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LA

DISCIPLINA

I CORPI DOCILI
Nozione di docilità torna in voga dal Diciottesimo secolo. Novità:

• Scala del controllo: non intervenire sul corpo in massa, come unità indissociabile, ma
nel dettaglio.
• Oggetto del controllo: economia ed efficacia dei movimenti
• Modalità: assoggettazione costante esercitata grazie a codificazione che suddivide in
rigidi settori il tempo, lo spazio, i movimenti. Rapporto di docilità-utilità: corpo tanto
più obbediente quanto più è utile.
Disposizioni sottili ma insinuanti, la disciplina è un’anatomia politica del dettaglio.
Ripartizione degli individui nello spazio
1. Clausura, specificazione di un luogo eterogeneo rispetto a tutti gli altri e chiuso su se
stesso (collegi, caserme, fabbriche,…). Concentrando le forze di produzione, si
ottiene il massimo vantaggio e si neutralizzano gli inconvenienti.
2. Localizzazione elementare/quadrillage: lo spazio disciplinare tende a dividersi in
altrettante particelle quanti sono gli elementi da ripartire. La disciplina organizza uno
spazio analitico, cellulare, per evitare l’agglomerazione e sorvegliare la condotta di
ciascuno.
3. Ubicazioni funzionali: collegare in una suddivisione individualizzante la distribuzione
dei corpi, la sistemazione spaziale dell’apparato di produzione e le diverse forme di
attività nella distribuzione dei “posti”, anche per rendere possibile una sorveglianza
generale e individuale insieme.
4. Rango, posto occupato in una classificazione. La disciplina individualizza i corpi per
mezzo di una localizzazione che non li inserisce, ma li distribuisce e li fa circolare in
una rete di relazioni.
Organizzando le celle, i posti e i ranghi, le discipline fabbricano spazi che assicurano la
fissazione e permettono la circolazione, ritagliano segmenti individuali e stabiliscono legami
operativi, segnano dei posti e indicano dei valori, garantiscono l’obbedienza degli individui
ma anche l’economia del tempo e dei gesti. Spazi al contempo reali, perché determinano la
disposizione delle costruzioni, e ideali, perché su queste sistemazioni si proiettano stime e
gerarchie.
La prima grande operazione della disciplina, che trasforma le moltitudini confuse in
molteplicità ordinate, è dunque la messa in quadro, la costituzione di “quadri viventi”, in cui
le due costituenti – distribuzione e analisi, controllo e intellegibilità - sono legate
solidamente l’una all’altra.
Il quadro è insieme tecnica di potere e procedimento di sapere.
Controllo dell’attività
1. Impiego del tempo su un modello rigoroso, tramite tre procedimenti: stabilire delle
scansioni, costringere a determinate operazioni, regolare il ciclo di ripetizione.
Procedimenti di regolarizzazione temporale ereditati dalle comunità monastiche, ma
raffinati: scansione in quarti d’ora, minuti e secondi. L’estensione progressiva del
lavoro salariato porta ad una rigorosa valutazione del tempo, che deve anche essere
di buona qualità: annullamento di tutto ciò che può disturbare o distrarre.
2. Elaborazione temporale dell’atto: più che impiego del tempo o ritmo collettivo, è un
programma che assicura l’elaborazione dell’atto e controlla dall’interno il suo
svolgimento e le sue fasi. È un altro grado di precisione nella scomposizione dei gesti
e dei movimenti, un’altra maniera di adattare il corpo a imperativi temporali. L’atto
viene scomposto nei suoi elementi e ad ogni elemento sono assegnate una
direzione, un’ampiezza e una durata. Il tempo penetra il corpo.
3. Messa in correlazione del corpo e del gesto: il controllo disciplinare impone tra un
gesto e l’attitudine globale del corpo la relazione migliore, condizione di efficacia e
rapidità. Un corpo ben disciplinato forma il contesto operativo del minimo gesto, è il
sostegno di un gesto efficace.
4. Articolazione corpo oggetto: la disciplina definisce uno per uno i rapporti che il
corpo deve mantenere con l’oggetto che manipola.
Scomposizione del gesto in due serie parallele: elementi del corpo da mettere in
gioco ed elementi dell’oggetto che viene manipolato, messi poi in correlazione
secondo un certo numero di gesti semplici e collocati in una sequenza canonica.
Questa sintassi obbligata si definisce “manovra”.
Su tutta la superficie di contatto tra il corpo e l’oggetto che esso manipola, il potere
si introduce, li collega. La regolamentazione imposta dal potere è nello stesso tempo
la legge di costruzione dell’operazione. Il carattere del potere disciplinare non ha
funzione di estorsione del prodotto ma di legame coercitivo con l’apparato di
produzione.
5. Utilizzazione esaustiva: a differenza che nel tradizionale impiego del tempo, dove
vigeva un principio negativo di non oziosità, la disciplina organizza un’economia
positiva sempre crescente, di esaustione piuttosto che impiego. Intensifica l’uso del
minimo istante, come se il tempo, nel suo frazionamento, fosse inestinguibile, o
come se, per mezzo di un’organizzazione interna sempre più dettagliata, si potesse
tendere verso un punto ideale in cui il massimo della rapidità raggiunge il massimo
dell’efficacia.
Organizzazione delle genesi
Discipline: anche meccanismi per addizionare e capitalizzare il tempo, tramite quattro
processi:
1. Dividere la durata in segmenti, di cui ciascuno deve pervenire ad un termine
specifico
2. Organizzare segmenti secondo uno schema analitico – successione di elementi più
semplici possibili, che si combinino secondo una complessità crescente
3. Finalizzare segmenti temporali con una prova, che ha tripla funzione: indicare se il
soggetto ha raggiunto il livello statutario, garantire la conformità del suo
apprendimento a quello degli altri e differenziare le capacità di ciascun individuo.
4. Prescrivere a ciascuno, secondo il suo livello, gli esercizi che gli convengono; gli
esercizi comuni hanno ruolo differenziatore, ed ogni differenza comporta esercizi
specifici. Ogni individuo si trova preso in una serie temporale che definisce il suo
livello e il suo rango.
Al centro di questa seriazione del tempo, vi è la procedura dell’esercizio (che corrisponde a
ciò che era la messa in quadro per la ripartizione degli individui e il taglio cellulare, o la
manovra per l’economia delle attività e il controllo organico). AI corpi vengono imposti dei
compiti ripetitivi e nello stesso tempo differenti, ma sempre graduati. Questo permette una
perpetua caratterizzazione dell’individuo in rapporto al termine, agli altri individui, e ad un
tipo di percorso.

Composizione delle forze
Costruzione di una macchina il cui effetto sarà massimalizzato dall’articolazione concertata
delle parti elementari di cui è composta.
1. Il corpo singolo diviene un elemento che si articola su altri: Le variabili principali che
lo definiscono non sono più il valore o la forza, ma il posto che occupa, l’intervallo
che ricopre, la sua regolarità, il buon ordine secondo il quale opera i suoi
spostamenti. Vi è una riduzione funzionale del corpo, ma anche l’inserzione del
corpo-segmento in tutto un insieme sul quale si articola. Il corpo, addestrato a
funzionare pezzo per pezzo, deve a sua volta formare un elemento in un
meccanismo di un altro livello. Si costituisce come elemento di una macchina
multisegmentaria.
2. Elementi a loro volta, le diverse serie cronologiche vanno combinate per formare
un tempo composto. Il tempo degli uni deve accordarsi al tempo degli altri in modo
che da ciascuno la quantità massimale di forze possa essere estratta e combinata in
un risultato ottimale.
3. Questa combinazione misurata di forze esige un sistema preciso di comando, la cui
efficacia dipende da brevità e chiarezza. Rapporto di segnalizzazione: non si tratta di
comprendere l’ingiunzione, ma di percepire il segnale e reagirvi subito secondo un
codice stabilito in precedenza. Porre il corpo in un mondo di segnali, a ciascuno dei
quali è legata una risposta unica e obbligata.

La disciplina fabbrica un’individualità costituita da quattro caratteri: è cellulare (ripartizione
spaziale), organica (codificazione delle attività), genetica (cumulo del tempo), combinatoria
(composizione delle forze). Per far questo, quattro tecniche: costruisce dei quadri, prescrive
delle manovre, impone degli esercizi e organizza delle tattiche: l’arte di costruire, con i corpi
localizzati, le attività codificate e le attitudini formate, degli apparati in cui il prodotto delle
diverse forze si trova maggiorato dalla loro combinazione calcolata.

I MEZZI DEL BUON ADDESTRAMENTO
Il potere disciplinare non incatena le forze per ridurle, ma le lega cercando di moltiplicarle e
utilizzarle. Addestra le moltitudini mobili e confuse in una molteplicità di elementi
individuali. La disciplina fabbrica gli individui, è la tecnica di un potere che si conferisce gli
individui sia come oggetti che come strumenti. Per far questo, si serve di strumenti semplici:
Il controllo gerarchico, la sanzione normalizzatrice e la loro combinazione in una procedura
che gli è specifica: l’esame.
Sorveglianza gerarchica
Per essere esercitata, la disciplina necessita di un apparato in cui le tecniche che
permettono di vedere inducono effetti di potere e i mezzi di coercizione rendono
chiaramente visibili coloro sui quali si applicano. Questi osservatori prendono come modello
ideale il campo militare, diagramma di un potere che agisce per mezzo di una visibilità
generale, che si costruisce sul principio fondamentale dell’incastrarsi spaziale delle
sorveglianze gerarchizzate. Urge un’architettura che faciliti un controllo interno, articolato e
dettagliato, che divenga un operatore nella trasformazione degli individui, riconducendo
fino a loro gli effetti del potere e modificandoli. Una macchina pedagogica che stabilisca
paratie stagne tra gli individui, ma anche aperture per una continua sorveglianza (per
rispondere a imperativi di salute, qualificazione, politici e di moralità). Questa viene
individuata nella piramide, che risponde a due esigenze: è abbastanza completa per formare
una rete senza lacune e abbastanza discreta da non gravare sull’attività da disciplinare; in
grado di integrarsi al dispositivo disciplinare come una funzione che ne accresce i possibili
effetti ed eserciti un controllo intenso e continuo.
Nel momento in cui l’apparato di produzione diviene più importante e complesso, i compiti
di controllo divengono più necessari e difficili, e sorvegliare diventa parte integrante del
processo di produzione, un operatore economico decisivo nella misura in cui è insieme
elemento interno dell’apparato di produzione e ingranaggio specifico del potere
disciplinare.
Nel caso della riorganizzazione dell’insegnamento elementare, vengono integrate in un
unico dispositivo tre procedure: insegnamento, acquisizione di conoscenze attraverso
l’esercizio dell’attività pedagogica e osservazione reciproca e gerarchizzata. Relazione di
sorveglianza inscritta all’interno della pratica d’insegnamento come meccanismo inerente,
che moltiplica la sua efficacia.
Effetti di potere che si appoggiano gli uni sugli altri: sorveglianti perpetuamente sorvegliati.
Il potere non si detiene come una cosa, ma funziona come un meccanismo, che produce
potere esso stesso e distribuisce gli individui in un campo permanente e continuo. La
disciplina fa funzionare un potere relazionale che si sostiene sui suoi propri meccanismi.
Sanzione normalizzatrice
1. Le discipline stabiliscono una infra-penalità, incasellano uno spazio che le leggi
lasciano vuoto, reprimono una serie di comportamenti che sfuggivano ai grandi
sistemi di punizione. Micropenalità del tempo (ritardi, assenze), dell’attività
(disattenzione, negligenza), del modo di comportarsi (maleducazione,
disobbedienza), dei discorsi, del corpo, della sessualità.
2. È penalizzabile il campo indefinito del non conforme: tutto ciò che non si adegua
alla regola, che se ne allontana, gli scarti.
3. Il castigo disciplinare ha la funzione di ridurre gli scarti, deve essere correttivo. Le
punizioni sono nell’ordine dell’esercizio: apprendimento intensificato, moltiplicato.
La punizione disciplinare è isomorfa all’obbligazione stessa. L’effetto correttivo non
passa attraverso l’espiazione e il pentimento, ma è ottenuto direttamente dalla
meccanica dell’addestramento. Castigare è esercitare.
4. La punizione è elemento di un sistema duplice: gratificazione-sanzione. La
distribuzione delle condotte tra polo positivo e negativo registrata da una contabilità
penale incessantemente aggiornata permette di ottenere il bilancio punitivo di
ciascuno. Si opera così una differenziazione che non è più quella degli atti, ma degli
individui stessi. La penalità che la disciplina pone in opera si integra nel ciclo di
conoscenza degli individui.
5. La ripartizione in ranghi ha un duplice ruolo: segnare gli scarti, gerarchizzare le
qualità, ma anche castigare e ricompensare. Il rango in se stesso vale come
ricompensa o punizione.
L’arte di punire non tende né all’espiazione né alla repressione, ma pone in opera cinque
operazioni:
1. Ascrivere le singole condotte ad un insieme che è contemporaneamente campo di
comparazione, spazio di differenziazione e principio di una regola da seguire
2. Differenziare gli individui, gli uni rispetto agli altri e in funzione di questa regola
d’insieme
3. Misurare in termini quantitativi e gerarchizzare in termini di valore la capacità e il
livello degli individui
4. Far giocare, attraverso questa misura valorizzante, la costrizione di una conformità
da realizzare
5. Tracciare il limite che definirà la frontiera esterna dell’anormale.
Penalità perpetua che passa per tutti i punti e controlla tutti gli istanti delle istituzioni
disciplinari: in una parola, normalizza. Nascono i gradi di normalità, segni di appartenenza
ad un corpo sociale omogeneo, ma che contengono un ruolo di classificazione,
gerarchizzazione, distribuzione dei ranghi. Da una parte costringe all’omogeneità, dall’altra
individualizza permettendo di misurare gli scarti e determinare i livelli. Funziona facilmente
all’interno di un sistema di uguaglianza formale, in quanto all’interno di una omogeneità che
è la regola introduce tutto lo spettro delle differenze individuali.
Esame
Procedura che combina sorveglianza gerarchica e sanzione normalizzatrice. Altamente
ritualizzato, è la piena visibilità della sovrapposizione dei rapporti di potere e delle relazioni
di sapere.
1. Inverte l’economia della visibilità nell’esercizio del potere. Contrariamente a
quanto accade tradizionalmente, in cui il potere trova il principio della sua forza nel
gesto con cui la ostenta, il potere disciplinare si esercita rendendosi invisibile, e
impone a coloro che sottomette un principio di visibilità obbligatoria. Il poter essere
sempre visto mantiene in soggezione l’individuo disciplinare. I soggetti sono offerti
come oggetti all’osservazione di un potere che non si manifesta altrimenti che col
solo sguardo. Essi non ricevono direttamente l’immagine della potenza, ne palesano
solo gli effetti sui loro corpi divenuti leggibili e docili.
2. Fa entrare l’individualità in un campo documentario. Essendo le procedure d’esame
accompagnate da un rigoroso sistema di registrazione e dal cumulo documentario, si
costituisce un potere di scritturazione. Questo apre due possibilità: la costituzione
dell’individuo come oggetto descrivibile per mantenerlo, nei suoi tratti singoli, sotto
lo sguardo di un sapere permanente, e la costituzione di un sistema comparativo che
permetta la valutazione degli scarti degli individui gli uni in rapporto agli altri, la loro
ripartizione in una popolazione.
3. Fa di ogni individuo un caso, che costituisce nello stesso tempo un oggetto di una
conoscenza e una presa per un potere. I procedimenti disciplinari abbassano la soglia
della individualità descrivibile e ne fanno un mezzo di controllo e un metodo di
dominazione. Non più un monumento per una futura memoria, ma documento per
una eventuale utilizzazione. Non eroicizzazione, ma procedimento di oggettivazione
e assoggettamento.
L’esame, combinando sorveglianza gerarchica e sanzione normalizzatrice, assicura le
funzioni disciplinari di ripartizione e classificazione, estrazione massimale delle forze e del
tempo, cumulo energetico continuo, composizione ottimale delle attitudini. Permette
dunque di fabbricare un’individualità cellulare, organica, genetica e combinatoria. Con
l’esame si ritualizzano quelle discipline che sono una modalità di potere per la quale è
pertinente la differenza individuale.

Le discipline segnano il momento in cui si effettua il rovesciamento dell’asse politico
dell’individualizzazione, che diviene discendente: più il potere diviene anonimo e funzionale,
più fortemente individualizzato sono coloro sui quali si esercita, mediante misure
comparative che hanno la norma come referenza.
L’individuo è una realtà fabbricata dalla disciplina. Il potere produce il reale, campi di oggetti
e rituali di verità.
IL PANOPTISMO
La lebbra ha suscitato i rituali di esclusione, la pratica dell’esilio-clausura; la peste gli schemi
disciplinari, il buon addestramento. L’uno è il sogno politico di una comunità pure, l’altro di
una società disciplinata.
I due schemi differenti si avvicinano nel Diciannovesimo secolo, quando si applica allo spazio
dell’esclusione la tecnica di potere propria dell’incasellamento disciplinare: individualizzare
gli esclusi, ma servirsi di procedimenti di individualizzazione per determinare le esclusioni.
Tutte le istanze di controllo funzionano su un doppio schema: divisione binaria e
assegnazione coercitiva, ripartizione differenziale.
Il Panopticon è la figura architettonica di questa composizione.
Ciascuno è visto ma non vede, oggetto di una informazione, mai soggetto di una
comunicazione. La folla, la massa compatta, è abolita in favore di una collezione di
individualità separate.
Nel detenuto è indotto uno stato cosciente di visibilità che assicura il funzionamento
automatico del potere, che diviene così perfetto da rendere inutile la continuità del suo
esercizio. Questo apparato architettonico è una macchina per creare e sostenere un
rapporto di potere indipendente da colui che lo esercita, i detenuti sono presi in una
situazione di potere di cui sono essi stessi portatori. Il potere diviene invisibile e
inverificabile, il panopticon dissocia la coppia vedere-essere visti, automatizza e
deindividualizza il potere. Un assoggettamento reale nasce meccanicamente da una
relazione fittizia. Colui che è sottoposto ad un campo di visibilità inscrive in se stesso il
rapporto di potere nel quale gioca simultaneamente i due ruoli, diviene il principio del
proprio assoggettamento.
La città appestata era una situazione d’eccezione che imponeva un funzionamento ideale
ma si riconduceva al semplice dualismo vita-morte, fornisce un modello disciplinare perfetto
ma violento, il potere è dato dalla perpetua minaccia di morte; il Panopticon invece è un
modello generalizzabile di funzionamento, modo per definire la vita quotidiana degli uomini,
il diagramma di un meccanismo di potere ricondotto alla sua forma ideale, figura polivalente
di tecnologia politica che si può distaccare da ogni uso specifico. Ogni volta che si avrà a che
fare con una molteplicità di individui cui si dovrà imporre un compito o una condotta,
permetterà di perfezionare l’esercizio del potere. Gioca un ruolo di amplificazione: organizza
il potere per rendere più forti le forze sociali.
Come un intensificatore di potere può essere nello stesso tempo moltiplicatore di
produzione, accrescere le forze della società invece di confiscarle? Avendo la possibilità di
esercitarsi in maniera continua sulle basi della società, fino al più piccolo germe, e
funzionando al di fuori delle forme improvvise e violente legate all’esercizio della sovranità.
Due immagini della disciplina: disciplina-blocco, l’istituzione chiusa, e disciplina-
meccanismo, panoptismo. Il movimento che va da un progetto all’altro riposa su una
trasformazione storica: l’estendersi dei dispositivi disciplinari nel Diciassettesimo e
Diciottesimo secolo, che è l’easpetto più visibile di processi più profondi:
1. Inversione funzionale delle discipline: In orgine, il loro ruolo era quello di
neutralizzare i pericoli; ormai assumono un ruolo positivo: quello di aumentare
l’utilità degli individui. Si liberano così da una posizione marginale nella società e si
installano nei suoi settori più importanti, centrali e produttivi. Di qui la doppia
tendenza del Diciottesimo secolo: moltiplicare il numero delle istituzioni disciplinari
e disciplinare gli apparati già esistenti.
2. Proliferazione dei meccanismi disciplinari, che assumono la tendenza a
deistituzionalizzarsi e circolare allo stato libero.
3. Statizzazione dei meccanismi disciplinari: l’organizzazione di una polizia
centralizzata, apparato coestensivo all’intero corpo sociale, a sua volta
completamente trasformato in un campo di percezione; successiva cumulazione di
questa incessante osservazione in rapporti e registri, con una complessa
organizzazione documentaria.
Unisce il potere assoluto del sovrano alle più piccole istanze di potere disseminate
nella società, tende una rete intermedia tra le differenti istituzioni disciplinari chiuse,
disciplinando gli spazi non disciplinati: è una disciplina interstiziale e metadisciplina.
Se l’antichità era una civiltà di spettacolo, nella quale gli elementi principali erano la
comunità e la vita pubblica, e che rendeva “accessibile ad una moltitudine di uomini
l’ispezione di un piccolo numero di oggetti”, l’età moderna è una civiltà di sorveglianza, i cui
elementi principali sono gli individui privati da una parte e lo Stato dall’altra, e che procura
“ad un piccolo numero, o perfino ad uno solo, la vista istantanea di una grande
moltitudine”.
La formazione della società disciplinare prende posto all’interno di processi storici
economici, giuridico-politici e scientifici:
1. Le discipline sono tecniche per assicurare la regolamentazione delle molteplicità
umane seguendo tre criteri:
- l’esercizio del potere dev’essere il meno costoso possibile (economicamente e
politicamente)
- gli effetti del potere devono essere portati al massimo dell’intensità ed estesi il più
lontano possibile, senza lacune
- questa crescita del potere deve essere collegata al rendimento degli apparati
all’interno dei quali esso si esercita
In breve, far crescere insieme la docilità e l’utilità di tutti gli elementi del sistema.
Questo triplice obiettivo risponde ad una precisa congiunzione storica: l’aumento
della popolazione, la crescita dell’apparato produttivo e la necessità di calibrare la
loro correlazione.
I meccanismi di potere, in luogo di intervenire in deduzione, si integrano dall’interno
all’efficacia produttiva degli apparati e all’utilizzazione di ciò che la crescità
dell’efficacia così generata produce.
Fanno decrescere la disutilità, generata sempre da congiunzioni orizzontali: di qui i
procedimenti di separazione e verticalità.
La disciplina è il procedimento tecnico unitario per mezzo del quale la forza del corpo
viene, con la minima spesa, ridotta come forza politica e massimilizzata come forza
utile.
2. La modalità panoptica del potere non è sotto la dipendenza delle strutture giuridiche
politiche, ma neanche né è indipendente. Procedimento tecnico della coercizione,
non cessa di operare in profondità nelle strutture giuridiche della società, per far
funzionare i meccanismi effettivi del potere contro il quadro formale che questo si
era dato. Per quanto regolare e istituzionale, la disciplina è un controdiritto; e se il
giuridismo universale della società sembra fissare i limiti dell’esercizio dei poteri, il
suo panoptismo diffuso ovunque moltiplica la dissimmetria dei poteri e rende vani i
limiti che le sono stati imposti. Il panoptismo è la contropartita politica delle norme
giuridiche secondo le quali veniva ridistribuito il potere.
3. Combinandosi questi procedimenti, formazione di sapere e maggiorazione di potere
si rinforzano con regolarità secondo un processo circolare. Ogni meccanismo di
oggettivazione può valere come strumento di assoggettamento, e ogni crescita di
potere dà luogo a possibili conoscenze. Doppio processo: sblocco epistemologico da
un affinamento delle relazioni di potere; moltiplicazione degli effetti di potere grazie
alla formazione di nuove conoscenze (psicologia, antropologia, sociologia,…).
Nel Medioevo l’inchiesta giudiziaria genera la costituzione delle scienze empiriche,
l’analisi disciplinare nell’epoca moderna le scienze dell’uomo. Ma se l’inchiesta,
divenendo una tecnica per le scienze empiriche, si distacca dalla procedura
inquisitoriale dove si radicava, l’esame rimane vicinissimo al potere disciplinare che
l’ha creato: in apparenza rettifica i meccanismi della disciplina (psicologia scolare per
correggere i rigori della scuola, trattamento medico per rettificare gli effetti della
disciplina del lavoro,…), in realtà rinvia gli individui da una istanza disciplinare ad
un’altra.

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