Il totale complessivo delle risorse messe a disposizione equivalgono allo 0.
56% del PIL (PPA) della Campania
per l’anno 2017. Non è affatto uno sforzo immane, come afferma De Luca, ma più che altro una presa in giro. Una presa in giro triplice. Non solo perché costituisce una misura esigua rispetto alla ricchezza accumulata passata e ai vincoli di distribuzione presenti, ma anche perché la parte più cospicua del contributo avviene in sfere improduttive per sollevare la situazione (solamente aggravata dal coronavirus, ma che esisteva prima della crisi) oltre che a esternalizzare i costi del Welfare proprio sui pensionati e/o le famiglie nella misura in cui molti sono coloro (disoccupati, lavoratori a nero, ecc.) che vivono con costoro. A questo si aggiunge il fatto che sono proprio i pensionati i più vulnerabili in generale rispetto alla salute, e in particolare rispetto alla elargizione dei contributi. La spesa per i pensionati è una scommessa sulla loro morte. Una morte che farà risparmiare i soldi sulle pensioni. Non mi stupirei se vedessi crescere delle bolle speculative in ambito assicurativo. La spesa per le persone in stato di difficoltà ammonta a circa il 21.2% della somma totale, di cui € 38,059,495 (circa il 6.3% rispetto al totale) per compensare le pensioni entro il tetto di €1000. Infine, la presa in giro proviene dal fatto che non si sa quale preghiera De Luca abbia effettuato per ottenere quella cifra. Non si sa da dove provengono. A questo si aggiunge l’ambiguità della formula dell’elargizione, visto che per alcune categorie (per la cifra irrisoria di€80 mln) è previsto il fondo perduto. Quindi, agli altri quanto costerà tale manovra? Non solo in termini monetari, ma quale sarà il prezzo sociale e politico? La spartizione prevede circa il 45% della spesa per le Misure di sostengo per le politiche sociali, circa il 37.7% per le Misure di sostegno per le aziende, quasi il 7.5% per le Misure per la casa, quasi il 4.9% per Misure per il turismo, e quasi il 4.8% per Misure specifiche agricole. È quindi evidente che tale spesa non solo rafforza il dominio di classe nella misura in cui acuisce la divisione e un maggiore assoggettamento (anche soggettivo, ideologico) delle classi in questione, ma emerge con altrettanta chiarezza che è indirizzata alla valorizzazione di plusvalore passato nella misura in cui una spinta verso la produzione farebbe saltare in aria l’impianto feudale del sud Italia, e soprattutto abbasserebbe il tempo di lavoro medio socialmente necessario a produrre le merci dal punto di vista nazionale, acuendo ancora di più le contraddizioni oltre che causare maggiori inimicizie nelle regioni più produttive del Nord perché perderebbero sul differenziale della produttività rispetto alle regioni più arretrate. Non è un caso che il 57.4% della spesa serve proprio a tale scopo. Inoltre, se guardiamo i reparti propriamente industriali, compresi quelli agricoli, vediamo che essi raggiungono circa il 42.5% dei fondi elargiti. Tuttavia, non solo i fondi sono esigui, ma servono proprio a trascinare in avanti le piccole imprese e i professionisti per poterli continuare a spellare. Tali misure sono le classiche e becere formule keynesiane sovrastrutturali. Così come Putin ha aumentato la pressione del giogo oligarchico della ‘verticale del potere’ in Russia allo stesso modo De Luca sta aumentando il potere della signoria di banno (le mafie) nelle aree dove il potere è ancora di stampo patriarcale, dove il denaro non ha ancora soffocato le relazioni di produzione ‘nell’acqua gelida del freddo pagamento in contanti’, e dove la forma del potere è ancora fortemente personalistica.