150BELTEL Poste Italiane-Spa Sped. in a.p. D.L. 353/2003 (conv. in L.27/02/2004 n°46) art.

4 n°46) art. 1 comma 1-DCB Milano - In caso di mancato recapito si restituisca al CMP Roserio per la consegna al mittente che si impegna a pagare la relativa tassa

BUNDLING PEOPLE DAL 1995 | LʼAPPROFONDIMENTO INDIPENDENTE DELLʼINFORMATION COMMUNICATION MEDIA TECHNOLOGY | DICEMBRE N.150

E-government,
E-democracy,
E-learning,
© Eleonora Barbassi

BELTEL…
E-work!!!

compie
Alcune riflessioni sulle condizioni
necessarie per affermare ed esercitare
da parte del cittadino una “cittadinanza
digitale”: il completamento

15 anni
e lʼinterpretazione globale delle nuove
forme di interazione e di vita sociale
e politica.
di Michele Vianello pag. 6

Quando il politico
mette la faccia
su Facebook
Anche in Italia, con Vendola e Grillo,
cresce il peso della Rete e dei social
network nelle campagne elettorali.
Può Internet diventare strumento di
democrazia partecipativa?
di Carlo Formenti pag. 7

Tecnologia
e politica:
scocca lʼora
del Tea Party
Lʼappuntamento con le elezioni

The never
di Midterm appena concluse ha visto
il popolo a stelle e strisce affidarsi mai
come prima alla Rete o al cellulare
per formarsi la propria idea di voto.

ending
Internet ha mostrato la sua capacità
di piazza virtuale in cui si formano
opinioni, si fanno circolare numeri,
si condividono informazioni.

story
di Sandro Malavasi pag. 8

˝…ho visto cose

che voi umani
non potreste
immaginarvi˝
di Mario Citelli
e Gianni Di Quattro
pag. 2
In esclusiva per BELTEL lʼintervista a
Joël de Rosnay, autore di Et lʼHomme
créa la vie in cui traccia uno scenario
appassionante, ma anche
spaventoso, dellʼincontro tra la vita
biologica e la vita artificiale.
di Chiara Sottocorona pag. 19

w w w . b e l t e l o n l i n e . c o m
 DIRETTORE EDITORIALE
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The never
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ending story
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di Mario Citelli e Gianni Di Quattro
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Una chiacchierata con Gianni Di Quattro

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sulla sua storia con BELTEL

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competente e impegnata sarebbe stato
il diritto di cancellazione o rettifica dei dati a essi riferiti. tutto più difficile. BELTEL è un’iniziativa nata
da un confronto di idee con Andrea Piol e
Le illustrazioni sono state realizzate da:
Irene Spallanzani (irespalle@hotmail.it), Beatrice Gatteschi: lavoravamo assieme e,
Paolo Ertreo (paolo.ertreo@gmail.com), pensando a cose nuove da fare e da
Eleonora Barbassi (eleonora.barbassi@fastwebnet.it),
proporre al mercato, abbiamo deciso di
Niccolò Masini (niccolo.masini@gamil.com)
e Omar Houssien (dark.skull.oaw@gmail.com), preparare periodicamente e far circolare un
studenti di IED Arti Visive documento che riferisse e analizzasse gli
all’interno del corso di Illustrazione
accadimenti più significativi del settore
e Animazione coordinato da Daniela Brambilla
delle telecomunicazioni -- sia per quanto
riguarda gli operatori che le persone -- che

s o m m a r i o
seguisse gli sviluppi della
regolamentazione e della liberalizzazione, e
soprattutto che consentisse a tutti di
Gianni Di Quattro e Mario Citelli esprimere opinioni e far sentire la propria
The never ending story 2 voce.
Franco Morganti Un bollettino per tutti, utile per conoscere e
Controluce 3 capire, per far sapere e provocare. Ed
Cristiano Antonelli anche una palestra, una zona franca dove
La politica dell’innovazione: unica politica industriale 4 ci si poteva confrontare con autorità e
Giorgio Bocca concorrenti, esperti nazionali e
L’informatica aiuta a mantenere i segreti? 5 internazionali,clienti e fornitori. Soprattutto
Michele Vianello abbiamo pensato che potesse essere
E-government, E-democracy, E-learning, E-work!!! 6 interessante creare una comunità, un
Carlo Formenti network di addetti ai lavori, osservatori,
Quando il politico mette la faccia su Facebook 7
professionisti, accademici e tecnici,
Sandro Malavasi
insomma di persone che condividessero un
Tecnologia e politica: scocca l’ora del Tea Party 8
segno di riconoscimento: e BELTEL poteva
Mario Citelli
essere questo segno. Anche per questo
“Five Million Club”: democrazia e tecnologia 9
motivo, in seguito, il segno è diventato un
G. De Michelis
luogo fisico, ed è nato l’Osservatorio, che
Itsme: un’innovazione italiana mira al cuore dell’ICT 9
ha avuto il compito di permettere a tutti noi
Franco Serio
di incontrarci, di dialogare, di stabilire
Cittadinanza Digitale: i servizi 10
rapporti personali e professionali, di
Enrico Frumento
dibattere i temi più caldi del momento con
Patient Ecosystem: come innovare l’erogazione di servizi ai
l’aiuto di importanti e prestigiosi
malati 12
protagonisti.
C. M. Medaglia, L. Orlando
ADDme! Strategie, politiche e buone pratiche Le perplessità di molti amici all’inizio
© Paolo Ertreo

per l’e-inclusion in Europa 14 dell’avventura erano state parecchie:

Elena Comelli pensavano che non ce l’avremmo fatta, e
Social media marketing: istruzioni per l’uso 15 sono lieto che il traguardo dei 150 numeri
Ezio Cerquaglia sia la smentita più chiara di queste
Gianni, in sono tanti i sentimenti che questa notizia, i perplessità. Ricordo le discussioni con il

Caro
Enterprise 2.0: aurora di una nuova era o promessa ancora
non mantenuta? 16 occasione del 150 numeri raggiunti, ha scatenato dentro mio amico Elserino Piol, che poi è stato tra
Gianluigi Rocca 150° numero di me: per il tempo trascorso e per il coloro che più ci hanno aiutato. Il segreto
Servizi finanziari mobili: 900 milioni nel 2015 17 di BELTEL mi traguardo raggiunto, per gli amici acquisiti, principale del successo di BELTEL è
Redazione piacerebbe ricordare con te le origini di per il lavoro fatto, per il modo con il quale sempre stata l’autonomia e l’indipendenza.
Pensiamo “digitale”; pensiamo al futuro! 18 quella che è poi diventata una nostra siamo riusciti ad entrare, seppure in punta Abbiamo lavorato con tutti, cercato di
Chiara Sottocorona comune avventura, sempre vissuta con di piedi, nel percorso di sviluppo delle capire le posizioni di ciascuno e tentato di
Intervista a Joël de Rosnay – “…ho visto cose che voi divertimento e piacere, con la telecomunicazioni. Per questo mi piace dare una mano nell’interesse generale.
umani non potreste immaginarvi” 19 considerazione che tu hai anche vissuto i raccontare un po’ della mia storia con Oggi BELTEL è un punto di riferimento del
momenti, sicuramente emozionanti e BELTEL, piena di amore e di orgoglio. mercato ICT.
© Irene Spallanzani

appassionanti della generazione dell’idea e
le fasi iniziali della costruzione della Rivista.
(Mario Citelli)
Caro Mario, le cose da dire sarebbero tante
e la mente subito si affolla, ma soprattutto
Mi fa piacere prima di tutto ricordare Marina
Mascazzini, la mia socia in questa
avventura, e l’aiuto di Sara Soligno, per
molti anni assistente nella lavorazione della
rivista e nell’organizzazione degli
È difficile da parte mia ricordare e
ringraziare tutti gli amici incontrati nel nostro
cammino, ma alcuni sono stati veramente
fondamentali per la fiducia accordataci, per
i consigli e i collegamenti che ci hanno
❱

-::-beltel-::-2
fornito, perché si sono impegnati in prima
persona a pensare e scrivere e,
successivamente, a partecipare agli
Osservatori che mensilmente riunivano la
comunità o buona parte di essa.
Non abbiamo mai avuto pretese culturali, e
tuttavia non possiamo dimenticare la
spigliatezza con cui abbiamo anche
affrontato contenuti “scapigliati”, passando
dalla pubblicazione di tanti spunti
sull’impatto delle telecomunicazioni nella
società, a saggi sul percorso delle
comunicazioni dagli antichi ai giorni nostri,
così come ad analisi sui nuovi linguaggi.
Ma in BELTEL abbiamo anche parlato di
filosofia e abbiamo intervistato protagonisti
della società per capire come
interpretavano i cambiamenti che
precipitavano: ricordo fra tutti Luca De
Filippo e i suoi pensieri tra lo sviluppo della
tecnologia e l’evoluzione del teatro.
Naturalmente abbiamo potuto toccare con
mano indifferenza e opposizione da parte di
alcune imprese e di professionisti del settore:
anche negli anni scorsi c’era chi pensava
che la cultura non fa Pil. Di tutto abbiamo
parlato, discusso e scritto. Per esempio, per
citare qualche tema ancora molto attuale: la
difficoltà di reperire risorse professionali
adeguate, la mancanza di progetti di
formazione (non di addestramento), piani di
marketing stilati da tecnici o pubblicitari e
non da uomini di mercato, sistemi di
comunicazione molto conservatori e poco
efficaci anche se dispendiosi.
Caro Gianni, la tua è stata un’esperienza
esaltante cui ti sei poi sottratto, conscio
della necessità di consolidare i risultati
raggiunti, cercando una forza economica
adeguata e sperando nel supporto di
esperienze aziendali di rilievo e
riconosciute. Lo hai fatto per l’affetto che
-::-beltel-::-3
avevi verso BELTEL e per quello che
rappresentava, senza farti condizionare da
egoismi o da voglie di protagonismo. Ma
anche perché nel frattempo hai modificato il
tuo carattere e sei passato a desiderare
maggiormente una certa forma di libertà;
con un simbolo: l’assenza sistematica della
cravatta. Cambiamento significativo,
questo, anche se probabilmente non
avvertito pienamente da te stesso. Non so
se te ne ricordi, ma nel 1984 sono venuto
come “giovane dirigente” a lavorare in
un’azienda da te guidata. Un giorno mi
sono presentato in ufficio con un maglione
girogola rosso sotto una giacca grigia. Mi
hai incontrato nei corridoi e mi hai
apostrofato così: “Citelli, dove crede di
andare, a caccia?”
Gianni Di Quattro, Direttore editoriale di
BELTEL dal 1995 al 2005.
gianni.diquattro@alice.it
© Niccolò Masini
CONTROLUCE Franco Morganti
editorialista e consulente
© Paolo Ertreo
■
stiamo ancora arrabattando
Ci a livello nazionale col digital
divide, senza esser capaci di
risolvere quel primario
problema di esclusione che
riguarda l’accesso a Internet. Ed ecco che
l’Agenda Digitale europea ci mette spalle al
muro con i problemi della e-inclusion, che
riguardano l’accessibilità dei meno istruiti,
degli anziani, delle donne, dei disabili, degli
immigrati. Ci vorrebbe una task-force. Ci
saprà pensare il neo-ministro Romani? Da
vari sintomi si può dedurre che il problema
sarà improbo. Due esempi: primo, ci
lamentiamo che le PMI usino poco le
tecnologie digitali e poi scopriamo, come ci
spiega Andrea Granelli nel suo “Artigiani del
digitale”, che i fornitori fanno ben poco per
superare le barriere culturali e cognitive dei
loro clienti.
Secondo, uno strumento primario per la e-
inclusion è la Carta Regionale dei Servizi,
pensata in primo luogo come Tessera
Sanitaria. In questi giorni la Regione
Lombardia distribuisce la nuova Carta,
valida fino al 2016, che rimpiazza quella
precedente che scadeva a fine 2010:
nessuno dice di non buttare la vecchia
carta, perché serve per avere il PIN della
nuova carta e in ogni caso ci vuole un
nuovo PIN; nessuno dice che il software
preso dal vecchio CD-ROM è obsoleto e che
il nuovo software si deve scaricare dalla
Rete; nessuno dice che il lettore di smart-
card a suo tempo distribuito funziona
meglio se inserito nelle prese USB
posteriori del Notebook. Lo devi scoprire da
solo o telefonare enne volte al numero
verde.
È così che ci prepariamo alla e-inclusion
dell’Agenda Europea?

LA POLITICA DELL’INNOVAZIONE:
UNICA POLITICA INDUSTRIALE
di Cristiano Antonelli
Laboratorio di Economia dellʼInnovazione “Franco Momigliano”, dipartimento di Economia, Università di Torino (da BELTEL
n. 9, anno 2005)
In queste pagine vi proponiamo due articoli scelti dalla Redazione,
rispettivamente del 2005 e del 1999 a firma di Cristiano Antonelli
e Giorgio Bocca. Si tratta di testi ancora attuali e stimolanti,
che ben rappresentano ai lettori lo spirito e la missione di BELTEL,
e il valore creato da e per la nostra Community in questi anni di
vivace dibattito culturale e professionale.
politica dell’innovazione ha
La per oggetto l’intervento nel
funzionamento del sistema
economico al fine di
potenziarne le capacità innovative, ovvero
al fine di stimolare la messa a punto e
l’utilizzo di nuove tecnologie. In questo
senso la politica dell’innovazione ha per
oggetto l’intervento nei mercati dei prodotti
e dei fattori che non ci sono ancora. La
differenza tra le due tipologie di intervento è
profonda e significativa da numerosi punti
di vista e merita di essere analizzata in
profondità.
In effetti, l’esperienza di oltre cinquant’anni
di pratica di intervento e l’ampia evidenza
empirica che ne è scaturita e la stessa
teoria economica, anche con il senno di
poi, suggerisce che i mercati dei prodotti
esistenti hanno in sé buoni motivi per
funzionare almeno decentemente. Il
fallimento del mercato in questo senso si
configura come un caso nel complesso
assai particolare: una buona politica della
concorrenza può svolgere un ruolo quasi
esclusivo ed esaustivo. Il fondamentale
motivo per cui i mercati dei prodotti esistenti
non sono in grado di funzionare
adeguatamente è, infatti, riconducibile alla
formazione di barriere all’entrata e alla
mobilità e dunque alla formazione di
posizioni monopolistiche. In condizioni di
monopolio, infatti, le imprese praticano
prezzi superiori ai costi medi minimi e così
facendo non solo estraggono
indebitamente quote di surplus ai
consumatori ma, come è noto, producono
in condizioni lontane dall’efficienza
determinando così le ben note condizioni di
inefficienza allocativa e tecnica.
Una forte politica della concorrenza
finalizzata alla rimozione delle barriere
all’entrata e alla regolamentazione dei
monopoli naturali con interventi
specificatamente volti a ridurre la differenza
tra costi medi minimi e prezzi laddove la
domanda del mercato non consenta la
presenza di una pluralità di imprese
efficienti, dovrebbe essere sufficiente a
spingere le imprese a fare il migliore uso
e indirizzo, per non parlare della loro
effettiva applicazione, soffrono
inevitabilmente di distorsioni e deformazioni
che spesso superano le inadeguatezze del
mercato.
Il neoliberismo tuttavia commette un grave
errore quando pretende di estendere la
portata delle sue affermazioni in difesa del
pieno funzionamento dei mercati in
condizioni di libera e piena concorrenza, e
dunque dell’irrilevanza e anzi dannosità di
una politica economica che preveda il
diretto intervento nel funzionamento dei
mercati dei prodotti, quando si passi dai
mercati dei prodotti, che ci sono, ai mercati
dei prodotti che non ci sono ancora. Il
neoliberismo ritiene, infatti, che la sola
politica economica lecita e possibile, che
abbia per oggetto il mercato e le imprese,
sia la politica della concorrenza. Una volta
rimossi gli ostacoli al pieno funzionamento
della concorrenza si può fare pieno
affidamento al
funzionamento
dei mercati e
alla loro
intrinseca
capacità di
spingere
l’impiego
possibile delle tecniche esistenti. dei fattori
In questo senso i classici
interventi di politica
industriale
basati sulla
produttivi
verso le
condizioni di
massima
manipolazione efficienza.
diretta delle A tutti gli effetti
strutture industriali o questa affermazione
dei mercati dei fattori o risulta infondata.
del funzionamento stesso Il problema che si pone,
della competizione nei mercati infatti, a questo punto, riguarda
dei prodotti esistenti, con l’uso di la capacità dei mercati di
incentivi selettivi direttamente rivolti alle produrre la massima quantità di
imprese al fine di favorire alcuni nuove tecnologie e della migliore
eo
comportamenti in termini, ad esempio, di qualità. Il problema riguarda in altre parole
tr
Er
lo
localizzazione delle unità produttive, la capacità di esprimere il più alto tasso di
o
Pa
aumento dei flussi di investimento, se non introduzione di nuove tecnologie che
©
addirittura fusioni o acquisizioni, sono facciano il miglior uso possibile dei fattori
facilmente soggetti al rischio di elevati rischi produttivi esistenti. Quando si affronta
di fallimento dello Stato. Gli esempi di questo problema si vede subito con
fallimento dello Stato nella politica chiarezza che entrambi i capisaldi della
industriale italiana nel corso del secondo critica neoliberista alla politica industriale
dopoguerra sono numerosi. vengono meno. In primo luogo si deve
Qui il neoliberismo ha facilmente ragione rapidamente convenire che non esiste
nel dibattito e può dimostrare con forza che nessun fondamento teorico plausibile
l’intervento dello stato crea più danni dei all’asserzione che i mercati non solo sono in
benefici attesi. I criteri di identificazione grado di funzionare al meglio, una volta
degli obiettivi e delle procedure di selezione rispettate le regole della concorrenza nei
❱
-::-beltel-::-4

mercati dei prodotti che ci sono già, ma
sarebbero anche in grado di produrre il
massimo tasso di cambiamento
tecnologico nella migliore direzione
possibile.
Come tutti sanno, l’analisi neoclassica,
ovvero il fondamento stesso della teoria
economica liberista, assume candidamente
che la tecnologia sia esogena e come tale
addirittura non possa essere oggetto della
teoria economica. La teoria economica può
© Irene Spallanz
si possa immaginare, batte un cuore in cui
accanto alle regole dello scambio hanno
rilievo le regole della partecipazione e della
condivisione. Il ruolo dello Stato è dunque
fondamentale proprio nella definizione delle
L’INFORMATICA AIUTA
istituzioni e delle risorse che regolano la
produzione e l’uso delle esternalità della
conoscenza tecnologica e scientifica.
A MANTENERE I SEGRETI?
Il secondo caposaldo della critica
neoliberista all’intervento dello Stato nei
mercati, ovvero alla politica industriale,

di Giorgio Bocca
analizzare tutt’al più le conseguenze del viene dall’analisi dell’esperienza di politica

Giornalista e scrittore (da BELTEL n. 1, anno 1999)

cambiamento esogeno della tecnologia.
Recenti tentativi di elaborare una versione
meno grossolana della teoria economica
ortodossa argomentano che le imprese
investono risorse nelle attività innovative in
funzione di una parziale capacità di
appropriazione dei benefici delle
innovazioni così messe a punto, ma non
sono in grado di rendere conto degli effetti
delle cosiddette esternalità tecnologiche
che “spillano” nell’atmosfera. Se i mercati
non sono in grado di determinare un prezzo
per le esternalità, come si argomenta nella
nuova teoria della crescita, è evidente che
non si può definire un uso corretto delle
risorse, né tanto meno attribuire al mercato
economica e dalla constatazione dei
numerosi fallimenti dello Stato. Eppure,
quando si parla dei mercati dei prodotti che
non ci sono, ovvero delle nuove tecnologie,
l’esperienza della politica della ricerca e
della scienza negli Stati Uniti e in Gran
Bretagna, per limitarsi ai due paesi virtuosi,
mostra al contrario non solo la forte e
costante presenza dello Stato, ma anche i
suoi numerosi e cospicui successi.
Si può ragionevolmente sostenere che
nessuna delle tecnologie radicali messe a
punto negli Stati Uniti negli ultimi cinquanta
anni sia il prodotto spontaneo del
funzionamento dei liberi mercati. L’evidenza
empirica conferma invece che lo Stato ha

la capacità di produrre la quantità massima
e migliore di nuove tecnologie ad ogni
momento dato. Si spiega tutt’al più perché
le imprese introducono alcune innovazioni.
In ogni caso, del resto, le teorie
economiche ortodosse più tradizionaliste e
le loro recenti derivazioni convengono anzi
pongono l’accento sulla centralità del ruolo
dello Stato. Sin dai tempi dei contributi del
primo Arrow si riconosce infatti che
l’intervento dello Stato è indispensabile per
favorire la produzione di conoscenza e la
sua utilizzazione nel sistema economico. In
parole povere, quella stessa teoria
economica che garantisce che i mercati
siano in grado di funzionare al meglio per
quanto riguarda i prodotti che ci sono già, è
la prima fonte di legittimazione per quanto
riguarda l’intervento dello stato quando si
parla dei mercati dei prodotti che non ci
sono ancora.
L’economia della conoscenza diventa allora
uno snodo teorico fondamentale per
delineare le linee guida della politica
economica che intervenga nei mercati dei
prodotti. In questo ambito si riconosce che
la conoscenza tecnologica, in quanto bene
economico, assume tutti i caratteri del bene
pubblico non solo per i suoi classici attributi
arroviani di inappropriabilità, indivisibilità,
uso non-rivale e scarso o nullo tasso di
usura e costo di riproduzione, ma anche e
soprattutto dal suo carattere congiunto di
input e output per cui per produrre nuova
conoscenza tecnologica bisogna potersi
avvalere di tutta quella prodotta fino a quel
punto, ovvero, per citare Isacco Newton,
per guardare più lontano è necessario stare
sulle spalle dei giganti. Nell’economia della
conoscenza, in altri termini, la produzione di
esternalità è intrinseca dalla produzione
stessa del bene in questione. Seguendo i
più recenti sviluppi della teoria economica
si vede bene come la conoscenza
scientifica e tecnologica è prima di tutto un
bene collettivo in cui l’apporto dei singoli
agenti è determinante tanto quando le
condizioni di disseminazione e accesso alla
conoscenza prodotta ad ogni moneto dato.
In queste condizioni bisogna riconoscere
che al centro stesso del sistema
economico, anche il più concorrenziale che
avuto sempre un ruolo determinante e
centrale. La politica dell’innovazione e della
ricerca è stata praticata con determinazione
dagli Stati Uniti ed è all’origine delle
tecnologie nucleari, spaziali, digitali e
biotecnologiche. La combinazione di
incentivi diretti alle imprese impegnate in
attività di ricerca e sviluppo, forte domanda
pubblica militare e non, con precisi
orientamenti e interventi nella messa a
punto delle specifiche dei prodotti, un
finanziamento alla ricerca di base ad ampio
raggio, un apparato di università pubbliche
e soprattutto una struttura di centri di
ricerca pubblici con una missione specifica
e finanziati con grande generosità ha creato
le condizioni affinché le imprese potessero
utilizzare la ampia produzione di
conoscenza tecnologica per avviare
l’introduzione di innovazioni di prodotto e di
processo a loro volta generosamente
sostenute dal finanziamento pubblico.
Il campo della politica economica per
quanto riguarda il funzionamento dei
mercati riguarda dunque la definizione dei
prodotti che non ci sono ancora e quindi
l’intervento a favore del potenziamento della
capacità di un sistema economico di
introdurre e di usare nuove tecnologie e non
i mercati dei prodotti che già ci sono. In
questa prospettiva è evidente che non si
tratta più di massimizzare la capacità di
introdurre innovazioni, non esistendo per
definizione un concetto di ottimo per quanto
riguarda un contesto dinamico e
indeterminato, ma piuttosto di indurre il
sistema ad aumentare la sua capacità di
andare al di là delle condizioni ottime di
impiego delle risorse date con le tecnologie
date e di introdurre le tecnologie che per
intensità di impiego dei fattori siano più
adatte alle dotazioni presenti, alle
caratteristiche delle imprese e dei mercati
dei prodotti in cui esse operano.
In conclusione, la politica dell’innovazione è
l’unica politica industriale possibile, sia dal
punto di vista della teoria sia anche e
soprattutto quando si tenga conto
dell’esperienza empirica in merito all’effetto
dell’intervento dello Stato nell’economia dei
mercati e delle imprese da un punto di vista
dinamico.
società contemporanea è più
La segreta o più pubblica delle
passate? E la società che
ricerca la privacy o che con
Internet arriva in tutti i siti un tempo più
segreti? Quella, per l’appunto in cui il
pubblico è sempre più pubblico e il privato
sempre un po’ più privato? Dicono che
l’uomo abbia bisogno di uno spazio fra le
libertà a cui aspira e la legge a cui si
sottomette e che questo spazio è il segreto.
O anche che la discrezione, il tacere
rappresentano il diritto a contenuti di vita
incomunicabili. E ancora: che la menzogna
è vitale perché permette all’individuo di
ingannare e di ingannarsi nelle incertezze
della vita. Il segreto come una delle
maggiori conquiste dell’umanità rispetto al
bisogno animale, puerile di rendere palese
ogni cosa. Una cosa certa è che in questa
come nelle precedenti società il segreto è
stato un carattere e un’attrattiva del potere.
L’autocrate Luigi XIV e il dittatore Stalin che
hanno in comune il culto della segretezza,
esseri imperscrutabili dal cui silenzio
potevano indifferentemente uscire sia la tua
fortuna che la tua morte. Amano il segreto i
banchieri, il presidente di Mediobanca, il
novantenne Cuccia, non ha mai rilasciato in
vita sua un’intervista. Perché un banchiere
deve nascondere agli altri le sue grandi
manovre finanziarie o perché è il denaro in
sé, il capitale in sé che devono nascondere
il loro peso, la loro quantità, la loro capacità
di corrompere e di comperare e fingere di
possedere un’intelligenza superiore, un
dono superiore da re Mida?
Non c’è un politico che sfugga alla
tentazione del segreto. Negli ultimi mesi
della guerra Hitler mandava messaggi
misterici, chiedeva a Dio (pare ne avesse
uno anche lui) di “perdonargli l’ora per gli
ultimi dieci minuti” cioè l’ora e i minuti in cui
avrebbe usato le armi segrete: ma il segreto
poco gli giovò perché le armi atomiche, già
■ negli arsenali degli americani, lui non le
© Eleonora Barbassi
aveva. Anche Bettino Craxi amava gli
annunci segreti: “ho un poker d’assi in
mano” disse minacciando il procuratore Di
Pietro, ma in mano aveva solo il biglietto
aereo per Hammamet.
Il tema del segreto è intessuto di incertezze
più che di sicurezze. Per secoli gli Stati
hanno tenuto segreti gli importi dei loro
debiti, le quantità e le condizioni dei tributi
che imponevano, il numero dei loro eserciti.
Ma adesso è davvero tutto più chiaro?
Qualcuno ha capito come mai nonostante
riforme, risparmi, privatizzazioni il debito
pubblico italiano sia sempre in crescita e
come mai la pressione fiscale sia, secondo
il ministro Visco, in continua diminuzione
mentre le tasse sono sempre più pesanti? E
l’informatica è il mezzo per cancellare i
segreti della terra o per crearne di nuovi?
Forse è un mezzo di chiarezza a cui gli
uomini appendono le loro millenarie
propensioni alla segretezza, la loro voglia di
individualismo protetto. Ho scritto da
qualche parte che mi faceva una certa
impressione scrivere su un personal
computer, così personale che al mondo ce
ne erano a milioni di eguali o quasi e così
segreti da essere violabili da ragazzini di
genio come quelli che penetrano nei segreti
del Pentagono o del Kremlino.
Nuovi nessi fra pubblico e segreto nascono
dall’informatica; per molti, moltissimi il
computer è un solitario, un gioco che si può
fare da soli, davanti a uno schermo come a
uno specchio; ma premendo alcuni tasti
questo specchio diventa una porta verso le
dimensioni planetarie di Internet, verso le
sue infinite connessioni. Il Papa polacco ha
dichiarato che il computer “gli ha cambiato
la vita”. Detto da un rappresentante di Dio
in terra, dunque anche dell’ubiquo Spirito
Santo, è piuttosto scioccante. Ma forse
voleva soltanto dire che allevia la fatica
dello scrivere e sostituisce quella del
ricordare, due fatiche pesanti anche per un
vecchio Papa. ■

-::-beltel-::-5
 parte più semplice. Abbiamo bisogno di clinica on-line, all'intervento chirurgico a
formazione culturale: diritti, ma anche distanza, alle lezioni per gli studenti, alla
doveri. Un codice di autoregolamentazione promozione dello studio condiviso (in

E-GOVERNMENT, tra i "cittadini del Web".

Infine, le pubbliche Istituzioni, nel
formato wiki, per intenderci).
La realizzazione e la crescita di tutto ciò,
promuovere numerosi applicativi che necessita di un forte intervento di carattere

E-DEMOCRACY, esemplificano la vita di ogni giorno alle

persone, devono essere consapevoli che
pubblico.
Lo Stato fornisce i contenuti, ne paga il
diffondono così conoscenza e trasporto sulla fibra, garantisce la gratuità

E-LEARNING, consapevolezza tra le persone.

Ultimo punto: accesso, gratuità, neutralità
del servizio (o comunque il “pricing”), il
privato infrastruttura. Binari e locative –
della Rete. vagoni – per usare una metafora

E-WORK!!! Teoria? No, politica e pratica.

Dobbiamo avere tutti la consapevolezza
che la diffusione, soprattutto in Italia, della
banda larga e del WiFi non sono un affare
degli operatori di TLC. Internet non è la
telefonia; la diffusione della banda larga e
ferroviaria. Queste informazioni (welfare di
nuova generazione) hanno priorità su tutte
le altre, in caso di scarsità di “binari". Nel
caso di diritti fondamentali del cittadino
come la salute e la formazione è il
pubblico che, a fronte del pagamento dei

di Michele Vianello
del WiFi prevedono altri e diversi modelli di servizi, determina le regole del gioco.

Direttore Generale del VEGA Park

business. Il giusto ritorno agli investimenti Altra cosa sono i bisogni individuali di altra
deve avvenire attraverso la produzione, la generazione rispetto a ciò che conosciamo
diffusione, la gestione dei contenuti. oggi. L'accesso alla Web Tv, la diffusione

, "E", "E", sta ad

“E” indicare nuove

forme di governo,
nuove forme di
sviluppo, nuove forme di studio, e così via.
Quella "E" rappresenta nuove opportunità
per l'umanità.
Quella "E" rappresenta lo sviluppo
economico e sociale basato sulla
diffusione dell'uso delle applicazioni Web.
Tutto ciò può sembrare facilissimo e
scontato. Eppure, ciò non è scontato, anzi,
rappresenta un traguardo tutto da
raggiungere. I computer, ma soprattutto i
"device" di ultima generazione ci offrono
straordinarie opportunità per sviluppare una
vita di relazioni umane infinitamente più
ricca; ci offrono l'opportunità per studiare e
per lavorare in modo più ricco e vario.
Non esiste più il telefono cellulare, oggi
abbiamo a disposizione "piattaforme di
convergenza" che ci consentono di essere
costantemente connessi alla Rete.
In fin dei conti che cosa è iPad se non una
evolutissima piattaforma di convergenza e
di dialogo?
Eppure non siamo consapevoli di tutto ciò.
Chi si connette – non importa da quale
“device” – non sempre è a conoscenza
delle immense potenzialità offerte dagli
applicativi presenti sul Web. Altresì non è
consapevole che ogni informazione che
dà converge in gigantesche “clou” (nuvole
di dati).
Alla luce di queste considerazioni
proviamo a definire alcuni requisiti per
ottenere da parte del cittadino le
condizioni per affermare una "cittadinanza
digitale" e per raggiungere la giusta
consapevolezza dei suoi "diritti", ma anche
dei suoi "doveri".
Un territorio per garantire ai suoi abitanti il
diritto alla "cittadinanza digitale" ha
© Eleonora Barbassi

bisogno di promuovere infrastrutture a

banda larga e una buona diffusione di “hot
spot” WiFi. L'infrastrutturazione del
territorio è quindi la prima condizione. Anzi
è una precondizione essenziale.
Recentissimi studi ci dicono che tra cinque
anni più del 50% degli accessi alla Rete
avverranno "in movimento".
Si capisce bene come i territori
infrastrutturati WiFi saranno fortemente
favoriti rispetto ad altri. Ovvia la
conseguenza sui cittadini che popoleranno
quei territori.
Essi devono essere consapevoli dei loro
diritti. I cittadini devono possedere le
conoscenze necessarie ad accedere alla
Rete. Non è un problema di età. Certo, i
più giovani sono i più favoriti. Ma non è
sempre così.
La promozione della formazione all'uso del
Web va rivolta ad ogni classe di età. Non è
solo formazione "tecnica". Sicuramente è la
Alcuni contenuti modificano e innovano il
welfare tradizionale. Mi riferisco
principalmente alla formazione
(permanente, rivolta ad ogni classe di età),
alla sicurezza, alla medicina, all'assistenza
agli anziani e ai più deboli.
Ci possiamo sbizzarrire nel pensare ad
innumerevoli applicativi. Dalla cartella
di film, la digitalizzazione e la distribuzione
di contenuti di valore commerciale, i peer
to peer legali o illegali che siano devono
essere interamente a carico dei privati.
Ovviamente lo sviluppo della Rete in
questo contesto non è più un "semplice
affare" degli operatori TLC, ma soprattutto
dei produttori di contenuti. ■

-::-beltel-::-6

QUANDO IL POLITICO METTE
LA FACCIA SU FACEBOOK
di Carlo Formenti
Docente di Teoria dei nuovi media presso lʼUniversità di Lecce
© Niccolò Masini
anto ha pesato la Rete nella
Qu rapida ascesa di Nichi
Vendola nelle classifiche di
gradimento dei leader
politici del nostro Paese? Non poco, a
giudicare dai risultati di due ricerche
condotte dall’Osservatorio di
Comunicazione Politica dell’Università del
Salento sull’uso dei new media,
rispettivamente, nelle elezioni
amministrative in Puglia del 2009 e in
quelle regionali del 20101. Come sottolineo
nella “Postfazione” alla seconda ricerca, le
cifre testimoniano di una vera e propria
esplosione del fenomeno della
partecipazione dal basso degli utenti dei
social network (Facebook e YouTube su
tutti) alla campagna elettorale: il numero di
fan, amici e iscritti a gruppi, pagine e profili
creati a sostegno dei vari candidati è
cresciuto – assieme alla mole dei contenuti
pubblicati – in misura esponenziale rispetto
a quello dell’anno precedente. Ad
avvantaggiarsi di questa novità è stato
soprattutto uno dei due schieramenti
contrapposti: la superiorità del
centrosinistra in generale, e di Vendola in
particolare, è apparsa infatti schiacciante
nei confronti di partiti e candidati della
parte avversa, sia sotto l’aspetto del peso
quantitativo, sia dal punto di vista della
“qualità” (per fare un esempio, sono stati
molti di più i video autoprodotti dai fan del
centrosinistra rispetto a quelli del
centrodestra, i quali si limitavano a
“riciclare” gli spot delle tv locali). Non a
caso, Vendola è riuscito a proiettarsi al di là
dei confini regionali, accreditandosi come
una vera e propria “star” nazionale della
politica on-line, in grado di competere con
“pezzi da novanta” come il Presidente del
Consiglio Berlusconi e l’inventore del
cyberpopulismo italico, Beppe Grillo.
Le ragioni del successo vanno attribuite a
una serie di fattori intrecciati gli uni con gli
altri. In primo luogo, un maggiore
investimento del centrosinistra nei confronti
dei nuovi media è da ritenersi fisiologico,
ove si consideri che si tratta di canali assai
meno costosi di quelli tradizionali, il che
consente di colmare parzialmente lo
strutturale gap di risorse nei confronti del
centrodestra. In secondo luogo, va tenuta
presente la scelta strategica effettuata da
Vendola – che si era già rivelata vincente
nelle elezioni del 2005 -, il quale ha
-::-beltel-::-7
scommesso soprattutto su giovani, donne
e figure sociali emergenti, con particolare
riguardo alle professioni “creative”. Il terzo
fattore è, in un certo senso, un effetto
collaterale del secondo: Vendola ha infatti
potuto contare su un manipolo di giovani
“smanettoni” che ne hanno progettato la
campagna on-line, “copiando” con
successo le strategie e gli strumenti
tecnologici adottati da Obama nella
campagna presidenziale Usa del 2008. Il
sito ufficiale di Vendola, abilmente
integrato con Facebook, YouTube e con le
Fabbriche di Nichi, ha operato in modo
analogo a “mybarackobama.com”,
mobilitando un esercito di attivisti volontari
e coordinandone con efficacia l’intervento
sul territorio. Ciò detto, non va commesso
l’errore di attribuire la vittoria di Vendola
esclusivamente o prevalentemente alla
Rete. Secondo gli stessi “spin doctors”
che hanno progettato la campagna on-
line, il numero degli elettori che è stato
possibile raggiungere/coinvolgere con i
nuovi media non superava il 3%. Una
percentuale troppo esigua per
considerarne decisivo l’apporto, ma che
ha comunque pesato in misura tutt’altro
che trascurabile per la sua composizione
sociale: perlopiù giovani dal livello di
istruzione medio alto, che hanno potuto
svolgere il ruolo di opinion leader nei
paesi, nelle reti famigliari, sui luoghi di
lavoro e sul territorio.
Nell’attuale contesto di instabilità politica,
caratterizzato dalle difficoltà di un governo
di centrodestra dilaniato da conflitti interni,
da un centrosinistra che non ha ancora
definito schieramenti e strategie
nell’eventualità di elezioni anticipate, e
dalla crescente popolarità di Vendola –
sempre più protagonista anche sulla scena
dei media tradizionali – che potrebbe
proiettare il governatore della Puglia nel
ruolo di antagonista di Berlusconi, viene
spontaneo domandarsi se il “modello
Puglia” abbia qualche probabilità di
funzionare a livello nazionale. In generale,
chi risponde di sì, tende a valorizzare le
analogie fra Obama e Vendola. E’ vero che
si tratta di due leader politici che, sia pure
in contesti assai diversi, presentano molte
somiglianze: entrambi outsider e
culturalmente “marginali” rispetto al proprio
schieramento politico di riferimento,
entrambi abili nello sfruttare la
comunicazione per bypassare la difficoltà
instaurando una relazione diretta con i
cittadini/elettori. Ma le analogie funzionano
anche in senso negativo. Nelle mani di
Obama, la Rete si è rivelata uno
straordinario strumento per vincere le
elezioni, ma ha anche manifestato gravi
limiti non appena si è trattato di mantenere
il consenso dopo la vittoria: del resto, come
argomenta nei suoi libri Stefano Rodotà,
Internet non può evolvere da strumento di
partecipazione a strumento di
deliberazione senza radicali riforme che ne
sanciscano il ruolo istituzionale. Ecco
perché Obama sconta oggi la delusione
dei tanti sostenitori che si sentono “messi
da parte”, dopo essere stati protagonisti
nel corso della campagna elettorale, ed
ecco perché oggi la Rete è diventata (negli
Stati Uniti i nuovi media non sono riserva di
caccia della sinistra) la piattaforma della
controffensiva della destra repubblicana
egemonizzata dal Tea Party (vedi articolo
di Sandro Malavasi a pag.8, ndr).
Per Vendola, le cose si presentano ancora
più complicate. In Italia la rete può agire
da catalizzatore per i nuovi movimenti
(vedi i casi di Grillo e del Popolo Viola),
ma non è certamente in grado di
determinare un successo elettorale a
livello nazionale; e anche qui valgono le
considerazioni in merito alla difficoltà di
farne uno strumento di democrazia
partecipativa e deliberativa, oltre che di
mobilitazione elettorale. Più interessante
appare la possibilità di integrare il social
networking on-line con la ricostruzione di
strutture di radicamento territoriale,
possibilità esemplificata dall’esperienza
delle Fabbriche di Nichi. Queste ultime –
come era avvenuto con i Comitati per
Vendola del 2005 – nascono al di fuori di
ingerenze partitiche da spontanei
processi di aggregazione sul territorio
successivamente prolungatisi in Rete
(anche se in qualche caso il processo è
stato inverso), e rappresentano un buon
esempio della via da imboccare, se si
vuole dare credibilità a un progetto di
ricostruzione della sinistra. Nel 2005
Vendola commise l’errore di abbandonare
al loro destino i Comitati dopo la vittoria
elettorale, ripetere l’errore oggi, per
imboccare “scorciatoie” che consentano
di scendere immediatamente in campo
per sfidare il centrodestra a livello
nazionale, sarebbe imperdonabile. Anche
perché l’unica alternativa consiste nel
rincorrere Berlusconi sul piano del
populismo mediatico. ■
NOTE
1 La prima ricerca è stata pubblicata all’ini-
zio di quest’anno dall’editore Manni, con il
titolo “I Politici ci mettono la faccia. L’uso
di Facebook nelle elezioni amministrative
del 2009 in Puglia”, la seconda è in via di
pubblicazione presso lo stesso editore.

TECNOLOGIA E POLITICA:
SCOCCA L’ORA DEL TEA PARTY
di Sandro Malavasi
Dagli Stati Uniti: giornalista, collaboratore di quotidiani e periodici
elezioni di Midterm negli
Le Usa non hanno solo
coinciso con una vittoria
piuttosto netta dei
repubblicani, e in buona parte anche del
Tea Party. Hanno anche lanciato un
segnale che riguarda il mondo on-line e
di tutte le relative applicazioni: non sono
più, o non sono mai state, un
terreno dove prevalgono i
democratici e in particolare l’area
più liberal del partito.
Quello che è parso essere a molti
uno dei terreni vincenti delle
elezioni di Barack Obama alla Casa
Bianca solo due anni fa, soprattutto
sul piano della gestione
organizzativa dei sostenitori e della
propaganda elettorale, questa volta
è diventato terreno d’azione e di
politica da parte della destra e dei
conservatori in genere.
Il primo segnale viene dai social
media, e da Facebook e Twitter in
particolare, e mostra che in media i
candidati repubblicani avevano ben
oltre il doppio dei sostenitori/amici
on-line di quelli democratici e che
questo può essere considerato un
motivo della loro vittoria: le medie
indicano 38mila sostenitori su
Facebook per ciascun candidato
repubblicano, contro 8.260 per ogni
candidato democratico; e 14mila
“followers” su Twitter per ogni
candidato repubblicano contro i
2.591 a testa dei democratici.
Ancora più significativo è il fatto che
nel 74% dei casi il maggior numero
di sostenitori on-line si è tradotto in
una vittoria per la Camera, e
nell’81% in una per il Senato.
Questo naturalmente non spiega
perché i repubblicani abbiano
riscontrato maggior seguito on-line,
©P
aol
ma suggerisce (e impone di
analizzare meglio nei prossimi mesi)
il fatto che i social media si prestino
meglio a raccogliere lo scontento degli
elettori e si trasformino quindi in un
terreno di diffusione di messaggi, appelli,
video e altro, più ancora che di analisi
complesse e di dibattito.
Con l’aggiunta che due terzi degli
americani che si dichiarano attivi
politicamente, lo sono anche sui social
media; e il 70% di questi va a votare,
ossia il 20% in più della media nazionale.
Occorre anche considerare che, nelle
contese elettorali locali, il numero dei
sostenitori sui social media riflette in
genere un lavoro più intenso alla ricerca
di consensi.
Le novità su questo fronte sono però
molte altre. Ad esempio “YouCut.com”,
un sito lanciato dal numero due dei
repubblicani al Congresso Eric Cantor,
ha mostrato la capacità di
lanciare strumenti
di
oE
rtre
o
partecipazione
diretta al dibattito politico
che si trasformano anche in
strumenti di consenso. Cantor ha creato
sei mesi fa il sito per suggerire agli
elettori di segnalare quali programmi di
spesa pubblica vorrebbero tagliare, e in
poco tempo due milioni di persone hanno
dato suggerimenti in tal senso
trasformando il sito in un enorme
successo politico, efficace per
riavvicinare gli elettori ai loro
rappresentanti.
-::-beltel-::-8
A questo si affiancano le molte
applicazioni software che hanno avuto
largo uso nella campagna elettorale e nel
giorno delle elezioni: dalla semplice
azione su Facebook che permetteva di
dire “Io ho votato” (che è stata utilizzata
da 12milioni di persone), ai programmi
come Foursquare, Gowalla e Facebook
Places che permettevano a candidati e
sostenitori di segnalare in tempo reale la
loro posizione per essere seguiti (o
raggiunti) da altri.
Entrambi i partiti, invece, hanno
segnalato su SMS i seggi elettorali più
vicini a chi avesse semplicemente
spedito un messaggio chiedendo
“dove?” in inglese o anche in spagnolo.
A questo si aggiungono utilizzi ad hoc di
tecnologie esistenti come quello fatto da
Michèle
Bachmann,
“congresswoman” del
Minnesota molto vicina a Sarah Palin e al
Tea Party, rieletta con ampio margine di
voti, che ha inviato la sua pubblicità a
12.500 smartphones che si trovavano
nella zona della fiera statale.
A loro la Bachmann ha spiegato cosa
aveva intenzione di fare sul piano della
tassazione dei prodotti locali Tarryl Clark,
la sua rivale democratica.
Molti candidati hanno raccolto dati sui loro
elettori, con avanzati sistemi di “tracking”
delle loro preferenze, come quelli forniti da
gruppi come RapLeaf, che permettono poi
di indirizzare all’audience selezionata la
propria pubblicità elettorale o le richieste
di fondi.
Per molti nell’area liberal della politica
americana è oggi una sorpresa seguire
siti come “Techrepublican.com” e leggere
analisi approfondite sull’incrocio, e
l’utilizzo, di tecnologia e politica. Ma è la
conferma che qualcosa è cambiato in soli
due anni.
Ad esempio le elezioni di Midterm hanno
mostrato come le costose campagne
elettorali in California di ex
“businesswomen” repubblicane come
Meg Whitman, ex Ceo di eBay, e Carly
Fiorina, ex Ceo di Hewlett-Packard, siano
fallite anche perché basta relativamente
poco a segnalare “on-line” che la
Fiorina ha trasferito in Cina molti
dei posti di lavoro alla HP negli
anni in cui ha guidato il gruppo, e
quindi ridurre il sostegno
popolare alla sua candidatura.
Più in generale le elezioni hanno
mostrato come i social network
servano anche a segnalare le
passate “malefatte” dei
candidati, ovvero le loro foto
meno attraenti, alcune
dichiarazioni fatte “solo ad
amici”, e quindi il debutto dei
“Facebook skeleton”, ovvero
degli scheletri che sono nascosti
nelle pagine personali di molti
candidati come le immagini del
candidato repubblicano
nell’Ohio, Rich Iott, vestito da
nazista per una foto “in costume”
e poi sonoramente sconfitto alle
urne.
Viceversa, sul fronte della
pubblicità elettorale Internet non
ha riportato una grande vittoria
nel confronto delle elezioni di
Midterm: su un totale previsto di
quasi 4 miliardi di dollari di
investimenti, rispetto ai 2,85
miliardi spesi solo quattro anni fa,
l’on-line raccoglie solo un
modesto 1% del totale, pur
avendo raddoppiato la raccolta
in soli due anni rispetto alle
ultime elezioni presidenziali.
Viceversa si è registrata una
crescita dell’800% dei candidati
che hanno investito per un
posizionamento dei loro siti nelle
ricerche di Google.
Il tema di cui invece si parla
poco, ma sicuramente ha avuto
un ruolo importante nella
campagna elettorale, anche on-
line, è quello dell’utilizzo da parte
dei candidati di tecniche di
“neuromarketing” che analizzano le
reazioni di chi osserva un determinato
filmato elettorale o ascolta un messaggio
audio.
Vale per molti candidati quanto detto dal
senatore statale dell’Oregon Brian
Boquist, che ha ammesso parlando
dell’utilizzo del neuromarketing: “Non so
come funziona, l’unica cosa che so
è…che funziona”. ■
ITSME: UN’INNOVAZIONE
ITALIANA MIRA
AL CUORE DELL’ICT
di Giorgio De Michelis
Università di Milano – Bicocca e itsme srl
Niente più desktop, icone e cartelle
ma veri e propri “venues and stories”.
Un software di nuova concezione
ideato e prodotto in Italia, con
la collaborazione dei suoi futuri utenti.
storie d’innovazione sono
Le comunque interessanti: se
raccontano un successo,
sono utili perché descrivono
una “best practice”; altrimenti, ci sono
comunque delle lezioni da imparare dai
fallimenti.
Nell’accingermi a scrivere queste note, mi
trovo però in imbarazzo, perché la storia
di itsme è ancora in fieri, e non si può
quindi sapere se sarà o meno un
successo, e l’ambizione smodata che la
pervade dice che l’incertezza non è solo
un artificio letterario. D’altra parte, le vere
lezioni in una storia d’innovazione sono
quelle che s’imparano nel suo farsi,
quando ancora non si sa come andrà a
finire, e le idee diventano più chiare man
mano che si procede, mentre quelle che
si raccontano alla fine hanno il sapore
dell’ovvietà, come i risultati di un’autopsia.
Il progetto itsme
Il primo aprile 2008 il team della start-up
itsme, uno spin-off dell’Università di Milano
– Bicocca, fa il suo “kick off meeting”. Il suo
obiettivo è realizzare un nuovo sistema
operativo per workstation basato su Linux,
itsme appunto, che abbandona la metafora
del desktop, che caratterizza, a partire dal
Figura 1 - Il “front-end” di Guglielmo
B quotidiani si vendono ogni giorno in Italia, se escludiamo quelli sportivi? Più o
Macintosh, tutti i sistemi operativi che
girano sui personal computer e che mostra
ormai vistosi limiti a fronte della crescita
esponenziale delle dimensioni della loro
memoria e della pervasività della Rete e
dei servizi che offre.
L’obiettivo è smodatamente ambizioso, ai
limiti del temerario: lanciare la sfida, da
zero e dalla periferia dell’Impero, ai
colossi che dominano l’informatica
mondiale: Microsoft, Apple, Google.
I punti di forza su cui si basa la nostra
intrapresa sono, da una parte,
l’esperienza acquisita in oltre trent’anni di
ricerca in campi di frontiera
dell’informatica come il Computer
Supported Cooperative Work, il
Knowledge Management e l’Interaction
Design, dall’altra, l’aver individuato una
nuova metafora, semplice e intuitiva
come quella del desktop, ma capace di
riflettere la contestualità di ogni azione e
interazione umana.
Tale metafora, che abbiamo chiamato
“stories and venues”, riflette il fatto che la
vita di una persona è l’intreccio di diverse
storie, in ciascuna delle quali interagisce
con persone diverse e fa uso di diverse
risorse (strumenti, materiali, sorgenti di
conoscenza, ecc.) e, nel tempo, crea,
-::-beltel-::-9
APPUNTI&CONTRAPPUNTI
Mario Citelli, direttore editoriale
eppe Severgnini affermava sul Corriere della Sera il 24 settembre del 2009: “Quanti
meno cinque milioni. Quanti italiani entrano regolarmente in libreria? Più o meno
cinque milioni. Quanti sono gli abbonati a Sky? Più o meno cinque milioni. Quanti
sono i visitatori quotidiani dei siti d'informazione? Più o meno cinque milioni.
Quanti telespettatori guardano i programmi d'approfondimento in seconda serata? Più o
meno cinque milioni. Il sospetto è che siano sempre gli stessi. Cinque milioni. Chiamiamolo il
Fi ve Mi ll io n C lu b ( FM C) , visto che molti iscritti dicono di sapere l'inglese. È importante,
questo FMC? Certo, ma meno di quanto si crede. È decisivo? Be’, decide il tono e il corso del
dibattito nazionale, come dimostrano le ultime vicende. Ma non sposta voti, e non decide le
elezioni".
Il dibattito è stato ripreso recentemente, visto il clima che presenta una quasi certezza di
elezioni politiche anticipate e di nuove alleanze fra partiti, probabilmente trasversali alle
tradizionali aggregazioni sociali.
Una delle questioni all’interno del dibattito riguarda la “digital inclusion” e dell'affermarsi o
meno di una categoria di nuovi cittadini capaci di utilizzare la tecnologia per una
partecipazione più efficace.
Dunque, secondo la teoria del "5 Million Club", l'ipotesi che in Italia possa affermarsi
"politicamente" una cittadinanza digitale è remota, affossata non solo dalla mancanza di
infrastrutture tecnologiche, ma da un “Cultural Divide” più profondo e non sanabile solo
attraverso la eterna riproposizione, peraltro ormai inattendibile, di programmi di investimento
su reti di nuova generazione e strumenti di accesso.
La tecnologia rende più efficiente una Pubblica Amministrazione dotata di organizzazione e
senso civico, altrimenti si trasforma in alibi per ulteriori malfunzionamenti; la tecnologia rende
disponibile le informazioni per chi le cerca, ma l'abitudine a leggere un giornale, elettronico o
cartaceo che sia, si acquista a scuola. Un cittadino è prima di tutto un membro di una
Comunità, poi eventualmente di un Social Network.
Lo spettatore passivo dei programmi televisivi generalisti è stato l'attore principale degli
ultimi vent'anni di "Videocrazia" in Italia. Trasformare la passività in partecipazione richiede e
richiederà uno sforzo di sviluppo e di crescita di meccanismi sociali, strumenti di
partecipazione e di formazione, sforzo nel quale la tecnologia potrà avere un ruolo positivo e
significativo solo con un’ adeguata e collettiva attenzione ai contenuti. Quindi con un’adesione
anche individuale, fisica, emotiva a processi in cui lo "stare insieme" sia sentito, apprezzato,
cercato come un bene essenziale della "Felicità Nazionale Lorda" espressione questa
sicuramente più efficace, anche se di difficile misurazione, quale indicazione dello stato di
benessere di una nazione.
Quanta gente frequentava le sezioni dei Partiti, le sedi dell'Azione Cattolica, le Osterie e gli
Oratori negli anni '60? Molti più di 5 milioni, e i loro voti "spostavano" le decisioni nella vita
politica italiana molto più di oggi. La loro vita partecipava alla ricerca di una “libertà alla
Gaber”, molto più di oggi, il tasso di crescita nel Paese è stato i quegli anni più alto che mai.
Nessuna nostalgia: occorre guardare avanti. Nel nostro piccolo, BELTEL ha preparato un nuovo
sito con una impostazione "blog/partecipativa", ha unito le analisi socio politiche di
"releasemagazine" a quelle tecnologiche e di mercato di BELTEL tradizionale, ma da ormai 150
numeri continua a stampare la Rivista su carta, a pensare che una copia possa passare di mano
in mano e ad organizzare incontri e "Osservatori", anche per il piacere di offrirvi un aperitivo.
© Irene Spallanzani
raccoglie e modifica oggetti diversi e che
ogni storia è situata nello spazio (ha un
luogo, una “venue” in cui accade). Itsme
crea per ogni storia del suo utente una
“venue” virtuale, dove sono accessibili
tutti i suoi oggetti e tutte le sue risorse, e
la mantiene aggiornata con l’aiuto
dell’utente stesso.
Stiamo progettando itsme applicando in
un progetto industriale e non accademico
l’ interaction design, una forma radicale
di “user centered design”, dove le
funzioni e le “features” del nuovo sistema
sono determinate a partire dalle
interazioni che si vogliono rendere
possibili all’utente. Rovesciamo cioè
l’approccio che si insegna oggi nelle
scuole di informatica e di ingegneria, per
cui, una volta sviluppate funzioni e
“features” innovative, si progettano le
interfacce che consentono un uso
amichevole delle stesse. Gli utenti sono
quindi al centro del progetto e la
creazione di una comunità quanto più
estesa possibile che segue itsme nel suo
farsi, fin dallo sviluppo del “concept”, è
insieme progettazione e marketing. Il
team è multi-disciplinare mettendo
insieme designer, tecnologi e scienziati
umani (in particolare comunicatori).
A che punto siamo
Dopo un “concept” ed un emulatore, che
ci hanno consentito di raccogliere
feedback nella comunità raccolta attorno
al nostro sito (www.itsme.it), abbiamo
completato negli ultimi mesi un prototipo
funzionante, ancorché incompleto, del
nostro sistema operativo. Esso
rappresenta, non solo simbolicamente,
un punto di svolta decisivo nella nostra
intrapresa: grazie ad esso, che riflette in
nuce e senza scorciatoie l’itsme che
porteremo sul mercato, ci siamo
trasformati da società “progetto”, che si
caratterizzava per le sue intenzioni e
ambizioni, in società “prodotto”, che si
caratterizza per il sistema che ha creato
e vuole portare nel mercato.
Il prototipo consta di due componenti: uno
strato intermedio (Guglielmo) che estende
Linux per renderlo capace di trattare file
arricchiti da meta-dati, ed il “front end”
tramite cui gli utenti accedono ai suoi
servizi. L’architettura di Gugliemo consta
di diversi moduli e consente non solo di
associare ai files di Linux dei meta-dati ma
anche di usare le applicazioni che girano
su Linux come se operassero sui file
arricchiti di itsme. Il “front end” consente
all’utente di gestire (aprire, chiudere,
modificare) le “venues” che ha creato, di
crearne di nuove, e di situare ogni
interazione nell’ambito della “venue”
relativa alla storia in cui quella interazione
avviene: ogni volta che l’utente agisce ha
di fronte a sé tutto e solo quello che gli
può servire in quanto parte del contesto
della sua azione (vedi Figura 1).
Oltre al prototipo abbiamo progettato i
servizi in rete che verranno venduti con la
versione “pro” di itsme (il software di
itsme è open source e verrà rilasciato
con licenza GPL). Essi sono tre:
• un supporto al trasferimento dei
contenuti dalla vecchia macchina a
quella nuova che usa itsme (migration
support service);
• un “repository” che contiene delle
“venue” preformate (sia ad accesso
libero che riservate ad una singola
organizzazione) che l’utente può
scegliere in modo che la sua macchina
parli il suo linguaggio (venue
customization service);
• il rispecchiamento del contenuto della
sua macchina in rete, così che l’utente
abbia sempre quanto di meglio gli viene
dall’avere il suo “content” in locale ed in
Rete (itsme in the cloud).
Abbiamo infine definito il piano di
business che porterà itsme 1.0 sul
mercato nell’arco di un anno
(rivolgendosi soprattutto agli amanti
dell’innovazione, agli “early adopters”) e
delinea gli sviluppi ulteriori che potrà
avere, a seguito degli accordi e delle
partnership che sapremo creare e delle
risorse di cui potremo disporre.
Una nuova partenza
Siamo ragionevolmente soddisfatti di
quanto fin qui realizzato: l’idea, che
abbiamo presentato centinaia di volte in
ogni parte del mondo e a pubblici diversi
fra loro, è risultata convincente e
credibile; abbiamo ricevuto
riconoscimenti prestigiosi fin dal primo
anno della nostra vita in termini di premi
e attenzione da parte dei media, fino
all’inclusione delle innovazioni che l’Italia
ha presentato all’Expo di Shanghai. Il
CITTADINANZA DIGITALE: I SERVIZI
Franco Serio,
CTO Italtel
Soluzioni e progetti volti a garantire
lʼinclusione di tutti i cittadini nella Società
dellʼInformazione. Fruibilità dellʼICT per tutti,
contrasto al Cultural Divide, sviluppo
della rete NGN – queste le parole dʼordine.
reti di telecomunicazione
Le rappresentano l’infrastruttura
di base per consentire lo
scambio di informazioni e
contenuti tra tutti i soggetti coinvolti nello
sviluppo della Società dell’Informazione:
persone, imprese ed istituzioni. L’utilizzo
attivo delle reti migliora le prospettive di
lavoro, le possibilità di raggiungere
velocemente le fonti di informazione e i
rapporti sociali degli individui. L’evoluzione
della Rete contribuisce a realizzare
importanti progressi nei servizi sociali, nelle
cure sanitarie e nell’istruzione e concorre a
determinare un aumento della produttività
offrendo inoltre numerose opportunità
commerciali.
Tutti coloro che lo desiderano devono
poter partecipare a pieno titolo alla
-::-beltel-::-10
software ha ricevuto apprezzamenti e
critiche che ci hanno aiutato a migliorare
il nostro progetto e a capire come
coniugare in esso innovatività e
continuità. Tutte le domande di
finanziamento pubblico che abbiamo
presentato sono state accettate, anche
se abbiamo difficoltà ad avere la
disponibilità dei relativi fondi, per le
garanzie personali che ci vengono
richieste. Il team, formato soprattutto da
giovani entusiasti e dotati è cresciuto e si
dimostra all’altezza di un progetto
complesso come il nostro, anche per la
sua grande capacità di apprendere.
Quello che abbiamo fatto finora è stato
reso possibile da un gruppo di “business
angels” di grande autorevolezza e
coraggio che ci hanno dato le risorse per
lavorare due anni allo sviluppo di itsme.
Non siamo però riusciti a trovare nuovi
investitori istituzionali e industriali che ci
garantissero le risorse per la seconda
fase, quella che ci deve portare dal
prototipo al mercato, mentre eravamo
impegnati nella prima. Questo ha creato
una cesura più marcata di quanto ci
aspettassimo e desiderassimo tra la
prima fase e la seconda, che ha
comportato e comporta problemi non
piccoli, dalla dispersione di parte del
team alla stasi attuale nell’avanzamento
“Società dell’Informazione”, anche se si
trovano in situazioni di svantaggio sociale
o personale.
L’e-inclusion, o integrazione digitale, è un
passaggio fondamentale per la giustizia
sociale, in quanto mira a sostenere e
collegare le persone in Rete, garantisce
una maggiore equità nella società della
conoscenza, e riduce il costo
dell’esclusione sociale ed economica.
Anche se la penetrazione di Internet
continua ad aumentare, circa il 50% della
popolazione europea non usa il Web
regolarmente. Questi “non-utilizzatori”
rientrano per la maggior parte nelle
categorie con basso livello di istruzione,
tra le persone economicamente inattive e
includono gli anziani. Questo “Digital
Divide Culturale” è perciò ben più ampio
del progetto, ma non demordiamo.
Stiamo riprendendo i contatti con partner
finanziari e industriali, come se fossimo di
nuovo una start-up, ma con un prototipo,
e le prime risposte sono promettenti.
La sfida continua
In molti ci hanno detto che il nostro
progetto è molto ambizioso, forse troppo,
e che l’Italia non è il Paese giusto dove
portarlo avanti. Devo dire che hanno
delle buone ragioni e le nostre difficoltà
attuali non fanno che confermarlo. Ma,
come dicevo sopra, non demordo. In
qualche modo penso che l’improbabilità
di itsme sia la sua forza.
In un Paese dove, dopo i fasti dell’Olivetti
degli anni cinquanta e sessanta, l’ICT è
diventata una industry in crisi e senza
peso nel mondo, un vecchio professore
ed un nugolo di ragazzini pieni di talento
ed entusiasmo, si lanciano con buoni
argomenti – incontrando bisogni e
desideri di una classe vasta di utenti – in
un progetto complesso che riporta l’ICT
tra le tecnologie ben lontane dalla
maturità e vuole contribuire a disegnarne
i nuovi sviluppi. È talmente assurdo che
potrebbero anche riuscirci! ■
Per ulteriori informazioni:
www.itsme.it; gdemich@disco.unimib.it
di quello dell’accesso, e se realmente si
vuole realizzare l’e-government si deve
investire sulla semplicità d’uso (ad
esempio sviluppando applicazioni fruibili
tramite televisori LCD). È inutile avere una
casella di posta certificata se non ho il PC
e/o la rete per leggerla.
È perciò necessario avviare progetti
mediante un insieme coerente di azioni in
tre ambiti:
• offrire a tutti la possibilità di partecipare
alla Società dell’Informazione: per
questo sono indispensabili servizi e reti
accessibili a costi ragionevoli e la
capacità degli individui di utilizzarle. Si
deve quindi investire per alfabetizzare e
per rendere semplice l’uso dei servizi a
tutte le fasce di cittadini e imprese. Il
recente dibattito sulla liberalizzazione
❱
 del WiFi è un chiaro segno che la e della telemedicina sono i primi temi da • la connessione in Rete di tutte le scuole; Nazionale più ampio a beneficio di un
Pubblica Amministrazione Locale, in implementare e per i quali i governi dei • il monitoraggio continuo del livello di sensibile contenimento della spesa
combinazione con quella Centrale, singoli Paesi, incluso l’Italia, si stanno apprendimento; pubblica e, nel contempo, di un
dovranno offrire a tutti i cittadini attrezzando con progetti concreti. • l’innovazione didattica attraverso l’uso di miglioramento della qualità della vita

E-learning e Scuola Digitale

l’opportunità di poter usufruire della
connettività pubblica per i servizi di e-
government: questo sarà il nuovo
servizio universale;
• accelerare la partecipazione effettiva dei
gruppi a rischio di esclusione con
l’obiettivo di migliorare la qualità della
vita;
• integrare tutte le azioni a favore dell’e-
inclusion, al fine di ottimizzare il loro
impatto a lungo termine.
L’innesco di un processo innovativo nella
P.A. può attivare un circolo virtuoso per
l’affermazione di servizi innovativi e la loro
successiva diffusione presso un bacino di
utilizzatori più ampio. In particolare, la
nuova Agenda Digitale presentata dalla
Comunità Europea nel maggio 2010 ha
indicato sette aree prioritarie
d'azione tra cui un accesso
molto più veloce a Internet e
l'uso delle tecnologie
dell'informazione e della
comunicazione per dare
un importante contributo
alla crescita economica
e sostenere le nuove
sfide che la società si
trova ad affrontare
come
Le soluzioni di e-learning consentono di
realizzare sessioni di formazione sincrona
e/o asincrona agli utenti, che possono
accedere ai contenuti dei corsi tramite
una semplice connessione Internet. Le
nuove piattaforme supportano sia libri
scolastici “tradizionali“ digitalizzati, sia la
loro versione estesa con l’inclusione di
contributi multimediali. In una prospettiva
di completa digitalizzazione dei contenuti,
grazie all’adozione degli e-book, sono
stimabili risparmi per le famiglie fino al
50% della spesa annua in testi scolastici.
La scuola digitale in generale, e tutti i
sistemi di e-learning, devono prevedere
alcuni elementi essenziali, tra cui:
strumenti evoluti quali le Lavagne
Interattive e l’uso di biblioteche digitali e
supporti multimediali;
• l’interazione digitale tra famiglia e
scuola;
• la partecipazione alle lezioni e alla vita
scolastica per studenti portatori di
handicap e per studenti che, per periodi
limitati o più lunghi, sono costretti al
ricovero ospedaliero (iniziative “smart
inclusion”) o a degenze presso le
proprie abitazioni;
• la realizzazione di una rete di
comunicazione “real-time” in cui
docenti, studenti, famiglie e volontari
possano dare contributo alla
formazione. Su tali progetti Italtel sta
operando perché siano possibili
comunicazioni e
condivisione dei contenuti
tramite video con modelli
simili al “Social
Networking” ma con
sicurezza di accesso
(Identity Management) e
con sistemi di
collaborazione nel
costruire e verificare i
contenuti
dell’insegnamento.
misurabile, ad esempio, nella riduzione
dei tempi di attesa di accesso alle cure.
Viene reso possibile, inoltre, il
collegamento di strumenti diagnostici
remoti rispetto agli ospedali, ampliando
così sensibilmente le casistiche di
assistenza e riabilitazione a domicilio.
Parte delle applicazioni per la Sanità
Digitale richiedono la diffusione della Banda
Ultra Larga. Se in linea di principio una
parte importante dei benefici conseguiti
all’adozione di questo complesso sistema
elaborativo è possibile già da oggi, le
applicazioni più innovative di Telemedicina e
Teleconsulto richiedono invece collegamenti
molto veloci e soprattutto affidabili. Tutto ciò
per consentire un trasferimento sicuro e
immediato delle informazioni diagnostiche e
di monitoraggio, e la connessione video ad
alta definizione con i medici specialisti per il
contatto virtuale (ma realistico) con il
paziente.
La Soluzione di eHealth Presence, che
Italtel e Cisco stanno realizzando, abilita,
l’erogazione di servizi di Telemedicina
con videocomunicazione ad alta
definizione presso “centri di assistenza”
(es. Aziende Ospedaliere, farmacie,
ambulatori, case per anziani,…),
riducendo significativamente gli

Sanità digitale
l'invecchiamento spostamenti del paziente e ricreando la
demografico. Lo stessa esperienza della visita presso il
sviluppo dell’e- La disponibilità diffusa medico. I servizi di Telemedicina danno
government, di accessi a larga una risposta immediata ai bisogni del
della banda e a banda ultra paziente promuovendo allo stesso tempo
scuola larga permetterà un nuove forme di collaborazione tra medici
digitale grado di di base ed equipe di professionisti che
automazione più possono essere consultati, in “real-time”,
elevato di quello da remoto.
odierno ed un Strumenti di knowledge sharing, social
grado di utilizzo networking, tele-presenza, localizzazione
delle attuali risorse e comunicazione evoluta, supporteranno
del Sistema la gestione di processi, relazioni e
Sanitario competenze all’interno della struttura
sanitaria per migliorare la cura del
i
a ss
rb

Paziente.
Ba

Conclusioni
ra
no
leo
©E

La discussione in corso sulla rete di

nuova generazione (NGN) sembra essere
una scelta lasciata agli operatori di
telecomunicazioni ma non determinante
per il sistema Paese. Una nazione non
capace di difendere il diritto del cittadino
alla partecipazione alla “Società
dell’Informazione” è destinata ad un
sicuro declino.
L’investimento richiesto per la
realizzazione della rete deve essere
incentivato anche sostenendo le
pubbliche amministrazioni che innovano i
loro processi consentendo al cittadino di
fruire delle nuove tecnologie di e-health e
di e-learning e più in generale di quelle
per la “Cittadinanza digitale”, anche
tramite reti di WiFi pubblico.
Tali iniziative permetteranno forti riduzioni
di spesa: nel solo settore della sanità la
ricaduta economica porterebbe a
risparmi complessivi, per la spesa
pubblica sanitaria, stimabili in circa 9%
della spesa totale che oggi supera
i 100 miliardi di euro l’anno,
in funzione dei diversi livelli di
avanzamento dei sistemi digitali “in
progress” presso le Regioni italiane. ■

-::-beltel-::-11
 Verso lʼintegrazione dei servizi: lo
scenario “Elderly Care”
Uno scenario applicativo che evidenzia la

PATIENT ECOSYSTEM: COME INNOVARE tendenza evolutiva nell’erogazione dei

servizi a favore di una rete sempre più
integrata è rappresentato dalla cura da

L’EROGAZIONE DI SERVIZI AI MALATI casa dell’anziano (Elderly Care), uno

scenario analizzato nell’ambito del
Progetto europeo WASP (Wirelessly
Accessibile Sensor Populations), alla cui
realizzazione ha contribuito attivamente
CEFRIEL.

Enrico Frumento
La visione a lungo termine del progetto

CEFRIEL
prevede che il paziente possa accedere a
un particolare servizio di monitoraggio

Sistemi indossabili, terminali mobili con interfacce naturali e

dello stato di salute, con la peculiarità che
questo nuovo servizio si integri con la rete

nuovi approcci al design dei servizi. Tutto questo costituisce il

di servizi già presenti (ad esempio se
l’utente è già in possesso di sistemi di

passaggio da un sistema fisico “centralizzato”, lʼospedale, ad

monitoraggio dei parametri fisiologici per
applicazioni di wellness, oppure se ha già

un ecosistema caratterizzato da una rete di servizi

un servizio di telecontrollo della propria
salute per altre patologie).

delocalizzata e abilitata dalle nuove tecnologie mobili.

Con il progetto WASP, da una parte è la
casa a diventare “intelligente”, in quanto

Lʼesperienza del cosiddetto “Patient Ecosystem”.

dotata di sensori per il monitoraggio
ambientale, posizionati in alcuni punti
strategici (porte, letto, bagno, ecc.) e,
dall’altra, è la persona stessa ad indossare
dei sensori in grado di monitorarne i

fronte del progressivo mobile deriva dalla comodità di utilizzo,

A invecchiamento della
popolazione, le strutture sanitarie,
in particolare quelle ospedaliere,
devono “ripensare” i propri servizi in
un’ottica nuova, in grado di rispondere alle
esigenze di un numero crescente di
pazienti che con l’avanzare dell’età sono
affetti da cronicità e comorbidità (presenza
di più patologie croniche), ma
potenzialmente ancora attivi socialmente e
con un’aspettativa di vita medio-lunga.
Questo fenomeno s’inserisce in un
contesto caratterizzato dalla riduzione dei
fondi pro capite del Sistema Sanitario
Nazionale, con una conseguente
deospedalizzazione precoce e una
dall’ubiquità di accesso, ma soprattutto
dalla recente introduzione di interfacce
evolute e facilmente usabili da chiunque,
le cosiddette “Natural User Interfaces1”.
In generale, si può dire che “Moving to the
Humans is the new wave”, facendo
riferimento sia alle molte evoluzioni
tecnologiche, la cui caratteristica comune
è quella di porre l’utente “al centro”
(sistemi indossabili, interfacce naturali ed
emozionali, design per l’innovazione user-
centered, ecc.), sia, soprattutto, al modo in
cui gli stessi accedono ai servizi. In questo
contesto, stanno assumendo particolare
importanza le “Body Sensor Network”
(BSN), ovvero reti di sensori indossabili in

Figura 1 - Patient-centered health system

riduzione dei centri ospedalieri periferici. grado di rilevare i parametri fisiologici della
Una delle soluzioni perseguite dalla persona per applicazioni sia in ambito
Comunità Europea tramite numerosi bandi sanitario che wellness.

Servizi vs ecosistemi: il “patient

di ricerca è il miglioramento dei servizi e

della tecnologia dell’Assisted Living, cioè
della “cura a casa”, direttamente presso il
domicilio del paziente, evitando
possibilmente del tutto o riducendo al
minimo il passaggio in strutture
ospedaliere.
Lo sviluppo dei sistemi di Assisted Living
rappresenta, tuttavia, solo uno degli
aspetti evolutivi del sistema sanitario.
S’inizia, infatti, a parlare di un
cambiamento radicale a lungo termine dei
modelli ospedalieri in direzione del
cosiddetto “Patient Ecosystem”, ossia
dell’evoluzione dell’ospedale da semplice
luogo di cura a una rete di servizi erogati al
ecosystem”
Occorre innanzitutto operare un’importante
distinzione fra i “servizi” e gli “ecosistemi”.
Per ecosistema s’intende una rete di
servizi integrati in grado di interagire fra
loro per offrire all’utente un’unica visione,
senza soluzione di continuità. Grazie
all’evoluzione di alcune tecnologie chiave,
come le “Body Sensor Network”, e alla
nascita di una moderna metodologia di
design, si è iniziato a comprendere la
maggiore utilità dei singoli servizi, se offerti
in modo “integrato” e all’interno di un
ecosistema. Nell’ambito sanitario questa

Figura 2 - Schema di un sistema di cura domestico integrato (fonte: progetto WASP)

malato, presso la sua abitazione, tramite
differenti canali e nuove tecnologie.
Per raggiungere questo obiettivo, però, le
tendenze evolutive del sistema sanitario
debbono inserirsi in un contesto
decisamente più ampio, caratterizzato da
un netto rinnovamento della modalità di
erogazione dei servizi: da servizi “al
cittadino” a servizi erogati “presso il
cittadino”. Caratteristica importante di
questa trasformazione è l’adozione sempre
più ampia di canali mobili per l’erogazione
dei servizi. Questo primato del mondo
considerazione è particolarmente vera,
poiché, prima che in altri contesti pubblici,
ci si è resi conto della necessità di
integrazione per offrire un servizio migliore
al paziente. La particolarità dell’ambiente
sanitario ha permesso di riconoscere
anzitempo la centralità dell’utente rispetto
ai servizi che gli ruotano attorno (vedi
Figura 1).
Fino a qualche anno fa gli ecosistemi in
ambito sanitario erano intesi come
racchiusi entro le mura ospedaliere.
L’evoluzione attesa si basa invece
sull’abbattimento di quest’ultimo attributo
di luogo, a favore di una rete di servizi
completamente delocalizzata. Idealmente,
quindi, l’ospedale manterrà il suo ruolo
tradizionale per le cure che non possono
essere delocalizzate e sarà l’istituzione in
cui viene mantenuta la competenza clinica
e dalla quale eventualmente operano, da
remoto, le specifiche professionalità
mediche richieste.
parametri biologici.
L’architettura tecnologica di questa nuova
rete di sensori si basa su una “Body Area
Network” (BAN) che registra,
autonomamente, i diversi segnali inviati
tramite palmare, cellulare o altro “device”
indossato dal paziente ed elabora in
maniera intelligente le informazioni relative
al suo stato di salute e alle sue abitudini di
vita. Grazie per esempio a un dispositivo in
❱

-::-beltel-::-12

Figura 3 - Ipotetica distribuzione dei sensori di una BSN sul corpo
miniatura, da indossare come un cerotto,
in qualunque momento della giornata si
possono rilevare, in base alle diverse
patologie dei pazienti presi in esame, la
traccia elettrocardiografica, la saturimetria
per monitorare l’ossigeno nel sangue, la
frequenza cardiaca, la pressione arteriosa,
la temperatura corporea e la risposta
galvanica della pelle, indice che riflette il
contenuto idrico della pelle stessa,
influenzato dall’attività fisica e dagli stimoli
emotivi.
In funzione della nuova ottica di “Patient
Ecosystem”, il terminale mobile, o un
dispositivo apposito, diventa il centro di
coordinamento e smistamento verso
l’erogatore del servizio (ad esempio
l’ospedale). Le reti di sensori indossabili
registrano autonomamente i diversi segnali
biologici dell’anziano e, una volta elaborati,
tali segnali vengono inviati all’ente
erogatore del servizio, che diventa un
particolare tipo di “competence center” in
grado di offrire il servizio di cura/assistenza
“on-demand” (vedi Figura 2).
La tecnologia wireless permette quindi di
monitorare a domicilio, 24 ore su 24, i
pazienti anziani, offrendo loro una
maggiore sicurezza e la possibilità di
proseguire le cure rimanendo nella propria
casa, senza modificare in maniera incisiva
le abitudini quotidiane. Ciò consente sia di
ridurre le condizioni di isolamento e
solitudine collegate al ricovero,
aumentando l’autonomia e la fiducia in se
stessi dei pazienti anziani, sia di ridurre il
tasso di ospedalizzazione e le spese
sanitarie generali. L’assistenza domiciliare
remota, inoltre, favorisce la promozione di
percorsi di auto-gestione della malattia, i
cui risultati in termini di recupero e di
mantenimento dello stato di salute sono
confermati dalla comunità scientifica.
Il paziente al centro
dellʼinnovazione tecnologica dei
servizi
Il caso di studio Elderly Care sviluppato
all’interno del Progetto WASP ha
evidenziato l’importanza di porre l’utente
“al centro” nella progettazione dei servizi.
La Comunità Europea da qualche anno
promuove la realizzazione e adozione di
“servizi on-line” nei vari ambiti (e-health, e-
government, e-learning, ecc.), ma vi è
sempre stata mancanza di chiarezza nel
tipo di accesso da usare (terminali mobili,
PC da casa o altri personal device) e nella
eccessiva eterogeneità delle interfacce, in
genere caratterizzate anche da una scarsa
ergonomia. Conseguentemente, ben pochi
di questi servizi hanno superato le iniziali
fasi di sperimentazione, arrivando a un
reale utilizzo da parte degli utenti.
Mancavano di fatto alcune tecnologie
chiave che, aiutando a superare le barriere
cognitive e culturali delle persone,
rendessero questi servizi realmente fruibili
da tutti. Il problema in sintesi è stato, da
una parte, offrire un servizio ben definito e,
dall’altra, adattare le modalità di
interazione al contesto, rappresentato da
tipo di utente, ambiente e cultura.
In questo scenario di riferimento, si
possono individuare alcune tecnologie
chiave che più di altre stanno aiutando a
compiere questo cambio di prospettiva:
• Sistemi indossabili. I sistemi indossabili
stanno diventando, non solo in ambito
sanitario, ma anche in ambito wellness,
particolarmente importanti per
comprendere il contesto fisico dell’utente.
Le applicazioni spaziano dall’assistenza
sanitaria domestica fino all’interazione
automatica con il proprio ambiente (si
parla in questo caso di “home
automation”, ovvero dispositivi ed
interfacce che si adattano all’utente in
modo automatico)2.
• Natural User Interfaces e Natural
Gestures. Da sempre gli utenti dei sistemi
informatici hanno dovuto imparare a
utilizzare le varie interfacce, alterando o
adattando, di volta in volta, i propri
processi cognitivi. Il ragionamento che
sta dietro alle “natural user interfaces”,
arricchite dall’utilizzo delle “natural
gestures”, è invece l’opposto: il sistema
informatico impara ad adattarsi al modo
naturale di interazione proprio di ogni
persona. Al momento, sul mercato si
stanno affacciando le prime tecnologie
ispirate alle natural gestures (i sistemi
“touch” ad esempio), o alle “natural user
interfaces” (si pensi ad esempio
all’interfaccia del recente Windows 7
mobile). Altre però stanno facendo la loro
comparsa sul mercato, anche grazie
all’evoluzione dei sistemi indossabili (ad
esempio le interfacce emozionali3).
Un interessante esempio dell’importanza
di questi due elementi tecnologici è
rappresentato dai Sistemi Ultramobile4,
una delle evoluzioni dei terminali mobili
moderni. I sistemi ultramobile
rappresentano una particolare forma di
sistemi indossabili, trattandosi di terminali
mobili pensati per essere, non soltanto
potenti e flessibili, ma anche per poter
essere sempre indossati dall’utente. Allo
stesso tempo, questi terminali sono
progettati per essere usati da chiunque
-::-beltel-::-13
con un impatto cognitivo minimo (ad
esempio l’iPhone viene venduto addirittura
senza manuale cartaceo) e facendo ampio
uso di interfacce naturali e gesture (ad
esempio inteso come riconoscimento di
movimenti, posizioni e gesti volontari).
Lʼevoluzione dei sistemi
indossabili: le “Body Sensor
Network”
Le “Body Sensors Network” (BSN)5
rappresentano una delle più interessanti
innovazioni nell’ambito della tecnologia per
il monitoraggio dei parametri biologici delle
persone (utile sia nel caso di monitoraggio
dello stato di salute che per finalità
riguardanti il wellness). Una BSN, in sintesi,
può essere definita come un insieme di
sensori wireless, cioè senza fili, che
dialogando fra loro formano una “rete di
misura”, collocata sul corpo della persona
(vedi Figura 3). Ogni sensore misura infatti
uno specifico parametro corporeo e tutti
insieme misurano la condizione fisica
generale della persona6. Le BSN sono
quindi sistemi biometrici (che misurano
alcuni segnali biologici) indossabili senza
fili ed estremamente flessibili. Le BSN
nascono come specializzazione delle
“Wireless Sensors Network” (WSN), dalle
quali si differenziano perché i sensori
misurano grandezze biologiche e sono
applicati sul corpo.
Il principio generale sfruttato dalle BSN è il
fatto che il corpo sia fonte di numerose
informazioni, legate di volta in volta allo
stato di salute della persona, oppure alle
sue condizioni psicofisiche del momento
(es. stress, disagio, oppure attività
sportiva). Questo principio è ben noto e
sfruttato da tempo dalla medicina (si pensi
alla misurazione della febbre, che viene
effettuata appoggiando alla pelle un
termometro). Tuttavia, la misurazione dei
parametri vitali con metodi tradizionali non
è sempre agevole e, anzi, talvolta
addirittura invasiva, generando difficoltà
che rendono scomodo ripeterla troppo
frequentemente, se non in condizioni di
particolare gravità clinica.
Grazie allo sviluppo delle tecnologie di
misurazione e alla miniaturizzazione
elettronica delle BSN, è diventato possibile
compiere queste misurazioni con
continuità, durante la normale attività
lavorativa, sportiva e, in generale, durante
tutto l’arco della giornata. Le informazioni
rilevabili si sono quindi moltiplicate anche
in contesti non patologici, grazie alla
possibilità di correlare i segnali biologici
raccolti non solo a stati di malessere, ma
anche a stati più sfuggenti e transitori,
legati alla normale vita quotidiana.
Alcuni esempi sono il riconoscimento,
tramite la misura dei biosegnali, delle
emozioni, degli stati di stress, del
particolare stato della persona
(movimento, corsa, caduta, ecc.) sia per
applicazioni sanitarie che di wellness.
Il contributo del Design
nellʼinnovazione dei servizi
Una menzione particolare merita, infine, il
ruolo sempre più importante rivestito dal
Design nell’innovazione dei servizi. Nel
Commission Staff Working Document
“Design as a driver of user centred
innovation”7 viene infatti analizzato in forma
estremamente dettagliata il contributo del
design all’innovazione e alla competitività.
In tale senso è chiaramente descritto come
il design assuma la valenza di “progetto
culturale”, acquisendo un ruolo strategico
per innovare i servizi al cittadino.
Ciò comporta però un cambiamento nella
natura dell’innovazione necessaria, in
quanto la sfera della tecnologia e dei
servizi si fonde con quella dei significati e
delle esperienze. Di fatto, se fino a poco
tempo fa la relazione tra forma fisica e
funzione tecnica ha dominato la teoria e la
pratica del design, gli ultimi anni sono stati
caratterizzati da uno spostamento verso
l’utente e, soprattutto verso la “user
experience”, guidata da tre fattori
importanti:
• Design, inteso come progettazione delle
interazioni, con particolare attenzione a
piacevolezza ed efficacia grafica e
funzionale;
• Usability, in quanto riduzione dell’impatto
cognitivo necessario per accedere al
servizio, da cui consegue l’accettazione
del prodotto da parte dell’utente;
• Adaptability, ovvero l’autoadattabilità dei
servizi ai differenti contesti d’uso (mobile,
sedentario, in velocità, in un contesto
familiare o no, ecc.).
Il design diventa, quindi, il “collante”
tramite il quale le differenti componenti si
integrano per creare un servizio realmente
utile ed utilizzabile.
Conclusioni
Grazie all’evoluzione di alcune tecnologie
(sistemi indossabili, terminali mobili con
interfacce naturali e nuovi approcci al
design dei servizi), si sta passando dal
concetto di “servizi” al concetto di “rete di
servizi integrati”.
In particolare, l’innovazione nell’erogazione
di servizi ai malati, soprattutto anziani,
impone il passaggio da un sistema fisico
“centralizzato”, l’ospedale, al cosiddetto
“Patient Ecosystem”, una rete di servizi
completamente delocalizzata e abilitata
dalle nuove tecnologie mobili.
La centralità dell’utente all’interno di
questo ecosistema è particolarmente
importante in ambito sanitario, soprattutto
in scenari di assistenza domestica.
Il paziente deve essere in grado di
utilizzare i nuovi servizi sanitari senza
sforzi cognitivi o cambi di abitudini. Questa
evoluzione rappresenta una grossa novità,
in quanto i servizi possono realmente
diventare pervasivi e facilmente fruibili
ovunque da tutti, grazie all’usabilità delle
applicazioni e alla naturalezza
nell’interazione uomo-dispositivo. ■
NOTE
1 Frumento E., La sicurezza mobile, in
BELTEL, Febbraio 2009.
2 Canina M. et al., IndossaME. Il design e
le tecnologie indossabili, Franco Angeli,
2010.
3 Si veda come esempio
http://www.cefriel.it/index.php/en/innovati
on/our-innolab-projects/455-mood-light.
4 Da non confondere con gli UMPC,
http://en.wikipedia.org/wiki/UMPC.
5 In letteratura vengono anche chiamate
Body Area Network (BAN).
6 Yang G.Z., Body Sensor Networks,
London, Springler-Verlag, 2006.
7 Commission of the European
Communities, Commission Staff Working
Document Design as a driver of user-
centred innovation, Brussels, 2009.
 estendersi al maggior numero possibile di
intermediari operanti a livello europeo:
amministrazioni locali (dove vengono

ADDME! STRATEGIE, POLITICHE E BUONE forniti almeno il 70% dei servizi di e-

government), ONG, associazioni di
categoria, sindacati e altre organizzazioni

PRATICHE PER L’E-INCLUSION IN EUROPA sociali, istituzioni a sostegno dei gruppi

svantaggiati (come fondazioni ed enti di
beneficenza), nonché istituti privati
disposti a sostenere i programmi di
inclusione sociale.

I beneficiari delle politiche

di Carlo Maria Medaglia di e-inclusion
"Sapienza" Università di Roma
e Lorenzo Orlando
La necessità di definire con precisione i

Laboratorio Logos, CATTID (www.w3.uniroma1.it/logos/)

destinatari finali delle pratiche di e-
inclusion nasce dalla consapevolezza

Nasce ADDme! Una rete europea che si pone lʼobiettivo di

delle particolari e specifiche
problematiche legate a ogni target. Il

riunire insieme organizzazioni ed enti pubblici impegnati a

progetto si rivolge specificatamente alle
organizzazioni operanti con tre categorie

combattere lʼesclusione sociale e a promuovere le ICT quale

di cittadini a rischio di esclusione sociale:
anziani; giovani a bassa scolarizzazione o

piattaforma abilitante alla creazione di nuovi servizi.

giovani immigrati; operatori della PA (con
particolare riguardo per i soggetti
operanti presso amministrazioni locali con
meno di 5mila abitanti). Gli anziani
(specialmente nel caso di soggetti già

Lʼe-Inclusion nel panorama europeo

pensionati e con basso reddito) sono
/PSP), che mira a stimolare innovazione e • lo sviluppo di specifiche metodologie per considerati tra i soggetti a più alto rischio
La diffusione delle nuove tecnologie competitività attraverso un uso diffuso potenziare l’azione delle organizzazioni di esclusione digitale e sociale: come
dell’informazione e della comunicazione delle nuove tecnologie dell’informazione e operanti nel settore. dimostrato da diversi studi e ricerche di
sta apportando profonde modificazioni della comunicazione da parte di cittadini, A tal fine il progetto (già presentato ambito europeo, la percentuale di
nella vita quotidiana di milioni di persone. governanti e mondo dell’imprenditoria. ufficialmente nel corso dell’edizione 2010 popolazione di età superiore ai 65 anni è
Che si tratti della gestione delle relazioni Obiettivi dichiarati del progetto sono: dell’EISCO Conference che ha avuto luogo in costante crescita, e tale trend non pare
sociali o dell’attività lavorativa, gli ambiti • la diffusione dell'uso dei servizi pubblici a Bilbao nel mese di maggio) riunisce in destinato a mutare nel breve periodo.
della propria sfera personale che possono ICT come valido supporto a persone e un’unica comunità di pratica un numero Appare evidente come tale fascia della
trarre beneficio dalla diffusione delle ICT organizzazioni a rischio di esclusione rilevante di organizzazioni provenienti da popolazione, sempre più rilevante, debba
sono molteplici. Ciò è particolarmente vero sociale; diversi paesi europei. essere in condizione di potere usufruire
anche per determinate classi di servizi • la creazione di una comunità di pratica Presenti per l'Italia l’Università “Sapienza” appieno dei vantaggi offerte dalle ICT.
forniti dalla Pubblica Amministrazione, che che riunisca i maggiori operatori del di Roma (che col laboratorio CATTID è Alla base di tale problematica, oltre ad un
può approfittare di strumenti in grado di settore; coordinatore del progetto), Fondazione livello di alfabetizzazione informatica
erogare servizi fortemente profilati sulle • la diffusione della consapevolezza sulla Mondo Digitale, Comune di Modena e generalmente di livello medio/basso,
esigenze dell’utente finale con efficienza e necessità di attuare e coordinare attente ADICONSUM. troviamo una diffusa resistenza al
rapidità, superando la storica distanza dal politiche di e-government inclusivo; Da tale nucleo iniziale la community vuole passaggio all’uso delle tecnologie digitali
cittadino.
In questo contesto la necessità di garantire
a tutti i cittadini l’accesso ai vantaggi offerti
dalle ICT assume peso prioritario. Ciò è
soprattutto vero per tutte le categorie “a
rischio”, per le quali una situazione di
prolungato digital divide può facilmente
trasformarsi in nuove forme di esclusione
sociale. Le iniziative per efficienti politiche
di e-inclusion attraverso le nuove
tecnologie non mancano e si stanno
diffondendo in tutti i paesi europei.
Dalla volontà di raccogliere le migliori
pratiche in questo campo per costruire un
“frame work” comune entro cui agire
nasce ADDme! rete europea che si pone
l’obiettivo di riunire insieme organizzazioni
ed enti pubblici impegnati a combattere
l’esclusione sociale e a promuovere le ICT
come piattaforma abilitante alla creazione
di nuovi servizi. In particolare, la rete si
impegna a condividere e diffondere
soluzioni e buone pratiche per far sì che
determinate classi sociali della
popolazione, a forte rischio di esclusione
sociale, diventino i principali beneficiari
delle innovazioni che le ICT stanno
apportando nei servizi pubblici.

Il Network ADDme!
La nascita e la crescita della rete ADDme!
© Omar Houssien

sono oggetto di un apposito progetto

europeo, commissionato dalla Comunità
Europea, rientrante tra le iniziative definite
dall’ICT Policy Support Programme (ICT

-::-beltel-::-14
nei più diversi ambiti della propria sfera
personale, che si traduce in uno scarso
ricorso ai nuovi strumenti delle ICT nei
suoi molteplici aspetti.
Altrettanto urgente appare la necessità di
raccogliere e coordinare le iniziative
destinate ai NEETs (Not in Education,
Employment or Training) una categoria che
racchiude i giovani (generalmente di età
compresa tra i 16 e i 18 anni) con un livello
di scolarizzazione basso, disoccupati o
con lavori saltuari e precari. Rientrano in
questa categoria anche giovani immigrati
in condizioni di povertà, le cui difficoltà di
integrazione sono spesso dovute anche a
differenze culturali e linguistiche. Si tratta
naturalmente di uno scenario
particolarmente delicato e variegato in cui
i vantaggi derivanti dalla diffusione di
servizi ICT abilitanti all’accesso ai pubblici
servizi stanno assumendo sempre maggior
peso.
Target particolare è costituito dai “civil
servants”, gli operatori impiegati presso
amministrazioni di medie e piccole
dimensioni in territori in situazione di
“digital divide”. L’importanza delle nuove
tecnologie per tale target si rivela cruciale
e determinante per l’attuazione di politiche
e pratiche che rinnovino processi, servizi e
partecipazione alla vita civile.
L’educazione alle ICT è inoltre passo
cruciale nel percorso d’implementazione
dell’Agenda Digitale Locale, il piano
strategico europeo per lo sviluppo della
società dell'informazione in città, comuni e
regioni.
La community on-line
Abbracciando quella che è la mission del
progetto, la stessa comunità di pratica ha
scelto il web come strumento privilegiato
attraverso cui condividere e diffondere
pratiche ed esperienze. Il network
ADDme! è presente su epractice.eu, il
portale della comunità europea che
raccoglie numerose comunità di pratica
operanti in Europa sui temi dell’e-
Democracy, e-Partecipation ed
e-Inclusion.
Attraverso gli strumenti tipici del Web
(quali blog, Web TV, forum, cartelle
condivise) il portale vuole presentarsi
come luogo privilegiato per la diffusione e
lo scambio di idee ed esperienze.
L’iscrizione alla community è ovviamente
aperta anche a soggetti privati e
organizzazioni non espressamente
operanti nel campo dell’e-inclusion,
nonché ai semplici cittadini, che possono
così avere accesso a tutte le risorse
condivise dal network: casi di studio,
rapporti, studi di settore, presentazioni e
report.
Numerosi i casi già a disposizione degli
utenti, come l’iniziativa Surfing the Job
(destinata a potenziare le conoscenze del
Web tra i giovani per favorire la ricerca di
un impiego) o il portale inglese ESD toolkit
(vero e proprio database di progetti e
tools per l’implementazione di politiche di
e-inclusion).
Le esperienze e i casi di eccellenza non
mancano. Affinché da questo patrimonio
(talvolta poco conosciuto) nascano
iniziative di successo realmente in grado
di varcare i confini nazionali è però
necessario un impegno sincero
all’incontro e alla condivisione. ADDme! è
qui per questo. ■ video, uno per la radio e ha anche
SOCIAL MEDIA MARKETING:
ISTRUZIONI PER L’USO
Elena Comelli
Giornalista, collaboratore di quotidiani e periodici
Il Web non è unʼentità monolitica, bensì un insieme di canali
con cui creare delle comunità, instaurare un dialogo,
comunicare, e saper ascoltare: meditate aziende, meditate…
lgida passa al social media
A marketing: in occasione del suo
cinquantesimo compleanno (1960-
2010), il cornetto è andato in Rete
con il Cornetto Date Maker
(www.cornetto.com) e per rilanciarlo tra i
teenager, target sempre meno legato ai
media tradizionali, è stata aggiunta al gioco
on-line anche la community Cornetto Date
Maker su “Habbo.it”
(www.habbo.it/groups/cornettodatemaker).
È solo uno degli ultimi esempi. Il fenomeno
del Web 2.0, che interessa centinaia di
milioni di utenti Internet in tutto il mondo, è
ormai diventato un ambito in cui anche le
aziende possono svolgere attività di
marketing e comunicazione in modo
intensivo ed efficace. L'obiettivo è proprio
quello di entrare in rapporto diretto con gli
iscritti ai social network, stabilendo una
relazione più personale e immediata
rispetto a quella che si può instaurare
tramite i media tradizionali come la
televisione e la carta stampata. Avere una
presenza efficace nel Web non significa più
avere il sito vetrina dell’azienda, ma fare in
modo che le persone parlino dei prodotti e
dei servizi dell'azienda attraverso post nei
social network, blog, video in YouTube,
tweet, recensioni degli utenti nei portali
appositi.
Barilla è stata una delle aziende pioniere in
Italia nell'utilizzo di strategie social media
marketing. Con il blog
“www.nelmulinochevorrei.it”, già dall'anno
scorso si è aperta ai contenuti esterni,
consentendo agli utenti di proporre nuove
soluzioni di packaging per prodotti
esistenti, nuovi prodotti da lanciare e slogan
per gli spot pubblicitari dell’azienda. Gli
stessi utenti potevano votare le idee più
apprezzate e quelle più votate sono state
realizzate. Un'altra presenza importante nel
panorama Web 2.0 è la Fiat, con
“www.fiatontheweb.it”, un corporate blog
ma anche un aggregatore di news, video e
iniziative sui nuovi modelli e le attività di
promozione collegate al brand. Il Lingotto è
presente su Facebook, Twitter, FriendFeed,
Flickr e Delicious e in particolare usa il
canale su Twitter per comunicare le novità
dei prodotti, eventi collegati e dialogare con
i consumatori su informazioni riguardanti il
brand. Coin si spinge oltre: è su Facebook,
FriendFeed, Twitter, ha un canale per i
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sviluppato gadget digitali come il widget
per iGoogle. Ferrero invece ha creato una
sorta di community,
“evviva.kinderpiusport.it”, legata alla
diffusione dello sport tra i giovani.
Ovviamente, per ottenere risultati
significativi e rendere pienamente efficaci le
azioni di marketing svolte mediante i social
network bisogna conoscere le dinamiche di
comunicazione che queste piattaforme
consentono e adottare delle modalità di
proposizione dei contenuti appropriate e
vincenti. In caso contrario, gli effetti sono
nulli o addirittura controproducenti, finendo
per scatenare delle reazioni degli utenti che
possono perfino danneggiare l'azienda.
A titolo di esempio, basta ricordare un caso
di effetto boomerang devastante per
un'azienda, la Kryptonite, a partire da un
post su un blog e da un video su YouTube
(www.youtube.com/watch?v=LahDQ2ZQ3e
0&feature=fvw) in cui si spiegava come
aprire con una semplice penna bic i suoi
lucchetti per biciclette a forma di U. La
notizia si è diffusa in maniera virale nel giro
di pochi giorni e l'azienda è stata obbligata
a spendere dieci milioni di dollari per
sostituire gratuitamente 380mila lucchetti
difettosi in tutto il mondo.
Il problema è che proporre contenuti sul
Web 2.0 significa sempre e comunque
esporsi al giudizio degli utenti, quindi
occorre prestare grande attenzione a come
si comunica e al valore di ciò che si dice.
Ma per vincere nel social media marketing
bisogna innanzitutto essere eccellenti alla
base, ossia nel prodotto o servizio che si
vuole promuovere, perché nel marketing
del passaparola un cliente insoddisfatto
può attivare un passaparola negativo più
efficace rispetto a quello attivato da un
cliente soddisfatto.
La domanda chiave allora è: in che modo
utilizzare correttamente i vari social network
per il marketing e la comunicazione
d’impresa? Quali tecniche si devono
seguire per massimizzare l’efficacia delle
azioni svolte e per conseguire i risultati
migliori? Che tipo di azioni
permette di svolgere al
meglio ciascun social
network? È chiaro
©
che per
produrre
risultati
efficaci il
social media marketing non va inteso come
la semplice realizzazione di una pagina
aziendale su Facebook in cui inserire di
tanto in tanto qualche aggiornamento, ma
deve comprendere numerosi canali sul
Web, nei quali far fluire contenuti,
informazioni e conversazioni con gli utenti.
Ma il punto fondamentale è il tono: bisogna
evitare il tono istituzionale del “mass
marketing” degli anni '70 e prendere molto
sul serio le indicazioni degli utenti.
Oggi il dialogo è bidirezionale e se si riceve
una critica, bisognerà rispondere subito,
senza polemizzare, cercando di capire qual
è il motivo di insoddisfazione, tramutarla in
feedback e utilizzarla per migliorare il
prodotto. Se ci sono utenti che parlano
male di un'azienda e dei suoi prodotti senza
una vera ragione, come nel caso dei
commenti denigratori tipici dei concorrenti,
bisognerà agire diversamente, anche
utilizzando la moderazione dei commenti.
Se invece si pensa di poter promuovere un
prodotto scadente sui social media
facendolo passare per ottimo, meglio
lasciar perdere.
Va detto che anche in una campagna ben
orchestrata qualcosa può andare storto:
non esiste un autentico esperto di una
materia che non abbia mai subito attacchi.
Ma di solito il vero esperto sa rispondere
con intelligenza ai commenti ricevuti, senza
prestare il fianco a sterili provocazioni.
Questo è il modo migliore per consentire al
lettore di giudicare da solo chi ha più
preparazione ed esperienza. Se invece le
argomentazioni sono scarse e la capacità
di sostenerle è vacillante, si può star certi
che prima o poi capiterà d'incontrare
qualcuno in grado di dimostrare
l'incompetenza di chi scrive sul
corporate blog o nei vari social
network, pregiudicando
l'attendibilità del
marchio. ■
i
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ENTERPRISE 2.0: AURORA DI UNA NUOVA ERA
O PROMESSA NON ANCORA MANTENUTA?
di Ezio Cerquaglia
Skillnet Consulting Srl
Lʼintroduzione proficua dellʼEnterprise 2.0
impone la predisposizione dellʼambiente
di lavoro al cambiamento culturale. Questa ed altre importanti
riflessioni emergono dai risultati di alcune
ricerche condotte sulla realtà italiana delle imprese.
lla primavera 2006 Andrew
Ne McAfee, a quel tempo
“Associated Professor” alla
Harvard Business School,
in un articolo per il MIT Sloan Mgmt Review
coniò il termine Enterprise 2.0, a indicare l’
utilizzo di tool e metodologie del Web 2.0
all’interno dell’azienda.
Il titolo dell’articolo, “Enterprise 2.0: the
dawn of emergent collaboration”, e il suo
contenuto lasciavano intendere una forte
aspettativa rispetto alle possibilità offerte
alle imprese dall’utilizzo di piattaforme di
“social software”. Recenti ricerche svolte
sulla realtà italiana dal Master di Impresa
del Politecnico di Milano e da ABILab (per
il settore bancario) hanno evidenziato che
in effetti la penetrazione di tali tecnologie
all’interno delle aziende c’è stata in questi
anni, con investimenti in crescita,
nonostante il periodo di crisi abbia indotto
a comprimere i budget in Information
Technology (IT).
Se quasi tutte le aziende del campione
hanno in corso progetti (soprattutto nelle
aree UC&C – Unified Communication &
Collaboration ed ECM – Enterprise Content
Management), l’ammontare degli
investimenti (mediamente tra i 220 e
260.000 euro) fa pensare che si sia rimasti
ad una fase “prototipale” e che gli
strumenti messi a disposizione non siano
ancora entrati nel pieno della cultura e
dell’operatività aziendale.
Un’altra indicazione emersa è che, a
differenza da quel che accade nel Web
2.0, non è sufficiente la messa a
disposizione di strumenti ed infrastrutture a
garantire una partecipazione attiva degli
utilizzatori; c’è da dire che anche negli Stati
Uniti una ricerca ha evidenziato che solo il
10% dei dipendenti di aziende con
piattaforme di “social enterprise” le
utilizzano in modo pro-attivo (e di questo
10%, il 90% si limita a commentare le
proposte del rimanente 10%).
Dalle esperienze presentate si possono
comunque trarre alcuni spunti:
• la differenza di quanto è accaduto ed
accade nel Web 2.0, all’ interno
dell’azienda non sembra che si diffonda
spontaneamente, secondo il modello
virale, l’utilizzo degli strumenti di
collaborazione; la modalità di utilizzo è
molto più simile a quella delle tecnologie
tradizionali, attraverso stadi di
apprendimento e maturazione successivi,
con andamenti simili a quelli descritti
dalle curve di Nolan (vedi modello di
Nolan: strumento manageriale per il
controllo dell’evoluzione informatica
aziendale, ndr);
• stanno avendo maggior successo i casi
di introduzione “mirata” (in uno specifico
settore o processo aziendale) piuttosto
che quelli che prevedono la copertura
dell’intera azienda, a testimonianza che in
mancanza di maturità dell’utente e di
stimoli derivanti da benefici per la propria
operatività, nessuno strumento, per
quanto innovativo e “alla moda”, ha
successo;
• non sono ancora utilizzati modelli adatti
alla valutazione dei benefici e a mettere
correttamente in relazione l’introduzione
di strumenti di “social enterprise” con i
risultati business di medio o lungo
periodo.
Per quanto riguarda il primo punto, occorre
tener presente che, rispetto ai tradizionali
sistemi IT, la cui implementazione può
essere considerata come un task tecnico –
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© Eleonora Barbassi
ingegneristico (l’utente non ha scelta
perché usare correttamente una
funzionalità di SAP è una norma aziendale,
che deve essere accettata), partecipare in
modo convinto ed efficace a processi di
“social enterprise” è una decisione
volontaria, determinata dal valore che
l’utente ne intravede per il proprio lavoro.
È quindi particolarmente importante:
• selezionare la struttura iniziale dei
partecipanti in modo molto accurato;
• ascoltarne attentamente suggerimenti e
problemi;
• stimolarne sempre il coinvolgimento,
anche quando è necessario dare indirizzi;
• enfatizzare sempre il “committment” del
management sul progetto gestendo con
molta attenzione l’evidenziazione di
comportamenti virtuosi.
Questo spiega anche il secondo punto:
difficilmente si riesce a creare un
coinvolgimento forte dell’intera azienda
mentre è più facile circoscrivere
inizialmente l’innovazione ad una parte di
essa che, vuoi per l’attività svolta, vuoi per
la sua cultura / maturità, è più disponibile a
sperimentare nuove modalità operative.
Il problema è decidere da dove iniziare,
quale processo o struttura operativa si
presta meglio a questo tipo di innovazione
tecnologica: ogni azienda è un caso a sé,
in quanto una scelta corretta deve tener
conto di una pluralità di fattori, quali le
risorse umane coinvolte (il fattore forse più
importante, come visto più sopra), la
possibilità o meno di far partecipare
partner o clienti, le priorità aziendali, oltre
che la strutturazione organizzativa e l’
architettura tecnologica in essere (più o
meno suddivisa in compartimenti stagni).
In funzione del processo / struttura poi
possono essere scelti strumenti e
tecnologie più adatti, classificabili tra le
aree:
• sistemi di community management interni
all’azienda o ibridi per il coinvolgimento di
partner e/o clienti;
• strumenti di condivisione di contatti;
• strumenti di condivisione di oggetti /
attività (ad esempio per la progettazione /
review di prodotti).
In ogni caso, è necessario, oltre che
opportuno, definire una “business case”
che ne evidenzi i vantaggi e ne quantifichi
il valore, tenendo conto però, oltre alle
dimensioni tradizionalmente usate, anche
di elementi quali:
• il valore che la collaborazione e
l’interazione hanno in un moderno
ecosistema business, arricchendo i
processi tradizionali in termini di reattività
e gestione efficace dell’operatività con
Partner e Clienti;
• la possibilità di offrire prodotti e servizi più
“personalizzati” sulle specifiche esigenze
dei clienti (“experience economy”) e il
valore aggiunto che questo comporta
nella gestione del rapporto con il Cliente;
• i fattori di rischio determinati dalla
maggior “trasparenza” dei processi
interni e le relative conseguenze su
problematiche di sicurezza, sull’immagine
dell’azienda e sul brand, ecc.
L’importante è che non venga sottovalutato
l’impatto che l’Enterprise 2.0, o forse
sarebbe meglio dire che gli strumenti di
Enterprise Social Software Platform (ESSP),
possono avere sull’azienda e sul suo modo
di operare nel business: non
determineranno probabilmente una
mutazione genetica dell’Impresa, con lo
stravolgimento dei processi business e la
trasformazione organizzativa preconizzati
da Peter Drucker (autore di fama mondiale
per le sue opere sulle teorie manageriali,
ndr), ma è altrettanto pericoloso
considerarli l’ennesima “moda
tecnologica”, buona per imbastire
convegni o generare contratti di
consulenza, ma senza impatti sulla realtà
business.
Gli strumenti di ESSP non sono una
panacea, come non lo è nessuno
strumento tecnologico; consentono però di
complementare gli strumenti IT tradizionali
gestendo le componenti informali delle
attività di un processo, quali le relazioni
interpersonali e quelle non codificate né
documentate.
Il risultato per l’azienda può essere
marginale, se la loro introduzione viene
considerata un mero aspetto di
disponibilità tecnologica, oppure un
contributo significativo a fornire una
risposta ai cambiamenti del mercato,
attraverso un rinnovamento profondo delle
modalità operative e dei criteri di
management e quindi a una gestione del
cambiamento organizzativo e della cultura
aziendale da parte della Direzione. ■
 apprensione degli utenti, principalmente
legata alla poca familiarità con i pagamenti
elettronici più che a un effettivo disservizio

SERVIZI FINANZIARI MOBILI: nel settore della sicurezza, è ancora un

fattore di freno per un’adozione in massa di
soluzioni mobili. La sicurezza merita quindi

900 MILIONI DI UTENTI NEL 2015 un'attenzione particolare sia per gli attacchi
di “phishing”, che nel tempo sono
aumentati andando a colpire anche le
banche di media dimensione, sia per i
nuovi attacchi – più raffinati – come quelli
attraverso virus in grado di estrarre

di Gianluigi Rocca
informazioni personali anche da siti e

Responsabile Product Development Divisione Financial Institutions SIA-SSB

portali di “social networking”.

Con il boom degli smartphones,

Le Istituzioni finanziarie hanno una forte
reputazione nella gestione della sicurezza:

sempre più acquisti e pagamenti via cellulare.

“token” ed SMS, cioè sistemi di password
usa e getta che si possono utilizzare anche
attraverso il cellulare, sono diventati il
principale strumento di riferimento per
innalzare il livello di percezione della
sicurezza degli utenti finali. In prospettiva,
solo a casa ma salirà a 1,7 miliardi. E se uno su 5 userà i diversificato le modalità di accesso ai già entro l’anno prossimo, la maggior parte

Non ovunque ci si trovi: i

servizi di
pagamento con il
cellulare rappresentano la vera rivoluzione
che nei prossimi anni coinvolgerà un
servizi di pagamento mobile, il mercato
raggiungerà un valore di 5 miliardi di
dollari.
In Italia, fino a qualche anno fa, si diceva
che il boom della telefonia mobile era
servizi finanziari, proponendo un mix di
fonia, posta elettronica, SMS e portali Web
dedicati al canale mobile.
C’è da dire che il cliente italiano non è
ancora del tutto aperto sul piano della
delle banche si sarà dotata di sistemi
aggiuntivi di identificazione con password
monouso.
Invece, il mondo dei “social network” non
ha ancora registrato una significativa
numero sempre maggiore di settori. Pagare principalmente legato alla nostra grande fiducia e resiste l'attitudine a un forte presenza nelle iniziative di marketing delle
e acquistare con il cellulare diventerà voglia di comunicare. In realtà, secondo i utilizzo del contante per le necessità banche, ma con la recente diffusione di
presto un’abitudine comune, e si stima già dati ABI 2009, i conti attivi via telefonino quotidiane. E infatti una delle maggiori versioni per cellulare dei principali
un 3% di persone che usa il telefonino per i sono 6,2 milioni, pari già al 19% del totale, opportunità di business nel settore dei operatori, come ad esempio Facebook,
servizi bancari, e che sarebbe anche con una crescita del 31% rispetto al 2008. mobile payments risiede proprio Twitter e Messenger, anche questo canale
disposto a utilizzarlo come strumento di Le operazioni più frequenti via cellulare nell’introduzione di servizi che troverà adeguata collocazione nel mondo
pagamento. Diverse sperimentazioni e sono le richieste di informazioni (circa 6 sostituiscano il contante e supportino in mobile.
lanci commerciali sono stati effettuati sia in milioni, 130mila delle quali relative al modo semplice ed immediato le transazioni In particolare, il fenomeno dei pagamenti
Europa, sia nei paesi in via di sviluppo, con trading), le ricariche telefoniche (2,1 per piccoli importi. su Facebook, attraverso il denaro virtuale
riscontri positivi. milioni) e i bonifici (circa 190mila). L’utilizzo generalizzato del cellulare per le denominato Credits e Paypal Mobile,
In particolare, la fotografia del mercato del Il settore bancario è stato quindi il primo a transazioni finanziarie richiede però la contribuirà certamente all’aumento della
mobile banking, ovvero il servizio che investire in modo importante nella fiducia nella sicurezza e trasparenza dei familiarità delle giovani generazioni con
permette di effettuare operazioni finanziarie multicanalità e i dipartimenti di Information pagamenti, sia su Internet che sul telefono. l’utilizzo della moneta “elettronica
tramite cellulare, mostra un vero e proprio Technology, sollecitati dal marketing, hanno E l’attuale sensazione generale di virtuale”. ■
boom nelle aree Asia-Pacifico e Africa, ma
si intravedono buone prospettive anche per
Usa ed Europa, Italia inclusa. Tra il 2008 e il
2009, il numero di utenti a livello globale è
più che raddoppiato e dovrebbe
aumentare ancora, quasi del doppio, tra
2010 e 2011.
Secondo “Berg Insight”, gli utilizzatori di
servizi finanziari tramite cellulare
arriveranno nel mondo a quota 894 milioni
nel 2015 dai 55 milioni del 2009, con un
tasso annuale composito che sfiora il 60%.
Nel Vecchio Continente, il mobile banking
sarà la naturale estensione delle banche
on-line e verrà sempre più utilizzato man
mano che aumenterà l'uso dei dispositivi
mobili abilitati all'accesso a Internet (entro il
2015 sono previsti 115 milioni di utenti di
mobile banking).
Occorre oggi porre l'accento da una parte
sulle opportunità offerte dalle soluzioni di
pagamento e banking mobile nei paesi
carenti di infrastrutture di rete fissa e di
strutture bancarie tradizionali e, dall’altra,
su come le Nazioni occidentali siano tuttora
restie a usare il cellulare come strumento di
pagamento. Ad esempio in Africa, dove la
maggioranza della popolazione vive con
pochi dollari al mese, ma la diffusione dei
cellulari è costantemente in aumento, solo
una persona su 5 dispone di un conto
corrente, a causa degli alti costi richiesti
dalle banche. Nei mercati emergenti,
© Eleonora Barbassi

complessivamente, circa un miliardo di

persone sono tagliate fuori dai circuiti
finanziari tradizionali, ma possiedono un
telefonino. In base a uno studio della
Cgcap, entro due anni questo numero

-::-beltel-::-17

PENSIAMO “DIGITALE”: PENSIAMO AL FUTURO!
a cura della Redazione
“Le regole da sole non bastano: occorrono al tempo stesso
incentivi alla liberazione dello spettro se si vuole procedere
alla liberazione delle frequenze e a bandire le aste”. Queste le
dichiarazioni di Corrado Calabrò, presidente Agcom, ascoltato
dai senatori della Ottava Commissione di Palazzo Madama a
proposito del Piano nazionale di assegnazione delle frequenze.
Il 6 Ottobre scorso il presidente di Agcom,
Corrado Calabrò, è stato ascoltato dai
senatori della Ottava Commissione di
Palazzo Madama, la Commissione Lavori
Pubblici e Comunicazione, sui temi più
delicati del momento: il Piano nazionale
di assegnazione delle frequenze
(vedi sintesi qui sotto),
e la regolamentazione della futura rete
a banda larga di nuova generazione
(NGN) di cui presenteremo una sintesi
nel numero successivo di BELTEL.
iamo il secondo Paese europeo,
S dopo il Regno Unito, per numero di
emittenti televisive e il Paese
d’Europa con (di gran lunga) il
maggior numero di emittenti televisive
locali. Ebbene, quando nel Giugno 2006 ci
presentammo a Ginevra per la ripartizione
del radiospettro in sede europea, sapete
quante frequenze analogiche risultavano
utilizzate in Italia? Zero, zero frequenze! Di
fatto ne utilizzavamo 24.000, ma nessun
governo si era curato di comunicarlo
all’Unione internazionale delle
telecomunicazioni di Ginevra. A gran fatica
abbiamo ottenuto 3.943 frequenze per la
conversione dall’analogico al digitale. È
questo il punto di partenza. L’occultamento
della realtà italiana era la proiezione
all’estero dell’aporia esistente nel nostro
Paese tra situazione di fatto e princìpi di
diritto, che ha visto l’occupazione di fatto
delle frequenze, sommariamente ratificata
dall’allora Ministero delle poste e
telecomunicazioni (…).
Piano nazionale di assegnazione
delle frequenze
Un Paese membro dell’Unione Europea
non può non avere un piano delle
frequenze. (…) Gli obiettivi dell’atto di
pianificazione sono stabiliti dalla legge.
L’articolo 42 del Testo unico della
radiotelevisione prevede che l’Autorità
adotti il piano delle frequenze “garantendo
su tutto il territorio nazionale un uso
efficiente e pluralistico della risorsa
radioelettrica, una uniforme copertura, una
razionale distribuzione delle risorse tra
soggetti operanti in ambito nazionale e
locale…ssuddividendo le risorse in
relazione alla tipologia del servizio e
prevedendo di
norma per l’emittenza
nazionale reti
isofrequenziali”.
• Il primo
obbiettivo fissato
dalla legge è dunque
quello dell’uso efficiente e
pluralistico del radio spettro.
• Il secondo è la copertura uniforme
del territorio nazionale.
• Il terzo è la riserva di un terzo
della capacità trasmissiva (non
delle frequenze) a favore dell’emittenza
locale.
Il piano delle frequenze, sulla scorta di
quanto disposto dalla delibera 181,
prevede 16 reti, con copertura
approssimativamente pari all’80% del
territorio, da destinare alla conversione
delle reti nazionali analogiche e digitali
esistenti (circa il 30% delle frequenze
disponibili), 5 reti da destinare al “beauty
contest” per cinque nuovi multiplex
nazionali (come da accordi con la
Commissione europea) e 4 reti da destinare
ai servizi innovativi (DVB-H e DVB-T2 per la
RAI). Si tratta complessivamente di circa il
50% delle risorse frequenziali, destinate
all’emittenza nazionale. Il rimanente 50% è
destinato in larga parte all’emittenza locale.
(…) Ci saranno almeno 13 reti regionali,
eventualmente decomponibili, oltre a un
congruo numero di reti sub-regionali. Per
ogni rete sono irradiabili sei programmi
(mentre solo uno era irradiabile in tecnica
analogica). Le televisioni locali potranno
beneficiare su quasi tutto il territorio
nazionale di un miglior fattore moltiplicativo
dall’analogico al digitale di 1:6, contro il
rapporto 1:4 che si applica a Rai, Mediaset
e quello ancora inferiore che si applica a
Telecom (a Rai, Mediaset e Telecom, nel
-::-beltel-::-18
ini
© Niccolò Mas
passaggio
dall’analogico al
digitale, è stata
applicata la cura
dimagrante di un
multiplex). (…) Il passaggio
dall’analogico al digitale è un
passaggio epocale: si tratta di un
processo tecnologico globale1 che sta
determinando una serie di profondi
mutamenti nelle dinamiche del settore
televisivo. Nel nostro Paese i cittadini
coinvolti nel processo di digitalizzazione
sono stati circa 14 milioni nel 2009, mentre
nel 2010 si stima che circa 23 milioni di
persone passeranno al digitale,
raggiungendo il 70% della popolazione. Ma
il Piano guarda doverosamente anche oltre
il 2012 e si prefigge – analogamente ai
piani dei principali paesi europei – un
risultato strategico di lungo periodo (…).
Le comunicazioni mobili hanno bisogno di
frequenze per lo sviluppo di nuovi servizi e
per garantire la qualità di una rete sulla
quale il traffico è esponenzialmente
crescente. Il problema in Italia è più difficile
per tre ragioni:
1. scarsità delle frequenze assegnateci;
2. maggior numero di emittenti televisive, in
specie locali;
3. maggiore utilizzazione dei telefoni
cellulari.
Non si può non destinare alle
telecomunicazioni una parte delle
frequenze contemplate nel Piano, se non si
vuole compromettere lo sviluppo del
settore, con riflessi, in definitiva, anche
sull’audiovisivo2.
Sia pure con maggiore difficoltà che negli
altri paesi europei, la tutela dei diritti delle
emittenti è compatibile con l’ineludibile
liberazione di banda per il cosiddetto
“dividendo digitale” esterno.
A cominciare dai 72 MHz liberabili sulla
pregiata banda 800 (le frequenze da 61 a
69 utilizzate dalla televisione) che al più
tardi entro il 2015 – e forse già entro il 2013,
secondo l’ultima proposta della
Commissione al Parlamento europeo3 –
dovrà essere destinata in tutta Europa alla
larga banda mobile.
Stiamo lavorando per liberare anche altre
frequenze, ad esempio a 1.800 e 2.600
MHz, per aumentare la capacità dei sistemi
di terza generazione e avviare il
“deployment” delle reti di quarta
generazione (LTE) ed altri usi come il
WiMax ed il WiFi esteso. Il percorso è
quello delle aste, che devono svolgersi il
più presto possibile. È già avvenuto in
Germania: lì le aste sono già partite, con un
buon risultato – detto per inciso – per le
casse dello Stato4. Altri Paesi si stanno
preparando, come la Gran Bretagna e la
Francia. Ed anche la Spagna ha
annunciato i suoi piani. L’Italia non può
perdere il passo. L’Agcom si sta
mobilitando per raggiungere questo
obiettivo nel 2011. Per conciliare la
situazione bloccata che c’è da noi con
l’esigenza indifferibile di mettere all’asta le
frequenze non utilizzate – le frequenze
sono un bene scarso e prezioso che non
può essere lasciato inutilizzato – le aste
potrebbero essere bandite anche con
differimento della disponibilità dello spettro.
Le risorse derivanti possono essere
utilizzate in parte per compensare emittenti
televisive che abbiano ceduto frequenze –
come affermato anche dal Ministro Romani
– e in parte per gli investimenti nella banda
larga fissa e mobile.
Sono tasselli di un mosaico complesso. Un
mosaico che si deve risolvere con
coerenza di sistema. Le frequenze oggi
sono tutte occupate dalla televisione.
Occorre chiarezza nelle regole e
ragionevole fermezza nell’applicarle per
evitare che le frequenze siano occupate a
danno della collettività. Ma le regole da
sole non bastano: occorrono al tempo
stesso incentivi alla liberazione dello spettro
se si vuole procedere alla liberazione delle
frequenze e a bandire le aste. Si tratta di un
primo passo doveroso per un Paese che
vuole davvero pensare digitale; vale a dire
pensare anche al futuro, ai nostri figli. ■
NOTE
1 La digitalizzazione delle reti nel mondo
conta ormai più di 533 milioni di utenti.
2 Gli sviluppi più recenti del mercato
televisivo, come la trasmissione in alta
definizione, la televisione in mobilità e la
“web tv”, necessitano infatti di più
frequenze e di una banda larga più
ampia e stabile.
3 Anche grazie alla nostra Presidenza, il
gruppo per le politiche dello spettro
(RSPG) ha dato impulso alle iniziative
della Commissione di individuare una data
limite (2015, con proposta di anticipazione
al 2013) per le gare per l’assegnazione di
frequenze agli operatori mobili.
4 In Germania le aste hanno raggiunto un
valore di 4,4 miliardi di euro per la
porzione di spettro da assegnare alle
telecomunicazioni.
˝…HO VISTO COSE 2020: GLI SCENARI DEL FUTURO
CHE VOI UMANI
NON POTRESTE IMMAGINARVI˝
Intervista a cura di Chiara Sottocorona
Dalla Francia, giornalista collaboratore di quotidiani e periodici
t l’Homme créa la vie” – E
“E l’uomo creò la vita – è
l’ultimo libro di Jöel de
Rosnay, in collaborazione
con Fabrice Papillon, dedicato alla folle
aventura degli ˝architetti del vivente˝.
La vita a cui fa riferimento è quella di
esseri ibridi, in parte biologici e in parte
artificiali, creati da ingegneri genetici e
bio-hacker. ˝Negli ultimi cinque anni è
intervenuta una svolta fondamentale˝
segnala l’autore. ˝La biologia di sintesi ha
permesso per la prima volta di creare
degli organismi interamente concepiti,
pianificati, e progettati dall’uomo. E questo
ci fa immaginare delle altre vite possibili,
al di fuori dell’evoluzione naturale
(organismi autonomi e capaci di
autoriprodursi, in questo senso considerati
˝viventi˝, ndr). Appassionato ricercatore,
visionario e divulgatore, Joël de Rosnay è
un’autorità in Francia per l’informazione
scientifica, per la quale ha ricevuto il
premio dell’Accademia delle Scienze nel
1990. Dopo un dottorato in Scienze, ha
condotto per diversi anni ricerche al Mit di
Boston sulla biologia e l’informatica. Poi,
rientrato in Francia, è stato direttore delle
Applicazioni della ricerca all’Istituto
Pasteur di Parigi. Ha diretto per oltre dieci
anni le Stratégies della Cité de Sciences
et de l’Industrie à la Villette. Oggi è
consigliere della presidenza di
Universcience, l’organismo che
raggruppa le attività de la Cité de Science
e del Palais de la Découverte
o Ert
aol
©P
(www.universcience.fr), tra le quali
esposizioni, educazione scientifica,
biblioteche. Autore di una decina di libri,
tra i quali i best-seller L’Aventure du vivant
e L’Homme Symbiotique (ed. Seuil, 1995),
o il più recente La révolte du Pronétariat:
des mass-média aux médias de masse
(ed. Fayard 2006), de Rosnay ha tracciato
anche un affresco del futuro tecnologico in
2020 Les Scenarios du Futur, di cui
BELTEL pubblica alcuni brani, inediti in
Italia (vedi box qui a fianco). E in
quest’intervista in esclusiva per BELTEL
l’autore spiega l’impatto, le ricadute e i
rischi ai quali le ultime manipolazioni
scientifiche espongono l’umanità.
Già nell’Homme symbiotique ha evocato
l’emergere delle scienze della complessità
e l’avvento di un macro-organismo
planetario costituito dall’insieme degli
uomini e delle loro macchine, unificato
attraverso le reti di comunicazione.
Quindici anni dopo, con Et l’homme créa
la vie, traccia uno scenario
appassionante, ma anche spaventoso,
dell’incontro tra la vita biologica e la vita
artificiale. Il suo sguardo, come lei stesso
dice, è di un ˝ottimista inquieto˝. Perché?
Entrambi i casi citati indicano una nuova
avventura per l’umanità. Che si tratti di un
macro organismo planetario o della vita
artificiale, i rischi sono numerosi e
rilevanti. Faccio dunque appello alla
prudenza. Però non amo il ragionamento
binario che consiste nel dire se si è
ottimisti o pessimisti. Per cui mi dichiaro a
volte ˝un ottimista inquieto˝ e altre volte un
˝pessimista sereno˝. Mi piace molto
l’espressione di Edgar Morin: ˝Sono un
otti-pessimista˝.
Veniamo alla ˝biologia di sintesi˝, che lei
descrive come una nuova disciplina nata
dall’accoppiamento di una
❱ satellite, con la diffusione delle videoconferenze e videopresenze, interi corsi potranno essere
re o
-::-beltel-::-19
di Joël de Rosnay
Una tripla evoluzione
L’evoluzione scientifica e tecnica del mondo potrebbe essere caratterizzata da 3 parole:
complessità, accellerazione e convergenza. In realtà, il progresso scientifico e il progresso
tecnologico si alimentano l’un l’altro. Nel 2020 questo effetto si amplificherà. Si constaterà un
dislivello sempre più profondo tra lo sviluppo tecnologico e la capacità degli uomini di integrarlo
nelle loro vite, rendendolo pertinente e utile, dandogli un senso nell’esistenza professionale o
personale. Siamo di fronte a tre evoluzioni che si intersecano con durate differenti: l’evoluzione
biologica, l’evoluzione tecnologica e l’evoluzione digitale. L’evoluzione biologica dura milioni di
anni. L’evoluzione tecnologica fa appello a un nuovo mondo, quello del cervello. In interazione
con il mondo reale appare dunque quello dell’immaginario. Con l’avvento del digitale si entra in
un terzo mondo: il virtuale. Dall’incontro di questi tre mondi risulta un’eccezionale accelerazione.
È in corso l’unione delle infotecnologie, biotecnologie, nano ed ecotecnologie. Ma con essa
sopraggiungono dei nuovi rischi per l’uomo e per l’ambiente. Delle promesse, ma anche nuove
sfide da superare. Se il XIX secolo e il XX secolo hanno consacrato il ruolo degli ingegneri e
architetti per la costruzione di macchine e infrastrutture, il XXI secolo vedrà la nascita di nuovi
ingegneri e architetti dell’infinatamente piccolo, capaci di assemblare delle molecole per
fabbricare nuovi prodotti o microscopici computer. La potenza informatica si accresce e si
miniaturizza. Nel 2020 le reti avranno una capacità di banda di più Giga al secondo, il che favorirà
lo scambio di dati tra oggetti interconnessi. La biologia molecolare e l’ingegneria genetica
spingeranno la rivoluzione biologica. Dai bio-chip ai nano-impianti, una ricchezza di nuovi
strumenti permetterà l’assemblaggio di microstrutture complesse, a partire da componenti di
base. È la sfida delle nanotecnologie. Mentre le ecotecnologie non riguarderanno più soltanto il
riciclaggio dei rifiuti e la prevenzione dall’inquinamento, ma ingloberanno l’uso di energie pulite e
rinnovabili, come l’idrogeno nelle pile a combustibile. Con le tecnologie della comunicazione,
però, si profilano dei nuovi pericoli: la tracciabilità degli utenti, gli attacchi alla vita privata, la
pirateria, attraverso virus o spam, senza contare la riduzione delle frequenze disponibili, i rischi
eventuali di radiazioni elettromagnetiche per la salute e soprattutto l’aumento dell’
˝infoinquinamento˝, un torrente quotidiano d’informazioni che diventa impossibile da controllare.
LʼInternet del futuro
Come gestire la complessità del mondo di domani?
Immaginare a cosa assomiglierà Internet tra dieci anni non è un esercizio facile, dato che la
metamorfosi rischia di accelerarsi anche a causa del processo avanzato di convergenza tra
diverse tecnologie e modalità d’uso. In effetti non è tanto la tecnologia in sé, quanto la
riappropriazione delle tecnologie da parte degli utilizzatori-cittadini, a modificare il corso degli
avvenimenti. Si usa considerare Internet come una tecnologia dell’informazione e della
comunicazione o un nuovo media. È senz’altro vero, ma si tratta di una definizione riduttiva.
Internet è piuttosto una ˝tecnologia della relazione˝ (mail, chat, forum, social network ne hanno
spinto la grande crescita e l’hanno reso il principale strumento per sviluppare relazioni). Più che
un ˝media dei media˝ Internet è diventato un ˝ecosistema informativo˝.
Un ecosistema è un sistema complesso, costitutito da nodi correlati gli uni agli altri. Visto dal suo
interno Internet assomiglia un po’ al nostro sistema nervoso. Una moltitudine di informazioni
circolano nello stesso tempo e una folla di operazioni sono effettuate (comunicazioni telefoniche,
programmi televisivi, scambi interbancari, prenotazioni di biglietti aerei, messaggeria personale,
blog, ecc). La maggior parte delle attività che si svolgono su Internet sono emerse perché
adottate a livello di massa dagli utilizzatori. E le tecnologie senza fili (WiFi, 3G, Gps) hanno
portato una nuova rivoluzione, con nuovi terminali ibridi e multifunzione, che chiamiamo ancora
‘telefonini˝! Internet è sempre più mobile, consentendo un contatto permanente ai suoi utilizzatori
nomadi. Anche nel campo della sanità l’uso delle tecnologie senza fili e dei sensori miniaturizzati
permetterà il monitoraggio a distanza del paziente, che da casa potrà trasmettere ai medici tutte le
variazioni dei suoi parametri di salute. L’evoluzione dei motori di ricerca proporrà nuove
applicazioni nell’Internet del futuro: grazie ai robot-software il lavoro di ricerca diventerà molto
più intuitivo e pertinente. Nel 2020 vedremo l’avvento del Web Semantico, che anziché rispondere
alle nostre ricerche con una semplice lista di siti raccomandati, stabilirà dei confronti tra le nostre
domande, posizionandole in un contesto preciso per farci ottenere delle risposte più esaurienti.
Nella società a venire, una delle grandi speranze dell’ Internet 2020 è incarnata anche dalle
tecnologie dell’apprendimento, o la ˝e-educazione˝. Grazie allo sviluppo della banda larga e al
portati ovunque. Senza che sia sminuita con la distanza la relazione professore-allievo.
L’Internet del futuro sarà una piramide con in alto gli esseri umani (oltre 2 miliardi connessi
prima del 2020) e al di sotto i luoghi virtuali e gli oggetti: rappresenteranno 20 miliardi di siti Web
comunicanti gli uni con gli altri permanentemente, senza bisogno d’intervento umano. Ancora più
sotto, alla base della piramide, 200 miliardi di oggetti incorporati alle case, alle auto, agli
elettrodomestici, all’ambiente, ciascuno associato al proprio sito. Non parlo di siti come quelli
creati dagli esseri umani, divertenti e informativi, ma dei siti delle ˝macchine˝, ai quali le persone
non possono accedere. Ma anche l’Internet degli oggetti rappresenta un nuovo rischio per la
società (basta pensare ai problemi legati alla privacy). Nel 2020 la rivoluzione di Internet, che
finora ha reso possibile trasformare ˝gli atomi in bits˝, consentirà anche di ritrasformare i bits in
atomi. Vale a dire riprodurre oggetti fisici, e in 3D, a partire da dati trasmessi. Avremo allora delle
Mup (˝micro-usines personnalisées˝, microfabbriche personalizzate, ndr). E assistiti dal
computer, interagendo negli ambienti virtuali si potrà progettare qualsiasi oggetto e farlo nascere
da una ˝stampante3D˝.
Brani tradotti dal testo dell’autore, edito da Véronique Anger, collezione Des idées et des hommes.
programmazione informatica e una
programmazione biologica,
complementari tra loro. Pensa davvero
che un’equivalente della vita possa essere
programmato a partire da cellule
artificiali? Come stabilire le frontiere tra gli
esseri viventi e la vita simulata o
artificiale?
Sì, penso che si possano creare altri tipi di
vita. Non una vita com’é, ma come
˝potrebbe essere˝. Per esempio a partire
da altri atomi, diversi dal carbonio. O
integrando non solo degli elementi
biologici, ma anche nanotecnologie e
perfino microchip. Una sorta di vita ibrida
con frontiere sempre più indefinite tra la
meccanica, il digitale e il biologico.
© Irene Spallanzani
I bio-hackers di cui racconta gli ˝exploit˝
nel libro, sono un fenomeno molto recente
e ancora poco conosciuto dal grande
pubblico: ne parla come di un nuovo
movimento ˝open source˝ che potrebbe
determinare la prossima grande ondata,
comparabile alla rivoluzione digitale. Una
rivoluzione bio-tecnologica. Tra quanto
tempo?
La rivoluzione biotecnologica si sta già
realizzando. I bio-hackers sono migliaia
nel mondo. Comunicano su Internet,
dispongono dei loro concorsi
internazionali, come IGEM, e dei loro siti
Web dedicati, come Dybio. Alcuni di loro
hanno sintetizzato degli organismi viventi
più rapidamente dei laboratori
specializzati. Altri sono già sotto contratto
con grandi imprese industriali (nella
genetica, farmaceutica, o nelle energie e
nuovi materiali, ndr).
PIANO E DIT ORIALE
Tlc e sviluppo economico
Come evolveranno le Tlc da qui al 2012?
Quali saranno i modelli di business vincenti,
e i nuovi protagonisti del settore? Quale
impatto avranno cloud computing ed NGN
sulla competitività delle imprese? E con
quali vantaggi per gli utenti finali?
Internet e democrazia
La nuova legge sul federalismo fiscale
afferma che la “massima
responsabilizzazione” dei vari livelli del
governo locale si ottiene sia con il
superamento del criterio della spesa storica,
sia con “l’effettività e la trasparenza del
controllo democratico nei confronti degli
eletti”. Come attuare tale controllo? Con
quali obiettivi e procedure? Che cosa
dimostrano le esperienze di participatory
budgeting già fatte all’estero?
Smart Dust e Wireless Sensor
Network
Dalla smart city alla gestione eco-efficiente del Con quali ripercussioni sul business del’IT?
sistema urbano. Il futuro dell’abitare e del
vivere in città dipende sempre più
dall’integrazione tra intelligenza digitale e reti. Nel 2010 è salita a 110 milioni di euro la
Ma anche dalla promozione di politiche di
efficienza energetica, mobilità elettrica,
E che ruolo giocano le ˝scienze
integrative˝?
Le scienze integrative, o ˝Integrative
Sciences˝ in inglese, permettono una
migliore educazione alla complessità.
Riuniscono discipline diverse in sistemi
complessi. È il caso della biologia,
dell’ecologia e dell’economia. Grazie a
queste tre scienze integrative si può
apprendere la matematica, la cibernetica
o la chimica come la teoria delle reti o la
teoria del caos.
Lei sostiene che la rivoluzione della
complessità ha già cambiato la ricerca
scientifica e cambierà in modo inevitabile
la civiltà digitale e la produzione
rispetto dell’ambiente e modelli sostenibili di
servizi al cittadino/utente nel contesto urbano.
Publishing fra carta e digitale
Dopo il successo dell’iPad e con molti altri
tablet in arrivo, si prevede una rapida
migrazione dell’editoria verso contenuti
digitali. Come cambierà l’editoria libraria tra
libri interattivi con rich media content e
weblinks? Quale scenario per quotidiani e
periodici? E come evolveranno le
esperienze dei consumatori?
Application stores e software
on demand
Prosegue il boom di vendite per i mobile
application stores: iTunes di Apple offre ben
151mila applicazioni; Google Android
Market 19mila (57% free); Nokia Ovi Store
6mila e BlackBerry App World 5mila. Ogni
mese l’offerta di Apple si arricchisce di ben
13mila nuove applicazioni. E fra le aziende
cresce l’impiego di software on demand.
Cloud Computing e virtualizzazione
spesa per il cloud computing e 77 milioni
sono stati investiti in Software as a Service
-::-beltel-::-20
industriale del futuro. Come?
Il ragionamento tradizionale e
l’insegnamento si costruiscono a partire
dall’analisi, dall’approccio lineare e
sequenziale. È la forma di ragionamento
sia della politica, sia del sistema
educativo: azione causa-effetto,
frazionamento delle conoscenze, materie
e discipline. Oggi disponiamo di un
approccio globale grazie al computer,
questo ˝macroscopio˝ che permette delle
simulazioni della complessità, mettendo in
luce l’interdipendenza e la
complementarietà dei fattori, l’evoluzione
dei sistemi complessi e del
comportamento. La generazione di
BE LT E L
(SaaS), mentre il 35% delle aziende ha
progetti di desktop virtualization. Quali sono
oggi i modelli di offerta, e quali i servizi
cloud più richiesti dalle aziende italiane?
Come garantirsi sempre la governance del
servizio erogato? Quali le reali garanzie di
efficientamento dei costi?
e-store, e-advertising,
e-marketing, e-payments
Su Internet i consumatori guardano annunci
e vetrine, scelgono i prodotti e confrontano i
prezzi… ma comprano ancora troppo poco!
Quali sono gli ostacoli principali alla
diffusione dell’e-commerce in Italia? Rete
inaffidabile? Transazioni complicate? Scarsa
trasparenza? Mancanza di fiducia dei
consumatori nelle soluzioni di pagamento
online? E quali nuove iniziative (e
investimenti) sono in arrivo?
Crowdsourcing, crowdmarketing
& legal issues
Marketing non convenzionale, viral
marketing e crowdmarketing: sono
strumenti che fanno discutere perché
possono rappresentare un pericolo per la
privacy, e influenzare in modo determinante
lo sviluppo dei social networks come
Internet, la Net Generation, sa già
navigare molto abilmente nella
complessità.
Appunto, in che modo la generazione
digitale e la cultura delle reti hanno
modificato la cultura e ricerca scientifica?
I giovani della ˝NetGen˝ hanno cominciato
dall’intelligenza ˝connettiva˝, poi
˝collaborativa˝ a partire dal Web 2.0 e
dall’˝open source˝. E ora collaborano
grazie all’intelligenza ˝collettiva˝ delle
comunità sociali. Modificano in effetti
l’approccio dei problemi che si pongono
alla ricerca scientifica. Non si cercano più
sistematicamente le cause primarie, ma
gli effetti multipli e interdipendenti che
amplificano o inibiscono i fenomeni
studiati.
Tornando alla vita ibrida e al bricolage del
vivente, pensa che lo scenario
immaginato da Spielberg nel suo film
Intelligenza Artificiale, con il giovane robot
umanoide capace di provare emozioni e
perfino di ribellarsi ai suoi familiari umani,
potrebbe presto diventare realtà?
Sì, questo scenario è del tutto possibile. I
prossimi robots più evoluti manifesteranno
certi tipi di emozioni. In questo modo
cercheranno di evitare che i loro
proprietari o utilizzatori ˝stacchino la
presa˝ per disattivarli completamente. Una
sorta di morte elettronica. Ci
obbligheranno a porci delle domande
sulla loro fine, prima di compiere un tale
atto. Come se si dovesse far fronte allo
sguardo di un animale di compagnia e si
esitasse a fargli un’iniezione per
eliminarlo. ■
2 0 1 1
Facebook. Il crowdsourcing - o
progettazione distribuita - presenta invece
profili delicati per le aziende. Come tutelarsi
contro le potenziali minacce, senza perdere
terreno rispetto ai concorrenti?
Superfast fissa e mobile
Il 10% dei naviganti fa spese online tramite
smartphone e il 20% è pronto a farlo a breve.
Gli operatori dovranno investire nell’upgrade
delle reti mobili, per poter gestire
smartphone e laptop always-on. Quali servizi
stanno trainando la crescita del Mobile in
Italia? Quali le innovazioni più performanti?
Dal Mobile Marketing al Mobile Advertising:
ecosistema e player a confronto
TV digitale, nuovi contenuti
e interattività
La migrazione al digitale terrestre non ha
finora raggiunto il traguardo dell’interattività,
che è quello più importante per attivare una
funzione sociale del mezzo televisivo. Quali
innovazioni sostanziali sta portando nei
programmi e nel modo di fare informazione
in Tv? Come cambia il rapporto con il
cittadino? E quali sono le nuove iniziative a
favore delle categorie più svantaggiate
(anziani, disabili, immigrati)?