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IL VOLO DELL’AQUILA

- Lettera a me stesso -
di Andrea Stobbia

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Note dell’autore

Il titolo “Il volo dell’aquila” riassume forse tutto ciò che vorrebbe
emergere dalla mia testa e dal mio cuore, una miriade di sensazioni
ed emozioni difficili da codificare e quindi da riportare su carta…mi
devo concentrare per fare un attimo di silenzio, ghermirne una,
assaporarla quindi tradurla qui (per quanto si possa “tradurre”). –
Lettera a me stesso – si riferisce proprio al destinatario di questa
lettera. Ho cambiato il titolo a metà stesura: mi sono reso conto che
stavo parlando al mio cuore nel tentativo di indirizzarlo sulla giusta
strada da seguire per essere un Guerriero Impeccabile.

Non sapevo ancora bene perciò di cosa avrebbero parlato queste


pagine e quante sarebbero state.
Ho scritto semplicemente perché mi andava di farlo e perché tutto il
mio Io è traboccante d’amore verso un’Aquila.

Ho inoltre preso in prestito citazioni o capitoli interi da alcuni libri


fra i mie preferiti: mi è stato insegnato che se qualcuno ha già
trattato approfonditamente e saggiamente un argomento, noi non
dobbiamo ricominciare per forza tutto da capo, ma possiamo senza
colpa prendere spunto da queste menti illuminate per far si che il
loro operato non sia stato vano: ci aiutano semplicemente a trovare
la porta da aprire… una volta varcata la soglia diviene ovviamente
tutta un’altra storia.

Il testo che seguirà è frutto di ciò che ho appreso dalla mia breve
vita e ciò che penso essere giusto. Ovviamente ogni opinione è
puramente personale e non vuole essere una guida spirituale…
voglio solo condividere cuore e spirito e se poi converrete con me
che ciò che ho scritto ha un senso ne sarò più che felice.

Forse saranno solo poche pagine, ma mi sono impegnato il più


possibile per far si che queste siano il nettare del fiore che vorrei
comunicare; detto ciò non mi resta che augurare un buon volo a
tutte voi Aquile.

Andrea Stobbia

E-mail:
andry84@alice.it

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Dedicato all’Aquila che ha sposato il mio cuore,
addomesticato il mio spirito.
Con gratitudine, amore e stima

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IL VOLO DELL’AQUILA
-Lettera a me stesso -

L’aquila è un animale maestoso che osa dove gli altri animali


neanche si avvicinano e proprio per questo è stato considerato da
molte popolazioni come un animale sacro, un totem, uno spirito
guida.
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A tutti noi è capitato di vedere questo splendido rapace volteggiare
nel cielo blu: a volte sbattono le grandi ali dando dimostrazione
della loro potenza, mentre altre volte se ne stanno lì ferme, sospese
nel vuoto più assoluto, come se la forza di gravità non fosse una
legge che le riguardi… e osservano tutto, niente gli sfugge:
osservano, valutano e agiscono! Non si fanno problemi, nessun “se”
e nessun “ma” attraversa il loro pensiero perché sanno che queste
parole potrebbero essere il loro peggior nemico, impedirebbero loro
di nutrirsi e di sopravvivere… impedirebbero la vita ed
assopirebbero il loro potere.
Carlos Castaneda afferma che il dono dell’aquila è quello che un
nagual, un essere di luce, un guerriero senza forma, riceve per
essere completo e poter così vivere in questo e nell’altro mondo la
propria Missione; è la libertà assoluta verso tutto e tutti, soprattutto
verso noi stessi.
Siamo troppo indaffarati a concentrare il nostro potere su stereotipi,
sul denaro, sul cibo e sul nostro corpo: in questo modo ci
precludiamo la possibilità di far sbocciare la Libertà in tutta la sua
essenza, ma soprattutto non viviamo come esseri di luce quali
siamo in quanto ci troviamo oltremodo imprigionati in una gabbia
che noi stessi abbiamo costruito e che rinforziamo ogni giorno;
cosa, allora, se non un volo in picchiata nel cielo più blu potrebbe
scuoterci da questo insano torpore?
Non si rimane pulcini in eterno: Dio è amorevolmente paziente
verso ognuno di noi, ma non permette a nessuno di ignorare le
regole del gioco… APRI LE TUE ALI E VOLA! SEI NATO PER VOLARE E
TUTTO IL TUO IO SI È EVOLUTO COSTANTEMENTE PER QUESTO
MOMENTO! NON IMPORTA QUANTO CI METTERAI O QUANTE VOLTE
CADRAI, IO TI SOLLEVERÒ DI NUOVO E TI ASPETTERÒ A BRACCIA
APERTE! … TOCCA A TE DECIDERE, FARE IL SALTO…

Chissà che Aquila che è Dio!


E gli angeli devono essere le sue bianche piume!!

Purtroppo però l’essere umano per sua natura o meglio, per sua
fittizia natura, è predatore. Una volta che ha catturato la sua preda,
può decidere più o meno coscientemente di ucciderla oppure può
credere di essere interessato alla sua vita, quindi la mette in una
gabbia che ogni giorno diviene più stretta fino a quando la povera
bestia muore soffocata e angosciata. Bene, molti di noi sono
cacciatori che vivono per uccidere o imprigionare il proprio Io e/o
quello degli altri, nostri simili e fratelli. Una notte, nel periodo in cui
stavo scrivendo queste parole, ho fatto un sogno che mi ha

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svegliato: dopo poco era divenuto quasi un incubo. Non ricordo
bene i dettagli, ma ricordo distintamente due sorelle gemelle. Erano
identiche con l’eccezione che una di loro si era trasformata in una
sorta d vampiro che voleva attaccarmi. Provai anche ad ucciderla
con un paletto di legno, conficcandoglielo nel cuore: niente, ella si
beffeggiava di me e mi insultava. Guardavo perplesso l’altra sorella,
quella buona, ma anche lei rideva e mi resi conto che era
completamente soggiogata dal suo lato oscuro. Mi svegliai trovando
la cosa prima spaventosa poi interessante: mi resi conto che questo
sogno era la sceneggiatura di una frase letta in un libro di
Castaneda;
«Gli sciamani dell’antico Messico scoprirono che abbiamo un
compagno che resta con noi per tutta la vita, un predatore che
emerge dalle profondità del cosmo e assume il dominio della nostra
vita.» (Don Juan Matus)

Il sogno mi spiegava che io, un personaggio esterno, non potevo


eliminare il lato oscuro della ragazza; avrei potuto solo aiutarla a
vedere… non l’ho fatto perciò non sono stato una buona aquila in
quel sogno!

Il predatore ci permette di evocare un’immagine, quella di un’aquila


uccisa o imprigionata: se l’aquila potesse scegliere, sceglierebbe di
non scegliere ma solamente di volare! Non si può mettere la libertà
davanti ad un bivio, la morte o la propria rinnegazione!

Quante volte invece lo facciamo e quante volte abbiamo desiderato


farlo agli altri o a noi stessi! Che rabbia se qualcosa sfugge dal
nostro controllo!

Vediamo un bel fiore, lo cogliamo. Un animaletto qualsiasi trova il


coraggio di avvicinarsi a noi, lo vogliamo catturare. L’amore della
tua vita, un’aquila, si posa sul tuo cuore, abbiamo paura che voli via
e gli tagliamo le ali.
Dove sta l’amore in tutto ciò? Fissiamo la nostra attenzione sul
possesso e non vediamo! Le aquile invece riescono a vedere anche
il più piccolo serpente boa che abbia ingoiato un elefante, le aquile
riescono ad “addomesticare” il cuore del vento e pure il nostro se
glielo permettiamo.
<< "Che cosa vuol dire <addomesticare>?"
"E' una cosa da molto dimenticata. Vuol dire <creare dei
legami>..."
"Creare dei legami?"

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"Certo", disse la volpe. "Tu, fino ad ora, per me, non sei che un
ragazzino uguale a centomila ragazzini. E non ho bisogno di te. E
neppure tu hai bisogno di me. Io non sono per te che una volpe
uguale a centomila volpi. Ma se tu mi addomestichi, noi avremo
bisogno l'uno dell'altro. Tu sarai per me unico al mondo, e io sarò
per te unica al mondo".
[…]
La volpe tacque e guardò a lungo il piccolo principe:
"Per favore... addomesticami", disse.
"Volentieri", disse il piccolo principe, "ma non ho molto tempo,
però. Ho da scoprire degli amici, e da conoscere molte cose".
"Non si conoscono che le cose che si addomesticano", disse la
volpe. "Gli uomini non hanno più tempo per conoscere nulla.
Comprano dai mercanti le cose già fatte. Ma siccome non esistono
mercanti di amici, gli uomini non hanno più amici. Se tu vuoi un
amico addomesticami!"
"Che cosa bisogna fare?" domandò il piccolo principe.
"Bisogna essere molto pazienti", rispose la volpe. "In principio tu ti
sederai un po' lontano da me, così, nell'erba. Io ti guarderò con la
coda dell'occhio e tu non dirai nulla. Le parole sono una fonte di
malintesi. Ma ogni giorno tu potrai sederti un po' più vicino..."
Il piccolo principe ritornò l'indomani.
"Sarebbe stato meglio ritornare alla stessa ora", disse la volpe.
"Se tu vieni, per esempio, tutti i pomeriggi alle quattro, dalle tre io
comincerò ad essere felice. Col passare dell'ora aumenterà la mia
felicità. Quando saranno le quattro, incomincerò ad agitarmi e ad
inquietarmi; scoprirò il prezzo della felicità! Ma se tu vieni non si sa
quando, io non saprò mai a che ora prepararmi il cuore... Ci
vogliono i riti".
"Che cos'è un rito?" disse il piccolo principe.
"Anche questa è una cosa da tempo dimenticata", disse la volpe. "È
quello che fa un giorno diverso dagli altri giorni, un'ora dalle altre
ore. C'è un rito, per esempio, presso i miei cacciatori. Il giovedì
ballano con le ragazze del villaggio. Allora il giovedì è un giorno
meraviglioso! Io mi spingo sino alla vigna. Se i cacciatori ballassero
in un giorno qualsiasi, i giorni si assomiglierebbero tutti, e non avrei
mai vacanza".
Così il piccolo principe addomesticò la volpe.
E quando l'ora della partenza fu vicina:
"Ah!" disse la volpe, "... piangerò".
"La colpa è tua", disse il piccolo principe, "io, non ti volevo far del
male, ma tu hai voluto che ti addomesticassi..."
"È vero", disse la volpe.

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"Ma piangerai!" disse il piccolo principe.
"È certo", disse la volpe.
"Ma allora che ci guadagni?"
"Ci guadagno", disse la volpe, "il colore del grano".
Poi soggiunse:
"Va' a rivedere le rose. Capirai che la tua è unica al mondo. Quando
ritornerai a dirmi addio, ti regalerò un segreto".
Il piccolo principe se ne andò a rivedere le rose.
"Voi non siete per niente simili alla mia rosa, voi non siete ancora
niente", disse. "Nessuno vi ha addomesticato, e voi non avete
addomesticato nessuno. Voi siete come era la mia volpe. Non era
che una volpe uguale a centomila altre. Ma ne ho fatto il mio amico
ed ora è per me unica al mondo".
E le rose erano a disagio.
"Voi siete belle, ma siete vuote", disse ancora. "Non si può morire
per voi. Certamente, un qualsiasi passante crederebbe che la mia
rosa vi rassomigli, ma lei, lei sola, è più importante di tutte voi,
perché è lei che ho innaffiata. Perché è lei che ho messa sotto la
campana di vetro. Perché è lei che ho riparata col paravento.
Perché su di lei ho uccisi i bruchi (salvo i due o tre per le farfalle).
Perché è lei che ho ascoltato lamentarsi o vantarsi, o anche qualche
volta tacere. Perché è la mia rosa".
E ritornò dalla volpe.
"Addio", disse.
"Addio", disse la volpe. "Ecco il mio segreto. È molto semplice: non
si vede bene che col cuore. L'essenziale è invisibile agli occhi".
"L'essenziale è invisibile agli occhi", ripeté il piccolo principe, per
ricordarselo.
" È il tempo che tu hai perduto per la tua rosa che ha fatto la tua
rosa così importante".
" È il tempo che ho perduto per la mia rosa..." sussurrò il piccolo
principe per ricordarselo.
"Gli uomini hanno dimenticato questa verità. Ma tu non la devi
dimenticare. Tu diventi responsabile per sempre di quello che hai
addomesticato. Tu sei responsabile della tua rosa..."
"Io sono responsabile della mia rosa..." ripeté il piccolo principe per
ricordarselo. >>
(da “Il piccolo Principe” – Antoine De Saint-Exupéry)

Il Piccolo Principe è certamente un’Aquila: egli vede perciò non usa


gli occhi, ma il proprio cuore che è libero dal suo Io predatore e che
lo rende un essere di luce capace di addomesticare i cuori e non di
possederli… solo così ci si guadagna!

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Maestosa, forte, intelligente e libera… io conosco un Aquila con le
ali di un angelo che mi ha addomesticato e con la quale ci
guadagnerò in eterno. Ha creato con me legami di una potenza
inimmaginabile, poiché essendo un’aquila è volata molto in alto
vicino al Divino: sempre più spesso mi porta in volo così la stringo
forte per non cadere e lei, rassicurandomi, mi ha sempre sorretto
con amore e dolcezza anche se ammetto che a volte il mio peso era
eccessivo.

È un’aquila e perciò vola. Sembra una cosa scontata, ma ce ne ho


messo di tempo per farmene una ragione (ma me la sono fatta?!?).
Quante volte mi sono ritrovato con una spessa gabbia nascosta
dietro la schiena, mentre lei apriva le ali per spiccare il volo… ma
non si può imprigionare un’aquila, sarebbe certamente morta e io
con lei.

Perché questa gabbia…???

Per tutti i predatori, il problema è dato dalle altre aquile: vediamo


che alcune volano più alte, altre più basse, queste non costituiscono
una minaccia; ma certe, poche, volano all’altezza della nostra
aquila e sono anch’esse possenti. Vorremmo essere gli unici esseri
viventi intorno a lei, quasi esigiamo che veda solo noi e, infatti, è
sempre la stessa domanda ad annebbiare le nostre menti “Come
può guardarsi intorno se ha me che le do sempre tutto quello di cui
ha bisogno?!”. La paura, l’insicurezza, la presunzione e l’egoismo
vanno subito a materializzare una solida gabbia che ti supplica di
essere usata: sapete come la distruggo io? Le dico semplicemente
“è inutile, sei troppo piccola, non puoi contenere le sue ali e il
suo/nostro amore”, puf… se ne va perché non ha più un senso,
nessuno scopo!
Non è facile, soprattutto quando vedi le due aquile volteggiare
insieme lassù in alto, mentre tu sei a terra, lontano e così piccolo;
non si può però che essere felici perché abbiamo scelto di
distruggere la gabbia che avevamo a disposizione e questo è
sicuramente un nobile gesto… che bello vedere l’aquila che ami,
volare con tanta gioia; che bello quando l’aquila torna al tuo fianco
e ti dice grazie; che bello quando senti che il suo cuore batte
sempre nel tuo petto. Che bello… ho distrutto la gabbia e aperto le
sue ali. Solo così ci guadagno, anche se la mia aquila un giorno non
dovesse più tornare. Siamo responsabili di ciò che
addomestichiamo… non di ciò che “possediamo”!

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Per gli indiani d’America
“L’aquila è una impersonificazione della forza divina: essa vola alta
nel cielo, più in alto di ogni altro essere vivente, avvicinandosi così
al Grande Spirito.
Librarsi a queste altezze le consente di avere una visione d'insieme
delle cose della vita.
L'insegnamento dell'aquila è di riconoscere il senso delle cose che
accadono, il disegno che si esprime nelle vicende della vita, sia nei
momenti di luce che in quelli d'ombra.
Ciò significa saper considerare sia gli eventi positivi che quelli
negativi come esperienze che ubbidiscono a una volontà superiore
e aiutano a sviluppare la nostra consapevolezza. La forza dell'aquila
richiede quindi come condizione preliminare per essere conseguita
la fiducia nella volontà divina: un uomo può arrivare a ottenerla
solo attraverso dure prove e grande forza d'animo.
Fin dai tempi antichi gli sciamani hanno usato penne d'aquila per
curare l'aura di persone malate.
Vincete le vostre paure, spingete lo sguardo oltre il vostro
orizzonte, unitevi all'elemento aria e volate! Questo è l'invito e
l'incitamento dell'aquila.”

Un’aquila è tutto questo e anche di più: come possiamo limitarla


solo a noi? Come può, lei che vede limitare così il proprio campo
visivo e d’amore? Soltanto addomesticandola potremo creare quei
forti legami col suo cuore che ci permetteranno di conoscerla e
amarla… forse anche di essere amati a nostra volta, in modo
speciale, come è successo a me.
Bisognerebbe davvero imparare a vivere il presente il più
intensamente possibile, solo così potremo ingannare il tempo ed
essere liberi nel più profondo! Ed ecco che torna la paura! Il
presente ci piace ed è magico: noi non vorremo perderlo per niente
al mondo e molte volte utilizziamo strumenti sbagliati per riuscire in
questo intento, strumenti che hanno l’effetto opposto e che ci
lasciano smarriti, confusi, convinti che tutto il male del mondo sia
avvolto intono a noi: il fatto è che pensiamo che non far volar
un’aquila sia un gesto d’amore! Semplicemente non capiamo una
cosa che mi è stata appena detta dall’aquila che amo: “ricorda,
separazione è illusione!”.
Adesso servirebbe il fumetto con scritto – senza parole -…
dobbiamo masticare piano piano questa frase, sentirne l’aspro
sapore divenire sempre più dolce, ingoiarla lentamente per sentirla
nostra e capire che, in fondo, il nostro cuore ce l’aveva sempre
detto; lui lo sapeva, bastava ascoltarlo!

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Gli unici limiti che avremo nel riuscire in questo tentativo, saranno
solo quelli che ci porremo noi perché, quando ami davvero,
neanche l’universo sa più definire l’infinità di questo sentimento!
Niente più gabbie, niente più limiti! Solamente liberi come le aquile!

A volte capita che le aquile stesse ci facciano paura. Hanno becchi e


artigli possenti ed affilati che affondano nella carne e che scuotano
il corpo, occhi ardenti che scavano nel profondo. Ci sentiamo
braccati e feriti! Questo accade perché l’aquila è molto potente e ci
ama: gli occhi sono il suo cuore a cui non sfugge l’essenziale, per
questo riesce a vedere ciò che vorremmo tenere celato, ciò che
rifiutiamo di noi stessi; con i suoi artigli lo tira fuori e ce lo pone
davanti. L’aquila ci costringe ad affrontare le nostre paure e a
vederle: dall’alto del cielo: lei ha una percezione totale del mondo e
dell’essere, e sa che solo sconfiggendo il proprio lato oscuro
possiamo diventare aquile a nostra volta, divenire Guerrieri della
Luce che spengono le tenebre senza usare la spada.

“La Prima conquista nell’Arte della Spada è l’unità tra uomo e


spada: quando la spada è nell’uomo e l’uomo è nella spada anche
un fiore è un’arma affilata;
La Seconda conquista è che la spada è assente nella sua mano ma
presente nel suo cuore: anche a mani nude egli può battere il
proprio nemico a cento passi;
La conquista finale nell’arte della spada è l’assenza della spada
nella mano e nel cuore: la mente aperta contiene tutto; l’uomo di
spada è in pace col mondo, egli non uccide e porta la pace
all’umanità.”
(dal film “Hero”)

Spetta a noi, però gettare l’arma affilata, spetta a noi apprezzare la


libertà nostra e altrui… soprattutto se noi amiamo un’aquila! E io la
amo talmente tanto da augurarle di volare sempre più in alto:
nessuno potrà ostacolarla perché provandoci si scontrerebbe con la
bellezza, l’amore immenso e la potenza che la circondano da
sempre.

Cerchiamo di vivere come Guerrieri Impeccabili, come esseri di luce


perché solo così prima o poi potremo dire: “ho visto volare
un’aquila, ne vale veramente la pena… grazie!”

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<< PER I VEGGENTI - O "UOMINI DI CONOSCENZA" - TOLTECHI LA

STREGONERIA È L'ARTE DI MANIPOLARE LA PERCEZIONE E

NON HA NULLA A CHE VEDERE CON QUANTO DI NEGATIVO SI

INTENDE IN OCCIDENTE CON LO STESSO TERMINE. GLI STREGONI O

SCIAMANI TOLTECHI MIRANO ALLA LIBERTÁ. PER RAGGIUNGERE

QUESTO FINE NON ESEGUONO STRANI RITI E INCANTESIMI E NON

CREANO POZIONI MAGICHE, POICHÈ SAREBBERO ATTI PRIVI DI

SENSO. PER RAGGIUNGERE LA LIBERTÁ ESSI VIVONO

IMPECCABILMENTE. >>

(Carlos Castaneda)

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