Sei sulla pagina 1di 3

2 novembre Giorno dei Morti: il significato e la storia della commemorazione dei defunti

DI MARTINA BRUSINI, 2 NOVEMBRE 2013

Oggi, 2 novembre, si celebra il giorno dei morti, la festività che la Chiesa cattolica dedica alla commemorazione dei defunti. Il giorno
non é considerato festivo, ma é senza dubbio molto sentito dalla popolazione italiana, che viaggia spesso verso i propri luoghi di
origine per portare fiori e lumini a parenti ed amici scomparsi. Non è per noi un giorno di lutto, bensì una giornata felice: i cimiteri si
riempiono di fiori, soprattutto crisantemi, e le tavole e le credenze di ogni casa si riempiono di cesti di frutta, dolci, cioccolato e
caramelle, un modo felice, soprattutto per i più piccoli, di ricordare i propri cari.
Il culto dei morti è antichissimo e la data del 2 di novembre sembrerebbe riferirsi al periodo del grande Diluvio di cui parla la Genesi,
quello per cui Noè costruì l’arca e che secondo il racconto cadde nel “diciassettesimo giorno del secondo mese”, che
corrisponderebbe al nostro novembre. Secondo la tradizione, la Festa dei Morti nacque dunque in “onore” delle persone che Dio
stesso aveva condannato, al fine di esorcizzare la paura di nuovi eventi simili. Una storia ovviamente sospesa tra religione e leggenda,
ma quale che sia stata la vera origine della festa del 2 di novembre, certe sono le testimonianze storiche che attestano l’usanza di
commemorare i morti già in civiltà antichissime, distanti tra loro per spazio e tempo. Dall’antica Roma, alle civiltà celtiche, fino al
Messico e alla Cina, è un proliferare di riti, dove il comune denominatore è consolare le anime dei defunti, perché siano propizie per
i vivi. Certamente origini e riti si ricollegano all’antica usanza del banchetto funebre, un tempo comune a tutti i popoli indo-europei,
ma la tradizione celtica fu quella che ebbe maggiore eco in Europa. La celebrazione più importante del calendario celtico era infatti
la “notte di Samhain“, notte di tutti i morti e di tutte le anime, che si festeggiava tra il 31 ottobre e il 1° novembre.
All’epoca dei primi cristiani, queste tradizioni erano ancora molto presenti e la Chiesa cattolica faticava a sradicare i culti pagani. Così,
nel 835, Papa Gregorio II spostò la festa di “Tutti i Santi” dal 13 maggio al 1° novembre, pensando, in questo modo, di dare un nuovo
significato ai culti pagani. Nel 998 Odilo, abate di Cluny, aggiungeva poi al calendario cristiano il 2 novembre come data per
commemorare i defunti.
Motivo ricorrente nella tradizione popolare è ancora la credenza che in questo giorno i cari scomparsi tornino a farci visita sulla terra.
Il viaggio che li separa dal mondo dei vivi è lungo e faticoso, nasce così, per ristorare i propri cari e per renderli benevoli verso i giorni
che verranno,la tradizione culinaria della Festa dei Morti che accomuna per significato e finalità tutte le regioni della penisola. Ciò
dimostra che, se è vero che oggi il culto commemora i defunti attraverso il suffragio e la preghiera, altrettanto vero è che molte delle
antiche usanze continuano a vivere nel comune intento di accogliere, confortare e placare le anime degli avi defunti. Gli odierni dolci
dei morti simboleggiano dunque i doni che i defunti portano dal cielo e contemporaneamente l’offerta di ristoro dei vivi per il loro
viaggio. Un modo per esorcizzare la paura dell’ignoto e della morte.
In alcune zone della Lombardia, la notte tra l’1 e il 2 novembre si suole mettere in cucina un vaso di acqua fresca perché i morti
possano dissetarsi; in Friuli si lascia un lume acceso, un secchio d’acqua e un po’ di pane, mentre nel Veneto, per scongiurare la
tristezza, nel giorno dei morti gli amanti offrono alle promesse spose un sacchetto con dentro fave in pasta frolla colorata, i
cosiddetti “Ossi da Morti”. In Trentino le campane suonano per molte ore a chiamare le anime che si dice si radunino intorno alle
case per spiare dalle finestre, mentre in Liguria la tradizione vuole che il giorno dei morti si preparino i “bacilli” (fave secche) e i
“balletti” (castagne bollite). In Piemonte e in Val D’Aosta le famiglie lasciano invece la tavola imbandita e si recano a far visita al
cimitero, mentre nelle campagne cremonesi ci si alza presto la mattina e si rassettano subito i letti affinché le anime dei cari possano
trovarvi riposo. Si va poi per le case a raccogliere pane e farina con cui si confezionano i tipici dolci detti “ossa dei morti”. In
Umbria si producono invece tipici dolcetti devozionali a forma di fave, detti “Stinchetti dei Morti”, che si consumano da antichissimo
tempo nella ricorrenza dei defunti quasi a voler mitigare il sentimento di tristezza e sostituire le carezze dei cari che non ci sono più.
In Abruzzo, oltre all’usanza di lasciare il tavolo da pranzo apparecchiato, si lasciano dei lumini accesi alla finestra, tanti quante sono
le anime care, e i bimbi si mandano a dormire con un cartoccio di fave dolci e confetti come simbolo di legame tra le generazioni
passate e quelle presenti. Più a sud,in Sicilia, il 2 novembre è una festa particolarmente gioiosa, soprattutto per i bambini, cui vien
fatto credere che se sono stati buoni e hanno pregato per le anime care, i morti torneranno a portar loro dei doni; quando i fanciulli
sono poi a dormire, i genitori preparano i tradizionali “pupi di zuccaro” (bambole di zucchero), con castagne, cioccolatini e monetine.
Al mattino i bimbi iniziano quindi la ricerca, convinti che durante la notte i morti siano usciti dalle tombe per portare i regali. In
Sardegna la mattina del 2 novembre i ragazzi si recano invece di porta in porta per chiedere delle offerte e ricevono in dono pane
fatto in casa, fichi secchi, fave, melagrane, mandorle, uva passa e dolci, mentre la sera della vigilia anche qui si accendono i lumini e
si lasciano la tavola apparecchiata e le credenze aperte.
LE TANTE TRADIZIONI DEL GIORNO DEI MORTI
La commemorazione dei defunti ha origini antiche. Già i Romani facevano festeggiamenti il primo Novembre in onore di Pomona,
dea dei frutti, durante i quali venivano fatte offerte di mele, la frutta del periodo, per propiziarsi la fertilità. Quando i Romani
vennero in contatto con i Celti in seguito all'occupazione della Britannia, incontrarono anche tra queste popolazioni festeggiamenti
per il 31 ottobre.
I Druidi si riunivano sulle colline e danzavano intorno ai fuochi, facendo offerte alle divinità con il raccolto e gli animali. Questo
giorno segnava il passaggio dalla stagione estiva a quella invernale e durante questo passaggio il tempo si considerava sospeso
permettendo al mondo dei vivi e quello dei morti di entrare in contatto.
Il primo Novembre si festeggiava Samhain e le persone indossavano costumi fatti con pelle e teste di animali. Fu così che i riti romani
e celtici si fusero insieme e molte usanze si sono tramandate fino ad oggi.
La Chiesa Cattolica Romana cercò di imporsi annullando le tradizioni popolari e nell'anno 835 D.C decretò il 1° Novembre festa di
tutti i santi.
Immediatamente fu demonizzato e messo sotto una luce sinistra tutto ciò che apparteneva ai riti popolari: figure di spiriti e fate,
rappresentanti il mondo della rigenerazione che supera la morte, divennero esseri pericolosi da temere che tornano dalle tenebre ad
infastidire i vivi. Le donne da sempre simbolo di fertilità, furono fatte apparire come streghe cattive, il fuoco fu caratterizzato in
chiave negativa come modalità per scacciare il terrore, invece di rappresentare la luce che guidava i defunti per tornare a casa.
In seguito si volle consacrare il 2 di novembre come il Giorno dei Morti, celebrato con processioni di gente mascherata da angeli,
santi e diavoli.
Le tradizioni in Italia - Le usanze che caratterizzano oggi il 2 novembre in Italia sono numerose visto cha variano da regione a
regione.
L'uso della zucca, che sembra essere ormai una prerogativa di Halloween, ha invece solide tradizioni in
diverse parti del nostro Paese, dove viene intagliata a forma di volto più o meno terrificante e al suo interno
si inserisce una candela, la si pone poi all'esterno come segno di protezione. Tra l’altro, la zucca, simbolo di
fertilità, era già utilizzata dai Greci e dai Latini, ma anche i Celti adoperavano lanterne ricavate dalle rape per
tenere lontani gli spiriti.
In varie parti d'Italia vengono preparati dolci caratteristici di questo periodo: il pan dei morti nella cucina
lombarda, la colva pugliese, i pupi di zucchero siciliani, le ossa dei morti, gli stinchetti dei morti che
pare risalgano al periodo etrusco, le fave dei morti ossia dolcetti di origine antichissima, visto che ai tempi dei
Romani le fave erano considerate il cibo sacro dei morti.
L'usanza di bussare alle porte delle case e chiedere “dolcetto o scherzetto”, anche questa prerogativa dell’ormai imperante
Halloween, sembra risalire alla pratica dei cristiani di andare in giro per i villaggi per il 2 novembre ad offrire preghiere per i defunti
ricevendo in cambio un dolce di uva passa.
Di Regione in Regione - In quasi tutte le Regioni possiamo trovare pratiche e abitudini legate a questa ricorrenza. Una delle più
diffuse era l'approntare un banchetto, o anche un solo un piatto con delle vivande, dedicato ai morti.
In Abruzzo si decoravano le zucche, e i ragazzi di paese andavano a bussare di casa in casa domandando offerte per le anime dei
morti, solitamente frutta di stagione, frutta secca e dolci. Questa tradizione è ancora viva in alcune località abruzzesi. Diffusa è anche
l'usanza della questua fatta da schiere di ragazzi o di contadini e artigiani che vanno di casa in casa cantando un'appropriata canzone.
A Pettorano sul Gizio (Abruzzo) questa canzone suona così:
"Ogge è lla feste de tutte li sande:
Facete bbene a st'aneme penande…
Se vvu bbene de core me le facete,
nell'altre monne le retruverete."
In Calabria, nelle comunità italo-albanesi, ci si avviava in corteo verso i cimiteri: dopo benedizioni e
preghiere per entrare in contatto con i defunti, si approntavano banchetti direttamente sulle tombe,
invitando anche i visitatori a partecipare.
In Emilia Romagna nei tempi passati, i poveri andavano di casa in casa a chiedere "la carità di murt", ricevendo cibo dalle persone da
cui bussavano.
In Friuli i contadini lasciano un lume acceso, un secchio d'acqua e un po' di pane sul desco. Sempre in Friuli, come del resto nelle
vallate delle Alpi lombarde, si crede che i morti vadano in pellegrinaggio a certi santuari, a certe chiese lontane dall'abitato, e chi vi
fosse entrato in quella notte le avrebbe trovate affollate da una moltitudine di gente che non vive più e che scomparirà al canto del
gallo o al levar della "bella stella".
A Bormio (Lombardia), la notte del 2 novembre si era soliti mettere sul davanzale una zucca riempita di vino e, in alcune case, si
imbandisce la cena. Nel Vigevanasco (Vigevano) e in Lomellina c’era l’abitudine di lasciare in cucina un secchio d’acqua fresca, una
zucca piena di vino e, sotto il camino il fuoco acceso e le sedie attorno al focolare.
In Piemonte, si soleva per cena lasciare un posto in più a tavola, riservato ai defunti che sarebbero tornati in visita.
In Val d'Ossola sembra esserci una particolarità in tal senso: dopo la cena, tutte le famiglie si recavano insieme al cimitero, lasciando
le case vuote in modo che i morti potessero andare lì a ristorarsi in pace. Il ritorno alle case era poi annunciato dal suono delle
campane, perché i defunti potessero ritirarsi senza fastidio.
In Puglia la sera precedente il due novembre, si usa ancora imbandire la tavola per la cena, con tutti gli accessori, pane acqua e vino,
apposta per i morti, che si crede tornino a visitare i parenti, approfittando del banchetto e fermandosi almeno sino a natale o alla
befana.
Sempre in Puglia, ad Orsara in particolare, la festa veniva (e viene ancora chiamata) Fuuc acost e coinvolge tutto il paese. Si
decorano le zucche chiamate Cocce priatorje, si accendono falò di rami di ginestre agli incroci e nelle piazze e si cucina sulle loro
braci; gli avanzi vengono riservati ai morti, lasciandoli disposti agli angoli delle strade. Diffusa è anche l'usanza della questua fatta da
schiere di ragazzi o di contadini e artigiani che vanno di casa in casa cantando un'appropriata canzone. Questa costumanza in Puglia
si chiama senz'altro cercare"l'aneme de muerte" e si apre con questa specie di breve serenata rivolta alla massaia:
"Chemmare Tizie te venghe a cantà
L'aneme de le muerte mò m'a da dà.
Ah ueullà ali uellì
Mittete la cammise e vien ad aprì."
("La persona a cui è rivolta la canzone di questua si alza, fa entrare in casa la brigata ed offre vino, castagne, taralli ed altro").
In Sardegna dopo la visita al cimitero e la messa, si tornava a casa a cenare, con la famiglia riunita. A fine pasto però non si
sparecchiava, lasciando tutto intatto per gli eventuali defunti e spiriti che avrebbero potuto visitare la casa durante la notte. Prima
della cena, i bambini andavano in giro per il paese a bussare alle porte, dicendo “Morti, morti” e ricevendo in cambio dolcetti, frutta
secca e in rari casi, denaro.
In Sicilia c'è l'usanza di preparare doni e dolci per i bambini, ai quali viene detto che sono regali portati dai parenti trapassati. I
genitori infatti raccontano ai figli che se durante l'anno sono stati buoni e hanno recitato le preghiere per le anime dei defunti, i
"morti" porteranno loro dei doni.

Potrebbero piacerti anche