
e i demologi sentono i contorni della cultura di massa come un confine inva~ kitsch della cultura di massa.
licabile: superarlo significherebbe tradire le fondamentali motivazioni ohe li Gli intellettuali guidano questo movimento di estetica sociale. Per alcu-
ni di loro l'alternativa all'industria culturale consiste nelle tradizioni della
spingono a studiare, ma anche a tutelare e valorizzare, la cultura popolare.
grande arte, letteratura e musica, in specie nelle loro elitarie manifestazioni
Le motivazioni di questo atteggiamento sono almeno di tre ordini. Il primo
di avanguardia. Per altri, in genere quelli meno radicati in forme accreditate
è quello accademico: assumere a proprio oggetto la cultura di massa sare~be
di «nobiltà» o in «rendite di posizione» culturale, l'alternativa può consi-
una mossa rischiosa per l'autonomia della disciplina: avvicinandosi perteo·
stere nell'autentica spontaneità del folklore e della tradizione contadina. È
losamente al terreno della sociologia, della semiotica e delle scienze della co-
in questa chiave che il «folk» assume un valore distintivo rispetto ai modelli
municazione massmediale, resterebbe schiacciata dalla loro preponderanza
. . U n secon d o ordine di motivazioni ha a ch e f are con l'influenzal
di consumo promossi dai media: le case coloniche e l'arredamento in stile
quant1tat1va. «ru st ico», considerati come spazzatura fino a pochi anni prima, divengono
delle teorie critiche dell'industria culturale, come quella francofortese.' Jll~-~ agognati sirnboli di status; il canto, il teatro e le feste popolari sono oggetto
1
to forte negli anni '70. Autori come Adorno e Marcuse sono assai letti, e 1i riletture e riproposizioni che si saldano con lo spettacolo d'avanguardia.
d h il . . . .d l . a al ser·
~~ c e con~~o culturale d1 massa cosutmsca una forza 1 ~o ogi~ in quel E in questa cornice di significati sociali che la stessa demologia si trova ad
vizio del dom1mo e una forma di anestetizzazione delle coscienze e agire e a demarcare un certo tipo di oggetti culturali.
d . ( . .
ecenmo e non solo m quello) un luogo comune intellettuale. Se
il folklore
w

!4O~~(~AP~IT~O~LO'.__'.l_ __ __ _ _ _ _ _ __ _ __ __ _ __ _ _ CULTURA POPOLARE: UN PANORAMA STORICO 41

8 L'ANTROPOLOGIA CULTURALE ITALIANA OGGI: QUALE e li studiosi di «dislivelli interni»; da larga maggioranza, questi ultimi sono
SPAZIO PER LA CULTURA POPOLARE? di:enuti una minoranza intimorita, che si tiene decisamente sulla difensiva
e non sembra più credere in uno statuto forte del proprio campo. Così, le
. de dello specialismo disciplinare
Le vicen . . si.intrecciano
. qui
, con. quelle di discussioni sulla demarcazione del «popolare» sono accuratamente evitate;
una stona • SOCIOC
· ulturale dell'Italia decrli
t,
ultum
• .
decenm
• •
del• 900: •un punto lo stesso vale per il rapporto tra differenze culturali e appartenenze sociali.

su cw occorrere bbe andare ben oltre questi smtet1c1 accenm. Sta di fatto che Problemi che rischiano per così dire di far mancare il terreno sotto ai piedi.
la demologia nasce attorno a una cruciale ten~ione sia t~orica sia, per così Gli sviluppi della demologia hanno dunque imboccato altre direzioni.
clire, poetica. Da un lato vi è la fondazione teonca gramsciana, che la spinge- La strategia è stata quella di continuare a porre al centro dell'attenzione
rebbe a concentrarsi sui mutamenti culturali più recenti, cercando di seguire gli oggetti «classici» della disciplina, in particolare le feste locali e religio-
le nuove articolazioni del rapporto egemonico-subalterno attraverso una et- se, le performance di spettacolo legate alla tradizione folklorica, le forme
nografia della vita quotidiana dei ceti popolari e delle pratiche del consumo dell'espressione orale. Questi «oggetti» sono stati però collocati in quadri
di massa. Dall'altro, vi sono invece la poetica e la politica della salvaguardia interpretativi innovativi e spesso assai raffinati, influenzati dai dibattiti I
e della valorizzazione di tratti culturali tradizionali, rappresentativi di una sull'invenzione della tradizione, dalla decostruzione del concetto di cultura
diversità e meglio ancora di una resistenza rispetto alla penetrazione d~i me- operata dall'antropologia critica e postcoloniale, dagli approcci riflessivi alla
dia e dell'industria culturale: ad esempio le pratiche terapeutiche magico- descrizione etnografica. Queste influenze, forti soprattutto a partire dagli
religiose, i canti popolari e le varie forme di improvvisazione e gara poetica, anni '90, hanno da un lato portato alla rinuncia di ogni ricerca di autenticità:
il teatro e le feste di origine contadina. Questi non sono solo fenomeni del a proposito di pratiche come le feste, le forme religiose carismatiche o le
passato, certo: sono spesso vivi e creativi, nel quadro di processi di persi- performance di tradizione orale, gli studi hanno piuttosto sottolineato le ca-
stenza e di revival che tuttavia interessano realtà minoritarie o marginali, pacità di rinnovamento e la tendenza ad intrecciarsi con le dinamiche della
potremmo dire persino elitarie, lontane comunque da una dimensione vera- cultura mediale e globalizzata. Dall'altro lato, l'attenzione dei demologi si è
mente «popolare». , . s~~st ata sulle pratiche di rappresentazione e patrimonializzazione della tra-
Questa tensione irrisolta finisce per indebolire la stessa categoria ~1 dizione · In parti.col
' are, a partire · · · · opera deIlo stesso c·tre-
· d a una piomenstica
«cultura popolare». Se alla fine degli anni '70 essa appariva il centro uni- se [1977] · ' il
. , si e sv uppato un cospicuo filone di antropologia museale, che ha
ficante dell'antropologia italiana, nonché il principale tramite dei suoi rap· ~rovato i suoi punti di forza non solo nelle università ma anche e soprattutto
porti con la storia, con la sociologia e la semiologia, a partire dagli anni 'SO la 1Il una rete di musei· t
. e nograf1c1. . 1oc ali . p·1Ccoli ma spesso ·aliest1t1
. . con orande
fmezza eco l . . . . . . .o.
situazione cambia. I tentativi di definire e demarcare il «popolare» sem~r~- . n~apevo ezza epistemologica, questi musei sono oggi numtl nella
no condurre in vicoli ciechi, oppure fuori dai confini invalicabili della dis_ci-
vivace asso
d
. s· bd
ciazione un ea (Società italiana per la museografia e i beni
plina; ~ conseguenza, sia la ricerca che l'elaborazione teorico-metodolo~l: t emColetnoantropologici, costituita nel 2001) - il cui primo presidente, Pie-
ro ement h ·
vanno 10 cerca di altri centri di gravità. Quali sono questi nuovi elemenU e, a teonzzato attraverso la formula del «terzo principio della
· ;i In pnmo
ag gregazione. · luogo, nel quadro antropologico italiano • as sum 0 • inuseog f
. r:\ la» uno stile espositivo radicalmente antirealista, volto a evocare
1e risorse
no sem · · ea· una im • .
pre maggiore Importanza le ricerche di etnologia extraeurop · . ti d. d. mag1nat1ve dello spettatore più che a produrre discorsi compiu-
giore 1 or lile l f .
conseguenza, questa, delle più forti relazioni internazionali e della mag bil· 200l · c assi icatono o narrativo [Clemente e Rossi 1999; Padiglione
accessibilità d · ·' I · . . • · ' roba 2
. ei PIU ontam terrem. Rispetto agli anni '70, oggi si e P sui ' OOB]. Alle pratiche museali si è inoltre accompagnata una riflessione
mente mvertit0 il . . europeo Processi di pat . .ali . 11 . . . . . .
rapporto tra chi pratica forme di /ieldwork extra nmom zzazione de a trad1Z1one e dei bem etnooraflCI
b '
42 CAPITOLO 1 CULTURA POPOLARE: UN PANORAMA STORICO 43

in dialogo critico con le politiche culturali dell'Unesco relative ai «tesori e ita alcuna continuità fra tali studi e quelli folklorici . È come se si
viventi» e al «patrimonio intangibile» [Aa.Vv. 2006] (v. oltre, cap. 5). pere p d' . . h d' 'f . .
te 1vers1, piuttosto c e 1.mam estaz1om
trattasse di Ogg etti completamen
Malgrado la loro ricchezza, si tratta di studi che continuano ad assume. ricamente differenziate di uno stesso campo - vale a dire forme della
re la tradizione contadina e folklorica come oggetto distintivo dell' approc- ::tura quotidiana di ceti popolari. A questa incomunicabilità contribuisce
cio demologico O antropologico. Certo, è una tradizione considerata non la distanza degli impianti teorici e metodologici. Mentre la demologia, nella
come pura persistenza ma nelle sue relazioni con i contesti contemporanei sua definizione ciresiana, aveva come punti di forza il marxismo, la semio-
di mutamento; e, d'altra parte, come forma di resistenza alla deculturazione logia e lo strutturalismo, gli attuali studi di antropologia della cultura di
prodotta dallo strapotere dei media e del consumo di massa. Non è che la massa poggiano piuttosto sugli approcci interpretativi di stampo geertziano,
demologia si chiuda alla società mediale e globalizzata. Al contrario: è come oppure su una qualche forma di «teoria delle pratiche» nella linea Bourdieu-
se i meccanismi della cultura di massa potessero essere legittimamente af- de Certeau. E ancora, mentre la prima tendeva a produrre repertori docu-
frontati solo attraverso il prisma delle forme più classiche del folklore. Pena mentari e filologici, i secondi puntano piuttosto sull'etnografia in profondità
lo scadimento in una generica «sociologia» - un timore assai diffuso fra gli di singoli casi.
antropologi italiani, che deriva forse dalla percezione di schiacciamento da Riallacciare questa recente stagione di ricerche al nucleo forte della tra-
parte di una disciplina più giovane che si è costruita però un potere accade- dizione demologica, vale a dire al nodo gramsciano della frattura egemoni-
mico assai più grande. co-subalterno , è la scommessa teorica che a mio parere ci sta oggi di fronte.
Tutto questo fa perdere di vista, in definitiva, l'obiettivo teorico attorno Ciò significherebbe recuperare il terreno perduto rispetto ad altri indirizzi,
al quale la nuova demologia si era costruita fra gli anni '60 e ;70: vale a dire come i Cultura! studies anglosassoni, che hanno usato Gramsci per costruire
l'ambizione di porre in relazione le differenze culturali con quelle sociali, una solida cornice interpretativa della cultura di massa; e significherebbe
e il tentativo di seguire l'articolazione (e la linea di frattura) egemonico- altresì restituire al campo degli studi demologici in Italia una compattezza
subalterno ben oltre la dissoluzione del mondo contadino tradizionale, e forse una originalità che sembra oggi lontana. In definitiva, la scommessa
all 'interno dei mutamenti culturali contemporanei. In conclusione di queS ta è quella di arrivare a pensare cose apparentemente inconciliabili - il teatro
sintetica ricostruzione storica, che sarà approfondita nei capitoli successivi, contadino e le partite di calcio, i canti popolari e le soap operas, le fiabe
vorrei chiedermi se è possibile e opportuno recuperare oggi una centralità tramandate oralmente e quelle di Walt Disney, i pellegrinaggi e le gite turisti-
della categoria di cultura popolare, in un quadro di studi focalizzato sull~ che, la medicina dei guaritori e quella New Age - all'interno di una medesi-
ma cornice interpretativa.
pratiche della quotidianità e sulle forme del consumo di massa. Negli ultirnt
vent'anni '. sia l'antropologia che la sociologia culturale e qualitativa hanno
pro~otto tn Italia studi di taglio etnografico su aspetti della cultura di massa,
qual~ lo spettacolo sportivo, il turismo, il consumo della televisione, dell~
s
mu ica e del cinema, le pratiche alimentari la cultura materiale e l'uso degli
oggetti ordinari in b' domesttco, • ' 1 ratiche
. . am Ito le «culture della rete» e e P
·
comunicative legare ad lllternet. Q collle
.. ueste ricerche sono spesso pensate ,
am b1t1 tematici 'ali st · · · mrnal
da genenche. speci ic1 e separati l'uno dall'altro accomunati se
e amb' ·h ' neo»
0 d il
. , igue ettc ette come «antropologia del contempora 0
e e «soc1eta co 1 ( all' t op.
·
1 · mp esse» come se tutte le società studiate d an rviene
og1a non fossero «co 1
mp esse» e «contemporanee») . Di solito non
La stagione del folklore:
romanticismo, positivismo,
fascismo

1. L'INVENZIONE DELLA CULTURA POPOLARE

La panoramica storica finora proposta ha fatto perno sulle note


gramsciane e sul loro influsso nella costruzione (e nella successiva crisi) di
un paradigma demologico nell'Italia della seconda metà del '900. Sulle po-
sizioni di Gramsci e dei suoi seguaci tornerò dettagliatament e più avanti. In
questo capitolo vorrei invece soffermarmi sul «prima»: ovvero sulle tradi-
zioni di studi folklorici dalle quali Gramsci prende le distanze, definendole
all'inizio delle sue Osservazioni in questi termini:

Si può dire che finora il folclore sia stato studiato prevalentemente


come elemento «pittoresco» (in realtà finora è stato solo raccolto mate-
riale da erudizione e la scienza del folclore è consistita prevalentemente
negli studi di metodo per la raccolta, la selezione e la classificazione di
tale materiale, cioè nello studio delle cautele pratiche e dei principii em-
pirici necessari per svolgere proficuamente un aspetto particolare dell' e-
rudizione, né con ciò si misconosce l'importanza e il significato storico
di alcuni grandi studiosi del folclore) [Gramsci 1975, 2311].

Erudizione, metodi di raccolta e classificazione: è l'immagine di una


cornice di studi filologici e di impostazione positivista, largamente supe-
rata nella prospettiva storicista di Gramsci ma che aveva svolto un ruolo
fo nd amentale nel creare uno spazio epistemico per il folklore. In Italia, tali
LA STAGIONE DEL FOLKLORE: ROMANTICISMO, POSITIVISMO, FASCISMO 47
46 CAPITOLO 2

studi avevano vissuto momenti piuttosto intens_i ~ v~ ho ~ià accennato - so. . · 1 tine fino ad allora usate. Thoms definisce la sua materia come «usi
naz10n1 a . . .
prattutto a cavallo tra '800 e '900. Per c~mod1ta, s~ puo schema~icarnente · abitudini superst1z1001, ballate, prover b 1" ecc. d e1. tempi. antlc . h" .
1».
e costumi, ' , . . . 1
suddividerne la storia in tre fasi: un esordio romantico, un consolidamento . izione che influenzera a lungo la d1sc1plina, soprattutto con que
una d ef m . . . al .
positivistico, una ideologizzazione fascist~. . · to al passato che le conferisce un orientamento quasi nost g1co,
rifenmen . . . . . .
L'interesse per il «popolare» nasce 111 Europa almeno a parure dalla , una missione di salvatagg10 nei confronti di un patrimomo che sem-
nonc h e
seconda metà del '700 - dal momento in cui i ceti dominanti e intellettuali bra destinato prima o poi a scomparire.
cominciano a pensare sé stessi come moderni: vale a dire, come le avan. Lo studio della cultura popolare, così intesa, prende dunque corpo fra
guardie di un percorso inarrestabile di progresso materiale e spirituale che '700 e '800, nella grande stagione del Romanticismo . Peter Burke [1980, 12]
si lascia alle spalle i residui arcaici e spezza le catene della povertà, delle ha potuto scrivere che la cultura popolare è stata scoperta da un gruppo di
norme consuetudinarie e dell'oscurantism o dogmatico. Capitalismo, tec- intellettuali tedeschi sul finire del XVIII secolo. «Scoperta», o si potrebbe
nologia e industrializzazione, liberismo e illuminismo sono i capisaldi di persino dire «inventata». Si scopre infatti qualcosa che già esisteva in prece-
una nuova visione del mondo che appare inarrestabile ma procede in modo denza in modo compiuto. Ma una «cultura popolare» prima non esisteva:
disuguale, lasciando dietro di sé zone d'ombra o residuali - in altre parole, c'erano agglomerati frammentari di differenze fra alto e basso che erano
per usare il termine proposto da Alberto M. Cirese, «dislivelli di cultura». I ovviamente percepiti ma non considerati «oggetto» possibile di interesse,
dislivelli possono essere esterni o interni. I primi riguardano i popoli che si né tanto meno immaginati come parte di un complesso culturale compatto e
chiamavano allora primitivi o selvaggi, i quali sembravano restare confinati
in una statica dimensione preistorica - salvo venire forzatamente trascinati
nello sviluppo dall'espansione e dalla violenza coloniale. I dislivelli interni
riguardano invece i ceti popolari degli stessi paesi occidentali, in particolare
ben definito. Nei secoli passati, la cultura delle classi sociali più basse aveva
suscitato occasionali attenzioni di tipo polemico da parte degli intellettuali,
che si divertivano a compilare repertori di errori e pregiudizi, oppure ad
opera d_elle autorità religiose nella loro battaglia contro le superstizioni e le
\
le grandi masse contadine. Queste vivevano in una situazione di relativo iso· eresie. E con il Romanticismo che si fa strada l'idea di una cultura peculiare
lamento rispetto ai grandi centri di produzione della ricchezza e del sapere, e di_stintiva prodotta dal popolo come entità collettiva, e che di un popolo-
in condizioni di vita e di lavoro arcaiche di analfabetismo e di mancanza di nazione espr~e il più autentico spirito. Il Volksgeist è in quegli anni ispi-
istruzione. Non partecipavano dunque del '
progresso, e la loro «cultura» si rator_e della vita artistica come di quella politica. Gli intellettuali romantici
distaccava in modo sempre più netto da quella avanzata e dominante. considerano loro com p1·r 1
o a racco1ta, il fi ssaggio . ne11a scrittura
. e dunque il
. Era una cultura, quella del popolo rurale, fatta di usi e costumi antichi salvataggio di quell ul al , l bil .
a c tura or e cosi a e e delicata che rischia di esser
Immobilizzati dalle norme della tradizione di credenze e riti magici e di una spazzata via dall' a d il d . , .
li . . vvento e a mo erruta. Jacob Gnmm - il celebre racco-
r~ligione immanente e superstiziosa, di un'linguaggio arcaico e vernacolare, g tore di fiabe insie al f 11 Wilh 1m
f b . .' me rate o e -vedeva la fantasia creativa delle
di rep~rtori st andardizzati di «arte» e «letteratura» trasmessi per via orale, la e inesorabilment e . . <l' d l' . . , ..
come 1 pro ver b"1, 1· canti,· 1e f·1ab e. d il . . mmacciata < a ove aVIdita e gh mgranaggi stridenti
Queste forme culturali considerate co me e e macchine mtorb"di
37] · . 1 . al .
scono ogm tro pensiero» [cit. in Bausinger 2005
sopravv~venz~ di civiltà passate, cominciano a interess~re gli intellettuali , questa idea di sal • . '
moderm·' storici , fil 0 1 · 1 esting .d vataggio m extremis di una cultura che starebbe per
og1, etterat1· e artisti
. . ne fanno oggetto d1. stu dio, prima uers1 a un mo all' al
sotto la denomin · d" l lavoro dei f lkl . . mento tro accompagnerà per oltre due secoli il
azione 1vu gares antiquitates o popular antiquitzes, · poi,· ap· 0
largament . orisu d . · La ra. ecolt a d"1 canti· e f'1ab e popolari (peraltro spesso
punto, sotto la rubrica di folklore . Quest'ultimo termine (folk-lore, dottrina · e nve uti e manipol t') d" · ,
o sapere popolare) . ,v,illi·ain
1n quegli anni. a 1 iviene cosi un genere letterario cruciale
J· Th oms, con l'obiettiv
'venne comato nel 1846 dallo studioso inglese w
0 d.1 · ·
.
sostituire un termine anglosassone alle d en oinI·
!48~~(~A~P~ITO~L~0~2_ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ __ LA STAGIONE DEL FOLKLORE: ROMANTICISMO, POSITIVISMO, FASCISMO 49

2 ALLE ORIGINI DELLA FOLKLORISTICA ITALIANA: NICCOLÒ l zione di continuità, Tommaseo passa dalla esaltazione dell ' ar-
TOMMASEO E BEATRICE DI PIAN DEGLI ONTANI Senza sdi~ u le che ammira nelle chiese di Pistoia a quella del «popolo»
te tardome oeva . .
.
eh emcon tra nelle montagne circostanti.
· ulso arriva con qualche
lo lt ali a questo imp . , . ritardo. Gli intellettuali ita-
.
. . ch e tanto h anno m
liam · vestito sull'eredita rmasc1ment ale e sul programma
. . NeI pis· t o1·ese si rincontra un tipo di fisionomie differente
•,
dal fioren-
· h ·'
' · . " Jpi'te insieme e più delicate. Son facce e pm poenc e e pm
neoc1assico, sono men 0 interessati al /risson romantico rispetto a quelli di uno: piu sco . . . I Gl' .
· h .
al m· paes1.· L' att o di nascita di un campo
. . autonomo della cultura p1ttoresc e. P arlo del popolo ' perché la poesia nsiede nel popo o. 1 usi
. . . è
popolare
·ali
. . · · 1
don prosaici e ineleganti spesso I nostri movunenn: a mossa
forse rappresen tato dall a Gita nel Pzsto;ese,. un testo
, pubblicato sulla rivista sdoclll t retan degli occhi nel popolo tiene ancora dell'ispirato. [. •.]e quel-
"_ 1ogia»
<v~uto · ne11832 , m · cui il filologo Niccolo Tommaseo narra del suo e a es ' ' . di u·
1e soaVIss · ime parole escivano della bocca di contadinucc ie, pastore 1,
incontro con Beatrice di Pian degli Ontani, la «poetessa pastora»: d il · '
abbellite da un sorriso di campagna, che un cittadino stanco e a citta
può solo vagheggiar degnamente [ibidem, 15-16].
Feci venire di Pian degli Ontani una Beatrice, moglie d'un pastore,
donna di circa trent'anni che non sa leggere e che improvvisa ottave con
L'antichità, l'istinto, la natura, il popolo: vi è una continuità essenziale
I
facilità, senza sgarar verso quasi mai: con un volger d'occhi ispirato, qua-
fra questi elementi, che concorrono a costituire per !ommaseo un 'idea di
le non l'aveva di certo madama De Sade [ ... ] Donna sempre mirabile;

\
meno però, quando si pensa che il verseggiare è quasi istinto ne' tagliato- bellezza autentica da riscoprire contro la modernità. E significativo che, re-
ri e ne' carbonai di que' monti [Tommaseo 1832, 26]. lazionando sul repertorio di canti eseguiti per lui dai contadini della monta-
gna pistoiese, Tommaseo non manchi di deplorare l'infiltrazio ne di elementi
Beatrice pratica l'improvvisazione poetica in ottava rima - un genere «estranei» che vengono non dall'oralità ma dalla stampa: dalla diffusione
di «poesia» o «canto» popolare che ha mantenuto fino a oggi una sua tra- cioè di fogli volanti e altre forme di letteratura che oggi chiamerem mo di
dizione. Tommaseo vede impersonato in lei il fascino per l'ispirazione istin- consumo, che inquinano il «naturale» sentire e parlare dei poeti popolari.
tiva, per la creazione collettiva, per forme artistiche che sembrano sgorgare
spontaneamente dal popolo. La cosa notevole in questo brano è soprattutto Non ho potuto ottenere altra cosa che una leggenda (stampata,
lo giurerei) d'un amante che uccide l'amata infedele, e il giorno dopo
il contesto in cui è inserito. Che non è certo quello di una «spedizione et-
nell'ora del commesso delitto si uccide egli stesso. Non v'è di poetico
nografica» nel senso moderno del termine: bensì di un resoconto arti st ico-
che questa circostanza dell'ora[ .. . ]; un contadino del Melo che sa pure
letterario che si sofferma sulle capacità estetiche degli «antichi», vale a dire
a mente e ottave del Tasso e versi contro i francesi, e altre cosucciacce
della pittura e della scultura del '300 e del '400, esaltate nella loro naturalez· st ampate [ibidem, 16, 27].
za e ist intività che le rendono di tanto superiori a quelle artificiose e forzate
dei moderni.
Siamo qui di fronte a un aspetto della sensibilità romantica che non ces-
serà mai- molto oltre il Romanticis mo - di marcare gli interessi per il folk.lo-
. . .a que ' tempi· il concetto ispiratore [ .. . ] e, come neU' e_tà
,Abondava r~. I Popolani non hanno consapevole zza del tesoro linguistico e poetico che
dell oro ~iumi di latte, così scorrevano fiumi di bellezza. [ ... Gli antichi], SI Portano di il' · di
per raggmngere quell"d I h' • scarso valo . etro, e .ne esprunerlo lo mescolano costanteme nte con cose
1
ea e c essi avevano nel pensiero, non facev an se te e cattivo gusto (le «cosucciacc e stampate»). Sta al folklorista
che osservare la natura , • .. . 1f ttO
re d I ., ne suoI varuss1mi aspetti, coglierla su a ' Parare
Com . le gemm e vere d a que11 e f al se, e h e pure sono mo l to som1g . li .
p n era nel p1u bello [ibidem, 12-13]. ant1.
e s1 vedrà quest t . . . , . l . .
, o a tegg1amento si ntrovera m mo te successive stag10-
LA STAGIONE DEL FOLKLORE: ROMANTICISMO, POSITIVISMO, FASCISMO 51
50 CAPITOLO 2

. d li
ru eg stu
ull ultura popolare anche all'interno di paradigmi te . .
di
s ac dunque dei precursori o dei proto-folkloristi; scrittori che hanno cioè do-
' orici
cumentato aspetti della vita culturale del «popolo» pur in assenza di una
molto diversi. .
La Gita nel pistojese ci pone in realtà di ~ron~e a un c~stante intreccio cornice sistematica di studi. Così, per l'Italia si possono citare eruditi inte-
tra l'oralità e la scrittura: poiché c'è molto d1 scr~ttura e di alta letteratura ressati alle antiquitates vulgares, vale a dire ai residui delle civiltà antiche o
(Dante, Tasso e così via) nella formazione ~ei poeti po?olari (magari indiret- classiche inconsapevolmente rimasti nelle pratiche popolari: ne sono esempi
tamente, anche nel caso di totali analfabeti che tuttavia sono stati educati in per il '700 Ludovico Muratori e Michelangelo Carmeli, e per il primo '800
un ambiente in cui la scrittura circolava e la letteratura colta lasciava i suoi lo stesso Giacomo Leopardi per il giovanile Saggio sopra gli errori popolari
echi). Ma Tommaseo non vuole riconoscerlo, preso com'è dalla sua ideolo- degli antichi. Nel ricordare questi e altri precursori, Alberto M. Cirese (au-
gia di una oralità primaria e incontaminata. Non ~on~ in realtà i contadini e tore, come si vedrà, di quello che è stato a lungo il più autorevole manuale
i montanari in sé che gli interessano, ma una specie di valore eterno che essi italiano di demologia) sembra ritenere decisivo il passaggio da un interesse
incarnano quasi indipendentemente dalla loro volontà e che infatti non pos- polemico e accusatorio nei confronti delle credenze e dei costumi popolari
sono capire. Questo popolo astratto rappresenta un soggetto artistico ma al a un atteggiamento più neutralmente descrittivo e documentario [Cirese
tempo stesso anche politico. Il lavoro di Tommaseo si colorerà infatti ben 1973 , 127-129]. Solo quest'ultimo consentirebbe l'affermazione di una vera
presto di toni risorgimentali e irredentistici, con la pubblicazione nei primi
anni '40 dei quattro volumi di una raccolta di canti pÒpolari toscani, còrsi,
e propria scienza del folklore.
Tuttavia non si tratta di un atteggiamento «scientifico» o «oggettivo» (
illirici e greci- cioè di quattro nazionalità in cerca di indipendenza. Volumi che si viene lentamente distillando. Piuttosto, come detto, con la fase ro- \I
mantica si assiste all'apertura di un nuovo spazio epistemico e discorsivo nel
capostipiti di una tradizione di pubblicazioni basate sulla trascrizione dei
quale è possibile collocare la nozione di popolare. E si tratta di uno spazio
testi dei canti popolari che durerà a lungo. Ma nel passo in cui cita Beatrice
prevalentemente estetico e politico, prima ancora che filologico . Nell'inte-
ciò che «politicamente» colpisce è quell'innocente incipit: «feci venire.·.».
resse per il popolare si gioca il posizionamento di nuovi ceti dirigenti (e di
Proprio la naturalezza dell'espressione segnala l'enorme e incolmabile-~-
nuove forme di egemonia culturale) che da un lato nel «popolo» cercano
ferenza di status sociale tra i montanari e il professore venuto dalla ci~ta:
consenso
. · · i'denutane,
e ragion1 · · dall'al tro se ne sentono radicalmente sepa-
soggetti che non appartengono alla stessa comunità morale. Nel suo scntto
~at~. La _modernità (il percepirsi come moderni) è lo spartiacque che divide
Tommaseo non pensa per un attimo di potersi rivolgere a loro; parla in~e- 1d1vers1 . . segm en t'i soci'ali : ed e, attorno a questo spartiacqu
ce di lo~o per ~ pubblico e interlocutori diversi, per finalità (di dibatti~
. e che gli altri (i
plebei.' I contadini
. · d.
, m un iverso senso 1· «selvagg1») . possono oggettivarsi in
letterario e politico, di scontro tra fazioni intellettuali) del tutto eSrranee matena di contemp1azione . o di studi o. E, cosi, che la «tradizione» diventa
mondo popolare. qu al. cosa da. docume t
n are e an ali zzare, ponen d os1. al centro di. un mteresse
.
ee ildi un discorso «positivo» ·· e accademico . Più in particolare , la tradizione
°
d popolo sono temi s 11evat.i d a partlco . . de11 a classe dingente
. lan. fraz1on1 ..
e[1 e1mondo intellettua le. Vale smo . dal Romantic1sm . . o quel che Bourdieu
L . d sull990 ' 150] affermava per il '900 , cioe . , che ogn1. d.1scuss10ne
. sul popolo o
. e st0 ne egli studi presentano spesso questo momento come il primo 1e a cu
tra l' . il 1tura pop l . .
O are va compresa pnma d1 tutto nel
nconoscim ento d il'. contesto di una lotta
e 1mportanza di. un oggetto di studio . (la eultura Popoa1lar '
0 ra
g I tnte ettuali.
appunto) che per cosi' di re esisteva
· ., compmtam
. h t· o ad
g1a ente ma c e lil 'bi!ità folklDa qui una earattenstica · · ehe accompagna tutta la storia deali studi
di
. not ata; g11· mte
non era stata . 11ettuali non avrebbero cioè avuto 1a sensi
no ore, vale a dire la s1stemat1ca
· · am b'1valenza dei giudizi sul popolare. Da
i:,
per coglierne l' au •
tonomia e le caratteristiche peculiari. Spesso si cerca
LA STAGIONE DEL FOLKLORE: ROMANTICISMO, POSITIVISMO, FASCISMO 53

. . esteu·ca per la semplicità, spontaneità,.e autenticita' ·del. Tornando all'800 italiano, lo spirito romantico alimenta per tutto il se-
un lato ammirazione . .
• h dall'altro disprezzo o . verso 1ignoranza
ironia . , l' arre. colo un robusto filone di studi sul canto popolare, con autori quali tra gli
le forme folklonc e,
tratezza, i pregiudizi e le superstizioni. Q~est1 due attegg1a~enti possono altri Giuseppe Tigri, Ermolao Rubieri, Alessandro D'Ancona, Costantino
. diversi· gruppi di intellettuali, ma. anche. comb10arsi
. in mod o Nigra. Come osserva Cirese [1973, 146 ss.], nella seconda metà del secolo
caratterizzare
non contraddittorio all'interno di una prospettiva un1tana. La combinazio- lo slancio emancipativo risorgimentale si rovescia talvolta in una contempla-
ne di ammirazione e di più o meno ironico disprezzo implica però a sua vol- zione nostalgica del mondo contadino di segno decisamente conservatore.
ta una distinzione fra accezioni diverse di popolo. C'è da una parte il popolo Cirese parla in questo senso di «continuatori idillici di Tommaseo». A essi
autentico, inconsapevole portatore di una tradizione antica; e dall'altra un contrappone un approccio più realista, rappresentato da autori quali il mi-
popolo troppo contaminato dalla modernità, che non ha certo assimilato la lanese Carlo Tenca e il sacerdote calabrese Vincenzo Padula: entrambi (sia
cultura moderna ma al contempo ha perso il senso della tradizione, impi- pure in modi e da angolature molto diverse) attenti a legare le produzioni
gliandosi in grottesche forme di ibridazione, in ridicoli tentativi di imitazio- folkloriche alle condizioni di vita e ai problemi materiali e sociali dei ceti
popolari (tendenza che troverà poi espressione nel «verismo» letterario di
ne dei codici «alti». Così, gli intellettuali romantici si devono spingere nelle
Verga e Capuana, scrittori a loro volta molto vicini a interessi folklorici) .
campagne o sulle montagne più sperdute per rintracciare i loro tesori di
Ma, ciò che più conta, negli ultimi decenni del XIX secolo questi studi assu-
fiabe o canti popolari: la Foresta Nera dei fratelli Grimm e l'Appennino pi-
stoiese di Tommaseo sono i luoghi più appartati, in cui l'inquinamento cul-
turale moderno non è ancora arrivato. Solo tra i pastori e i carbonai sperduti
sui loro monti si possono ritrovare le origini inconsapevoli dell'ispirazione
mono un più solido impianto positivistico e filologico: più che sugli effetti
estetici, l'accento viene posto sull'analisi linguistica, sul confronto delle va-
rianti, sulle ipotesi di diffusione storico-geografica. Nell'Italia postunitaria,
ì
l'attenzione di linguisti e letterati per i generi popolari è diffusa, e si colloca
di un Dante o un Petrarca. Non certo nel popolo delle città o delle aree più (ad esempio in figure come quelle di Angelo De Gubernatis e Domenico
esposte alla contaminazione. È un tratto che ricompare sistematicamente Comparetti) nel quadro di ampi scenari internazionali di filologia compa-
nelle successive discussioni sul popolare: lo ritroveremo ad esempio, qua- rata. Inoltre, l'influenza del concetto antropologico di cultura e l'interesse
si centocinquant'anni dopo, nella poetica di un Pier Paolo Pasolini, tanto etnografico per gli artefatti materiali aprono filoni di studio su aspetti non
affascinato dal popolo quanto ossessionato dalla ricerca di zone marginali specificamente letterari della cultura popolare: usi e costumi, credenze e
ancora non toccate dal progresso e dalla «rivoluzione antropologica» del su~e_rst~zioni, oggetti della casa e del lavoro, feste e spettacoli, riti magici e
Il
consumismo (cfr. oltre, cap. 5) . rel~giosi si pongono al centro di una sempre più ampia letteratura documen-
A tale poetica si affianca spesso quella del salvataggio: i folkloristi imma- taria, non più soltanto condotta da filologi.
ginano sé stessi come gli ultimi in grado di documentare un'antica tradizio-
ne che si va disperdendo e che sarà scomparsa nel giro di una generazione, 4· LA STAGIONE POSITIVISTA
Naturalmente, il fatto che questo argomento sia ripetuto in mo d alita' anal0 •
ghe da almeno due secoli suggerisce .
· di considerarlo come un tratto struttU·
rale_ ~e~a P0st ura folklorica, indipendentemente dalla consistenza e della f lklA ~a:allo fra i due secoli si sviluppano in particolare due scuole di studi
rapidita degli eff tt" · mutamenti. stonc1.. . , 1 uard0 ~, onci, quella siciliana e quella fiorentina. Per la prima, il personaggio
. e ivi E ciò che tiene incollato O sg p1u rappresent f , il .
folklonco a un pas t . . stesso, . a 1vo e certamente medico palermitano Giuseppe Pitrè di
. sa O mmacciato e quasi perduto· e che al tempo ctu parlerò più in d li . . , , . . . '
come s1 vedrà n l · d il ' zione nell'U . . , ettag o m segmto, e che e fra 1altro il pnmo a introdurre
•f . e segmto e a trattazione, preclude un'adeguata atten niversita (a parure •
· d a11911 ) un msegnamento .
che trae il «popolo» a
a1 enomem culturali del presente.
LA STAGIONE DEL FOLKLORE: ROMANTICISMO, POSITIVISMO, FASCISMO
55
55•4~~(~A~Pl~TO~LO~2_ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ __

=- ----
I,
. oggetto , denominandolo «demops icologia» . La .scuola fiorent'llla l Mantegazza nel 1869 con una cattedra universit aria affiancat a poco
proprio 0 I '

discende dagli insegnamenti di Paolo Man~egazza, che f~ dal 1871 aveva :: : dalla già ricordata Società italiana di antropolo gia ed etnologia (Sia~),
fondato una Società italiana di antropolo~ia ed etnologia , centrata su un da[a rivista «Archivi o per l'Antropo logia e l'Etnolog ia» e dal Museo naz10-
nucleo di studi naturalistici ma largamente mter~ssata ~nche ali'etnografia e e di antropologia. Dieci anni prima Giovenal e Vegezzi Ruscalla [1859]
nal if
al folklore. Queste dimensioni sono sviluppate 10 parucola re da Lamberto aveva introdott o per la prima volta in Italia il termine «etnolog ia», con r e-
Loria, eclettica figura di viaggiatore e intellettuale che dopo lunghe missioni rimento tanto ai popoli di cultura che a quelli di natura. Quando, in seguito,
in Asia, Nuova Guinea ed Eritrea si dedicò alla diversità interna delle re- l'attenzione della disciplina si rivolse quasi esclusiva mente ai secondi, non
gioni italiane. Un passo che ricorre più volte nei suoi scritti esprime quasi mancò l'apporto italiano: mancò piuttosto un quadro organico di formazio -
miticamente la «conversione» che lo ha condotto dal fascino per l'esotico a ne ed elaborazione cui ricondur re intrapres e esplorati ve anche importan ti
quello per il folklore regionale: ma che finirono per restare isolate. La dimensio ne tardiva e limitata del co-
lonialismo italiano non produsse inoltre, come altrove, un'etnolo gia deter-
Mi trovavo dunque a Circello del Sannio [ ... ] quando, in me, che minata dal rimorso della «coscien za coloniale » o dalla «rivolta dell'ogge tto

D
guardavo dapprima con indifferenza e poi con attenzione sempre cre- etnologico». Nacquer o piuttosto , con sviluppi di qualche rilievo anche nella
scente la vita caratteristica di quella popolazione sannita sorse spontanea prima parte del '900, interessi etnologic i per le origini delle istituzion i civili
la domanda: perché andiamo tanto lontano a studiare gli usi e i costumi
favoriti dalla tradizion e di studi rivolta alla storia classica, greca e romana.
dei popoli, se ancora non conosciamo quelli dei nostri connazionali uniti
L'antropologia di Mantegaz za, essenzial mente fisica , si pensava e pro-
politicamente sotto un solo governo; ma con nel sangue, fuse o semplice-
mente mescolate, mille eredità divergenti? [Loria 1910, 4]

Come si è visto nel primo capitolo, nel 1906 Loria fonda a Firenze un
grammava in realtà come generale: sottopon endo al metodo naturalis tico, al
dominio biologico , anche i fatti e i comport amenti culturali. Nella seconda
metà dell'800 appariva però oggettiva mente maggiori taria in Italia l' atten-
\
zione indirizza ta alle tradizion i popolari regionali , in particola re - come
Museo di etnografia italiana, i cui materiali confluisc ono successivamente
detto - ai canti e alle fiabe. Attenzio ne che occupava peraltro posizioni mar-
a Roma, in una Mostra etnografica delle regioni organizz ata dal governo
ginali nel quadro compless ivo della cultura italiana, la cui identità non si
per celebrare i cinquant'anni dell'Unit à d'Italia (1911). Questa mostra, con ·
· ale» quanto pmttosto
. , su un' «an1ma
centrava · popo1are naz1on sulla grande
il Congresso internazionale di etnografia che l'accomp agna, rappresenta il entale. I canti e le fiabe del
eredita letteraria e artistica medieval e e rinascim
punto di maggiore sviluppo e visibilità degli studi di folklore nella loro fase illustri che
popolo vennero studiati quasi con la mano sinistra da figure
positivistica. La cultura del popolo è vista come patrimon io specifico del Nigra , D 'An cona, De G u b ernatts, • avevano ncercato e trovato i loro'
.
come. .
paese, accanto alle grandi eredità dell'arch eologia e della storia dell'a~t~ · al tn· settori. Forse anche per questo
· ifi' c1· 1n
.... en t'1 sc1ent
Prtnc1pali riconosc;.......
(oggetto di due analoghe e parallele mostre). Lontano dal contrasta re l'u!llta 10 sguardo rivolto al d 1 . .
· ali possono apparire come una risorsa e un trat· mon o popo are era tanto selettivo e parcelliz zante ,
. . ' le. d'ff
Politica 1 erenze reg1on 1ontano da un' ott' li . f .
tea o suca. A avare dt una concezio ne più compatta mente
t~ d1st_10 t1:7o della nazione, divenend o oggetto di un sapere specifico do~ato ul
«c turale» si moss ero, ne11893 , 1e asp1raz1o . . m,. di. breve durata, della Socie-
d1 pan 1 · · ' nspetto · . . · uco, t' .
. egtttlffiita a quelli, appunto, archeolo gico e stonco-a rus a nazionale per 1 t d · · • popolan. italiane, . .
Gli Atti del Congr esso d e11911 cosutmsc . . ono una buona rapprese n razione. c e ra tz1om fondata da De Guberna tis
on a sua «Rivist d 11
1 di . . . . . ,
delle esperi_enze e delle tendenze di allora nell'amb ito delle scienze che_s1 anche . a e e tra ztom popolan italiane» . Approcc i organici,
f'18 1·ral1a· 10
organizzat1·vo , espresse ancor di pm , su cm·
·, l' operato d'1 p·1tre,
possono chiamar 10 · 1
e senso ato antropolo giche [Società di etnogra d com d senso
l' • alrn nte a e etto tornerò.
na l912]. Era present e
e appunto antropolo gia, fondata istituz10n
LA STAGIONE DEL FOLKLORE: ROMANTICISMO, POSITIVISMO, FASCISMO 57
S6 (APfTOLO 2

. h d' 1,,eroenza fra tutti i già citati filoni d'indag1._ ·


st . t g-1c e I COI o '
in termm1• · gene rali . Facile verificarlo, meno . agevole
. spiegarne . le ragioni .
Proposte ra e. . . aoli inizi del '900, unitamente alla presa d' at
. .. a concreuzzars1 o . I . to Non e, su ff'1c1en
· te ricordare che vennero 1mprow1samente , e. rapidamente
. a
ne. 1mz.1arono . . ali. tico non poteva copnre anc 1e 1 fenomeni dell
.1 dO fisico-narur s a mancare fi gu1e . di rilievo ' soprattutto sul terreno dell organizzazione
. cultu-
che I meto
. ·ai Le razze non determinavano ,
più le culture e i dati culturali •
. s1 . 11913 Lamberto Loria, nel 1915 Francesco Novau, suo successore
vtta soci e. elli tici E in questo clima che nel 1902 Aldobrandj. raie. ne p· , c , b
l . vano da qu soma · . d · · alla presi·d enza della· Sie , nel 1916 Giuseppe
. . Itre. os1 come sem . raso-
sega . 645] es rime l'esigenza di guar are <<Vlcmo», al «popolo
no Mochi [190l, p • d' · 1· 1· · · prattutto d ove rs1. a pigrizia interpretativa
. la ricorrente . constataz10ne, .non
della nostra campagna, . dei mono ' [ .. . ] 1 tutti . queg i .ango 1 npost1 dove meglio argom · entata , secondo cw «per. causa della Pnma guerra mondiale,
non e. ancora giunta • la civiltà» - esattamente il punto . . npreso . da , Loria nel intercorsero vari anni di stasi» [Toschi 1962, 41].
passo sopra acaro. · Frutto di. questo mutamento
, d1 onzzont1 . sara, nel 1910'.
· · di ernoorafìa
Ia SoCJeta t,
italiana che 1 anno .
dopo
• .
promuove •il Congresso
• •
di
R oma, .
do, e m· effem· · si confrontarono
· discipline e gene raziom diverse,
. tra
5. GIUSEPPE PITRÈ: FORTUNA E OBLIO
discussioni anche accese ma soprattutto segnate da una complessiva volontà
di a ertu re, innovazioni , prospettive per impegni di alto profilo . Traspa-
Tornerò in seguito sulla crisi del ventennio e sulla successiva fascistiz-
ion: dagli interventi , soprattutto degli studiosi più giovani , richiami non
zazione della foll<loristica italiana. Vorrei intanto osservare che la fase posi-
secondari soprattutto all 'antropologia anglosassone: Tylor, Frazer, Marett,
tivistica degli studi folklorici è abbastanza studiata sul piano di una storia
Hartland. Ma anche a quella tedesca: Schmidt e Otto, in particolare gra-
«interna» [Cocchiara 1981; Cirese 1973 , 144 ss.; Alliegro 2011 , cap. 2] ; an-
zie a Raffaele Pettazzoni. A Hugo Schuchardt si deve la presentazione del
cora in gran parte da scrivere è invece la sua storia «esterna», riguardante
movimento Worter und Sachen a Raffaele Corso l'evocazione, contrastata,
cioè i contesti sociali ed epistemici che aprono la possibilità di un «sapere»
di Van Gennep. Ai temi tradizionali se ne aggregano altri, più legati alla
sulla cultura del popolo. Si dovrebbe partire dal modo in cui gli intellettuali
contemporaneità: problemi del Meridione, gerghi, zingari, migrazioni. De!
dell'Italia postunitaria cercano di costruirsi un ruolo di mediatori tra le mas -
canti si sottolinea l'esigenza di rilevarne, anche con i nuovi mezzi offerti
se e la nuova classe dirigente; così come tra l'ideale di modernità europea
dalla tecnica, la musica, non solo le parole. L'etnografia manifestata nel Con-
cui aspira lo stato, da un lato, e le tradizioni locali, spesso scandalosamen-
gresso - notava e apprezzava la stampa non specializzata - «irradia le s_ue
te arcaicizzanti, dall'altro. Ciò implica, come già detto, un atteggiamento
nervature nella filosofia , nell'arte, nella storia, nell'antropologia, nella socio-
ambivalente: valorizzazione paternalistica del «popolare» e delle differenze
logia, nella medicina, nella religione, nella geologia, nell'archeologia, nell_a
locali, ma al tempo stesso presa di distanza dai loro aspetti più «incivili», su-
lingui srica>> [Podrecca 1911 , 3]. Pochi mesi dopo all'inizio del 1912, esce il
perstiziosi, premoderni. Come ha osservato Berardino Palumbo a proposito
primo_numero di «Lares. Bullettino della Società di Etnografia Italiana»: un
caso d1 applied· ·
anthrop0 t. ogy potre bb e d et·mirsi . . un artico . 1o d e 1 suo direttore, di Pitrè, lo studio del folklore sembra collocare questi intellettuali (in specie
Lamberto Loria· Etn .f: . . . . l ·l quelli meridionali) «nello spazio di margine tra una economia morale di tipo
. · ogra;ta strumento di politica interna eco onta e. ll
Alle mtenzioni non · , . . . , 1 orte de a m~derno, da esibire come sentimento incorporato nei confronti di un pub-
Mosrra che avrebb d seguirono .
pero 1 fatti. Emblematica e a s
· nale OJ
J:
~~co nazionale, e una economia della prassi più complessa, sofisticata e stra-
. . e ovuto rapidamente stabilizzarsi in Museo nazlO
etnogra fIa: s1dovette tt d il vassero tificata», il cui senso si coglie solo negli scenari locali [Palumbo 20096, 246] ·
fi 1m . a en ere 1956 perché i reperti del 19111:ro •e
na enre sistemazione .. al d ile arti Ma, come ammette lo stesso autore, un'analisi «in grado di legare campo in-
tradizioni p 1 . U esposuiva nell'attuale Museo nazion e e po- tellettuale loca1e, regiona
· 1e e nazionale e spec ul an· campi· poli t1c1,
· · d a un 1a to,
opo an. n sost 'al . . antro . e d ,
logiche non sol 0 . anzi e mancato sviluppo delle sc1enr,i;e ffettl
' rispetto Il . ·t· ' in e
a e aspettative del Congresso, si veri ico
Pro uzioni letterarie e/o scientifiche dall'altro, [ ... ] resta ancora da fare»
LA STAGIONE DEL FOLKLORE: ROMANTICISMO, POSITIVISMO, FASCISMO 59

. però ben al di là della soglia della modernità e della scien-


di Pitrè potrà appunto mostrar
[r.bz.dem, 248 ] . Una breve analisi della figura.ali , di . il e 5
bra coIl ocars1 , . . .
~'.11. , d Il disciplina. E così almeno a parure dal radicale nnnovamento
. , al tempo stesso le potenzi ta un sun . e compito ·
la com pl ess1ta ma ufic1ta a
e ·taliani nel secondo dopoguerra. Lo si· ve d ra' meglio pm · ' avanti· ne1
. , nel 1916 a Palermo. Era nato settantacmque anni pri·~ . di
P are nrnore . .,,,a degli. studella1
· , · · d h . p· ' al
nella stessa città, dalla quale si era raramente m_osso. D1 ~ormazione scien- trattazione: ma si puo mtanto ncor are c e propno itre sta
seguitod. un violento dibattito degli anm. '50 tra Emesto de Martmo . e p ac-
tifica, aveva esercitato per tutta la vi~a l~ profess_10~e -~edica; ~1a fin da gio- . d 11 di . . ali D M . par1a
centro hiI sui «padri fondaton» e a tra z10ne it ana. e artmo
vanissimo aveva anche coltivato pass10111 letterane, miziando gia da studente ,r
lo iosc 1 l' 1 . . ali . dall
a
a pubblicare raccolte su temi folklorici - oltre eh~ passioni politiche, par- della necessità di rifondare comp etamente etn~ ogia 1t . ~na a parure
tecipando all'impresa garibaldina come volontano nella marina. L'attivi- dizione storicista De Sanctis-Croce-Gramsci; Toschi nsponde che non
tà medica lo tiene in contatto costante con il «popolo», di cui documenta ~: bisogno di alcuna rifondazione poiché i nostri studi possedevano già una
dettagliatamente modi di parlare, repertori di tradizione orale (fiabe, canti, enealogia ben precisa, quella della «linea Comparetti e D'Ancona-Novati-
proverbi), usi e costumi, riti e cerimonie, forme della cultura materiale e tec- ~arbi, alla quale si affianca quella che indichiamo con un solo nome: Pitrè»
niche del lavoro. Lo si rappresenta sempre in giro per la città con il suo ca- [Toschi 1953, 24]. Ma proprio su Pitrè si scatenava la replica di de Martino,
lesse trasformato in scrittoio mobile - una sorta di dispositivo premoderno che allo scrittore siciliano attribuiva un attardamento in «antichi miti ro-
per la ricerca sul campo, molto in linea con lo spirito positivista dei tempi. mantici sul "popolo", nonché "parecchi detriti positivisti, e un concetto so-
Alla sua morte, Pitrè si lascia dietro un 'opera immensa e monumentale stanzialmente erudito e filologico del lavoro storico"». E sentenziava: «per il
sulle tradizioni popolari della sua Sicilia e di altre regioni, che ne avrebbe Pitrè, si tratta pur sempre di isolare i tratti più o meno arcaici della ideologia
fatto l'emblema del folklorista italiano: i venticinque volumi della Biblioteca popolare e contadina, di descriverli accuratamente e di stabilire gli anelli
delle tradizioni popolari siciliane (1871-1913), la Bibliografia delle tradizioni successivi di una catena di costumi, di pratiche, di credenze. Ma ovviamente
popolari d'Italia (1894), le Novelle popolari toscane, la direzione (con Salva- questa successione, ancorché accertata, non fa storia. E non potrà mai farla»
tore Salomone Marino) della rivista «Archivio per lo studio delle tradizioni [de Martino 1955a, 221-222]. Nel segnalare questa fallacia epistemologica
popolari» (1882-1909), quella della collana Curiosità popolari tradizionali in Pitrè, de Martino ovviamente la attribuiva allo stesso Toschi. In una sinille
(16 volumi, 1885-1899), e molto altro. Per non parlare della raccolta di re- discussione non erano in gioco solo le diverse predilezioni di metodo degli
perti di cultura materiale che ne fanno un pioniere della moderna museogra- autori, ma un'intera concezione della disciplina: de Martino cercava di por-
fia etnografica. Non sono mancati a questo autore i riconoscimenti, dentro tarla verso l'impegno teorico dei moderni studi sociali (e rifiutava infatti di
e fuori l'accademia. Tra il 1940 e il 1950 è uscita un'edizione nazionale delle usare la nozione di folklore), Toschi la teneva invece saldamente ancorata a
sue opere complete in 50 volumi, a cura di un comitato scientifico inizial- una tradizione filologica e classificatoria. Due campi che resteranno tenace-
mente presieduto da Giovanni Gentile. E una seconda edizione dell'opera ;ente separati in Italia (come del resto nelle antropologie di lingua inglese e
omnia, in 60 volumi, è stata più di recente avviata dal Centro internazionale rancese) - malgrado i successivi tentativi di Cirese e altri studiosi di ricom-
porre il di · d ul. ,. . . . . .
di etnost0 ria. Numerose e tempestive sono state le traduzioni in altre lingue, n u•· vano, non a umo attraverso l ist1tuz10ne di un settore umtano
spe~ie in inglese. Ed è significativo quanto le sue opere siano oggi diffuse e lnsegnamento accademico.
e di_spon~bili in rete: grazie alla scadenza del copyright, certo, ma anche a ~uello scontro è stato vinto ovviamente da de Martino: il linguaggio
ehe s1 avv t •
te st101001anza della loro profonda penetrazione nella cultura novecentesc~- cl· . er e oggi come moderno è il suo, mentre è difficile non sentire una
A fronte di questa «fortuna», tuttavia, Pitrè è relativamente poco ~ tscont1nuit, di al . . ., . . .
L'a . a ra e e nei confronti del pm «arcruco» medico palermitano.
scusso nella CO munita . ' d . e antropologica italiana.
emolog1ca
. v·iene costafl· PPassionato
stiche d I . gno d i. d e M artmo
impe · ·
· per l' emanc1paz10ne d e11 e p le b.1 ru-
temente nominato d. . . . to che e Mezzogiorno appare agli antipodi delle divertite e paternalistiche
come una sorta 1 cunoso e preistorico antena '
LA STAGIONE DEL FOLKLORE: ROMANTICISMO, POSITIVISMO, FASCISMO 61

AP~ITO
6~O~ ( ::'. O _2 _ _ _ _
:_::L=._ __

. . . liO irito popolare. E tuttavia, a rileggere quel di Le descrizioni di Pitrè sono posizionate per così dire sullo stesso piano
· 1 p1tre1ane su sp quanto scorrettamente p·itre' f asse stato t' · dei suoi soggetti: l'autore non li osserva dall'alto, anzi non perde occasione
annotaz1on irato
. · uò non notare
batuto, non s1 P . . f . Da un lato, e paradossalmente, de Martino di insistere sulla sua condivisione dei codici culturali diffusi nei quartieri
. ball su entrambi t ronu. . . .. . . . non
in °
, a ace o non vuo1e stor
icizzare Pitrè: 1hmitl che gli attnbmsce soho se
. . . . m-
popolari. Pitrè mostra di non appartenere socialmente a quel mondo, certo,
ec P elli d itivismo (venato d1 correziom romantiche) del ma di farne parte in un altro senso. Evidenzia con compiacimento una com-
licemente qu 1
e pos . uli .. suo
P li • sa valutare il suo pec are posizionamento (il petenza da autoctono o, come si direbbe oggi , un elevato grado di intimità
tempo, e non g mteres . suo
. ) . el contesto tardo-ottocentesco. Toschi, da parte sua tr culturale. È un atteggiamento discorsivo diverso da quello di un Frazer che
«far stona» m qu . . . . . . , a-
·1contesti di riferimento: dimentica che a1 su01 giorni Pitr' descrive i riti dei «selvaggi», parlando da una siderale distanza che si mi-
scura ugu almen te . e sura al tempo stesso sulla scala degli stadi evolutivi e su quella del potere
. . uno spazio teorico avanzato, 111 rapporto a una rete di ricerca
s1 muoveva m . . . imperiale. E diverso anche dall'atteggiamento di Niccolò Tommaseo, che
. . dai· pt'u' autorevoli studiosi mternazionali (basterebbe ricordare
cosntu1ta nell'incontro con Beatrice l'ammirava, certo, ma al tempo stesso continuava
che !'«Archivio per lo studio delle tradizioni popolari» si apre con un «edi-
a parlare dall'altro versante di un abisso di classe incolmabile. Pitrè invece
toriale» di Max Mi.iller). Non gli rende dunque buon servizio quando lo usa
va e viene rispetto al suo popolo siciliano. Gioca su una doppia appartenen-
per sostenere una scuola folklorica che specie negli anni del fascismo si era I
za morale. Scrive in italiano per un pubblico che non è né popolare né ne- I
fortemente chiusa su sé stessa e provincializzata.
cessariamente siciliano; ma proprio per la sicurezza con cui appartiene a una
più «alta» comunità morale può giocare a immergersi nell'intimità nativa.
~iò 1~ .porta spesso a difendere quel «suo» popolo siciliano dalle esplicite o
6. IL POPULISTA PITRÈ implicite accuse di arretratezza e «barbarie» (che lui può formulare, ma non
accett.a qu3:°do sono lanciate da fuori) . Ne è un esempio particolarmente \
Insomma, forse è proprio quel dibattito che ha ostacolato un pieno ap- '
forte il c~~i~olo su mafia e omertà in Usi e costumi credenze e pregiudizi del
prezzamento storiografico del ruolo di Pitrè negli studi italiani. Si può forse
popolo szczlzano. Si tratta di un testo molto citato tra oli storici della mafia
come espressione di una tendenza a «culturalizzare» ilfenomeno trascuran ~

I
recuperarlo oggi proprio riflettendo sul complesso uso del concetto di «po-
polo» in Pitrè: in che modo lo spazio politico e conoscitivo del «popolo» · ·
· e cnrmnosa;
done la dimen sione po1·1t1ca e, al tempo stesso di una' volontà di
si struttura nella sua scrittura? Si è spesso considerato Pitrè il paradigma difendere la Sicilia d agli stereot1p1 .
· · ch e su di essa proietta .
il. 'contmente [Lupo
dell'atteggiamento paternalistico verso il popolo che caratterizzava gli intel- 2004, 17-18] llcheport p· , d ff
· a 1tre a a .
ermaz1om . d .
ec1samente giustificazioni-
lettuali liberali ottocenteschi: in parte sedotti dal suo «spirito» romantico, in ste, come questa:
parte severi censori della sua arretratezza e ignoranza. Più di recente, ut~z-
zand0 uno di quei concetti-grimaldello tanto diffusi nel filone postcolon1ale Il af' · ·
La mafia non è sett a ne' assoc1az1one, non ha reoolamenti né stat1.1ti
dell'antro I · . . • · rno>> m toso non è un lad ' al d · e seb nella nuova fortuna·
. . po ogia contemporanea, s1 è parlato di un «orientalismo mte t ro, non e un m an rmo;
di un popo1O «altro» e
di Purè·· cioè dell a rappresentazione· . m I d alla
occata . parol l ali , di f'
. , a, a qu ta ma toso è stata applicata al ladro, ed ,Ù
distanziante
«barba f · 1 · aie tema an d'nno ' cto
.
è pereh,e il non sempre colto pubblico non ha avuto
. . ro», unziona e alle strategie di dominio del nuovo stato nazwn.
1 ragionare sul val l , ,, .
ttahano. Le cose p ,
f d
b
ero sem rano un po' più complesse laddove ci
· 51· cali a
'. 1
po
nel mod d' . ore deIl a paro a, ne s e curato d1 sapere che
11 O 1
on o nella raffinar · · . ' ll quale uom ~entire del ladro e del malandrino il mafioso è soltanto un
d' . a, ironica e ambigua scrittura pitreiana: ne a
ente, ehe non porta mosca sul naso, nel qual senso
0 coraggioso e val
1stanz1amento O . . lternB l'esse f' ,
sp ggettivante dalla vita e dalla cultura popolare 51 li re ma toso e necessano, . è la coscienza
. d'1spensab'ile. La mafia
. anzi. 10
esso con un certo rad O d.1. .
g mclus1one o partecipazione.
LA STAGIONE DEL FOLKLORE:
62 ROMANTICISMO, POSITIVISMO,
(APITOLO 2 FASCISMO 63

cetto della forza individuale, unic


. ae
del propno essere, l' esaoe "
rato con .
di 0 gni urto d'in tere . d' 'd olare quelle che han no a che fare
con form e dev ozio nali o festive
ssi e 1 ee; donde la arca iciz -
sola arbitra d1. ogn i cont.rasto . . , eggio ancora deil a prep oten za
c ti· che imp lica no usi «selvaggi»
del cor po e dell a violenza: i dev
della altrui. Il un , oti che
insofferenza supe r10r1ta e p si flagellano, o que lle «gu erre de1 .
. rispetta quasi. sempre. Se e, o ffeso san ti» su cui han no rivo lto l'at
mafioso vuo1esser e nspe ttato non si ten zio ne i
. . .e al . recenti lavori di Ber ard ino Pal om
alla giusozia , ma sa farsi pers.on men te ragione da sé bo [20 09] . Qu i prev ale qua si la
ver gog na
rimette alla 1egge , f ol mezzo di altn del medesim . , er una trop po oste ntat a arre trat
o sentire di ezz a, e la pre occ upa zion e di con
e quando non ne ha la orza , c ~ facili stereotipi e generalizzazioni che trap por si
lui [Pitrè 1944 , 29 2J. pot reb ber o ven ire dall 'est ern o
«Nord». Ma difficilmente il pos izio e dal
nam ento reto rico di Pitr è, la sua
ca sociale», pot reb be ridu rsi a que «po eti-
. di oteg
Nel suo tentauvo pr gere il «po polo sici lian o» da acc use e stereo- oggi come la cara tter istic a sali ente
ll'o rien tali smo inte rno che mol
ti ved ono
.. d .
. . Pitrè finisce per 1eg1·turnare una forza ec1 sam ente anti.pop olar e (c 0 • delle scri ttur e sul Sud a cavallo
tra '800 e
upi, . li . t prerare la mafia di. que . . . . '900 (e forse anc he oltre) .
munque s1 vog a m er gli anm , «me diat rice » tra lati-
. . clini' «sciacallo» che s1. app rop ria . . d Per inciso, l'id ea che la cate gor
m mo o para ssit . . ia said iana di «or ient alis mo» pos
fondisu e conta 0 ano dei sultare utile a com pre nde re la que sa ri-
. di , · ia in declino) . Con . d di .b . , stio ne mer idio nale negli ann i del
beni un anstocraz il par a oss o attr i mre 1arroganz Nat ion
a building italiano and reb be discussa
non ai mafiosi ma a1. loro nem1c1. . . . . .. .. più a fon do. Que sta tesi è stat a
e 1a «prepotenza» Ner ruci che s1 identific a- ticolare sost enu ta da alcu ni stud in par-
·d t nte iosi ang lofo ni, pre vale ntem ente
no evi en eme con lo stato e con quella «legge» alla qua le non si accetta po della critica lett erar ia [Sc hne nel cam-
di rimettersi per riparare alle offese e otte ider 1996; Dic kie 1999; Mo e 200
ner e ragi one . 2012] . Certo, è ind ubb io che il rap 4 ; Bra un
Al di là del tema della mafia, questo atte por to Nor d-S ud si stru ttur i sec
ond o linee
ggi ame nto rico rre spesso nei di colonialismo inte rno , e che ciò
lavori di Pitrè: ad esempio qua ndo , si rifletta nelle reto rich e del disc
ripe rco rren do la stor ia di Palermo rario o di quello delle scienze soci orso lette-
nizza pesantemente su Domenico Car , iro- ali. Ma daw ero l'an alog ia con le
acc iolo , vice ré dal 1781 al 17~ politiche di dist anz iam ento e inve poe tich e-
con le sue inclinazioni illuministe pre 6, eh~ rsio ne sim boli ca des crit te da Edw
tend eva di mo der niz zar e ed evit ~i aiutano a capire le pec ulia rità ard Said
are gli del Me zzo gio rno , dell a Sicilia
eccessi della festa di Santa Rosalia: mtellettuali? C'è da dub itar ne. Si e dei suo i
pen si alle prin cipa li acquisizion
sull'orie. ntalist a c1ass1·co: «ma i· com i di Said
col suo indispensabile occhialino, da
· vo1to, sem pre distaccato,
a. registra sem pre pro nto
uno dei gran di balconi del palazzo . re nuovi ep·iso di di "b'1zzarna · " »; este tizz
· ante , diviso
non si stancava di lanciare sguardi il fasclllo per · fra· l'or rore e
di fuoco sui pas san ti nella Piazza, . la sen su alit a' di un O nen . te f emminili
napolitanescamente mormorando paro ' .z zato; cara tter izza
. to da
le di sprezzo con tro questi inco- una «polanzzazione d Il' · nza », per cw· «c10
scienti del progresso filosofico d'oltralp e esp erie · , che e, occ iden

e, indegni de' tem pi [Pitrè 1950, sempre più .occid tal · ' h , tale diventa
en e, cio c e e one · nt ale anc ora
29; cfr. Palumbo 2017]. 110' 48 l Mi pare più orie ntal e» [Said 1991,
.. ali . che tutt o que s to SI·
pos sa app li care agli scri· tton• men• •
lit' st1 lt arn del ta d , d10na-
r o 800 so1o a pre zzo di forz atur
Sostenen d o gli eccessi e le forme di dép 1ve; e estr eme e poc
ense dell a f esta di Santa Rosad
· tar a men.o di . no n all arga re tant o il con cett o . . . o da
di orie ntal ism
o pro dut -
lia, Pitrè si schiera con l'ap pare nte e un pnn c1p io · ers ale e tot al' farl o diven-
irra zion alit à del pop olo per pren d . . umv
1a d' ·der~ izza nte che fun zion a ind ipen den
istanza da forme di governo che pre 1 a1 con testi storico tem ente
ten don o a una razt·on alità cons. nd e rità del . -soci.ali · Se l' orie
. ntali
smo con sist . e ,acc
rata «eS terna» all'anima siciliana. t nell entu are l'alte-
Em erg e qui un elem ent o popuhS a on cons 'd popolo nsp etto a stan d ar d · ers alist1· d. ·vil , all
suo p · · 1 erar e mol umv i ct ta, ora s1· pot reb b e
ensiero, proprio quest' l . to . , . al'
mancano n ll
nel senso mod ern o e pol itic o de l
tern ·
une . Certo, nche pm orie nt ista d e Ma rtm .
o di qua nto non lo sia Pitrè. In
· il'1ano f
e O scri·ttore sic req uen ti nota z1o. m. di chiaro u timo eme . rge pmt · tost
o - a trat ti. - una com pon ente
sottolineano · , 1 b b • seg no opposto
. , rti· are populista che pot rem mo
cioe a ar ane e l' alte ntà . di. . h , pro prio· ne1sen so
cert e pra uc e pop olari: 1D pa che a que sto term ine si attr ibui sce
nel
- 64 CAPITOLO 2 LA STAGIONE DEL FOLKLORE: ROMANTICISMO, POSITIVISMO, FASCISMO 65
'

. . li . di oggi Pitrè flirta costantemente con l'intimità cultu al


dibattito po nco · . . razione, maturassero in un breve spazio d'anni. Il clima bellico fu, sotto
I

continuo la soglia tra postura mterna ed esterna nei· r e,. i


attraversan do di . ' Sl.!l.01 questo aspetto, simile al clima artificiale d'un laboratorio in cui si cerchi I 111
.
scntu. come nella sua vita (sembra ad esempio che parlando alternasse sa- di riprodurre a scopo di studio fenomeni della natura [Vi dossi 1931 , 79] . II II I I
pientemente italiano e dialetto). . . I
Non si tratta solo di presentare due facce diverse a due diversi pubbli .
In fondo la guerra di trincea allestiva drammat icamente e realment e
Piuttosto, da un lato è la padronanza _d:l regi~tro (~ discor_so_ e lo sguard:) quella presenza contemp oranea di provenien ze regionali che a Roma nel
nazionale e ufficiale che consente a Pme e agli altn folklonst1 del tempo di 1911 si era tradotta nella Mostra di etnografia. Ma ciò avvenne solo in mini-
parlare del «popolo» e delle peculiarità locali; dall'altro , è l'intimità cultu- ma parte. Questo enorme e tragico laborator io non fu di particolare stimolo
rale che gli consente di costruirsi un'autori tà etnografi ca, posiziona ndosi in alla riflessione antropologica, la quale rimase invece invischiata alla fine del
modo peculiare all'interno del discorso scientific o-letterar io nazionale. conflitto in una congiunz ione sfavorevole, per cause che possono esser ri-
condotte a due grandi ordini, uno relativo al piano delle idee, l'altro a quello
del potere politico culturale.
7. FASCISMO E FOLKLORISMO DI STATO Lo storicismo idealistico di Benedett o Croce (come già accennato nel cap.
1) contrastav a già dalla fine dell'800 la filologia e le giovani scienze sociali
Nei capitoli precedenti si è già fatto cenno alla fase piuttosto netta di per il loro «naturalismo»: cioè l'ottusa determinazione a ricalcare i metodi
declino che gli studi antropologici e folklorici attravers ano in Italia nel pe- generalizzanti ed esplicativi delle scienze della natura in un campo - la co-
riodo fra le due guerre. La Mostra e il Congress o di etnografi a del 1911 sem- noscenza dell'uomo - in cui il sapere nomotetico (incentrato sulla ricerca di
bravano aprire grandi scenari e collocare saldamen te gli studi italiani in una cause e leggi) non è semplicemente perseguibile. I saperi umanistici sono per
rete significativa e aggiornata di rapporti internazi onali. Ma le promesse non Croce accessibili solo all'approc cio individuante della storia. Le metodologie
saranno mantenute. La Prima guerra mondiale rapprese nta uno spartiac- 4i ricerca empirica delle (pseudo)scienze umane non potevano per lui aspirare
que decisivo, che interrompe la migliore vena degli studi positivist ici e apre all'autonomia conoscitiva: le considerava solo, ancillarmente, utili pratiche di
una fase di stagnazione e isolamento. Quali sono i motivi? Intanto, occorre ordinamento e classificazione. Quando, soprattut to dopo la Grande guerra, le
chiedersi se sia stata la Grande guerra a determin are l'interruz ione della sue concezioni divennero culturalm ente egemoni, gli studi folklorici (secondo
feconda fase di studi che aveva segnato il passaggio tra i due secoli. Difficile la lettura fattane da Pietro Clemente [1985]) le accettarono eludendole: con
affermarlo in assoluto: tanto più che in altri contesti europei o americani la solu,zioni sincreti~he o, più latamente, ottenend o autonomi a di azione proprio
guerra sembra aver rappresen tato, al contrario , un momento di sviluppo e nell ammettere di non produrre scienza ma materiali a lei utili. I folkloristi
inn?vazione per le scienze dell'uomo in generale e per quelle etno-antr0 P0 : con~inuarono in altri termini a vivere pratiche positivistiche aderendo solo
logiche in particolare Uohler, Marchett i e Scheer 2010]. Per gli studi italiani est rmsecame
. nte allo stonc1smo:
· · · sero, come eret1c1
sopravvis · · so1o
· · convert.1t1
di folklore la guerra avrebbe potuto anche rapprese ntare una sorta di mess~ estenormente all' orto d . . d
ossia, ma s1 con annarono a forte marginalità.
alla prova degli orientamenti teorici e metodolo gici fino ad allora maturati, v Contemp oraneame nte scelsero poi di pagare un altro prezzo, molto ele-
La guerra, avrebbe notato nel 1931 Giuseppe Vidossi, Dato,f aderendo in mo d o ut ili'tansuco
· · e non super f.1c1·ale al regime
· fasasta.
·
1
e . ~lk.lore vennero così poste al centro le accezioni più retrive, conser-
creò con la sua psico· 1ogia· e con il· suo movimen vatrici fun . 1· ali' . . e alla propagan
to di masse con d'izto
· ni . _, ziona 1 1deolog1a da del potere politico: na-
straordinarie che co · • z1ona1ismo al' , I ,i
nsentirono, come m tanti altn campi an eh e m
. . • · q uello sibi '. rur ismo, localismo, concezio ne subaltern a della donna. L' e-
del folklore , che svil upp1,· ne
· h.1e denti· normalmente lunghi· · li d' labo- ta predilezione del fascismo per il mondo della tradizion e contadina ,
I I
c1c e
LA STAGIONE DEL FOLKLORE: ROMANTICISMO, POSITIVISMO, FASCISMO 67
~66~ (~A~Pl10~L0~2_ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ ____

. . hi d li demità industriale, si confrontava accortamente . f ali zate sulle concezioni dell'autorità e sui sistemi amministra-
contro I nsc e a mo , d 1'900 L 'f" , con rafiche
g.. Rill oc· f zlklorici della conquista
· dell 'Etiopia,
· · awenuta nel 1936 , pos-
. .. crià nella prima meta e . e spec1 1c1ta folklor· h
le mutaz1on1 m corso o· . . , 1c e uv1 essi o f' h . . l
, t'diana andavano con diversa veloc1ta trasformand · iderarsi le numerose mostre etnogra 1c e orgamzzate m tutta a
che neli a re al ta quo 1 . . o- sono. cons
. . d . (feste e sagre ' costumi e .danze) vennero ncostruite e/o l . presentavano infatti l' es altaz1one
· de11e virtu
· ' del popolo 1t· aliano
si O estmguen osi . . pemso a. rap , . .
. allizza te perché rivivessero nel tempo libero, a f1m soprattutto turi'sti.'· ronto a reagire all assedio economico posto al paese dalla So-
cnst . lavoratore, P . . .
ci. Il fascismo riuscì progressi:~e~te a ~ontr~llare ~gm aspe:to della vita • , delle Nazioni, contraria all'avventura colomalista voluta dal fascismo.
sociale, con altrettante forme 1st1tuz1onali. Il 1 maggio 1:25 vienè fondata cietaGravi si dimostrarono le compromissioni dei folkloristi italiani quando
l'0 era nazionale dopolavoro (0nd) che prevede al suo mterno una sezio- il re ime assunse posizioni sempre più decisamente razziste. Raffaele Corso
ne ~ddetta alla promozione delle tradizioni capaci di mettere «in rilievo il fu t;a i firmatari, nel 1938, del Manifesto degli scienziati razzisti assieme a
profilo psicologico e le caratter~stiche popolari di una città o di llll'intera Giuseppe Cocchiara, che scrisse inoltre vari articoli su «La difesa della raz-
regione» [Stefanelli 1935, 134]. E probabilmente una mera coincidenza che za» e un discusso saggio sui musei italiani di tradizioni popolari, nel 1939,
nello stesso anno Raffaele Corso desse vita a «Il Folklore Italiano». Non è per la «Zeitschrift for Volkskunde». I folkloristi italiani si dimostrano al ser-
invece legata al caso la rifondazione di «Lares»: nel 1929 si tiene a ·Firenze vizio del regime anche nella Seconda guerra mondiale. In appoggio alle mire
il I Congresso nazionale delle tradizioni popolari voluto da un Comitato espansionistiche fasciste dedicano il loro N Congresso, tenutosi a Venezia
nazionale per le tradizioni popolari legato al Centro di alti studi dell'Istituto nel 1940, dedicato alle tradizioni popolari mediterranee. Elevano nell'oc-
nazionale fascista di cultura che l'anno dopo editerà il primo numero della casione il loro «pensiero riconoscente» a quanti stavano combattendo per
nuova serie di «Lares». Crescono in questa fase le sigle dalle lettere maiusco- restituire all'Italia la Dalmazia, Nizza, la Corsica e Tunisi «suggellando il
le. Dal 193 2 si decide di «inquadrare e disciplinare nelle file di un'istituzione predominio che fu sempre legittimo, dell'Italia sul Mediterraneo» (Ond \
prettamente fascista», il Comitato nazionale italiano per le arti popolari, 1942, 606). Emma Bona, redattrice di «Lares», sostiene doveroso «in questo \
tutte le diverse iniziative legate al folklore. Termine questo avvertito però momento in cui il popolo italiano affronta e supera le più ardue prove, illu- \
come «straniero» e pertanto, con circolare del 2 ottobre 1933 firmata da strare quelle forme tradizionali che ne rivelano le insopprimibili forze e la '\
Starace, segretario nazionale del Partito nazionale fascista e commissario ferrea tempra» [cit. in Cavazza 1997, 145).
st raordinario dell'0nd, con «popolaresca». «Il Folklore Italiano» di Corso Il 19 luglio 1942 si apre a Venezia la Mostra nazionale d'arte religiosa
dovette cambiar nome in «Archivio per la raccolta e lo studio delle tradizio- ~o~olare, curata dal Cniap con la collaborazione del Museo di etnografia
ni popolari italiane».
1folkloristi cercavano appoggi nel regime anche per lo scarso spazio che
~vevano ottenuto in ambito universitario: solo nel 1932 viene istituita uba
li~era docenza in «Letteratura e tradizioni popolari». Paolo Toschi, pri:m©
direttore del nuovo «Lares», ottiene il primo incarico nel 1934 e una cat~~-
ttaliana_ed il sostegno della Santa Sede. Come scrive «Il Popolo d'Italia» del
;.oluglio, «in alcune sale è documentata la religiosità del soldato italiano,
e~ro e~ orgogli~s? di combattere una guerra di alti ideali antibolscevichi
ant1plutocrat1c1, che si concluderà con il trionfo di un ordine nuovo nel
mondo» Sono
di S · . l'al
.~sposti, tra tro, ex voto della Grande guerra, della guerra
'
dra. nel 193 8· An cora al 1932 nsale
• la prima cattedra di Etnologia, · nif1-
· slg . pag?a, dell impresa etiopica e del conflitto in corso. Nonché la ricostru-
cauvamente ered di d l d guerre zione d1 un tempi t d . ld .. . . .
. e una prece ente Etnologia africana. Tra e ue d ll'I e to eretto a1 so au m Etiopia per celebrare la conqmsta
furono rn particol Raff 1 p ticare e mpero L'' ,d • , . .
b . are ae e ettazzoni e Giuseppe Cocchiara a pra ital· · mgresso e ommato da un «unponente statua d1 un fante
uoru rapporti con l' 1 . l' 1 Sul piano iano che calp st 1 b di
d li . etno og1a e antropologia internaziona e. . a r· d e a a an era rossa, con simboli della falce e del martello,
e a ricerca furon 0
eh· . .
e e .I
ar O ont1 Rossini ed Enrico Cerulli a con u
d rre I.li tcor o dell
nem· . d
h .
a guerra c e s1 sta combattendo nel fronte orientale contro i
tave stonco-g1urid' 1 . . . . etnO· Ic1 ella fede» [Bona 1943, 165).
ica, tra e popolaz1om etiopiche ed eritree, surveys
MO, FASCISMO 69
LA STAGIONE DEL FOLKLORE: ROMANTICISMO, POSITIVIS

UERRE MONDIALI E IL DRAMMA DELIA PRESENZA - - - E ancora:


8. LEG
vita
Nel dopoguerra, Paolo Toschi sosterrà che gli s~u~i di folklore
hanno Se noi riusciremo a radicare nell'anima del combattente che la
cosi dire un profilo bas so: finisce col dissolv ersi del nostro
. . o.per
. . o a una totale fascistizzazione tenend .. . non è soltanto fisica, vegetativa, che non
res1sut riusciti
limitandosi a pratiche di raccolta, class1ficaz1one e analisi filolog
ica ed evi- corpo, ma che potremo viverla in un mondo migliore, noi saremo
la sua morte sarà la
tando pericolose alzate d'ingegno _teoric~e,_ sarebber~_ri usciti a circosc rivere anche a convincerlo che, se egli morirà per la Patria,
dell'ideolo- via più sicura per ascendere alla immortalità dei cieli [ibidem , 37]. \
e proteggere uno spazio accadeffilCO e d1 ricerca dall Invadenza
ione dell' at-
ia di regime. Sembra però vero l'esatto contrario: l'accentuaz della guerra:
~eggiamento collezionistico e classificatorio va di pari passo con la totale Ecco tratteggiato il compito pratico di un'antropologia
taccam ento alla vita,
dismissione dell'analisi «scientifica» dei processi culturali,
la quale viene creare soldati privi del fastidioso inconveniente dell'at
che il combatten-
senz'altro sostituita con la pura retorica nazionalista e fascista.
Nel corso del servitori ideali che non hanno paura della morte. «Bisogna
tto che la Patria
ventennio, un tale processo di chiusura interpretativa e di curva tura ideolo- te abbia l'anima illuminata dall'idea della Patria e dal conce
a che egli sappia che',
e si mischia per legge divina, merita il sacrifizio della vita; bisogn
gica si accentua sempre più. In alcuni autori la retorica di regim mondo dell' al
talvolta inquie- morendo in guerra, continua a vivere la vita degli eterni nel
con il discorso scientifico e filologico in ibridazioni curiose e lo, meglio
di un'ampia di là, nel regno dei cieli» [ibidem]. La figura del soldato model 0
tanti. Un caso evidente è quello di Cesare Caravaglios, autore esplosiva misce-
modo davvero ancora dell'attentatore suicida, emerge con forza da questa
opera su L'anima religiosa della guerra (1935 ), che fonde in - straordinaria \
fenom enologia del- la di nazionalismo militarista, fideismo e sapere sull'uomo
singolare una minuziosa attenzione docum entaria per la
la guerra vista «dal basso» con un irrefrenabile zelo nazionalist
TI libro inizia con la realistica evocazione di un'es perien za di
a e bellicista.
guerra domi-
proprio in quanto presentata all'interno di un discor
tenersi sul piano di una neutrale ed erudita raccolta docum
so che preten
entaria.
de di man-
\
I
Sar~ la Seconda guerra mondiale a produrre un attegg iamento del tutto
sembrerebbe
nata dall'incombere della morte e dal terrore del caos , che · · · fil 1 · .
nuovo · E vero che il pos1t1V1smo o og1co prova a farsi strada anche qui. Un
scopr iamo ben presto
mettere in discussione la retorica dell'eroismo. Ma la rivista «Lares»
credenze folklo- ;utore come Giuseppe Vidossi affida a delle noterelle per
che l'autore vuole semplicemente dimostrare il ruolo delle t · 1 d. · •
a sua curiosità docum en ana per e neotra 1z1om e 1 processi di creazione • . . .
riche nel calmare e tenere sotto controllo la massa terror izzata dei soldati. f0 lkl . . . stavolta non
onca che accom pagnano il contesto b eilico. I protagomstI
di cui si offre .
Sono in particolare le credenze nell'immortalità dell'anima, sono I soldati ma i c1'vili , sfoli ati. dalle Citta . , . . . .
e mmacciati dai bombardamenti.
.
attenu ando nei L'
una rassegna in stile frazeriano, a svolgere questa funzione: autore osserva a 1 onno . 1 . d. .
sacre davanti ai
ente utilizzabile . . a pratica 1 apporre 1mmaboini
:oldati la paura della morte , li rendono materiale più facilm ifu
r gi antiaerei e ali b. · · ff . . . . . •

dati' . . e a itazioru, so ermandosi sulle vanaziom dipendenti


ll1 una guerra di sterminio.
ongme regional e dei· gruppi· famili'ari.· Parla di• «schede» che va racco-
gli d . .
en o; cita m ordine sp arso stone . di . . . ehe annunciano la fine della
gu v1s1om , .
I popoli di ogni tempo, di ogni luogo, di ogni civiltà, hanno a fonda- erra, superstizioni 1 li , . . .
fa Sup· .egate a e comete e cosi via [V1doss1 194 3). E quasi
mento della loro vita morale l'immortalità dell'anima. Tutto ciò grottesca l
an h · vil .
porre che se c e noi s uppass1mo tra il nostro popolo questa san
a
tace 1. a sproporzione tra la dramm aticità della situazione e lo zelo da
'd ' el og Itore dell' di .
1 ea, avremmo u · li . eru to: quest'ultuno semb ra quasi estraneo all'apocalisse
. , . n mig oramento spirituale della nostra massa, e,biqu a che .
s1 sta svolgend 0 . . ,
ehe p1u un porta ' nso
.
. l .
veremmo, m caso di guerra, il cosiddetto pro ern todist . sotto 1 su01 occhi. E come se non lo riguardasse l'au-
dell . d 11' cca· ruz1one dell'E il
. pure include la
mento .
. . .,
a paura; il quale ' con terrrum PIU propri, potrebbe dirsi e atta sua stes d f' . . uropa. , licollasso di una «civiltà» che
sa e J.n..tz1 di
alla vua [Caravaglios 1935, 34]. one mte ettuale, le sue stesse categorie giudicanti. Da
l.A STAGIONE DEL FOLKLORE: ROMANTICISMO, POSITIVISMO, FASCISMO 71

. . artirà invece un tipo diverso di riflessione antr che la teoria della cri~i e del riscatto c~t_urale della presenza è il modo pecu-
questo nconosc1mento P . . opo.
.
logica, rappresenta o
t m· modo emblematico
. . .
dal lavoro .
d1 Ernesto de iv1
.
"""'a rt1-. liare di de Martino di parlare della «cns1 contemporanea» legata alla guerra.
degli st udi
no - uno de1. protagonisti , forse il prmc1pale, della rifondazione
. . , ,.
.ali . ali · d econdo dopoguerra. «La nostra c1vilta e m crisi: un mon. Quel che accade è una specie di transfert: la carica emotiva inespres-
SOCI lt aru n s . . .
do accenna ad andare in pezzi, un altro s1 annunzia», scnve nel suo primo sa viene proiettata sull'oggetto, la labilità e la precarietà vissute nel pre-
libro, uscito nd 1941. Allievo di B:~edetto Cro~e: de Martino persegue il sente diventano le costanti essenziali del mondo magico [. .. ] Questo
progetto di una critica in senso stor1c1st~ alla tradiz~one na~uralistica dell'et- transfert fa sì che Il mondo magico costituisca in qualche modo un «ri-
nologia. Il suo primo volume [de Mar~mo 19;1] e una discussione critica scatto della presenza» del mondo occidentale [Cases 1973 , xxv].
di autori e indirizzi classici, da Durkheun a Levy-Bruhl, da Padre Schmidt
all 'antropologia americana, tutti ugualmente colpevoli di naturalizzare i fatti Siamo molto lontani dall'idea della guerra come laboratorio, che aveva
culturali sottraendoli così inesorabilmente alla comprensione dell'intelli- dominato il pensiero positivista. Nel laboratorio la distinzione fra soggetto e
genza storica. Negli anni della guerra, tenta di sviluppare in positivo un oggetto è basilare e assoluta. I contributi dei folkloristi sono fondati su una
approccio storicista a un tema classico dell'antropologia, quello della magia. simile separazione: da un lato gli studiosi, che fanno parte dei ceti dominanti
Il mondo magico, il volume che esce nel 1948, si oppone alle interpretazioni e sono guidati dalla ragione e dal progresso, dall'altro un «popolo» domi-
che vedono nell'illusorietà l'essenza del pensiero magico, commisurandolo nato da una logica culturale arcaica e irrazionale. I primi pensano, gli altri
a una concezione etnocentrica e dogmatica della «realtà». La magia crea vivono.- o ~uoio~o se questo serve alla Patria. Per de Martino la guerra è
piuttosto un suo mondo e una sua realtà, sulla base di un «dramma storico» semmai la distruzione di ogni possibile laboratorio antropologico e della I
fiducia in que1fIpo di ragione
· '
e di progresso. E' la soggettività conoscente \
che le è peculiare: la crisi e il riscatto culturale della «presenza». Presenza è
per de Martino l'unità del Sé, l'autonomia dell'individuo rispetto al mondo che non ~uò essere più la stessa dopo che il mondo è andato in rovina. È con
e agli altri e la capacità di agire attivamente. Questo bene fondamentale, che quest a ci~r~ riflessiva che l'antropologia si presenta alla conclusione della
«guerra civile europea>>- una categona • . f· .
la nostra cultura dà per scontato, è in realtà una formazione storica. C'è stata d E stonogra 1ca di recente riproposta
a. nzo Traverso [2007] , 10rse
r . a mostrare anche sul
d.1scut1'bil e ma utile
un'epoca, quella della magia, in cui la presenza non era garantita e andava
piano cultura! l '
ogni volta difesa e riaffermata dalla comunità e dalla cultura di fronte alle . .d , e, a compattezza del periodo 1914-1945. La fine della guerra
comc1 e cosi con di al
pressioni del «negativo». E anche oggi, in condizioni particolari di incom- contra .. una ra c e cesura epistemologica, che va ben oltre la
ppos1zione fra natural· . . .
benza del negativo (come possono essere quelle della guerra), la presenz~ capit0 li .. ismo e stonc1smo. M1 appresto a esaminarla nei
· cns1 · · e aver bisogno di esser riscattata attraverso l' azio · ne dei successivi a p t" d , l ..
puo' entrare m di Ant001. G . ar Ire a un ango atura specifica, quella del pensiero
0 ramsc1.
riti e dei simboli.
È difficile sottrarsi all'impressione che il «dramma» della presenza per-
·
duta e nconqu1stata · messo in scena nel suo libro abbia a che fare con la tra·
gedia della guerra, con il disfarsi e il rinascere del soggetto occidentale che
essa ha pro dotto. Queilo della magia è un mondo arcaico, ma puo- ripresen· . ·
tarsi n l · . jvaz1on1,
e presente: «m una situazione di particolari sofferenze e pr al1
nel corso
. di un di .
a guerra, una carestia, ecc. l'esserci
. puo, non resistere •gJea
. eccezionale, e puo, qum
tensione . . al d ramma esistenz1 va
. d'1 d'1 nuovo apnrs1
magico» [d M · re osser
e artmo 1948, 156 nota]. Un autorevole commentato
. I , . realta 1espo
Chi par a e in
Gramsci pur
. ( con moto
, , nente principale del tipo di folkloris.rno
1 nspe
. ne filologica con uno
di zJO
.
.
. tto) ritiene superato, e che coniuga l'appr
strumentano teorico ri·
h
ee
oc.
CAPITOW 4
.
cio dassificato~io .
· el'eru . . . .
Toschi pubblicò una srntesi del dibattito ro.rnano 8
li . '30 il . . al
sa-
u
Popolo, popolare, populismo:
Iente all'evoluziomsmo.
«Lares>'., a
I
. . ehe era stata durante g anm
r1V1sta
prrncip e stru.rnento
d . r lkloristi al regime, di supporto del mondo degli studi
il dibattito sul folklore
di avviCJDamento e1 ro . . d 1f . .
. . . t populiste e anumodermste e ascismo e ai suoi usi
alle ideologie razz1s e,
. . chiave di consenso [Cavazza 1987, 116-117). Nel clima
della tra diz10ne in . . .
.mtell ettu a1 e del dopoguerra ' Toschi cerca leg1tt1mazione culturale citando
. .
• p chi· anni prima , mentre Gramsci monva nelle carceri fasciste ,
Gramsa. o
cercava jegl·,...;mazione
,uw
inviando costantemente lettere e dedicando libri a]
Duce. È difficile, naturalmente, formulare giudizi sui comportamenti tenuti
sorto il regime senza contestualizzare. Toschi si proclamerà antifascista a 1. ERNESTO DE MARTINO E IL «DIBATI1TO SUL FOLKLORE»
partire dal '43; e in molti hanno sostenuto l'importanza del suo ruolo di me-
diazione nei confronti dei tentativi fascisti di ideologizzare completamente I Quaderni del carcere sono pubblicati a partire dal 1948; le Osservazioni
l'ambito delle tradizioni popolari (analogamente a quanto era avvenuto in compaiono per la prima volta nel 1950, nel volume dell'edizione tematica
Germania tra il nazismo e la tradizione della Volkskunde). L'autorevolezza togliattiana dedicato a Letteratura e vita nazionale. Già per i primi lettori
accademica avrebbe permesso a Toschi di sfruttare gli spazi concessi dal interessati a1 problema del folklore si apriva un enorme problema: poiché
regime mantenendo al tempo stesso un certo livello di rigore metodologico l'autore dei Quaderni sembrava offrire con una mano allo sguardo antropo-
e di autonomia scientifica. Può darsi. Ma qui il punto è un altro, e cioè con logico ciò che con l'altra toglieva. Il suo impianto legittimava lo studio delle
quanta facilità Gramsci - una volta divenuto di moda tra gli intellettuali- forme della cultura bassa, che non appare più nella forma di superstizioni
potesse esser citato e usato in modo superficiale, senza andare ad intaccare da condannare, né di pittoresche arti minori da esaltare in uno spirito ro-
:e'.am:nt: l'inerzia di tradizioni disciplinari profondamente incistate fl~lle mantico. Si tratta piuttosto di scritti che documentano le condizioni delle
ist1tuz1om e nel senso comune. Toschi e il suo stile folklorico nazionalista tlassi su~~terne_ e illustrano il funzionamento del progetto egemonico; la
ed. estetizzante possono rappresentare un caso limite. . . Ma e, comunqu e ]e-. d~ro anali~i acqmsta significato nel quadro di una più vasta indagine delle
. .
b di . · li studi,
gmimo chiedersi . . . se 1a tanto s an erata rivoluzione gramsciana neg b'.suguaglianze sociali. Gli studi di folklore, da ambito marginale e un po'
antropolog1c1 itali · · · hero izzarro della stona . . . a1
. o d eIl a 1etteratura, avrebbero cosi, potuto msed1ars1
di esa . an_1 c1 sia stata veramente. Nel capitolo seguente cere
mmarne alcuni tratti e momenti. centro stess 0 d 11 d
Gram . e a gran e teoria economico-politica. Eppure, a1 contempo,
lo sci non garantiva affatto l'autonomia disciplinare di tali studi. Il folk.-
re non è inf . 1.
cipi di atti _per ll1 una cultura isolata e compatta governata dai prin-
!{
resid . ~n~ propna specifica storia; è piuttosto un frammentario insieme di
1
scritt~ _ei processi di formazione dell'alta cultura, e non può essere né de-
ne cornpr . d. d ..
Tanto eso In tpen entemente dalla storia dei processi egemonici.
rivendi:en~ rappresenta una sorta di cultura rivoluzionaria da difendere o
. .
are 111 contrapposiz10ne all
e classi dominanti.
POPOLO, POPOLARE, POPULISMO: IL DIBATTITO SUL FOLKLORE 97

, . blema che fin dall'inizio etnologi e folkloristi si s . . empirica mutuati da un folklorista come Van Gennep, egli
E questo I1pro
.
. .
d 1 Osserva-rioni 0oramsc1ane. Ernesto de Martmo, ad esemp·
ono d1. rilevazione
. f r distanziarsi d ali 'lffimagme
· · de1· c1ass1c1
· · raccogliton· d.1 cre-
osu leggen o e ~ • 10, fa Og n1 s orzo pe . . f b il .
P aff t apertamente fin dal 1951, mtervenendo a quella presentazione tiche tradizionali. La magia, il lamento une re e tarantismo
I0 ron a . .h f . denze e pra
. .
1 ali . .
come sistemi cu tur · mtlffiarnente connessi a con 1z1one
. ali d. .
. di Letteratura e vita nazionale cui o atto cenno m conclusione 0
d 1M
romana . . .d gli appa1on . f d. . di
del capitolo precedente [de Martm_o 1951 a; per una smtes1 el dibattito . •aJe delle «plebi rustiche e ezzog1orno», rutto i una stona
es1stenz1 ' , 11 di . . .
• qu ell' occasione v. Toschi. 1951].. La. sua. .lettura a caldo del testo . . alto» e «basso». Non ve nu a mtrmsecarnente «progressivo»
avvenuto rn mtrecc1 tra « . .
. ne coglie soprattutto gli accenti d1 critica al folklore-· quest'ul· . ·. al ontrario, si possono leggere come smtom1 della secolare oppres-
oramsciano messi. e . , , . di li
". . de1·contadini meridionali. E pero 1IDportante stu ar non solo come
umo sarebbe un «ostacolo che deve essere rimosso» di fronte al compito s10ne
di costruzione di una nuova cultura (nazionale) che unifichi intellettuali e elementi costitutivi di una «storia religiosa del Mezzogiorno», ma anche
popolo. «Gramsci respinge nettamen~e l'idoleggia~ento rom~tico ~el po- nella prospettiva della piena inclusione di quei ceti sociali nella «nuova co-
polo, del popolare pittoresco, concezione sostanzialmente reazionaria [. .. ] scienza nazionale» che i movimenti progressisti cercano di costruire.
Il folklore è per Gramsci servitù ideologica, disgregazione culturale, testi- Su questo punto de Martino si sente in quegli anni «circondato» da due
monianza della limitazione umanistica della cultura borghese» [de Martino contrapposti fronti di tensione. Tensione, da un lato, rispetto alle prevalenti
195 la, 88]. Che senso può avere allora una scienza del folklore? Perché inte- politiche del Partito comunista, centrate sul ruolo rivoluzionario della classe
ressarsi al folklore se è solo un residuo disorganico da estirpare? La risposta operaia del Nord e propense a vedere le culture popolari meridionali come
che de Martino propone riguarda il concetto di «folklore progressivo», sul sacche di arretratezza di cui dovremmo semplicemente disfarci. Dall'altro
quale proprio in quegli anni stava lavorando in relazione a una ricerca in lato, un esplicito attacco sulla rilevanza storiografica del «popolo» viene
Emilia-Romagna [de Martino 19516; sulle origini del concetto di folklore mosso da parte crociana, ad opera in particolare dell'allora giovanissimo
progressivo e sul suo radicamento nelle letture di etnologia sovietica ohe de Giuseppe Giarrizzo. Quest'ultimo aveva colto l'occasione di una recen-
Martino conduce in quegli anni si veda Cannarsa 1992]. Nel nuovo c~a sione-stroncatura del testo di Cocchiara sulla Storia del folklore in Euro-
culturale che fa seguito alla Resistenza, con i movimenti dal basso che r~av~ pa [Giarrizzo 1953] per lanciare un attacco piuttosto scomposto all'intero
vicinano intellettuali e popolo, anche il folklore può assumere connotazio~ cam~o ~eg~ studi sulle culture popolari e alla possibilità di una loro auto-
progressiste. Si verifica cioè una creazione dal basso di elementi culturali nonua disciplin G. ·
. are. 1arnzzo parte dal classico assunto crociano per cui del
che «nascono come protesta del popolo contro la sua con diz1one · su_balter- negattvo non · d' · 1
si a stona: e culture folk.loriche, così come quelle «primiti-
na, o che commentano, esprimono . culturalmente, le lorte per em anciparse·. ve», non sono f
nen . orme autonome di creazione, ma semplicemente la «perma-
ne» _[~e M~rtino_ 1_95~a, 89]. Gli esempi che de Mar~ino ri~~rta sonao;:r~ za In aree 1 t ali d . d .
scorn a er ei ru en di uno stadio precedente i quali vengono
nd
trad1Z1onah modificati per esprimere istanze sindacali o politiche, m de· Pongpare [ 0 _quando si fa urgente l'assalto di forme più elevate che si im-
un «folklore della occupazione delle terre o delle fabbriche, un folklo~e- h ano» G1arri 195
ha senso u ~zo 4, 174]. Da ciò si dovrebbe concludere che «non
gl'I scioperi
.
o eg sctoperi a rovescio, un folklore delle gran d.1fes te poliuc e
. d li . st
I singoll no _ udio autonomo di tutto ciò che è popolare» [ibidem, 173].
e segnatamente del primo maggio ... » [ibidem]. . U , tratu folkl · • . . .
D M · · . d. · reress1 e aU interno di d' . ~nci _potrebbero e dovrebbero pmttosto esser studiati
e artmo tuttavia abbandonerà presto questo upo i ID • t· così il c lsciplme già esistenti e basate su categorie storiche universali:
concetto stesso d'1folklore progressivo, . anche attraverso un ,au rOcritica .
piuhe . ' anro popola ,
tosto esplicit [d M • ., f se r1cerc Zioni deU . re sara oggetto della storia della letteratura, le supersti-
a e artmo 1954]. Le sue successive e pm amo g- a storia d li e1· . .
se la prende .e e r ig1oni e così via [Giarrizzo 195 3, 23 3]. Giarrizzo
sulle forme della · d li . . · no non P0 .
. magia e e a religione popolare nel Mezzogior enti todologi d lropno con de Martino, definendolo «uno degli illuminati me-
giano sulla cate · · . ili. do strurll
gona interpretativa di folklore; pur ut zzan e a nuova scienza folklonsuca»; . . e 1o cntica
. . su punti. ehe toccano
POPOLO, POPOLARE, POPULISMO; IL DIBATTTTO SUL FOLKLORE 99

opno . 1. su01. nervi. pm __ seoperti. Evoca la critica che. già[ Croce aveva riVoIto
di Giarrizzo: giacché è chiaro che la concezione del mondo più critica e
ull
al Mondo magico s a storicizzazione delle. categorie
pr . . Croce. 1949] . , e sul!a
autonomia epistemologica . la . nale che le plebi rustiche del Mezzogiorno possiedono solo in nuce e a
pericolosa ten denza demartiniana ad attnbmre di f . . razIO if ·' 11
. dovrebbero un· ormarsi eque a espressa
dall
a élite politico-intellettuale
.
alla magia e pen al siero primitivo. E non manca
l ar
. . riferunento alla d e-
indigesto chiedend . c(_Ul uesto caso dagli organi dirigenti del partito). Resta radicalmente incom-
. .
fimzione gramsc1an . a di folklore come
., agg
. omerato . ' 0s1 mq di d M . h .
reso l'obiettivo e artmo, e e era pmttosto quello di «correggere» la
come s1. possano riportare a umta questi . frammenti
. - se. non separandou1,
naturalisticamente dal processo storico che li ha prodotti; e s~mbra davvero ~a ione progressista fino a ricomprend~re le istanze esistenziali poste dalla
voler provocare de Martino suggerendo che la sua prospettiva finisce per m!gia e dalla religione popolare. In ogni caso, questa critica porta anche Ali-
coincidere con quella della sociologia anglosassone per «l'esaltazione dell' 0_ cata a sottolineare un solo aspetto della definizione gramsciana di folklore,
biettivo, [... ] la certezza di una legge che muove deterministicamente!a quello dell'agglomerato indigesto; da qui tre precetti metodologici che gli
società e che sola dà senso alla sua storia» [Giarrizzo 1954, 172-173]. sembrano scaturire direttamente dal Quaderno 27. In primo luogo, «bisogna
In definitiva, conclude Giarrizzo, neppure il richiamo al «popolo» come
guardarsi dal postulare l'esistenza di un mondo culturale unitario sotto il
forza sociale attiva, e magari molla del mutamento e del progresso, basta a nome generico di "mondo culturale" dei contadini o, peggio, della "società
contadina" meridionale»; secondo, i diversi contesti culturali delle campagne
conferire unità e autonomia alla sua cultura (alle sue concezioni del mondo
e della vita): infatti «quel che muove il proletariato è un appetito fisico e uno meridionali vanno studiati «sempre in rapporto ai legami in cui essi si trova-
no con i mondi culturali "ufficiali"»; terzo, in tali contesti occorre distinguere
slancio vitale, che attende però di tradursi in formula politica e però in fatt@
gli aspetti vivi e morti, positivi e negativi, aiutando i secondi a scomparire e
culturale ad opera di un'élite che ne esprima consapevolmente le esigenze
i primi a progredire «nel quadro di una lotta politico-culturale che non può
"inconsapevoli"» [ibidem, 174]. Ora, è curioso osservare come sul fronte \
non avere il suo centro propulsore nella classe operaia e nella sua dottrina
opposto, quello marxista e materialista, si raggiungessero conclusioni analo-
rivoluzionaria, il marxismo-leninismo» [ibidem, 190-191].
\
ghe. Èil caso di uno dei testi più citati nelle varie ricostruzioni del cosiddetto
«dibattito sul folklore» [Clemente, Meoni e Squillacciotti 1976; Rauty 1976;
Angelini 1977; Pasquinelli 1977], quello dell'intellettuale e dirigente comu-
2. «LO SPROPOSITO DEL FOLKLORE COME SCIENZA
nista Mario Alicata pubblicato su «Cronache meridionali» nel 1954. Si tratt~ AUTONOMA»
principalmente di una presa di distanza dal meridionalismo alla Carlo LeVIil'
ehe m · dugia· eccessivamente su un'immagine arretrata, pnmitiva • · · e immob e
de1Sud e quasi. se ne compiace, ignorando invece i su01. elementi· di moder· .Giarrizzo e Alicata convergono paradossalmente nell'attacco verso una
. .
<'.scienza del folklore», che sembrano interpretare come una forma di popu- I
nizzazione e dinamicità. Se Levi è il principale bersaglio, anche de M~rttnole
llsrno. Conferire autonomia epistemologica alla cultura del popolo significa
'li

·
trascmato • questa polemica: pur facendogli molti complimenti,
m . · Alleata 0·
· deb.ltamente le categorie
relativizz are lil ·
. crociane · la ragione
per il prlillo,
ac cusa di conrenre popolare: c10e «presentare
di certi ·' dietro il pro-
Progressi·st a e il materialismo storico per il secon do. o·1 pm,
e · · . • ,
autonoffila alla magia . J:ni
1 · di · ·
e ementi superstizione propri della "concezione del mon d °
,, d ei conta(Jll" . b
lerna
. co · · • · A
nosc1t1vo se ne nasconde uno politico. utonom1zzar · e il folklore .
men'dionali non m · lotta con gli altri elementi di una "concezwne · dd moniJl
equivale al rifi'uto di riconoscere il ruolo direttivo • dell 'li
e e te, el uniche . m
do" ·, · · • . eppure
piu emica e razionale, già presente oggi nella loro coscienza s ·aJe, d' di e1abarare una cultura organica e una coscienza stanca P
grado · · roduttnce .
forme elemem · · . . di 1or0 congerlldella . . h Ali t il
· lusa la coscienza di classe, c e per ca a popolo poss1e-
an, ma quasi come la manifestazione un di Progres
. so.. lilc
e pur sempre alid . di oscenza
, . v o, strumento di rappresentazione e con d· · . . ed «elementare» e ehe va dunque costruita nelle
e in .tnod 0 so1o liltuttivo
0 . 1. . ( n al popo-
realta» [Alicata l 954, 191 l Posizione radicalmente antipopuliS ta come q sue giu t e
s e rorme dagli intellettuali organici. A questi u umi e no
- ~10~0~(A~Pl~TO'.:'.L0~4~ --------------
----- ----
POPOLO, POPOLARE, POPULISMO: IL DIBATTITO
SUL FOLKLORE 101

i della
il compito di stabili. re che dcosa c'è di positiv 0 e d'1 il Pitrè si tratta pur sempre di isolare i tratti più o meno arcaic
1 ) spetta anche
secondo una conce zione pe
.
agogic a che rirnand al r;:ologia popolare~ ~o~tadina, di des_criverli ~cc~r at~en te, ~ di stabili -
o ste~so e l1d il a e d1 creden ze
. d' d' catena di costurru, d1 pratich .
egauvo nel io ore,
n . ruolo di gw 'da del partito . Qum 1, tetro gesto appare ntellle nte re g1I. anelli successlVl d1 una . ,
storia.
solido d . l . . . Ma, ovviamente, questa succe~s_10ne - ancor~ hé accert ata_ non fa
n 1
ers_ 1~ e~1tt~az1~~e d~ ~ popolo
potreb be n~~co li abbiamo
innocu o del foll<lo rista
iont ribellist e e E non potrà mai farla'. perche 1s?land_o qu~1 ~ratti noi stessi
. . .plin ato, dominato da appetl
mdisc1 . tl e slane1 . vitali, da mtwz messi per sempre fuon dell~ stona , e ncacci au e perdut i nella gran notte
1onal e.
. d forme di coscienza
spontaneiste, a o·preraz
. . . . h ..J:c d della «preistoria» [de Martm o 1955a , 221-22 2]. I

. nde de Martin o? 1e1amo, m sintesi, c e lllien e il popolo i'


e ome nspo
tamente le parti
ma abbandona il foll<lore. Da un lato, infatti , prende risolu Mentre nella risposta a Giarrizzo, difendendo in appare
nza il campo
con chiare zza alla base del-
delle plebi rustiche del Mezzogiorno. Riconosce degli studi folklorici, li sottopone a una critica durissima
e senza riserve :
la critica di Giarrizzo
ale ri-
volontà Senza dubbio vi sono oggi alcuni pericoli connessi all'attu
una certa passione politica immediatamente operante, una certa sveglio della materia folklorica. Il semplice raccog liere per il raccog lie-
virtù della quale la abietta plebe, schern ita sotto l'idole ggiam ento del
di propaganda[ .. .], in re senza aver chiaro come e perché raccogliere;
dei «facch ini» [nel suo saggio più volte Giarriz - zioni per il popolo
la specie delle «serve» e folkloristico nel senso di pittoresco e le stolide infatua
~do la
zo ironizzava sui foll<lorisri che «raccolgono fiabe e canti assedi creatore; il culto dell'arcaico che nasconde un torbido impuls
o irrazio-
casa»] , viene quasi assimi lata alla cieca spropo sito
lavandaia, il facchino e la serva di nalistico e l'incapacità di accettare la dura realtà della vita,
lo
si erge regalm ente lui Giarriz - distor-
irreformabile natura , di contro alla quale accademico del folklore come scienza autonoma; la tenden
za a
zo, che sarebbe la cultura [de Martino 1954, 204-205]. esse storico per la materi a folklor istica mercé
cere e corrompere l'inter
diata e cli propa ganda ; la mitolo gia della
preoccupazioni cli politica imme
che sia giusta di potenz a
E in un successivo intervento afferma: «non credo affatto civiltà contadina; la mania di considerare i dialetti come abissi
che ai conta dini tocchereb- urre nella lingua nazion ale
la ripartizione delle categorie crociane in modo espressiva, sino al punto di provarsi a introd
a uma- Martino 1954,
be prevalentemente il "vitale ", mentre ai rappresentanti
della cultur la frammentazione della sintassi dialettale o popolare [de
esercizio del vero, 205].
nistica spetterebbe invece la direzione politica e il nobile
che è rivolta an·
del bello e del bene» [de Martino 1955a, 230). Una critica
esser rimasto lui
che ad Alicata e al suo particolare elitismo, che tratta il popol
o come ogg~tt_o De Martino prosegue questo passo riconoscendo di
enti stor1d · st to con fatica; e con-
mutam
di una pedagogia progressista più che come soggetto dei . , . I tamente 1e esso «impigliato in queste illusioni», da cui si è libera
«risveglio folklorico»
. tuttavia
. spmge
Il dib attito . de Martino a prendere pm nso u clude affermando che comunque gli aspetti positivi del . e
. . . mbrano
d.istanze a quella scienza del folklore sulla quale i suoi cntlcl se d'
d Preval gono sui. nsc . hi e le apone ne 'ottica que esigenza di un «uman -
. Il . di Il'
.
· ' . . f'
•o oggetto di stu. M 10•
Slll}o più . · ca stonogra 1ca». f I
· ·
~olerlO appiattire. Per poter meglio difendere il propn Ci , . ampio» e di un «riesame della nostra problemau
pale compito della
te fuori ì
I etnologo e storico delle religioni napoletano si tira risolu.tamen· · olve cos uloe di ~uegli obiettivi che per lui rappresentano il princi· · delle classi·
• • . Proprio la risposta ad Alicata si_ r~s . , J
· della folk.lonstrca
I_a tra di zrone 1t li ·
e tura a ana 10 connessione con il processo di emancipazione
5
Popolari·' gli stessi· o6iett1v . ono .m Lucania
. . t. che lo spmg · em · Sal ento [D ei e lf
In un attacco pesantissimo al fondatore degli
studi positivistici italiani e· F · d ·
· , e a tutta la tradizione che ne scarunsce
folkl ore,_ e·iuseppe Pttre, · (rapprh già anelli 201 5] Nondunen · •
o, quel rifenmento a «lo sproposito acca ernie~
0
de! f ·
) Come tivo. Il folklore non e
sentata ' In quegli anm,· da Paolo Toschi e dalla rivista «Lares» · un o~or e come scienza autonoma» è netto e defini d · così
. l a scienz a , , • , . a»,
accennato nel d
secon o capito o, de Martino afferma che ' ne e 10 se storia: è una «particolare istanza ocumentan
POPOLO, POPOLARE, POPULISMO: IL DIBATTITO SUL FOLKLORE 103
!1O~2~(~A~Pl~TO~L~O~4_ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ ______

come 1,etnograf"ta e, una «tecnica di raccolta» [de· Martino h 195 3 a, 206]. Dun·
3
_L'INTERPRETAZIONE DEMO LOGICA DI GRAMSCI
.
que strumenti tecmc1 1 re . • d. perimento delle fonti. c e non producono
. di per
se, comprensione
' . . e che rispetto alla stona
stanca, , (o
, alla scienza) si trovan o Abbiamo dunque visto come il dibattito successivo alla pubblicazione
dei. Quaderni si concentri sul dilemma dell'autonomia del folklore. Gramsci
.m una pos1z10ne. . an ciliare [Clemente. 1985).. E cosi che
. la documentazione
.. , tili"zzata nelle sue ricerche m Lucama e Salento: anche nel . il tema del folklore, invita a considerarlo come «una cosa seria» e
empmca sara u . . . . h · · valorizza d . d'al gli .
pm• , ..i: lkl ·
«10 onco»
dei· suoi libn ' Sud e magza, . . c e .poggia
, . m buona
. , su
, parte • al campo un enso spessore teonco; tra parte, per stessi
con fensce . . . . . .
. •
rilevaz1om scon di gi·uri , formule ' forme di
. . ntual1ta cenmoruale,
. . 1 autore s,· osti della sua visione di un domm10 di classe che s1 esercita attraver-
presupp l , .d .

pone nso utam1 ente al di fuori della tradizione folklonca
. . e piuttosto dentro la roduzione egemonica, non o puo consi erare come un oggetto uru•
un'idea di storiografia. Nelle sue opere magg1on sembra anche allor,itanarsi so · P eparabile» da altri momenti"dll e a cul tura e fondattvo
· di una sc1en- .
tano, «s
da Gramsci, poiché lo cita assai raramente. Tuttavia resta in quei lavori una
za au ton Orna • Molti commentatori sia crociani che marxisti non sembrano
fondamentale coerenza con l'interpretazione dello storicismo gramsciano comprendere fino in fondo la tensione teorica che G~amsci po~e tra questi
maturata nel «dibattito sul folklore» dei primi anni '50. Il punto fermo è due aspetti: sottolineano il secondo e lo usano per dismettere il folklore (o
appunto il rifiuto di «isolare» una sci_enza del folklore ~a una _compr:nsione almeno i suoi aspetti «negativi», considerati cioè negativi dalla prospettiva
più ampia delle dinamiche sociali; di se~arare lo _st_u~o degli as~etu.subal- di una razionalità assoluta, estranea al «popolo» stesso). Contro le intenzio- I
I
terni della cultura da quello dei processi egemoruc1. S1 tratta, scnveva nella
ni gramsciane, tornano a considerarlo come una sorta di relitto evolutivo,
risposta a Giarrizzo e Alicata, di «saggiare il processo di espansione delle
residuo di inciviltà di cui occorre semplicemente disfarsi il prima possibile.
forme egemoniche di cultura nelle classi popolari, esplorando il modo con
De Martino, al contrario, fonda proprio su questa irriducibile tensione il suo
cui queste forme hanno cercato di fondare una unità complessa e ricca di
progetto di etnografia e storia religiosa del Mezzogiorno. La sua soluzione,
sfumature col mondo contadino» [de Martino 1955 a, 223 J. Il che rappre-
come abbiamo visto, sta nel valorizzare i temi della cultura popolare nel
senta, per l'appunto, il programma di lavoro della trilogia meridion~sta.
quadro di un ampliamento della coscienza storiografica dell'Occidente (e
Nella ricerca sul pianto rituale come in quelle sulla magia e sul tarantismo,
di una visione più ampia della stessa ragione progressista ed emancipativa):
de Martino tratta il materiale popolare non come unità autonoma m~ _nella
alla condizione, tuttavia, di strappare tali temi dalla tradizione naturalistica
sua costante interazione storica con le categorie egemoniche e con gli mtel-
degli studi folklorici. Di questi ultimi non solo non riconosce l'autonomia,
lettuali (religiosi medici scrittori) che di tale interazione sono stati pr~ta·
' '
gonisti; e resta convinto che non possiamo comprendere questi enomen e·
f: 1 se considerandola «uno sproposito»: di più, ritiene che rappresentino l'altra
· d aila po1emica · ant1mag1ca
· · e antmtu · · alist a che le culture faccia del processo che ha posto la cultura popolare «fuori dalla storia». Il
non a partire . eg e
.
mom occ1 ent "d ali h 1 il
anno a ungo sv uppato. 10 con uc e·, d e a pensarli
. com"ali e folklore è un agglomerato di avanzi di cui non si può fare storia? Sì, argo-
fenomeni moderni, frutto cioè di un rapporto costante tra classi soc~ e menta de Martino, ma solo perché questi avanzi sono stati da noi «isolati dal
livelli culturali (laddove sia Giarrizzo che Alicata non riescono a immagmar plesso storico concreto,[ ... ] fermandoli e irrigidendoli in semplici "avanzi"
0
la cultura popolare se non come relitto o sopravvivenza del passato). "re~ist enze passive", incapaci di qualsiasi movimento dialettico, e or~~i
Pronti per gli entusiasmi romantici e per le minute industrie degli erod1 t1»
[de M · di

:h~ artmo 19556, 227-228]. Un altro modo per dire che la postura eru ta
_vagheggia il popolo e colleziona i tratti della sua cultura ha la stessa
d:gine ~ quell'esercizio del potere che lo opprime e lo esclude. Per queS!O,
Martino cerca di rifondare una pratica di studi sulla cultura popolare
104 CAPITOLO 4 POPOLO, POPOLARE, POPULISMO: IL DIBATTITO SUL FOLKLORE 105

rec1.d en d o comp1etamente i legami con quella. tradizione


.. folklorica h
c e già subalterne. Si trat_ta pi~ttosto di ~n~ ~ont:stazione. «oggettiva», legata al
Gramsci accusava (pur parlandone con rispetto) d1 mdulgere nella ricer che la semplice esistenza dei disltvell1 culturali mostra e denuncia la
del «pittoresco» e di limitarsi a «studi di metodo per la raccolta, la selezio ca fatto. • ne in classi· deil a soc1eta.
.IV!SlO . ' Per Lom bard'1Satnam
· · la consapevolezza del
e la classificazione» dei materiali [Gramsci 1975, 2311] . ne d , , .
dominio di classe fa t~tt u~o co~ la lotta ali etno_c entnsmo e ali' esclusivismo
Tuttavia, dopo la morte prematura di de Martino nel 1965, proprio al- ulturale che caratterizza il pensiero antropologico. Cosicché l'antropologia
cuni studiosi che al suo progetto si richiamano intraprendono _ senza di- c la demologia gli appaiono come le principali interpreti della coscienza di
chiararlo in modo troppo esplicito - una strada diversa: vale a dire il tentati- ~lasse legata alla visione marxista del mondo. Esattamente al contrario, si
vo di ricostituire su basi gramsciane un'unità dell'oggetto folklorico e della otrebbe commentare, rispetto all'imputazione di populismo che veniva
sua «scienza». La disciplina che viene così a formarsi marca la discontinuità ~ai dirigenti comunisti degli anni '50 . Verso il loro atteggiamento Lombardi
rispetto al passato assumendo un nuovo nome, «demologia»: si presenta Satriani [1974, 106-107] usa parole molto nette: parla di «tanti intellettuali
come innovativa ma al tempo stesso intende ricucire i rapporti con gli studi progressisti», per i quali il folklore rappresenta «un informe e reazionario
folklorici precedenti. Ciò avviene in un clima sia culturale che accademico agglomerato di credenze, di errori e di attardamenti culturali che va di -
fortemente mutato rispetto al dibattito dei primi anni '50 che abbiamo fino- strutto per far posto ad una imposizione, ugualmente egemonica come la
ra seguito. Alla fine degli anni '60 il folklore (anzi, il «folk») è diventato un distruzione del folklore, di formulazioni marxiane, comunicate e ripetute
tema o un genere di successo nel quadro del movimentismo politico e delle come se avessero in sé stesse un potere taumaturgico». Osservazione molto
forme di cultura alternativa- soprattutto per l'uso che ne fanno le tradizioni interessante perché correttamente mostra come sia difficile parlare della
I
del canto sociale ed esperienze di «lavoro culturale» come quelle di Gianni cultura subalterna se non all'interno di un discorso egemonico: un punto
Bosio e del Nuovo canzoniere italiano [Fanelli 2017]. D'altra parte, antro-
pologia culturale e demologia cercano un loro posto stabile in una università
le cui conseguenze, in termini di riflessività epistemologica, mi sembra non
siano ancora oggi sempre ben chiare.
'
I
che sta diventando di massa, e nella quale si riconfigura il classico sistema In ogni caso, per tornare alla nostra argomentazione principale, è la
dei saperi scientifici. L'autonomia accademica non appare più a nessuno stessa impostazione di classe a fondare l'unità dell 'oggetto: «Il concetto di
come uno «sproposito», al contrario. Così come, nella sensibilità diff~s~, contestazione folklorica presuppone la esistenza di due culture - una cultu-
sembrano largamente superati i turbamenti dei primi lettori di Gramsc~ rJ· ra egemone e una cultura dominata [ ... J- che è effetto della divisione della
., 11D
guardo l'arretratezza del folklore . Nessuno ormai lo considera pm un · s~cietà in classi» [ibidem , 121]. Questa impostazione, certo, è radicalmente
barazzante fardello di cui liberarsi lungo la strada per l'emancipazione. ~o diversa rispetto a quella della scienza folklorica classica, che anzi Lombardi
si comincia piuttosto a patrimonializza re, come si direbbe oggi; inoltre, llll Satriani accusa di aver rappresentato una copertura id eo1og1ca · per il di scor-
. . ne
quanto progressivo e alternativo, lo si usa in curiose combinazioni co s~ egemone: con la funzione di naturalizzare le differenze dei ceti popolari,
culture giovanili di protesta. · di «parlare di tali classi come se non fossero dominate» [ibidem, 112-113].
. . d ' tonom1a,
Le teonzzazioni cercano di tener dietro a questa esigenza 1au •va ~ 0ndimeno, la nuova e più consapevole disciplina può recuperare e cam-
alla volontà di mostrare il folklore come una cultura separata e al~e~na~ . iare segno alla vecchia scienza dei folkloristi à la Pitrè: i materiali da loro
.
nspetto a quella dominante - sostenendo al tempo stesso il ruolo 1sutuz1
0 raccolti
. .
possono esser collocati in una nuova cornice e diventare · ·
l tesi d1 un' anali · d patnmomo
nale della sua «scienza». In quegli anni riscuote ad esempio successo ba rdi M si a eguatamente critica della cultura popolare.
de1fOll<lore come cultura di· contestazione, · · M· Lotn !id·
a · .al' autore che forse più di ogni altro si impegna nella fondazione teo-
avanzata da Luigi
s . .e al senza
atr~am. on questa espressione non si intende l'eventu e pre . ile dassi esp rica di u
di p ·
na nuova demologia su basi gramsciane è Alberto M. Cirese. All'1
_e_vo
ta dt contenuti progressisti o di protesta nelle creazioni culturali de aolo Toschi e figlio di Eugenio, poeta dialettale e cultore di tradizw-
f
I

L I
I
106 CAPITOLO 4 POPOLO, POPOLARE, POPULISMO: IL DIBATTITO SUL FOLKLORE 107

ni popolari (fondatore fra l'altro della rivista «La Lapa»), Cirese si il ciali, anche se umilissime, di cui il coacervo culturale preso di volta in
. d' . . co oca
tuttavia sul versante gramsciano i un mteresse «unpegnato» per 1 I . volta in esame costit~i~ce il «~odo ~i vedere e di operare». E perciò
, . 1 . . e cassi
subalterne. A trent anru, ne ~9?1 , era mte1:7enuto_ n~l «dibattito sul follt. al giudizio sulle quahta fo~mah o sw contenuti di quegli agglomerati
l
lore» con un articolo sul quotidiano del Partito socialista, dal titolo Il vogo si accompagna la constatazione che quella determinata «compresenza»
. d d . .. di elementi culturali, qu_ale ne sia l'~rigine, o il livello, costituisce il pa-
protagonista. Qw pren eva ecisamente una posizione «populista» t
. . . . ull ul , a tac. trimonio intellettuale d1 un determmato gruppo sociale, che lo vive e
ili
cando i giudizi troppo um1n1stici s a c tura popolare come arret
' ., . rata ne fruisce dall'interno non avvertendone la contraddittorietà, 0 almeno
e disorganica. Riven di cava l autonoma capacita creativa del proletariato
non avvertendola nei modi che sono propri a chi guardi dall'esterno.
affermando che «il mondo del folklore non è la degradazione del mond~ Così ogni combinazione di elementi culturali che formi il portato di un
egemonico: è un mondo cresciuto su sé stesso con movimenti che hanno gruppo sociale comunque identificabile viene a costituire una sorta di
fisionomia propria, anche se sino ad oggi tale fisionomia è stata condiziolil. ata «unità di fatto», che può essere guardata dal punto di vista del gruppo
in vario modo dalla pressione economica politica culturale delle classi ege- che vi si riconosce e che dunque può essere legittimamente chiamata
moniche» [Cirese 1951, 3]. Un «mondo cresciuto su sé stesso»: cioè una cul- «concezione del mondo», perché, pur non essendolo per noi, tale essa è
tura, nel senso antropologico del termine. Ma Cirese si rende conto che una per altri [Cirese 1970, 103].
I
simile interpretazione deve fare i conti con le tensioni del testo gramsciano:
come trasformare in una cultura l' «agglomerato indigesto»? La sua risposta Unità di fatto: ciò che appare come agglomerato indigesto all'intellet-
è elaborata nell'intervento a un convegno cagliaritano di studi gramsciani tuale che lo osserva dall'esterno, è invece unità organica per chi ci vive den-
del 1967. Sulla base di un'attenta analisi delle occorrenze del concetto di tro. E in questo modo l'antropologia, col suo sguardo del nativo, ha il diritto
folklore nei Quaderni, Cirese riconosce l'irriducibilità di una tensione fra di studiarlo. In questo senso Cirese può scrivere che «Gramsci opera dun- \
accezioni positive e negative del termine: insieme disorganico e residuale di que la legittimazione di un oggetto e di un settore di studi sulla base di una
cui disfarsi nel processo emancipativo, ma anche forma di resistenza alla cul- definizione dell'oggetto stesso» [ibidem, 69]. Affermazione perentoria che
tura dominante. La via d'uscita non consiste per lui nell'idea di un carattere si allontana decisamente dalla lettura demartiniana.
progressivo o (diversamente da Lombardi Satriani) di una implicita natura
contestativa del folklore: piuttosto, nel fatto che Gramsci usi spesso il tenni·
4. JEANS RODEO E JAMES BOND: DOVE SI INCEPPA L'IMPIANTO
ne associandolo all'espressione «concezione del mondo». Ora, nei Quaderni
tale espressione è non di rado usata anche a proposito delle prospettive filo· TEORICO DELLA DEMOLOGIA
sofiche (e infatti il folklore è definito «filosofia spontanea») e persino della
~osofi~ della praxis, che evidentemente rappresenta per il pensatore sar~o il Su questo punto Cirese torna pochi anni dopo nel suo testo più celebre,
il massimo grado di organicità della cultura. Non vi è allora un'essenza in manuale Cultura egemonz'ca e culture subalterne, vero e proprio manifesto
e~~ t d i una demologia che, fin dal titolo, vuole presentarsi. come
°
c~~u~e fra questi livelli? E qui Cirese vede emergere in Gramsci qualcosa . en
gramsciana . . suIla demarcaz1one
· An ch e qw. l' autore ms1ste
. dell' oggetto d1·
di simile a un concetto di cultura in senso socioantropologico. Leggiamo per stdi
esteso la pagina cruciale del saggio: ?
u . come fondativa della disciplina: «gli studi demologici - scrive - tra
tutti 1com . . ili h
h Portamenti e le concezioni culturali isolano e studiano que c e
anno un 0 u· ' . di
Cosl l'impiego che Gramsci fa della nozione di concezione del mo~- st' spec 1co legame di "solidarietà" con il "popolo" (m quanto ·
· di conti· lllto dall " 'li " . d'
• • «spontanee» viene
do, almeno quando si· tratti· di conceziom recup e e te )» [Cirese 197 3 , 13] · Una definizione che gli consente 1.
· · ni so·
' s1tuazJO
nuo appoggiar0 a una f'ltta rete di richiami alle concrete erare tutta la storia degli studi folklorici in una cornice unitaria, dagli
POPOLO, POPOLARE, POPULISMO: IL DIBATTITO SUL FOLKLORE 109
!10~8~(~A~PITO~L0~4~- - - - - - - - - - - - - - - - - - - - -

. .. . . . omantici fino alla «nuova tematica sociocultui·al d si trova più a coincidere con contesti di compatto isolamento geografico,
mdinzzi anuquari e r . .. e» eJ
E, vero che i precursori utilizzavano una nozion . unicativo e culturale? Cosa accade quando i gruppi subalterni non vivo-
secon do dopoguerra. . , e lna- com di . ff' .
»· ma il loro lavoro documentano puo ugualmente es iù in regimi · quas1-autosu 1c1enza materiale e culturale (producendo
deguata di «po Polo · . , sere 0
. b
nassor ito . all'rn· terno del nuovo paradigma. Tanto che,
. nell architettura del ~a ~é il proprio cibo, i propri abiti e mobili, i propri divertimenti, i propri
volume, Cirese ricostruisce una fondame~tale cont~nuità fra la tradizione canti e racconti ecc.), non sono dunque più immersi in una cultura propria e
di studi filologici sul canto popolare e le r~c_erch~ d1 _de Martino _ proprio distintiva? È ancora possibile mantenere la finzione di una cultura popolare
la continuità che quest'ultimo voleva a tutti i costi evitare. Ne esce l'idea di da descrivere come unità di fatto antropologica?
demologia come scienza che assume a proprio oggetto, sia pure sulla base Il paradosso è che la demologia si costituisce e si istituzionalizza proprio
di un approccio teorico radicalmente rinnovato, un repertorio classico di nel bel mezzo di questo processo, cioè nel momento in cui il suo oggetto
tratti culturali: quelli della vita contadina che già i primi folkloristi ave~ano classico scompare. Nell'Italia degli anni '70 la classe subalterna è soprattutto
«.ritagliato» e classificato in generi (canti, fiabe, proverbi, riti e credenze, usi quella operaia, la cui vita culturale consiste principalmente nel consumo dei
e costwni ecc.), e che ora possiamo rileggere come «unità culturali di fatto» beni di massa. Se i contadini si ritrovavano a veglia nella stalla a celebrare
prodotte dal relativo isolamento sociale ed esistenziale dei ceti subalterni il loro repertorio di canti, fiabe e proverbi, per la felicità del folklorista, gli
rurali. operai vanno allo stadio, ascoltano i dischi, guardano la televisione, compra-
In effetti, in relazione al mondo contadino la «demologizzazionè» di no abiti preconfezionati e oggetti di plastica al supermercato. Dove finisce
Gramsci che Cirese propone sembra funzionare. Funziona come un •èaso allora la peculiarità differenziale delle culture subalterne? Che ne è della
speciale, diciamo, dei rapporti tra egemonia e subalternità: l'isolamento «diversità culturale che accompagna o corrisponde alla diversità sociale»?
(territoriale, comunicativo, sociale) dovuto alle condizioni materiali di vita Di fronte a questo problema, ci sono due risposte possibili. La prima
ritaglia «unità di fatto» antropologiche che possono essere documentate in è lo sviluppo di una critica della cultura di massa, nel senso francofortese
modo separato rispetto ai processi dell'alta cultura. È vero che fra le due (o pasoliniano, potremmo forse dire per l'Italia) . La seconda è una etno-
sfere filtrano contenuti, ma questi sono concettualizzati in termini di circo- grafia della cultura di massa, che ne studi le modalità di consumo da parte
lazione ascendente o discendente o di sincretismi: casi speciali, insomma, di diversi soggetti sociali e i significati che per essi acquisisce. Nel primo
senza che la fondamentale unità antropologica delle «due culture» ne sia c~so, la cultura di massa è vista come uno strumento egemonico di straor-
intaccata. Una obiezione possibile a questa visione riguarda il fatto che la dinaria potenza che non produce differenze ma le cancella: si impone senza
stessa idea di isolamento di una Gemeinscha/t contadina è in buona misura me~azione ai soggetti subalterni, plasmandone la coscienza e ottundendo-
una costruzione degli stessi intellettuali che producono un discorso sul «~o- n~ tn modo permanente le potenzialità critiche. È una modalità di domi -
polo». Se l'ideale comunità rurale chiusa e autosufficiente non è mai esiSt1ta: lllo perfetta, che non ha più bisogno di ricorrere alla mediazione faticosa
ciò no_n sigm· ·t·ica pero, che non si possa parlare - come fanno sia · Gramso1. . ~ complessa degli intellettuali (sostituendo anzi gli intellettuali classici con
1
Ptotag onistr· · d eI mondo dell'intrattenimento) . E' lo strumento pop ul'1sta
che Cirese - di condizioni storiche di relativo isolamento: ad esempi@ w
rif · nei· viliaggi•di montagna o nei. poden. mezzad rili. ' caratte·
. erirnen to all a VIta .. • ~er eccellenza, poiché si appella ai desideri del popolo (plasmati peraltro
rizzata da un · · . . . ,d ndiz1onl a Propagand a e persuasione occulta) per tenerlo in con d 1z1001 ' · · sempre Più
. onzzonte es1stenz1ale decisamente ristretto, c10e a co . • strette di .
stoncamente det ermmate · d. alf . ili. , t ema ]imi·
1 an abeusmo di scarsa mah ta, es r h il controllo, alienazione, falsa coscienza. Nel secondo caso, rnvece,
tatezza dei medi · •• ' · altro: c e consumo
e d. . di massa non e, considerato come una pratica · puran1en te passiva
a comumcatlVl e così via. Il problema è semmai un • . I Imp · · ·
cosa accade all • , d. f 1•· dustrta s osizione dall 'alto. I significati delle pratiche di consumo, pmttoSta,
. e «unna I atto» quando, con l'urbanizzazione e ID
· cul tural'1 e al posizio-
lizzaz1one il m d balt rna no11 ono costant emente negoziati . rispetto alle categone
' ° d.
on conta mo si disgrega, e la condizione su e
POPOLO, POPOLARE, POPULISMO: Il DIBATT

-----
111'~0~(~AP~IT~O::L0~4~ - - - - - - - ITO SUL FOLKLORE 111
---- -------
:__

namento soci•ale dei consumatori. La «div .


ersità culturale che accom
ione, come
i già ricordati studi di Paola Atzeni [1984;
1988] sul lavoro
,
.t, oci·ale» viene allor ata m un accurata etnografia dal pagna eccez . . Sardegna. L'attenzi.one al lavo .
la diversi a s a cerc
, basso 0 ro operaio e a un ,antropologia .
delle modalità sociali del consumo . E la str_a mine~ario \ industriali si svilupperà semmai
da che, a par~ire proprio da più avanti e ormai al di fuori
Gramsci, è stata aperta da Stuar~ Hall ~ da~ dei di5rrdett d rnologico; cfr. ad esempio Papa
Cuftu~al stu~zes britannici; e [1999]; Siniscalchi [2002] ,
che oggi trova riscontro in alcum settori (mm del qua ro e
onta n ma significativi) della
Ghezzi [2007]).
ricerca antropologica. . quando elementi della cultura di. massa irrompono
La demologia italiana ha scelto con grande nette Non so1o. nei contesti
zza la prima strada. Ha . . ali sono considerati come escrescenze estra .
scdto cioè di escludere la cultura di massa dall' tradizion • ' solo nee e pencolose - che val
ambito dei propri interessi in quanto sintoffil· delle mma
· cce ehe mcom
· bono sul vero
considerandola anzi un elemento perturbante la pena citare . .
che si insinua nella vera cul'. folklore. Un solo esempio, significativo m quan . . .,
tura popolare e ne annulla il potenziale di «diff to _amv~ d~ livello pm auto~e-
erenza», trascinandola nei
processi omologanti, nel cattivo gusto estetico
e nel conformismo politico. È
vole della ricerca demologica. Luigi M:Lo~ ba_rdi S~tnaru, ~a~ e~a Rossi e
Michde Risso sono tra i più importanti studiosi
chiaro, retrospettivamente, che una coerente fond che m q~egli ~ svilu~p-ano
azione gramsciana avreb- il progetto demartiniano di documentazione delle
be dovuto spingere la disciplina a seguire la linea pratiche m~gico-religio~e
differenziale tra momenti nel Mezzogiorno. Un loro testo del 1972, firm
egemonici e subalterni della vita culturale nella ato in comune, si apre propno
sua mutevolezza st0rica e nei con alcune considerazioni sull'intrusione della
suoi cangianti contesti sociali e comunicativi. cultura di massa in due note
Se qualcosa è fuor di dubbio pratiche folkloriche. La prima è il tarantism
nella interpretazione di Gramsci, è che per lui o, in particolare la danza delle
lo studio del folklore e qwello
dd romanzo d'appendice e di altre forme mod tarantate durante la festa di San Paolo a Galatina.
erne della cultura popolare Una partecipante
non rappresentano campi diversi e separati:
sono aspetti di un medesimo era vestita, come vuole la tradizione, di bianco,
problema, e per questo invita a considerarli entr e sotto la gonna indos-
ambi come «cose molto se- sava dei lunghi calzoni bianchi, che dovevano
rie». La demologia resta invece disperatamen permetterle di ballare,
te ancorata al proprio «ogget· secondo il rituale, e di rotolarsi a terra . I calzo
to» tradizionale: un'idea di civiltà contadina che ni erano dei white Jeans
si sente di dover «salv:are» e quando la donna si rotolava si poteva leggere
e valorizzare come alternativa alla crescente
omologazione della soe1e . ' di sulla loro tasca la marca
ta «Rodeo» e riconoscere il cowboy in sella ad un
massa e dell'industria culturale. Non si affro cavallo impennato. Un
nta dunque la questione dell~ moderno prodotto americano, quindi, si era intro
pratiche di vita quotidiana delle attuali classi suba dotto direttamente nel
lterne: cos'è ad esemp,ie il rituale magico [Risso, Rossi e Lombardi Satriani
lavoro per gli operai e i ceti medio-bassi, com 1976, 146-147].
e si vestono, come man~i~o
e come orgaruzza · no 1e 1
oro case, come si rapportano a1· cons1...wu mi materiali e
~a seconda osservazione etnografica riguarda
, .
me diali , e cosi via. J
il pellegrinaggio al S~-
Retrospettivamente (e con il vantaggi.o di uno guardo aa ~ano di Vallepietra, tra Lazio e Abruzzo: qui,
lontano, certo) appare oggi stupefacente che una s tra i fedeli che percorrono i~
disciplina centrata attor~o gmocchio la navata della chiesa gridando «Evv
al concetto di subalternità non abbia dedicato 50 0 iva la Santissima Trinità», gli
~ ali una sola ricerca O 1Jll , f studio ·
si notano dei. ragazzi. che
li
ro a classe subalterna per eccellenza
quella operaia. Eppure e'00~· ~
g anru· '6Oe ,70 nascono numerosi studi' e muse
mate i sul lavoro e 5u1la cultura r_ivelavano qualcosa che non aveva niente a che
. riale rur ale« d.1 un tempo», ma nessuno • · e pertinente 0 fare con l'aspetto re·
(o quasi') nnen • di· hgios
. o deil a festa: essi. portavano m
. f attJ. de1·
mter~s~ante documentare le forme del lavoro copr1·cap1· con il distintivo
strett nelle picco le impr ese dedl ile d'. James Bond 007, e ornati di medaglie sacre
. i md
. ustn·al·i o l'organizzazione del cosmo dom e fiori di carta . NesSuno
estico nelle case alche
e di queSti giovani contadini era in grado di dirci
chi fosse queSW OO? · · · li
periferie suburbane e dei centri della campagna [ibidem, 147).
urbanizzata (con qu
/,
/:
~1~12~(~A~Pl~lO~L0~4_ _ _ _ _ _ _ _ _ _ __ _
__ _ _ _ _________ __ POPOLO, POPOLARE, POPULISMO: IL DIBATTITO SUL FOLKLORE 113

.
G li auton ve d ono m· tutto ciò una forma di «grottes ca mescolan
d . dell ocietà dei consumi vengono gettati nel mondo rnza»,' in
. . . dei metodi docume ntari e delle strategie espositive (nei musei, ad
. . sul pian 0
cut «i pro otu as . . ag1c · ) Nondim eno, l' am b.lto di stu di eh e così si configura sembra aver
che fagocitati come corpi estranei , senza essere 0' esempio .
dal qu al e vengon O an il l . . ai contatto con 1a problematica . f .
ondattva della demologia: .
. il . . tegrati» [ibidem 146]. Prevale ne a oro vtsione la preoPerò
assun au o ID
erso orm . vale a
Pd. l' rticolazione del rapporto egemom co-subal terno, la corrispo ndenza
1 . .
'. . . ccu.
.
pazione per 1,.mvadenza impenali I differenze sociali. e queile cul tur ali .
sttca Ife a
. . . . della cu tura di massa . . , ' che att acca
. hia di ero dere il patnmoruo di differenze e autentic ita rapprese
e nsc . . . . . . ntato tra ~o cercato dunque di mostrar e il parados so di una disciplina che ab-
_ in questo caso_ dai riti magico-relig10si tr~dizional1. Ed è proprio questa
b donava Gramsc i nel momen to stesso in cui lo innalzava a proprio pro-
preoccupazione _(m_o~to fr~cofor tese, assai p_oco gram_sci~na:. che li por.
a;ore totemico. Ho anche suggerit o che tale paradosso possa in qualche
ta a ignorare il significato di queste penetran ti osservaz iom. Lingresso dei te
modo avere a che fare con 1a categon·a di pop ulismo cul turale. Nei dibattiti
·eans Rodeo O dei cappellini diJames Bond è forse l'aspetto più interessante
degli anni '50, de Martino (e con lui il giovane Cirese) rivendicava un certo
~el resoconto etnografico: mostra la capacità del rito di integrare nel suo
grado di autonom ia cultural e del popolo: o, almeno, la non completa ridu-
macchinario generativo sempre nuove risorse (e del resto, come già aveva.
cibilità del folklore alle categori e egemon iche. Lo rivendicava sia contro i
no mostrato de Martino [1961] per il tarantism o e Brelich [1953-54] per il
crociani che contro i marxisti , portator i entramb i di una posizione «elitista»
pellegrinaggio a Vallepietra, la forma «tradizi onale» è già il risultato di un
che vede il folklore come un inerte deposito di rifiuti della storia. È vero
costante processo storico di ibridazione, di «grottes che mescolanze»). Da
che il marxismo intendev a porsi dalla parte del popolo e contro le élite: ma
notare che l'estraneità radicale di questi oggetti cultural i (i jeans di marca
sul piano culturale il popolo interess ava solo nella misura in cui si adeguava
e il tarantismo, il berrettino pubblici tario e la processi one) è percepita solo
alla filosofia della storia progres sista incarnat a dalla dottrina del partito.
dagli osservatori, non certo dagli attori sociali: e rimanda all'idea dei due
Tutto il resto (il «folklor e») è residuo da eliminar e, che esiste come prodotto
«mondi» o delle due culture separate, mai veramen te integrab ili, e che inve·
di falsa coscienza, di copertu ra ideologi ca dei meccanismi del dominio. La
ce nell'ottica gramsciana non possono che integrar si costante mente, seppu-
consapevolezza critica del dominio può essere elaborat a solo dagli intellet-
re - appunto - in un agglomerato indigest o.
tuali: sarebbe inutile chiederl a al popolo, che può semmai attingerla solo sul
piano intuitivo, come una sorta di coscienz a di classe affettiva, che deve però
- ed~cato dal <<babbo» - trasform are in corretta dottrina .
5. ELITISMO E POPULISMO CULTURALE . E_evidente che tutto l'impian to gramsci ano si allontana da una simile
ideadifal
L . . saco scienza, · 1egata agli approcc i· eh e G ramsci· chi
ama economic·1st1.
· ·
Credo che questa postura epistem ologica rappres enti una con~rad~i: a. visione del m on d o di partico · 1an· segment i· popol an· '
· · al aff
e sempre rontata
z10ne 1nterna meccanismo demoloo ico che lo mette b en pres to in cr1s1 gli neillQuaderni come frutto di specific he dinamic he di egemonia e conflitto ,
b '
portando a un progressivo inaridim ento della disciplin a: anzi, per ~e I0 ne e a1· ·
I qu i si assume la piena coscienz a o razionalità del «popolo». Basta ri-
di re, all ,abb an d ono della stessa denomin 0
azione (di cui· oggi· resta traccia so eggere una delle
Pulis . . pagme· m · cw· G
ramsci· affronta d.irettame nte il tema d ~l po-
ne Ila lettera D del settore disciplin are M-DEA /01, «Discip . . lin d rnoetno·
e e. _ lll _rno politico: quella delle note su Machiav elli dedicata al boulangi
· h smo,
antropo logic e») e alla sua trasform azione in qualcos a di moto 1 diversodi figovl!l1ento
f frane ese d.i f' '8 d . masse popol .
, 1 . del patrimo me 00 ove ampie an sostengo no una
nio culturale . La scelta di esc1u d ere 1a cultura
un antropo ogia ura orte h ·
. della Po stesso lic· e si contrap pone all' establishment ma rapprese nta, al tem-
mass dal
a ·
propno campo non poteva che porre al centro il rep ertorio reo:
. .
tratt il 'g interessi di una compon ente della classe domman . .
t d. · te. Gramsci
« ra iztone». Un repertor io assunto in modo tutt'altr o che mgen · uo ce cioè~ caso proprio nel contesto di una critica serrata all' «economismo»:
·d f'. ·cato
consi erato nella sua costante risignificazione e trattato in mo d O so 1st1 a teo d enza ad assolutiz zare gli «interes si oggettivi» considerando «la
114 CAPITOLO 4
POPOLO, POPOLARE, POPULISMO: IL DIBATTITO SUL FOLKLORE 115

Politica e quindi la storia come un continuo marché de dupes u . d'


. .. .
illusionismi e di presudig1taz1one»
' dn gioco 1
[G ramsc1. 1975, 1595]. Scrive popolo. I suoi successori
, da. un lato ereditano questo atteggiamento antie-
ungue: . . dall'altro pero loli reintroducono nella presa di distanza dalla cultu-
liusta, . , d ff . . . . . .
Quando un movimento di tipo boulangista si produce l'ana1· . d _ ra di massa - c10e . ag . e .~ttlvt co?sumi _culturali dei ceu subalterni. Per
, 1s1 0
vrebbe realisticamente essere condotta secondo questa linea· l) e dar conto di questi e gtust1f1carne 1_esclusione dal proprio campo di studi
. . · onte- hanno bisogno di una qualche ~eona_della_ f~~a coscienza, di un «diavolo
nuto sociale della massa che adensce al movimento; 2) questa massa eh
funzione aveva nell'equilibrio di forze che va trasformandosi come~ ll'ampolla». Come tener fuon, altnment1, 1 Jeans Rodeo e i berrettini di
nuovo movimento dimostra col suo stesso nascere? 3) le rivendicazio- ~~7? Dunque, la demologia m_ette a f~oco solo la vera cultura del popolo
ni che i dirigenti presentano e che trovano consenso quale significato he intende separare da quella mautenttca: e naturalmente i criteri di questa
hanno politicamente e socialmente? a quali esigenze effettive corrispon- ~e arazione sono quelli degli intellettuali. Il che riporta al vecchio parados-
dono? 4) esame della conformità dei mezzi al fine proposto; 5) solo in ul- s/della folkloristica, dal Romanticismo in poi: il popolo va bene, ma solo
tima analisi e presentata in forma politica e non moralistica si prospetta se corrisponde alle aspettative degli intellettuali, anzi di una componente
l'ipotesi che tale movimento necessariamente verrà snaturato e servirà a specifica dei ceti egemonici (quella progressista e «in ascesa», che si con-
ben altri fini da quelli che le moltitudini seguaci se ne attendono. Invece trappone - per dirla in termini bourdieusiani - alle componenti con un più
questa ipotesi viene affermata preventivamente, quando nessun elemen- profondo e radicato controllo del capitale economico e culturale). Cosicché
to concreto (che cioè appaia tale con l'evidenza del senso comune e non il folklore - quello «vero» - può giungere a trasformarsi in un tratto d'élite.
per una analisi «scientifica» esoterica) esiste ancora per suffragarla, cosi I demologi si mostrano spesso preoccupati della sua commercializzazione:
\
\
che essa appare come un'accusa moralistica di doppiezza e di malafede ma il vero problema, ad esempio con il movimento del folle revival, è la sua
o di poca furberia, di stupidaggine (per i seguaci). La lotta politica così assunzione a tratto distintivo di una cultura autentica che si contrappone a
diventa una serie di fatti personali tra chi la sa lunga, avendo il diavolo
quella dozzinale e di cattivo gusto dei media e dell'industria culturale.
nell'ampolla, e chi è preso in giro dai propri dirigenti e non vuole con-
La fortuna che la demologia riscuote negli anni '70 anche al di fuori
vincersene per la sua inguaribile buaggine [ibidem, 1596-1597].
dell'ambito strettamente accademico è legata proprio a questo: la capaci-
· ·duc_ibilità tà di riconoscere e apprezzare il vero canto popolare tradizionale rispetto
., che e, m
C10 . m
. gioco .
. questa discussione . e, per 1,appunto l' trn
~e canzonette televisive, gli abiti o i mobili o i cibi contadini rispetto ai
del punto di vista popolare a una falsa coscienza - misurata in relazione;
Jeans, alle cucine in formica o alla carne in scatola, è elemento distinùvo di
una oggettività che solo gli intellettuali del partito sarebbero in grado
una precisa appartenenza socioculturale. Distinzione, per l'appunto, dalla
.
nconoscere. Ma il rapporto tra il «fattore econonuco .
. tmme di stu·i
diato» e .«lo
:lgarità d_i qu_ei ceti più bassi che sono preda dell'industria culturale e del
. non puo, n'durs1. a ques to,. <<l'analisi dei vers
di o concreto deile 1'deo1og1e»
dits~h. ~ rischio di una demologia così posizionata è naturalmente perdere
che ne11 a sfera dell'egem i.
0
gradi di rapporto delle forze non può culmmare .
Vl~t~ il popolo reale, in difesa di un popolo astratto o immaginato Oa co-
ma .
. e de1. rapporti. etico-po . . [1'b z.dem ] . Al tnmentl,
li t1c1» . . d1·ce ancora Gramsc,
. . uelia
:uruta folklorica originaria, una subalternità isolata come «unità di fatto»
« dim · h 'al
enuc eremmo un tra proposlZlone · · d e11 a fil osof' ta della praxts, qolari
O cule non_esiste più); anzi, ancora peggio, il rischio è disprezzare le pratiche
che le "credenze popolari" o le credenze del tipo delle credenze p p e turali dei bal . ali . . d. 1 . , h
ha d su terni re con quella stessa 1mputaz1one 1«vo ganta» c e
hanno la validità delle forze materiali» [ibidem, 1595]. · l'analisi urbano e mondo rurale,
D M . . d d . terreno. • etico· o traabor h .contraddistinto i rapporti tra mondo
sempre
e artmo s1 pone ecisamente su questo me estmo 5
g e ia e proletariato.
della cultura dei ceti subalterni implica per lui l'esame dei rap~ortl na» il
li · · ·
po ttci e non il semplice smascheramento di un'ideologia c
· be «ingan
POPOLO, POPOLARE, POPULISMO: IL DIBATTITO SUL FOLKLORE 117

_ _ _ _ _ _ _ _____
~6._!D~A~P~~S~O~Ll~NI~A~B~E~RL~U:.:.SC.:._O_NI . minentemente borghesi le tendenze romantiche, dla bohème, le
. cui sono e . .. . .
1Il d'
guar te · ) Lontano dal fuggire la sua condlZ!one o «pre estmaz10ne».
. . Più pasoliniana . , gramsciana.
che . degli Scritt1.
L'autore avanh ome pretende di fare, Pasolini ne applica in modo estremo i re- d
È una pos1z1one . .d. , borg ese, c
. con Ia massima mtens1ta e luci· 1ta
corsari.espnme 1 questa
· difesa del.popolo . . .. ompe il conformismo e infrange le regole per sottrarsi a un mon o
qu1s1t1. r .. d l . h . .
contro il popo1o stes , so trasformato dalla «nvo uz10ne
. antropologica»
. dei culturale al quale si stanno avvtcman o masse popo an c e ne mmacciano
.
consumtsmo m una. piccola borohesia
i:,
conservatnce
• •
e conformista.
• •
Ciò

che l'esclusività. . , ., . . .
· 0 sullo sfondo Pasolim lo porta esplicitamente
1. demo1og1· 1ascian . . , tn .primo
. Gli Scritti corsari sono forse 1opera pm radicalmente anupopulista che
. rt.
piano - a pa tr e proprio da un confronto con Gramsci,
. h h applicabile
non pm la letteratura italiana abbia mai prodotto. Certo, Pasolini era interessato al
in virtù dell'omologazione culturale del consumismo c e a cancellato le «popolare» nel senso antropologico del termine, . .e accentuava il suo caratte-
precedenti differenze. Scrive ad esempio: di cultura per certi versi incommensurabile nspetto a quella «moderna»
I
:\borghese» (fra l'altro, era stato egli stesso curatore di un'antologia di I
Ja vecchia cultura di classe (con le sue divisioni nette: cultura della classe oesia popolare). E anelava a quella «alterità ontologica», a «quel qualco-
dominata, 0 popolare, cultura della classe dominante, _o borghe_se, cul- ~a di "corporalmente" diverso [ ... ] che definisce una persona del popolo»
tura delle élite) è stata sostituita da una nuova cultura mterclass1sta che [Pasolini 2007, 222; cfr. Sobrero 2015] . Solo che nel mondo in cui le lucciole
si esprime attraverso il modo di essere degli italiani, attraverso la loro erano scomparse, e che aveva attraversato la «rivoluzione antropologica»
nuova qualità di vita [Pasolini 2007, 56].
del consumismo, questo popolo aveva subito una metamorfosi radicale: di
fatto, non esisteva più nel momento stesso in cui Pasolini scriveva. Emerge
Questa «nuova cultura interclassista» è legata a sua vo~t~ a ~ <~nuovo
qui una teoria molto forte - anche se vaga ed estetizzante - del potere e dei
potere che mi è difficile definire: ma di cui sono certo che e il p~u- vtole~to
rapporti tra le classi, che si pone in implicito dialogo con Gramsci. Il nuovo
e totalitario che ci sia mai stato» [ibidem, 58]. Più il popolo ne e mvesuto,
potere, «il più violento e totalitario che ci sia mai stato», ha l'effetto di can-
più subisce una mostruosa trasformazione che lo allontana dalla bellezza e
cellare la classica relazione o dialettica tra cultura egemonica e subalterna.
dalla purezza. Ciò porta Pasolini a disprezzare e ad accusare in primo l~ogo
proprio quegli elementi di «progresso» ed «emancipazione» che le da_:
polari vanno ricercando ed ottenendo in quegli anni: dagli agi mat:rtfi e~
r In definitiva, dunque, il popolare è una cultura residuale, che resiste solo in
pochi angoli ancora non raggiunti dalla «nuova cultura interclassista», dalla
50 quale è inesorabilmente contaminato. Queste riflessioni fanno parte di una
brutti appartamenti suburbani all'istruzione di massa, dallo stipendi o l 5 .
. . . . . . . . odo 0 g1co recensione (uscita per «Il Tempo» nel 1974) a un libro di scrittura popolare,
una partecipazione democratica d1 superficie. Il pos1Z1ona~:nto s . al del-
Avventure di guerra e di pace di F. De Gaetano. Si tratta delle memorie di guer-
di Pasolini è molto complesso. Da un lato si pone come crttlco radi~ e rrna
lo stile «borghese», da cui dice di esser fuggito «trasgredendo og~ no he
ra ~~ contadino beneventano, che affascinano Pasolini per la tensione fra
.
. . e g1ungen do così a fare esperienza - corporea ancor prlffla e il un asptrazione «borghese» dell'autore, che si esprime attraverso la scrittura, e
e 1lffiJte»; un contenuto h . 1m d . .
·mte11ettuale - di quel mondo popolare «che si estende sconfmato sotto ra r 6. c e resta mconsapevo ente a erente a un piano mcommensu-
stu a ~e, quello «popolare», e vanifica quelle stesse pretese. Pasolini considera
livello della cultura borghese» [ibidem, 221 -222]. Attraverso queS ta po la Pro1ondam . . ' h .
. d di . . . ali f risuonare
ll'~tro se ente poetico lo sguardo ingenuo e spontaneo dell autore, c e quasi
tnten e st1nguers1 dagli altri scrittori italiani, verso 1 qu a nza voleriO .d. li il h. d
st <<co l rt ico zza le istituzioni borghesi, la guerra, vece 10 man o
essa polemica gramsciana di scarsa vicinanza alla gente comune. Da f nda· il ·· 1 o
0
lato, tuttavia, è chiaro che questa sua scelta distintiva è a sua volta pro 13], esiand al sua violenza feroce e 1·diota». Ma, come per romant1c1smo, a P ~
0 illal e Popolare è inconsapevole - c'è indipendentemente dall'autore, anzi
mente «borghese» ed elitista (nel senso ben mostrato da Bourd'teu [2 g~dol~ . · ·,
' Utore stesso. Pasolini infatti loda l'autore (aoè la soggett1V1ta 0
p
I
118 CAPITOLO 4 POPOLO, POPOLARE, POPULISMO: IL DIBATTITO SUL FOLKLORE 119

lo «sguardo» popolare in~critto nel testo)_ ma è sar:astico verso lo scrittore il nelle frequentissime citazioni di questa poesia, che Pasolini tiene
De Gaetano reale: «nel vivere e nello scrivere, egli ha accettato gli sch .' . spesso, . . hi dall
. . .. . .. d enu di b ferme le posiziom su e sta a parte della ragione (il movimento), e
comportamento e i canoru retorici 111hllt1 111 un mon o a livello infinit
. di li li . . al li atnente e~~dalla parte del torto (la polizia).
più alto, ed è anche conVInto aver app catl; 111 re tà · ha vanificati co
_[ "al " . , 'al nun
contenuto penettam~te tr~,, c1oe_ap~art~ente ~ un tra cultura. Quella A Valle Giulia, ieri, si è così avuto un frammento
che oggi l'acculturazione del pm totalitario dei Poteri sta distruggendo». Ela di lotta di classe: e voi, amici (benché dalla parte
chiusura del testo è sferzante: «Non è nemmeno pensabile che gli stessi nipoti della ragione) eravate i ricchi,
ventenni di Francesco De Gaetano, ormai "acculturati", e perciò veri servi del mentre i poliziotti (che erano dalla parte
potere, possano più essere come lui» [ibidem, 215]. del torto) erano i poveri [ibidem].
Dunque, Pasolini apprezza la «vera» anima popolare di De Gaetano
ma non i suoi tentativi di conseguire - per sé e per i suoi nipoti- una cultur~ Ed è questo che rende il paradosso del populismo irrisolvibile. La de-
diversa, che vede come più alta, o anche solo un modo di vita migliore, meno mologia ci è transitata dentro finendo - come ho cercato di mostrare - per /
duro, meno povero, più «acculturato». In tutta l'opera di Pasolini, del resto, perdersi. Forse ritrovare una strada per la demologia non è problema tanto I
la verità e la bellezza si nascondono negli anfratti culturali arcaici, marginali diverso dall'orientarsi nel fenomeno politico del cosiddetto populismo con- l
o devianti; mentre nessuna pietas storica è concessa a quelle masse di operai temporaneo, caratterizzato da una sorta di «gentrificazione» dei tradizionali
e contadini inurbati che cercano una vita migliore negli appartamenti di pe- partiti progressisti e dall'appoggio dei ceti subalterni a movimenti conserva-
riferia con acqua e riscaldamento, nei mobili di plastica, nei cibi inscatolati, tori e talvolta decisamente autoritari e sciovinisti. Le élite, ancora una volta,
nelle notizie e negli spettacoli della televisione, nella possibilità di mandare i combattono per gli interessi del popolo ma contro il popolo. Il che conduce
figli a scuola e magari i nipoti all'Università. Queste masse anelano, da molto a tutto un repertorio di argomenti già ben noto nella storia degli studi sulle
lontano, a quella condizione da cui Pasolini dice di esser fuggito trasgreden- culture subalterne: l'affettività e l'irrazionalità delle risposte popolari, gli
do ogni regola: per lui questa scelta suscita solo disgusto estetico e accuse di appelli «alla pancia della gente», il ruolo dell'indottrinamento (televisivo,
«servitù al potere». Ma cosa c'è di più elitista, e dunque di più «borghes~, ad esempio), e così via [cfr. Taguieff 2006] . Solo una qualche forma di falsa
di questo atteggiamento? Altro che fuggire dalla borghesia: Pasolini compie coscienza potrebbe spiegare questo divario fra il popolo ideale e il popolo
in realtà le scelte distintive più estreme che la sua condizione gli impone: real~. Le paure e le preoccupazioni di quest'ultimo sarebbero sfruttate e
Come già osservato, fugge sdegnosamente da un mondo culturale al quale si m~ mdirizzate da abili demagoghi (sempre perché il popolo «sente» e non
. .
de così con lezioni di· antirazzismo, . .
di valon. c1VI-
st anno pericolosamente approssimando masse che non erano prima neppu· . . · Ad
liragiona) . esse si. nspon
re in grado di percepirlo. , di ideali dem ocrauci; ·
· · e si· contmua ·
a ritenere ·
mcomprens1'bile pereh,e il
La poetica pasoliniana rappresenta il momento estremo di un elitismo Popolo .
non v t' . .
0 1 a smistra. All d . d 1 . .
o stesso mo o, i emo ogi contlnuano a non
h di ue· 1
c e usa la cultura popolare per tenere lontano il popolo. Del resto q capue
I . c e e masse preferiscano le soap operas alle fiabe tra z1on al'1, o
per h ' di ·
sto para dosso p asolini' era perfettamente consapevole e 1o m · divi'duava con· a musica p al · · di
lem . op repertorio folklorico contadino. Questi due aspettl - 1 ·
chiarezza anche sul lato opposto come mostra la celebre ' poesia • sugli scontri·
0 e1
rnli del populismo politico e di quello culturale - sono parti di uno stesso
' Prob ema?
sessantotteschi di Valle Giulia - con i figli della borghesia che conte5tan .
proletari-poliziotti che difendono l'ordine costituito [Pasolini 1968 ). oun Si Potrebb e a1meno osservare che la progressiva
ed ll'· · eclissi· dell a demologia.
que, con il domm· 1·0 di casse neila poss1'bili'ta, di assumere ·ca
un
l che s1. manuesta
: i:
di e In~eresse per il popolare, verso la fine del '900, ha coinciso con l'avvio
atteggiamento . l . . . . dimenU · trasformazione in senso «populista» dell a vita
una sistematica ·
· poli uca.
nvo uzionano m nome del «popolo». Anche se si
120 CAPITOLO 4

Una trasformazione che è stata inizialmente classificata sotto I

. . . .
.
di «berlusconismo», dal momento ch e Silv10 Berlusconi ne e'
importante e p1omenst1co fautore , ma che ha progressivamente . . ~iu
. I . I ali
a catego ·
. ria
stato li •,

Dalla demologia al patrimonio


CAPITOLO 5
buona parte d e1sistema po tico
li . (
non so o m t a, peraltro) Il Investtto
Massimiliano Panarari (2010] ha proposto, con qualche semplific .
· socio .I
0
go
I
I
. az1onetna
non senza ragione, di interpretare il berlusconismo come frutto della
fitta della sinistra ~ei s~oi tent~tivi di stabili~e un~ egemonia culturales~~:
masse; o, per meglio dire, dell abbandono di quei tentativi a favor d"
, e I una
I
destra che avrebbe invece conquistato il campo con estremo successo
. . d , pun-
tando sw mass media e sul mondo elio spettacolo, nonché sulla mediazion
di quei nuovi intellettuali (nel senso strettamente gramsciano del termine~
che ne sono protagonisti, come calciatori, presentatori, giornalisti, veline. È
una tesi che andrebbe considerata più a fondo sul piano storico - a patto di 1. IA DEMOLOGIA COME SCIENZA NORMALE
non banalizzarla nell'idea - largamente diffusa nel senso comune «progres-
sista» - di una sorta di «incantesimo» della televisione che avrebbe introdot- Cultura egemonica e culture subalterne di Alberto M. Cirese (da ora
to «irrealtà» o «irrazionalità» nella sfera pubblica. Certo è che la demologia, Cecs) è stato il principale manuale di riferimento per più generazioni di stu-
o quanto ne era rimasto, si è trovata priva di strumenti per comprendere denti italiani di antropologia e tradizioni popolari - inclusa la generazione
quanto stava accadendo - forse anche solo per capire la rilevanza antropolo- di chi scrive. In molti ci siamo avvicinati per la prima volta alla disciplina
gica del problema. In compagnia, peraltro, di tutta quella cultura critica che attraverso le geometrie argomentative e i cristallini schemi concettuali di
ha deciso di fare del consumo di massa oggetto di disgusto estetico piuttosto questo testo. Tuttavia, specie nell'edizione del 1973 (una prima edizione
che campo cruciale per comprendere i nuovi rapporti tra egemonia e subal- era apparsa nel 1971, priva delle parti teoricamente più rilevanti), il libro ha
ternità. Se e' è qualche possibilità di riprendere quella «tradizione specifica, ~a~ra tutt'altro che meramente didattica - nel senso di questo termine che
ben radicata nella cultura italiana» di studi sul popolare, di cui parla Cari~ mdica la semplice sintesi divulgativa di prospettive già note. Al contrario, si
Ginzburg nel passo che ho citato nella Premessa, è probabilmente da qw presenta come un a s1s · t ematizzaz1one
· · ongm· · al e e 111novat1va
· · il
· dell a matena:
suo
di obietti~o esp li etto
· e, rappresentare un nuovo
che occorre ripartire. e articolato quadro o para-
digma degli_ studi folklorici, attorno al quale è aggregato un ampio orizzonte
deJ:ospe_ttive t~oriche e metodologiche e una nuova e articolata visione
ap st0 na degli studi. Nei termini resi celebri da Thomas Kuhn, il testo
intpar~ st rumento cruciale di «normalizzazione» scientifica. Nelle esplicite
enz1oni d Il'
da G . e autore, esso esprime la «rivoluzione paradigmatica» aperta
ci e ar:sci e_ dalla sua rilettura del folklore in relazione ai processi egemoni-
dei eg . scarti culturali legau. alla con di z10ne
. d.1 su bal termta
. , soc10econom1ca
. .
dare:~ popolari. Partendo dai principi gramsciani, Cirese intende rifon-
ll1ale» rnpl~~amente la scienza folklorica come disciplina appunto «nor-
, ernpmca e cum uIativa.· Della nuova concezione parad1gmat1ca . · deil a
122 ( APITOLO 5 DAll.A DEMOLOGIA AL PATRIMONIO 123


. . li il libro erorn1sce . zione dell. 'oggetto ' nonc e
. • definizione e .delimita
. 8 nni '70 e primi anni '80, del· resto, lil'antrop ologia italiana individua
d1sc1p na teoria .. Q)· ~roria degli studi precede nti (parte A)· ;"" Tra fine I · ' N sono testimon·
(parte ' - , . •.. ,u.ne, pecu anta. e . i i due
· d ti
ton amen · . 11rt rezzi. merodolog ica (parte. B) . Tutto e costruito in una cor. ella prospe ttiva marxista a. propria .
des.:li . .
la stona degli studi. come .un'. evoluz ·on, n . di «Problemi del soc1al1smo» che escono nel 1979 col utolo·a1·Orien-
cas~etta , . . il libro traccia · · (« P ro bi emi. deI soci ismo»
· 1tant
· · tla
togzct
· ro~ress1sta». . 1 volumi e studi .antropo
«p •arrraverso v,ari ,gradi. d1 consape
mce passa volezza . avvicina
.teonca, .. ndosi""""r 1ame11t1. ma rxisti . . . . . . .
Pasqui-
.
che .. . ]
98 con scritti di Giulio Ang10111 , Pier G1org10 Sohnas, Carla
il rornantic ism
CIeme_nte , v·mcenzo _Pa 1g ~ne'. , ara .
. attuale: pnma gli interess i anuqua n, poi o d. li Cl Gallini·,
tappe al para d1gma . .. .. .. [l97 Tullio
nelli, ' ·
Seppilli , Ptetro
. la pnma volta lo. spmto . del popolo
. , poi il posuivisrn o
che tem aazza per
0 1 a Cirese stesso, che
vi pubblica quello che e forse il p1u manusta dei
. rod uce la documentazione sistematica ecc. , fmo a che gli strumen•u:
che mt in fonna di libro .(Cirese .1984] )e
tr~ n·cu·' qualche anno dopo ampliat . o. .
. no di comprendere la vera natura del folklore , a·oe·
. 1· non "onsento
, SUOI se
gramsc1an
Studi antropologici italiani e rapporti dz classe («Problemi del socialismo»
lasua connotazione di classe.
[!9796] , con scritti di Alberto M. Sobrero , Luigi M. Lombardi Satriani,
Rispetto alla tradizione rapprese ntata dallo stesso maestro di Cirese,
Sandra Puccini e Massimo Squillacciotti, Tullio Tentori , Vittorio Lamer-
cioè Paolo Toschi, il libro è fortemente innovativo, persino dirompente, po-
nari, Francesco Apergi) . Così come ne sono testimoni le prime annate della
nendosi esplicitamente proprio dalla parte di quegli approcci teorici (de
rivista «La ricerca folklorica» , che esce a partire dal 1980 posizionandosi in
Martino oltre che Gramsci) che Toschi detestava. Il che è del resto coerente
modo netto nel quadro del nuovo paradigma demolo gico (in panicolare U
con l'impegno politico che caratterizzava la formazione di Cirese, e con la
numero monografico La cultura popolare: questioni teonche [Sanga 1980]
sua volontà di collocarsi in quella che in Cecs chiama «la nuova tematica
(già discusso nel cap. 1), con scritti di Giulio Angioni , Bernardo Bemardi ,
socioculrurale» degli studi italiani (si sono già visti nel capitolo preceden-
Guido Bertolotti, Giovanni Battista Branzini, Diego Carpitella, Umberto
te i suoi interventi od «dibattito sul folklore» [Cirese 1950; 1951; per una
Cerroni, Alberto M. Cirese, Pietro Clemente, Clara Gallini, Vittorio Lan-
ricostruzione della formazione politica di Cirese negli anni precedenti alla
ternari, Roberto Leydi, Gavino Musio, Bruno Pianta, Glauco Sanga, Pietro
stesura di Cecs rimando a Fanelli [2008]). Conviene rammentare che nel
Sassu, Amalia Signorelli, Italo Sordi) . Al paradigma demologico, e al mar-
capitolo conclusivo della parte A («Gli studi demologici in Italia: sviluppi
xismo, resterà invece del tutto estranea la rivista «Lares» che Paolo Toschi
in remi e contatti europei.» ), Cirese decide di separare nettamente «il filone
dirigeva fin dal 1930. La separazione fra i due indirizzi o campi dello studio
delle ricerche tradizionali» (in cui colloca Raffaele Pettazzoni, Giuseppe
delle tradizioni popolari è nettissima almeno fino al 1974, anno della scom-
Cocchi.ara, Paolo Toschi, Antonino Pagliaro, Vittorio Santoli) dalla - ap·
parsa di Toschi: solo con la nuova direzione di «Lares» da parte di Giovann i
punto- «nuova tematica socioculturale» [Cirese 1973, 202). Quest'ultima è 5t
~atti a Branzini vi saranno aperture e intrecci , pur restando fenno l'aggan -
delineata a partire da Gramsci e de Martino includendo riferimenti a Carlo cio allo stile delle «ricerche tradizionali».
Levi, Franco Cagnetta, Danilo Dolci, Roc;o Scotellaro, Diego Carpitella,
. Ma si è ampiamente visto nel capitolo precedente che Ernesto de Mar·
Gianni Bosio, Robeno Leydi, ma anche a La collana viola, al neorealismo
cinematograf•ico, alla 1etteratura di. Cesare Pavese Pier . Paolo p asolini'' Italo tm~,
81
Principale ispiratore della «nuova tematica socioculturale». non aveva
~ creduto all'autonomia del folklore come disciplina,
ricomprendendolo
Calvino [ibzdem, 217 ss. ]. Occorre anche conside . ' rare il. ruolo d'1 spartiac·. st
que che in quegli anm. gioca . l'ades1one. . . li diosi che.s1 piutro o nell'etnologia o nella storia delle religioni. Quando usa la parola
. al marxismo. Tutti g stu o un genere espres-)
rifanno alla line a G~arnsc1-. de Martmo . . . e· ni B0s10, Di <~olklore», de Martino lo fa per identificare un oggetto
. . ·
(Cirese e i suoi allieVI, ian sivo (ad
L..
Tullio Seppilli , Alfonso M .. esempio nel breve periodo in cui parla d1 «folklor e progres 5ivo» ·
Nwg1 M. Lombardi Satriani, 1Clara Gallini
ola, Amalia Sig ili . , . marxista non P~r riferirsi alla disciplina di studio. Cirese, al contrario, vuole soSlenere
nore e rno t1 altri) si collocano in uno scenarw .
h 1 . . . t 1klor1CJI· Proprio una tale autonomia che è per lui al tempo stesso epiS temologica e
c e prende radicalm
ente e di.stanze dalla precedente trad1Z1one 0 accadem i n· ' . · armale»
ca. tetro la volontà di Cecs di costruire una «scienza n
124 CAPITOLO 5
DALLA DEMOLOGIA AL PATRIMONIO 125

occorre vedere anche la lotta per l'afferm 66accade


azione di degli
. mica . studi sulla
ha rapp resentato uno dei consapevoli obiettivi di Cirese fin dall'inizio del
l
cultura popo are - traghettati
dal soffocante. a 'ali Il dib e. letterat ura
racc10 stona
da una formazione storicista, è stato
. indipendente delle scienzeG'
verso la dim ens1one soci . . attuo del 1
suo P d Prove
· ttuale.
ercorso intelle . Inendo
li L, · S
o [1953; 1954] ,953 g1a., tuttavia .
· il primo a rntro .urre rn ta. a evi- trauss (pubblicandone il saggio
fra lo stesso Cirese
. [1953-' 1954] e Giusep.pe , iarnzz
.
e La nozione di arcazsm_o zn etn_ologza_su «La Lapa» nel 1954, e
conducendo
cons1'derato sopra, non ha natura solo teorica: e mvece emblematico dell della parentela
acca- . l'ingente opera d1 traduzione d1 Le struttu re elementari
difficoltà degli studi di cultura popolar_e _nel trovare ~a co~ocazione isti-
demica. Per Giarrizzo gli items folklorici sono oggetti partico lari delle più r~:rese 2008]). Sin dagli anni giovanili, ha avversato il rifiuto aprior
invarianti,
ampie discipline definite dal sistema cr?ciano delle cate~~rie: un canto
po. co degli approcci basati sulla generalizzazione e sulla ricerca di
sso dello stesso de Mar-
polare sarà trattato dalla critica lettera ria, ~ oggett o art1~a nale dalla storia rendendo le distanze dallo storicismo più ortodo
dell'arte e tutto in definitiva è ricompreso m una concezione unitari
a della ;in, [Cirese 1986]. Nella maturità, questi tentativi di sintesi hanno lasciato
etici e per
storia. U~a «scienza del popolare» in sé non avrebbe senso. È una posizio
ne il posto a una più decisa propensione per gli approcci nomot
sitivistica, come dimost ra la sua
che non lascia evidentemente alcuno spazio a uno studio antropologic
o del- un'epistemologia dichiaratamente neopo
to da Richard
la cultura - e allude a un sistema della ricerca e dell'is truzio ne univers itaria adesione al modello di filosofia delle scienze sociali propos
ancillar e Rudner [Cirese 1980-81].
in cui demologia e antropologia possono svolgere al più un ruolo -
o tecnico. L'obiettivo di Cirese e di Cecs è sfuggire a questo riduzio
nismo Si può pensare che proprio questa volontà di unificare le risorse esisten
- spinga Cirese
e legittimare pienamente l'autonomia metodologica, teorica e istituzi onale ti sotto un. nuovo e autonomo paradigma - la «demologia»
sociali a una sistematizzazione conce ttuale della storia degli studi (anche rispetto
della demologia-allontanata dalla storia e ricondotta verso le scienze re) culminante
o umane. ai suoi precedenti contributi sulla storia della cultura popola
cultura
Al tempo stesso (e ancora, implicitamente, contro le intenzioni di
de nel riconoscimento in senso «progressista» del valore politico della
. Da qui la
Martino), Cecs intende riassorbire nel nuovo paradigma la tradizi
one folle- popolare, che indirizzi precedenti avrebbero semmai solo intuito
zo Padula [Cirese
lorica europea in generale e italiana in particolare, da Niccolò Tomm
aseo valorizzazione dei <<pionieri» come Carlo Tenca e Vincen
ologic i delle 1973, 148-150], e l'accentuazione della dicotomia tra folkloristi
progressisti
allo stesso Paolo Toschi. Pur mostrando i limiti teorici e metod
studi. Nel io, di Giusep pe Tigri e di altri
vecchie scuole, Cirese tenta di ricucire l'unità di una storia degli e reazionari, con la liquidazione, ad esemp
continuità
ribattezzare «demologia» la rinnovata discip lina egli intend e propri o so 5te- autori ottocenteschi [ibidem, 147]. E non è forse l'obiettivo della
e durante
nere la rivoluzione paradigmatica senza dover rinunciare alla
continu ità. ~he lo spinge a minimizzare il grado di fascistizzazione del folklor
la lacu-
La teoria gramsciana è usata al servizio del folklore-demologia, non
contro il ve~:ennio? Anzi, a non parlarne proprio: ed è sicuramente questa
sugli studi
di esso; e lo stesso vale per le teorie antropologiche passat e in rassegn a nd _ ;a Piu grande della sua ricostruzione storico-critica. Nel capitolo
al alcuni
la parte Q, che rappresentano un aggiornamento potentissimo rispetto stra le due guerre non si fa menzione né della convinta adesio di ne

· o e alle sue 1deolo · neoruraliste· e razzi , ne eg effetu·
·ali , d li
quadro della folkloristica classica. Da notare anche che in questo tentauv o , al fascism
dudiosi g1e
zle f ell autarchia sulla chiusura delle scienze sociali italian e né, soprattutto, si
di ~ortare acqua al mulino demologico Cirese attenua molto "le rdifferen za va e 1· . . , d' t
fra I due ind· · · he m · li a• cenno a1d'tretto controllo che il regime esercita sug 1stu d'i e sm pm ire ·
. irizzi c queg · anni si contrapponevano con pm ror ' . . . l f lkl
· · mo (gramsciano, demartiniano) e d all' altro la se··
un latO Io storicis t1 Strum . d duato ne O ore
a dire
. da
h e autori enti ella produzione scientifica, avendo mdiv1 · al d'
ali un ca111 ·
miologia e lo t
s ruttur smo (ad esempio il funzionalism o prag ese [C Po cruciale per la costruzione di un'egemoma cultur e 1 massa
. tti larga·
come Roman J kOb VI . .
Propp ' Claude Lévi-Strauss, tuturahsm . in0alvazza 1987; 1997; Cipriani 1979b]. Nella prospettiva odierna, appare
a son, adimir · d'1segm· una storia
mente present'1 · C ) 0 tre curi oso ehe un approccio che si dice gramsciano
tn ecs • Peraltro, la sintesi tra storicismo e strut h
• · h ) t dai
·
"llra111ente <<Inter na» degli studiosi (metodi, teona, ncerc e , separa a
j ,,
'1 r/,
' I

',I'ii' 1:J, -
DALLA DEMOLOGIA AL PATRIMONIO 127

contesu. soc10• liu·ci· m


po · cui essi agiscono (gli unici accenni sono al Ri
. . . . ione dell'autonomia del campo demologic
sorgi- l g1tt1maz o e la saldatura fra 1a
r la
mento, alle Iotte Pe terra dei contadini del Sud nel dopoguerra e all fi
. e . . folklorica e il. nucleo teon.co Gramsci-d .
, a ne tradizione e Mart ino.
della trattazione , allo «spopolame~~o, ~el Me~z~g1o
rno con la migrazione b) Gli studiosi che s1. pongono m
. al h
qu c e modo fuori da questo scenario,
in massa dei contadini verso le atnvtta mdustnal
i del Nord» [Cirese 1973 . olemica con esso, sembrano comunque accet
tare la costruzione della
223 ] _ cioè alla scomparsa dell'oggetto classico del folklore, che purtropp~ 0111
demoPlogia come proposta da Cecs. Penso m . prllD. o luogo a1· f'irma ·
non viene però tematizzata). tan del
Memorandum, un doc~m_ento presentato _nel 1:5~
al Primo Congresso
naz10. nale di scienze sociali da un gruppo d1 studiosi
. (com posto da Liliana
Bonacini Seppilli, Romano Calis1,. Gmd .
o Cantalamessa Carboni, Tullio
2. LA RICEZIONE DI «CULTI.IRA EGEMONICA
E CULTURE Seppilli, Amalia Signore~, Tuili~ Tentori)_, che
SUBALTERNE» sostenevano un'idea di
antropologia impegnata nel grandi problemi del
mondo contemporaneo e
prendevano le distanze dalla tendenza della disci
Come viene accolto e recepito Cecs? Come detto, plina a rinchiudersi nello
sul piano didattico il studio di piccole unità culturali «tradizionali»
libro ha grande fortuna: viene massicciamente adott [Seppilli 2008; Signorelli
ato, e rappresenterà per 2012; Alliegro 2011 , 471-476]. Ma penso anche
più di una generazione il manuale di riferimento per a Francesco Remotti, che
eccellenza (soprattutto in un discusso articolo di fine anni '70 denunciò
negli esami di Storia delle tradizioni popolari). Nel diba i rischi delle «tendenze
ttito scientifico e più autarchiche dell'antropologia italiana», vale a dire
generalmente culturale l'accoglienza è positiva. Dalle dell'angusto arroccamento
numerose recensioni in una «tradizione nazionale» identificata con
(ne escono oltre 20 tra 1973 e 1976) emerge un'im lo storicismo, il marxismo
magine del libro come e l'interesse per i dislivelli interni di cultura [Rem
un prodotto di sistematizzazione e legittimazione di otti 1978]: nonché alle
uno scenario che è già prese di posizione autonome di studiosi come Vitto
largamente accolto e appare quasi «naturale» ai più. rio Lantemari e Clara
Ciò vale non solo per le Gallini, che sviluppano l'eredità demartiniana in
sedi universitarie e i centri di ricerca sotto la diretta direzioni diverse da quelle
influenza di Cirese fad del «paradigma demologico». Mi sembra chiaro che
esempio l'ambito del cosiddetto «Tofisiroca», sigla - in modi anche assai
di un gruppo di lavoro ~versi, certo - tali autori e indirizzi avvertano con
costituito nel 1975 da parte di studiosi delle Università disagio la chiusura della
di Torino, Firenze, n_~erca demoetnoantropologica in ristretti unive
Siena, Roma, La Sapienza e Cagliari che si riconoscev rsi folklorici separati dai
ano negli insegnamenti p'.u ampi mutamenti sociali e dalla cultura di mass
di Cirese), ma anche per studiosi più distanti . L'esa a (Memorandum), dalle
demoetnoantropologica nei 10-15 anni successivi all'us
me della produzione distanze etnologiche (Remotti), dai fenomeni «tran
cita di Cecs (vedi fra 198 sclassisti» [Lantemari
1'.altro Sanga (1980] e Petra 0], da una storia culturale in cui egemonico e
rca [1985]) mostra il quadro di posizioni sinte· st suba lterno si intrecciano
ttzzato di seguito. ~o ante~ente [Gallini 1983; 1998]. Tuttavia non
mettono in discussione
tnodo
a) Gli studiosi che si collocano in continuità Lantern m")cui la «demologia di ascendenza gramsciana» (com
e si esprime
accettano con convinzione il quadro demologico di ispira
con la tradizione folldoric~ an e, stata costruita.
zione gramsciana.~ inal;!
ad esempio il caso di Diego Carpitella Antonino Butti P~r~el_amente, il paradigma che Cecs rappresent
tta Luigi M. Lombar~ a si diffonde anche
Satriani e sue · 2013 / ~isciplme, come la sociologia [Cipriani
cessivamente anc he di G1ov
'. ann1. Batti. • · All'm' terno di
' 1Il1,
sta Bronz 1979a] e la storia [Benigno
t
queS o campo vi sono differenze e disaccordi di meto al indu dt ~as~ette altresì in un dibattito culturale
do e di stile intellettu e e politico più ampi~ che
molto forti
' e anc he dispute teoric
. he che f g usi «controculturali» del folk:, come nelle
ne d'i folklore
(ad esempio sulla noz10 . esperienze del filone
come cultur di . di ;h a capo a G'tanni. Bosio e all'Istituto Ernesto de
., all'" a contestazione proposta da Lombardi Satrt.ani') a rutto
:m . , l ..,,teresse il r 1k Mart ino. C''e un c1·una
Interno d" coer
CIO
e
i una corm.ce che resta quella disegnata da ecs, c1oe a ente le i •
per ro nel quale Cecs si inserisce in modo
perfettamente
' g ttimandolo e al contempo venendone legitt
imato.
I

li
, ,_

128 CAPITOLO 5

DALLA DEMOLOGIA AL PATRIMONIO 129

In defìn.ti a né i sostenitori del paradigma demologico né i su . .


J v ' . il fatto che esso rappresenti' ilo1 .,critici sul tema della «crisi della presenza», tagliando fuori la storia [Dei e Fanelli
o detratton• mettono in discussione
.. . . . . Piu co.
vil Ppo delle pos1z1om di, Gramsci e de Maruno. Ma .
., \Il.sto
si e' g1a 201 5, xxxviii ss.J._ , .
erente s u ·. , . . .
. .t li precedenti che non e esattamente cos1. Mi limito a ria sslllnere De Martino s1 trova cosi suo malgrado ad essere citato come padre nobi-
net capi o . . ., . .
rapidamente le condus10m gta _tracctat~. Rigua~do a _Gramsci, si può dire d ll'antropologia e della demologia italiane-lui che si definiva etnologo e
le e · · · d' l A t · d hrapo logy americana positivista
che «è del tutto evidente~> ~per ~~tare una espressione ricorrente in Cecs) che · delle reltg1on1, o 1ava a, PP ze ant
stanco . ,
nulla nella sua opera leg1tt1ma 1idea del folklore come repertorio autono e relativista, e non credeva nell ~uton~m1a del folklore come scienza di re-
. ~
ertori subalterni. Una recente discussione aperta con Francesco Faeta sulle
e separato, da trarre a oggetto di un sapere specif1co, o di forme di salva-
guardia patrimoniale o museale. Quando Gramsci parla di folklore lo fa ~agine de «L'Uom~», riguardo l'impatto di de Martino sulla tradizione di
sempre in relazione a dinamiche storiche e politico-culturali vive e mutevoli: studi italiani, verte m buona parte su questo punto. Faeta gli attribuisce la
e dal momento che il folklore si identifica come tale in relazione ai.processi pesante responsabilità di aver tarpato le ali ai rinascenti studi antropologici
egemonici, ne consegue che non può esser studiato e compreso «isolatamen- del dopoguerra, riconducendoli nell'angusta chiusura del folklorismo, della
te» da questi ultimi (si ricordi la definizione di Cirese: gli studi demologici «domesticità» e delle «patrie culturali». A me pare piuttosto che sia stata la
«isolano» i tratti culturali che hanno una connotazione popolare). Quella «normalizzazione» demologica a separare lo studio dell' «interno» da quel-
tra egemonico e subalterno è una linea di frattura mobile, che individua non lo dell'«esterno», disperdendo le potenzialità etnologiche e comparative e
due unità positive (una «cultura egemonica» e una «cultura subalterna»), il complessivo impianto storicista del pensiero demartiniano [Faeta 2011 ;
2014; Dei 20126].
ma una serie di graduali posizionamenti contrastivi.
Per quanto riguarda de Martino, abbiamo visto con quanta risolutezza
prendeva le distanze dalla tradizione folklorica, proprio nel momento in cui
era impegnato, in quegli anni, nelle «spedizioni etnografiche» al Sud end
3. LO STALLO TEORICO DELLA DEMOLOGIA
progetto di studio delle tradizioni magico-religiose popolari, su un te~rem~
di apparente (e pericolosa) contiguità tematica. Senza dubbio de Marttno'e Dunque, Cecs mette a frutto il rinnovamento postbellico degli studi tra-
coerentemente gramsciano nella convinzione di poter comprendere il popo- sformando una molteplicità (forse anche contraddittoria) di stimoli teorici
lare solo nella più ampia dinamica storica che lo definisce come tale: dunque e metodologici in un ampio e sistematico impianto disciplinare. Al tempo
nel suo strutturale rapporto con l'egemonico, che ne rimodula co 5tantem~- S(esso, la sua difficoltà consiste nel fatto che il dispositivo teorico gramscia-
te 1. con f·lill· e le caratteristiche. Per questo rifiuta l ,autonomia · epistemologica. ~o non giustifica affatto una disciplina centrata su un oggetto statico come
d1.
una «scienza» che pretende di isolare i propri oggett1 m repe rtori estratti.
. . . il repertorio contadino tradizionale: chiederebbe invece di seguire i·muta- · ·
d I fl menti sto · · Il
a usso storico. Ed è sempre per questa ragione che nelle sue monogra i ne, ne o scarto egemonico/subalterno, fino ad oggi (un oggi mcm
il l f lkl . d'
f.
te men'd•ton aliste l'an ali·si etnografica (debole, come gmS . t am ente spesso tos IParadossaLn
d ente c assico repertorio. della. cultura
.
o onca conta·, ma,
a dove ' , .
·
di ce ) s1· mcroc1a · · • • · Un pun bai e Presente, lo e m forme patnmomal1zzate e dunque non pm su-
sistematicamente con un'antropologia stanca. ·d n, terne) e 1 · · d.
1
ehe · seguaci· di de Martino hanno teso talvolta a dimenticare,
· const erario Cecs: «e·· ires_e rico~o_sce talvolta questo punto, come ~elle conc_us10~1 1
st
0
d il capitolo. sull'illuminismo napoletano in Sud e magia O conunentatura il non gen li· ud, che dictamo demologici debbono I f- e
m ogni caso fare I conti
st · d'1La . .. la letteraessi·. ze I . erzcarnente - con la realtà socioculturale contemporanea, con e or-
onco
suif
terra del rimorso come bizzarre appendici; mentre .
· •
. enoment magico-religiosi del Sud che si sviluppa neg a
li nnt succ
rafico e
~
te e ideologie che la animano e con il rigore dei concetti che il suo st udio 1:
'
'lorrnan dosi. zn. conseguenza al • ·l t'ta e' definitiva-
vi alla sua scomparsa si concentrerà per lo più sul presente ernog
"' e atna, tras'
··~ , o tnmentt a par 1 ff :I
e sacrosantamente perduta» [Cirese 1973, 310] . Ma queS ta a erma- II 11
,p.1
'

hl
':'I'I I
130 CAPITOLO 5 131
DALLA DEMOLOGIA AL PATRIMONIO

tnentre Cecs
. non sem bra avere seguito
z10ne , pratica.
. nella . , al è che .
l .Il .paradosso allelamente in modo isolato, sia pure con occasionali travasi dall'una
.d fini' l' etto di studio e da nuova. di egtttmuta repertorio .
folkl orico
n e sce ogg di . par un modello incentrato sul flusso della cultura di massa che si di-
. (non sopravvivenze o frammenti. tra z10ne ma cultura subaIter.
cl asstco all'altra, a . 1 'd if' d al
) to oggetto sta scomparendo di fronte alla modernizzazione N
. . Ce nel corpo soe1a d
str1bUJS
e, i l ican
ent . o he tempo1 stesso producendo una
na , ques al l 'bil' , di . · on . . de di differenze. La emo ogia dnon a vo uto o potuto seguire questo
scompare eerto a cultura sub terna, ma a possi lta identificar!a con
l rn1r1a f' . . 1
.. . percorso, restando ancorata . a. una e miz1one c assica dell'oggetto come
quel particolare repertorio.
e e cautela. Natural. reperto rl.0 di tratti della tradizione rurale. Addentrandosi così in un palese
Questo argomento richiede qualche specificazion
paradoss o·· una scienza . della
. cultura subalterna
. che esclude dal suo ambito
mente, la folkloristica in sé nasce (già almeno dal tempo dei Gritntn) come
di interesse i consumi di massa, vale a dire la gran parte della vita culturale
strutturalmente legata al processo di modernizzazione: nel senso che la no- dei ceti subalterni di oggi.
stalgia e la valorizzazione estetica di ciò che resta dietro lo spartiacque del
Per capire il senso della «costituzione demologica», occorre anche
moderno è essa stessa un prodotto moderno. Dunque la «scomparsa immi-
considerare che nel passaggio tra anni '50 e '70 l'apparente continuità del
nente» del folklore fa parte da sempre dell'ideologia folklorica - e per oltre
duecento anni ne resta la condizione, insieme ali'etica e ali'epistemologia del
«salvataggio». Nell'Italia degli anni '70 del '900 questo meccanismo struttu-
rale si diffonde con grande forza (sta fra l'altro alla base della fortuna cultu-
discorso sul popolare nasconde un cruciale mutamento. Nell'immediato
dopoguerra, gli intellettuali gramsciani individuano e valorizzano il popo-
lare (o folklorico ) in contrapposizione alle forme della cultura alta, ufficiale
o, come si dice nel linguaggio di quegli anni, «borghese». Il canto o il teatro
(7
rale e commerciale del folk, e forse in parte anche dello sviluppo di una dif.
fusa sensibilità «antropologica»). Ma ormai è impossibile retrocedere verso
ambiti marginali nei quali il contagio modernista non è ancora arrivato (le
«montagne» di cui parlava Gramsci quando cercava esempi di isolamento
popolare si definiscono per contrasto con - poniamo - gli spettacoli della
Scala; le fiabe raccontate nelle veglie contadine per contrasto con la pro-
duzione letteraria colta e artistica; gli arredi poveri delle case coloniche per
'
culturale, o le demartiniane «Indie di quaggiù») in cerca del vero folklore. c?ntrasto con i mobili di lusso e di antiquariato delle ville signorili, e così
La società di massa e il mercato culturale hanno cancellato le condizioni che ;'a._st~ent' anni dopo le cose sono cambiate: la preoccupazione principale
consentivano la costituzione di «bolle culturali» subalterne relativamente e di mguere il folklore «vero» dalle forme della cultura di massa e della
produzione m· d t 'al · sene. · L d · ·al · al 1
autonome (l'isolamento del mondo contadino, la stretta corrispondenz~ tra , us n e m a emarcaz1one cruc1 e, m tre paro e,
capitale economico e culturale, la rigidità della struttura di classe). I ceti s:· e que1 lla tra il folle e il pop. Così il canto, il teatro, le fiabe autenticamente
Popo ari sono contrap t . . , . "al 1ev1S1vi .. . . . . .
balterni (ad esempio la classe operaia) consumano la cultura di massa.~ e l' . pos e a1 vaneta, a1 sen te o ru cartoru an1mat1;
. if' . al . li ..

re~-
aragianato povero .
ne è allora della «cultura subalterna»? Viene cancellata dall' omologazwne . che in d acquista
PIast1ca . s1gn 1cato e v ore m rapporto ag oggetti m
me dial e? Resta solo studiabile come fenomeno del passato, oppu . Part . va ono i supermercati; le case coloniche in rapporto .agli., ap-
arnent1 condomm · i'ali b b . Q .
d' · al
rorme 1 rev1v ? Ma il revival
e è un fenomeno sostanzi ·a1m en te egemoJllCO, er coere . su ur am ecc. uesta percezione appare ru pm un
L tere nel ten nte sviluppo d li .. . f · 1 ul di
· · , ·
a contmmta, In un approccio gramsciano, non puo conSIS
, · . che si Può esser eone t al' e a pos1z1one gramsciana. In atti a c tura massa non
fermo lo sguardo su un oggetto in sé - il canto popolare, ad esempw, n· gressiva» o «conr e tu izzata come «subalterna»: certamente non come «pro-.
d to a nasco st .
trasrorma
e In genere folk. Si tratta piuttosto di capire dove e an a
. ,
stenz d e ativa», ma neppure come indice di una oggettiva «res1-
dersi il subalterno nelle nuove condizioni socioculturali. . ·. cioè e dist~:b ~Ile classi Popolari all'egemonia borghese. Prodotta dall'industria
· queStl· sviluppi. U!ta attrave rso il mercato, essa espnme · appieno · · 11'
In Gramsc1· c1· sarebbero state le risorse per segmre . da un tnonia , . propno que ege-
, ne e il vei IO d' 'li
per affrontare il definitivo (ma già ampiamente prefigurato) passaggw ·v no nella e . , co - anzi è molto più efficace della vecchia cultura e te
apacna di 1·mpors1· senza res1dm · · soffocando ogru· poss1'bil e d'1vers1ta ·'
modell0 soci·al e di cotomico, in cui una cultura alta e una b assa conVI 0 eresistenza. ,

l
o I

I'
·I
I
I

DALLA DEMOLOGIA AL PATRIMONIO 133


132 CAPITOLO 5

Dunque la cultura di massa, il consumo, la «borghesizzazione», sono


. recisione questo declino, seguendo ad esempio la produzione
.
e
1enomem a
. d combattere e non da studiare;
. .
deculturaz1one e non cultura una ci:t;:mologo tra gli a~ievi di_Ci~ese, Pietro ~leme~t~. Fino al 1_991,
La demologia nel suo co~ple~so s1 allmea a questo approccio _ finend~ del P 15 titoli di suoi saggi ed articoli contengono 1 termm1 «demologia» o
per rappresentare, poco riflessivamente, un su_Pporto_alla costituzione del aJmenol
d mo ogico . >>·. dopo quella data, la voce scompare completamente dai titoli,
I
«~
I

folk come genere distintivo e, potremmo ben due (sociologicamente se non anche molto rara nel corpo dei testi. Quando l'adopera, Clemente I

e diventa ·
· li qui·d azione
li cita (come ne1 saggio · Il punto
ideologicamente) , «b?r~hese». ~a in questa app~r_ente «scomparsa dell'og. f er compierne una esp
getto» sta anche la pnnc1pale ragione della sua cn~1- o ~er meglio dire della lo aP · · · · · '90 [Cle~ente 2001a,
sul folklore, edito nel ~0~1- ma ~ermo n~1 pr~i anru
sua progressiva e tacita scomparsa dal campo degli studi. Apparente: poiché 6]) oppure per rifenrs1 m chiave stanca ali Importanza
dell msegnamen-
naturalmente non è l'oggetto a scomparire, ma le lenti interpretative che 2: di Cirese [Clemente 20016, 225 ss.] . Ciò non dipende soltanto dal fatto
non riescono più a seguirlo e a metterlo a fuoco nei suoi mutamenti. Per :he proprio all'inizio degli anni '90 Clemente passa dall'insegn~e nto di
meglio dire, la macchina demologica si inceppa a causa di uno stallo interno Storia delle tradizioni popolari a quello di Antropologia culturale. E invece
al proprio stesso motore teorico: la ricerça delle connotazioni subalterne evidente una perdita di fiducia nell'autonomia epistemologica della discipli-
nella circolazione culturale spingerebbe necessariamen te verso terreni (la na, in termini di statuto teorico e demarcazione di uno specifico oggetto di
diffusione dei media, il trash e il kitsch commerciale, il mercato e il consumo studio. In seguito, in riferimento alla peculiarità del proprio approccio, Cle-
di massa) dai quali ci si vuole invece tenere ben lontani. mente non farà mai ricorso alle parole-chiave del canone demologico (come
dislivelli interni e subalternità), e neppure ali' espressione «cultura popo-
lare». Impiegherà piuttosto espressioni evocative e poetiche quali «mondi
4. OLTRE LA CRISI DELIA DEMOLOGIA:ANTROPOLOGIA precari e poveri», realtà minute e locali, «gracili», che si deve cercare di non
CRITICA E STUDI CULTURALI schiacciare e violare con apparati conoscitivi troppo forti e distanzianti. Al
tem~o stesso, si farà strada una nuova categoria unificante che riassorbe og-
Tacita scomparsa, quella della demologia, si è detto. Poiché l'abbando: getti e pratiche della tradizione demologico-fo lklorica, quella di patrimonio
no del suo paradigma non è stato ufficialmente dichiarato da nessuno dei culturale - su cui tornerò fra un istante.
suoi sostenitori; né il suo campo è stato occupato da teorie nuove e_ alter-
h A maggior ragione, questo allontanament o agisce per quegli studiosi
native che l'abbiano relegato in secondo piano. L'etichetta «demolo~Ia>~ h_a c e, pur lontani da C1r · ese d il 1 · ·· · 1 d
· traccia
1aSCJato • e resiste nella denominazione del settore sc1enu · •fi co- disc1pli· della . e a a sua scuo a, s1 erano posizionati ne qua ro
«ogg normalizzazione
t. d
· e·'
de mo1ogica. · if.1ca d a un 1ato ch e 1· tradiz10n
10 sign
· al.1
nare -la «D» di M-DEN0l. Tuttavia il suo esaurimento è palese. Lo stesso e ti» ell' att . d 1 . ,
Cirese, nella sua fase più matura, non persegue più il programma «nor~ale» esempio d li e~zione emo og1ca passano in secondo piano. E il caso ad
st
che dop ~g udi sulla fenomenologia magico-religio sa del Mezzogiorno,
- allontanandosi dall'interesse sistematico per la ctÙtura subalterna~ UlS:i o a scomparsa di de M r· . . . .
guendo piu_ttost? un'antropologia universalista e «dedutt~va» _c~ st ruitacJ- stagione di il ar mo avevano conoscmto una mtens1ssuna
tema delle mvananti e sulla possibilità di ricondurre la diversita dell~ · ai lavori_ f;v u_p po _ma che si arenano con i primi anni '90. Mi riferisco
tura a modelli di relazioni logico-formali. Ma anche i suoi allievi più dire~~ [~977; 1983 ; ~ altn -~ Clara Gallini [1971; 1973], Vittorio Lanternari
inizialm · · al d seguen Risso (197 2 ],' Lu~o?so Di Nola [~976].' J\nnabella Ros~i [1969_],_Michele
ente mtern1 paradigma demologico lo abban onan O l ja
.
di fatto altr e st ra d e - pera1tro molto diverse '
l'una d all'al tra, dall' etn° ogba· chesvilupp gi M. Lombardi Satnam [1971], Tullio Seppilli [1983],
· ano co di
extraeurope ali a stona • d egli studi. dall'antropolog ia
. 1 a quella ur on gza e l'inter n verse sfumature il modello demartiniano di Sud e ma-
a musea e d ll Pretazion d · · • . .
na, dagli st di 1 · . ' b be datare e a a crisi della e ei mi mag1c1 come forme di protezione o riscatto
u su patnmomo alla letteratura. Si potreb e anc
Presenza. Il modello demologico negli studi sulla magia ha 1· ·',
1.,
l Ji, ,I,,
I 1-,
I i'
I I
I I•
, 1!'\1- I
I,

134 CAPITOLO 5 DALLA DEMOLOGIA AL PATRIMONIO 135 '


I:
1
I

Probabilmente il suo momento di maggior compattezza in un conv . i [ ] nelle quali, adoperando precise politiche
situazton . . . d . .
della rappre-
. . . . .
lermitano del 1975 [Aa.Vv. 1979) e, su un piano . . in un egno. Pa-
divulgativo,
zione e attraverso eterm1nate strategie comumcauve, 1d1vers1 «ac-
. . . d li . '70 [B b . Min . a serie di senta definiscono sia i contorni categoriali e sociali, i contesti molteplici
documentari te_lev1s1V1 eg . anm ~r ~tl, g?zz1 e Rossi 197S]. tants» . . . il . ..
inizio degli anm '90 questo mteresse declina m modo 1IDprovvìso. Gli ~ .
e 111terc onnessi del propno agire, sia propno poslZ!onamento al loro
. . . . d' auton . no [Palumbo 20096, 18-20].
che da allora m p01 contmuano a occuparsi 1 queste tematiche lo f tnter ! '
.. .
d l . he e interpretative anno
costruendosi nuove cormCJ meto o og1c _ escono dal
radigma, insomma. È il caso di Tullio Seppilli, che incorpora la tradizi Pa- Il lavoro di Berardino Palumbo sulla «guerra dei santi» in un paese si-
delle monografie meridionaliste demartiniane nel più vasto quadro dell~n~ iliano rappresenta probabilmente l'esempio teoricamente più convinto e
tropologia medica e dell'etnopsichiatria; di Elsa Guggino, che inizia i s:i :onsapevole di questa strategia interpretativa [Palumbo 2003). Qui i confini
studi sulla magia tradizionale siciliana in un quadro demologico [Guggino tra le consolidate partizioni subdisciplinari (ad esempio antropologia reli-
1978) ma transita più avanti a un approccio «dialogico» o di «antropologia giosa e antropologia politica) perdono decisamente di senso. Un 'operazione

N
dell'esperienza» legato al modello di Marcel Griaule [Guggino 1993]; e di analoga è stata condotta da Giovanni Pizza nel campo dell'antropologia
Paolo Apolito, che all'inizio degli anni '90 affronta il tema delle apparizioni medica, con la decostruzione (o «disarticolazione», come l'autore preferi-
mariane con un approccio fortemente innovativo e orientato in senso feno- sce esprimersi) della nozione di medicina popolare. La medicina popola-
menologico ed etnometodologico [Apolito 1990), per giungere successiva- re, sostiene Pizza, non è un insieme positivamente rilevabile di pratiche e
mente a una radicale decostruzione in senso foucaultiano della precedente credenze diffuse tra i ceti subalterni, che gli etnografi possono «scoprire»
tradizione di studi [Apolito 2006] . '
Anche i classici generi della tradizione orale formalizzata, come i canti,
e descrivere nella sua autonomia e compattezza. Piuttosto, l'effetto di au-
tonomia e alterità è frutto dello sguardo egemonico dello stesso etnografo e
'
la fiabistica e il teatro popolare escono lentamente dal campo demologico: del suo più o meno esplicito orientalismo interno. Se volessimo studiare le
continuano a occupare ambiti di studio specializzato ma si spostano verso il c~n:ezioni del corpo, della salute e della malattia dei contadini siciliani di
campo delle Per/orming arts. D'altra parte, quando la ricerca si volge ai temi Pttre, ad esempio dov . dall' . . . b' li .
. . , remmo partire amnumstraz1one 1opo uca dello
che sarebbero stati un tempo classificati come «folklore» o «cultura popo- stato unitario· il . d' d ..
· repertono 1 ere enze e nu prodotto dal medico palermi-
lare», come ad esempio le feste, l'impianto demologico appare soppiantat~ tano andrebbe ril · h' • .
pa t d . . etto 1Il e rave di pratiche di sottomissione o resistenza da
da due diverse (solo in parte sovrapponibili) cornici. Una - maggioritaria-_e re e1 ceti subalterni [Pizza 2012].
quella del «patrimonio culturale intangibile», che si vedrà meglio nei prossi- Tale appro . . .
internaz' l cc10.' v1cmo ai piu · ' attu ali 1Il · · deli' antropo logia critica
· d'mzz1
mi paragrafi. L'altra è una cornice di etnografia critica, che mira alla produ· iona e ha il g d . di .
· dI· ncerc
ZIOne · he centrate non su statici repertori tematici · · ma su «p rati che» . tra pian ' . ran e mento naffermare la relazione inscindibile
o egemoruco bal
li · ul ali I
po Uco-c tur , ne senso attribuito a questo termine da p·1erre Bourdieu._ scenari etn f . e su terno, aprendo, a partire da questa, stimolanti
e1 .
ant1essenz· . . d'1 potere m
ogra ic1.. Tuttavia , il rili'ev o d at o alie re1az1om . h'
QUl. I. temi. e1ass1c1 . . del 10 klore e del «patrimonio intang1'bil e» so no de-es . · li
la sta rischia tal 1 di 1 . .
e 1ave
,.l :.
· li · · · · di tens10nt '1l!llensione s· b . vota asciare m secondo piano il ruolo della
sen~1_a zza!1,_ e riconfigurati come aggregati di pratiche, ~ampi_ 't' e della
[D . m1 olico-cultural il . . d il
politiche. E il caso della fenomenologia religiosa della cenmon1ah a e, 2002· Pal b e ne a costituzione e e soggettività agenti
1. ' . . d tte adesso p0111: · um o 2002] L' 1'd
fest a, pietre
·
ango an delle precedenti stagioni di studi, neon ° 'ali>>'
Per d'
'
t1ca riduc 1 . ·
e e differenz ul ali
ea che tutta l'antropologia sia antropologia
f ·
alle.«dim en st·om· pragmauc . .
• he, quotidiane d li
e concrete e e re az 1 ioni . . he e'
soct 1Più, d.1 e e tur a mere unz10ni o spettri del potere;
cosicché l' f' d' • 'ali pohttc tot 111: un potere ( ilO d il
. etnogra 1a lV!ene «una riflessione sulle poste soci ' a zzante · que e o «stato», ad esempio) pensato in modo
tntellettuali» in gioco in PoU · ' unpersonal st .
hca. Un'ot . e e rutturale, m un'ottica foucaultiana o di bio-
tica assai d. d
iversa a quella di Gramsci, che quando parla di

,, ,
11
!13~6~(~AP~ITO
DALLA DEMOLOGIA AL PATRIMONIO 137
~L0
':_5
~ - - - - - - - - - - - - - - - --------
iI,

'd tifi' a sempre con precisi e concreti gruppi sociali O I tropologica» - per cui cultura popolare indicherebbe «tutto ciò che
potere 1o 1 en e .. . ili e 9Uadr0
. al
di trettanto precisi contesti stor1C1..
di con tto (per un approfondun·
. . ento d'
~a;a:lo fa O ha fatto»,_,«la cultu:a: le ~sanze, ~e a~it~dini e _le tradizioni
. . al concetto biopohtico d1 stato rimando a Dei [2017]) In I 11 P P ) del popolo, c10 che defm1sce il suo stile d1 vna particolare» [ibi-
questa cnuca . . · ogni ,ro{kways d ..
caso, l'approccio «critico» sembra accantonare. come urilevante la d V' l] Si tratta di una ef'm1z1one puramente descnttiva:.
sembra impli-
. Otnanda deni6 · · 1m · t· · d.
cruc1·a1e attorno alla quale il progetto
. . demolog1co
. st era costituito· val di
. . · e a re
' . ventario potenzia ente m 101to 1 tratti culturali. Ma come rin-
care un in
indagare i nessi tra differenz_e soci~ e differ_e~ze cultu~al~, 1 modi in cui esse . all'interno d.1questa desenzione . . . il . . .
e]encatlva pnnc1p10 strutturante
. uano ad agire nella dimensione quottd1ana dell esistenza depo . tracciare d l al , . . .
conun . . . , suan. che prod
uce il popolare opponen o o non popolare? E 1mposs161le co-
dosi negli aspetti più ordinari, banali e di background della realtà socia) .
·re questa opposizione strutturante m forma puramente descrittiva (un
strut ali d . .
Per certi versi anche qui Bourdieu è un possibile punto di partenza -il Bo:: d. . b
eIeneo di tr atti cultur « offililantt» e uno 1 tratti «su alterni») · Non si
rdieu della Distinzione, in questo caso, con la sua idea-chiave: la circolazione tratta dunque di contenuti (i quali possono passare dall'uno ali' altro piano,
disuguale di beni materiali e simbolici non configura universi culturali chiu- «ascendendo» o «decadendo»): la questione cruciale risiede piuttosto nelle
si e statici nei quali gli attori sarebbero imprigionati (e che è dunque possibi- forze e nei rapporti che sostengono la distinzione, «in ogni determinato mo-
le isolare descrittivamente), ma un'arena di risorse fluide che gli attori stessi mento, tra ciò che conta e ciò che non conta come attività o forma culturale
sfruttano in modi creativi e mutevoli neUe loro strategie di posizionamento d'élite». Ora, tali distinzioni o categorie (élite e popolare) sono sostenute da
sociale (per una riflessione sugli usi diversi e in parte mancati di Bourdieu «un intero complesso di istituzioni e processi istituzionali», che marcano
nella tradizione dell'antropologia italiana rimando a Dei [20146]; per un costantemente la differenza fra di esse: ad esempio la scuola e l' «apparato
convincente accostamento tra Bourdieu e Gramsci nell'ottica di una teoria letterario ed erudito», che distinguono «la parte nobile della cultura, il patri-
della cultura popolare si veda Canclini [1984]). monio culturale, la storia da tramandare, le conoscenze di valore, da ciò che
Ancora più importante è però il contributo teorico offerto da Stuart non ha invece valore, non è "vera cultura"» [ibidem, 62].
Hall, uno dei fondatori della moderna scuola di Cultural studies, proprio Non si può dunque «congelare la cultura popolare all'interno di un
perché parte specificamente da Gramsci. «Scrivere una storia della cultu- qualche contenitore descrittivo atemporale» (una espressione che sembra
ra delle classi popolari esclusivamente dall'interno di quelle classi, senza
attaglia_rsi perfettamente alla tradizione degli studi folklorici): occorre inve-
compren dere 1· mo di m · cm· queste sono tenute costantemen te m· rapporto ce cogliere
. il d . . i «rapp orti· di potere che costantemente punteggiano e dividono
· · · · de11a produzione culturale
con 1e 1st1tuz1001 · m· ca esser fuori
dominante, s1gn
dal XX secolo»: così Hall [2006, 57-58] si esprime nel suo saggio del 1981 •
res1ornm10
·d " della , .cultura ne11e sue categone . pn.vil egiate
. e resi'du ali (pre.lerred
I
ua,m. Ne s1 ' · • 1
Notes on Decostructin g the Popular. E aggiunge: «Voglio affermare che 0.00
re e d. P_uo accontentarsi di una definizione che equipari popola-
«
. def111• · •J massa» ' riferen d osi. senz 'altro ai. consumi. delle classi. popolan.. La
estste nessuna cultura popolare coesa, autentica e autonoma che so pravvive, . iz1one che Hall , .
fu · d I attività eh h
on a campo d1· forza delle relazioni di potere e d1. dommto · · ulturale»,
c .
propone e la seguente: sono popolan «quelle forme e
e ' a1
. osi come, per tro, non esiste una cultura dominante capace di co]on1zzare
. cl e . anno
rn111ate f le loro rad1·c1· neile con d1z1001 ' . . socia. 11· e maten,.ali d. d
1 eter-
• e assi: orme e t . . , .
Rispetto ali d t· . . a t1v1ta Incorporate in tradizioni e pratiche popolari».
e 1ceti popolari (la tesi che Hall chiama deu•·mco rporaz
m. mod0 tot a] · · 100
. d lla f'In1sce
· a
la ul e tn1z1on e d escnttiva,
· ·
(zmplantation) 0 incapsulamento (encapsulation) culturale)· «Lo studi0
cultura pop 0I . . . sto jnaccetta
:ili) .
~nfluenze
e tura l questa insiste sul fatto che «ciò che de-
. are cont10ua a oscillare tra questi due (piutto ~opo are sono le relazioni di continua tensione (scambi,
poh: autono · ap- In , antagonismi) 1
. .
. mia pura o 10capsulamento totale» [ibidem, 5 9] · QuestoJare>> apparenza
1 con a cultura dominante». Non è una definizione
procc10 lo port d ff . . . . di «popo suU
. a natura re}ontana .
da il della demologia
que a .
, a a a rontare il problema della defm1z10ne hio· , la quale insiste a sua volta
ponendosi espi' · . In sé azionale d 1 l '!,
icuamente 10 contrasto con la visione che egli stesso e 'rna solo in l . e popo are (un tratto non è popolare o dominante
re azione ali d ' .
a 1nam1ca di un determinato contesto storico- 11
,1
1
11
1 :II ,
I !
I,'
,,
138 CAPITOLO 5
DALLA DEMOLOGIA AL PATRIMONIO 139

.al ) M si è ,~sto, la demologia finisce per dimenticarsi di quest to l'Unesco, nelle sue strategie
soci e . a, . ul ali (I f" b . . . .. o e Per di valorizzazione e salvaguardia dei
. reper tori di tratti c tur e. ta e, 1canti, ha assegna ull . d" . 1 . .
costrutre . 1nt1 ecc.) pensat·1come . I ali basate s a creazrone I repertori g obali di «capolavori dell'u-
bent cu tur . . . . ..
parti. di un ms1
• ·eme (la «cultura
. . contadma») relativamente
. ., stabile e coeso. È __ Dopo aver creato con successo liste dei benr artrsuc1e monumentali
,mpedisce di mterpretare la modemrta come fortna di man1ta». . d . . '
questo che 1e "" ., se non . ali archivistici e ocumentan, a partire dagli anni '90 l'Unesco si è
·
Ssl one della tradizione. Laddove Hall legge pru correttamente Gr,...., amb1ent , . . fi . ili . , h . .
repre . . . . ....,,se,. dedicata an che ar beru etnogra
. c1
. - que , eroe, c e non consistono m opere
quando interpreta la scuola, l_a ~om~m_cazrone mediale, gli apparati letterari
e accademici e così via come 1st1tuz10111 che pongono la lotta per l'egemonia maten"ali e durevoli ma m sapen, Iperformance,
. forme espressive tramandate
dalla tradizione orale e_ le~ate e_sc usrvament~ alla memoria, alle pratiche, al
su piani nuovi e certamente più complessi rispetto al passato, non come
linguaggio di «portatori» vrven~. L~ scop~ di questa est~nsione a un' accezio-
dispositivi totalizzanti che semplicemente cancellano la cultura popolare.
ne antropologica della cultura e pnma di tutto consentire la partecipazione
In direzione analoga, sia pure con linguaggi e da angolature molto di-
verse, convergono altri indirizzi di più o meno recente sviluppo, che in varie
alle «liste dei capolavori» anche ai paesi (come molti di quelli ex coloniali)
tradizioni nazionali hanno sostituito la folkloristica classica: dai Cultura! stu- privi di reperti monumentali e storico-artistici; ma anche di includere, per
dies agli indirizzi di antropologia dei consumi (si veda Pickering [2010] per ]o stesso Vecchio mondo, tutto l'ambito del «tradizionale» e del «popolare» I~
un quadro ampio e articolato del rapporto tra studi culturali, etnografia dei
indagato e valorizzato ormai da due secoli di studi folklorici.
consumi e teoria della popular culture in ambito anglosassone), dalle Empi- I primi documenti Unesco in proposito utilizzano ancora questi ultimi
rische Kulturwissenscha/ten di Hermann Bausinger [2005] [cfr. Dei 2007a] concetti: è il caso della «Raccomandazione per la salvaguardia della cultura
ai cosiddetti «nuovi studi di cultura materiale» [Dei 2011a; Dei e Meloni tradizionale e del folklore», del 1989, cui fanno seguito un programma sui
2015], dai dibattiti sulla «fine del folklore» negli Stati Uniti [Kirshenblatt· «Tesori umani viventi» (1993) e uno sui «Capolavori del patrimonio orale
Gimblett 1998] al post-folklorismo scandinavo [Frykman e Lofgren 1987; e intangibile dell'umanità» (1999). Il concetto di «intangibile» finisce per
Ehn e Lofgren 2011]. Ricucire la tradizione italiana rispetto a questi e altri in~obare tutti gli altri nel documento fondamentale adottato nel 2003 la
indirizzi, molti dei quali fra l'altro si confrontano direttamente con il pensie- '.<~o~venzione per la salvaguardia del patrimonio culturale intangibile», ~he
t
ro gramsciano, mi sembra oggi un passo cruciale per un superamento della lS ltwsce una «lista rappresentativa» analoga a quella del patrimonio mate-
crisi della demologia che non ne mandi del tutto perduta l'identità. r~ale. La Convenzione viene adottata da molti dei paesi membri dell'Unesco
(iuloclusa_l'~talia, che la ratifica nel 2007), finendo per guidare le politiche
e turali sia dell' · · ·
Il amnu01straz1one centrale sia dei governi regionali e locali.
5. PATRIMONIO INTANGIBILE be .. documento del 2003 stabilisce una definizione «costituzionale» dei
n1 intangibili h d li . . . , . ..
llvelli di el ' ~ e a a ora m poi s1 trovera costantemente npresa a tutti 1
Dobbiamo però adesso considerare più da vicino l' affennazione - a parti· aborazrone delle politiche culturali:
re. dagli . '90 di
anru - una cornice o paradigma «patrimom"ale» che ha progres· bli ·
siva~en_te riassorbito gli studi demologici e che, sul piano degli usi pub •v~'.
s·.
1llltendono per
Presentaz1on1 t. . ul al . "bil .h
. .
hpa n~piazzato il linguaggio (dominante fino agli anni '70-80) del folk re~ n• •<<pa. nmomo c tur' e mtang1
. , e» prauc
. e, rap-
atr · · . · e) e u • ti, gli O . '. espressrom, conoscenze e sapen - cosi come gh strumen-
im~ruo Immateriale o intangibile (Ich Intangzble Cultura! Hentag hé 1
categona e t l . ' ul ali none tnunitàg~etti, ~anufatti e gli spazi culturali associati ad essi- che le co-
. . n rata so
deile discipline · if• o dr recente
h
nel discorso delle politiche c tur ' -•jco
etnognu Parte de~ ruppi e, ~ alcuni casi, gli individui riconoscono come facenti
scient re e che si occupano di cultura nel senso . _ he le bile tr oro Patrunonio culturale. Tale patrimonio culturale intangi-
o antropologie0 d I . ·alita e ' asmesso d.1 . . . .
e termllle. La sua diffusione è legata alla centr dalle com . , generazione lil generazione, è costantemente ricreato
Ltntta e dai g .. .. f . , al I
ruppi mteressat1 m con ormtta b.
oro am 1ente,
~
&

I' '
140 CAPITOLO 5 DALLA DEMOLOGIA AL PATRIMONIO 141
' '
I

alla loro interazione con la natura e alla loro storia, e fornisce lor , ·ca e non esiste, si potrebbe dire, un concetto di «falso» 0 di
senso di identità e continuità, promuovendo così il rispetto per la ; un . bilita stor1 ' . . .
varia An ra e di conseguenza, la salvaguardia viene mtesa non come
sità culturale e Ja creatività umana [Un esco 2003] . ia»l , co ' ·
Ver- «coP . documentaz10ne ma come mo d o per favome · · ·
il passaggio
ervaz1one 0 . ,.
cons . f generazioni (non necessanamente all 1nterno di uno stesso
Si deve notare la forte connotazione antropologica di questo do dei .saperi ra
. iacché si ammette la poss1'bil'1ta' d"1 una diffus10ne
· diasporica di
to, che: a) si apre a mo1tep li c1. processi. e pro dott1. culturali («pratichcurnen. rerrttDfr!O, ;patrimoniali). Ciò implica, infine, che gli interlocutori principali
. . .) e, rap-
presentazioni, saperi, strumenti, oggetti» , con un e1eneo tendenfrL certe orm · · lm
litiche Unesco non sono gli esperti· o gli stud'1os1,· ma prmc1pa
. he defi mz1om
. . . d'1 eul tura; b) insiste sui <U1nente ente
aperto che ricorda Ie e1ass1c ru . delle po di . . ,. . l ., h
. «portatori» di. quel sapere o tra 21one, c1oe 1 soggett.1 o e comumta e e ne
. , . . di tali b em. che sono
sulle comuruta come soggetti «portaton» dung PPI le 1
. . ' que co- no protagomste.
locati in una dimensione soCiale; e) preCISa che il patrimonio è da intende . so Gli antropologi dovrebbero essere molto contenti. A 130 anni dalla ce-
come radicato nell'ecologia dei gruppi sociali, cioè nelle modalità pratic~: lebre definizione di E.B . Tylor, l'accezione etnografica di cultura sembra
di interazione con l'ambiente da un lato, con la memoria e il passato storico assunta dalle massime istituzioni internazionali - nel quadro di un processo
dall'altro; àJ specifica le modalità di trasmissione, che rimandano all'oralità
di ridefinizione in senso antieurocentrico del concetto di patrimonio e di
e al rapporto diretto fra generazioni; e) infine, propone un richiamo forte al
una particolare sensibilità per la valorizzazione delle differenze culturali.
concetto centrale della tradizione antropologica, vale a dire la conoscenza
In effetti, la diffusione della cornice patrimoniale dell'Unesco ha molto in-
e il rispetto della diversità culturale. Anche la successiva specificazione dei
fluenzato l'antropologia contemporanea, in particolare nella sua declinazio-
campi tematici di cui il patrimonio intangibile è composto ricorda (sia pur
ne folklorica o demologica. A tal punto che l'antropologia del patrimonio si
con alcune lacune) l'indice di un manuale di antropologia:
èaffermata come nuova specializzazione disciplinare, o meglio ancora come
definizione di un campo che era in precedenza identificato in termini di
a) tradizioni e espressioni orali, incluso il linguaggio, intesi come
«cultura popolare».
veicolo del patrimonio culturale intangibile; b) arti dello spettacolo; e)
pratiche sociali, riti e feste; d) conoscenza e pratiche concernenti la natu-
ra e l'universo; e) artigianato tradizionale [ibidem]. 6
· L'ANTROPOLOGIA DEL PATRIMONIO TRA CRITICA
EPARTECIPAZIONE
La list a del patrimonio immateriale non è solo una estensione di quella
d_ei monumenti O dei siti, in grado di garantire una più equilibrata di5tribu:
~ d. . al
one_ et nconoscimenti su scala mondiale. Rispetto alla lista «materi e» vt
sono lffip 0 rt · difr . . . n- lo . D'altra
, parte , il rapporto tra l' approccio · patnmom
· ·al'1sta e l'an t rop o -
. anti rerenze. In pruno luogo si tratta di una lista «rapprese
g1a e stato fm · d 11'' . . 1 'd
a 1111210 teso e difficile. In una uc1 a discuss10ne . ull
e en e c1oe se ez1onare delle assolute «ecceIlen ze» ma
tattva», che non pr t d . , di l . ori . . s e
d1. segna! ·, · e
. ~re_prn ampi complessi culturali. Inoltre, al centro dell'attenzion . to!gin, e sulla costruzione della Convenzione Unesco del 2003, Chiara Bor-
patnmonializzant st
I 1, • e anno non tanto degli «oggetti» quanto el «p
d . rocesst chiaOtto [2008
. . ' 20] sostiene . che «1e reaztom
. . degli stu d'1os1. pm ., di rettamen te
cu turau», Intesi co · • viluppo lllatt in cau dall'· . . . . .
me reperton di competenze creative in costante 5 . -
le, gU sa 1ntroduz1one di questa nuova categona patnmoma~
. gi, sono state quasi unanimemente di perpless1ta
e mutamento. Ciò .111 di . . . li' t ntic1ta, antropolo · ·, d
centrale ,.d _Pone scuss10ne anche il reqms1to de au ed' . ne
Vera se non 1
per 11 enttficaz· dl · . . · · be JVJe v1· sone Propria. ostil't'1 a». L' affermaz1one
· e, ·forse eccessiva:
· ma senza d ubbio
qui men 0 IOne e patnmomo stonco-art1st1co e c d di . o stati m . . di . . . d ll
pressante (1 · al' , d' gra o Ztone d' . otivi frizione più che occasionali. L'elaborazione e a no-
a vit ita 1 una tradizione richiede un certo
1 zntang 1'bl h .
e erztage, tra anni '80 e '90, poggrn sull uso d'1 categorie
. ' .
DALLA DEMOLOGIA AL PATRIMONIO 143

antropo1og1c . he classiche come cultura, identità, comunità, tradizi


. . . . . one. Ma . non e, dap pertutto lo stesso, e il significato ,delle . pratiche di •
,I antropo1og1a. m • temazionale ' m .quegli stessi anm, si caratterizza p ,zjonalismo .
. l' azione no
n può esser ridotto solo ad esso. E il caso propno
. . roprio
O• .
. amento critico radicale di queste atriJ1lonia izz . i e le identità locali hanno rappresentato e rappre-
per un npens . . stesse
, nozioni·· per la Ioro p ali dove 1«paes » . d ll (.
dell'It a, .
decostruz10ne• , se vogliamo nel senso che 1dent1ta culturale tradizi·o
' . . . . '. . ne ecc. cornice pa trimoniale più importante di quella e o stato llsi

appa1ono il frutto di processi di plasmaz1one sentano una [ 997 ] er un'analisi del rapporto tra «stato» e «paese» ne o
. . retonca e politica · Se c,,e un 1
nucleo irrinunciabile, in questa fase ~el dibattito a_ntro~ologico, questo non veda Clemente li . : di patrimonializzazione e Palumbo [2003; 2009a]
delle po uc e
consiste nell'impiego del concetto di cultura e dei suoi derivati, ma al con- sviluppodeclinaz1one
. . deli' approccio «critico» attenta alie peculi anta . , . a1·
it 1a-
trario nella critica al culturalismo ingenuo ed «essenzialista». per una d' li e e Broccolini [2017] per una recente messa a punto
. f anche Pa 1g on . . . . .
Ingenuo ma non innocente. Del culturalismo si analizza infatti in que- ne, e r. ) Mal rado queste nserve, lo scetticismo verso conceziom es-
d Iproblema · g
gli anni la componente di «violenza epistemologica» - i rapporti che ha e . . d li ultura è largamente passato nell' attu ale sensi'bili.ta' antro-
senz1aliste e a c
intrattenuto con il dominio coloniale, ad esempio, e il ruolo che gioca nelle . Il he orta a storcere il naso con una certa f requenza di fronte I
forme contemporanee di xenofobia e neorazzismo, nonché nei cosiddetti polog1ca. c P
. di ·
a!IDO ill CUI
· l'Unesco tratta le questioni de ll a cultura, dell''idenuta, . , d ll
e a (
conflitti etnici [Fabietti 1995; Dei 2005]. Anche la nozione di patrimonio è . . .
·
tradiZione; an , zi· per meglio dire di
, fronte alle pratiche locali suscitate
investita da questa critica. Lontano dal rappresentare una «proprietà» ovvia . . . dalla .
corsa alle candidature Unesco, che spingono a indulgere m passiom localiste
o naturale di altrettanto naturali comunità, il patrimonio appare il risultato
eatteggiamenti nostalgici, a promuovere il pittoresco, a far surrettizi~ ente
di consapevoli strategie di ordine politico-istituzionale. In particolare, un
«rivivere» tradizioni inventate o, al contrario, a ingessare e musealizzare
influente filone di studi (rappresentato dai lavori di Richard Handler [1988]
pratiche viventi.
sul Canada e di Michael Herzfeld [1982] sulla Grecia, ad esempio, con sullo
Naturalmente, queste stesse dinamiche di trasformazione sono oggetti
sfondo le riflessioni di Eric Hobsbawm e Terence Ranger [1987] sulla «in•
molto interessanti di osservazione e descrizione etnografica. Così gli an-
venzione della tradizione») collega i processi di patrimonializzazione con le
politiche nazionaliste e con le relative concezioni di identità/alterità, appar- tropologi del patrimonio possono intraprendere due strade diverse. Da un
tenenza/esclusione. Sono gli stati-nazione a gestire, inventariare, autenticare lato, possono farsi etnografi della patrimonializzazione, assumendo le ca-
il patrimonio - per certi versi a «inventarlo» nel contesto delle strategie di tegorie patrimoniali (cultura, comunità ecc.) come oggetto di studio e non
«immaginazione di comunità». Del resto, già si è vista la coincidenza fra_ la com~ propria risorsa interpretativa. Dall'altro, possono invece partecipa-
mo_derna scoperta del folklore, alla fine del '700, e lo sviluppo del nazi?: re e ~teragire con le pratiche e i discorsi patrimoniali (e con le istituzioni
nalis?1o romantico [Burke 1980, 12 ss.]; o la sistematica facilità con cUI 1 che li SOSlengono), cercando di raffinarle e di portarle verso una maggiore
totalitarismi del '900 h . consapevolezza riflessiva. Berardino Palumbo [2009a, xxxix] ha chiamato
d anno usato il folklore come strumento d'1forma zione. queste posture 1 .h .
el consenso di mas An h . .. . .
. sa. c e oggi,. pur m . cormCI . . disegnate
. d ganisint
a or _ .
agg1ungend
antropo og1c e, nspettJ.vamente, «cntlca» e «partecipat
. iva»
st
s~vran~zi_onali, re ano gli stati gli insindacabili soggetti delle politiche pa· .
le . one una terza, quella «mterna», che semplicemente accetta
trunomali. Ciò val il . . categorie p t . 'ali di . .
materi'ale. e per patnmomo intangibile non meno che per quello all' a nmoni senso comune e il ruolo d1 expertise concesso
antropologia dal di . . . al 61
scorso 1stitu21on e, senza porsi 1 pro emi. ep1stemo- .
logici . .
Questi argomenti . Ilo stesso sopra accennati
mod p non sono certo condivisi o intesi da tutti ne . h'
o. ersonalmente d . ali rise . Ciò che ca b. ·. . . . , . .
talvolta di t f ,_a esempio, trovo che la critica al cultur sm O. . 1 s1one O O ili , m la, m questi atteggiamenti, non e tanto il grado di ade-
ras ormars1 n 11 . d' .
e a ne izione di vecchie forme d'1 determw1stn
0
economico 1. . I del antropo}~t i ta verso le pratiche Unesco, quanto il rapporto tra il discorso
-po Jtico de ·
' cisamente preantropologiche. Inoltre, il ru . oo
Nella p g co e quello patrimoniale delle istituzioni o del senso comune.
erna» questi due discorsi stanno sullo stesso piano. s·i
Ostura «Ìnt .
- I 1. I
144 CAPITOLO 5 DALLA DEMOLOGIA AL PATRIMONIO 145
'I \
1

I
I

assume come ovvia l'esistenza di certi beni culturali (ad esempio . l ra Proprio l'etnografia può mostrare che sono in gioco mecca-
. . . al )
un genere di canto popo1are, una tecmca art1g1an e ' esattamente una fesi a, di cu tu · .
non . I iù complessi, istanze eterogenee e spesso contraddittorie - mai
la storia dell'arte si assume l'esistenza
· di
un repertorio .
di opere dellCOtne. per . rn1 mo to p
nis d'
te riducibili a una questione 1 apparenze ed essenze, d1. ideologia
.. . . .
' h' · Il d' · es a Pittura jnteramen
rinascimentale, 0 deIl are 1tettura gotica. sapere 1sc1plinare
. lid
,. . altà. Ad esempio, la patr1mom . .al' . di
1zzaz1one una festa non potrà essere
bbli d . al . peno e tn
tegrato nel dis~?rso ~u- _co ~ v~ az1?~~ e v_ or_1zzazione di questi beni e di re come spontanea manifestazione dei sentimenti identitari di una
compresa
sostiene le poliuche 1sutuz1onali e I relativi 1mp1anti normativi (ad
. . .·
ese111p10 'tà ma neppure solo come frutto di mteress1
. . l
po itici ed economici- o
le pratiche di c~n~lffiento, schedatura, s_~vag~ardia, ~usealizzazione), e n~ cornurumeno come dispositivo 1'deo1ogteo
' . . . del naz1on. a1·1smo. Magari vi agisco-
è a sua volta leg1ttlffiato. La postura «crltlca» mvece s1 pone in modo _ tanto . questi elementi, ma inestricabilmente intrecciati in configurazioni
. di . 'al' . meta no tutti
discorsivo verso i processi patrimom 1zzaz10ne: ne fa oggetto di analis· uliari che vanno ricostruite volta per volta. L'antropologia del patrimo-
etnografica, senza confondersi con le loro categorie. L'etnografia, che secon'. pec
nio si profila dunque com~ una_dis~1~ · lin ~-fedele ali · voca~ione criti-
a p~opna
do Palumbo è il suo metodo caratterizzante, appare qui come strumento di ca e riflessiva, che non puo app1attus1 all mterno del discorso patrimoniale e
netta separazione dali' oggetto. delle sue più ingenue categorie; ma che, d'altra parte, è consapevole di stare '
Più complessa è la situazione della postura «partecipativa», in cui si dentro i dibattiti e le pratiche pubbliche di gestione dei beni culturali. Non (
padroneggia l'impianto critico e riflessivo ma al tempo stesso si sceglie di può limitarsi ad osservare i protagonisti dei processi di patrimonializzazione
operare nel campo patrimoniale (ad esempio, collaborando alle pratiche dall'esterno - come insetti al microscopio, o come se non facessero parte
di riconoscimento di un «bene» o di candidatura alla lista Unesco). Sem, della propria stessa comunità morale.
pre secondo Palumbo, qui il tratto decisivo è la capacità di oggettivare sé
stessi, à la Bourdieu, dunque di esser «consapevoli del carattere "politico"
della propria partecipazione» [ibidem], del proprio stesso coinvolgimento 7. LA SINDROME DI RE MIDA
nei processi studiati. D'accordo: vorrei però anche aggiungere che rispetto
ali' approccio «critico» ciò che cambia è il rifiuto di una prospettiva radical- Vorrei però adesso tornare al nostro principale problema. Il riassorbi-
mente metadiscorsiva. Qui i due discorsi, quello patrimoniale e quello an- mento della tematica folklorica e demologica nel paradigma patrimoniale
tropologico, si intrecciano e si modificano a vicenda. L'etnografia in quest~ rappresenta un «trasferimento di competenze» avvenuto anche in altri paesi
caso può rappresentare uno strumento non di separazione ma di «fusione di e tra_dizioni di studio europee, sia pure in modi diversi. In Italia l'interesse
orizzonti». E il circolo ermeneutico descrive forse più correttamente queS ta . , I beni immaten'ali e per 1- processi. delia 1oro patrm1001
per . 'alizzaz1one
. non
SI e ' ·
posizione conoscitiva che non l'oggettivazione del soggetto oggettivante._. . aggiunto a1 precedenti approcci ma li ha sostituiti: si è sovrapposto ad
In questo mo do s1. possono superare certe ng1 . 'd'1ta, deil' ap proccio «enti· essi
s un po' come un nuovo parad'1gma sc1ent · u·1co rispetto
· al veceh'10, anche
co», che presenta a sua volta due tipi di rischio. Da un lato, un arroccarn~to 5t
e que a ,<~rivoluz1·one scienti
· ·f'1ca» e' stata per cosi' di re 1mp
· 1·1c1ta,
· non di -
chi \ '
arata Ed
nel campo accademico e la difficoltà a mettersi in gioco nella sfera pubbl_ca. cani . · unque cambiata l'agenda antropologica: la messa a punto dei.
Dali' altro, una tendenza . ·ale O cultura.. 1stnea p, e degli o . d' . . 61
a liquidare il discorso patnmom
Post·I. 1ve h' ggett1 1 ncerca, il lino-uago-io usato e soprattutto 1 pro emi. I
come pura ideologia o mistificazione a fronte di una più oggettiva visio. Patri"' . cc 1 problemi sono semplicemente messi da parte. La cornice
b b
I,
dell e re al ta' soci·a1·1. o·!Il1ostrare che le' «entità» patrimom'ali so no cos trulle ·e '"1oniaie n 51. . b1 .,
l' . . . l illusori , estudia . on Interessa più delle categorie di egemonia e su a termta,
po Itlcamente e retoricamente non autorizza affatto a considerar e . · cui· il classICo
Piuttosto i mo d'1m . repertono · folkl onco
· e, recupera to, \ \1 :
fru d.I . te1nve I'
d ilo <<stato», .f ntato e val .·
onzzato da vane agenzie sociali come bene cultura1e, con
tto una sorta d1 falsa coscienza al servizio del «Potere» e e li · a e . . . . 1'
d tnalit' .
e unque smascherabili da un più solido linguaggio che parh d'I po tJC . a turistich 1'd · . · 1
e, ent1tane o di altro tipo. Gli studi· d1· patnmomo·
avora-
I \~Il
I t\I', ~
I'
I ',
- --

~14~6~C~AP:i:'.IT~OL~o -=-
s _ _ _ _ _ _ _ __ _ _ _ _ _ _ _ __ _ _ _ DALLA DEMOLOGIA AL PATRIMONIO 147

no su fenomem. dotati di grande visibilità . e già investiti


. . da riconoscih ..,1ento «beni» m~llo stesso senso: la valorizzazione etnografica si riferisce
.1st1tuz1on
. . ale; usano spesso un concetto mterclassista di «comunità Pat . · e quoti'd'iana, e non d'1stmgue
affatto ra ordinana ·
. . runa. ul tra «bello» e «brutto»
alla e tu , h li . '0
m.al e»; ten dono a modelli di documentazione
. . e salvaguardia. .mutuati' dai!e tico» e «falso». E quello c e g studenti apprendono alla loro prima
. del pa tr onio storico-artistico (schedatura, costituzione di rep «auten . l ul . . .
sCienze !ID.

. . . er- . e di antropologia: a c tura m senso etnografico non nguarda solo po-


Jezionadotti · h ·
a «non-e u1tura», 0 dal! ,.ignoranza,
. d. . dall
ton, muse al'12zaz10
· ne) , e come nel campo
. stonco-art1st1co
. . . . o archeologico . «alti» c e si istmguono
. ehi pr dall b ali ' S·
costruiscono ra pporti con le burocrazie statali. a1 .fim della
. «conservazi'on
. e» dalla superstizione, .a a~ ta. 1. co~c_e?tr_a semmai proprio sul banale,
e della valorizzazione di quelli che s~no or~a.1 c~iamatt «bem Dea (demoet- ul brutto, sull'ordinano: sw mucchi di rifmu e sugli sfondi inconsapevoli
noantrop ologici)». Si tratta di sapen che nvendicano
. h . . (e. talvolta,. . raramente, ~el quotidiano, più che sui proclamat_ie ufficiali capolavori. In altre parole,
ottengono) un ruolo di supporto alle pra~1c e i~t1tuz1_on~, -~ particolare arlare di una legittimazione etnografica della selezione di liste di capolavori
sotto forma di consulenza per la presentazione di dossier a1 flill del ricono- ~ una contraddizione in termini. Ed è per questo che l'antropologia non può
scimento Unesco di determinate tradizioni locali. mai essere meramente «interna» (nel senso sopra indicato) al campo patri-
Per quanto fondata su una sensibilità antropologica, la valorizzazione moniale: non può esserlo, almeno, senza rinnegare le proprie basi epistemi-
Unesco dell'Ich (Intangible Cultura! Heritage) si indirizza istituzionalmente che. Agli antropologi interessa moltissimo capire perché certe persone (ad
verso una logica estetizzante e selettiva (le «liste dei capolavori» e le com- esempio i funzionari dell'Unesco, gli amministratori pubblici o i comitati
petizioni per ottenere l'agognato «riconoscimento») che non solo lascia del locali) sono interessate a separare il canto a tenore o l'arte della pizza come
tutto fuori il vecchio problema della cultura popolare, ma è anche scarsa- «oggetti» di pregio da altre parti non pregiate della cultura (ad esempio le
mente compatibile con l'approccio antropologico tout court. Le politiche barzellette oscene da bar, o i pettegolezzi della piazza del mercato o le scritte
patrimoniali Unesco si incardinano infatti su due ~rincipi'. entr,~bi ~ ~o~- sui muri dei gabinetti). Ma i criteri di questa separazione sono a loro volta
llitto con le basi epistemologiche dell'antropologia. Il pruno e il pr~c~p10 oggetti e non risorse della comprensione antropologica.
dell'individuazione delle eccellenze e dei «tesori», con le relative classifiche In quanto alla protezione e salvaguardia cli certe tradizioni culturali ri-
di rilevanza; il secondo è l'obiettivo del salvataggio delle specie in es~inzio: spetto al «rischio cli estinzione», vale la stessa asimmetria rispetto al campo
ne. Li considero rapidamente. Individuare il canto a tenore sardo, 1pup~ storico-artistico.
Un monumento antico e raro rischia cli crollare e lo si salva
siciliani, l'artigianato dei liutai di Cremona o quello dei pizzaio~ napol~t~ con un restauro; una pittura rinascimentale rischia cli deteriorarsi '
e la si
(per citare alcuni «beni» italiani iscritti nella Lista rappresentauva dell_~cd' cons~rva in un microclima ideale per proteggerne la materialità. L'analogia
1
come tesori di particolare valore rispetto ad a1tn· item · cult urali ' e pm 1
con fenomeni culturali «intangibili» non funziona: questi si modificano
. li d.i esser stu cli au,. protettl,. sa1vati,.
al tn. mefltevo con tri'buisce a creare. . . une costantement
. . al
e, e semmai «s varli» . vuol dire. documentarli.. f
Tras ormare 1
.
campo culturale «alto» e ben separato da una cultura ordin ana c . be si rmen generi.della
'
. alca . . cultura 1mmaten
· 'ale m · specie · protette eqwvarre· 66 e a camb'iar-
dunque meno importante o rappresentativa. E un ,operazwn · e che ne
a1· enza ne il s1gn1fi d
accad . c~to, e unque a farne fenomeni completamente diversi (come
la logica della lista dei beni artistici, architettonici e -~onumen~ ~':rte 0 stit e tnfa th per molti dei «capolavori» iscritti nella lista). Un esempio: l'I-
però che vi sia simmetria tra i rispettivi oggetti. Infatti il campo e . tono siedUto centrale per bem. sonon. ed au cliovisivi
1· ., n·iscoteca cli Stato ) pos-
. .. (gia
della storia dell'arte si definisce sulla base di criteri di esclusivita. ·· ' •es1s e una racc lt d. f' b
ssere degll an . , 0 . a i la e e «tradizioni orali non cantate» rilevate tra 1a f..me
. h' h devonoe 1
opere vere e false, capolavori e croste rari oggetti antlC
. .. '
autenticati m contrapposizione a una moltitudine di ogge tti né annc
ic e . hi né ?
M. Cire; 6 e 1 primi anni '70 da una équipe guidata dallo stesso Alberto I
!
. )addo· una f e._ Si tratta di un patrimonio di registrazioni audio che documenta
· · · che vanno tenuti fuori dal campo · · com e «f. als1»
art1st1c1
· d. ·
(e denunciati

. 50no . , a P1unseco
PopoJased1un · 1are vicenda di trasformazione degli usi'deIl a f'ia ba
ve tentmo 1 entrarvi surrettiziamente). Ma i «beni» etnograf1c1 non are, e cerr
amente un modo cli «salvare» un tratto cultural e lffiportan- .
I '
DALLA DEMOLOGIA AL PATRIMONIO 149 I

hé la fiaba si stava estinguendo in quegli anni no . . l progetto e trasformarlo in un'antropologia della cultura popolare
te ( ma non perC . .d .f . . ' n più d'1 riadt que
. d
quanto s1 an ass e estinouendo a1 tempi e1 ratelli Gnmm) . Ora oranea.
, se negli
1:> •
conternp b' • ;>
. , . f sse
anm 60 s1 o pensato di creare .una Scuola nazionale. per la decla"' .
,.,azione Come raggiungere q_u~sto o iettivo. I capitoli . .
che seguono provano a
deIlaia . b
f ap opolare tradizionale, m modo da non lasciar estinguere , e alcuni percorsi m modo esplorativo e certamente più frammen-
. . . llnarte deUn ea r . . . . . .
._[ au·va e letteraria minacciata dai mass media e dalla modern,·z .
penorm tario rispetto alla nc_ostr~zi~?e sto~i~a-e ~e?nca fm qui se~uita. I capitoli si
. . . zaz10.
ne, cosa ne Sarebbe venuto fuon? Una specie di arte minore musealiz zata f alizzano su alcum terru pm specif1c1 di ncerca: la tematica antropologica
consegnata alla Cultura e sottratta invece al viv~ divenire della cultura (quel'. d:~ dono, il problem_a del plur~smo medico e delle_medicine non conven-
la con la «c» minuscola) , dunque qualcosa di antropologicamente rnolto ionali, la museografia etnografica e la cultura matenale domestica. Pur nel-
diverso rispetto a ciò che la fiaba era per le narratrici registrate da Cirese e ;a grande differenza dei ten:1i e del tagli~ ~nali~ico adot~ato, tutti e quattro i
dai suoi collaboratori. Ma è proprio questo che rischia di accadere_ anzi capitoli si concentrano su differenze o dislivelli culturali che emergono nella
che è già accaduto nel momento stesso in cui una pratica culturale divien~ società italiana contemporanea. Certo, le differenze non si distribuiscono
così ufficiale e «consacrata» da accedere a un processo di patrimonializza- uniformemente in relazione a classi sociali ben separate, ciascuna delle quali
zione formale. L'Unesco è come Re .i'vlida: dove mette le mani, trasforma produrrebbe o consumerebbe una sua cultura specifica e distintiva. Ci si
fenomeni effimeri ma vivi in statue d'oro. L'antropologia non può seguirla trova di fronte , rispetto all'età d'oro delle ricerche demartiniane, a una strut-
fino in fondo senza tradire le sue più profonde vocazioni. Prima di tutto la tura di classe molto più segmentata e articolata; e i rapporti tra dinamiche
vocazione per la mediocrità, per il brutto, per i mucchi di rifiuti e i fenomeni sociali e culturali sono resi più complessi dall'esplosione della cultura di
marginali, per tutto ciò che fa più fatica a emergere e ad essere riconosciuto massa. Eppure vale ancora la pena di seguire questa pista, che stava al centro
istituzionalmente. Si potrebbe quasi dire che quando certi aspetti della cul- della riflessione gramsciana e dell'originario progetto della demologia.
tura emergono esplicitamente in primo piano nel discorso pubblico, allora
non sono più pane per l'antropologia. Così, quando a certe forme di folklore
ci pensano organizzazioni internazionali e istituzioni pubbliche, sponsor
bancari e associazioni di categoria, articoli sui giornali e servizi televisivi, _si
ha la netta sensazione che il posto dell'antropologia sia da un'altra parte-ID
angolini meno illuminati - a registrare barzellette oscene nei bar, a fotogra·
fare 1e scntte . sw. muri dei gabinetti, a catalogare co11ez1oni . . d'1 oggetti kitsch
in abitazioni di classe media. d'
. .
In smtes1, per concludere: il filone Gramsci-de Martmo- . c·rese1 ' CO I·
fi e· .
cato m ecs seppure con le ambiguità che abbiamo visto e m un a letturail ·
eccessivamente continuista rispetto al passato folklorico, ha rappresentat~ .
00
momento di maggiore originalità e visibilità internazionale dell'antr?P
· · 1· . h 1s1stem 8
gia lta iana (nonché di visibilità delle discipline antropologie e ne eso
culturale-scientifico italiano). Dobbiamo considerarlo oggi come 00.:0rsa
che grava sulle possibilità globalizzanti dei nostri studi, o come un~ rl rega·
e. a oman da secondo me è retorica: di fron te alla
da valorizzar ;> L d disg
. . . •gina·
z1one silenzios d il d 1 . l'. . z10ne ofl
a e a emo og1a, si tratta di recuperare 1sptra

Potrebbero piacerti anche