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Roberto Mucelli, Mario D’Aguanno

(a cura di)

Storie di strada

Edizioni Arion 2003

Atti del convegno “ Riduzione del danno e prevenzione AIDS e tossicodipendenze: stato
dell’arte ed applicabilità della verifica sul lavoro di strada”.
Gruppo Magliana 80, Roma

La presente pubblicazione è stata stampata con il contributo AI99.00553.04 del Consiglio Nazionale
delle Ricerche
Roberto Mucelli *: La Supervisione e la valutazione degli interventi nei servizi a
bassa soglia per le tossicodipendenze ed il disagio sociale: la qualità come ambito
psicologico clinico

1 Il contesto
Iniziamo con il riprendere alcuni temi rispetto al sistema di survey MSS istituito nell'ambito del
gruppo Magliana 80 di Roma per i servizi di prevenzione e riduzione del danno AIDS e
tossicodipendenze e descritto dettagliatamente nell’intervento precedente.
L'intento dei servizi a bassa soglia è di mantenere le persone tossicodipendenti in vita, evitando che
prendano il sopravvento condizioni di degrado. Mantenere una persona viva, non eccessivamente
degradata, comunque in contatto con i servizi, costituisce il presupposto che potrà consentire un
giorno di maturare l'uscita dalle condizioni tossicomaniche. Tutto ciò è attuabile solo a partire da
un soglia di accesso al servizio che sia orientata ai bisogni dell’utente in quello specifico momento
del suo ciclo tossicomanico. Nella bassa soglia non viene richiesto come prerequisito la volontà di
curarsi e di uscire dalla tossicodipendenza, ma vengono offerti servizi compatibili con la condizione
di tossicodipendenza attiva.
Evidentemente una tale ottica non significa offrire rinforzo alla cronicizzazione. A tale proposito
citiamo Pinkus (1999):
“Ritengo utile ribadire nuovamente che il sostegno a una politica di riduzione del danno non

equivale a sminuire l'importanza delle strategie che si prefiggono il pieno recupero del

tossicodipendente e che quest'ultimo rimane anzi, in ogni caso, l'obiettivo ultimo di qualunque tipo

di intervento. Le politiche di riduzione del danno non sono, come potrebbe suggerire una

valutazione ideologica, il segno della sconfitta o di una resa della società nei confronti del consumo

di droga. Esse vanno considerate, piuttosto, come fase di una ricerca molto difficile e complessa

perché, accanto all'impegno di escogitare nuove e più efficaci strategie (vale la pena di ricordare

qui che il problema non è certo di natura meramente psicopedagogica!), persiste anche il dovere -

come d'altronde è accettato per molte malattie- di offrire, a chi vive le contraddizioni e la

sofferenza di essere divenuto dipendente dalle droghe, un orizzonte che sia comunque di speranza,

**Psicologo, Psicoterapeuta, Specialista in Psicologia Clinica. Professore a contratto Università di Roma La


Sapienza. Supervisore dei servizi e Direttore Valutazione, Qualità e Ricerca Cooperativa Magliana 80 ONLUS
un'opportunità che richiami all'impegno di riappropriarsi, nella misura di quanto realisticamente

possibile, della propria autonomia e libertà.

Una costante consapevolezza su questa prospettiva di fondo è necessaria per evitare che, contro

ogni intenzione, la riduzione del danno finisca per produrre di fatto una sorta di spenta

rassegnazione, sia nella cultura sociale che nell'orizzonte di vita del tossicodipendente, favorendo

in tal modo la cronicizzazione della tossicodipendenza. Questo modo di concepire la riduzione del

danno richiede due condizioni. La prima è che anche l'intervento più banale, come la distribuzione

di siringhe di profilattici o la somministrazione di metadone, sia attuato sempre come segno

d'accoglienza, espressa dalla concomitante presenza della dimensione educativa e terapeutica.... la

seconda condizione è che tutti gli interventi siano articolati all'interno di una rete sociale, in cui

ognuno di essi si ricollega gli altri con pari dignità, tutelando una suddivisione complementare di

compiti, nell'ambito di un progetto integrato.

Gli interventi di riduzione del danno, se offerti appunto in forma qualificata e integrata con i

servizi per il recupero, costituiscono un segno della solidarietà sociale che rifiuta di confinare

nell'emarginazione i tossicodipendenti, ottenendo talvolta anche l'effetto di incrementare, fra essi, il

numero di coloro che scelgono di avviarsi lungo la strada della piena autonomia. A questo scopo,

occorre tuttavia ripensare non sulle modalità operative della strategia di riduzione del danno, ma

anche le forme in cui vengono oggi proposti per corsi di recupero. Riguarda le prime sarà

necessario, secondo le linee che ho precedentemente indicato, promuovere la formazione di

operatori particolarmente qualificati e utilizzare gli strumenti operativi più adatti ai contesti socio

culturali in cui vengono applicati.

In rapporto alle comunità terapeutiche, sarà invece indispensabile prevedere che esse siano

affiancate da altri modelli di percorsi educativi riabilitativi, già presenti in alcune realtà, che non

separino la persone in trattamento dal suo contesto dite che, soprattutto, sappiano tener conto della

sua particolare condizione per rispondervi in modo efficace.


La complessità sociale infatti, producendo situazioni di dipendenza dalle droghe che sono molto

variegate sia rispetto alle modalità di accesso che agli stili di consumo, richiede una gamma di

risposte che siano specializzate e aderenti alle diverse condizioni e storie personali dei

tossicodipendenti.

Gli obiettivi del lavoro con le persone tossicodipendenti consistono nel promuovere:
-lo sviluppo di un maggiore atteggiamento di cura verso se stessi;
-la capacità di rimanere in contatto ed utilizzare i Servizi, sviluppando e mantenendo comunque un
alleanza di lavoro con gli operatori;
-la capacità di identificare comportamenti a rischio e di limitarne la frequenza e l'intensità;
-la possibilità, attraverso il contatto con l'unità di strada e di servizi a bassa soglia, di non perdere il
contatto con la rete sociale.
Il gruppo Magliana 80 consta di circa 30 servizi che lavorano nell'area delle tossicodipendenze,
dell'HIV e delle malattie sessualmente trasmissibili, della prostituzione, dei tossicodipendenti
zingari, delle persone senza fissa dimora, dei consumatori e potenziali consumatori di nuove, del
reinserimento lavorativo e delle persone tossicodipendenti in carcere con problemi giudiziari.
Con l'esclusione del centro diurno riabilitativo e psicoterapeutico, tutti i servizi di Magliana 80 si
caratterizzano per essere dei servizi a bassa soglia. Con questo termine si intendono dei servizi
costruiti sulle esigenze del "cliente " che prevedono una soglia d'accesso estremamente ridotta. La
richiesta di cura da parte della persona quindi non è più il solo presupposto per poter ricevere un
servizio socio sanitario. Spesso sono i servizi che vanno incontro all'utente, come nel caso
dell'Unità di Strada.
I servizi a bassa soglia non pretendono una domanda di cura, si limitano ad offrire interventi, il
più possibile tagliati sulla singola situazione, a di persone che non hanno ancora maturato
un'intenzione di smettere o ridurre il consumo di sostanze .
Gli operatori non fanno agli utenti in alcuna richiesta di dichiarare intenzioni di tipo riabilitativo,
ma vengono forniti materiali informativi, invio alla rete dei servizi , e per ciascuna persona si cerca
di parametrare il rischio individuale e offrire un counseling mirato.
Vengono offerti servizi di riduzione del danno volti a contenere i rischi legati all'assunzione di
sostanze stupefacenti e i rischi legati a pratiche sessuali non sicure o scambio siringhe, che
comportano un rischio di contrarre malattie sessualmente trasmissibili.
Alcuni servizi non raggiungono l'utente per strada ma si costituiscono come un area di accoglienza
notturna e diurna a bassa soglia, nell'ambito della quale la persona in difficoltà può passare la
notte, lavarsi, trovare un pasto caldo, trovare una relazione significativa con degli operatori che,
oltre ad informare, fanno una attenta lettura delle dinamiche di quell'individuo rispetto a quel
gruppo costituito in estemporanea, operatori che costruiscono una parametrazione individuale del
rischio e, compatibilmente con l'accessibilità da parte dell'utente, giorno per giorno tentano di
restituire senso ai comportamenti ed alle relazioni nel qui ed ora.
Le normali regole della convivenza civile in questo caso non costituiscono il presupposto per una
relazione ma diventano un obiettivo da come segnali di una possibilità di re-integrazione
psicosociale.
Gli operatori dei servizi a bassa soglia per le tossicodipendenze, la prostituzione, i nomadi, le
persone senza fissa dimora lavorano per rinforzare un atteggiamento positivo verso la "alleanza di
lavoro ".
Per alleanza di lavoro intendiamo il coinvolgimento attivo dell'utente sugli obiettivi del lavoro di
prevenzione e riduzione del danno, la sua partecipazione al progetto, la sua comprensione ed
adesione a al senso di quanto gli operatori gli propongono. Nel coinvolgimento attivo è compresa
anche la convivenza civile: alcune regole minime per la convivenza civile che nella nostra cultura
si danno per scontate, per queste particolari tipologie di utenza proprio scontate non sono. Così, il
raggiungimento della possibilità di convivere civilmente, spesso viene considerato già in sé un
obiettivo di lavoro importante.
Il primo programma sperimentale di servizi di unità di Strada attuato dal gruppo Magliana 80 di
Roma risale al 1993. La delicatezza e la difficoltà del lavoro di strada, l'esposizione emozionale e
fisica degli operatori a rischi considerevoli, la necessità di integrare all'interno di un gruppo di
lavoro professionalità diverse, come Psicologi, educatori e, operatori sociali ex tossicodipendenti
hanno motivato la presenza di un gruppo di supervisione per la prevenzione dal burn out e per il
contenimento e l'elaborazione delle dinamiche interne al gruppo e tra il gruppo degli operatori e
l'utenza.
Si rese subito evidente la necessità che gli operatori potessero avere una chiara idea dei limiti e del
risultato del proprio lavoro.
La precedente abitudine e la motivazione a lavorare nell' area terapeutica e riabilitativa rendeva
infatti difficile poter concepire il lavorare con tossicodipendenti attivi che non dichiarano di voler
smettere; non poter concepire di fornire siringhe con le quali un individuo si sarebbe sicuramente
iniettato una dose, con tutti i rischi conseguenti; di limitarsi ad aiutare le persone a mantenersi vive
e in miglior salute possibile fino al momento in cui potranno decidere di intraprendere un percorso
terapeutico riabilitativo. Spesso la difficoltà di lavorare in rete con altri servizi derivava dal fatto di
non poter mai vedere concluso il proprio lavoro.
Questo è un problema comune per gli operatori che lavorano nell'area delle tossicodipendenze, ma
il setting che caratterizza l'Unità di Strada esacerba il problema, portandolo alle estreme
conseguenze.

2 Il sistema di survey
Si è reso quindi immediatamente necessario costruire un sistema di rilevazione che potesse aiutare
gli operatori a costruire una valutazione condivisa del proprio operato e del funzionamento del
gruppo di lavoro nei confronti dell'utenza, una volta analizzato in gruppo il mandato sociale .
Si è data per ciò vita ad una scheda della quale per ogni contatto di operatori rilevano e siglano la
comunicazione avuta con l'utente, secondo semplici categorie di efficienza ed efficacia: l'efficienza
ha che fare con il " che cosa " avviene nella relazione, individuando la possibilità che sia avvenuta
un'esplorazione del campo, che sia stata fornita un'informazione, che sia stata creata una
condizione di ascolto nell'operatore per la quale l'utente possa incominciare ad esprimere dei
contenuti personali, oppure che queste due ultime categorie dell'informazione fornita e dell'ascolto
creato possono fondersi dando vita ad una serie di comunicazioni operatore-utente ed utente
operatore mirate a discutere il rischio individuale, l'atteggiamento verso il rischio e l'eventuale
intenzione di sviluppare dei comportamenti più salutari, l'alleanza di lavoro ed il contesto di
relazione con i servizi.
Per l’economia del presente intervento è necessario ripercorrere in estrema sintesi quanto
presentato dettagliatamente negli interventi precedenti sul sistema di survey MSS.
L'efficacia ha che fare con il " come " viene condotta la relazione, attraverso una primissima
analisi del tipo di comunicazione realizzata con l'utente.
Vengono quindi identificate le categorie della barriera, ovverossia quando l'utente rifiuta la
comunicazione; del linguaggio diverso, quando l'utente accetta una forma di comunicazione ma
difficilmente questa si lega agli obiettivi del servizio, come ad esempio quando viene utilizzato un
linguaggio tipicamente tossico-manico; dell'area condivisa quando la comunicazione affronta dei
contenuti personali sia l'operatore che l'utente hanno un senso di partecipazione a quanto avviene
nel loro rapporto.
Il sistema di siglatura della comunicazione è molto rapido visto il contesto in cui avviene
l'intervento, ed utilizza delle categorie facilmente riconoscibili ed utilizzabili da operatori con
formazione e livello culturale molto diverso.
Un'altra parte della scheda riguarda l'intervento effettuato, con la possibilità di siglare se è stata
effettuata un'informazione sul programma, informazioni sulle droghe, un'informazione sulle
malattie sessualmente trasmissibili oppure se sia potuto articolare un vero e proprio counseling .
Nell'area dell'intervento vengono siglate anche le siringhe date e quelle che l'utente ha reso dopo
averle utilizzate.
Viene siglata anche la distribuzione di profilattici e del materiale informativo, se sono state fornite
dell'informazione dal punto di vista medico, sia stato effettuato un pronto intervento overdose.
Un'area è dedicata alla costruzione dell'invio ai servizi, con la possibilità di siglare l'esito
dell'invio.
Un'altra area della scheda è dedicata alle sostanze utilizzate negli ultimi tre mesi ed alla modalità
di consumo.
Nel sistema di survey un questionario sui comportamenti a rischio, sull'atteggiamento verso il
rischio e verso la strutturazione di un'alleanza di lavoro elaborato dal gruppo Magliana 80 in
collaborazione con l'istituto superiore di sanità: il Risk Reduction Inventory, che verrà
dettagliatamente descritto nel prossimo intervento.
I dati raccolti vengono utilizzati come strumento per la supervisione insieme ai resoconti e
quadrimestralmente vengono riassunti e discussi nel gruppo di supervisione, per valutare in
maniera condivisa l'andamento del lavoro.
Il sistema di survey consta quindi di un area tecnica, formata dall'insieme degli strumenti cartacei
ed informatici, e di un' area processuale.
L'area processuale può essere divisa in tre dimensioni : processi di auto visione, processi di
intervisione , processi di supervisione.

3 L'area tecnica della verifica


L' area tecnica è composta di tutto il materiale di rilevazione del lavoro svolto, una serie di schede
sulle quali gli operatori devono riportare " quello che è successo " durante l'uscita oppure , nel caso
di centri accoglienza bassa soglia, durante il lavoro con ciascun utente.
Attraverso le schede si effettua una siglatura del lavoro svolto, per poi avere materiale a
disposizione per effettuare una valutazione di processo.
Come abbiamo visto nelle schede esiste una parte relativa agli interventi effettuati, una parte
relativa al tipo di lavoro svolto con l'utente, una parte relativa al materiale utilizzato; naturalmente,
ciascun servizio possiede le sue specifiche, a partire da una serie di parametri che comunque
vengono rilevati in tutte le schede, che sono uguali per tutti servizi di riduzione del danno.
L'utilizzazione delle schede presenta essenzialmente due scopi:
 Sul versante esterno alla struttura organizzativa, aumentare la trasparenza del lavoro
attraverso una valutazione di processo che consenta agli interlocutori istituzionali di capire
come si sia svolto il lavoro, i contenuti del lavoro di strada e bassa soglia , i metodi seguiti
per svolgere il lavoro di strada , gli obiettivi che si intendono perseguire; naturalmente
dietro ogni valutazione di processo ci dev'essere una teoria e metodo.
 sul versante interno alla struttura organizzativa il sistema di survey ha lo scopo di poter
lavorare sui livelli di autostima, adeguatezza al ruolo e competenza organizzativa di
operatori, coordinatori e responsabili di area.
Nell'ambito di questa valutazione di processo viene prodotto del materiale per fare
trimestralmente delle giornate di valutazione nell'ambito della quale offrire un feed-back che agli
operatori rispetto lavoro svolto.
La valutazione ed il feed-back del lavoro svolto si effettua all'interno del gruppo di supervisione.
Valutiamo la scelta di riportare nello stesso contesto del gruppo di supervisione di dinamiche tra
operatori, dinamiche verso struttura organizzativa, dinamiche con gli utenti, dimensione
metodologica ed organizzativa , valutazione e feed-back del lavoro svolto.
A nostro modo di vedere non è mai scindibile la parte qualitativa dalla parte quantitativa, non è
mai scindibile la riflessione che nel gruppo di supervisione, ad esempio, può essere effettuata sui
resoconti, sulle dinamiche con l'utenza, sui massicci coinvolgimenti controtransferali provocati dal
lavoro in bassa soglia, sulle dinamiche tra gli operatori e con la struttura organizzativa, da alcuni
aspetti quantitativi, come ad esempio il numero e tipo di counseling effettuati, la siglatura della
comunicazione intercorsa con gli utenti, quante siringhe si sono state distribuite , quante siringhe
si sono scambiate. il qualitativo ed il quantitativo non andrebbero mai scissi, visto che entrambi
costituiscono diversi punti di vista, sono entrambi fattori integrabili e non scindibili di
informazione sullo " stato di salute " del team di operatori.
Riportare nel gruppo di supervisione tutto il contesto lavorativo, inclusi i temi metodologici,
organizzativi, valutativi, significa utilizzare pretesti su cui articolare la riflessione, dispiegare il
pensiero e formare nuove categorie interpretative, con una ricaduta immediata sul lavoro.
Nell'ambito delle giornate di valutazione quindi viene restituito agli operatori un feed-back a
livello di gruppo e, quando possibile, anche un feed-back a livello individuale sul proprio operato
e sul proprio livello di partecipazione al progetto.

4 Integrazione tra area tecnica ed area processuale della verifica


L'esperienza di questi anni di supervisione insegna che spesso i dati numerici spesso confrontano
fantasie dominanti nell'ambito del gruppo di lavoro, consentendone l'espressione e l'analisi .
Spesso si crea uno scarto tra il dato numerico dei quello che il gruppo degli operatori sembrava
attendersi ed in supervisione si lavora per attribuire senso a questo scarto.
Un'altra funzione del gruppo di supervisione è quella della valutazione. La dimensione della
valutazione viene esplicitamente riportata all'interno del gruppo di supervisione, che viene
utilizzato dagli operatori per poter valutare il senso e la motivazione della loro partecipazione al
progetto della struttura e alla struttura per valutare il senso e la motivazione della partecipazione di
ciascun operatore al progetto complessivo.
Questa condizione crea una situazione molto diversa, in termini di domanda e delle dinamiche ad
essa sottesa, rispetto a gruppi di supervisione effettuati per esempio nelle ASL, dove la dimensione
della valutazione, almeno per il momento, non rimanda assolutamente alla messa in discussione
del rapporto dell'operatore con la struttura; così come sembra crearsi una condizione molto diversa
rispetto ai più tradizionali gruppi di supervisione nei quali la domanda di supervisione viene
formulata individualmente e la partecipazione al gruppo di supervisione è formalmente libera,
anche se spesso inserite in sistemi di appartenenza professionale e scolastica a forte valenza
emotiva.
I servizi offerti dalle cooperative sociali devono invece poter prevedere la catastrofe: dal momento
in cui si riunisce il gruppo di supervisione è chiaro che c'è una struttura che sta operando
nell'ambito di una convenzione, c'è un lavoro da supervisionare e, quindi, degli utenti da " servire
", che tutto questo è regolamentato da una serie di contratti, e che per questo lavoro si percepisce
una retribuzione.
Allo scadere della convenzione o nel caso di servizi che operino in regime di accreditamento, al
momento della sua revisione, tutto questo andrà irrevocabilmente a terminare. Non esiste quindi
alcuna garanzia rispetto una vincita eventuale di un nuovo bando, ne' rispetto al possibile rinnovo
della convenzione.
Questa condizione crea una specifica dimensione emozionale nel gruppo, che sa di potersi fondare
soltanto sul proprio impegno, sulla qualità dei propri interventi e sul proprio senso di
partecipazione al progetto. Altre sicurezze non esistono.
Qui c'è la catastrofe, e questa rappresenta una dimensione psicologica esplicita, anche se il gruppo
spesso mette in atto una dinamica che tende a negare la catastrofe stessa, nel tentativo di modulare
le angosce relative, istituendo fantasie di onnipotenza e di continuità.
La mia personale esperienza come supervisore, ad esempio in scuole di formazione in psicoterapia,
oppure nelle aziende sanitarie locali, oppure in contesti universitari, riguarda gruppi all'interno dei
quali questa catastrofe non era presente come dato organizzativo, né come dato psicologico.
In questi casi l'organizzazione tende a darsi come istituita, pensata come data, scontata,
inamovibile, sicuramente non soggetta al tema psicologico della catastrofe.
Nel caso di alcuni gruppi di supervisione tenuti nelle aziende sanitarie locali per esempio, le "
risorse umane " sono costituite da un materiale dato, sono costituite da operatori che ricoprono un
ruolo, che, allo stato attuale delle cose, continueranno a ricoprire quel ruolo a prescindere dalla
valutazione che possano ricevere oppure attribuirsi all'interno dei vari gruppi di supervisione, a
prescindere dai processi valutativi che l'azienda possa mettere in atto.
In altre parole, per essere più espliciti, il loro posto di lavoro non è in questione, mentre nelle
cooperative sociali il posto di lavoro è continuamente in questione.
Questo avviene non solo per un dato organizzativo legato alla dimensione del rinnovo continuo
delle convenzioni, ma anche perché in servizi così delicati come servizi di riduzione del danno e
servizi a bassa soglia per le tossicodipendenze, bisogna avere il coraggio di dire che non tutti
possono sentirsi adatti, o essere valutati adatti, per fare questo lavoro. Si tratta di servizi, secondo
la mia esperienza, che prevedono il massimo livello di coinvolgimento controtransferale a causa
della dimensione di estrema concretezza nella quale si trovano ad operare, per la velocità degli
interventi e delle risposte che vengono richieste all’operatore che spesso non si trova il tempo
materiale e la distanza ottimale per “pensare” nel qui ed ora, per la presenza di psicopatologie
gravi nell’utenza (si veda il tema emergente della doppia diagnosi), che creano un co-morbidità
con l’uso di sostanze: com’è noto (Clarkin, Lenzenweger 1996) tanto più l’utente è ascrivibile a
disturbi di personalità gravi, tanto è maggiore l’impatto controtransferale legato non tanto a proprie
patologie nevrotiche irrisolte, quanto piuttosto ad una risposta complementare indotta dalla qualità
patologica delle relazioni oggettuali dell’utente.
Stiamo parlando quindi di una selezione in itinere, in questo contesto è lecito citare Kerouac e dire
che la selezione avviene letteralmente lungo un percorso “On the road”, dal momento che
l'esperienza insegna che la selezione iniziale non sempre riesce ad essere così accurata come
dovrebbe, a causa delle particolari caratteristiche del lavoro a bassa soglia che nelle persone
sollecita costellazioni emotive e strutturali e forti.
È molto importante valutare l'impatto diretto con il lavoro, che diventa evidente solo attraverso il
gruppo di supervisione, scenario delle costellazioni emotive elicitate dal lavoro a bassa soglia nelle
tossicodipendenze.
La situazione migliore, più evoluta, probabilmente è quella in cui , attraverso l'analisi delle proprie
dinamiche instaurate nel rapporto con gli utenti, i colleghi e con la struttura, l'operatore possa
pensare che il suo progetto, le sua abilità, e la sua capacità possano coincidere o meno con quanto
la struttura gli richiede per esercitare quel tipo di lavoro. La condizione più auspicabile, quella di
un gruppo più " maturo " è quindi quella della auto selezione da parte di un operatore. Alcune
volte, questa condizione ottimale potrebbe non essere raggiunta, quindi gli operatori devono essere
selezionati in accordo tra il coordinatore dei servizi ed il supervisore o del responsabile del sistema
di valutazione.
Naturalmente le regole del gioco devono essere chiare, quindi, nell'ambito del contratto formulato
all'interno del gruppo di supervisione, i parametri sui quali si baserà la valutazione devono essere
dichiarati, chiari ed accessibili ha tutti quanti.
Questa forma di chiarezza, consentirà di interpretare nel gruppo di supervisione le inevitabili
fantasie persecutorie che vengono attualizzate attraverso il materiale riportato nel gruppo.
Il parametro più importante che viene utilizzato nel gruppo di supervisione per la valutazione è la "
capacità di esporsi ". La capacità di poter portare materiale attraverso i resoconti, di evidenziare la
propria dimensione personale , la capacità di poter pensare sul lavoro effettuato, sulla relazione
con l'utente, sulle proprie motivazioni, sul proprio progetto, e sul rapporto tra il proprio progetto ed
il progetto della struttura all'interno della quale si lavora.
Queste sono abilità che la frequenza alla gruppo di supervisione intende favorire e sviluppare.
Viene quindi valutata positivamente la capacità di esporsi perché partiamo dal presupposto che
quando operatore si rende capace di fare tutto questo all'interno di un gruppo di supervisione, saprà
anche mettersi in gioco in una situazione così difficile con l'utenza, all'interno di setting che può
essere definito come un setting continuamente istituente; saprà quindi utilizzare un adeguato
contenitore internalizzato attraverso il quale processare ed organizzare le forti emozioni elicitate
dal lavoro a bassa soglia sulle tossicodipendenze e sull' H I V.
Sarebbe quantomeno bizzarro poter effettuare una scissione tra fuori e dentro, pensare che con
l'utente si possa lavorare bene, in assenza della capacità di mettersi in gioco all'interno di un
gruppo di supervisione con il supervisore ed i propri colleghi. In tal caso, sarebbe lecito pensare di
essere in presenza di dinamiche collusive fortemente istituite e difficili da analizzare, tanto da
creare una scissione tra il lavoro effettuato in strada oppure nei servizi di accoglienza bassa soglia,
ed il lavoro effettuato l'interno della struttura, nel gruppo di supervisione.

Schematicamente le abbiamo diviso la possibilità di produrre pensiero in tre setting differenziati :


l'auto visione, l' intervisione, la supervisione.

5 Supervisione
Nel gruppo di supervisione si attiva sempre un processo di progressiva esposizione: quando un
operatore non sopporta questa condizione, dando luogo a diversi acting out sul lavoro, non
rendendosi capace di pensare al senso di tutto ciò che è successo, nonostante le continue
stimolazioni ed interpretazioni da parte di tutto il gruppo, vengono prese decisioni rispetto alla
valutazione.
Tali decisioni vengono prese sempre collegialmente. Collegialmente significa senz'altro tra il
supervisore , il responsabile di area e il coordinatore del servizio. Per quanto possibile, vengono
sempre discusse nel gruppo di supervisione stesso, tranne che esistano delle situazioni molto
delicate che non consentano di fare questo confronto gruppi stessi.
Il gruppo di supervisione quindi ha delle funzioni molteplici, che possono andare dalla riflessione
sulle metodologie e sulla loro messa a punto, alla valutazione di processo, a favorire il poter
pensare la propria dimensione personale in rapporto all'utenza ed alla struttura organizzativa, alla
evidenziazione delle proprie reazioni controtransferali, alla costruzione di un profilo di ciascun
utente attraverso i punti i vista e le reazioni controtransferali dei diversi operatori alla stessa
persona, che verrà così ricostruita nella sua dinamica di relazione oggettuale come in un sorta di
ologramma al quale contribuiscono tutti i membri del gruppo, attraverso la reazione
controtransferale complementare. Ciascun operatore nel gruppo di supervisione porterà quella
particolare dinamica di relazione risultate dall’incontro della propria qualità di relazioni oggettuali
con quella dell’utente. Condivise in un’unica sessione di supervisione, le diverse dinamiche di
relazione oggettuale sollecitate prenderanno forma in un quadro coerente, dando vita alla
complessità della proposta relazionale di quel singolo utente.
Il metodo di lavoro prevede spesso l'uso di resoconti scritti, nei quali all'operatore viene richiesto
di riportare, brevemente, una al massimo due cartelle, un episodio di relazione con l'utenza. Il
resoconto viene poi discusso all'interno del gruppo, con una attivazione riflessiva sia sulle
dinamiche sollecitate, sia sulle metodologie di lavoro.
Non ultima, il gruppo di supervisione possiede la funzione di prevenzione dal burn-out, e questo
può avvenire attraverso l'internalizzazione della capacità di espressione delle emozioni e di
pensiero sulle emozioni stesse offerta dal gruppo di supervisione .

6 Intervisione
Queste funzioni che si esplicano nel gruppo di supervisione sono in realtà rimandate anche a
ciascun singolo operatore in rapporto con gli altri.
La prima persona che aiuta a pensare, che segnala eventuali dinamiche collusive in rapporto con
l'utenza e con la struttura è l'operatore compagno d'uscita.
In fondo, la prima persona a cui chiedere un chiarimento, la prima persona con cui magari sfogarsi
o tranquillizzarsi è proprio il compagno d'uscita. Ovviamente tale funzione non si riduce allo sfogo
momentaneo di una tensione emotiva generata in un rapporto particolarmente difficile con l'utenza,
ma il confronto sul lavoro vuole che ci sia subito un primo livello di pensiero su un problema che
può coinvolgere il rapporto di un operatore con l'utente oppure di un operatore con altri colleghi.
Diminuire il ricorso all' " agito " è una delle prime e più importanti funzioni di sicurezza per chi fa
un lavoro di strada con persona spesso " difficili ", con persone che spesso mostrano una franca
tendenza antisociale, o che presentano crisi paranoidi spesso generate dall'abuso di cocaina.
Gli operatori possono confrontarsi durante i momenti di relativa tranquillità dal rapporto con
l'utenza oppure, nel caso dell'unità di strada, durante il ritorno dall'uscita, nel tragitto effettuato sul
pulmino o sul camper che riporterà dalla " strada " alla sede della struttura.
Una volta rientrati in sede, vi è uno spazio sistematico dedicare alla riflessione sul lavoro svolto ed
alla compilazione condivisa del materiale del sistema di survey.
In questo senso non è un caso che le équipes siano composte in maniera tale che vi sia presente
sempre uno Psicologo: è proprio questo operatore che, per la sua particolare professionalità, ancora
più degli altri avrà una responsabilità specifica della attivare queste forme di confronto e di
pensiero all'interno dell'equipe, avrà una responsabilità sulla " manutenzione dei legami" e di
attenzione e lettura delle mappe di reti di rappresentazioni che vengono messe in rapporto
dinamico durante le uscite.
Lo Psicologo dovrà sempre tenere attiva questa funzione in tutti i membri dell' equipe.
Il momento di intervisione è fondamentale anche per fare emergere eventuali conflitti tra colleghi,
o comunque opinioni diverse sulla accaduto con l'utenza. Siglare insieme una scheda fa
inevitabilmente emergere i diversi punti di vista delle diverse interpretazioni sul fenomeno magari
appena vissuto assieme. Quella conflittualità che non può essere agita a fronte utente può prendere
immediatamente vita nel corso della compilazione congiunta di una scheda, magari per essere
riportata successivamente anche nel gruppo di supervisione. Si tratta quindi di evitare il più
possibile il ricorso ad un agire scontato ed il ricorso al non detto.

7 Autovisione
Le schede che gli operatori utilizzano per siglare il lavoro svolto hanno molteplici funzioni:
effettuare sia la valutazione di processo che la valutazione di esito, attraverso diversi questionari;
in uno di questi nel quale gli operatori riportano il lavoro svolto, con una valutazione della qualità
della comunicazione avuta con l'utenza; un altro somministrato direttamente all'utenza, per
valutare il livello dell'alleanza di lavoro, le intenzioni e di desiderio di cambiare i propri
comportamenti a rischio, i comportamenti passati a rischio. Esistono poi altri questionari utilizzati
per comunicare con strutture che si occupano della valutazione a livello centrale, ad esempio, nella
regione Lazio, l'agenzia per la sanità pubblica.
Il sistema di survey infatti non costituisce soltanto un adempimento formale vissuto in maniera
persecutoria, piuttosto un pretesto per fermarsi a riflettere. Il primo momento in cui ci si ferma
riflettere sul lavoro svolto coincide proprio con la compilazione delle “schede uscita” sulle quali
viene riportato il risultato del proprio lavoro.
La compilazione di questa schede, tra l'altro, non dovrebbe mai essere effettuata singolarmente.
Viceversa agli operatori viene data indicazione rispetto all'opportunità di compilare il materiale
discutendo le situazioni vissute congiuntamente.
Siglare la parte della “scheda uscita” dedicata alla comunicazione significa confrontare con se
stesso e con i propri colleghi il tipo di intervento effettuato; è possibile, sempre ricorrendo alle
schede, richiamare alla memoria gli interventi precedenti effettuati con quella persona, che magari
è già capitata molte volte al servizio ed inserita, ad esempio, in un programma di scambio siringhe.
E' possibile così monitorare del proprio lavoro , " obbligandosi " a pensare e non solo ad agire.
Questo elemento è determinante è nella formazione del setting interno che l'operatore utilizza
quando lavora in strada, poiché determina uno " spazio mentale " all'interno del quale è possibile
ripercorrere tutti momenti della relazione con l'utente, con i colleghi, la relazione con il contesto,
ed iniziare ad attribuire un senso a tutto questo.
Questo spazio mentale internalizzato ed il gruppo di supervisione internalizzato costituiscono le
principali garanzie all'interno delle quali l'operatore potrà poi articolare la propria competenza
tecnica.
Ricordiamo che il ritmo che l'operatore di strada sostiene è spesso frenetico: che si tratti di fermare
persone per strada e di parlarci, che si tratti di effettuare lo scambio siringhe ed il counseling HIV,
che si tratti di organizzare le docce e la preparazione della cena al centro di prima accoglienza per
tossicodipendenti, che si tratti di lavorare sul contratto e l'adesione al programma di lavoro, proprio
per queste caratteristiche del lavoro costantemente oscillante sul livello di massima azione, è
importante avere uno spazio mentale internalizzato che faciliti il ricorso al pensiero. Quanto più il
lavoro si situa sulla dimensione dell'agito tanto più il lavoro rende necessario il ricorso momenti di
pensiero.

7 La professionalità psicologico clinica


Gia nell'ambito della conferenza nazionale sulle tossicodipendenze tenutasi a Napoli nel 1997 da
più parti si sosteneva come la " bassa soglia " implicasse un ricorso ad un' " alta professionalità".
Più bassa è la soglia, più si rende necessario il ricorso ad un intervento altamente
professionalizzato, per rischiare di non scadere nell'assistenzialismo o, addirittura, nella
promozione collusiva della condizione di tossicodipendenza.
Il lavoro a bassa soglia nelle tossicodipendenze non gode ancora di una codifica professionale, è
ciò è tanto più vero per la figura dell’ " operatore di strada ".
Il ricorso a strumenti di monitoraggio e di promozione della professionalità diventa quindi
essenziale, così come diventa essenziale il ricorso ad un'integrazione fra la cosiddetta dimensione
tecnica e la dimensione personale, umana, psicodinamica.
Proprio per questo nell'area della valutazione dei servizi di prevenzione, riduzione del danno per
HIV e tossicodipendenze il ricorso alla professionalità psicologico clinica diventa ineludibile.
Il sistema di valutazione di processo e di esito impiantato attraverso una professionalità
psicologico clinica non sostituisce ovviamente, ma piuttosto integra, i sistemi di valutazione di
esito effettuate attraverso studi epidemiologici e con modelli statistico-matematici.
Ad esempio, nel corso di un programma di riduzione del danno, è possibile prevedere attraverso
delle proiezioni matematiche il numero di contagi con il virus HIV evitati. Soltanto dopo molti
anni ed attraverso studi epidemiologici specifici in realtà riusciremo a sapere se il contagio in
quella determinata zona è aumentato o diminuito, ma senza la lettura della relazione tra intervento
effettuato e contesto sociale non sapremo mai se l'eventuale diminuzione è realmente dovuta
all'intervento o oppure ad altri fattori imponderabili.
Nell'implementazione del sistema di survey sono state incontrate alcune difficoltà, soprattutto di
origine culturale.
Non è frequente nella tradizione culturale italiana che operatori per le tossicodipendenze, per di
più nei servizi a bassa soglia, riempiano una quantità così grossa di materiale cartaceo, che questo
materiale cartaceo venga computerizzato, che poi si discuta all’interno del gruppo di supervisione
almeno trimestralmente sui dati.
Molte resistenze culturali vengono anche dagli psicologi, alcuni dei quali sembrano ancora opporsi
ideologicamente al tema della valutazione.
Trascorsi ormai dieci anni dal primo progetto sperimentale di riduzione del danno, che ha visto
coinvolta nella Regione Lazio Magliana 80 insieme ad altre strutture pubbliche e del privato
sociale, possiamo senz'altro affermare che la mentalità volta alla valutazione paga: nell' essere
monitorati e formati gli operatori si sentono estremamente contenuti e supportati: perfino il ricorso
alla selezione, per quanto accompagnato da inevitabili vissuti persecutori, alla lunga risulta essere
un elemento di sostegno, di supporto, di valutazione positiva e di aumento dell'autostima stessa
degli operatori che rimangono nei gruppi.
Sicuramente i temi della valutazione di processo e della valutazione di esito sono tutt'altro che
risolti anche nei settori che godono di una più lunga attività di lavoro scientifico ; si pensi ad
esempio al problema della valutazione delle psicoterapie.
Pur tuttavia , soprattutto nei servizi per le tossicodipendenze a bassa soglia, è opportuno che gli
operatori sappiano identificare puntualmente quali sono gli effetti del proprio lavoro per poterli
mettere rapporto con gli effetti attesi , con l'analisi del mandato sociale e con il proprio sistema
motivazionale
. È opportuno che tali effetti vengano codificati, operazionalizzati, in modo che gli operatori
possano sempre essere in grado di monitorare sia il processo che l’esito del proprio lavoro.
E' noto come lavorare su obiettivi indeterminati e non operazionalizzabili si accompagna ad un
grande rischio di delusione, frustrazione, diminuzione del senso di autostima ed adeguatezza al
ruolo, e quindi, di burn-out.
Ora sembra sufficientemente chiaro a quale livello di complessità metodologica si ponga il sistema
di valutazione che abbiamo presentato.
Tenere conto contemporaneamente, all'interno del gruppo di supervisione, di tante dimensioni
compresenti e interagenti in un sistema altamente complesso, agire su diversi fronti, agire
inevitabilmente anche sul fronte della consulenza all'organizzazione, nello stesso tempo
mantenendo uno spazio clinico e riservato per i partecipanti al gruppo di supervisione, aumenta
esponenzialmente la complessità degli elementi presi in esame.
Diverse funzioni si intrecciano nei gruppi di supervisione, la scelta è stata quella di prendere in
esame tutti insieme questi livelli di complessità per evitare inutili scissioni tra luoghi in cui si
pensa e luoghi in cui si agisce, tra metodologie e dinamiche, tra tecnica e metodo.
Gran parte del lavoro operativo del gruppo Magliana 80 viene quindi direzionato attraverso il
sistema di valutazione complessiva che trova un perno fondamentale nei gruppi di supervisione.
Laddove la supervisione viene presentata come " neutra " rispetto agli assetti organizzativi ed alla
valutazione c'è il rischio che vi sia un sistema di valutazione implicito, fondato sul non detto,
all'interno del quale la valutazione viene effettuata con la prevalenza di una logica emozionale non
pensata, pur se mascherata da ineccepibile atto squisitamente e puntualmente tecnico.
Fondare l'intero sistema di valutazione a partire dai gruppi di supervisione serve per rendere
esplicito ciò che spesso viene non detto: rendere esplicito significa rendere pensabile e giocabile la
partita della valutazione da parte di tutti gli attori organizzativi. Il relativo prezzo da pagare è
costituito dall'aumento dei livelli di ansia in tutti gli attori organizzativi; comunque, proprio il
saper trattare l'ansia, esplicitandola, pensandola ed elaborandola, costituiscono competenze alle
quali gli operatori vengono formati e che vengono richieste come abilità specifiche per articolare
il lavoro a bassa soglia nell'ambito dei servizi per la prevenzione e riduzione del danno da
tossicodipendenze e da HIV.
Nell'ambito del sistema di valutazione abbiamo imparato a considerare alcune competenze come
centrali per uno Psicologo che operi nei servizi a bassa soglia di prevenzione e riduzione del danno
tossicodipendenze e da HIV.
Tra queste competenze possiamo annoverare:
 analisi della domanda;
 analisi del mandato sociale;
 analisi del contesto;
 informazioni e competenze sulle tossicodipendenze, sulla rete dei servizi, e sulle malattie
sessualmente trasmissibili;
 capacità di effettuare dei counseling mirati;
 competenza di psicopatologia nel fronteggiare crisi psicotiche più o meno indotte da
sostanze;
 competenze di psicopatologia sulla doppia diagnosi (trattare un disturbo anti-sociale di
personalità non è come trattare un disturbo narcisistico o una depressione con tendenza
suicidale: tali costellazioni presuppongono diversi modi di agire al confronto nella
relazione e un tipo diverso di rischi tossicomanici assunti);
 saper trattare con utenti adolescenti (l'adolescenza e l'antisocialità sono categorie di impatto
molto frequente nel lavoro di strada);
 saper riconoscere la dimensione istituzionale e emozionale nella equipe di lavoro e, agendo
nel qui ed ora per aiutare se stessi ed i colleghi a pensare sugli agiti, fare il " manutentore
dei legami ";
 saper lavorare in gruppo e comprendere la logica della valutazione;
 sapersi esporre in un gruppo di supervisione;
 tolleranza dell'ansia relativa all'incertezza di un lavoro in gran parte fondato su categorie
sperimentali;
 sviluppare un atteggiamento imprenditoriale, ovvero saper considerare una cooperativa
sociale come un contenitore all'interno del quale riconoscere e poter sviluppare la propria
progettualità in maniera dialettica, ma coerente e compatibile con la progettualità
dell'organizzazione;
 saper lavorare nella rete dei servizi interna ed esterna, riconoscendo valore e contribuendo
a costruire una struttura organizzativa non gerarchica ma fondata sul raggiungimento di
obiettivi e sulla realizzazione qualitativa della professionalità.

8 La qualità come ambito Psicologico Clinico


È in corso un progetto di qualità globale, riguardante in prima istanza il centro notturno di pronta
accoglienza, comprensivo della costruzione del manuale di qualità, con la definizione di tutte le
procedure operative per la qualità dell'intervento in termini di servizio reso l'utente ed in termini di
sicurezza dell'operare.
Mentre è stato relativamente più semplice definire tutte le procedure operative di sicurezza per ciò
che riguarda la preparazione della gestione dell'uscita , il trattamento delle siringhe usate e le
procedure per l'intervento di overdose, non così semplice sembra delineare delle procedure di
qualità e sicurezza a livello relazionale. Un tentativo iniziale a questo proposito è stato presentato
nell’intervento di Calderone, D’Aguanno e Mucelli.
Parliamo delle situazioni difficili in cui l'operatore può essere coinvolto, come ad esempio furti o
rapine in presenza dell'operatore, minaccia agli operatori, crisi psicotiche e paranoidee con
concreto pericolo per l'incolumità degli operatori e degli utenti.
È evidente come in queste situazioni non esistano procedure operazionalizzabili e facilmente
definibili , visto che molto viene lasciato alla capacità ed al buon senso dell'operatore, ma
soprattutto a al funzionamento di quel " gruppo internalizzato " che consentirà all'operatore di
modulare i propri agiti.
Sviluppo della qualità significa, in tendenza presente e futura, un lavoro sempre più puntuale sulle
procedure di accoglienza e sulle fantasie sollecitate dall'impatto con l'utenza: abbassare sempre più
la soglia di accesso ai servizi per andare a incontro all'utente come cliente. Abbassare la soglia di
accesso nei servizi per le tossicodipendenze ormai è una parola d'ordine:come ciò possa avvenire e
se questo avvenga realmente è un tema che merita una valutazione parte.
Esistono attualmente diversi approcci alla qualità nei servizi alla persona. Il coordinamento
nazionale delle comunità di accoglienza CNCA ha sviluppato un proprio modello (2000), d'altra
parte un più tradizionale ricorso alle categorie previste dai sistemi ISO, specificamente l’ISO
9000:2000 non è da escludersi.
La revisione del sistema ISO che ha dato vita all'ISO 9000:2000 è ora ampiamente utilizzabile per
i servizi sanitari e sociali. Le barriere che si frappongono all'utilizzo di un sistema condiviso a
livello internazionale, con il pretesto che le norme ISO presiedano a sistemi di qualità utilizzabili
unicamente all'interno di aziende profit, risiedono oramai all'interno di un pregiudizio ideologico
funzionale al mantenimento di stantii equilibri di potere all'interno del settore no profit.
Piuttosto è opportuno interrogarsi su sistemi di qualità che, lungi dal costituire una realtà operativa
all'interno della organizzazione, rischiano di costituire una sorta di marchio, di bel vestito da
indossare per valorizzare la propria attività agli occhi esterni.
Perché i sistemi di qualità funzionino operativamente occorre che tutti gli attori organizzativi siano
realmente motivati per farle funzionare, e perché ciò si verifichi occorre una struttura continua di
riflessione che possa mettere il progetto personale in rapporto ed a confronto con il progetto
dell'organizzazione in cui si opera, una riflessione che possa coordinare e mettere in rapporto di
identità professionale di ciascun attore organizzativo con l'identità culturale aziendale.
I gruppi di supervisione e l'analisi organizzativa condotti con una metodologia psicologico-clinica
e psicosociologica costituiscono l'indispensabile cerniera di passaggio per l'implementazione di
sistemi di qualità.
9 Il sistema di supervisione e valutazione in un ottica psicologico-clinica
Avviene spesso che servizi che si dichiarino a bassa soglia tali non siano, prevedendo delle forme
di selezione implicita dell'utenza.
Compito principale del sistema di supervisione e valutazione quindi sarà quello di definire sempre
più chiaramente le procedure di accoglienza , di contatto e, laddove esistente, di selezione
dell'utenza.
Definire puntualmente le procedure può essere l'unico modo un in cui i Servizi possono farsi
valutare ed, eventualmente, accreditare. L'accreditamento per la bassa soglia nelle
tossicodipendenze dovrà avvenire secondo criteri predefiniti, che considerino la bassa soglia come
tale.
Sulla capacità di rispondere al mandato sociale ed agli obiettivi progettuali dovranno poter essere
valutati i servizi, ed è su questi temi, in particolare il tema dell'entrare relazione con l'utenza, il
tema della sua selezione e dell'accoglienza, che la professionalità psicologico clinica potrà
comportare dei valori aggiunti rispetto ad altre modalità più tradizionali di leggere ed intervenire
su questi problemi.
Per essere più espliciti, accade che taluni servizi che dichiarano di funzionare a bassa soglia,
contrariamente a quanto scritto sul progetto e a quanto negoziato nell'ambito del mandato sociale,
operino in realtà una selezione degli utenti utilizzando delle soglie di accesso più alte.
La selezione in questi casi non avviene secondo dei criteri espliciti ma secondo dei criteri interni,
attraverso un implicito, attraverso regole non scritte che il gruppo di lavoro fa proprie.
Secondo la mia esperienza tale processo difficilmente avviene a partire da una malafede del
gruppo di lavoro o da una cattiva interpretazione tecnica del progetto e del mandato sociale: la
soglia si alza implicitamente quanto più agiscono emozioni relative alla paura del contatto così
profondo e coinvolgente con degli utenti che stanno così male.
In mancanza di un gruppo di supervisione che aiuti ad elaborare il proprio vissuto
controtransferale, le legittime e comprensibili paure per la propria incolumità fisica, la paura di
essere invasi e “divorati” da un'utenza così particolare prendono il sopravvento all'interno della
cultura del gruppo di lavoro e danno un assetto emozionale difensivo e prepotentemente collusivo
tra operatori.
In questo senso, le prime sedute di supervisione si svolgono secondo dei copioni e dei climi
caratteristici: si ha a che fare con un gruppo tranquillo, dove gli operatori sono coesi, spesso hanno
anche una frequentazione al di fuori dell'ambito di lavoro, sia l'impressione di avere a che fare con
persone con una lunga esperienza e con una gran capacità di contatto con utenti difficili. Nello
stesso tempo alcuni membri del gruppo sembrano accogliere la supervisione con un'adesione
prevalentemente formale che lasciano trasparire la convinzione che ciò che conta sia il “pollice
verde” nel coltivare i rapporti con l'utenza tossicodipendente. I membri " problematici " del
gruppo di lavoro, ovverossia le persone che manifestano difficoltà nel lavoro tendono ad essere
persecutoriamente criticati e fondamentalmente espulsi. Il responsabile di area, caratteristicamente
è quello che nella riunione di staff porta i buoni risultati del proprio gruppo di lavoro piuttosto che
evidenziare i punti difficili e chiedere aiuto ai colleghi. In questi gruppi la resistenza alla
valutazione si fa più forte, e viene vivacemente protestata l'inutilità di ricorrere al resoconto scritto
come strumento di lavoro.
Abbiamo tratteggiato un quadro impressionista di un gruppo in fase iniziale, ma la stessa coloritura
diviene ricorrente in cicli e fasi di gruppi in supervisione già da tempo.
È indispensabile da parte del supervisore un equilibrio, non sempre facile, che consenta la
costruzione di una alleanza di lavoro con il gruppo del servizio supervisionato, senza
necessariamente colludere con le angosce persecutorie sollecitate dal fatto che i supervisore entra
in una dinamica " congelata " per disvelarne i significati autoprotettivi.
Soltanto attraverso il costituirsi di un contenitore formato da una valida alleanza di lavoro tra il
supervisore ed il gruppo di lavoro, all’interno dello scenario della supervisione potranno
progressivamente essere portate le angosce persecutorie derivate da un rapporto così coinvolgente
con un utenza così difficile.
Le difficoltà relative alla gestione quotidiana del lavoro, quindi del rapporto con gli utenti potranno
man mano prendere vita ed essere rivelate a se stessi ed al gruppo di supervisione. Man mano la
paura comincia così ad essere integrata nella prassi: non una paura paralizzante, ma una legittima
paura che motivi gli operatori all'acquisizione di una sempre maggiore professionalità nel trattare
con un'utenza difficile, rispettando i vari passaggi tecnici, conoscendo la psicopatologia ed avendo
comunque una grande consapevolezza dei propri limiti e dei limiti insiti in una relazione che ha
luogo in servizio a bassa soglia.
Il disvelamento delle angosce relative al rapporto con gli utenti va di pari passo col disvelamento
delle differenze tra operatori: il gruppo non è più così coeso, non tutti si vogliono bene, le
differenze personali e professionali cominciano ad emergere in maniera dolorosa.
Allo stesso tempo però l'identificazione con la struttura aumenta così come aumenta il bisogno di
sentirsi protetti, formati, indirizzati e supervisionati. La stretta e collusiva identificazione
difensiva con gli utenti dava luogo a dei sentimenti di non appartenenza, di distanza e
persecutorietà dalla ”casa madre Magliana 80”.
Ciascuno dei servizi in supervisione tendeva a rappresentarsi e connotarsi come il più lontano, il
più reietto, quello in cui gli operatori vengono pagati sempre dopo gli altri, quello del quale, se
serve una riparazione al pullmino oppure cambiare mobilio non più funzionante nei centri di
pronta accoglienza, l'amministrazione se ne frega dando sempre priorità e privilegio ad altri
servizi.
Diventa progressivamente evidente, man mano che il lavoro di supervisione procede, il costo
legato alle operazioni difensive: accorciare le distanze con gli utenti, identificarsi profondamente
con loro ed i loro bisogni serve a diminuire collusivamente la paura di entrare in contatto con un
altro mondo, fatto di degrado, delinquenza, povertà spirituale, di corpi rovinati, qualità di relazione
oggettuale pessima, che significa avere a che fare con tendenze fortemente narcisistiche ed
antisociali, quindi sentirsi, attraverso un controtransfert complementare, costantemente manipolati
e non riconosciuti come persone.
Solo dopo qualche mese di lavoro tutto ciò, straordinariamente, sembra normale! Le difese
collusive messe in atto riescono a tenere lontana la paura del contatto, ma attraverso la porta della
collusione entrano tutte le identificazioni proiettive messe in atto dagli utenti. Come ben sappiamo
l’identificazione proiettiva è una modalità primitiva di comunicazione attraverso la quale gli utenti
“ mettono dentro” agli operatori le proprie emozioni e gliele fanno sperimentare per poter
comunicare primitivamente un dolore non ancora comunicabile con le parole. Gli operatori
finiscono per identificarsi strettamente con gli utenti, mettendo in atto varie forme di
controidentificazione proiettiva. Diventa paradossalmente più facile relazionarsi agli utenti che nel
gruppo di supervisione oppure con la direzione di Magliana 80!
Purtroppo questi assetti collusivi sembrano avere una ripercussione anche a livello sociale: avete
notato come i servizi per le tossicodipendenze vadano sempre ad essere collocati in ambienti
fisici degradati, scomodi, sgradevoli, come gli operatori per le tossicodipendenze spesso ostentino
poca cura nel loro aspetto fisico e poca cura della professionalità?
I gruppi di supervisione diventano così di spazi in cui ripensare le differenze e, a partire da ciò,
porsi il problema di come riuscire a costruire un legame che tenga gli utenti in contatto con i
servizi quel tanto che basti a superare con i minimi danni le fasi più autodistruttive del ciclo
tossicomanico, per essere in grado di accedere a servizi con finalità terapeutiche.
Un vero legame con gli utenti potrà costituirsi soltanto a partire dal riconoscimento delle diversità,
dal riconoscimento della paura, del degrado, dell'avere a che fare con situazioni umane spesso
nemmeno immaginabili all'interno di una vita " normale ".
La supervisione e la valutazione dei servizi in un'ottica psicologico-clinica potrà aiutare a
sviluppare dei sistemi verificabili da implementare in quelle cooperative sociali che, come
Magliana 80, si occupano del tema della convivenza, e cercano di farlo attraverso delle
competenze psicologiche.
Servizi come le unità di Strada per tossicodipendenti, le unità di Strada per persone senza fissa
dimora, le unità di Strada per zingari, le unità di Strada per prostitute, affrontano più di altri il tema
della convivenza e di queste forme di emarginazione nei confronti della società civile,
costituendosi come teste di ponte della rete sociale presso persone che dalla rete sociale, per vari
motivi, si sono disintegrate.

10 Bibliografia

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• Mucelli, R., Calderone A., D'Aguanno, M. (1998): "La costruzione di un sistema di valutazione
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Elena 229 Roma
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