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Quaderni di TestoeSenso

1/2013

‘San Chosm’e Damiano e ’l suo bel monasterio...’:


il complesso monumentale di San Cosimato
ieri, oggi, domani
Un itinerario tra le memorie ed i tesori del Venerabile Monastero
dei Santi Cosma e Damiano in Mica Aurea

a cura di

GEMMA GUERRINI FERRI – JOAN BARCLAY LLOYD


con la collaborazione di Anna Maria Velli

RIVISTA ONLINE
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TestoeSenso. Studi sui linguaggi e sul paragone delle arti.

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Indice

PREMESSA p. 7
Gemma Guerrini Ferri

INTRODUZIONE
Joan Barclay Lloyd p. 9

PARTE I
IL MONASTERO DI SAN COSIMATO: LA SUA STORIA, LE SUE STORIE

1. Perché studiare San Cosimato?


Karin Bull Simonsen Einaudi p. 13

2. Le Clarisse. Cenni sulla clausura nel monachesimo antico e medievale


Maria Paola Fiorensoli p. 23

3. San Cosimato: da monastero benedettino a monastero delle Clarisse.


Gli edifici e le loro funzioni nella vita dei religiosi
Joan Barclay Lloyd p. 33

4. Le carte dei SS. Cosma e Damiano in Mica Aurea


come esempio di documentazione diplomatica
Cristina Mantegna p. 53

5. ‘...et stavan confusamente’.


La storia delle carte del monastero di San Cosimato di Roma
Mattia Voltaggio p. 61

6. I libri di suor Orsola Formicini


(Roma, Biblioteca Nazionale Centrale, mss. Varia 5 e Varia 6)
Gemma Guerrini Ferri p. 89

7. Papa Sisto IV Della Rovere e Roma:


architettura civile e religiosa nella seconda metà del XV secolo
Maurizio Gargano p. 101
PARTE II
IL COMPLESSO MONUMENTALE DI SAN COSIMATO: ITINERARIO
TRA LA SCOPERTA DELLE SUE MEMORIE ED IL RECUPERO DEI SUOI TESORI

8. Trastevere nell’antichità e le testimonianze archeologiche


nell’area di San Cosimato
Romolo Augusto Staccioli p. 113
9. ‘Aquae in Transtiberim’:
gli acquedotti e le utenze idriche della XIV Regione
Paola Mazzei p. 115

10. L’area di San Cosimato:


tre proposte di valorizzazione dei suoi reperti archeologici
Antonella Lumacone e Lorenzo Valla p. 157

11. Un progetto per San Cosimato


Roberto Einaudi, Simona Mercurio e Francesco Montazzoli p. 173

12. Il restauro del portale di San Cosimato


Laura Gigli e Marco Setti p. 187

13. Il restauro della fontana nel giardino del Monastero di San Cosimato
in Mica Aurea e le basi per un primo repertorio delle fonti idriche
Laura Gigli e Marco Setti p. 199

14. Un dipinto di Antonio del Massaro a San Cosimato:


la Madonna in trono tra i santi Francesco e Chiara
Maria Milazzi p. 209

15. La ‘Madonna del coro’: la storia dell’icona di San Cosimato


nei manoscritti di suor Orsola Formicini
(Roma, Biblioteca Nazionale Centrale, mss. Varia 5 e Varia 6)
Gemma Guerrini Ferri p. 225

16. Necessità del restauro filologico di un organo antico:


considerazioni generali
Paolo Peretti p. 241

17. L’organo di anonimo del sec. XVIII


nella Chiesa di San Cosimato a Roma (a.D. MCCCCLXXV)
Quintilio Palozzi p. 245
18. Descrizione dell’organo di San Cosimato,
le sue condizioni, il suo restauro
Michel Formentelli p. 253

19. Breve nota per la storia dell’organo di San Cosimato


Gemma Guerrini Ferri p. 257
9
Aquae in Transtiberim:
gli acquedotti e le utenze idriche della XIV regione1
Paola Mazzei

Nell’ambito della collezione epigrafica, prevalentemente inedita, con-


servata nel chiostro dell’ex convento romano di San Cosimato in Trastevere,
un frammento epigrafico, pertinente ad una grande iscrizione, è stato attribui-
to da chi scrive2 ad un’epigrafe celebrativa di un restauro della Naumachia di
Augusto compiuto da Traiano. Si è ipotizzato, in base a quanto ricostruibile
dell’iscrizione, che il restauro sia stato simultaneo al rifacimento, ad opera
dello stesso Traiano, dell’acquedotto augusteo dell’aqua Alsietina, condotto
idrico destinato a rifornire la Naumachia medesima.
Benché tali restauri traianei non siano ricordati da alcuna fonte letteraria
non diversamente che per la costruzione dell’aqua Traiana3, proprio gli indizi
offerti dalle fonti letterarie permetterebbero di rafforzare la plausibilità di tale
intervento, e quindi dell’ipotesi restitutiva proposta.
L’attestazione, così ipotizzata, di un intervento di Traiano rivolto al ripri-
stino della maggiore opera pubblica di Augusto in Trastevere, ha quindi sugge-
rito di riconsiderare il rapporto tra il corso dell’aqua Alsietina e quello
dell’aqua Traiana nella XIV regione di Roma: il tratto finora attribuito all’aqua
Traiana potrebbe rappresentare infatti la ricostruzione traianea dell’aqua Alsie-

1
Il contributo, con il titolo Ancora sul frammento epigrafico traianeo da San Cosimato:
l’Aqua Alsietina e l’Aqua Traiana in rapporto alle utenze idriche di Trastevere, è stato pre-
sentato al Convegno “San Chosm’e Damiano e ’l suo bel monasterio...”. 2: Realtà e memorie
di San Cosimato (Roma, Complesso monumentale di San Cosimato, Sala Convegni del
‘Nuovo Regina Margherita’, 1-2 ottobre 2011).
2
P. MAZZEI, Una nuova epigrafe da San Cosimato in Mica Aurea. Traiano restaura la Nau-
machia di Augusto?, «Mitteilungen der Roemischen Archaeologischen Institut», 113, 2007-
2008, pp. 147-173.
3
L’Aqua Traiana è nota da una fonte numismatica e da una fonte epigrafica antiche: un conio
con divinità fluviale entro fronte di mostra/ninfeo (RIC II, pp. 278 ss., nn. 463, 607-609) sul
quale v. oltre, e il cippo terminale da La Storta (Corpus Inscriptionum Latinarum, VI 1260 =
31567 = XI 3793), che si confronta con l’esemplare perduto da Forte di Boccea, in via della
Pineta Sacchetti («Bullettino della Commissione archeologica Comunale di Roma», 1892, pp.
288 s.). Cfr. P. VIRGILI, in «Lexicon Topographicum Urbis Romae», I, 1993, p. 70.
116 “SAN CHOSM’E DAMIANO E ’L SUO BEL MONASTERIO…”

tina, mentre il tratto attribuito all’Alsietina potrebbe costituire un resto del cor-
so originario di quest’ultima.
Si è ipotizzato pertanto che il percorso recentemente interpretato come
una variante settentrionale dell’aqua Traiana, cioè il percorso che potrebbe
aver preceduto fin dall’antichità quello della moderna Acqua Paola4, possa in-
vece aver costituito l’unico percorso della nuova deduzione idrica traianea de-
stinata al Trastevere per gli usi potabili, ovvero l’unico percorso dell’aqua
Traiana propriamente detta.
All’aqua Alsietina ricostruita è stata attribuita, in quell’occasione, una
struttura a nicchioni sulla pendice del Gianicolo, fino ad allora trascurata negli
studi, anche se documentata e tuttora in parte visibile lungo via Mameli: si è
proposto di riconoscere questa struttura su un gruppo di frammenti marmorei
della Forma Urbis severiana, nell’ambito di una nuova ipotesi di percorso del
tratto urbano dell’Alsietina, che comporterebbe un riposizionamento di tutti
frammenti della Forma Urbis marmorea pertinenti a tale acquedotto.
Poiché il contributo già edito, di cui si è sintetizzato il contenuto, aveva
tralasciato di affrontare alcune questioni, mi è sembrato opportuno riconside-
rare i risultati già pubblicati nel contesto di un breve inquadramento ricostrut-
tivo della storia delle ricerche sulle infrastrutture idriche del Trastevere, tale
da permettere di inserire i nuovi dati e le nuove ipotesi in un discorso più
ampio territorialmente e più esteso in senso diacronico. La più ampia conte-
stualizzazione ci permetterà anche di riconsiderare alcuni elementi atti a pre-
cisare l’ipotesi di attribuzione dei diversi rami di acquedotto rispettivamente al
corso dell’aqua Alsietina e a quello dell’aqua Traiana, nonché di avanzare i-
potesi riguardo le diverse destinazioni di questi acquedotti attraverso le modi-
ficazioni intercorse nell’arco dei secoli dell’età imperiale. Una nuova serie di
immagini permetterà inoltre di rappresentare più efficacemente dati ed ipote-
si che si andranno esponendo.

Trastevere e San Cosimato tra XVIII e XIX secolo


Se guardiamo la zona del Trastevere in cui si trova il monastero di San
Cosimato nella carta di Roma del Nolli, datata al 1748, constatiamo che si tratta
di una zona prevalentemente caratterizzata dalla presenza di ‘Orti’, ‘Vigne’ e
‘Ville’ queste ultime spesso connesse alle prime quanto a loro titolarità5.
Un secolo e mezzo dopo, l’aspetto che la zona presenta nella Forma
Urbis di Lanciani, pubblicazione iniziatasi nel 1893 e conclusasi nel 1901, è sol-
4
A. WILSON, The water mills on the Janiculum, «Memoirs of the American Academy in
Rome», 45, 2000, pp. 219-246; su questa ipotesi vedi oltre.
5
La pianta del Nolli 1748, zona del Gianicolo, è in A. P. FRUTAZ, Le piante di Roma, Roma
1962, III, Tav. 406 (pianta CLIXIX, a, 10). Vedi oltre note 6 e 7.
PAOLA MAZZEI 117

tanto in parte mutato: alla precedente configurazione di tipo suburbano si


sommano, in questo momento, i nuovi tracciati stradali, previsti in funzione
della incipiente urbanizzazione della zona6.
In entrambe le carte risultano evidenti i due tracciati murari che si sono
succeduti in questa parte di Roma.
Nella carta di Nolli, le mura di età imperiale, all’interno delle quali si
trova il monastero di San Cosimato con i suoi possedimenti contigui7, e le
mura di epoca rinascimentale, più esterne, che racchiudono uno spazio oc-
cupato da Vigne e Ville che risalgono le pendici del Gianicolo8. Verso sud,
dove i due tracciati murari si intersecano, ad est della linea delle mura di età
imperiale, ma già al di fuori delle mura rinascimentali, nell’angolo risultante
dalla rispettiva intersezione, si estende invece il cimitero ebraico9, epigono
medievale e moderno di una destinazione funeraria della zona che si era ma-
nifestata in forme e in tempi diversi già nell’antichità10.
Nella Forma Urbis di Lanciani, la zona che ci interessa è rappresentata
su due fogli11, il 33 e il 27, che si sono uniti per ottenere una visione comples-
siva secondo la convenzione rappresentativa scelta dall’autore; sulla base car-
tografica contemporanea sono rappresentate le evidenze antiche e medievali,
accompagnate dai toponimi, in una soluzione enciclopedica che restituisce lo
stato delle conoscenze all’epoca in cui la grande carta archeologica di Roma
fu realizzata. Dobbiamo dunque considerare quest’opera, anche per quanto
riguarda i nostri scopi, un documento della topografia urbana di età moderna
prima delle grandi trasformazioni del ’900 e un documento dello stato degli
studi archeologici tra XIX e XX secolo.
Se ci avviciniamo alle evidenze che ci interessano vediamo che, all’interno
del saliente descritto dalle mura di età imperiale, e all’interno di Porta Aure-
lia/Porta San Pancrazio, nella zona di Villa Spada, sono rappresentati i resti di

6
R. LANCIANI, Forma Urbis Romae, Milano 1893-1901, f. 27 e f. 33.
7
Nella carta di Nolli (cfr. FRUTAZ, Le piante, cit., nota 4) sono annotati i seguenti toponimi:
«Vigna delle Monache di San Cosma e Damiano detto San Cosimato» e subito a nord «Orto
delle Monache di s. Caterina di Siena».
8
Nella carta di Nolli (cfr. FRUTAZ, ibidem) sono annotate: Villa Crescenzi e Vigna Crescenzi,
rispettivamente all’interno e all’esterno delle mura rinascimentali, da nord a sud; Vigna Mi-
gnanelli, sempre all’esterno delle mura rinascimentali; Villa Ottoboni, a nord ovest, a ridosso
e all’interno delle mura; ancora più a nord Villa Spada.
9
Nella carta di Nolli (cfr. FRUTAZ, ibidem): Ortaccio degli Ebrei, insieme ad altre proprietà
suburbane (Vigna Mendes, Orto Brunetti e Orto Galli).
10
P. MAZZEI, Mica Aurea in Trastevere, «Archeologia Classica», 59, 2008, pp. 183-204, sulla
destinazione funeraria della zona, a partire dall’età repubblicana.
11
LANCIANI, Forma, cit., f. 27 e f. 33, dove è registrato il mutamento dei toponimi moderni: Villa
Ottoboni diviene Villa Sciarra e Villa Crescenzi Bonelli diviene Villa Fontemaggi (cfr. supra nota 8).
118 “SAN CHOSM’E DAMIANO E ’L SUO BEL MONASTERIO…”

una struttura antica definita Molinae: si tratta dei resti di impianti idraulici rinve-
nuti negli anni immediatamente precedenti, subito connessi con il toponimo an-
tico Molinae, indicante i mulini ad acqua del Gianicolo.
Il toponimo appare per la prima volta nei Cataloghi Regionari dove, in un
percorso che va da nord a sud, con qualche diversione, esso segue Ianiculum e
precede Balineum Ampelidis et Dianes12; in seguito, i mulini del Gianicolo sa-
ranno ricordati, in due fonti di IV secolo d.C., come impianti di vitale importan-
za per la vita della città13. La presenza dei mulini ad acqua, localizzati all’interno di
Porta Aurelia, è in seguito registrata dal Bellum Gothicum di Procopio, in un
passo in cui l’autore afferma che le mura di Aureliano sulla destra del Tevere e-
rano destinate a includere i mulini del Gianicolo14; il toponimo riappare, più tardi,
nella regione di Trastevere, in un passo dell’Itinerario di Einsiedeln, a segnare la
prima tappa di un percorso che va da Porta Aurelia a Porta Praenestina15 e ritor-
na, in seguito, in un certo numero di fonti alto medievali16.
Uno schizzo misurato delle strutture rappresentate nella FUR di Lan-
ciani è conservato negli appunti manoscritti dello stesso Rodolfo Lanciani ed
è stato pubblicato in passato da Bell17; il disegno rappresenta le strutture anti-
che inserite nella topografia moderna della zona, di cui sono riprodotti i trac-
ciati viari, e rappresenta inoltre alcune delle parti meccaniche funzionali
all’impianto idraulico, come le mole e i chiusini.
12
R. VALENTINI – G. ZUCCHETTI, Codice topografico della città di Roma, I, Roma 1960, p.
145: per la Regio XIV, Transtiberim, sono citati, da nord a sud: Gaianum et Frigianum (il cir-
cus Gaii et Neronis, ed il santuario di Cibele, presso la zona della necropoli Vaticana), Nauma-
chias II et Vaticanum (la Naumachia di Traiano, in Vaticano, e quella di Augusto, in Trasteve-
re, sono sommate nel computo), Horti Domities (gli Horti di Domitia Longina, nella zona che
sarà in parte occupata dal Mausoleo di Adriano), Ianiculum, Molinas, Balineum Ampelidis et
Dianae (su quest’ultimo toponimo v. oltre); l’elenco passa poi alla Cohortem VII vigilum, nella
zona di san Crisogono. Sui toponimi citati cfr. «Lexicon Topographicum», cit., I-V, 1993-2000,
voci relative. Sui mulini del Gianicolo: M. BELL, Mulini ad acqua sul Gianicolo, «Archeologia
Laziale», XI, 1993 («QAEI», 21), 65-72 e IDEM in «Lexicon Topographicum», cit., III, 1996,
s.v. Molinae, in seguito WILSON, The water, cit., sul quale cfr. oltre.
13
PRUDENZIANO, Contra Symmachum, II, 948-950, tra 402 e 403, e l’epigrafe del praefectus
Urbi Dynamius, datata tra 475 e 488 («Corpus Inscriptionum Latinarum», VI, 1711): su que-
sti documenti da ultimo WILSON, The water mills, cit., pp. 219-220.
14
PROCOPIO, De Bello Gothico, a cura di H.B. Dewing, London 1953, V, XIX, 9-10, p. 186.
15
VALENTINI – ZUCCHETTI, Codice topografico, cit., pp. 190-191: «A porta Aurelia usque ad por-
tam Praenestinam. Fons Sancti Petri, ubi est carcer eius. Molinae. Mica Aurea. Sanctae Mariae. San-
cti Iohannis et Pauli. Sancti Chrisogoni et Sanctae Caeciliae». Si noti che il toponimo Molinae è im-
mediatamente seguito dal toponimo Mica Aurea, sul quale MAZZEI, Mica aurea, citato a nota 10.
16
L’ultima attestazione delle molinae gianicolensi risale al IX secolo (Liber. Pontificalis, II,
LXXVII, 103.19): sul tema BELL, s.v. Molinae, 1996, cit., pp. 270-272, con bibliografia preceden-
te, ed ora WILSON, The water mills, cit.
17
BELL, Mulini, cit., p. 66, fig. 1.
PAOLA MAZZEI 119

Le ricerche archeologiche della prima metà del XX secolo e gli acquedotti


del Trastevere
Al posizionamento delle strutture idrauliche rappresentate nel disegno di
Lanciani si attennero van Buren e Stevens, gli studiosi dell’American Academy
che pubblicarono, nel 191718, i risultati delle ricerche intraprese nella stessa zona
pochi anni prima, quando all’interno dell’area dell’Accademia Americana, du-
rante la costruzione dell’edificio, venne individuato ed esplorato un tratto di spe-
co di acquedotto sotterraneo. Il tratto di speco, subito attribuito al corso
dell’Aqua Traiana, correva in diagonale rispetto al cortile dell’edificio stesso, e di
qui si dirigeva verso Villa Spada; edificio all’epoca già separato dal terreno in cui
sorgeva l’Academy per mezzo di due nuovi tracciati stradali, corrispondenti a via
Giacomo Medici e a viale XXX Aprile: un picoclo tratto delle stesso speco era
stato allora individuato ai margini dell’isolato compreso tra le due strade19 e sem-
brava proseguire in direzione di Villa Spada.
Chiusini e mole allora pubblicati riproducevano quelli rinvenuti e rap-
presentati da Lanciani, ma del resto, tanto per la sua datazione ad età imperiale
avanzata, quanto per la sua relazione con i mulini ad acqua, l’acquedotto non
poteva che essere identificato dagli editori con il condotto dell’aqua Traiana.
Minore attenzione, in funzione della datazione del manufatto, era rivolta
invece alla tecnica di costruzione dello speco, che riproduceva tutte le caratteri-
stiche attestate in altri tratti sotterranei dell’acquedotto di Traiano: piedritti in
opera cementizia realizzati in cavo di terra, con paramento interno in reticolato
di tufo, protetto da uno strato di intonaco, e pavimento in cocciopesto provvisto
di cordolo. Al di sopra, la copertura voltata era realizzata allettando una volta a
botte cementizia su armatura, e anche l’intradosso della volta era protetto da
uno strato di intonaco, più sottile di quello delle pareti dello speco20.
Nella carta pubblicata in quell’occasione, mentre i due tratti di acquedot-
to allora individuati venivano posizionati correttamente, in base al rilievo sul
terreno, i resti delle Molinae scoperti qualche decennio prima, ma all’epoca
noti soltanto dalla Forma Urbis di Lanciani, si trovavano ad essere dislocati po-

18
A.W. VAN BUREN – G.PH. STEVENS, The Aqua Traiana on the Ianiculum, «Memoirs of
the American Academy in Rome», I, 1915-1917, pp. 59-61, Pl. 15.
19
Ivi, pp. 59-60: il resto di acquedotto ivi identificato, definito insignificant remains, corrisponde al
punto in cui l’acquedotto stesso «comes to the surface [...] and points toward the casino of Villa
Spada». Sulla proprietà del terreno vedi qui oltre Fig. 7.
20
Per gentile concessione dell’allora Direttore dell’American Academy di Roma, Dr. Archer
Martin, ho avuto modo di visionare il tratto di speco conservato nel sottosuolo dell’edificio che
ne è sede, ed ho constatato le medesime caratteristiche costruttive che avevo già riscontrato nel
tratto dell’acquedotto di Traiano scavato, nell’autunno 2000, in località Pineta Sacchetti, presso
Roma, per conto della Soprintendenza Archeologica di Roma, in occasione di un cantiere di
emergenza. I risultati di quello scavo saranno oggetto di una prossima pubblicazione.
120 “SAN CHOSM’E DAMIANO E ’L SUO BEL MONASTERIO…”

co più a nord di essi, anche se con un orientamento perfettamente parallelo al


tratto di speco traianeo.
Questa reciproca disposizione, dipendente dalla FUR di Lanciani, sem-
brava non sollevare problemi e, soltanto dieci anni dopo, essa verrà ripresenta-
ta allorché un nuovo rinvenimento offrirà l’occasione di una seconda pubblica-
zione, nell’ambito della quale gli stessi autori torneranno sul tema degli acque-
dotti del Trastevere: questa volta l’occasione della scoperta erano stati i lavori di
ristrutturazione di un’altra residenza privata, Villa Richardson, posta subito a
sud dell’area dell’Academy, nello stesso isolato compreso tra via Giacomo Me-
dici e viale XXX Aprile21.
Tali interventi edilizi avevano messo in luce un breve tratto di un altro
speco22, a differenza del primo, però, privo della volta e dell’imposta dei piedrit-
ti23: realizzato con la stessa tecnica cementizia, in cavo di terra, e paramento in
reticolato, venne giudicato dagli editori come più antico del tratto di acquedotto
precedentemente individuato, tanto in base alle diverse caratteristiche
dell’opera reticolata ivi impiegata, quanto in base all’evidenza costituita dal fatto
che si trattava di un altro e distinto corso di acquedotto, il quale pertanto non
poteva che essere attribuito al primo degli acquedotti del Trastevere, quello co-
struito da Augusto24.
Sappiamo infatti che Augusto dedusse l’acqua Alsietina dal Lago di Mar-
tignano per rifornire la sua Naumachia in Trastevere, finita di costruire e dedi-
cata nell’anno 2 a.C.25, e sappiamo che si trattava di acqua destinata ad usi non
potabili e distribuita nelle proprietà private della regione XIV prevalentemente
ad uso di irrigazione delle molte ville e giardini26 che costituivano allora il pano-
rama urbano di questa parte della città27.

21
A.W. VAN BUREN – G.PH. STEVENS, The Aqua Alsietina on the Janiculum, «Memoirs of
the American Academy in Rome», VI, 1927, pp. 137-146; WILSON, The water mills, cit., p.
221, nota 11, rileva l’errore degli editori, che si erano basati sulla LANCIANI, Forma Urbis,
cit., non accorgendosi che il condotto centrale delle Molinae ivi rappresentate altro non era
che il proseguimento, verso est, del condotto allora scoperto sotto l’American Academy.
22
VAN BUREN - STEVENS, Aqua Alsietina, cit., p. 138, fig. 1: nella planimetria il tratto I-H, a
fig. 2 in sezione.
23
Ivi, pp. 139-140, figg. 3 e 4, e Pl. 52 (a, b, c).
24
Ivi, p. 141.
25
L’anno di inaugurazione è registrato in Res Gestae, 23, 1; inoltre: Vell., II, 2 e Dio, LXV,
10, 6-7; cfr. ora MAZZEI, Nuova epigrafe, cit., anche per le vicende successive.
26
FRONTINO, De aquis urbis Romae, XI, 1-2: «Quae ratio moverit Augustum, providentissi-
mum principem, perducendi Alsietinam aquam..., non satis perspicio, nullius gratiae, immo
etiam parum salubrem ideoque nusquam in usus populi fluentem; nisi forte dum opus nau-
machiae adgreditur, ne quid salubrioribus aquis detraheret, hanc proprio opere perduxit et
quod naumachiae coeperat superesse, hortis adiacentibus et privatorum usibus ad inrigan-
PAOLA MAZZEI 121

Ancora qualche anno dopo, nel 1933, in una terza pubblicazione sulla
rivista dell’American Academy, van Buren riproporrà, in una nuova carta del-
la zona, gli elementi che erano già stati individuati e descritti, rappresentati
negli stessi rapporti planimetrici sul terreno (Fig. 1)

Fig. 1. Il nuovo tratto B-E, che prosegue il tratto A-H già noto (cfr. VAN BUREN – STEVENS ,
The aqua alsietina, 1927) e il tratto C-D che sembra distaccarsene. Con la lettera F è segnala-
ta la struttura non identificabile. Le Molinae di Lanciani (G), all’interno delle mura aureliane
(I), sono rappresentate come distanziate e distinte, a nord, rispetto al corso dell’acquedotto
(da VAN BUREN 1933, p. 70, fig. 1).

insieme a nuovi brevissimi tratti dello stesso acquedotto, allora recentemente in-
dividuati nello scavo delle fondazioni per il villino H. Monami e ai resti di un al-
tro edificio nel terreno del villino H. Monami, a sud est.

Una nuova fase di ricerche archeologiche e di scoperte: acquedotti e mulini


Bisognerà aspettare tempi molto più recenti, e più precisamente un ses-
santennio, perché, in seguito a nuovi scavi condotti da Bell, nella carta topo-
grafica pubblicata dallo stesso autore nel 1996 la rispettiva posizione delle
Molinae e del condotto sotterraneo dell’acquedotto traianeo venissero corret-
te: in realtà già Cozza, qualche anno prima, nel 1987, aveva proposto di cor-
reggere la posizione delle Molinae di Lanciani, spostandole verso sud di una

dum concessit»; e FRONTINO, De aquis, XXII, 4: «Alsietinae ductus post naumachiam, cuius
causa videtur esse factus, finitur».
27
Sul contesto insediativo dell’epoca cfr. MAZZEI, Mica aurea, cit., con bibliografia precedente.
122 “SAN CHOSM’E DAMIANO E ’L SUO BEL MONASTERIO…”

ventina di metri, interpretazione che sarebbe stata ben presto confermata dal-
le indagini sul terreno28.
Pochi anni dopo, dunque, in seguito ad una campagna di scavo condot-
ta in occasione di alcuni lavori pubblici, furono riportati in luce, in corrispon-
denza della sede stradale di via Giacomo Medici, i resti degli impianti idrauli-
ci pertinenti ai mulini ad acqua (Fig. 2), quegli stessi resti che erano stati rap-
presentati da Lanciani, ma dei quali ora soltanto si poteva conoscere con cer-
tezza la reale posizione sul terreno.

Fig. 2. Mulini (da M. BELL, 1996, fig. 182).

28
BELL, Mulini, cit., pp. 65-66, cfr. L. COZZA, Mura Aureliane, 2. Trastevere, il braccio me-
ridionale: dal Tevere a Porta Aurelia-S.Pancrazio, «Bullettino della Commissione archeologi-
ca Comunale di Roma», XLII, 1987-1988, pp. 162-169.
PAOLA MAZZEI 123

Fig. 3. Mulini: lo scavo nell’area della sede stradale (da BELL 1993, p. 67, fig. 2).

Fig. 4. Sezione documentaria, nord-sud (da BELL 1993, p. 68, fig. 3).

I risultati della ricerca archeologica sul campo permisero di verificare,


dunque, che le Molinae di Lanciani si trovavano sulla stessa linea dello speco
dell’acquedotto traianeo (Fig. 3 e Fig. 2, cfr. Fig. 1), come del resto era verosi-
mile che fosse: risultava così finalmente evidente la relazione tra le due struttu-
re, e risultava altresì chiarito il rapporto delle Molinae di età imperiale con il
tracciato delle successive mura Aureliane, che alla fine del III secolo d.C. sca-
valcano diagonalmente il corso dell’acquedotto sotterraneo traianeo, senza per-
ciò compromettere il funzionamento delle Molinae stesse, che rimarranno op-
portunamente incluse all’interno del tracciato murario (Fig. 2).
124 “SAN CHOSM’E DAMIANO E ’L SUO BEL MONASTERIO…”

Fig. 5. BELL 1993, p. 72, fig. 8, sezione ricostruttiva.

Lo stesso non accade, invece, per il tratto di acquedotto dislocato più a sud
(Fig. 2, lettera b), già attribuito all’aqua Alsietina di Augusto, il cui corso rimane al
di fuori della linea delle nuove fortificazioni, e ormai destituito di ogni funzione,
insieme alla vicina struttura che gli scopritori avevano attribuito ad un altro muli-
no ad acqua29. Osserviamo fin d’ora che parrebbe ragionevole ipotizzare che il
condotto in questione, insieme all’eventuale mulino che poteva esservi collegato,
fosse già fuori uso al momento della costruzione delle mura aureliane30.
Qualche anno dopo, nel 1998-99, una nuova campagna di scavi, svoltasi
all’interno dell’isolato dell’American Academy, in corrispondenza dell’attuale
parcheggio, si estende a completare l’indagine di quasi tutta l’area interessata
dalle Molinae di Lanciani: i risultati di queste ricerche, pubblicati da Wilson
nel 200031, offriranno una serie di dati di prima mano e daranno all’autore lo
spunto per una nuova proposta ricostruttiva riguardo al tema che ci interessa,
ovvero il rapporto tra corso dell’aqua Alsietina e quello dell’aqua Traiana.

29
VAN BUREN – STEVENS, Aqua Alsietina, cit., p. 138, fig. 2: si tratta di una struttura cementizia,
documentata in modo insoddisfacente, con un paramento laterizio che gli editori datavano al
III secolo d.C., ed interpretata come un mulino ad acqua aggiunto all’acquedotto (dubitativo in
proposito WILSON, The water mills, cit., p. 238). L’insieme sembrava costituire un tratto di
condotto più ampio, disposto a nord e su una linea parallela a quello dell’acquedotto, con un
muro di spalla a monte ed uno di contenimento a valle: il piano di scorrimento del condotto
poggiava su un terrapieno, sostruito dal muro contenimento largo m 1, 20 ca. (ca. 4 piedi).
BELL in «Lexicon Topographicum», cit., fig. 182, lettera b.
30
Così anche WILSON, The water mills, cit., p. 238.
31
Ivi.
PAOLA MAZZEI 125

I risultati degli scavi stratigrafici, condotti prima da Bell e poi da Wilson32,


dimostrarono che il grande mulino ad acqua, costruito sul corso dell’acquedotto
non prima dell’inizio del III secolo d.C. 33, venne disattivato tra IV e V secolo, e
da allora in poi l’acquedotto probabilmente adibito ad alimentare un’utenza pri-
vata, mentre le modificazioni intervenute in una fase successiva suggerirebbero
che il condotto fosse stato in seguito utilizzato come fontana pubblica34.
Infine, l’acquedotto verrà deliberatamente ostruito, mediante un accumulo
di materiale eterogeneo di spoglio: questo intervento viene ricondotto all’epi-
sodio della guerra Gotica ricordato da Procopio, allorché Belisario, durante
l’assedio di Roma da parte dei Goti, nel 537, ordina il blocco degli acquedotti,
per impedire che gli assedianti possano utilizzarli come via di accesso alla città35.
Pertanto, secondo le conclusioni dell’autore, poiché il grande mulino
ad acqua termina la sua attività ben prima della guerra Gotica, esso non può
essere tra quelli ricordati da Procopio come attivi all’epoca, anche se potreb-
be essere stato tra i mulini che, secondo lo stesso Procopio, avevano determi-
nato il percorso inclusivo delle mura aureliane alla fine del III secolo d.C. E
dunque, i mulini dell’età di Procopio, e forse già quelli del documento epigra-
fico che ai mulini del Gianicolo si riferisce, nella seconda metà del V secolo36,
dovevano essere stati alimentati da un condotto dell’aqua Traiana che non
coincide con il tratto di condotto dell’American Academy e di via Medici.
Inoltre, poiché alla fase di defunzionalizzazione e ostruzione non seguì
una fase di riattivazione dell’acquedotto, Wilson ne conclude che tale acque-
dotto non può coincidere con quello che è ricordato dalle fonti altomedievali
in relazione al Gianicolo e ai mulini ad acqua: a partire dall’acquedotto che
doveva alimentare le Molinae dell’Itinerario di Einsiedeln, a quello che, ali-
mentato dall’aqua Traiana, sarà riparato ad opera di tre diversi pontefici dal
VII al IX secolo37.
Secondo Wilson, dunque, sarebbe esistito, in antico, un ramo setten-
trionale dell’aqua Traiana, il quale coinciderebbe, nel suo percorso all’interno
delle mura, con l’acquedotto sopravvissuto in età medioevale, e infine rico-

32
Ivi, p. 224, fig. 4.
33
Ivi, pp. 222-227. I dati archeologici vengono letti dall’autore a confronto con i cambiamenti isti-
tuzionali introdotti dagli imperatori del III secolo nell’organizzazione dei mulini in funzione delle
distribuzioni annonarie, dalla fine del II alla seconda metà del III secolo a.C.: pp. 23-238.
34
Ivi, le due ultime fasi di utilizzo, rispettivamente, a pp. 227-229 e pp. 229-232.
35
Ivi, pp. 232-236.
36
Vedi la nota sull’editto del praefectus urbi Dynamius ed il contesto cui si riferisce: ivi, p. 242.
37
Onorio I (625-638: Liber Pontificalis, 72.25) e in seguito Adriano I (772-795: Liber Pontificalis,
97.59) e Gregorio IV (827-844: Liber Pontificalis, 103.19), quando l’acquedotto sarà designato
come forma Sabbatina (Liber Pontificalis, 97.59), cfr. Marcelli, Munzi, 2007, p. 39.
126 “SAN CHOSM’E DAMIANO E ’L SUO BEL MONASTERIO…”

struito come acquedotto di Paolo V con la moderna mostra monumentale


della fontana dell’Acqua Paola (Fig. 6)38:

Fig. 6. L’ipotesi di percorso del ramo settentrionale dell’aqua Traiana in tratteggio


(da WILSON, The water mills, fig. 17).

tanto più che, in prossimità del versante nord del corso urbano dell’acquedotto
Paolo, e altresì in prossimità del corrispondente tratto urbano della via Aurelia,
subito dopo l’omonima porta delle Mura Aureliane, sussiste un notevole indi-
zio del passaggio di un acquedotto antico, costituito dai resti, registrati nella
FUR39, di una grandiosa struttura idrica, che Lanciani40 designava come ‘Cister-
na’ e che Wilson interpreta come un castello di distribuzione41.
A questo ramo settentrionale dell’aqua Traiana si coordinerebbero pertan-
to, secondo Wilson, il toponimo fons Petri, e quello di SS. Iohannis et Pauli,
nonché quello di Molinae, citati dall’Itinerario di Einsiedeln42, ma ciò che qui in-
teressa è che l’autore, pur avendo individuato una soluzione convincente per il
percorso urbano dell’acquedotto traianeo che portava in Trastevere l’acqua po-
tabile proveniente dal lago di Bracciano, proponendo l’identificazione di questo
38
WILSON, The water mills, cit., pp. 239-241.
39
LANCIANI, Forma Urbis, cit., foglio 33.
40
La notizia del rinvenimento e la definizione funzionale in NSc 1884, p. 41 (Lanciani): cfr.
nota precedente.
41
Sull’identificazione di questa struttura v. oltre.
42
WILSON, The water mills, cit., pp. 241-242.
PAOLA MAZZEI 127

percorso antico con il percorso dell’acquedotto rinascimentale, continua però a


considerarlo un duplicato.
Wilson, infatti, considera altresì come pertinente all’aqua Traiana, o
meglio ad un suo ramo meridionale, il percorso rappresentato dai due seg-
menti tra loro allineati, correnti sotto l’American Academy e sotto via Medici
(con i relativi mulini ad acqua), mentre considera pertinente all’aqua Alsietina
il ramo attualmente non più visibile corrente ancora più a sud43, in questo se-
guendo, come si è visto, le identificazioni proposte dagli studiosi della prima
metà del XX secolo.

L’aqua Alsietina, la Naumachia di Augusto, l’aqua Traiana, castelli di distri-


buzione e serbatoi
Se consideriamo le ragioni di queste rispettive attribuzioni, è sorpren-
dente osservare che il criterio di datazione basato sulla tecnica edilizia e
sull’analisi delle caratteristiche costruttive sia stato utilizzato soltanto per la da-
tazione del tratto di speco sotterraneo attribuito all’aqua Alsietina: laddove
van Buren e Stevens riconoscevano il tipico opus reticulatum di età augustea44:
questa datazione comportava che, per esclusione, l’altro tratto di speco sotter-
raneo, pertinente al condotto corrente assai più a nord, sotto l’American A-
cademy, dovesse essere attribuito all’aqua Traiana.
A conferma di questa datazione Wilson potrà addurre l’argomento strati-
grafico, che permetteva di escludere una costruzione del condotto in epoca an-
teriore alla metà del II secolo d.C., e dimostrava con ciò insostenibile l’ipotesi
avanzata da Wikander, che attribuiva il condotto all’acquedotto augusteo45.
È notevole che la tecnica costruttiva dello speco corrente sotto il terre-
no dell’American Academy, quale è descritta dallo stesso Wilson, presenti
tutte le caratteristiche dei tratti dell’acquedotto traianeo realizzati in speco sot-
terraneo46, benché questo confronto non venga posto in evidenza dall’autore.

43
Ivi, p. 240, fig. 17: tratti in neretto.
44
Cfr. nota 23: a questa valutazione si riferisce ancora WILSON The water mills, cit., p. 221.
45
Ivi, p. 221: i materiali ceramici di riempimento della trincea di fondazione delllo speco coprono
un arco cronologico che va dal I secolo d.C. all’inizio del II secolo d.C., ciò che permette di e-
scludere una datazione del condotto ad età augustea, come era stata proposta da Ö. WIKANDER,
Water Mills in Ancient Rome, «Op. Rom», XII, 1979, pp. 24-27.
46
WILSON, The water mills, cit., pp. 221-222: alle caratteristiche tecniche cui si è già accenna-
to, si aggiungano i puntuali confronti nella composizione del cocciopesto pavimentale e degli
intonaci delle pareti e della volta, nonché la particolarità delle imposte dei piedritti aggettanti
rispetto alle partenze della volta: aggetto determinato dal fatto che, appunto sulle imposte dei
piedritti, veniva appoggiata la centina destinata alla realizzazione della volta, le cui partenze
risultavano pertanto arretrate rispetto alle fronti dei piedritti, costituenti le pareti dello speco,
mentre la superficie orizzontale intermedia veniva rivestita da uno strato di cementizio a bau-
128 “SAN CHOSM’E DAMIANO E ’L SUO BEL MONASTERIO…”

Alla luce di nuovi elementi di valutazione, questa datazione, che è da


considerarsi corretta, potrebbe ora concordare con una diversa interpretazio-
ne del condotto in questione, ovvero: l’acquedotto realizzato in epoca traia-
nea, oggi superstite nel tratto tra l’Accademia Americana, via Medici e Villa
Spada, potrebbe costituire non già il condotto dell’aqua Traiana, bensì il con-
dotto, ricostruito da Traiano, dell’aqua Alsietina augustea47 (Fig. 7).

Fig. 7. Al centro, in puntinato grigio, la grande area rettangolare corrisponde al bacino della
Naumachia di Augusto; sulla destra di essa i frammenti della FU marmorea con la topografa
antica dell’inzio del III secolo (da COARELLI 1992, p. 42, fig. 3).

letto (o meglio a quarto di cerchio) ricoperto dello stesso intonaco a cocciopesto delle pareti.
Nel testo di WILSON, cit., a p. 222, sussiste l’uso tradizionale, ma improprio ed oggi superato,
del termine opus signinum per indicare il cocciopesto: sia il cocciopesto in cui è realizzato il
masso pavimentale con i cordoli, sia quello dell’intonaco che riveste la cortina a reticolato, sia
quello molto più sottile della volta.
47
MAZZEI, Nuova epigrafe, cit., p. 149, fig. 1.
PAOLA MAZZEI 129

Che Traiano abbia ricostruito la Naumachia di Augusto in Trastevere, e


contestualmente restaurato l’acquedotto che l’alimentava, ovvero l’acqua Al-
sietina che Augusto aveva dedotto dal Lago di Martignano, è stato proposto,
come si è detto all’inizio, sulla base dell’integrazione del grande frammento
epigrafico48 (Fig. 8)

Fig. 8. Chiostro duecentesco di San Cosimato, galleria lapidaria: frammento epigrafico.

pertinente ad un’iscrizione monumentale, conservato nel chiostro di San Cosima-


to. Tutte le informazioni delle fonti letterarie, dirette e indirette, che si sono utiliz-
zate al proposito, ed il loro confronto con i dati del contesto topografico, sono
sembrati elementi sufficienti a suffragare l’ipotesi restitutiva ivi proposta (Fig. 9).

Fig. 9. Proposta ricostruttiva dell’epigrafe (rielaborazione da MAZZEI 2007, p. 154, fig. 4).

48
Ivi, p. 152 fig. 3.
130 “SAN CHOSM’E DAMIANO E ’L SUO BEL MONASTERIO…”

È bene ricordare che, nel proporre questa ipotesi del restauro, da parte di
Traiano, della Naumachia di Augusto e dell’acquedotto Alsietino, si è acquisita la
localizzazione della Naumachia augustea quale è proposta da Coarelli49 (Fig. 6);

Fig. 10. In rosso i tre percorsi di acquedotto con le rispettive identificazioni ivi proposte: 1) aqua
Alsietina augustea; 2) aqua Alsietina traianea; 3) aqua Traiana. Con le lettere si sono indicate: M)
la mostra-serbatoio di via Mameli; P) la porta Aurelia nelle mura della fine del III secolo; A) la
terminazione dell’aquedotto alsietino secondo Lanciani (da Cassio); E) la collezione epigrafica di
San Cosimato, con l’epigrafe commemorante il restauro traianeo dell’acquedotto alsietino e della
Naumachia di Augusto. La linea grigia corrisponde al tracciato della via «quae ducit ad Ianicu-
lum» secondo Lanciani (Dis. Paola Mazzei 2012, rieaborato da MAZZEI 2007, p. 149, fig. 1).

49
F. COARELLI, ‘Aedes Fortis Fortunae, Naumachia Augusti, Castra Ravennatium’. La ‘via Cam-
pana Portuensis’ e alcuni edifici adiacenti nella pianta marmorea severiana, «Ostraka», I, 1992, pp.
46-51 (così in MAZZEI, Nuova epigrafe, cit., pp. 157-158 e p. 149, fig. 1).
PAOLA MAZZEI 131

tuttavia, l’ipotesi del restauro traianeo ne prescinde, in parte, potendo questa


ipotesi concordare anche con altre proposte, come quelle che si richiamano
alla vecchia localizzazione del grandioso bacino navale augusteo, individuan-
dola in un’area che comprenda la zona di piazza San Cosimato50. Questo al-
meno in via teorica, poiché vedremo che, in pratica, questa seconda ipotesi
sembra doversi escludere.
Per il momento ci interessa il fatto che l’attribuzione alla Traiana del
ramo destinato ad alimentare i mulini ad acqua di via Medici comporterebbe
di per sé la necessità di immaginare un castello di distribuzione collocato più
a monte, che dividesse i due corsi della Traiana nel ramo settentrionale e in
quello meridionale51.
Dobbiamo ora tenere presente che l’ultimo segmento (fig. 11)52

Fig. 11. Evidenziati in rosso i segmenti dell’acquedotto traiano, in giallo quello attribuito
all’Alsietina. A destra (est), cerchiato in azzurro il basolato attribuito alla via Vitellia, contiguo
all’acquedotto; a sinistra (ovest) l’asterisco in rosso indica la localizzazione di ‘Vigna Lais’ nel
XIX secolo e la corrispondente struttura idrica già allora interpretata com castello di distriu-
zione. Ad est di villa Pamphilj, e all’interno delle mura gianicolensi, i tre percorsi degli ac-
quedotti in rosso e, a sud est, un angolo della Naumachia augustea (P. Mazzei su base da
BENOCCI 2005, Tav. I e carta stradale Michelin 2012).

50
LANCIANI, Forma Urbis, cit., f. 33 localizza l’area della Naumachia di Augusto a partire da una
fascia immediatamente a sud del complesso di San Cosimato, in ciò non discostandosi troppo
dall’ipotesi di Coarelli; diversamente R. TAYLOR, Torrent or Trickle? The Aqua Alsietina, the
Naumachia Augusti, and the Transtiberim, «American Journal of Archeology», CI, 1997 (465-
492), a p. 478, fig. 4, propone per la Naumachia di Augusto un’area che si estende da San Cosi-
mato a San Francesco a Ripa, verso sud est, a San Crisogono a nord, su via della Lungaretta.
51
WILSON, The water Mills, cit., 239-240: «[...] there must therefore have been another branch of
the Traiana [...] which must have split from the via Medici section at some point between the Villa
Doria Pamphili and the Porta Aurelia [...], and probably followed the line of the old via Aurelia
down into Trastevere. This must have crossed under the Aurelian wall at a different point from
the via Medici section [...]», citato in MAZZEI, Nuova epigrafe, cit., p. 163, nota 67.
52
Villa Doria Pamphilj, a cura di C. Benocci, Roma 2005, Tav. I: P. CIANCIO ROSSETTO, Il
sito della villa in età romana, pp. 18-28.
132 “SAN CHOSM’E DAMIANO E ’L SUO BEL MONASTERIO…”

del percorso extraurbano dell’aqua Traiana identificabile come pertinente


all’acquedotto antico è costituito, per un primo tratto, dalle arcate superstiti
ancora visibili lungo via del Casale di san Pio V e, per un tratto ulteriore, ver-
so la città, dalle parti della struttura muraria antica visibili lungo il versante
meridionale della via Aurelia Antica all’altezza di Villa Doria Pamphilj, parti
che risultano inglobate e riutilizzate nella struttura moderna dell’Acquedotto
Paolo53. Per il tratto successivo l’acquedotto moderno non sembra riutilizzare
l’antico, come suggerisce il fatto che un tratto del condotto antico è stato indi-
viduato, per m 8 circa di percorso, su una linea di percorso distinta, anche se
posta a ridosso dell’acquedotto Paolo, sita all’interno di Villa Doria Pamphilj;
ed è accertato che tale percorso del condotto antico seguisse comunque una
sede viaria basolata, che è stato proposto di identificare con un tracciato anti-
co della via Aurelia vetus o della via Vitellia54.
L’ipotesi che esistesse un castello di distribuzione che divideva due ra-
mi dell’aqua Traiana, dovrebbe comportare di necessità che tale installazione
si trovasse non troppo lontana da queste ultime arterie viarie. Tuttavia, l’unica
struttura nota, finora identificata con un castello di distribuzione, è la struttura
idraulica scoperta alla metà del XIX secolo a Vigna Lais55: si dovrebbe quindi
ammettere che la divisione avvenisse già a notevole distanza dagli impianti in-
dustriali di via Medici. Non solo, ma la località Vigna Lais56 pur essendo situa-
ta lungo la via Aurelia – la cui sede coincideva per un segmento con il confine
settentrionale del toponimo moderno – si trova alquanto più ad ovest rispetto
ai tratti di acquedotto antico riconosciuti come pertinenti al corso dell’aqua
Traiana. Cioè molto più lontano dalla città rispetto al tratto di acquedotto su-
perstite in corrispondenza di Villa Doria Pamphilj e a quello scoperto presso
la sede viaria basolata anzidetta, tanto che Wilson riconosce che bisognereb-
be ipotizzare la presenza di un castello di distribuzione più ad est, tra Villa
Doria Pamphilj e Porta Aurelia57.

53
VIRGILI in «Lexicon Topographicum», cit. I, Aqua Traiana, p. 71, con bibliografia precedente (cit.
in MAZZEI, Nuova epigrafe, cit., p. 164, nota 70. Ora vedi anche Villa Pamphilj, cit., pp. 20-22).
54
Villa Pamphilj, Tav. I; il basolato corrisponde al numero 1, qui evidenziato dal cerchio azzurro.
Cfr. P. VIRGILI, Aqua Traiana, in Il Trionfo dell’acqua. Acque e acquedotti a Roma. IV sec. a.C.-
XX sec., Roma 1986, p. 118: cit. in MAZZEI, Nuova epigrafe, cit., p. 164, nota 71. In Villa Pam-
philj, cit., p. 21, Ciancio Rossetto identifica come basolato della via Vitellia un tratto, individuato
da Virgili, che si addossa all’acquedotto Traiano in prossimità dell’entrata di Villa Pamphilj, in cor-
rispondenza quindi del punto in cui la strada si sarebbe distaccata dall’Aurelia per seguire il trac-
ciato, diretto a sud ovest, che sopravviverà nelle vie di San Pancrazio e Vitellia.
55
Cfr. MAZZEI, Nuova epigrafe, cit., p. 164 e nota 72.
56
Ivi, nota 73: la località Vigna Lais è indicata in FRUTAZ, Le piante, cit., Tav. 572, Pianta
CCXXII, 3, 1906, Roma, suburbio e dintorni.
57
Cfr. nota 54.
PAOLA MAZZEI 133

Wilson58 propone peraltro di identificare un castello di distribuzione,


come si è già accennato, nella cosiddetta ‘Cisterna’ di Villa Aurelia, che si trova
non lontano dalla Porta Aurelia, verso est, a nord del corso dell’acquedotto e a
nord della strada antica, e subito all’esterno del circuito delle mura Aureliane.
Tuttavia, questa identificazione funzionale mi sembra alquanto incerta,
dato che vi si oppongono alcune considerazioni: in primo luogo la struttura
idrica, come è rappresentata e descritta da Lanciani, anche se grandiosa,
sembra piuttosto un vero e proprio serbatoio59 che non un castello di distribu-
zione, con un lato lungo addossato a monte, il lato opposto a valle contraffor-
tato da muri ortogonali, e la divisione interna in arcate su pilastri.
D’altra parte, la sua posizione è molto decentrata verso nord rispetto alla
zona interessata dal passaggio dai due acquedotti, quelli che Wilson ritiene i due
rami dell’aqua Traiana, e non si vede quindi come la struttura avrebbe potuto
funzionare da castello di distribuzione rispetto ad essi, dal momento che con il
più meridionale dei condotti essa non sembra avere alcuna relazione topografica.
Da ultimo, ma non per importanza, la grandiosa struttura idrica viene la-
sciata al di fuori delle Mura Aureliane, circostanza assai poco spiegabile se si fos-
se trattato di un castello di distribuzione funzionale agli acquedotti urbani. Una
spiegazione alternativa potrebbe essere proprio quella scartata da Wilson, e cioè
che il serbatoio servisse una grande residenza privata imperiale, dato che
quest’area extraurbana corrisponde probabilmente alla zona degli Horti Getae60.
Secondo la nostra ipotesi, dunque, il condotto antico, dall’ultimo tratto
documentato di Villa Doria Pamphilj, si sarebbe diretto verso Porta Aurelia,
fino raggiungere la sede del tratto urbano dell’acquedotto di Paolo V, come del
resto suggerisce la carta pubblicata dallo stesso Wilson per il condotto che que-
sto autore considera un ramo settentrionale dell’aqua Traiana: eliminando il
rapporto con il condotto che Wilson considera il ramo meridionale dell’aqua
Traiana, si acquisirebbe un tracciato più agevole all’aqua Traiana stessa, rispet-
to ad un’ipotesi che attribuisca al percorso urbano della Traiana anche il tratto
di speco delle Molinae di via Medici, dislocato molto più a sud. Si realizzereb-
be cioè una direzione del tracciato (Fig. 10, n. 3) unitaria e più coerente rispetto
all’insieme dell’area cui era destinato il rifornimento idrico, ovvero Trastevere e

58
WILSON, The water mills, cit., pp. 239-241 e nota 52.
59
Si preferisce usare questo termine piuttosto che la tradizionale denominazione di cisterna, in
quanto più appropriato per definire un contenitore idrico alimentato da un acquedotto.
60
LANCIANI, Forma Urbis, f. 33: gli Horti Getae sono localizzati da Lanciani in corrispondenza del
Giardino e Bosco Corsini, subito ad ovest dell’Orto Corsini, in una fascia immediatamente esterna e
contigua rispetto alle successive mura aureliane. Cfr. in «Lexicon Topographicum», cit., s.v.
134 “SAN CHOSM’E DAMIANO E ’L SUO BEL MONASTERIO…”

Vaticano, nonché rispetto alla posizione più probabile della stessa Naumachia
Traiani nell’ager Vaticanus61.

L’aqua Alsietina nella Forma Urbis severiana e una mostra-serbatoio a via


Mameli: la viabilità e l’acquedotto
In funzione dell’identificazione dell’acquedotto di via Medici, nella prece-
dente ricerca, si erano ripresi in esame due gruppi di frammenti della Forma Urbis
marmorea severiana62, ovvero della grande carta topografica di Roma incisa su la-
stre di marmo, realizzata nel primo decennio del III secolo d. C.63 . Sui due gruppi
di frammenti è rappresentato appunto un acquedotto su arcate, la cui identificazio-
ne con il condotto dell’Alsietina è assicurata dalla presenza, sul primo dei due
gruppi di frammenti, dei resti di una legenda integrata come aqua Alsietina.
Rimandando alla pubblicazione precedente per una discussione più
dettagliata, che considera i problemi posti dalle caratteristiche del supporto, ci
limitiamo qui a ricordare l’ipotesi di dislocazione dei frammenti proposta dal
loro editore64, dislocazione che comporta un accesso dell’acquedotto da nord,
su una direttrice quasi perpendicolare al corso della via Aurelia, e comunque
da essa scollegata; e a confronto mostriamo la nuova dislocazione degli stessi
frammenti che è stata proposta da chi scrive, in alternativa, dislocazione tale
da permettere un accesso dell’acquedotto da ovest verso la città e, quindi, in
connessione con il percorso extraurbano della via Aurelia (Fig. 12).

61
Così in MAZZEI, Nuova epigrafe, cit., p. 165, con bibliografia precedente sulla Naumachia Traiani.
62
E. RODRIGUEZ ALMEIDA, Forma Urbis Marmorea. Aggiornamento generale 1980, Roma
1981, Tav. XXX, e pp. 144-147; cfr. MAZZEI, Nuova epigrafe, cit., pp. 165 ss..
63
E. RODRIGUEZ ALMEIDA, Formae Urbis antiquae. Le mappe marmoree di Roma tra la
Repubblica e Settimio Severo, Roma 2002: per gli ultimi aggiornamenti dell’autore e i prece-
denti cartografici della Forma Urbis severiana.
64
La dislocazione dei frammenti proposta dall’editore è accolta da TAYLOR, Torrent or Trickle,
cit., p. 478, fig. 4, che però attribuisce il gruppo 37C all’aqua Traiana e il gruppo 37B all’Alsietina:
a prescindere dalla difficile compatibilità di questa ipotesi con quanto l’autore propone sulle vi-
cende dell’Alsietina, che sarebbe ben presto scomparsa già nel II secolo d.C., insieme alla Nau-
machia di Augusto, ritenuta obliterata già in età traianea, vedremo che, alla luce di quanto si pro-
pone di seguito, tale distinzione attributiva in ambito periurbano risulta non necessaria.
PAOLA MAZZEI 135

Fig. 12. Ridislocazione dei frammenti della FU marmorea. Il rettangolo grigio a sud ovest corrispon-
de all’area attribuita alla Naumachia di Augusto (rielaborazione da MAZZEI, Nuova epigrafe, fig. 8).

È necessario tenere presente che un accesso da nord dell’aqua Alsietina


contrasta con i dati relativi al percorso extraurbano dell’acquedotto: i dati a di-
sposizione, infatti, sia pure esigui, sembrano attestare un itinerario che giunge in
Trastevere da ovest, non diversamente da quello dell’aqua Traiana (Fig. 11). Per-
tanto, un accesso da ovest concorderebbe con le ricostruzioni, fino alle più recen-
ti, del percorso periurbano e urbano dell’acquedotto65, il quale sarebbe giunto
nella zona di S. Cosimato passando a destra di Porta Aurelia, cioè a sud di es-
sa, e quindi a sud del tracciato della via Aurelia, attraversando quindi la valle
tra Villa Spada e Villa Sciarra/Ottoboni.
A tale proposito, possiamo aggiungere che non è da escludere la possibi-
lità che il percorso extraurbano dell’aqua Alsietina restaurata da Traiano e quel-
lo dell’aqua Traiana coincidessero, o coincidessero in parte, come avviene per
molti acquedotti diretti a Roma, le cui acque possono correre in condotti diver-
si ma sostenuti dalle stesse arcuazioni66. In tal caso il frammento 37C, che si è
collocato al di fuori del successivo percorso delle Mura Aureliane, potrebbe
65
Cfr. nota precedente.
66
Vedi per es. il caso dei condotti su arcuazioni degli acquedotti Anio Vetus , Anio Novus e
Claudia, o quelli altrettanto noti delle aquae Marcia, Tepula e Iulia, tutti casi in cui un acque-
dotto più antico è stato restaurato e associato, nel suo percorso extraurbano, ad un acquedot-
to di nuova deduzione.
136 “SAN CHOSM’E DAMIANO E ’L SUO BEL MONASTERIO…”

rappresentare, in via d’ipotesi, una sequenza di arcuazioni sopra terra destinata


a portare entrambi i condotti idrici, rispettivamente nella loro ricostruzione o
nuova deduzione traianea, tanto più che, a partire dalla zona di Villa Doria
Pamphilj, non è più chiaro il rapporto tra resti attribuiti all’aqua Alsietina e resti
attribuiti all’aqua Traiana (Fig. 11).
A questo punto, accettando l’ipotesi proposta da Coarelli per la posizio-
ne della Naumachia di Augusto, si porrebbe il problema della prosecuzione
dell’acquedotto alsietino restaurato da Traiano in funzione dell’alimentazione
del bacino navale augusteo, restaurato a sua volta nella stessa occasione; di que-
sta prosecuzione in direzione della Naumachia così dislocata, tuttavia, non c’è
traccia evidente, né sul terreno, né sui frammenti superstiti della Forma Urbis.
Quest’ultima assenza, tuttavia, non è decisiva, dato che il ramo diretto
verso la posizione che si è ipotizzata per la Naumachia potrebbe essere stato
rappresentato sulle parti scomparse delle lastre, ben più ampiamente estese
degli scarsi frammenti conservati; né è da escludere che questo eventuale ra-
mo di acquedotto fosse già soppresso all’epoca della redazione della Forma
Urbis severiana, dal momento che, come apprendiamo da Dione Cassio67, la
Naumachia augustea era da tempo fuori uso o, meglio, era del tutto scompar-
sa, informazione questa che si presta ad essere confrontata con quanto rap-
presentato sulla stessa Forma Urbis marmorea, dove l’area identificata con la
Naumachia augustea è in parte notevole ormai occupata da edifici di varia na-
tura e destinazione (Figg. 7 e 10)68.
Dobbiamo quindi tenere presente la mutazione del contesto urbanistico,
ormai verificatosi in età severiana, rispetto all’orizzonte cronologico augusteo e
poi traianeo, nel considerare la nuova identificazione proposta di quella parte di
acquedotto rappresentata sul gruppo di frammenti della FU in cui si trova la scrit-
ta identificativa AQU[A ALSIE]TIN[A] (Fig. 12): questa parte dell’acquedotto è rap-
presentata come due segmenti posti ad angolo quasi retto, l’ultimo dei quali ab-
biamo proposto di identificare una struttura di età imperiale, tuttora visibile
nell’ambito dei rimaneggiamenti edilizi moderni e contemporanei della zona.
Se osserviamo la carta del Lanciani69 e poi quella di Wilson (Fig. 6)70, in-
fatti, possiamo constatare che, a partire dal tratto di speco 2 – correntemente

67
Dio, LV, 10, 7, passo in cui l’autore accenna ai resti visibili: MAZZEI, Nuove epigrafe, cit.,
2007, p. 151 e nota 16.
68
Così COARELLI, La ‘via Campana Portuensis’, cit, p. 49 e MAZZEI, Nuova epigrafe, cit., pp.
157-158. Cfr. MAZZEI, Mica aurea, cit, p. 15, fig. 3: evidente l’occupazione dello spazio ipo-
tizzato come già pertinente alla Naumachia da parte del nuvo tessuto edilizio rappresentato
nei frammenti della Forma Urbis severiana.
69
LANCIANI, Forma Urbis, cit., f. 33.
70
WILSON, The water Mills, cit., p. 240, fig. 17.
PAOLA MAZZEI 137

attribuito all’acqua Traiana e che si è già proposto di attribuire al restauro traia-


neo dell’acqua Alsietina – e prolungando il suo corso in direzione est, lungo le
estreme pendici del Gianicolo, tale percorso finirebbe per incontrare un avan-
zo monumentale ancora notevole, benché assai eroso dalle trasformazioni del
contesto edilizio moderno e post-unitario71.
Si tratta di una struttura che nella carta del Lanciani è rappresentata
come una serie di sei nicchioni, con evidente funzione sostruttiva rispetto alla
pendice del colle in cui si inseriscono: priva di legenda, la struttura è posizio-
nata come tangente ad un arco di circonferenza, corrispondente al perimetro
di un piazzale, parte del nuovo disegno stradale del quartiere, anche se un po’
decentrata rispetto al piazzale stesso.
La posizione di questa struttura corrisponde a quanto possiamo osservare
ancor oggi sul terreno lungo la via Goffredo Mameli, dove lungo la pendice del
Gianicolo, in corrispondenza di una fontana monumentale che funge da fulcro
scenografico dello spiazzo semicircolare, sussistono le imposte e gli attacchi de-
gli archi pertinenti ai due nicchioni più settentrionali della struttura documenta-
ta da Lanciani72; i nicchioni superstiti sono attualmente tamponati e inseriti nella
muratura attuale, mentre la scomparsa di ciò che ancora restava della struttura
in età moderna, è da addebitarsi alla costruzione stessa della fontana che l’ha
inglobata; è peraltro notevole che l’acqua che rifornisce la fontana, attualmente,
altro non sia che una derivazione dell’Acqua Paola corrente più a monte.
Uno schizzo della stessa struttura, inserito nella viabilità dell’epoca, è
nella raccolta degli appunti di Lanciani73.
Rimandiamo, ancora una volta, alla pubblicazione precedente per quanto
riguarda le circostanze della collocazione della mostra moderna, proveniente
da altra zona di Roma74, nonché per quanto riguarda la storia della rappresenta-
zione di questa struttura antica nella cartografia topografica di Roma75; ricor-
diamo però che la configurazione assunta dalla struttura antica, nelle rappresen-
tazioni cartografiche in cui essa è più dettagliata, avvalora l’ipotesi che la struttu-
ra fosse pertinente ad un’opera idraulica, dal momento che viene spesso ripro-
dotta con le caratteristiche delle rappresentazioni planimetriche relative alle
concamerazioni di serbatoi o cisterne.

71
P. MAZZEI, Nuova epigrafe, cit., p. 149, fig. 1.
72
Il piazzale di via Mameli con la fontana moderna addossata a quanto resta della struttura antica
che si è interpretata come serbatoio-mostra. (Cfr. MAZZEI, Nuova epigrafe, cit., p. 168, fig. 7).
73
Cod. Vat. lat. 13043, f. 56v, ora in M. BUONOCORE, Appunti di topografia romana nei co-
dici Lanciani della Biblioteca Apostolica Vaticana, III, Roma 2000, p. 249. Cfr. P. MAZZEI,
Nuova epigrafe, cit., p. 168, nota 90.
74
MAZZEI, Nuova epigrafe, cit., p. 169 e nota 92.
75
Ibidem, note 93-101.
138 “SAN CHOSM’E DAMIANO E ’L SUO BEL MONASTERIO…”

Ed è significativo, in questo senso, che la struttura ricompaia nella carta


di Roma antica edita nel 1949 da Lugli e Gismondi accompagnata dall’indica-
zione Balineum Ampelidis e che, in questa stessa carta, nei pressi della strut-
tura in questione tendano ad incrociarsi i corsi della Traiana e dell’Alsietina76;
al di là della discutibile identificazione della struttura, e al di là dell’altrettanto
discutibile relazione che gli autori ipotizzano per gli acquedotti Traiano e Al-
sietino, ciò vuol dire che la struttura in sé era stata riconosciuta come un im-
pianto di carattere idraulico.
Nella pubblicazione precedente si è visto che, ruotando di 90° in senso an-
tiorario il gruppo di frammenti (37B) di Rodriguez Almeida, e spostandolo, si
acquista una nuova dislocazione che comprenderebbe, secondo la sovrapposi-
zione tra topografia antica e topografia moderna del quartiere proposta dallo
stesso Rodriguez Almeida77, appunto la zona in cui si incrociano le attuali vie Lu-
ciano Manara e Goffredo Mameli: la prima strada costituisce la rettifica parziale,
realizzata in epoca postunitaria, di un tracciato viario antico che corrispondeva
all’attuale via delle Fratte di Trastevere, mentre la seconda ospita, nel punto in cui
la prima vi si immette, appunto la struttura antica in questione, nonché la fontana
moderna che funge da fulcro prospettico a via Manara.
Nella dislocazione proposta, i frammenti ‘a, b, c, d, e’ del gruppo 37B corri-
sponderebbero, per posizione e orientamento, alla struttura antica sul terreno:

76
FRUTAZ, Le piante, cit., III, Tav. 118 (pianta LVIII): gli autori dispongono il corso dell’Alsietina
a nord della Traiana, e ad esso quasi perpendicolare, v. già MAZZEI, Nuova epigrafe, cit., p. 169,
nota 101. Sul Balineum Ampelidis, ivi, p. 150 e qui oltre per una riconsiderazione.
77
MAZZEI, Nuova epigrafe, cit., p. 170 (nota 102 per E. RODRIGUEZ ALMEIDA, Aggiorna-
mento, cit., p. 141, fig. 4).
PAOLA MAZZEI 139

Fig. 13. Alla cartografia attuale con le infrastrutture idriche antiche in rosso si è sovrapposta
l’intelaiatura della FU marmorea severiana con i frammenti superstiti. La linea tratteggiata
che si distacca dalla zona delle Molinae, sul corso dell’acquedotto traianeo 2 (Alsietina traia-
nea), indica il percorso ipotizzato per il ramo di acquedotto 2a in base alla direzione del tratto
superstite (rielaborazione da MAZZEI, Nuova epigrafe, 2007, p. 149, fig. 1).

Ammettendo pertanto che la struttura concamerata antica sia da identificarsi,


considerata la sua probabile funzione idrica, con un serbatoio e con una mostra
dell’acquedotto Alsietino, o meglio del corso di questo restaurato da Traiano, pos-
siamo constatare, a questo punto, che il segmento precedente (frammenti ‘e-f’)
formante l’altro lato dell’angolo descritto da questo gruppo di frammenti, e rappre-
sentante lo stesso acquedotto su arcate, seguirebbe un percorso che abbiamo ipo-
tizzato corrispondente a quello di un tracciato viario pre-moderno.
Il tracciato è quello della strada, oggi scomparsa, che si inoltrava fra l’altura di
villa Spada e la pendice del Gianicolo posta sotto i giardini di S. Pietro in Monto-
140 “SAN CHOSM’E DAMIANO E ’L SUO BEL MONASTERIO…”

rio, strada nota nella toponomastica pre-unitaria come via Cupa78: ricostruita da
Lanciani come una strada antica («via ad Ianiculum»), a prosecuzione del tracciato
di via delle Fratte e della prima parte dell’attuale via Manara, il suo percorso sareb-
be confluito nella via Aurelia poco prima dell’arrivo di quest’ultima alla porta o-
monima delle mura aureliane (Fig. 14):

Fig. 14. Sulla carta di Nolli (Fig. 1) si è sovrapposta la ricostruzione delle infrastrutture idriche
antiche, con i necessari adattamenti.

Si è anche individuata la genesi dell’idea di Lanciani nei suoi appunti:


che la strada corrispondente alla «via quae a Sublicio ponte ducit ad Ianicu-
lum»79 fosse ritenuta il precedente della via Cupa, emerge in quello dei suoi

78
Da Nolli 1748 in FRUTAZ, Le piante, cit., nota 4. Sul toponimo, con il significato di strada incas-
sata e stretta cfr. S. PELLI, Le strade di Roma, Roma 19882, p. 341.
79
Liv. V, 40: secondo l’ annotazione apposta in LANCIANI, Forma Urbis, cit., f. 33.
PAOLA MAZZEI 141

appunti in cui80 la «strada Cupa» segue le pendici inferiori dell’«Horto di S.


Pietro in Montorio» e si dirige verso «Porta S. Pancrazio» (porta Aurelia).
Ed è notevole che in un altro contesto editoriale Lanciani ipotizzasse che
il condotto dell’aqua Traiana seguisse proprio questa strada, con ciò attribuen-
do all’aqua Traiana lo stesso percorso, dunque, che si è proposto di attribuire
al restauro traineo dell’Alsietina81.
È necessario, a questo punto, ricordare che la ‘mostra’, rappresentata sul
percorso di tale strada nello schizzo dell’appunto manoscritto, corrisponde alla
mostra dell’aqua Traiana che Lanciani ipotizza sotto la pendice di Villa Spada,
come nel foglio 27 della Forma Urbis Romae; ma poiché quest’ultima ipotesi
appariva fondata unicamente su accenni di Venuti e di Nibby82, si era preferito,
nella pubblicazione precedente, lasciare in sospeso l’identificazione proposta da
Lanciani di questi resti, peraltro non documentati. Nell’ipotesi di Lanciani tali re-
sti corrispondevano, come negli antiquari cui egli attingeva, alla mostra dell’aqua
Traiana nota da un conio monetale83.
Tuttavia, proprio alla luce delle conclusioni che nella pubblicazione pre-
cedente sono state presentate, potremmo riconsiderare questo problema: difat-
ti, si era ipotizzato che il condotto dell’aqua Alsietina avesse effettivamente se-
guito il tracciato viario anzi descritto con un percorso fuori terra, almeno per un
primo tratto, e si era quindi constatato come questa situazione trovasse un con-
fronto nella rappresentazione dell’acquedotto su arcate dei frammenti 37 B ‘e,
f’, che verrebbe appunto a trovarsi in parziale corrispondenza con tale tracciato
viario, nel suo tratto corrente alle estreme pendici dell’attuale S. Pietro in Mon-
torio. Più ad ovest, si era ipotizzato che proprio a partire dalla zona in cui
l’acquedotto incontrava l’elevazione di Villa Spada, esso potesse invece aver as-
sunto un percorso sotterraneo. Del resto Wilson può restituire con chiarezza il
rapporto tra il percorso dell’acquedotto e l’altimetria antica84: lo speco corre sot-
terraneo nella zona dall’American Academy, ad ovest e a monte rispetto alla
zona delle Molinae di Lanciani, quest’ultima situata a valle e ad est rispetto
all’edificio moderno dell’Accademia; e laddove si trova il grande mulino ad ac-
qua, più o meno in corrispondenza dell’attuale via Medici, lo speco sembra
correre con la volta a fior di terra85 (Figg. 2 e 4), mentre subito ad est dei mulini

80
Cod. Vat. lat. 13043, f. 180. MAZZEI, Nuova epigrafe, cit., p. 171 e note 106-107. Pubblica-
to in BUONOCORE, Appunti Lanciani, cit, p. 271.
81
MAZZEI, Nuova epigrafe, cit., p. 171, nota 108.
82
R. LANCIANI, Topografia di Roma antica. I commentari di Frontino intorno le acque e gli
acquedotti. Silloge epigrafica aquaria, Roma 1880, pp. 376-377:
83
RIC II, 278 ss., nn. 463, 607-609.
84
WILSON, The water Mills, cit., pp. 221-222.
85
BELL, Mulini, cit., fig. 3 e Fig. 8.
142 “SAN CHOSM’E DAMIANO E ’L SUO BEL MONASTERIO…”

di via Medici il condotto doveva ritornare interamente sotterraneo, e rimanere


tale fino a raggiungere Villa Spada.
Ed è proprio sulla pendice opposta dell’altura di Villa Spada, prospettan-
te verso est sulla via Cupa, che Lanciani colloca la sua mostra di acquedotto.
Wilson ritiene plausibile che un impianto idrico antico ivi localizzato debba
piuttosto interpretarsi come un altro mulino ad acqua, questa volta azionato a
cascata; tuttavia, la presenza di una mostra di acquedotto in questa posizione,
così come volevano gli antiquari alle cui notizie Lanciani si riferiva, non sarebbe
affatto inverosimile, e in tal caso l’impianto idrico sarebbe stato collegato ad un
castello di distribuzione o a un serbatoio.
Da escludere, d’altra parte, come propone Wilson, l’identificazione di
questa struttura con la mostra dell’Aqua Traiana rappresentata sul conio moneta-
le già citato: secondo Wilson perché tale rappresentazione deve riferirsi ad una
mostra monumentale realizzata sull’acquedotto che l’autore ritiene essere il ramo
settentrionale dell’aqua Traiana, laddove la grandiosa fontana potrebbe aver co-
stituito un precedente antico della moderna mostra dell’Acqua Paola86. Secondo
la nostra ipotesi, invece, da escludere proprio in quanto l’acquedotto di Villa
Spada non può identificarsi con l’aqua Traiana, bensì con il nuovo corso
dell’Alsietina realizzato da Traiano.

Tra l’aqua Alsietina e la Naumachia


Come si è già detto, nell’ipotesi anzi proposta, la rotazione e il disloca-
mento del gruppo di frammenti 37C coerentemente con il nuovo posiziona-
mento dei frammenti 37B aveva permesso di posizionare l’altro tratto di ac-
quedotto su arcate non più a nord della via Aurelia, posizione che si è vista po-
tersi escludere in base a quanto conosciamo del percorso extraurbano dell’aqua
Alsietina, bensì in una zona situata prevalentemente al di fuori delle mura aure-
liane e a sud di porta Aurelia, cioè in un’area corrispondente all’attuale Villa
Pamphilj, proprio dove si è sempre ipotizzato che si svolgesse il percorso im-
mediatamente extraurbano dell’Alsietina.
Si era altresì osservato che, nei frammenti della FU ora dislocati sul trac-
ciato viario antico sopravvissuto nella via Cupa, e più ad ovest sul tratto di trac-
ciato rimasto al di fuori delle Mura Aurealiane, è rappresentata, accanto alla li-
nea continua di terra dell’acquedotto, una seconda linea parallela alla prima
(Fig. 12) e si è proposto di leggere queste due linee parallele come la rappre-
sentazione dei limiti della sede stradale, cioè della strada relativa al percorso vi-
ario seguito dall’acquedotto nei tratti sopra terra che si sono ipotizzati in base
alla situazione altimetrica antica.

86
Cfr. nota 40.
PAOLA MAZZEI 143

Abbiamo visto altresì che i frammenti supersiti della FU severiana rappre-


sentanti l’acquedotto Alsietino, o meglio la ricostruzione traianea dell’acquedotto
Alsietino, non ci suggeriscono indizi relativi a quel ramo dello stesso acquedotto
che, un secolo prima della redazione della FU marmorea, doveva essersi diretto ad
alimentare la Naumachia di Augusto ricostruita da Traiano.
Nella pubblicazione precedente, si era ripresa in esame un’ipotesi di
Lanciani, per verificarne la genesi e l’attendibilità: nella sua Forma Urbis87 Lan-
ciani posiziona lo sbocco dell’Alsietina in un’area (Figg. 10 e 13, lettera A; cfr.
Fig. 14) che sarebbe stata effettivamente conveniente ad ospitare un terminale
di quel condotto, apparso più tardi sotto Villa Richardson, che fu subito identi-
ficato con l’acquedotto Alsietino e che abbiamo proposto di identificare con il
condotto originario dell’acquedotto augusteo (Fig. 10, n. 1).
Tuttavia, è bene riaffermare che Lanciani si basava su una fonte del
XVIII secolo, contenente la registrazione di una notizia raccolta da tradizione
orale relativa ad una scoperta compiuta quarant’anni prima. In breve, nel 1756
Cassio pubblicava la notizia del rinvenimento di un tratto di speco, ritenuto
corrispondente allo sbocco dell’acquedotto, «il cui asse da un lato guardava il
portone di S. Cosimato, dall’altro la gola fra le ville Spada e Ottoboni»88.
Si trattava dunque di notizia di seconda mano, e per di più fondata su un
pregiudizio dello scopritore casuale del condotto: infatti, come ricorda Cassio,
la scoperta risalirebbe «circa l’anno 1720», cioè a circa quarant’anni prima, ed il
‘Fabbro’, cioè il carpentiere fonte dell’autore, sembra essere pregiudizialmente
convinto dell’identità del condotto da lui scoperto, poiché «sovvenendogli l’aver
udito, che verso quel piano dov’è la Chiesa di S. Cosimato gl’imperatori con-
ducevano l’acqua per fare i giochi navali, uscito dal condotto vide, che per retta
linea avea il corso nella porta maggiore del Convento dove terminava lo stesso
condotto, il quale per quanto poté conoscere scendeva dal ciglio della Valle tra
la giaddetta villa Ottoboni e l’altra Spada»89.

87
LANCIANI, Forma Urbis, cit., f. 33.
88
IDEM, Frontino, cit., pp. 343-344: il portone di S. Cosimato è la porta dell’ingresso monumenta-
le del monastero, con il suo caratteristico protiro romanico. Cfr. A. CASSIO, Corse delle acque
antiche e moderne, Roma 1756, I, pp. 146-148. Secondo E. TOCCO, Degli antichi acquedotti e
delle acque per i medesimi, Roma 1867, p. 12: «Per lo stesso sbocco d’acquedotto l’anno 1849 i
repubblicani di Roma s’introdussero per andare a stabilire mine sotto l’accampamento francese».
Cfr. P. MAZZEI, Nuova epigrafe, cit., p. 141, nota 86.
89
Già in H. JORDAN – CH. HUELSEN, Topographie der Stadt Rom im Alterthum, III, Berlin 1907,
p . 41, nota 48, riteneva scarsamente affidabile la notizia di Cassio, in quanto evidentemente risa-
lente ad una fonte incontrollabile e comunque non attendibile riguardo all’interpretazione del
manufatto che era stato allora rinvenuto. Cfr. MAZZEI, Nuova epigrafe, cit., p. 142, nota 89.
144 “SAN CHOSM’E DAMIANO E ’L SUO BEL MONASTERIO…”

Inoltre, la circostanza che il condotto fosse «fatto di mattoni»90 si presta ad


essere spiegata con una pertinenza della struttura in questione ad epoca piutto-
sto vicina al III secolo d.C.; quanto alla funzione della struttura stessa, si deve
escludere quella di speco di acquedotto, dato che le sue misure non corrispon-
dono a quelle del tratto di condotto in reticolato attribuito all’Alsietina91, né pos-
sono interpretarsi come relative ad altro speco di acquedotto: si tratterebbe, in-
fatti, secondo la notizia, di una struttura alta m 2, 67 e larga m 1, 78. Tanto che
lo stesso Lanciani rilevava come sospetta la «straordinaria ampiezza dello spe-
co» in rapporto alla portata, quale ci è nota da Frontino, dell’acqua Alsietina92.
Si è già ricordato, in proposito, come Jordan osservasse che il contesto di rin-
venimento sembrasse suggerire la presenza di un ninfeo93, e difatti i materiali
rinvenuti nella stessa occasione a poca distanza potevano far pensare agli ele-
menti di arredo del giardino di una villa, ed eventualmente di un ninfeo94.
Più recentemente, la struttura descritta da Cassio è stata interpretata, da
Taylor, come lo sbocco di una canalizzazione di deflusso delle acque o, me-
glio, di drenaggio, funzione che sarebbe suggerita tanto dalle dimensioni del
condotto, eccessive per uno speco di acquedotto, come si è già osservato,
quanto dalla sua disposizione, alle pendici del Gianicolo, nella valle tra le due
alture di villa Spada e villa Ottoboni. Nessuna delle due ipotesi potrà essere
smentita o confermata finché ciò che sappiamo di questa struttura e del suo
contesto rimarrà limitato al resoconto della fonte di Cassio: possiamo tutt’al
più chiederci se tale struttura idrica, forse pertinente ad una residenza privata,

90
CASSIO, Corse delle acque, cit. Lo stesso LANCIANI, Frontino, cit., p. 344, pur ritenendo
attendibile l’interpretazione che del condotto in questione davano il Cassio, nonché il casuale
scopritore che costituiva la sua fonte, osservava peraltro che «la particolarità dell’opera lateri-
zia» poteva «ingenerare sospetto».
91
Così LANCIANI, Frontino, cit., p. 344. Nello speco pubblicato in VAN BUREN – STEVENS,
Aqua Alsietina, cit., p. 139, fig. 3, la larghezza è di m 0, 85 ca. e l’altezza conservata delle pa-
reti è di m 0, 88 ca.; non si capisce quindi perché gli autori, ivi, pp. 145-146, ritenevano che
le misure date dalla fonte di Cassio fossero in sostanziale accordo con quelle del condotto
allora scoperto. Cfr. le misure dello speco dell’Alsietina in TH. ASHBY, The Roman Aque-
ducts, 1935, p.188. Cfr. MAZZEI, Nuova epigrafe, cit., p. 141, nota 88.
92
R. LANCIANI, Frontino, cit., p. 344: la portata dell’Alsietina era 390 quinarie (FRONTINO, De aquis,
cit., 2, 71): in realtà le dimensioni sono eccessive per qualsiasi speco sotterraneo di acquedotto.
93
JORDAN – HUELSEN, Topographie der Stadt Stadt Rom, cit. a nota 92.
94
CASSIO, Corse delle acque, cit., p. 148: nel corso delle operazioni di scavo, sulla pendice o-
rientale di villa Ottoboni, svolte al di sotto della quota di superficie e comportanti la costruzione
di una centina lignea della cava che si andava realizzando: «Vi si trovarono molte Monete anti-
che di Metallo, e molte figure di Rane, e di Serpi, e della stessa materia una Statua alta 3 palmi,
rappresentante Ercole combattente con l’Idra; ma più d’ogn’altra cosa si cavarono pietre di va-
rie grossezze, che dissero erano Agate, le quali furono fatte raccogliere dal ministro mentre si
carreggiava la terra fuor della grotta».
PAOLA MAZZEI 145

fosse effettivamente collegata ad un ramo dell’acquedotto augusteo sopravvis-


suto e rifunzionalizzato, come potrebbe comportare la sua dislocazione topo-
grafica in rapporto al tratto di acquedotto augusteo che ci è noto, oppure se
fosse alimentata da un ramo più tardo e secondario della stessa aqua Alsietina
ricostruita da Traiano e corrente più a nord.
In entrambe le ipotesi, comunque, questo impianto si inserirebbe nello
stesso orizzonte cronologico cui apparterrebbe la struttura a cortina laterizia
scoperta da Stevens e Van Buren in prossimità dello speco augusteo di Villa
Richardson, che era stata attribuita dagli scopritori, come si è già accennato, ad
un mulino ad acqua: saremmo dunque in un epoca in cui ogni relazione tra Al-
sietina e Naumachia augustea era ormai obliterata, non solo per quanto riguar-
dava il vecchio condotto, ma anche per il nuovo corso traianeo dell’Alsietina
che abbiamo ipotizzato.
Tuttavia, per quanto attiene al ramo dell’aqua Alsietina ricostruita da
Traiano che doveva dirigersi ad alimentare la ricostruita Naumachia di Traste-
vere, è proprio a partire dagli indizi raccolti sul terreno, nell’ambito degli scavi
della prima metà del XX secolo, che proporrei di impostare un’ipotesi di per-
corso in direzione del bacino navale.
Si tratta di un resto cui non è stata attribuita finora molta importanza, an-
che da parte di chi scrive: è un tratto di speco di acquedotto, rintracciato nel
1928 durante l’esplorazione dei resti attribuiti all’aqua Traiana, allorché nel ter-
reno del villino H. Monami venne in luce un tratto di condotto sotterraneo
(Fig. 1, lettera H) che proseguiva quello scoperto una decina di anni prima nel
terreno dell’Accademia Americana. In questa zona, è evidente come dal con-
dotto principale (A-B) si distacchi un secondo condotto (C-D), analogo per di-
mensioni, che venne considerato un ramo derivato dello stesso, e del quale
non si poté stabilire la struttura che era destinato ad alimentare95.
Il condotto si dirige verso est-sud est, in direzione di una struttura cemen-
tizia con paramento in reticolato rinvenuta nella stessa occasione nel terreno
del villino H. Monami, poi divenuto sede dell’Accademia di Norvegia: non è
chiara la relazione tra le due strutture, lo speco e l’edificio a pianta rettangolare,
il quale a sua volta sembra addossarsi, con uno degli angoli, ad un seconda
struttura rettangolare, a pianta più stretta, posta a sud est. Wilson sembra esclu-
dere una relazione tra le due evidenze, basandosi sul fatto che l’edificio rettan-
golare non è allineato sul proseguimento dello speco, ma propone, comunque,
che lo speco stesso potesse alimentare un altro mulino96.

95
VAN BUREN – STEVENS, Janiculum, cit., pp. 69-72.
96
WILSON, The water mills, cit., p. 238.
146 “SAN CHOSM’E DAMIANO E ’L SUO BEL MONASTERIO…”

Lasciando impregiudicata questa eventualità, si potrebbe pensare, in al-


ternativa, che il diverticolo dell’acquedotto traianeo (C-D) fosse proprio il ramo
destinato ad alimentare la restaurata Naumachia di Augusto: se non altro, la di-
rezione del suo corso, e l’ampiezza dello speco, permetterebbero di considera-
re questa ipotesi (Figg. 13, n. 2a e Fig. 15)97.
Avremmo acquistato in questo modo almeno un possibile candidato per
quel ramo del condotto traianeo della nuova aqua Alsietina che doveva neces-
sariamente correre in direzione della Naumachia del Trastevere. Non sappia-
mo se questo ramo del’Alsietina traianea fosse ancora esistente all’epoca in cui
fu redatta la FU severiana, dal momento che si sarebbe trovato in una zona che
non è coperta dagli esigui frammenti conservati della pianta marmorea: certo è
che il corso di questo speco sembra dirigersi verso l’area in cui dobbiamo col-
locare i resti della struttura di media o tarda età imperiale cui si riferisce la noti-
zia di Cassio, un tempo ritenuto lo sbocco dell’Alsietina, area verso la quale
sembra dirigersi anche il tratto di acquedotto attribuito all’Alsietina augustea.
È possibile che questa tendenziale convergenza non sia senza significato
in relazione all’ipotesi di localizzazione del bacino della Naumachia: se ci rife-
riamo all’ipotesi di Coarelli, che continuo a ritenere preferibile, il corso
dell’acquedotto verrebbe a terminare (Fig.13, n. 2a e Fig. 15) in prossimità
dell’angolo nord formato dall’incontro tra uno dei lati brevi e uno dei lati lun-
ghi del grande bacino navale, in una posizione che si adatterebbe a rappresen-
tare l’espressione usata da Frontino «Alsietinae ductus post Naumachiam, cuius
causa videtur esse factus, finitur»98.
Impossibile da accogliere, invece, alla luce dell’integrazione che è propo-
sta dell’epigrafe traianea e delle sue necessarie conseguenze, l’ipotesi di Taylor,
che colloca la Naumachia di Augusto in un quadrilatero estendentesi da San
Cosimato, ad ovest, a San Francesco a Ripa, a sud est, a San Crisogono a nord,
dove la direttrice di via della Lungaretta riprodurrebbe uno dei lati brevi del
grandioso bacino navale99: è evidente che questa ipotesi si basa sull’assunto che
la Naumachia di Augusto sia scomparsa ben prima dell’età di Dione Cassio e
della Forma Urbis severiana, dal momento che nell’area così delineata sono at-
testati numerosi resti di epoca medio imperiale, a partire dall’età adrianea. E in
primo luogo l’edificio che precede l’excubitorium della VII coorte dei Vigiles,

97
Rielaborazione da MAZZEI, Nuova epigrafe, cit., p. 149, fig. 1 (vedi Fig. 13), la linea tratteg-
giata che si distacca dalla zona delle Molinae, sul corso dell’acquedotto traianeo 2 (Alsietina
traianea), indica il percorso ipotizzato per il ramo di acquedotto 2a in base alla direzione del
tratto superstite (v. Fig. 1).
98
FRONTINO, De aquis, cit., p. 22.4
99
TAYLOR, Torrent or Trickle, cit., fig. 4, p. 101.
PAOLA MAZZEI 147

cui fa riferimento l’autore stesso per la zona di San Crisogono100; d’altra parte,
non è ancora definibile con certezza una pertinenza cronologica e contestuale
dei resti di cui è traccia nella zona di San Cosimato, e di quegli edifici che pos-
siamo presumere in base alla configurazione del tessuto urbano restitituitoci
dalla pianta marmorea severiana, molto del quale probabilmente risalente al II
secolo a. C.101. Si dovrebbe quindi ammettere che tutto questo tessuto insediati-
vo fosse germogliato, sul luogo della distrutta Naumachia, già nei primi decenni
del II secolo, mentre, se consideriamo la notizia del riuso del bacino navale au-
gusteo da parte dell’imperatore Tito102, è più facile ammetterne un restauro, ed
un ripristino, da parte di Traiano, che non la sua totale scomparsa già in età a-
drianea, come presuppone la ricostruzione areale di Taylor.
Convincente invece l’ipotesi e la dimostrazione dello stesso autore che la
portata ridotta dell’acquedotto segnalata da Frontino non corrispondesse alla por-
tata iniziale dell’acquedotto augusteo, dal momento che sarebbe stata insufficien-
te allo scopo di assicurare l’alimentazione e il ricambio del bacino navale103: il fat-
to che la portata dell’acquedotto augusteo all’epoca in cui fu redatta l’opera di
Frontino fosse così limitata è posto in connessione da Taylor con l’ipotesi che
all’epoca il bacino navale di Augusto avesse cessato la sua funzione, e che il flusso
ridotto dell’Alsietina fosse dirottato esclusivamente al rifornimento delle ville e
dei giardini privati della zona, concetto su cui Frontino insiste.
Tuttavia, a mio avviso, proprio questa condizione registrata nel de aqua-
eductu, forse dovuta alla diminuita capacità della sorgente del lago di Martigna-
no104, potrebbe aver sollecitato l’intervento ricostruttivo di Traiano, riguardante
sia l’acquedotto che il bacino navale: Frontino non avrebbe potuto registrare
questo intervento perché attuato in epoca successiva la redazione della sua ope-
ra, così come accade per la deduzione dell’aqua Traiana, ugualmente assente
nell’opera di Frontino.
Del resto, è appunto considerando l’esito degli interventi traianei sul ri-
fornimento idrico che possiamo collocare in una prospettiva funzionale la
stessa opera di Frontino, che costituisce una relazione sullo stato delle acque,
presentata al princeps dal magistrato ad esse preposto.

100
Ivi, fig. 6 (carta topografica con i resti archeologici della zona, da G. GATTI in «Bullettino della
Commissione archeologica Comunale di Roma», 68, 1940, p. 131, fig. 2).
101
Su questi resti, vedi oltre.
102
MAZZEI, Nuova epigrafe, cit., p. 134 e nota 50.
103
TAYLOR, Torrent or Trickle, cit., pp. 468-475.
104
Secondo A.M. LIBERATI SILVERIO, Aqua Alsietina, in Il trionfo dell’Acqua, cit., p. 73 (cit.
in TAYLOR, Torrent, cit., 1997, p. 472) la fonte dell’acqua Alsietina, nell’omonimo lago, si
sarebe ridotta verso la fine del I secolo d.C.
148 “SAN CHOSM’E DAMIANO E ’L SUO BEL MONASTERIO…”

Dunque il condotto terminava alle spalle della Naumachia, e il grandio-


so bacino doveva esso stesso svolgere la funzione di serbatoio, la cui acqua in
eccesso doveva servire ad alimentare gli usi privati e all’irrigazione dei giardini
delle grandi proprietà della zona: ciò potrebbe spiegare perché l’Alsietina non
avesse un conceptaculum, cioè una piscina, secondo il testo di Frontino, ov-
vero un vero e proprio serbatoio e castello di distribuzione105.

Dopo Traiano: l’obliterazione della Naumachia e le nuove forniture idriche


tra II e III secolo d.C.
Si è visto che, secondo Cassio Dione, la Naumachia di Augusto, all’inzio
del III secolo, sopravviveva poco più che nelle sue tracce e che questo stato di
fatto potrebbe essere rispecchiato da quanto documentano i due frammenti
della FU marmorea in cui è stato proposto di riconoscere quanto allora soprav-
viveva dell’antico perimetro del grandioso bacino navale (Figg. 12 e 13): l’area
del quale sarebbe già in parte occupata da nuovi fabbricati, in alcuni dei quali
possono riconoscersi edifici del tipo dei magazzini, ascrivibili alla categoria degli
Horrea, a giudicare dalla loro configurazione planimetrica. Sul margine orienta-
le, all’esterno, è evidente l’edificio a pianta circolare che si è proposto di identi-
ficare con l’antico sepolcro a cilindro su dado che potrebbe aver originato il to-
ponimo tardo di Mica Aurea in questa zona106. Più a sud, sempre seguendo il
presunto margine orientale del bacino dismesso, un piccolo complesso edilizio
è stato identificato, già dagli editori della FU, con una piccola terma privata, in
considerazione delle caratteristiche compositive della pianta dell’edificio, che
richiamano le parti caratteristiche di un complesso termale, sia pure di limitate
dimensioni, e che suggerirebbero di interpretarlo come un balneum di una
domus privata107: un ampio cortile a peristilio su cui si apre un’abside semicirco-
lare, e un contiguo ambiente circolare, eventualmente identificabile con un ca-
lidarium, compresi, insieme ad altri ambienti, in un isolato trapezoidale delimi-
tato a sud da una strada porticata e a nord da un grande complesso ancora una
volta del tipo Horrea, mentre la fronte ovest del piccolo complesso è guarnita
da un portico sotto il quale si allinea una serie di ambienti prospettanti verso la
strada. Anche in questo caso, si dovrebbe presumere che l’approvigionamento
idrico dell’edificio, già esistente all’inizio del III secolo e dunque presumibil-

105
FRONTINO, De aquis, cit., p. 71. 1-2: «Nec virgo, nec Appia nec Alsietina conceptacula, id
est piscinas, habent».
106
MAZZEI, Mica aurea, cit., p. 195, fig. 3.
107
COARELLI, La ‘via Campana Portuensis’, cit., pp. 43-44; già La pianta marmorea di Roma
antica. Forma Urbis Romae, a cura di G. Carettoni et Alii, Roma, 1960, p. 87. Cfr. MAZZEI,
Mica aurea, cit., p. 199, nota 80.
PAOLA MAZZEI 149

mente più antico, risalente al secolo precedente, fosse garantito dall’acquedotto


Alsietino restaurato da Traiano.
Nella carta delle utenze idriche si è pertanto considerato il complesso
come pertinente al II secolo a.C. È possibile che già all’inizio del III secolo
appartenga invece la struttura descritta da Cassio, che abbiamo ipotizzato
connessa ad un’utenza privata, e forse al ninfeo di una domus, in considera-
zione di quanto già esposto.
Se risaliamo verso la parte nord della zona degli acquedotti, incontriamo
invece l’area di quella che doveva essere la più grande utenza idrica pubblica
della regione in età severiana, se accogliamo l’ipotesi di Tortorici che qui loca-
lizza le Thermae Septimianae (Fig. 15)108: il quadrilatero dell’impianto termale
si sarebbe esteso tra piazza Sant’Egidio e la zona in cui si apre la Porta Septi-
miana, laddove esce la strada post antica, corrispondente alla moderna via della
Scala, che taglia a metà l’area occupata dalle Terme. Il toponimo sarebbe so-
pravvissuto nella denominazione della porta, e questa, che si apriva in quel set-
tore delle Mura Aureliane che chiude a nord la XIV regione, potrebbe aver uti-
lizzato, secondo l’autore, un fornice dell’aqua Traiana che si dirigeva verso
l’ager Vaticanus. Di questo ramo non abbiamo però traccia, nonostante la plau-
sibilità dell’ipotesi, che troverebbe analogie in altre zone di Roma109.

108
E. TORTORICI, Terme ‘Severianae’, terme ‘Severiane’ e terme ‘Septimiana’, «Bullettino della
Commissione archeologica Comunale di Roma», 105, (1994), pp. 161-172, p. 162, fig. 3. Ivi
per la definitiva distinzione tra Thermae Septimianae e Thermae Severianae e per la relative
ipotesi di localizzazione.
109
Per es. il caso esemplare di Porta Maggiore, dove il cirucuito murario di fine III secolo si impo-
sta sulle arcate degli acquedotti Anio Vetus, Anio Novus e Claudia, mentre le due arcate che sor-
passano le vie Praenestina e Labicana, già monumentalizzate in età claudia, divengono ora le porte
urbiche del nuovo circuito murario. Altro esempio notevole è costituito da porta Tiburtina che
monumentalizza le arcate delle aquae Marcia, Tepula e Iulia dove queste sorpassano la via omo-
nima (Cfr. «Lexicon Topographicum», s.v. relative).
150 “SAN CHOSM’E DAMIANO E ’L SUO BEL MONASTERIO…”

Fig. 15. Sulla base aerofotogrammetrica Cartesia (Comune di Roma) si sono posizionati i dati
archeologici e le ipotesi possibili con riferimento alle utenze idriche di II e III secolo, succes-
sive all’intervento traianeo.

Risulta invece evidente la relazione tra la posizione delle Terme imperiali


ed il ramo dell’aqua Traiana che si è ipotizzato esserci pervenuto nella ricostru-
zione dell’acquedotto Paolo: il percorso, ricostruito già da Wilson, proveniente
dalla moderna mostra dell’acqua Paola, scende dalle pendici del colle e passa in
prossimità del vertice sud occidentale del grande quadrilatero; sarebbe pertanto
verosimile che le grandi terme fossero state alimentate proprio da questo acque-
dotto. Quel che è certo, è che questo percorso si dirige esattamente nel luogo in
cui verrà installata la fontana di Santa Maria in Trastevere, che forse non senza
motivo viene talvolta ritenuta collegata in origine ad un acquedotto antico110, e che
si è contrassegnata nella carta con un asterisco in fase II-III secolo (Fig. 15)111.

110
Così C. D’ONOFRIO, Le fontane di Roma, con documenti e disegni inediti, Roma 1957:
La fontana di S. Maria in Trastevere, pp. 13-22.
111
Sulla base aerofotogrammentrica Cartesia (Comune di Roma) si sono posizionati i dati ar-
cheologici e le ipotesi possibili con riferimento alle utenze idriche di II e III secolo, successi-
ve all’intervento traianeo: v. legenda
PAOLA MAZZEI 151

Difatti, se una a notizia di Marliano112 identifica con l’acquedotto alsietino


un tratto di condotto antico allora rinvenuto in relazione con la fontana, ciò che
qui interessa è l’antichità del condotto in questione, a prescindere dalle consi-
derazioni svolte recentemente da Bruun sull’errata sovrapposizione tra Aqua
Alsietina e Aqua Traiana in epoca rinascimentale. In proposito, mi sembra an-
cora convincente la spiegazione offerta da un’ipotesi di D’Onofrio113 sulla rela-
zione intercorrente tra aqua Alsietina e fontana di Santa Maria in Trastevere:
l’autore metteva in rapporto la notizia di Frontino che si riferisce al carattere
non potabile dell’Alsietina con la tradizione agiografica della taberna Meritoria,
e della sua fonte prodigiosa (il Fons olei), presso la chiesa di Santa Maria in
Trastevere. Questa tradizione, ricordata da Girolamo114, e che risalirebbe alme-
no a Dione Cassio, come prodigium datato al 38 a. C., viene ripresa da Paolo
Orosio, datata al 29 a.C. e, in seguito, rielaborata in sede apologetica, fino a far-
la coincidere con la nascita di Cristo.
La relazione tra i due ordini di notizie sta nel fatto che con il termine oleta-
re, come spiega lo stesso Frontino115, si indicava, come nel testo di legge cui Fron-
tino si riferisce, l’inquinamento delle pubbliche fontane. Già all’epoca di Fronti-
no il termine era tecnico e desueto, e pertanto causa di possibili fraintesi: per
questo motivo si può supporre che il Fons olei della tradizione popolare, raccolta
dagli apologeti cristiani, altro non sia stato che il travisamento di un non più
comprensibile Fons olidus, o Fons oletus (inquinato), locuzione che avrebbe in-
dicato in origine la fontana con acqua non potabile, quale appunto doveva essere
una fontana alimentata dall’acqua Alsietina. Una volta creato il Fons olei,
l’agiografia cristiana, a cominciare forse da Girolamo, se ne sarebbe impadronita
con un nuovo riferimento a Cristo quale oggetto dell’unzione messianica.
È notevole la circostanza che il grande gruppo di frammenti 37 A, che si
disloca in un’area comprendente la Piazza di Santa Maria in Trastevere, pre-
senti, in prossimità dell’attuale piazza, e all’incirca in corrispondenza della chie-
sa, un grande cortile porticato, che di per sé avrebbe potuto ospitare un’utenza
idrica pubblica o privata.

112
MARLIANO, Urbis Romae Topographiae, V, 19, 1544 descrive un condotto considerato
antico e identificato con quello dell’aqua Alsietina, che corre fuori terra all’altezza di 3 piedi,
sul luogo della presunta Naumachia, e che poi come condotto sotterraneo arrivava alla fonta-
na che sta nella piazza di S. Maria in Trastevere, adibita ad uso pubblico e privato, di cui si
diceva fosse stata riattivata da Adriano I.
113
D’ONOFRIO, Le fontane, cit., pp. 13-22.
114
GIROLAMO, Eusebii. Chronicon, II, PatrLat XXVII, 431/32, anno 41 a.C. “E taberna meri-
toria trans Tiberim, oleum terra erupit, fluxitque toto die sine intermissione, significans Christi
gratiam ex gentibus”. Cfr. DIO CASSIUS, 48, 43, 4.
115
FRONTINO, De aquis, cit., p. 97, 7: è un paragrafo espunto da Grimal ma accettato da
D’Onofrio.
152 “SAN CHOSM’E DAMIANO E ’L SUO BEL MONASTERIO…”

Ancora sul piano delle ipotesi formulabili in base alle rappresentazioni


offerte dai frammenti supersititi della FU marmorea, osserviamo che se nello
stesso gruppo di frammenti si devono riconoscere alcune domus, non si do-
vrebbero escludere piccoli impianti termali privati116, che moltiplicherebbero
le utenze cui era destinato il serbatoio di via Mameli, riconosciuto, come già
visto, sul gruppo di frammenti della FU relativi all’Alsietina traianea. Soltanto
poco più a sud si attesta, infatti, il contesto monumentale più noto, quello del-
la piccola terma di San Cosimato: documentata dal rinvenimento di alcuni
ambienti a cortina laterizia, con pavimenti musivi, cui si collegava un tratto di
corridoio, la destinazione termale dell’insieme è indiziata dal soggetto rappre-
sentato sul pavimento del maggiore dei due ambienti, riconosciuto come una
testa di Oceano inquadrata da delfini117.
Questo soggetto ricorre nelle Terme Marittime di Ostia118, in mosaici pa-
vimentali di epoca severiana; tuttavia, secondo Bull Simonsen Einaudi, che pub-
blica la fotografia, i caratteri stilistici del disegno suggerirebbero una datazione più
tarda rispetto agli esempi ostiensi, da collocarsi tra la fine del III e l’inizio del IV
sec. d.C. In effetti, la scomposizione dei tratti particolmente accentuata nell’uso
dell’opus vermiculatum sembra denunciare una cronologia più tarda proprio ri-
spetto ad un altro mosaico pavimentale, raffigurante lo stesso soggetto, recente-
mente rinvenuto a poca distanza, in via delle Mura Portuensi, in un contesto edi-
lizio (Fig. 15) che dovrebbe datarsi al pieno III secolo119.
Questo secondo mosaico con Oceano fa parte di una serie di tre pavi-
menti musivi, pertinenti a tre diversi ambienti di uno stesso complesso terma-
le, dei quali il più piccolo, bicromo, è appunto quello con maschera del dio
circondata da pesci, mentre un secondo mosaico tessellato bicromo rappre-

116
E. RODRIGUEZ ALMEIDA Forma Urbis marmorea. Nuovi elementi di analisi e nuove ipote-
si di lavoro, «Mélanges de l’école française de Rome», 89, 1977, pp. 219-256, sul frammento
524, poi 37A, in cui sono rappresentate insulae e domus.
117
J. BARCLAY LLOYD – K. BULL SIMONSEN EINAUDI, SS. Cosma e Damiano in Mica Aurea. Ar-
chitettura, storia e storiografia di un monastero romano soppresso, Roma 1998 («Miscellanea del-
la Società Romana di Storia Patria», XXXVIII), pp. 36-37: a Tav. 49 è pubblicata la fotografia del
mosaico figurato conservata in ACSR, AABBAA, II, II, Busta 402, all. b. 13, fasc. 600. La testa,
che Gatti in NSc 1894, p. 279, definisce «muliebre», altrove viene identificata con Nettuno: così
nella Lettera di Bongioannini, direttore Divisione per i Monumenti e le Scuole d’Arte del Ministe-
ro dell’Istruzione Pubblica, al Direttore capo della Divisione dei Musei, Gallerie e Scavi del Mini-
stero dell’Istruzione Pubblica; G. GATTI, Roma. Ricerche nel fabbricato di S. Cosimato in Traste-
vere (in LLOYD – EINAUDI, SS. Cosma, cit., pp. 66-67, n. 24; lo stesso documento è stato indivi-
duato in ASSAR 8/811: cfr. MAZZEI, Nuova epigrafe, cit., p. 125, nota 13).
118
Così già LLOYD – EINAUDI, SS. Cosma, cit., p. 37, bibliografia Ibidem a nota 64. Cfr. Museo
Nazionale Romano, Mosaici, Roma 2012, pp. 130-131, sul mosaico della villa di Baccano.
119
Museo Nazionale Romano, Mosaici, cit., pp. 171-174.
PAOLA MAZZEI 153

senta una scena marina, e un terzo tessellato policromo presenta invece moti-
vi geometrico-vegetali e figurati.
Ciò che qui interessa è la sequenza in cui si devono collocare questi am-
bienti termali della via Portuense, sequenza che ci permette di datarli ad
un’epoca successiva alla redazione della FU severiana, ma precedente il pavi-
mento della terma di San Cosimato: l’area in cui sono apparsi corrisponde infatti
ad una zona rappresentata nella lastra 34 della FU marmorea, ovvero nella lastra
in cui si riconosce un edificio a carattere di magazzino, con un corridoio centrale
su cui si affacciano due file di ambienti sui due lati. Le strutture corrispondenti
localizzate sul terreno mostrano, com’è naturale aspettarsi, una certa divergenza
di orientamento rispetto al disegno della FU marmorea120, ma non c’è dubbio che
esse corrispondano alla rappresentazione cartografica antica; senonché, nella FU
marmorea, non c’è traccia del complesso edilizio in cui sono compresi i mosaici:
questo complesso121, di evidente destinazione termale, presenta due ambienti
maggiori, con pavimento a mosaico (A, tessellato bicromo con scene marine; B,
tessellato policromo) e un ambiente minore, per metà pavimentato con il motivo
della testa di Oceano tra pesci, e per metà occupato da una vasca foderata in la-
stre di marmo. Questi elementi, insieme alla presenza di un foro di deflusso del-
le acque nel primo ambiente, alla presenza di tubuli fittili in prossimità di un arco
laterizio presumibilmente pertinente a praefurnium, non lasciano dubbi sulla de-
stinazione termale del complesso cui appartengono. Come è stato suggerito122, il
motivo dell’assenza di questo edificio nella FU marmorea deve vedersi nella sua
apparizione in epoca successiva al momento documentato sulla pianta marmorea
di Roma del primo decennio del III secolo d.C. e, in effetti, i caratteri formali del
motivo figurato che ci interessa lo fanno datare ad epoca successiva agli esemplari
romani ed ostiensi con lo stesso soggetto, compresi tra la fine del II e l’inzio del
III secolo123, mentre d’altronde gli altri mosaici pavimentali non permettono di far
scendere l’intero complesso oltre il III secolo stesso. È stato proposto di interpre-
tare la piccola terma come un balneum inserito all’interno dell’edificio commer-
ciale, ma in ogni caso la sua edificazione si collocherebbe nel pieno III secolo.
Diversamente, il mosaico pavimentale della terma di San Cosimato si situerebbe
già all’inzio del IV secolo, come si è visto, e come conferma il confronto formale
con l’analogo soggetto rappresentato sul mosaico della terma della via Portuense,
che è sicuramente precedente.

120
Regio XIV Transtiberim. Nuovi dati per la ricostruzione del paesaggio urbano antico, F.
CATALLI, U. FABIANI, A. MAZZONI, P. PACCHIAROTTI (http://www.fastionline).
121
Museo Nazionale Romano, Mosaici, cit., fig. a p. 172.
122
Cfr. nota 124.
123
Museo Nazionale Romano, Mosaici, cit., p. 173.
154 “SAN CHOSM’E DAMIANO E ’L SUO BEL MONASTERIO…”

Quel che non è affatto certo, tuttavia, è se la fase rappresentata dal mo-
saico con testa di Oceano da San Cosimato costituisca l’unica fase dell’edificio
termale individuato nell’area del monastero: quel che sappiamo dallo scavo è
che furono rinvenuti due gruppi di ambienti, entrambi con pavimenti musivi,
situati a quote diverse, uno dei quali esteso per 40 mq ca., costituito di un am-
biente e due ambulacri, pavimentati a mosaico bianco e nero, mentre l’altro, a
quota superiore di mezzo metro, esteso per 35 mq ca., presentava il pavimento
a tessellato bicromo con testa di Oceano e delfini.
Allo stato della documentazione, non si può escludere che la differenza
di quota corrispondesse a due fasi edilizie successive dello stesso complesso,
e se così fosse, pertanto, l’ambiente datato dal mosaico pavimentale di inizio
IV secolo sarebbe stato preceduto da una fase costruttiva risalente al secolo
precedente, e quindi coeva alla terma della via Portuense che si è vista.
D’altra parte, proprio l’altra grande evidenza della terma di San Cosi-
mato, che potrebbe essere rappresentata dalla vasca termale124 installata nel
giardino fin dal 1731125, si presterebbe ad una collocazione entro i termini del
III secolo a.C.126. L’ipotesi che la vasca provenga dalle Thermae Sepimianae
non si può escludere ma, fino a prova contraria, è necessario considerare
l’eventualità di sua persistenza sul luogo del suo riutilizzo. Sicuramente perti-
nenti ad un piccolo impianto termale sono invece le tre piccole vasche oblun-
ghe oggi colocate nel cortile del chiostro di San Cosimato.
In considerazione di ciò che si è premesso, acquista consistenza
l’ipotesi che la piccola terma di San Cosimato corrispondesse al Balineum
Ampelidis ricordato nei Cataloghi Regionari e riconosciuto in un frammento
della stessa FU marmorea127 (Fig. 16):

124
Foto dell’autrice, dopo il recente restauro, marzo 2010.
125
LLOYD – EINAUDI, SS. Cosma, cit.: «La data dell’installazione, 1731, è incisa sul piedistallo
della conca superiore»; cfr. M. ARMELLINI, Le chiese di Roma dal secolo IV al XIX (19422), p.
818. In LANCIANI, Forma Urbis, cit., tav. 33: l’annotazione «Scavi 1731» è posta in corrispon-
denza della planimetria della vasca, al centro del giardino di S. Cosimato (Cfr. MAZZEI, Nuova
epigrafe, cit., p. 125, nota 14).
126
Il confronto è rappresentato dalle due grandi vasche di piazza Farnese, provenienti dalle
Terme di Caracalla, che si daterebbero quindi all’inizio del III secolo d.C., i cui caratteri
formali sono alquanto distanti da quelli della vasca di San Cosimato, benché tutti gli elementi
costitutivi del tipo coincidano.
127
LLOYD – EINAUDI, SS. Cosma, cit., pp. 39-40 e Tav. 56. Il frammento è noto da BAV,
Cod. Vat. lat. 3439, fol. 19r: cfr. CARETTONI, La pianta marmorea, cit., p. 114, n° 47 e Tav.
XXXIV; RODRIGUEZ ALMEIDA, Aggiornamento, cit., pp. 120-121 ed IDEM in «Lexicon To-
pographicum», cit., I, 1993, s.v. Balneum Ampelidis, p. 156.
PAOLA MAZZEI 155

Fig. 16. Il frammento disperso della FU marmorea con la rappresentazione del Balinem
Ampelidis (da CARETTONI, La pianta marmorea, n. 47 e Tav. XXXIV).

per questo motivo nella carta delle utenze idriche (Fig. 15) la terma di San
Cosimato, con la didascalia balineum Ampelidis, è stata ascritta alle presenze
di II secolo, così come la piccola terma della lastra 28, a sud ovest, con la di-
dascalia balineum.
Al margine nord occidentale dell’area si colloca, come si è già visto, il
serbatoio (Fig. 15: Serbatoio) a nord della via Aurelia, presso quella che sarà
l’uscita del tratto urbano dalle mura aureliane, che si è proposto di attribuire
alle proprietà imperiali corrispondenti agli Horti Getae, e che potrebbe altresì
spettare ad un momento di riutilizzo dell’acquedotto Traiano in funzione di
una grande utenza, comparabile per dimensioni a quella delle terme Septmia-
nae, ma questa volta di pertinenza del patrimonio privato di un imperatore.
Sarà soltanto nel corso del III secolo inoltrato o, meglio ancora, nell’età
di Aureliano che, come si è già visto, gli acquedotti del Trastevere acquisiran-
no per la prima volta, con l’installazione delle molinae (Fig. 15) una funzione
direttamente connessa all’economia urbana e alle attività produttive dirette
all’approvvigionamento della sua popolazione.
Finito di stampare in proprio
nel mese di febbraio 2013
UniversItalia di Onorati s.r.l.
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