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4.

Reologia

.
4.3.1 Introduzione con g ed è anche detto velocità di deformazione di taglio.
La relazione
La reologia è una delle poche branche della scienza alla quale σ = ηγ
[2]
si possa attribuire una ben precisa data di nascita, il 29 aprile
1929, giorno in cui, a Columbus in Ohio, fu fondata la Società è l’equazione che caratterizza i fluidi newtoniani e la costan-
di Reologia, per iniziativa di un gruppo di scienziati che anno- te di proporzionalità h è solitamente detta viscosità, termine
verava nomi come quelli di Eugene C. Bingham, Wolfgang a cui viene talvolta aggiunto l’aggettivo dinamica, per distin-
Ostwald, Ludwig Prandtl e Markus Reiner. Fu proprio in quel- guerla dalla viscosità cinematica n, che è definita dal rappor-
.
l’occasione che Bingham e Reiner coniarono la parola reolo- to hⲐr, dove r è la densità del fluido. Poiché g in unità del
gia, dal verbo greco rew, scorrere, per descrivere la scienza Sistema Internazionale è espresso in s⫺1, h è espressa in Pa⭈s
che studia il flusso e la deformazione dei corpi. La celebre frase e n in m2s⫺1.
panta rei di Eraclito di Efeso fu allora scelta come motto Le equazioni lineari [1] e [2], risultato della modellizza-
della Società di Reologia, mentre la clessidra fu eletta a suo zione matematica di casi ideali estremi, descrivono relazioni
simbolo. sforzo/deformazione/tempo e costituiscono esempi di equa-
Secondo la reologia tutti i corpi reali possiedono proprietà zioni costitutive. Per molto tempo furono considerate leggi uni-
che sono intermedie tra due comportamenti ideali estremi, da versali, ma già nel 19° secolo si registrarono risultati speri-
una parte quello del solido perfettamente elastico e dall’altra mentali che se ne discostavano.
quello del fluido perfettamente viscoso. Robert Hooke nel 1678 La meccanica dei fluidi newtoniani, così come la teoria
formulò la legge (ut tensio sic vis) secondo cui in un corpo ela- classica dei corpi elastici, non è solitamente considerata parte
stico la deformazione (strain) g è proporzionale allo sforzo del campo di studio specifico della reologia, che si occupa
(stress) s impartito (Hooke, 1931) infatti del comportamento dei corpi viscoelastici, le cui carat-
teristiche sono intermedie rispetto ai due casi ideali estremi
[1] σ = Gγ
sopra descritti.
La legge di Hooke definisce il comportamento del corpo Parlare di viscoelasticità però non significa necessaria-
elastico ideale. La costante di proporzionalità G è solitamen- mente rimuovere l’ipotesi di linearità che caratterizza le leggi
te detta modulo elastico del materiale. Poiché g è una gran- stabilite nelle equazioni [1] e [2]. L’equazione:
dezza adimensionale, s e G hanno entrambe la dimensione di [3] σ = Gγ + ηγ
una forza su una unità di superficie e in unità del Sistema Inter-
nazionale si esprimono in Pa. è un’equazione lineare costitutiva di un corpo in cui convivo-
All’estremo opposto di comportamento cadono i fluidi no caratteristiche elastiche e viscose.
perfettamente viscosi. L’applicazione di una sollecitazione su
un fluido viscoso produce generalmente un moto che si man-
tiene finché la sollecitazione non viene rimossa. Si conside-
rino dunque due superfici parallele, ciascuna di area A, poste A F
a una piccola distanza d, tra le quali è interposto un fluido,
così come mostrato in fig. 1. Si eserciti sulla superficie supe-
riore una forza di taglio per unità di superficie s⫽FⲐA, che U
d y
le permetta di muoversi con velocità costante U. Se la secon-
da superficie è ferma, passando dalla prima alla seconda
superficie la velocità varia da U a zero. Isaac Newton nel x
1687 stabilì che esiste una relazione di proporzionalità tra s,
che viene detto sforzo di taglio, e il gradiente di velocità UⲐd fig. 1. Campo di velocità per fluido viscoso
(Newton, 1999). Quest’ultimo viene poi solitamente indicato tra due superfici parallele (velocità relativa U).

VOLUME V / STRUMENTI 249


MOTO DEI FLUIDI

I modelli lineari sono in grado di descrivere svariati tipi evidenziata osservando che il flusso di taglio di cui ci si è ser-
di comportamento reologico e sono quindi di grandissima uti- viti per illustrare il postulato di Newton (v. ancora fig. 1) possa
lità (v. oltre). Essi però solitamente possono essere conside- essere convenientemente descritto nel seguente modo:
.
rati validi solo per variazioni limitate di g e g, in un regime vxx = γ , v yy = vzz = 0
[6]
che viene appunto detto lineare, e in generale G ed h sono fun-
.
zioni di g e g. Nel caso di un fluido newtoniano sottoposto al flusso descrit-
Il concetto di viscoelasticità introduce una certa ambiguità to dalla [6] la distribuzione degli stress è
rispetto alle classificazioni più elementari di cui ci si serve per
[7] σ yx = ηγ , σ xz = σ yz = 0,
definire lo stato dei corpi, e la distinzione tra solido e liquido
non appare più così chiara se è vero che il medesimo corpo σ xx − σ yy = 0, σ yy − σzz = 0
può manifestare carattere prevalentemente solido oppure liqui-
do a seconda dello stato di sollecitazione a cui è sottoposto. La
questione può essere considerata da un altro punto di vista. 4.3.2 Viscosità
Reiner introdusse nel 1964 una grandezza adimensionale chia-
mata numero di Deborah: Il concetto di viscosità è stato introdotto in precedenza e la [2]
De = τ T può essere mantenuta come sua definizione. Tuttavia soltanto
[4]
per i fluidi newtoniani la viscosità è costante al variare della
.
definita come il rapporto tra un tempo caratteristico t del mate- velocità di deformazione di taglio g applicata. La tab. 1 ripor-
riale e un tempo caratteristico T dell’osservazione, stabilendo ta l’ordine di grandezza delle viscosità di una serie di mate-
che a numeri di Deborah elevati corrisponde un comportamento riali di uso comune. In genere la viscosità dei materiali reali
.
di tipo solido e a numeri di Deborah bassi uno di tipo liquido. dipende non solo da g, ma anche dalla temperatura T e dalla
Un materiale quindi può comportarsi come un solido perché pressione p, e può dipendere dalla storia di deformazione a cui
ha un tempo caratteristico molto alto, oppure perché il pro- è stato sottoposto il materiale. Per tutti i liquidi la viscosità
cesso usato per indagarne le proprietà è molto rapido. Vice- diminuisce al crescere della temperatura e al diminuire della
versa un materiale manifesta capacità di fluire se il suo tempo pressione. Tale dipendenza, ai bassi sforzi di taglio (shear), è
caratteristico è basso, oppure se il tempo di osservazione è ben descritta dall’espressione empirica
abbastanza alto. I fusi polimerici, per esempio, hanno tempi di [8] η0 = K1e− bT eap
rilassamento piuttosto lunghi, nell’ordine di 1-100 s, e molto
spesso, in problemi di interesse pratico, possono essere stu- Tipici valori di b vanno da 0,03 K⫺1 per le poliolefine a
diati come corpi elastici. Molti materiali hanno tempi caratte- 0,1 K⫺1 per il polistirene, mentre a⫽1-4 kbar⫺1 per i medesi-
ristici nell’ordine di 1 s e quindi appaiono, nella nostra espe- mi materiali.
rienza comune, come viscoelastici. La correlazione viscosità/temperatura nei fluidi non new-
Il numero di Deborah deve la sua denominazione al fatto toniani è spesso più complessa. Nelle misure reologiche è quin-
che alla profetessa Deborah, nella Bibbia, sono attribuite le di fondamentale controllare la temperatura, tenendo anche
parole: «[…] e le montagne fluirono di fronte al Dio». Para- conto del fatto che una sollecitazione all’interno di un mate-
frasando tale espressione si può supporre che, avendo a dispo- riale può generare un suo riscaldamento. Meno significativo,
sizione un tempo sufficientemente lungo, si osserverebbe che e perlopiù trascurato, è l’effetto della pressione.
perfino le montagne fluiscono. È stato peraltro rimarcato che Una parte molto rilevante della reologia è lo studio delle
.
lo spessore delle vetrate delle chiese gotiche, che hanno circa variazioni di viscosità dei fluidi in funzione di g. Il problema è
mille anni, è leggermente superiore nella parte bassa, a dimo- importante dal punto di vista pratico, perché, come riportato in
strazione del fatto che in questo lasso di tempo vi è stato un
flusso del vetro dall’alto verso il basso, sotto l’effetto della gra-
vità. tab. 1. Viscosità di alcuni materiali di uso comune
In generale per poter descrivere in modo adeguato lo stato a temperatura ambiente
di sollecitazione di un corpo è opportuno introdurre il cosid-
detto tensore degli sforzi. Se si considera un cubetto elemen- Materiale Viscosità approssimativa (Pa⭈s)
tare di volume unitario, e prendendo gli assi x, y e z paralleli
agli spigoli del cubetto, il tensore degli sforzi è definito come: Vetro 1040

σ xx σ xy σ xz Vetro fuso (500 °C) 1012


[5]
σ ij = σ yx σ yy σ yz Bitume 108

σ zx σ zy σ zz Polimeri fusi 103


Le componenti che agiscono in direzione normale alle facce Sciroppo di canna 102
del cubetto hanno primo e secondo indice uguali, mentre le
componenti tangenziali hanno i due indici diversi. Il primo Miele liquido 101
indice si riferisce alla direzione della normale al piano su cui
Glicerolo 100
agisce lo sforzo, e il secondo alla direzione dello sforzo. Ana-
logamente si descrive lo stato di deformazione mediante eij, Olio d’oliva 10⫺1
che rappresenta le variazioni relative di dimensioni del cubet-
to in rapporto alle sue dimensioni iniziali. Si definisce poi allo Acqua 10⫺3
stesso modo il tensore delle velocità di deformazione vij. L’u- Aria 10⫺5
tilità di questo tipo di notazione può essere immediatamente

250 ENCICLOPEDIA DEGLI IDROCARBURI


REOLOGIA

tab. 2. Tipiche velocità di deformazione di alcuni processi

Processo Velocità di deformazione (s⫺1) Applicazione

Sedimentazione di polveri fini


10⫺6-10⫺4 Farmaci, pitture
in un liquido sospendente

Livellamento dovuto a tensione superficiale 10⫺2-10⫺1 Pitture, inchiostri

Drenaggio sotto l’azione della gravità 10⫺1-101 Pitture e coating

Estrusione 100-102 Polimeri

Masticazione 101-102 Alimentari

Rivestimento per immersione 101-102 Pitture, smalti, dolci

Miscelazione e agitazione 101-103 Manifattura di materiali liquidi

Flusso in un tubo 100-103 Pompaggio, flusso del sangue nelle vene

Spruzzatura 103-104 Atomizzazione, spray-drying

Spazzolatura 103-104 Pitture

Sfregamento 103-104 Applicazione di creme sulla pelle

Macinazione di pigmenti in un fluido di base 103-105 Pitture, inchiostri

Coating ad alta velocità 105-106 Cartotecnica

Lubrificazione 103-107 Motori

.
tab. 2, a diversi processi tecnologici possono corrispondere valo- dalla pendenza di queste curve (h⫽ds/dg). Un fluido newto-
ri di velocità di deformazione molto differenti. A un medesimo niano è rappresentato da una retta passante per l’origine; a una
materiale possono essere richiesti comportamenti reologici diver- sollecitazione nulla corrisponde un valore nullo di velocità. Un
.
si a seconda del campo di g a cui è sottoposto. Per esempio, secondo tipo di fluidi è quello la cui viscosità è costante, ma
affinché una pittura non coli una volta applicata in parete, è che ha bisogno di una sollecitazione minima s0 per poter comin-
necessario che essa abbia viscosità sufficientemente alte a valo- ciare a scorrere. Questi sono i cosiddetti fluidi di Bingham,
.
ri di g bassi (10⫺2-10⫺1 s⫺1); nel contempo per permetterne rappresentati nella fig. 2 da una retta che non passa per l’ori-
un’applicazione agevole è necessario che le viscosità siano abba- gine e che intercetta l’asse y in corrispondenza del valore s0,
.
stanza basse quando g assume valori intorno a 101-102 s⫺1. detto soglia di scorrimento. In fig. 2 sono rappresentate anche
La fig. 2 offre una rappresentazione dei comportamenti più curve tipiche di fluidi pseudoplastici, la cui viscosità diminui-
.
tipici dei fluidi, sotto forma di grafici s-g. La viscosità è data sce, al crescere dell’intensità dello sforzo, e di quelli dilatanti,

fig. 2. Andamento fluidi pseudoplastici


della sollecitazione s con soglia di scorrimento
di taglio s in funzione
della velocità fluidi di Bingham
.
di deformazione g
per diversi tipi di fluido. fluidi pseudoplastici

fluidi newtoniani

fluidi dilatanti
s⬘o

so

VOLUME V / STRUMENTI 251


MOTO DEI FLUIDI

la cui viscosità viceversa aumenta. Un’ultima classe di com- sollecitazione infinita; si tratta ovviamente di estrapolazioni,
portamento mostrata in fig. 2 è quella dei fluidi pseudoplasti- poiché nessun metodo consente di eseguire misure a sollecita-
ci che presentano soglia di scorrimento e che in un grafico s- zioni nulle o infinite. Si noti anche che dalla rappresentazione
.
g sono rappresentati da una curva a pendenza decrescente che di fig. 3 parrebbe che il fluido non possieda una soglia di scor-
intercetta l’asse y in corrispondenza di un valore s0⬘. rimento. Tuttavia se le misure fossero state eseguite in un campo
.
La maggior parte dei fluidi di interesse pratico, a cui la reo- di g compreso tra 10⫺1 e 104 s⫺1, la conclusione sarebbe stata
.
logia ha dedicato attenzioni particolari, è di tipo pseudoplasti- diversa, come si può osservare dal grafico s(g), in cui la por-
co. Il possibile comportamento di un fluido pseudoplastico è zione di curva tratteggiata rappresenta proprio un comporta-
mostrato in fig. 3, in cui i medesimi dati sperimentali sono rap- mento del tipo corpo di Bingham ideale. D’altra parte i fluidi
presentati in tre diverse modalità: come grafico della viscosità di Bingham secondo la definizione hanno viscosità infinita ai
h in funzione dello sforzo di taglio s (fig. 3 A); come grafico bassi shear e quindi non presentano alcun plateau newtoniano.
.
di s in funzione della velocità di deformazione g (fig. 3 B); Il concetto di soglia di scorrimento ha una certa importanza
.
come grafico di h in funzione di g (fig. 3 C). Si noti come il pratica, ma le recenti generazioni di reometri, in grado di ese-
grafico di h(s) mostri l’esistenza di due zone piatte (plateau) guire misure a sollecitazioni bassissime, ne mettono in dubbio
ai bassi e agli alti valori di s dove la viscosità varia molto poco, la veridicità (Barnes e Walters, 1985). È stato sperimentalmente
solitamente denominate rispettivamente prima regione newto- dimostrato che in realtà i materiali di Bingham esibiscono varia-
niana e seconda regione newtoniana; la variazione di h a valo- zioni di viscosità enormi (anche di sei ordini di grandezza) per
ri intermedi di s è invece molto più rapida. Il valore della visco- variazioni piuttosto piccole di sollecitazione, e viscosità fini-
sità nella prima regione newtoniana viene spesso detto vi- te ma molto alte in corrispondenza di basse sollecitazioni.
scosità a sollecitazione nulla e indicato con h0 mentre il valo- Sono state suggerite svariate equazioni per poter descri-
.
re nella seconda regione newtoniana viene detto viscosità a vere la forma generale delle curve h(g). Solitamente tali equa-
zioni contengono almeno quattro parametri, a cui si è cercato
105
di dare giustificazioni microstrutturali, ma che hanno sostan-
zialmente motivazioni di carattere empirico. La più nota è pro-
babilmente l’equazione di Cross (1965)
103 η − η∞ 1
h (Pa.s)

[9] =
A η 0 − η∞ 1 + ( K γ )m 
 
101
dove h0 e h⬁ sono i valori asintotici della viscosità che abbia-
mo introdotto poco sopra, K e m sono due parametri, il primo
10⫺1 con le dimensioni di un tempo e l’altro adimensionale. Sono
10⫺1 100 101 102 103 state proposte alcune alternative all’equazione di Cross, tra cui
s (Pa) deve essere citata quella di Carreau (1972).
103
Esistono poi alcune utili approssimazioni del modello mate-
matico di Cross, prima di tutto quella che si applica quando e
h⬍⬍h0 e h⬍⬍h⬁, per cui la [9] si riduce a
η0
s (Pa)

[10] η=
101 B
( K γ )m
che, ridefinendo i parametri, si può scrivere nella forma seguente
[11] η = K1γn−1
10⫺1
10⫺6 10⫺4 10⫺2 100 102 104 La [11] è una legge di potenza molto usata, che descrive
g˙ (s⫺1) piuttosto bene il comportamento di diverse soluzioni polime-
105 riche. Peraltro, quando l’esponente n⫽1, la [11] modellizza un
fluido newtoniano e quando n⬎1 è in grado di descrivere un
sistema dilatante.
103 Quando h⬍⬍h0 l’equazione di Cross si può semplificare in
h (Pa.s)

C [12] η = η∞ + K1γn−1
101
equazione nota anche sotto il nome di Sisko (1958) che, quan-
do n⫽0, si riduce a
10⫺1 [13] σ = σ 0 + η pγ
10⫺6 10⫺4 10⫺2 100 102 104
g˙ (s⫺1) cioè al cosiddetto modello matematico di Bingham che descri-
ve i fluidi omonimi, in cui s0 è la soglia di scorrimento già
fig. 3. Comportamento di un fluido pseudoplastico introdotta e hp è la viscosità plastica, entrambe costanti.
rappresentato in tre modi diversi: A, come grafico In generale le equazioni riportate descrivono il comporta-
della viscosità h in funzione della sollecitazione di taglio s; mento di diversi sistemi, ma di solito soltanto in campi di varia-
.
B, come grafico di s in funzione della velocità zione di g limitati.
. I fluidi dilatanti sono molto più rari di quelli pseudopla-
di deformazione g, dove la curva tratteggiata rappresenta
il comportamento di Bingham ideale; C, come grafico stici. Effetti dilatanti sono solitamente dovuti a fenomeni di or-
.
di h in funzione di g (Barnes et al., 1989). ganizzazione di strutture all’interno del fluido ad alte velocità

252 ENCICLOPEDIA DEGLI IDROCARBURI


REOLOGIA

di deformazione. Come detto sopra, le curve di flusso di flui- s. Il rapporto tra N1 e s può essere considerato una misura del-
di dilatanti possono essere descritte da leggi di potenza. l’elasticità del fluido. Viceversa la seconda differenza, N2, è
È molto comune che il comportamento reologico di un flui- generalmente piccola, confrontata con N1, ed esiste una parti-
do presenti degli effetti di dipendenza dal tempo. Applicando colare classe di fluidi, i cosiddetti fluidi di Boger, per i quali
una sollecitazione costante, è possibile che la viscosità aumen- N2⫽0. I fluidi di Boger sono per lo più costituiti da soluzioni
ti con il tempo, e si parla di fluidi reopettici, oppure diminui- molto diluite (⬇0,1%) di un polimero ad alto peso molecola-
sca, e in tal caso si parla di fluidi tissotropici, che sono più comu- re in un solvente molto viscoso.
ni. È spesso difficile discriminare per via pratica i fluidi tisso- In molte operazioni di lavorazione dei materiali polimeri-
tropici da quelli pseudoplastici, poiché spesso nelle misure gli ci esiste una significativa componente di flusso elongaziona-
effetti del tempo e quelli della velocità di deformazione si sovrap- le. Per esempio nella filatura viene esercitato un allungamen-
pongono e si confondono. Molti corpi inoltre sono contempo- to nella direzione della fibra, e nell’operazione di film blowing
raneamente tissotropici e pseudoplastici. Un modo piuttosto si verifica un allungamento nella direzione della macchina e
utile per caratterizzare dei fluidi tissotropici è quello di ripor- in quella tangenziale alla bolla. Al flusso elongazionale è stata
tare la curva di viscosità/tempo in due fasi, prima sotto l’azio- dedicata poca attenzione almeno fino alla metà degli anni Ses-
ne di una sollecitazione costante e poi a sollecitazione nulla. santa, poi la sua importanza è venuta alla luce, e soprattutto
Quando viene applicata la sollecitazione, la viscosità dapprima sono diventate evidenti le enormi differenze di comportamen-
cresce in maniera improvvisa, per poi diminuire e gradualmente to che potevano esistere tra fluidi newtoniani e fluidi elastici
raggiungere un valore costante. Quando la sollecitazione cessa, non newtoniani.
la viscosità ha un brusco aumento quasi istantaneo, e poi con- Prendendo un polimero fuso di lunghezza L, vincolato a
tinua a crescere più lentamente, tendendo in maniera asintoti- un estremo e sottoposto a trazione nella direzione x, si produ-
.
ca al suo valore originario. ce una velocità nulla in corrispondenza del vincolo, e pari a e
Comportamenti tissotropici e reopettici derivano dal fatto all’estremità presso la quale è applicata la forza. Nelle posi-
che una sollecitazione può provocare delle modificazioni irre- zioni intermedie, tra 0 e L, è
versibili nel materiale (come per esempio reticolazioni, for- ε
[16] vx = x
mazione di coaguli, degradazioni e instabilità meccanica) oppu- L
re reversibili (rottura e nuova formazione di aggregati colloi- Nelle direzioni perpendicolari, invece, se il fluido è incom-
dali, o di reticoli polimerici). I modelli che sono stati proposti primibile e il coefficiente di Poisson è pari a 1Ⲑ2, si ha:
per descrivere il comportamento dei sistemi reopettici e tisso-
[17] vy = −ε y 2; vz = −ε z 2
tropici sono molto meno soddisfacenti rispetto a quelli che
sono stati proposti per descrivere la pseudoplasticità (Barnes, La distribuzione delle sollecitazioni corrispondente è
1997).
[18]
σ xx − σ yy = σ xx − σ zz = εη
 E ε()
σ xy = σ xz = σ yz = 0
4.3.3 Sforzi normali, viscosità
elongazionale dove hE rappresenta la viscosità estensionale uniassiale. In gene-
.
rale hE dipende dalla velocità di deformazione uniassiale e,
In fluidi non newtoniani gli sforzi di taglio possono generare come accade per la viscosità di taglio, ma il tipo di dipenden-
anche componenti non isotropi di sforzi normali. Ciò signifi- za funzionale è solitamente diverso per le due. È abbastanza
ca, riferendosi al tensore degli sforzi definito nella [5], che le comune che un polimero, la cui viscosità di taglio diminuisce
.
componenti normali sxx, syy, szz non sono nulle. L’insorgere di al crescere di g, mostri una viscosità estensionale che cresce
.
sforzi normali ha alcune conseguenze facilmente osservabili, al crescere di e.
alcune delle quali abbastanza clamorose. La più nota è sicura- Per i fluidi newtoniani Frederick Thomas Trouton nel 1906
mente il fenomeno noto come effetto Weissenberg: un fluido ricavò
newtoniano miscelato in un recipiente cilindrico mediante un’a-
[19] ηE = 3η
sta cilindrica verticale rotante viene spinto dalla forza centri-
fuga verso le pareti del recipiente, e la sua superficie libera Per il rapporto di Trouton, definito come
ηE ( ε )
assume un profilo parabolico con il minimo in corrisponden-
za dell’asta, mentre, al contrario, un liquido viscoelastico tende [20] Tr =
a salire lungo l’asta. η (γ )
La distribuzione degli sforzi in un fluido non newtoniano fu proposta da Jones et al. (1987) l’equazione
si può convenientemente descrivere nel modo seguente η ( ε )
[21] Tr ( ε ) = E
σ = σ yx = η (γ ) γ , σ xz = σ yz = 0, η 3ε ( )
[14]
σ xx − σ yy = N1 (γ ) , σ yy − σ zz = N2 (γ ) La viscosità di taglio è valutata a una velocità di deforma-
.
zione di taglio numericamente pari a 冪莥3e.
Le grandezze s, N1 e N2 vengono talvolta dette funzioni
viscosimetriche; N1 e N2 sono abitualmente chiamate, rispetti-
vamente, prima e seconda differenza degli sforzi normali. Spes- 4.3.4 Reometria
so a N1 si può dare una forma tipo legge di potenza
Diversi metodi sono stati concepiti per la misura della visco-
[15] N1 = Aγ m
sità, ed esiste un gran numero di strumenti commerciali, in
È abbastanza comune che la prima differenza degli sforzi grado di coprire ampi campi di valori e gradienti di viscosità.
normali, N1, abbia un valore superiore alla stessa sollecitazione Ci sono dei criteri che devono essere presi in considerazione

VOLUME V / STRUMENTI 253


MOTO DEI FLUIDI

quando si sceglie un viscosimetro e riguardano una serie di misurare direttamente la viscosità cinematica di fluidi newto-
proprietà del materiale da analizzare, come la sua natura fisi- niani di viscosità non eccessivamente elevata. In alcuni model-
ca, l’ordine di grandezza della sua viscosità, la sua elasticità, li si può applicare una pressione esterna in modo da studiare
la dipendenza della sua viscosità dalla temperatura, solo per anche il comportamento non newtoniano. In generale comun-
citarne alcune. que i viscosimetri a capillare di vetro possono produrre solo
I primi viscosimetri solitamente erano in grado di fornire basse velocità di taglio. Ci sono poi i cosiddetti viscosimetri a
misure per un solo valore della velocità di deformazione. Oggi orifizio, molto semplici, solitamente usati solo in sede di con-
alcuni di quei viscosimetri sopravvivono come strumenti di trollo nella produzione di pitture, inchiostri, adesivi e oli lubri-
controllo qualità a livello industriale, ma evidentemente, sulla ficanti, e che consistono in un recipiente sul cui fondo è stato
base di quanto discusso finora, misure effettuate in singoli punti aperto un foro capillare: in questo caso si misura il tempo di
forniscono una descrizione molto parziale, e talvolta fuorviante, svuotamento del recipiente, ma ovviamente il carico idrostati-
del comportamento del materiale. In generale i viscosimetri co non è costante nel tempo e si verificano significativi effet-
possono essere classificati in tre tipi diversi: a capillare, rota- ti cinetici. Inoltre il flusso non soddisfa l’equazione di Hagen-
zionali e a corpo mobile. Poiseuille ed è anzi piuttosto complesso, e non è legato in manie-
I viscosimetri a capillare sono quelli di concezione più ra semplice e diretta alla viscosità. Questo tipo di misura si limita
antica, ancora oggi molto diffusi: in essi il fluido viene in qual- a fornire dei confronti tra diversi fluidi, e non è in grado in realtà
che modo forzato a scorrere in un tubo capillare, e la viscosità di esprimere un valore quantitativo per la viscosità. Ci sono infi-
viene determinata misurando la portata di efflusso. L’equazio- ne i cosiddetti viscosimetri a estrusione, usati soprattutto per i
ne che viene utilizzata è quella di Hagen-Poiseuille (valida nel- fusi polimerici. Essi sono costituiti da un serbatoio connesso a
l’ipotesi di flusso stazionario, laminare e isotermo) un tubo capillare: il fluido viene forzato a uscire mediante un
pistone al quale viene applicata una forza costante.
πr 4t ∆p
[22] η= I viscosimetri rotazionali sono generalmente costituiti da
8V due porzioni separate tra loro dal fluido che deve essere ana-
dove r è il raggio del capillare, ⌬p è la caduta di pressione nel lizzato. Le due parti possono essere due cilindri concentrici,
capillare, V il volume di liquido che fluisce nel capillare duran- due piatti, un cono e un piatto, oppure una girante all’interno
te l’intervallo di tempo t. I viscosimetri a capillare sono parti- di un cilindro. La rotazione relativa delle due parti produce
colarmente utili per misurare in maniera precisa la viscosità di un’azione di taglio; il momento torcente richiesto per produr-
fluidi, fino a 20 Pa⭈s. Le velocità di deformazione di taglio che re una certa velocità angolare, oppure la velocità angolare neces-
si ottengono in uno strumento del genere possono essere molto saria a fornire una certo momento torcente, sono correlati al
.
diverse, a seconda del fluido. Per un fluido newtoniano, g varia valore assunto dalla viscosità. In generale i viscosimetri rota-
.
da un valore alla parete gw, pari a zionali sono più versatili di quelli a capillare, permettono di
eseguire misure per ampie varietà di fluidi, di viscosità anche
4Q π
[23] γw = molto diverse, in un ampio campo di gradienti di velocità, e
r3 quindi sono strumenti ottimali per studiare la non newtonia-
dove Q è il flusso volumetrico, a un valore nullo al centro del nità dei corpi e l’esistenza di eventuali tissotropicità o effetti
tubo. reopettici.
La sollecitazione alla parete sw è Il tipo più diffuso di viscosimetro rotazionale è quello a
cilindri concentrici. Se la distanza tra i due cilindri è suffi-
r ∆p
[24] σw = cientemente piccola, e i due cilindri sono in moto relativo, il
2L fluido compreso tra di essi è sottoposto a una velocità di taglio
Nel caso di un fluido non newtoniano invece si ricava la costante. In particolare, indicando con r0 e r1 i raggi del cilin-
seguente espressione dro esterno e interno rispettivamente, e con W1 la velocità ango-
lare del cilindro interno (quello esterno è fermo), la velocità
4Q  3 1 d ln Q  .
[25] γw = + di taglio g è data da
π r3  4 4 d ln σw 
r0Ω1
mentre la sollecitazione alla parete sw non varia rispetto al valo- [27] γ =
re dato nella [24]. Il termine tra parentesi nella [25] si chiama r0 − r1
correzione di Rabinowitsch. Quindi finalmente si ricava La sollecitazione invece è

σw (
πa ∆p L
4
) σ=
C
[26] )
η (γ w =
γ w
=
 3 1 d ln Q 
[28]
2 πr02 L
8Q  +  dove C è il valore della coppia esercitata e L è l’altezza del flui-
 4 4 d ln σ w 
do tra i due cilindri. Dalla [27] e dalla [28] si deduce l’espres-
Poiché abitualmente la caduta di pressione è misurata tra sione per la viscosità
un serbatoio a monte del capillare e l’atmosfera a valle, è neces-
sario tenere conto anche della perdita di pressione connessa [29] η=
(
C r0 − r1 )
con l’ingresso al capillare e con l’uscita all’atmosfera. Mentre 2πr Ω1 L 0
3

la seconda è generalmente trascurabile, la prima è spesso impor- La [29] però vale solo quando la distanza è effettivamen-
tante e deve essere opportunamente presa in considerazione. te molto piccola, cioè quando il rapporto b⫽r0Ⲑr1 è maggiore
Esistono diversi tipi di strumenti basati sulla viscosimetria di 0,97, che è una condizione difficile da ottenere per proble-
a capillare. Ci sono per esempio i viscosimetri a capillare di mi di allineamento. Alcuni viscosimetri usano quindi dei siste-
vetro, dei quali sono stati sviluppati diversi modelli in cui il mi a cilindri concentrici con distanze maggiori, anche se in
fluido scorre spinto dal carico idrostatico, e che permettono di queste condizioni è più difficile ricavare l’equazione della

254 ENCICLOPEDIA DEGLI IDROCARBURI


REOLOGIA

viscosità. Il problema fu risolto da Krieger e Maron (1954), i però la velocità di taglio non è costante, ma cresce al crescere
quali ipotizzarono che, nell’intervallo di misura, velocità e sol- della distanza dal centro del piatto. La velocità massima quin-
lecitazione di taglio fossero correlate da una legge di potenza, di si ha in corrispondenza del bordo (per r⫽a) ed è pari a
tipo la [11], e derivarono l’espressione della velocità di taglio
[36] γ a = aΩ1 h
in corrispondenza del cilindro interno
2Ω1 L’espressione che permette di stimare la viscosità è in que-
[30] γ =
( )
sto caso più complessa ed è stata ricavata da Ken Walters (1975)
n 1 − b2 n
3Ch
La sollecitazione invece è [37] η =
 1 d ln C 
2π a4  1 + 
 3 d ln Ω1 
C
[31] σ=
2 π r12 L
Il valore di n viene determinato riportando in un grafico
logaritmico i valori sperimentali di C in funzione di W1, e valu- 4.3.5 Viscoelasticità lineare
tando la pendenza della curva in corrispondenza del valore di
W1 che si sta considerando. La viscoelasticità, come accennato nell’introduzione, denota
La viscosità, misurata alla velocità di taglio del cilindro la coesistenza in un materiale di proprietà elastiche e viscose.
interno, è Particolare attenzione è stata dedicata allo studio della

[32] η=
(
Cn 1 − b2 n ) viscoelasticità lineare. Si tratta di un’approssimazione che vale
per variazioni limitate di deformazioni e di gradiente di velo-
4 π r12 LΩ1 cità, ma che possiede ciononostante una notevole importanza
Il limite inferiore di velocità realizzabile in un reometro a pratica e teorica. Innanzitutto essa consente di costruire model-
cilindri concentrici è legato al tipo di motore utilizzato. Il limi- li della struttura molecolare dei materiali a partire dalla loro
te superiore è generalmente legato al tipo di fluido indagato. risposta viscoelastica. In secondo luogo i parametri che carat-
Un primo fattore da prendere in considerazione è quello del terizzano il comportamento viscoelastico lineare e che vengo-
riscaldamento del campione dovuto ad attriti di tipo viscoso, no stimati mediante esperimenti appropriati si sono dimostra-
che oltre un certo livello rendono non più affidabile la misu- ti di grande importanza pratica nel determinare le proprietà di
ra. Inoltre in certi casi si può verificare la rottura delle linee di molti prodotti industriali. Infine la teoria della viscoelasticità
flusso circonferenziali e la comparsa di vortici e turbolenze, lineare costituisce la base per lo sviluppo dello studio del com-
ovvero di regimi di flusso che richiedono un’energia maggio- portamento non lineare, che è argomento assai più complesso,
re, e che quindi provocano aumenti della viscosità apparente. soprattutto per quanto riguarda il formalismo matematico.
Di grande importanza è anche la geometria piatto-cono: la Il comportamento viscoelastico lineare è descritto da equa-
velocità di taglio è praticamente la stessa in tutto il fluido, pur- zioni differenziali lineari, nelle quali i coefficienti delle deri-
ché l’angolo q0 piatto e cono sia abbastanza piccolo, ed è data da vate rispetto al tempo sono costanti. Questi rappresentano para-
metri materiali e corrispondono per esempio al coefficiente di
[33] γ = Ω1 θ0
viscosità o al modulo di elasticità, e non possono variare al varia-
.
dove W1 è la velocità di rotazione del piatto. Si noti che g non re del tipo o della velocità di sollecitazione. In termini genera-
dipende dalla proprietà del fluido. La sollecitazione sul fluido li quindi l’equazione differenziale che descrive il comporta-
viene stimata misurando la coppia C esercitata sul cono ed è mento viscoelastico lineare può essere scritta in questo modo
data da  ∂ ∂2 ∂n 
3C
[38]  1 + α1 ∂t + α 2 ∂t 2 + ... + α n ∂t n  σ =
[34] σ=
π a3  ∂ ∂2 ∂m 
dove a è il raggio del cono. La viscosità è quindi data da =  β0 + β1 + β2 2 + ... + β m m  γ
 ∂t ∂t ∂t 
3Cθ0
[35] η= dove n⫽m, oppure n⫽m⫺1. È possibile estendere la [38] per
2 π a 3Ω1 descrivere regimi di sollecitazione più complessi e le variabi-
Rispetto alla geometria a cilindri concentrici, quella piat- li scalari s e g possono essere sostituite dalle loro generaliz-
to-cono presenta diversi vantaggi: le dimensioni del campio- zazioni tensoriali.
ne sono minori, i dati sono più facili da convertire, la velocità Esistono casi particolari della [38] di grande importanza.
di taglio è costante nel campione. Tuttavia esistono alcuni pro- Per esempio, se b0 è l’unico parametro diverso da zero la [38]
blemi pratici di cui tener conto, come la possibilità che il sol- si riduce a
vente evapori e la necessità di un accurato caricamento del
[39] σ = β 0γ
campione, che deve essere tale da riempire completamente la
geometria, ma senza ricoprirla. che coincide con l’equazione di Hooke e pertanto in questo
Molto usata è anche la geometria a piatti paralleli, che pre- caso b0 corrisponde al modulo di elasticità. Se invece l’unico
senta il vantaggio di poter variare liberamente la distanza h che parametro diverso da zero è b1, si ha
separa i due piatti: questo è particolarmente importante nello

studio di sospensioni al cui interno siano presenti particelle [40] σ = β1
piuttosto grosse. La regola orientativa per poter ottenere misu- dt
re riproducibili è che la distanza tra i piatti sia di un ordine di ovvero
grandezza superiore rispetto alle dimensioni massime degli ag-
gregati presenti nel sistema. Nella geometria a piatti paralleli [41] σ = β1γ

VOLUME V / STRUMENTI 255


MOTO DEI FLUIDI

che rappresenta il flusso viscoso newtoniano e pertanto b1 cor- Un altro modello molto semplice è quello di Maxwell, che
risponde al coefficiente di viscosità. può essere schematizzato, come mostrato in fig. 4 B, da una
Se poi sia b0(⫽G) sia b1(⫽h) sono diversi da zero, men- molla e uno smorzatore in serie. Esso corrisponde ad assume-
tre tutte le altre costanti sono uguali a zero, la [38] diventa re, nella [38], a1 e b1 come gli unici coefficienti diversi da zero,
per cui si ottiene
[42] σ = Gγ + ηγ
[44] σ + τ M σ = ηγ
che è uno dei modelli matematici più semplici di viscoelasti-
cità (equazione di Kelvin). Se viene applicata istantaneamen- dove è stato posto a1⫽tM e b1⫽h.
te, a t⫽0, una sollecitazione s, successivamente mantenuta Applicando una deformazione g al tempo t⫽0, e mante-
33 33
costante, secondo questo modello è nendola successivamente costante, si ottiene, per t⬎0
[43] γ = (σ G ) 1− exp ( − t τ K )  [45] σ = ηγ 1− exp ( − t τ M ) 
dove tK è una costante pari al rapporto hⲐG, che ha le dimen- la quale esprime il fatto che, applicando una deformazione, la
sioni di un tempo e regola l’andamento della deformazione sollecitazione subisce un ritardo. La costante di tempo in que-
conseguente all’applicazione della sollecitazione s. Dalla [43] sto caso è tM. Viceversa poi se, a t⫽0, si rimuove improvvisa-
33
risulta che il valore a regime del gruppo adimensionale gG/s mente la deformazione che, per t⬍0, aveva avuto un valore
33
è 1; quindi g a regime è uguale a s/G, che è anche il valore for- costante g, si ha, per tⱖ0
33 33
nito dall’equazione di Hooke. La differenza tra i due modelli [46] σ = ηγ exp ( − t τ M )
consiste nel fatto che, mentre il modello di Hooke prevede che
il materiale raggiunga il valore finale della deformazione istan- cioè la sollecitazione ‘rilassa’, in maniera esponenziale dal suo
taneamente, nel modello di Kelvin si verifica un ritardo della valore di equilibrio a zero, e la costante tM viene detta tempo
deformazione. La costante di tempo tK viene quindi denomi- di rilassamento.
nata tempo di ritardo. Successivi e crescenti gradi di complessità possono essere
Particolarmente utili nello studio della viscoelasticità ottenuti ponendo diversi da zero tre elementi della [38]. Per
lineare si sono rivelati i modelli meccanici, costituiti da un esempio, se sono a1, b1 e b2 a essere diversi da zero, si ottiene
insieme di molle e smorzatori sistemati in serie o in paralle- il cosiddetto modello di Jeffreys che è espresso dalla equazione
lo, in modo che il sistema così costruito si comporti come un [47] σ + τ M σ = η (γ + τ J γ)
materiale reale. L’analogia tra modello meccanico e materia-
le reale consiste nel fatto che l’equazione differenziale che in cui appaiono due costanti di tempo tM e tJ. Esistono due
correla forza, elongazione e tempo per il modello è la stessa diversi modelli meccanici il cui comportamento è identico a
che correla sforzo, deformazione e tempo per il materiale. In quello fornito dalla [47]: uno è un’estensione del modello di
questi modelli meccanici la deformazione elastica è rappre- Kelvin e l’altro un’estensione del modello di Maxwell. Via via
sentata da una molla, cioè da un elemento la cui elongazio- si possono costruire modelli più complessi, tra i quali partico-
ne è proporzionale alla forza applicata, e il flusso newtonia- larmente interessante è il modello di Burger, che coinvolge quat-
no da uno smorzatore, cioè da un elemento in cui la velocità tro elementi in due forme equivalenti, e la cui equazione è
di elongazione è proporzionale alla forza applicata. Le rela- [48] σ + (τ 3 + τ 4 ) σ + (τ 3τ 4 ) σ = (η3 + η4 ) γ + (τ 4η3 + τ 3η4 ) γ
tive equazioni reologiche per la molla e per lo smorzatore
sono la [39], con b0⫽G, e la [41], con b1⫽h, rispettivamen- È possibile concepire modelli più complicati di quelli illu-
te. Il comportamento di materiali più complicati viene otte- strati fin qui, ma tutti possono essere ridotti a due forme cano-
nuto connettendo gli elementi fondamentali in serie o in paral- niche, cioè il modello di Kelvin generalizzato e il modello di
lelo. Il modello di Kelvin si ricava mettendo una molla e uno Maxwell generalizzato, illustrati in fig. 5. Alfrey (1945) ha
smorzatore in parallelo (fig. 4 A). Se si prende di nuovo in mostrato come le due forme canoniche possano essere rese
considerazione l’andamento del modello di Kelvin esplicita- meccanicamente equivalenti mediante un’opportuna scelta dei
to dalla [43], in termini di modello meccanico esso può esse- parametri e come sia possibile ottenere un’unica equazione dif-
re così interpretato: in seguito all’applicazione della solleci- ferenziale lineare per una, a scelta, delle due forme canoniche
tazione s, la molla tende a raggiungere la deformazione s/G, e viceversa. In altre parole il comportamento viscoelastico può
33 33
ma lo smorzatore ritarda tale crescita, tanto più quanto più essere rappresentato in tre modi equivalenti.
elevata è la viscosità. L’equazione che descrive il comportamento di un elemen-
to di Maxwell generalizzato può essere determinata sfruttan-
do il principio di sovrapposizione lineare. Un elemento di
s ġ
Maxwell semplice è descritto dall’equazione differenziale [44],
G ġE ovvero dall’equazione
sE sn
η t
σ (t ) = exp  − ( t − t⬘) τ γ ( t⬘) dt⬘
τ ∫−∞
h [49]
G
h ġn Considerando n elementi e applicando il principio di sovrap-
posizione lineare si ha:
ηi
σ (t ) = ∑ ∫ exp  − ( t − t⬘) τi γ ( t⬘) dt⬘
t
[50]
τi −∞
A B
dove hi e ti sono i parametri dell’i-esimo componente.
fig. 4. Modelli meccanici: A, modello di Kelvin; L’equazione [50] può essere estesa per comprendere una
B, modello di Maxwell. distribuzione continua di tempi di rilassamento

256 ENCICLOPEDIA DEGLI IDROCARBURI


REOLOGIA

fig. 5. Modelli meccanici:


A, modello di Kelvin
generalizzato; ti ti⫹1 ti⫹2 ti⫹3
B, modello di Maxwell
generalizzato.

Gi Gi⫹1 Gi⫹2 Gi⫹3

hi hi⫹1 hi⫹2 hi⫹3

N (τ )
∞ t
Un fluido newtoniano dà il ritardo più elevato, con un ango-
[51] σ (t ) = ∫ ∫ exp  − (t − t⬘) τ γ (t⬘) dt⬘dτ
0
τ −∞ lo di fase pari a pⲐ2.
Questo comportamento solitamente viene analizzato uti-
Introducendo poi la funzione di rilassamento /, definita da lizzando variabili complesse per rappresentare sforzo e defor-
N (τ ) mazione. La deformazione complessa viene espressa come

[52] φ ( t − t⬘) = ∫ exp  − ( t − t⬘) τ  dτ γ ( t⬘) = γ 0 exp ( iω t⬘)


0
τ [54]
la [51] diventa dove i⫽冪莦⫺1,
莦 w è la frequenza angolare (pulsazione) e g0 è
t l’ampiezza della deformazione, che deve essere sufficiente-
[53] σ ( t ) = ∫ φ ( t − t⬘) γ ( t⬘) dt⬘ mente piccola per soddisfare le condizioni di linearità. La cor-
−∞ rispondente velocità di deformazione è
Un metodo molto diffuso per caratterizzare la viscoela-
[55] γ ( t⬘) = iωγ 0 exp ( iω t⬘)
sticità dei materiali è quello di sottoporli a una sollecitazio-
ne di tipo oscillatorio di piccola ampiezza. Il grafico della È poi possibile definire un modulo complesso G*, median-
sollecitazione in funzione del tempo può essere rappresenta- te l’equazione
to sotto forma di una sinusoide, riportata in fig. 6 come curva
[56] σ ( t ) = G *(ω ) γ ( t )
continua. L’ampiezza della deformazione è proporzionale a
quella della sollecitazione, ma presenta un ritardo di un ango- Abitualmente G* viene scritto nella forma
lo di fase d di valore compreso tra 0 e pⲐ2, a seconda che il G*= G⬘ + iG ⬙
[57]
materiale sia elastico, viscoso o viscoelastico, ed è rappre-
sentata in fig. 6 come una curva tratteggiata. Un materiale dove G⬘⫽ReG* è detto modulo elastico e G⬙⫽ImG* modulo
elastico ideale esibisce una deformazione istantanea; la molla viscoso del materiale.
che lo rappresenta è completamente e istantaneamente rever- Ipotizzando che il materiale sia descritto da un modello
sibile. Sforzo e deformazione sono in accordo di fase e l’an- di Maxwell, e quindi dall’equazione [44], è possibile dimo-
golo di fase d è pari a zero. Con un materiale viscoso, o viscoe- strare che
lastico, la deformazione è invece ritardata e ha quindi un certo
sfasamento nei confronti della sollecitazione. Il ritardo è tanto iωη
[58] G*=
più elevato quanto più viscoso, e meno elastico, è il fluido. 1+ iωτ

fig. 6. Andamento
nel tempo di sforzo
ampiezza di sforzo e deformazione

(curva continua) sforzo


e deformazione
(curva tratteggiata)
per una deformazione
di taglio periodica con
frequenza angolare w.

dⲐw

deformazione

dⲐw

0 tempo

VOLUME V / STRUMENTI 257


MOTO DEI FLUIDI

e 4.3.6 Viscosità dei liquidi polimerici


ητω 2
[59] G⬘= Lo studio dei sistemi polimerici ha avuto grande rilievo nello
1 + ω 2τ 2
sviluppo della reologia. Questa circostanza è legata soprattut-
ηω to all’enorme importanza pratica che hanno i fluidi polimeri-
[60] G⬙ = ci, ma anche al fatto che i polimeri sono assimilabili a sistemi
1 + ω 2τ 2
modello, per cui, cambiando in modo appropriato certe loro
Si può poi definire la viscosità complessa h* come il rap- caratteristiche di architettura molecolare, è possibile variare e
porto tra sforzo di taglio e velocità di deformazione controllare le loro proprietà reologiche. Esiste un gran nume-
σ ( t ) = η *γ ( t )
ro di pubblicazioni che trattano in dettaglio il comportamento
[61]
reologico dei polimeri, dal testo di Ferry (1980), che si con-
Si può dunque scrivere centra sugli aspetti che riguardano la viscoelasticità lineare, ai
[62] η*= η⬘ − iη ⬙ volumi di Bird et al. (1987a, b) e di Larson (1988), che si foca-
lizzano soprattutto sul problema delle equazioni costitutive, ai
e la h⬘ viene solitamente chiamata viscosità dinamica. Si ha lavori di Tanner (1985) e di Baird e Dimitris (1995), che si con-
inoltre centrano sui flussi che si instaurano in operazioni di lavora-
zione dei polimeri.
[63] G⬘ = η ⬙ω
Sotto il nome generico di fluidi polimerici sono compresi
e sistemi molto diversi, che vanno da sistemi poco viscosi, come
per esempio le soluzioni di polimeri molto diluite, a materiali
[64] G⬙ = η⬘ω
via via più rigidi, che si ottengono aumentando la concentra-
Spesso i risultati dei test oscillatori vengono presentati in zione delle soluzioni, fino ad arrivare ai ‘fusi’ polimerici.
termini di viscosità dinamica h⬘ e modulo elastico G⬘. La fig. 7 Comunque, in generale, i fluidi polimerici mostrano spesso
mostra gli andamenti di queste due funzioni normalizzate per forti effetti viscoelastici, tra cui pseudoplasticità, sforzi nor-
un modello di Maxwell, in funzione della frequenza norma- mali e comportamenti dipendenti dal tempo. Il fattore più rile-
lizzata wt. In sole due decadi, centrate intorno a wt⫽1, si passa vante che regola il comportamento reologico dei fluidi poli-
da un comportamento nettamente viscoso (G⬘⬇0), alle basse merici è la lunghezza della catena, oltre al fatto che le macro-
frequenze, a uno marcatamente elastico (h⬘⬇0). Si compren- molecole possono facilmente subire distorsioni, anche quando
de così chiaramente il significato di t come tempo caratteri- sono sottoposte a flussi piuttosto lenti. Molto importante è
stico del modello di Maxwell. anche la possibilità che le diverse catene formino dei legami
Le risposte viscoelastiche lineari in prove oscillatorie si temporanei, mediante forze intermolecolari, o permanenti,
possono convenientemente rappresentare riportando il modu- mediante reticolazione. Quando le catene sono abbastanza lun-
lo elastico G⬘ e l’angolo di ritardo d. Se la deformazione ha ghe si formano poi associazioni intermolecolari, dette entan-
la forma descritta nell’equazione [54], la sollecitazione ha glement, che sono responsabili di fenomeni di elasticità, tipo
forma simile, ma la sua fase è in anticipo di un angolo d, e sollecitazioni normali o elevate viscosità estensionali. Gli entan-
quindi glement sono vincoli topologici al moto molecolare che deri-
σ ( t ) = σ0 exp i (ω t + δ ) 
vano dal fatto che le macromolecole non possono passare le
[65]
une attraverso alle altre. A causa della presenza degli entan-
Si può dimostrare che glement una macromolecola circondata da altre non è in grado
di muoversi molto lontano in direzioni perpendicolari al suo
[66] tan δ = G ⬙ G⬘ contorno molecolare (Edwards, 1967). Per questo motivo la
diffusione o il rilassamento molecolare si limitano a un moto
che viene detto di reptazione, simile al movimento di un ser-
1 pente (De Gennes, 1971), che avviene lungo il tubo che cir-
h⬘ G⬘ conda il profilo del polimero. Per tale motivo il rilassamento
ᎏ ᎏ di un polimero che forma degli entanglement è lento, e la visco-
h G
sità è elevata. Infatti, secondo il modello di De Gennes, la visco-
sità deve essere considerata proporzionale al tempo necessa-
rio affinché una macromolecola, diffondendo all’interno del
tubo, percorra una distanza pari alla sua lunghezza, tempo che,
secondo i calcoli, è proporzionale al cubo del peso molecola-
re del polimero Mw.
Gli entanglement hanno un ruolo molto importante nel
G⬘⬘ determinare l’effetto del peso molecolare del polimero sul com-

G portamento reologico di fusi polimerici, come illustrato nel
diagramma logaritmico di fig. 8, che mostra la viscosità a velo-
cità di deformazione praticamente nulla in funzione del peso
⫺1 0 1
log (wt) molecolare (le curve sono scalate secondo una serie di fattori
costanti). Per pesi molecolari bassi la viscosità cresce come
fig. 7. Il modello di Maxwell sotto Mw1,0, mentre al di sopra di un valore critico del peso moleco-
sollecitazione oscillatoria: variazione dei moduli normalizzati lare Mc, la viscosità cresce come Mw3,4 e in corrispondenza di
e della viscosità dinamica in funzione della frequenza Mc il cambio di pendenza della curva è repentino. Al di sopra
normalizzata wt (t⫽hⲐG). del punto critico i fusi esibiscono marcate proprietà elastiche.

258 ENCICLOPEDIA DEGLI IDROCARBURI


REOLOGIA

con plateau newtoniano a bassi shear che sono tipiche di mol-


1 polidimetilsilossano tissimi polimeri fusi. Significativa e di grande portata pratica
è anche la dipendenza della viscosità dalla concentrazione del
2 polibutadiene polimero in soluzione. Generalmente per bassi valori della con-
3 polimetilmetacrilato centrazione c la viscosità cresce proporzionalmente a c. Aumen-
4 polistirene tando gradualmente la concentrazione si passa a un regime in
cui la viscosità cresce come cn, dove n è generalmente uguale
a 3, ma può assumere anche valori più alti. Questa transizione
è ancora collegata alla formazione di entanglement. Di nuovo,
passando da un regime all’altro cambiano molto le proprietà
elastiche del sistema.
Un altro sistema molto importante dal punto di vista pra-
1,0 tico è costituito dai gel, solitamente composti da soluzioni in
cui le catene polimeriche sono reticolate mediante legami a
carattere permanente. Un tipico esempio è dato dai materiali
reticolati come le gomme vulcanizzate, ma anche i sistemi in
cui regioni cristalline sono legate da catene che le attraversa-
log h ⫹ cost.

1 no, come accade nei polimeri semicristallini. Un altro modo


di formare un gel è quello di aggiungere quantità significati-
ve (con concentrazioni dell’ordine del 20% in volume) di pic-
cole particelle solide, tipo nerofumo, in un fuso polimerico, in
modo che le catene adsorbendosi su particelle attigue formi-
no dei ponti tra di esse. Quando un fluido precursore, che può
essere costituito da molecole piccole oppure da polimeri, viene
reticolato per formare un gel, le sue proprietà reologiche varia-
2 no da quelle di un liquido viscoso a quelle di un solido elasti-
co, e quindi la viscosità diverge e diventa infinita, mentre il
modulo a bassa frequenza G0 passa da zero a un valore
[67] G0 = ν kT
3 dove n è il numero di punti di reticolazione efficace per unità
di volume, k è la costante di Boltzmann e T la temperatura.

4.3.7 Reologia dei sistemi dispersi


4 Le dispersioni di particelle in un liquido sono sistemi estre-
mamente comuni (per esempio il sangue, le pitture, l’inchio-
0 1 2 3 4 5 6
log Mw ⫹ cost. stro, il cemento). La reologia delle dispersioni è un altro set-
tore a cui, specialmente in anni recenti, è stata dedicata molta
fig. 8. Relazione tra la viscosità a bassa velocità attenzione (Russel et al., 1989; Brady, 1996; Mellema, 1997).
di deformazione e il peso molecolare del polimero Anche il modello più semplice di sospensione, costituito
per una serie di fusi polimerici monodispersi; da sfere rigide che interagiscono tra loro soltanto attraverso
curve scalate secondo fattori costanti in ascissa e ordinata repulsioni rigide quando vengono a contatto, mostra compor-
(Ferry, 1980). tamenti reologici abbastanza complessi. A frazioni volumetri-
che di particelle molto basse (/ⱕ0,03) la viscosità della sospen-
sione può essere descritta mediante la formula
Questa netta differenza di comportamento è dovuta alla for-
mazione di entanglement. La dipendenza funzionale è però leg-
[68] (
η = ηs 1 + 2, 5φ )
germente diversa da quella prevista dalla teoria di De Gennes, dove hs fu ricavata da Albert Einstein (1906) dal calcolo della
essendo l’esponente di Mw di poco superiore a 3. Un gran nume- dissipazione viscosa prodotta dal flusso attorno a una singola
ro di effetti non newtoniani può essere spiegato in termini di sfera. Spesso i dati reologici di dispersioni si esprimono anche
variazioni di densità degli entanglement. In un fuso polimeri- in termini di viscosità relativa hr⫽hⲐhs. L’equazione [68] è vali-
co il flusso provoca lo scorrimento di catene polimeriche le da solamente quando la sospensione è sufficientemente dilui-
une rispetto alle altre, e quindi lo scioglimento di alcuni entan- ta da far sì che il campo di flusso attorno a una particella non
glement, ma simultaneamente se ne possono formare altri, sia apprezzabilmente influenzato dalla presenza di altre parti-
come avviene in quiete. In ogni situazione di flusso la densità celle. Al crescere della frazione volumetrica però cominciano
degli entanglement dipende dall’equilibrio dinamico tra velo- a diventare significative le interazioni idrodinamiche. L’effet-
cità di formazione e velocità di distruzione. Se il flusso è lento to delle interazioni tra due corpi genera un contributo al valo-
tale densità tende a quella di quiete e la viscosità tende al valo- re di h proporzionale a /2. Esso fu calcolato da George Keith
re newtoniano, se il flusso è veloce essa diminuisce e con essa Batchelor (1971), che ricavò l’espressione

( )
la difficoltà di far scorrere le molecole le une rispetto alle altre.
In questo modo si spiegano le curve di flusso pseudoplastiche [69] η = ηs 1 + 2, 5φ + 6, 2φ 2

VOLUME V / STRUMENTI 259


MOTO DEI FLUIDI

L’espressione [69] può essere estesa a potenze più eleva- ηsγ a3


[78] Pe ≡ ∝ γ tD
te di /, utilizzando un metodo che fa uso del concetto di mezzo kT
efficace. Si supponga infatti di aumentare, in una sospensio- Krieger (1972) ha suggerito di esprimere i dati reologici rela-
ne di viscosità h(/), la frazione volumetrica di particelle di tivi alle sospensioni in termini dello sforzo ridotto sr
una quantità infinitesima d/. Trattando la sospensione a cui σ a3
aggiungiamo queste particelle come fosse un mezzo viscoso [79] σr ≡
omogeneo di viscosità h(/), l’aumento di viscosità causato kT
dall’aggiunta può essere calcolato sfruttando l’equazione [68], La viscosità relativa di dispersioni concentrate dovrebbe
e dunque essere quindi una funzione universale di due quantità adimen-
[70] dη = 2, 5η φ dφ() sionali, / e sr. Tale funzione può essere espressa mediante la
relazione
che, integrata, dà  ηr − ηr 
η = ηs exp ( 5φ 2 ) [80] ηr = ηr∞ +  0 ∞ 
[71]  1+ bσr 
Questa relazione non prende in considerazione le corre- dove hr0 rappresenta la viscosità relativa a basso shear, hr⬁ è la
lazioni tra le sfere dovute alle loro dimensioni finite, cioè il viscosità relativa a elevati shear e b è un parametro di fitting.
fatto che una particella, quando viene aggiunta a una disper- Lo scostamento agli alti valori di sr è legato a fenomeni di dila-
sione relativamente concentrata, richiede un volume su- tanza.
periore al solo suo volume, a causa di difficoltà di impac- Come già visto, la dipendenza da / di hr0 obbedisce all’e-
camento. Per questo motivo, invece di d/ bisogna usare quazione di Krieger-Dougherty [74], ma è possibile osserva-
d/Ⲑ(1⫺K/), dove K tiene conto di questi effetti di affolla- re che anche la dipendenza di hr⬁ può essere descritta dalla
mento. In tal modo medesima equazione, purché si usi un valore più elevato di /m.
Tale risultato può essere associato al fatto che ad alte velocità
η = ηs (1− Kφ )
−5 2 K
[72]
di deformazione di taglio le particelle hanno la tendenza a tro-
Da questa equazione si deduce che la viscosità diventa infi- vare sistemazioni geometricamente più favorevoli, che con-
nita quando /⫽1ⲐK, e quindi 1ⲐK può essere identificato con sentono impaccamenti migliori, come per esempio strutture
la frazione di massimo impaccamento /m; si ha pertanto bidimensionali.
η = ηs (1 − φ φm )
− ( 5/ 2 ) φm È stato inoltre osservato che dispersioni concentrate
[73]
(/ⱖ0,40) esibiscono fenomeni di dilatazione a velocità di
La [73] vale per sospensioni di particelle sferiche, ma può deformazione di taglio elevate, più alte di quelle a cui si mani-
essere estesa a particelle di forma qualunque divenendo festa abitualmente la pseudoplasticità. Le strutture bidimen-
−[η ]φm
η = ηs (1− φ φm )
sionali appena menzionate, che giustificano effetti pseudopla-
[74]
stici, sono instabili e vengono distrutte a un certo valore criti-
introducendo [h], la viscosità intrinseca della sospensione, defi- co della velocità di taglio; l’arrangiamento casuale che ne
nita come consegue provoca un aumento di viscosità. È stato dimostrato
che tale valore critico varia poco con la frazione volumetrica
η − ηs
[75] [η ] = lim delle particelle quando questa è nell’intorno di 0,50, ma dimi-
φ →0 φηs nuisce in maniera notevole quando / è significativamente più
L’equazione [74] fu ricavata da Krieger e Dougherty nel alto di tale valore.
1959 e prende il loro nome. Nelle sospensioni di sfere rigide le caratteristiche viscose
Il valore di /m dipende molto dalla distribuzione delle dimen- dominano nettamente su quelle elastiche, ma ciononostante il
sioni delle particelle, e cresce al crescere della polidispersi- modulo elastico G⬘ non è nullo. Questa debole elasticità è pro-
tà. Per un sistema di sfere rigide monodisperse /m⬇0,63-0,64. dotta dal moto browniano delle particelle che tende a ristabi-
Generalmente le dispersioni di sfere rigide si comportano lire l’equilibrio quando la configurazione delle particelle viene
da fluidi newtoniani fino a frazioni volumetriche / dell’ordi- distorta da un’azione di taglio. Peraltro G⬘ aumenta in modo
ne di 0,3, ma per valori più alti la viscosità comincia a dipen- piuttosto consistente quando la concentrazione delle particel-
dere dalla velocità di deformazione. Tale dipendenza è legata le aumenta, poiché i tempi caratteristici di rilassamento della
al fatto che la velocità di deformazione disturba la distribu- sospensione diminuiscono in ragione del fatto che alle alte con-
zione delle posizioni delle particelle rispetto alla posizione di centrazioni la diffusività delle particelle diminuisce.
equilibrio. La velocità alla quale viene recuperata la situazio- Spesso tra le particelle dei sistemi dispersi sono presenti
ne di equilibrio è controllata dalla diffusività delle particelle, altri tipi di interazione, oltre a quelle idrodinamiche, che gene-
che in soluzioni diluite è pari a ralmente danno luogo a una barriera di potenziale che osta-
cola cineticamente la coagulazione delle particelle. Ciò può
kT
[76] D0 = essere ottenuto facendo adsorbire uno strato di polimero sulla
6 πηs a superficie delle particelle. Quando i due strati adsorbiti si
dove a è il raggio delle particelle. sovrappongono si crea una forza repulsiva, se il compatta-
Il tempo tD richiesto affinché una particella riesca a diffon- mento delle molecole di polimero è favorito rispetto al loro
dere per una distanza uguale al suo raggio a è pertanto miscelamento. Per tenere conto dello strato adsorbito nel descri-
a2 6πηs a3 vere il comportamento reologico delle dispersioni è necessa-
[77] tD ≈ = rio correggere il valore della frazione volumetrica, introdu-
D0 kT cendo un valore efficace
 δ
3
Si definisce anche una velocità di deformazione adimen-
sionale Pe, detta numero di Péclet, come [81] φeff = φ  1+ 
 a

260 ENCICLOPEDIA DEGLI IDROCARBURI


REOLOGIA

dove d rappresenta appunto lo spessore dello strato. Un altro Barnes H.A. (1997) Thixotropy. A review, «Journal of Non-Newtonian
modo comune per stabilizzare le sospensioni è quello di cari- Fluid Mechanics», 70, 1-33.
care elettrostaticamente le superfici delle particelle, cosa che Barnes H.A., Walters K. (1985) The yield stress myth, «Rheologica
spesso viene ottenuta mediante adsorbimento di tensioattivi Acta», 24, 323-326.
ionici e che provoca la formazione di un doppio strato elettri- Barnes H.A. et al. (1989) Introduction to rheology, Amsterdam,
co intorno alle particelle stesse. Poiché la conseguente azione Elsevier.
elettrostatica tiene distanziate le particelle, il suo effetto è quel- Batchelor G. K. (1971) The stress generated in a non-dilute suspension
lo di aumentare il valore efficace del loro diametro; esistono of elongated particles in pure straining motion, «Journal of Fluid
varie formule che permettono di calcolare deff dal potenziale Mechanics», 46, 813-829.
di interazione, da cui si ricava poi Bird R.B. et al. (1987a) The dynamics of polymeric liquids, New York,
3
John Wiley, 2v.; v.I: Fluid mechanics.
d 
[82] φeff = φ  eff  Bird R.B. et al. (1987b) The dynamics of polymeric liquids, New York,
 2a  John Wiley, 2v.; v.II: Kinetic theory.
Brady J.F. (1996) Model hard-sphere dispersions: statistical mechanical
L’allargamento del diametro efficace influenza la viscosità
theory, simulations, and experiments, «Current Opinion in Colloid
a basse velocità di deformazione nelle dispersioni stabilizzate and Interface Science», 1, 472-480.
elettrostaticamente. Russel (1978) ha derivato un’espressione
Carreau P.J. (1972) Rheological equations from molecular networks
sotto forma di sviluppo fino al secondo ordine di / per una theories, «Transactions of the Society of Rheology», 16, 99-127.
sospensione disordinata di sfere cariche Cross M.M. (1965) Rheology of non-newtonian fluids: a new flow
equation for pseudo-plastic systems, «Journal of Colloidal Science»,
 5

η 3  deff   2 20, 417-437.
[83] = 1 + 2, 5φ +  2, 5 +   φ
ηs  40  a   De Gennes P.G. (1971) Reptation of a polymer chain in the presence
  of fixed obstacles, «Journal of Chemical Physics», 55, 572-579.
Edwards S.F. (1967) The statistical mechanics of polymerized material,
La presenza di una carica elettrostatica superficiale ha un «Proceedings of the Physical Society», 92, 9-16.
effetto molto marcato sul coefficiente di /2 rispetto al caso a Einstein A. (1906) Eine neue Bestimmung der Molekuldimension,
sfere rigide. Tale espressione è valida solo per valori di / intor- «Annalen der Physik», 19, 289-306.
no a 0,10, mentre per concentrazioni più elevate è opportuno Ferry J.D. (1980) Viscoelastic properties of polymers, New York, John
estendere l’equazione di Krieger-Dougherty [74] Wiley.
− ( 5 2 )φm Hooke R. (1931) Lectures de potentia restitutiva, Oxford, Oxford
η  φeff 
= 1− University Press.
ηs  φm 
[84]
Jones D.M. et al. (1987) On the extensional viscosity of mobile polymer
Al crescere della velocità di deformazione, aumenta il solutions, «Rheologica Acta», 26, 20-30.
contributo idrodinamico alla viscosità rispetto a quello elet- Krieger I.M. (1972) Rheology of monodispersed latices, «Advances
trostatico, provocando effetti pseudoplastici di cui si può tene- in Colloid and Interface Science», 3, 111-136.
re conto introducendo una dipendenza di deff dalla velocità Krieger I.M., Dougherty T.J. (1959) A mechanism for non-newtonian
di deformazione, tale che deff rappresenti la distanza inter- flow in suspensions of rigid spheres, «Transactions of the Society
particellare in corrispondenza della quale le forze elettro- of Rheology», 3, 137-152.
statiche e idrodinamiche si bilanciano. Sospensioni stabiliz- Krieger I.M., Maron S.H. (1954) Direct determination of the flow
zate elettrostaticamente possono anche presentare una soglia curves of non-newtonian fluids. III: Standardized treatment of
viscometric data, «Journal of Applied Physics», 25, 72-75.
di scorrimento, quando le repulsioni tra le particelle sono
abbastanza alte da generare fenomeni di macrocristallizza- Larson R.G. (1988) Constitutive equations for polymer melts and
solutions, Boston (MA)-London, Butterworths.
zione (Larson, 1999).
Larson R.G. (1999) The structure and properties of complex fluids,
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Bibliografia generale
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stabilized model dispersions of uniform colloidal spheres. II: Newton I. (1999) The Principia. Mathematical principles of natural
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VOLUME V / STRUMENTI 261

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