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(MAGAGNÒ, MENON e BEGOTTO, La prima parte de le rime, Padova 1558, pp. 19rev).
ricostruzi
one del
tempio
toscano
libro IV
pp.
CXXVIII,
126
La costruzione della voluta ionica e Giuseppe Salviati
La costruzione della voluta ionica è una famosa crux vitruviana. Il suo tracciato è descritto per la prima volta in maniera scientifica da Dùrer nel primo
capitolo deli'Unterweisung der Messung (1525), senonché la sua spirale risulta del tutto diversa dai modelli antichi e (oseremmo dire) decisamente brutta
architettonicamente. Nel 1544 appare la costruzione di Philander ancora insoddisfacente e nello stesso anno quella molto più bella di Giuseppe Porta detto
il Salviati, ma non sotto il suo nome.
La pubblica Francesco Marcolini nella terza edizione del Quarto Libro delle Regole Generali di Sebastiano Serlio aggiungendola a quella dell'architetto
bolognese e dichiarandola come propria invenzione (cc. XXXVIIv-XXXVIIIr). Verìtas filia temporis si legge nell'impresa dell'editore e nel 1552 egli pare
fare ammenda con il pubblicare La regola di far perfettamente col compasso la voluta et del capitello ionico et d'ogn'altra sorte sotto il nome di Giuseppe Salviati in
unaplaquette in folio. Il pittore la dedica a Barbaro e scrive di averla inventata a Padova fra il 1540 e il 1541. "Poco tempo dopo -aggiunge - essendo io
ritornato in Venetia, Messer Sebastiano Serlio... hebbe notitia di questa mia inventione dal mirabile e ingegnoso M. Francesco Marcolini, col quale teneva molta
dimestichezza, e con esso lui venuto un giorno a casa mia per vederla, mostrò che gli piaceva sommamente, e lodolla per la migliore che infin a quest'hora russe
stata ritrovata, e datogli la regola di farla, mi promise che se per alcun tempo gli russe accaduto di metterla in luce, egli sotto il mio nome l'haveria publicata".
Stranamente Barbaro sembra ignorare o non voler riconoscere questa opera. Nel terzo libro scrive: "Della voluta veramente io ne ho trovato dieci inventori per
loro sagramento, e molti che non fanno altro di Vitruvio che la voluta, se pur la fanno bene, che però non rendeno conto... Io ragionando più volte con
Messer Andrea Palladio Architetto Vicentino e mostrateli alcuni modi di tirar la voluta a sesta molto differenti di quelli di Alberto, Philandro e del Serlio,
benché pareva che io m'incontrassi con le parole di Vitruvio, niente-meno la voluta non era garbata, dove, non satisfacendo io ancho a me stesso, egli, che è molto
pratico di fabbricare, e intendente se alcun'altro si trova, mi espose la sua inventione, nata dal misurare con diligenza ogni capitello antico, e veramente è
quella" (p. 95).
Ora la costruzione di Palladio è del tutto simile a quella di Salviati e si basa sull'inscrizione di un quadrato al centro, "occhio" della voluta sui vertici del quale
far centro con il compasso a varie aperture, ma la tavola a pagina 95 non dimostra ciò che è scritto (fig. 22) e ce ne da solo il risultato finale. Solo in
appendice al volume troviamo un'esatta immagine della costruzione (fig. 23), Salviati è ricordato come inventore defraudato, ma Barbaro non ammette il
plagio da parte sua e di Palladio. Nel tempo Salviati verrà risarcito e la sua costruzione apprezzata anche in età neoclassica quando Gian Antonio Selva scrive
Delle differenti maniere di descrizione della voluta ionica e particolarmente della regola ritrovata da Giuseppe Porta detto il Salviati (Padova 1814).
L'ingegnoso Marcolini
Francesco Marcolini da Forlì è un personaggio chiave per capire il clima artistico e culturale della Venezia del manierismo. Ancora oggi per le poche notizie
biografiche che abbiamo, dobbiamo basarci sulle Memorie biografiche di Raffaele De Minicis che accompagnano il Catalogo ragionato di opere stampate di Gaetano
Zaccaria (Fermo 1850) seguito poi dagli Annali... di Scipione Casali (Forlì 1861).
Dopo Giovanni e Gregorio de' Gregori, grandi stampatori forlivesi a Venezia, nel 1534 Marcolini compare come editore della Passione di Giesù, dei Seffe Salmi,
della Cortigiana e del Ragionamento della Nanna e della Antonia di Pietro Aretino26.
Si serve della tipografia di Giovan Antonio de' Nicolini da Sabio e solo nel 1535 apre quella sua a santa Ternita, vicino all'arsenale e a S. Francesco della Vigna. Essa
coincide con la sua casa dove crea un ambiente culturale simile all'accademia di Aldo quanto diverso per i cambiamenti in corso nel gusto artistico e culturale
italiano e veneziano.
Il fatto che la sua attività al suo nascere a Venezia (non sappiamo infatti quali esperienze avesse fatto in precedenza, forse a Firenze o a Roma) sia tutta legata
all'Aretino, allora nel pieno della sua attività creativa, potrebbe indurre a pensare che lo scrittore stesso lo invitasse a venire nella città dove sotto il doge
Andrea Gritti iniziava una nuova stagione artistica. Nel 1537 fa da "compare" al battesimo di Adria, primogenita dell'Aretino, insieme con Fra' Sebastiano
del Piombo, e poi anche della secondogenita Austria. "Compare" è chiamato da Vasari e da Leone Leoni, ma soprattutto le Lettere, di Pietro Aretino sono
la fonte principale per conoscerlo. Nel 1536 pubblica il Cantus liber di Adriano Willaert cui seguiranno poi altri tre titoli musicali e l'anno dopo il suo
primo libro di architettura le Regole Generali, il quarto dei Libri di Serlio, cui si aggiungono altre cinque opere in prima edizione - il terzo Libro delle Antichità di
Roma e d'Italia di Serlio (1540), // magno palazzo del Cardinale di Trento di Andrea Mattioli ( 1539), La regola di far la voluta ionica... di Giuseppe Salviati
(1552), il Vitruvio ( 1556) e Del modo di fare le fortificazioni di Giacomo Lanteri (1559).
Sebastiano Serlio Tracciato della voluta ionica Il quarto libro Venezia Marcolini 1537, Giuseppe
Porta detto Salviati, Regola di fare la voluta ionica, Venezia Marcolini 1551 31
Vasari testimonia che Serlio scelse Marcolini per la sua esperienza di intagliatore e incisore in legno e infatti i libri serliani in folio con i loro
frontespizi e le grandi tavole spesso a doppia pagina, accompagnate da testi esplicativi in un corsivo elegante e chiaro inventato da
Marcolini, sono il manifesto del manierismo italiano e veneto. Serlio infatti nella sua dedica delle Regole del'3 7 si rivolge al doge Andrea
Gritti che "in Venetia, ricetto di tutto il ben humano e divino, ... ha condotto al servigio de la sua inclita Republica questi singular
huomini, che così fanno stupenda questa Città di nobili ed artificiosi edifici come la fece Dio mirabile di natura e di sito". Essi sono lo
Scarpagnino, Sansovino e Sanmicheli, che insieme con Francesco Maria I della Rovere, duca d'Urbino, ha fortificato Verona e Legna-
go, Tiziano "ne le cui mani vive l'idea di una nuova natura non senza gloria de l'Architettura", Vettor Fausto inventore della quinquire-
me, e gentiluomini dilettanti come Gabriele Vendramin, Marcantonio Michiel e Francesco Zeno. A Padova Alvise Cornaro "architetto da
sé grande, ma fautor grandissimo di tutti gli architetti" e infine Alessandro Strozzi. Marcolini stesso interviene con aggiunte e osser
vazioni nelle edizioni successive del libro serliano aggiungendovi nel 1540 una lettera ad Alvise Cornaro. Il forlivese non è solo
disegnatore ed incisore manierista, ma dilettante di architettura. Nel 1545 costruisce il ponte lungo a Murano "de legno a modo non
più visto in Venetia essendo podestà ser Sebastian Badoer", come si legge nella cronaca di Stefano Magno conservata alla Marciaria
[Cod. it. VII, 513-518 (7879-7884), VI, p. 41]. A questo proposito vi è la lettera dell'Aretino a Sansovino del luglio 1545: "E grande il
piacere ch'io sento del ponte del quale è suto authore il Marcolino" dove lo scrittore ringrazia Jacopo per aver scelto il modello
dell'editore e averlo consigliato con la sua esperienza, così "M. Francesco nostro ha dato con sì superbo edificio l'anima al corpo di
Murano"27. L'"ingegnoso" libraio è ingegnere e Anton Francesco Doni cita un suo Discorso sopra tutti gli ingegneri antichi e moderni
nella Seconda libraria (Marcolini 1555).
Fra il '45 e il '50 c'è un vuoto nell'attività editoriale. Isabella, la moglie amatissima, si ammala e lui la porta nel '46 a Cipro,
nell'agosto del '48 è già morta: "Agosto se ne va e voi non venite" gli scrive Aretino "onde io ne vivo come persona strana, che invero ogni
altra conversazione mi pare di forestiere e non di amico, se lecito è chiamare con tale nome un fratello"28. Lo scrittore commosso lo
accoglie al suo ritorno nel dicembre dello stesso anno, ma fra di loro non vi saranno più i rapporti affettuosi di prima.
La nuova stagione editoriale si apre con la collaborazione di Anton Francesco Doni e Marcolini è il segretario dell'Accademia Peregrina che
riunisce intorno al bizzarro scrittore amici nuovi e vecchi, l'incisore e antiquario Enea Vico, Jacopo e Francesco Sansovino, Tiziano,
Giuseppe Salviati e Danese Cattaneo. Si tratta di una esperienza rapidissima che si conclude dopo il 1552 con il ritorno del Doni a
Firenze, ma ricca di frutti, come Gli inferni, I Mondi, La Zucca, I marmi, La Libraria, dove le silografie di Marcolini, del Salviati,
forse di Tiziano e di altri si mescolano al testo, si scambiano
per essere ripetutamente reimpiegate
Daniele Barbaro può essere considerato fra i vecchi amici. Nel 1542 pubblica presso di lui la Predica dei Sogni che pare avvicinarsi al
tema delle Sorti, intitolate giardino dei pensieri di Marcolini stesso ( 1540), poi messo all'indice per il suo contenuto chiromantico. Forse
per questo Daniele, dopo la sua elezione al Patriarcato di Aquileia nel 1551, si terrà lontano dall'Accademia, ma lo sceglie come
editore del suo Vitruvio e come consulente non solo per gli orologi ad acqua e per l'organo idraulico, ma per un'altra questione.
Libro X orologio e organo idraulico ricostruiti con la collaborazione di Marcolini
Plinio il Vecchio descrive due teatri inventati da Curio, essi erano di legno e venivano fatti ruotare di modo che, levate le scene, si componevano
in un anfiteatro. Proprio su questo argomento Ermolao Barbaro aveva chiesto la consulenza di Fra' Giocondo per le sue Castigationes plinianae
secundae (Roma, 1495) e nel 1496-1497 Leonardo ne da una soluzione (Cod. I di Madrid, fol. HOr). Del movimento di questi teatri anche
Girolamo Cardano nel Desubtilita-te aveva cercato di dare una spiegazione con un grafico che Daniele riporta nel commento (p. 162). Ciò non
toglie che gli restino delle riserve e scriva: "Mentre io stava in questa consideratione, mi sopravvenne l'ingenioso Messer Francesco Marcolini,
col quale comunicando il mio pensiero, egli con la prontezza con la quale trova i modi di sciogliere ogni quesito, facimente mostrò che facendo i
centri dove andavano i perni ne l'un capo del diametro dell'orchestra, i theatri si sarebbon voltati e rivoltati e congiunti insieme. E fattone la prova
con le piante de i theatri quivi descritti, riuscì mirabilmente, aggiungendo che in più luoghi si dovevano porre de i ruotoli di bronzo grossi
accioché i theatri russerò da quelli sostentati e portati e con facilità rivoltati" (p. 162). Probabilmente la prova poteva funzionare solo con piante
ritagliate e non con teatri di legno come quelli allestiti da Vasari o da Palladio a Venezia, ma questo bastava a Barbaro e tanto gli piaceva da
aggiungere in appendice del libro le due tavole mobili (figg. 2 , 3 ) dove la rotazione è ottenuta con un pezzette di spago assicurato da tasselli di
carta incollata alla pagina e alla figura ritagliata.
Le grandi silografie "pittoriche" dell'exergo e quelle degli orologi idraulici e delle pompe, infine anche quella del contamiglia terrestre e marino e
dell'organo ad acqua potrebbero essere attribuite al Salviati, ma il pittore che aveva firmato l'antiporta delle Sorti del Marcolini mostra uno stile
molto diverso. Quindi noi propendiamo per l'attribuzione all'editore stesso, almeno nell'ideazione e nella sorveglianza dei suoi intagliatori (figg.
7, 11, 12, 13, 14); solo chi era stato inventore di quei congegni poteva rappresentarli senza fraintenderli. Il Doni nella Zucca (155 1, I, p. 24)
descrive l'illustrazione allegorica della Sapienza "come bene la dipinse M. Francesco Marcolini" e nei Marmi (II, p. 85) presenta l'allegoria del
matrimonio come "inventione" del forlivese30. Francesco aveva fatto del rapporto immagine, stampa il pregio dei suoi prodotti librari e
implorava Vasari che desse una "figuretta" per un madrigale del Doni, ma alla fine della sua attività le illustrazioni diventano rare. Dopo il '59
non si hanno più suoi libri e si pensa sia morto intorno al '60, mentre i legni della sua officina circolano per le stamperie veneziane fino al Seicento.
_________________________________________________
1
Le pagine 39, 40, 156 sono ripetute due volte, da p. 157 si salta a p. 167 e dopo la p. 169 viene la p. 160. Le tavole incollate sono a pp. 21-22, 71-72 e 85-86; quelle con fogli piegati
sono a pp. 69, 71, 78, 125 CXXV, 127 CXXVII. Le tavole mobili si trovano a pp. 39 e 228 e nell'appendice V2 e V3. Esistono però varianti da esemplare a esemplare. Cfr. L. H. FOWLER,
E. BAER, The Fowler Arcbitectural Collection.,. Catalogne, Baltimore 1961, scheda (407), pp. (319-20) dove si riporta l'attribuzione delle tavole a Giuseppe Porta su disegno di Palladio
secondo quanto già scritto in Berlin Catalog, 1814 e NAGLER, Kiìnstler Lexicon, X. p. 481, XI, p. 524. C'è da dire però che il Salviati appare come disegnatore di illustrazioni e non come
incisore; per es. della "crocifissione" inclusa nella.Contemplatio totius vitae et Passionis D. N.J. Cristi per la quale Giovanni Ostaus ottiene il privilegio di stampa dal Senato insieme con
Marcolini per il Vitruvio.
2
Cfr. L. OLIVATO PUPPI, Architettura e utopia nella Venezia del Cinquecento, Milano 1980, schede, pp. 178-79. Il primo Cod. è di cc. 369 e contiene quattro frammenti della traduzione.
Solo il quinto Libro è autografo del Barbaro e porta delle varianti rispetto al testo stampato, mentre gli altri sono di mano di un copista. Solo due disegni possono essere considerati
preparatori all'edizione del '56 con postille di mano del Barbaro. Il secondo Cod. è di cc. 109, tutto di mano di un copista con scarsi e insignificanti disegni. Difficilmente l'edizione può
essere uscita da questo materiale, mentre invece rimane il menabò della Pratica della perspettiva di Barbaro nella Biblioteca Nazionale Marciana di Venezia, Cod. It., IV, 40 (5447).
3
L’11 gennaio 1554 Palladio concorre a Venezia per la carica di Proto del Magistrato del Sal, ma vince Pietro Guberni. Forse a questa data risalgono i progetti per un palazzo a
Venezia, cfr. L. PUPPI, A. Palladio, Milano 1973, II, pp. 290-91; G. BELLAVITIS, I progetti di P. per due palazzi a Venezia, in Palladio e Venezia a cura di L. PUPPI, Firenze 1982, p. 59. Il
viaggio a Roma si colloca fra i primi mesi del 1554 e l’estate dello stesso anno; cfr. G. G. ZORZI, / disegni delle antichità di A. Palladio, Venezia 1958, p. 21 e L. PUPPI, Scrittori
vicentini dell’architettura del sec. XVI, Vicenza 1973, pp. 41-42. Cfr. inoltre E. FORSSMAN, Palladio e l’antichità in Palladio Catalogo della mostra (Vicenza 1973), Milano 1973, pp. 17-26.
4
Cfr. G. POLENI, Exercitationes Vitruvianae, Padova 1739, pp. 73-82; L. CICOGNARA, Catalogo Ragionato,.., Pisa 1821, I, p. 132; L. VAGNETTI, L. MARCUCCI, Per una conoscenza
vitruviana, regesto cronologico e critico, in "Studi e documenti di Architettura", n° 8, settembre 1978.
5
Cfr. V. FONTANA, "Arte e isperienza" nei trattati d'architettura veneziani del Cinquecento, "Architectura", Mùnchen, Vili, 1978, pp. 60-68 e ID. scheda in Architettura e Utopia... cit.,
p. 208 nonché L. OLIVATO scheda ivi, p. 181. Nel 1570 Gabriele Giolito annunciava la traduzione di Rusconi "in modo che tosto si spera con molte belle et utili figure darlo alla stampa"
nella collana delle Gioie.
6
Cfr. A. BEDON, // Vitruvio di Giovan Antonio Rusconi, "Ricerche di Storia dell'arte", 19, 1983, pp. 85-90.
7 Barbaro cita Pirro Ligorio a proposito del Circo Massimo. A Venezia nel 1553 è pubblicato il Libro di M. P. L. napoletano delle antichità nel quale si parla di circi e anfiteatri,
unico dei suoi studi antiquati stampato. Barbaro nel viaggio da Venezia all'Inghilterra sostò probabilmente a Fontainebleau dove ammirò il palazzo del Cardinale d'Este, la
"grand Ferrare" costruito da Serlio fra il 1544 e il 1556. Cfr. E. MANDOWSKY e C. MITCHELL, Pirro Ligorio's Roman Antiquities The drawings in MS. XIIIB7 in thè National Library
in Nap/es, London 1963.
8 Ciò è espresso nel dialogo dell'Eloquenza composto nel 1535 e pubblicato nel 1557.
9 Barbaro è in contatto con Benedetto Varchi che nella Lezzione... nella quale si disputa della maggioranza dell'ani letta all'Accademia Fiorentina nel 1546 e pubblicata nel '49
(pp. 75-77) pone l'architettura dopo la medicina in nome di Vitruvio, di Alberti e di Aristotele, mentre pittura e scultura sono subalterne.
10II testo manoscritto del Leonardi è ora pubblicato a cura di T. SCALESSE in "Quaderni dell'Istituto di Storia dell'Architettura dell'Università di Roma", XX-XXI, Roma
1975. L'indice è riportato da Barbaro, pp. 39-40. Tramite Leonardi, Palladio diede consigli per il porto di Pesato, progettato da Bartolomeo Genga fra il 1551 le il 1553.
11 Non mancano annotazioni interessanti sulla sabbia (p. 47) e sulla calce (ivi), sulle pietre e sul modo di murarle (p. 49), sulle fondazioni veneziane (pp. 50-51) e sul legname
(p. 55).
12Per le proporzioni geometriche e aritmetiche Barbaro si basa sul testo dell'arabo al Kindi ("Alchindo") conosciuto tramite Filippo Archinto, legato papale a
Venezia. Cfr. inoltre R. WITTKOWER, Principi architettonici nell'età dell'umanesimo(1962), Torino 1964, pp. 69-7le 132-35.
13Continua riportando le proporzioni anatomiche secondo il De Subtilitate di G. Cardano e nell'edizione latina del '67 aggiunge la figura umana, ma senza le implicazioni
cosmiche di quadrati e cerchi inscritti o circoscritti, ridotta a puro studio delle membra fra loro. Cfr. E. PANOFSKY, // significato delle arti visive, Torino 1962, p. 86.
14Barbaro parlando dei triclini li paragona a mastabe turche (p. 174) e parlando delle cucine cita il parere dell'"architetto che fece il palazzo d'Urbino", mostrando di
conoscere i codici di Francesco di Giorgio (p. 178). A proposito delle abitazioni monastiche le vuole con chiostri, giardini, biblioteche e cenacoli, ma nell'edizione latina del
'67 aggiunge prescrizioni molto severe per i conventi di monache, tipicamente postridentine: "Loca tuta... parietibus altis circumsepta, fenestrarum luminibus non
emineant vicina aedificia, suis viridariis aliunde quam a coelo aperto non sit prospectus" (p. 155).
15 Di questa opera esistono tre codici alla Marciana: uno latino Scenographia Pictoribus et Sculptoribusperutilis [Cod. Lat. Vili, 41 (3069)] e due italiani. Il Cod. It. IV, 39
(5446) di cc. 310 è in grande misura autografo con figure a penna, alcune acquerellate, e contiene un materiale più ampio di quello pubblicato, il secondo è il menabò di
cui abbiamo parlato a nota 2.
16 Nicolo Zeno il Giovane (1515-1565) fu ambasciatore presso Carlo V ed ebbe corrispondenza con l'Aretino, Patrizi lo chiama "grande matematico". Del 1555 è la sua
organizzazione dell'Arsenale, nel 1556 è provveditore ai Beni Inculti e promuove la bonifica del basso Padovano, l'anno dopo è Provveditore alle Fortezze e capo dei X.
Marcolini è in famigliar!tà con lui e con la sua casa, nel '57 ne pubblica Dell'origine dei Barbari che distrassero per tutto il mondo l'imperio di Roma, onde hebbe principio la
città di Venetia, dove Zeno rivendica la nobiltà dei primi Veneziani, patrizi di Padova e di Oderzo fuggiti sulle lagune per conservare la propria libertà ed eredi dell'impero
romano.
17 Cfr. V. FONTANA, Costruire a Venezia nel Cinquecento... in "Atti del Convegno di Storia dell'Arte del C.N.R." Roma 1979, pp. 41-53.
18 Cfr. Io., Appunti sulle malte e i mattoni in uso nei cantieri veneziani del Cinquecento da documenti e trattati dell'epoca, in COMUNE DI VENEZIA, // mattone di Venezia, "Atti del
Convegno" Venezia 1979, pp. 39-52 e ID., Tecnica, scienza e architettura, in Architettura e Utopia... cit., pp. 187-208. Per il trattato del Cornaro cfr. G. Fiocco, Alvise Cornare, il
suo tempo e le sue opere, Vicenza 1965, pp. 77-79.
19 Per "analemma" qui si intende il tracciato delle coordinate su cui l'ombra dello gnomone indica l'ora, il mese; il giorno. Federico Commandino (1509-1575) pubblica a
Venezia i Ptolemaei Planisphaerium e lordani Planisphaerium (Aldus, 1558) entrando in contatto con Paolo Manunzio e con l'Accademia di Federico Badoer. Dopo il
fallimento di questa egli pubblica a Roma il Ptolomaei liber de analemnate instauratus et commentariis illustratus cui aggiunge un Liber de horologiorum descriptione (Paolo
Manunzio, 1562), dove descrive tipi di orologi verticali, equinoziali, astronomici..., calcolati sull'orizzonte di Roma. Acustica e astrologia interessano contemporaneamente
anche Giuseppe Salviati di cui resta nella Biblioteca Marciana di Venezia il Cod. It. IV, 309 (5094) su questo argomento; cfr. B. BOUCHER, Giuseppe Salviati, pittore e matematico,
"Arte Vene-ta", XXX, 1976, pp. 219-24; D. Mc TAVISH, Giuseppe Porta called G. Salviati, New York and London, 1981.
20 Queste cognizioni provengono dall'Arte del navegar di Pedro de Medina, cfr. V. ZUBOV, Vitruve et ses commenteurs du XVI' siede, in La Science au XVI siede, Paris 1960, pp. 69-90.
22 Cit. in R. DE MINICIS, Memorie biografiche, in G. ZACCARIA, Catalogo ragionato di.opere stampate per F. M., Fermo 1850, p. x. A. F. DONI, Seconda Libraria,
Marcolini, Venezia 1555, p. 86.
24 Questa traduzione pare sconosciuta, bisogna attendere la fine del Cinquecento perché appaia quella dell'Aleotti, detto l'Argenta. G. B. ALEOTTI, Gli artificiosi et curiosi moti
spiritali... di Herone Alessandrino, Ferrara 1589.
25 Si noti la citazione dantesca. Un'altra si trova a p. 253: "ora condotti siamo all'ultimo lavoro".
26 Cfr. A. QUONDAM, Nel giardino del M. Un editore veneziano tra Aretino e Doni, "Giornale storico della letteratura italiana", XCVII, 497, 1980, pp. 75-116.
27 P. ARETINO, Terzo libro delle lettere, Parigi 1609, p. 28. Del ponte parla il Brusantini nel suo poema Angelica innamorata, (canto XXIX, ottave 64-65) paragonandolo a
quello di Cesare, studiato da Fra' Giocondo, Cardano, Paolo Manunzio e Palladio.
29 Cfr. C. RICOTTINI MARSILI-LIBELLI, Anton Francesco Doni, scrittore e stampatore, Firenze I960.
30 Cfr. M. MURARO, D. ROSAND, Tiziano e la xilografia veneziana del Cinquecento, Vicenza 1976, pp. 141-42; A. GENTILI, II problema delle immagini nell'attività di F. M., "Giornale
storico della letteratura italiana", XCVII. 497, 1980, pp 117-25.