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Autore/i
Lorenzo Massimiano
Titolo
L’approccio parametrico alla progettazione: strumenti e implicazioni
metodologiche.
Dottorato di appartenenza
Università degli Studi “G. d’Annunzio” di Chieti e Pescara, School of Advanced
Studies “G.d’A.”, Dottorato in Architettura e Urbanistica.
Saggio
Tra le molte innovazioni scaturite dalla rivoluzione digitale c’è sicuramente quella di
aver arricchito la cassetta degli attrezzi dell’architetto di nuovi strumenti per la
gestione e la rappresentazione del progetto. Per diversi anni si è discusso se
l’introduzione di questi strumenti abbia realmente modificato, oltre al modo di
rappresentare l’architettura, anche il modo di pensare/agire dell’architetto (il
metodo), facendo nascere un dibattito che, dopo le prime intuizioni, fatica a generare
contributi utili al progettista. Nel frattempo, il mondo del digitale ha continuato ad
evolversi, diffondendo una nuova generazione di strumenti radicalmente diversi.
Infatti, se i precedenti software semplicemente spostavano il luogo di lavoro del
progettista dal campo dell’analogico a quello del digitale, con indubbi giovamenti per
quest’ultimo ma lasciando pressoché inalterata la sequenza di azioni che
compongono l’attività progettuale, i nuovi software cosiddetti “parametrici”
sembrano capaci di cambiare profondamente l’approccio al progetto. Già in queste
prime fasi di diffusione del fenomeno è possibile riconoscere i sintomi di una nuova
rivoluzione (questa volta non più solo digitale, ma anche concettuale) che attraversa
molti aspetti della progettazione, alla scala architettonica, urbanistica e del design.
Nel corso del paper ci soffermeremo su alcuni di essi, facendo riferimento nello
specifico a: metodo, risultato, temi, principi, estetica, per individuare gli effetti che
l’introduzione di questi nuovi strumenti hanno avuto sull’intero processo
compositivo.
Cominciamo con il richiamare brevemente cosa si intende per parametrico. Nella
progettazione di tipo parametrico il risultato formale è affidato alle relazioni
intessute tra parametri (dati) e componenti (operazioni matematiche)1, le quali
definiscono le “regole del gioco”, cioè il percorso che seguiranno le informazioni
iniziali per configurarsi in una forma finale. Una volta imbastito un set di dati da
inserire nel software e stabilito in che modo essi debbano interagire (ovvero
l’algoritmo), otteniamo come output una forma, un modello tridimensionale “fluido”,
e non tanto per le sue proprietà estetiche, quanto per la sua capacità di aggiornarsi in
qualsiasi momento al variare dei parametri iniziali, rimanendo comunque coerente
con quanto stabilito in partenza. La forma, dunque, in un progetto parametrico non è
definitiva, né definita a-priori, non nasce dal gusto dell’architetto, né dalla
semplicistica applicazione del sillogismo forma-funzione, e ciò ci consente di
mantenere un alto grado di apertura ai cambiamenti esterni, sia da parte del progetto
sia del progettista. Piuttosto la forma è un’incognita2, che rimane nascosta durante le
fasi iniziali di impostazione dei parametri e delle componenti, per poi essere svelata
al progettista soltanto alla fine del processo. Utilizzare un simile metodo di
progettazione comporta abbandonarsi all’imprevedibilità di ciò che può risultare da
una concatenazione di eventi, da una reazione a catena di cui si conosce soltanto il
principio. E ciò cambia il rapporto che il progettista instaura con essa, il suo modo di
relazionarcisi. Se un tempo veniva data grande attenzione alla forma, oggi si guarda
piuttosto alla relazione tra le forme, se prima era fondamentale l’esito finale, ora lo è
il processo3. Come si può ben capire, ciò significa uno sconvolgimento degli aspetti
epistemologici del progetto. Significa passare da un approccio di tipo deterministico,
come quello sostenuto dal movimento moderno e caratterizzato da decisioni razionali
e univoche, ad uno di tipo euristico, non più rigoroso e che avanza per continui
tentativi. Anzi, per essere più precisi dovremmo dire di tipo emergente.
1
A. Tedeschi, Architettura Parametrica: Introduzione a Grasshopper, Le Penseur, Potenza, 2011,
pp.15-17
2 Il concetto di forma come incognita è stato formulato dall’ingegnere Sergio Musmeci, il quale
2
Il concetto di forma come incognita è stato formulato dall’ingegnere Sergio Musmeci, il quale
sosteneva che nelle strutture non fossero le tensioni ad essere incognite ma bensì la forma. Per un
ulteriore approfondimento si veda S. Musmeci, La genesi della forma nelle strutture spaziali, in
«Parametro», (1980), n. 79, pp. 37-46
3
A. Molinelli, C. A. Gasparini, Può esistere una formula per infinite forme? Oltre l’apparenza delle
membrane, in «L’Arca», (2010), n. 261, pp. 5-7
In questo ambito il termine “emergente” ha un significato specifico, che è utile
richiamare:
«[Emergente] in architettura può essere considerato come l’ordine spontaneo
che si sviluppa all’interno di un sistema, il quale può non essere necessariamente
dedotto o predetto dall’insieme dei semplici componenti del problema e dalle loro
relazioni di base, ma emergere come risultato dalle loro interazioni».4
Il concetto è stato preso in prestito dalla matematica, ma non solo. Esso appartiene
anche alle scienze biologiche, essendo l’emergenza una caratteristica presente in
natura in diversi organismi viventi, come ad esempio le formiche o gli stormi di
uccelli. Allo stesso modo, l’iter configurativo del progetto parametrico segue una
logica inversa rispetto a quella utilizzata generalmente nei progetti, una logica che va
dal particolare verso il generale, potremmo dire bottom-up5, in cui le “micro”
questioni del progetto, come ad esempio la scelta di un dettaglio costruttivo, sono
poste in relazione tra di loro stimolandosi a vicenda e amplificando gradualmente
l’effetto, fino ad arrivare a trasformare il progetto nella sua interezza.
Dunque, esiste una profonda relazione tra il design parametrico, la matematica e le
scienze naturali e, anche se non è la prima volta che si parla di architettura come di
un organismo, in questo caso le analogie vanno ben oltre la semplice metafora,
coinvolgendo la disciplina sotto tutti gli aspetti: dall’approccio, alle competenze, al
vocabolario stesso.
4
J. Burry, B. Mark, The New Mathematics of Architecture, Thames & Hudson, Londra, 2012
5
F. Wirz, Prefazione, in A. Tedeschi (a cura di), Architettura Parametrica: Introduzione a
Grasshopper, Le Penseur, Potenza, 2011, pp.15-17
6
A. Sprecher, Homeorrethism: few observations on the nature of experimentation in computational
architecture. Atti del XXXI Convegno ACADIA, Alberta, Canada, 2011, pp.360-361
parametri iniziali7, altri più complessi, come riprodurre comportamenti di auto-
organizzazione presenti in natura. Ad ogni modo, l’oggetto finale è in uno stato di
continua mutazione e anche quando la macchina ci restituisce alla fine del calcolo
una configurazione che potremmo definire stabile, in realtà in essa rimangono latenti
tutte le diverse possibilità che non si sono verificate, ma che potrebbero verificarsi al
mutare delle condizioni.
9
«Un problema è lineare se lo si può scomporre in una somma di sotto-problemi indipendenti tra loro.
Quando, invece, i vari componenti/aspetti di un problema interagiscono gli uni con gli altri così da
rendere impossibile la loro separazione per risolvere il problema passo-passo e ‘a blocchi’, allora si parla
di non-linearità». In «Wikipedia». Disponibile presso
http://it.wikipedia.org/wiki/Teoria_della_complessità (ultimo accesso: novembre 2014)
trasformazione, o meglio un’evoluzione. Aaron Sprecher, da diversi anni attivo nel
campo della progettazione parametrica, suggerisce che in ragione di tutto ciò, sia
necessario riconsiderare i concetti di forma, struttura e funzione, appartenenti al
vecchio mondo dell’architettura analogica, innestandoli con altri provenienti dal
mondo dell’architettura “informatizzata”10, come “memorizzazione” (memorization),
“associazione” e “connessione”: dove per memorizzazione si intende un’ulteriore
capacità dell’oggetto architettonico di incorporare informazioni che ne condizionino
la forma e la materia; per associazione la dipendenza della configurazione finale
dall’associazione di parametri multipli; e per connessione la possibilità di carpire
informazioni dai diversi contesti umani che ci circondano, reali e virtuali11. In pratica
un upgrade delle vecchie categorie, che oggi si arricchiscono delle possibilità offerteci
dal mondo delle tecnologie digitali.
11
A. Sprecher, P. Kalnitz, From Formal to Behavioral Architecture. Atti del XXVII Convegno eCAADe,
Istanbul, 2009, pp. 161-165
12
«L’architettura non deriva da una somma di larghezze lunghezze e altezze degli elementi costruttivi
che racchiudono lo spazio, ma proprio dal vuoto, dallo spazio racchiuso…» in B. Zevi, Saper vedere
l'architettura, Einaudi, Torino, 1948
13
P. Schumacher, Parametricism: A new global style for architecture and urban palnning, in «AD
Architectural Design» (2009), n. 79, pp. 18-19
pone l’accento sull’idea di uno spazio pervaso da forze, simili a quelle che insistono
all’interno di un campo magnetico o gravitazionale, in cui il vuoto è riempito come da
un medium fluido, intriso di energie, connessioni, tensioni... Infine, il fatto che sia
declinato al plurale, ci suggerisce la simultanea compresenza di più spazialità,
contenute a livello potenziale all’interno di un unico spazio configurato, che
aspettano solamente una variazione nei parametri iniziali per manifestarsi. Se
l’architettura, dunque, prima era considerata un contenitore vuoto, ora invece ha il
compito di trattenere al suo interno le molteplici forze invisibili della
contemporaneità. E per farlo ha bisogno di nuovi strumenti.
15
A. Sollazzo, Van Berkel Digitale. Diagrammi, processi, modelli do UNstudio, Edilstampa, Roma,
2010
16
S. B. Carrol, Endless Forms Most Beautiful: The New Science of Evo Devo, W.W. Norton, Londra,
2006; citato in A. Sprecher, P. Kalnitz, op. cit.
Dunque, nel corso di questo paper abbiamo visto come dal semplice
cambiamento di alcuni attrezzi da lavoro dell’architetto, siano scaturite delle
trasformazioni che hanno coinvolto molti aspetti della progettazione: metodo,
risultato finale, principi regolatori, estetica, ruolo dell’architetto, etc.. E questo ci da
la misura di che impatto abbiano le tecnologie digitali nella nostra epoca, a tutti i
livelli. Tuttavia, è bene ribadire che anche se gli strumenti di cui disponiamo oggi
sono molti e potenti, essi sono sempre e comunque posti a servizio dell’uomo. Non ci
sarebbe, infatti, nessuna bellezza (nel senso completo del termine, che comprende
anche la sua accezione di giustezza) se non fosse la creatività umana a dare stimolo
alla macchina.
Le immagini possono essere inserite indifferentemente nel paper in base alle esigenze grafiche
Figura 1: After-Form – Parametric bench (2013).
Figura 2: Zaha Hadid Architects – Hungerburgbahn (2007).
Figura 3: UNstudio – Burnham Pavilion (2009).
Figura 4: Goundlab - Xi'an International Horticultural Expo (2011).
Bibliografia
S. B. Carrol, Endless Forms Most Beautiful: The New Science of Evo Devo, W.W.
Norton, Londra, 2006
A. Molinelli, C. A. Gasparini, Può esistere una formula per infinite forme? Oltre
l’apparenza delle membrane, in «L’Arca», (2010), n. 261, pp. 5-7