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Reologia
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4.3.1 Introduzione con g ed è anche detto velocità di deformazione di taglio.
La relazione
La reologia è una delle poche branche della scienza alla quale σ = ηγ
[2]
si possa attribuire una ben precisa data di nascita, il 29 aprile
1929, giorno in cui, a Columbus in Ohio, fu fondata la Società è l’equazione che caratterizza i fluidi newtoniani e la costan-
di Reologia, per iniziativa di un gruppo di scienziati che anno- te di proporzionalità h è solitamente detta viscosità, termine
verava nomi come quelli di Eugene C. Bingham, Wolfgang a cui viene talvolta aggiunto l’aggettivo dinamica, per distin-
Ostwald, Ludwig Prandtl e Markus Reiner. Fu proprio in quel- guerla dalla viscosità cinematica n, che è definita dal rappor-
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l’occasione che Bingham e Reiner coniarono la parola reolo- to hⲐr, dove r è la densità del fluido. Poiché g in unità del
gia, dal verbo greco rew, scorrere, per descrivere la scienza Sistema Internazionale è espresso in s⫺1, h è espressa in Pa⭈s
che studia il flusso e la deformazione dei corpi. La celebre frase e n in m2s⫺1.
panta rei di Eraclito di Efeso fu allora scelta come motto Le equazioni lineari [1] e [2], risultato della modellizza-
della Società di Reologia, mentre la clessidra fu eletta a suo zione matematica di casi ideali estremi, descrivono relazioni
simbolo. sforzo/deformazione/tempo e costituiscono esempi di equa-
Secondo la reologia tutti i corpi reali possiedono proprietà zioni costitutive. Per molto tempo furono considerate leggi uni-
che sono intermedie tra due comportamenti ideali estremi, da versali, ma già nel 19° secolo si registrarono risultati speri-
una parte quello del solido perfettamente elastico e dall’altra mentali che se ne discostavano.
quello del fluido perfettamente viscoso. Robert Hooke nel 1678 La meccanica dei fluidi newtoniani, così come la teoria
formulò la legge (ut tensio sic vis) secondo cui in un corpo ela- classica dei corpi elastici, non è solitamente considerata parte
stico la deformazione (strain) g è proporzionale allo sforzo del campo di studio specifico della reologia, che si occupa
(stress) s impartito (Hooke, 1931) infatti del comportamento dei corpi viscoelastici, le cui carat-
teristiche sono intermedie rispetto ai due casi ideali estremi
[1] σ = Gγ
sopra descritti.
La legge di Hooke definisce il comportamento del corpo Parlare di viscoelasticità però non significa necessaria-
elastico ideale. La costante di proporzionalità G è solitamen- mente rimuovere l’ipotesi di linearità che caratterizza le leggi
te detta modulo elastico del materiale. Poiché g è una gran- stabilite nelle equazioni [1] e [2]. L’equazione:
dezza adimensionale, s e G hanno entrambe la dimensione di [3] σ = Gγ + ηγ
una forza su una unità di superficie e in unità del Sistema Inter-
nazionale si esprimono in Pa. è un’equazione lineare costitutiva di un corpo in cui convivo-
All’estremo opposto di comportamento cadono i fluidi no caratteristiche elastiche e viscose.
perfettamente viscosi. L’applicazione di una sollecitazione su
un fluido viscoso produce generalmente un moto che si man-
tiene finché la sollecitazione non viene rimossa. Si conside-
rino dunque due superfici parallele, ciascuna di area A, poste A F
a una piccola distanza d, tra le quali è interposto un fluido,
così come mostrato in fig. 1. Si eserciti sulla superficie supe-
riore una forza di taglio per unità di superficie s⫽FⲐA, che U
d y
le permetta di muoversi con velocità costante U. Se la secon-
da superficie è ferma, passando dalla prima alla seconda
superficie la velocità varia da U a zero. Isaac Newton nel x
1687 stabilì che esiste una relazione di proporzionalità tra s,
che viene detto sforzo di taglio, e il gradiente di velocità UⲐd fig. 1. Campo di velocità per fluido viscoso
(Newton, 1999). Quest’ultimo viene poi solitamente indicato tra due superfici parallele (velocità relativa U).
I modelli lineari sono in grado di descrivere svariati tipi evidenziata osservando che il flusso di taglio di cui ci si è ser-
di comportamento reologico e sono quindi di grandissima uti- viti per illustrare il postulato di Newton (v. ancora fig. 1) possa
lità (v. oltre). Essi però solitamente possono essere conside- essere convenientemente descritto nel seguente modo:
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rati validi solo per variazioni limitate di g e g, in un regime vxx = γ , v yy = vzz = 0
[6]
che viene appunto detto lineare, e in generale G ed h sono fun-
.
zioni di g e g. Nel caso di un fluido newtoniano sottoposto al flusso descrit-
Il concetto di viscoelasticità introduce una certa ambiguità to dalla [6] la distribuzione degli stress è
rispetto alle classificazioni più elementari di cui ci si serve per
[7] σ yx = ηγ , σ xz = σ yz = 0,
definire lo stato dei corpi, e la distinzione tra solido e liquido
non appare più così chiara se è vero che il medesimo corpo σ xx − σ yy = 0, σ yy − σzz = 0
può manifestare carattere prevalentemente solido oppure liqui-
do a seconda dello stato di sollecitazione a cui è sottoposto. La
questione può essere considerata da un altro punto di vista. 4.3.2 Viscosità
Reiner introdusse nel 1964 una grandezza adimensionale chia-
mata numero di Deborah: Il concetto di viscosità è stato introdotto in precedenza e la [2]
De = τ T può essere mantenuta come sua definizione. Tuttavia soltanto
[4]
per i fluidi newtoniani la viscosità è costante al variare della
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definita come il rapporto tra un tempo caratteristico t del mate- velocità di deformazione di taglio g applicata. La tab. 1 ripor-
riale e un tempo caratteristico T dell’osservazione, stabilendo ta l’ordine di grandezza delle viscosità di una serie di mate-
che a numeri di Deborah elevati corrisponde un comportamento riali di uso comune. In genere la viscosità dei materiali reali
.
di tipo solido e a numeri di Deborah bassi uno di tipo liquido. dipende non solo da g, ma anche dalla temperatura T e dalla
Un materiale quindi può comportarsi come un solido perché pressione p, e può dipendere dalla storia di deformazione a cui
ha un tempo caratteristico molto alto, oppure perché il pro- è stato sottoposto il materiale. Per tutti i liquidi la viscosità
cesso usato per indagarne le proprietà è molto rapido. Vice- diminuisce al crescere della temperatura e al diminuire della
versa un materiale manifesta capacità di fluire se il suo tempo pressione. Tale dipendenza, ai bassi sforzi di taglio (shear), è
caratteristico è basso, oppure se il tempo di osservazione è ben descritta dall’espressione empirica
abbastanza alto. I fusi polimerici, per esempio, hanno tempi di [8] η0 = K1e− bT eap
rilassamento piuttosto lunghi, nell’ordine di 1-100 s, e molto
spesso, in problemi di interesse pratico, possono essere stu- Tipici valori di b vanno da 0,03 K⫺1 per le poliolefine a
diati come corpi elastici. Molti materiali hanno tempi caratte- 0,1 K⫺1 per il polistirene, mentre a⫽1-4 kbar⫺1 per i medesi-
ristici nell’ordine di 1 s e quindi appaiono, nella nostra espe- mi materiali.
rienza comune, come viscoelastici. La correlazione viscosità/temperatura nei fluidi non new-
Il numero di Deborah deve la sua denominazione al fatto toniani è spesso più complessa. Nelle misure reologiche è quin-
che alla profetessa Deborah, nella Bibbia, sono attribuite le di fondamentale controllare la temperatura, tenendo anche
parole: «[…] e le montagne fluirono di fronte al Dio». Para- conto del fatto che una sollecitazione all’interno di un mate-
frasando tale espressione si può supporre che, avendo a dispo- riale può generare un suo riscaldamento. Meno significativo,
sizione un tempo sufficientemente lungo, si osserverebbe che e perlopiù trascurato, è l’effetto della pressione.
perfino le montagne fluiscono. È stato peraltro rimarcato che Una parte molto rilevante della reologia è lo studio delle
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lo spessore delle vetrate delle chiese gotiche, che hanno circa variazioni di viscosità dei fluidi in funzione di g. Il problema è
mille anni, è leggermente superiore nella parte bassa, a dimo- importante dal punto di vista pratico, perché, come riportato in
strazione del fatto che in questo lasso di tempo vi è stato un
flusso del vetro dall’alto verso il basso, sotto l’effetto della gra-
vità. tab. 1. Viscosità di alcuni materiali di uso comune
In generale per poter descrivere in modo adeguato lo stato a temperatura ambiente
di sollecitazione di un corpo è opportuno introdurre il cosid-
detto tensore degli sforzi. Se si considera un cubetto elemen- Materiale Viscosità approssimativa (Pa⭈s)
tare di volume unitario, e prendendo gli assi x, y e z paralleli
agli spigoli del cubetto, il tensore degli sforzi è definito come: Vetro 1040
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tab. 2, a diversi processi tecnologici possono corrispondere valo- dalla pendenza di queste curve (h⫽ds/dg). Un fluido newto-
ri di velocità di deformazione molto differenti. A un medesimo niano è rappresentato da una retta passante per l’origine; a una
materiale possono essere richiesti comportamenti reologici diver- sollecitazione nulla corrisponde un valore nullo di velocità. Un
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si a seconda del campo di g a cui è sottoposto. Per esempio, secondo tipo di fluidi è quello la cui viscosità è costante, ma
affinché una pittura non coli una volta applicata in parete, è che ha bisogno di una sollecitazione minima s0 per poter comin-
necessario che essa abbia viscosità sufficientemente alte a valo- ciare a scorrere. Questi sono i cosiddetti fluidi di Bingham,
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ri di g bassi (10⫺2-10⫺1 s⫺1); nel contempo per permetterne rappresentati nella fig. 2 da una retta che non passa per l’ori-
un’applicazione agevole è necessario che le viscosità siano abba- gine e che intercetta l’asse y in corrispondenza del valore s0,
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stanza basse quando g assume valori intorno a 101-102 s⫺1. detto soglia di scorrimento. In fig. 2 sono rappresentate anche
La fig. 2 offre una rappresentazione dei comportamenti più curve tipiche di fluidi pseudoplastici, la cui viscosità diminui-
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tipici dei fluidi, sotto forma di grafici s-g. La viscosità è data sce, al crescere dell’intensità dello sforzo, e di quelli dilatanti,
fluidi newtoniani
fluidi dilatanti
s⬘o
so
g˙
la cui viscosità viceversa aumenta. Un’ultima classe di com- sollecitazione infinita; si tratta ovviamente di estrapolazioni,
portamento mostrata in fig. 2 è quella dei fluidi pseudoplasti- poiché nessun metodo consente di eseguire misure a sollecita-
ci che presentano soglia di scorrimento e che in un grafico s- zioni nulle o infinite. Si noti anche che dalla rappresentazione
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g sono rappresentati da una curva a pendenza decrescente che di fig. 3 parrebbe che il fluido non possieda una soglia di scor-
intercetta l’asse y in corrispondenza di un valore s0⬘. rimento. Tuttavia se le misure fossero state eseguite in un campo
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La maggior parte dei fluidi di interesse pratico, a cui la reo- di g compreso tra 10⫺1 e 104 s⫺1, la conclusione sarebbe stata
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logia ha dedicato attenzioni particolari, è di tipo pseudoplasti- diversa, come si può osservare dal grafico s(g), in cui la por-
co. Il possibile comportamento di un fluido pseudoplastico è zione di curva tratteggiata rappresenta proprio un comporta-
mostrato in fig. 3, in cui i medesimi dati sperimentali sono rap- mento del tipo corpo di Bingham ideale. D’altra parte i fluidi
presentati in tre diverse modalità: come grafico della viscosità di Bingham secondo la definizione hanno viscosità infinita ai
h in funzione dello sforzo di taglio s (fig. 3 A); come grafico bassi shear e quindi non presentano alcun plateau newtoniano.
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di s in funzione della velocità di deformazione g (fig. 3 B); Il concetto di soglia di scorrimento ha una certa importanza
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come grafico di h in funzione di g (fig. 3 C). Si noti come il pratica, ma le recenti generazioni di reometri, in grado di ese-
grafico di h(s) mostri l’esistenza di due zone piatte (plateau) guire misure a sollecitazioni bassissime, ne mettono in dubbio
ai bassi e agli alti valori di s dove la viscosità varia molto poco, la veridicità (Barnes e Walters, 1985). È stato sperimentalmente
solitamente denominate rispettivamente prima regione newto- dimostrato che in realtà i materiali di Bingham esibiscono varia-
niana e seconda regione newtoniana; la variazione di h a valo- zioni di viscosità enormi (anche di sei ordini di grandezza) per
ri intermedi di s è invece molto più rapida. Il valore della visco- variazioni piuttosto piccole di sollecitazione, e viscosità fini-
sità nella prima regione newtoniana viene spesso detto vi- te ma molto alte in corrispondenza di basse sollecitazioni.
scosità a sollecitazione nulla e indicato con h0 mentre il valo- Sono state suggerite svariate equazioni per poter descri-
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re nella seconda regione newtoniana viene detto viscosità a vere la forma generale delle curve h(g). Solitamente tali equa-
zioni contengono almeno quattro parametri, a cui si è cercato
105
di dare giustificazioni microstrutturali, ma che hanno sostan-
zialmente motivazioni di carattere empirico. La più nota è pro-
babilmente l’equazione di Cross (1965)
103 η − η∞ 1
h (Pa.s)
[9] =
A η 0 − η∞ 1 + ( K γ )m
101
dove h0 e h⬁ sono i valori asintotici della viscosità che abbia-
mo introdotto poco sopra, K e m sono due parametri, il primo
10⫺1 con le dimensioni di un tempo e l’altro adimensionale. Sono
10⫺1 100 101 102 103 state proposte alcune alternative all’equazione di Cross, tra cui
s (Pa) deve essere citata quella di Carreau (1972).
103
Esistono poi alcune utili approssimazioni del modello mate-
matico di Cross, prima di tutto quella che si applica quando e
h⬍⬍h0 e h⬍⬍h⬁, per cui la [9] si riduce a
η0
s (Pa)
[10] η=
101 B
( K γ )m
che, ridefinendo i parametri, si può scrivere nella forma seguente
[11] η = K1γn−1
10⫺1
10⫺6 10⫺4 10⫺2 100 102 104 La [11] è una legge di potenza molto usata, che descrive
g˙ (s⫺1) piuttosto bene il comportamento di diverse soluzioni polime-
105 riche. Peraltro, quando l’esponente n⫽1, la [11] modellizza un
fluido newtoniano e quando n⬎1 è in grado di descrivere un
sistema dilatante.
103 Quando h⬍⬍h0 l’equazione di Cross si può semplificare in
h (Pa.s)
C [12] η = η∞ + K1γn−1
101
equazione nota anche sotto il nome di Sisko (1958) che, quan-
do n⫽0, si riduce a
10⫺1 [13] σ = σ 0 + η pγ
10⫺6 10⫺4 10⫺2 100 102 104
g˙ (s⫺1) cioè al cosiddetto modello matematico di Bingham che descri-
ve i fluidi omonimi, in cui s0 è la soglia di scorrimento già
fig. 3. Comportamento di un fluido pseudoplastico introdotta e hp è la viscosità plastica, entrambe costanti.
rappresentato in tre modi diversi: A, come grafico In generale le equazioni riportate descrivono il comporta-
della viscosità h in funzione della sollecitazione di taglio s; mento di diversi sistemi, ma di solito soltanto in campi di varia-
.
B, come grafico di s in funzione della velocità zione di g limitati.
. I fluidi dilatanti sono molto più rari di quelli pseudopla-
di deformazione g, dove la curva tratteggiata rappresenta
il comportamento di Bingham ideale; C, come grafico stici. Effetti dilatanti sono solitamente dovuti a fenomeni di or-
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di h in funzione di g (Barnes et al., 1989). ganizzazione di strutture all’interno del fluido ad alte velocità
di deformazione. Come detto sopra, le curve di flusso di flui- s. Il rapporto tra N1 e s può essere considerato una misura del-
di dilatanti possono essere descritte da leggi di potenza. l’elasticità del fluido. Viceversa la seconda differenza, N2, è
È molto comune che il comportamento reologico di un flui- generalmente piccola, confrontata con N1, ed esiste una parti-
do presenti degli effetti di dipendenza dal tempo. Applicando colare classe di fluidi, i cosiddetti fluidi di Boger, per i quali
una sollecitazione costante, è possibile che la viscosità aumen- N2⫽0. I fluidi di Boger sono per lo più costituiti da soluzioni
ti con il tempo, e si parla di fluidi reopettici, oppure diminui- molto diluite (⬇0,1%) di un polimero ad alto peso molecola-
sca, e in tal caso si parla di fluidi tissotropici, che sono più comu- re in un solvente molto viscoso.
ni. È spesso difficile discriminare per via pratica i fluidi tisso- In molte operazioni di lavorazione dei materiali polimeri-
tropici da quelli pseudoplastici, poiché spesso nelle misure gli ci esiste una significativa componente di flusso elongaziona-
effetti del tempo e quelli della velocità di deformazione si sovrap- le. Per esempio nella filatura viene esercitato un allungamen-
pongono e si confondono. Molti corpi inoltre sono contempo- to nella direzione della fibra, e nell’operazione di film blowing
raneamente tissotropici e pseudoplastici. Un modo piuttosto si verifica un allungamento nella direzione della macchina e
utile per caratterizzare dei fluidi tissotropici è quello di ripor- in quella tangenziale alla bolla. Al flusso elongazionale è stata
tare la curva di viscosità/tempo in due fasi, prima sotto l’azio- dedicata poca attenzione almeno fino alla metà degli anni Ses-
ne di una sollecitazione costante e poi a sollecitazione nulla. santa, poi la sua importanza è venuta alla luce, e soprattutto
Quando viene applicata la sollecitazione, la viscosità dapprima sono diventate evidenti le enormi differenze di comportamen-
cresce in maniera improvvisa, per poi diminuire e gradualmente to che potevano esistere tra fluidi newtoniani e fluidi elastici
raggiungere un valore costante. Quando la sollecitazione cessa, non newtoniani.
la viscosità ha un brusco aumento quasi istantaneo, e poi con- Prendendo un polimero fuso di lunghezza L, vincolato a
tinua a crescere più lentamente, tendendo in maniera asintoti- un estremo e sottoposto a trazione nella direzione x, si produ-
.
ca al suo valore originario. ce una velocità nulla in corrispondenza del vincolo, e pari a e
Comportamenti tissotropici e reopettici derivano dal fatto all’estremità presso la quale è applicata la forza. Nelle posi-
che una sollecitazione può provocare delle modificazioni irre- zioni intermedie, tra 0 e L, è
versibili nel materiale (come per esempio reticolazioni, for- ε
[16] vx = x
mazione di coaguli, degradazioni e instabilità meccanica) oppu- L
re reversibili (rottura e nuova formazione di aggregati colloi- Nelle direzioni perpendicolari, invece, se il fluido è incom-
dali, o di reticoli polimerici). I modelli che sono stati proposti primibile e il coefficiente di Poisson è pari a 1Ⲑ2, si ha:
per descrivere il comportamento dei sistemi reopettici e tisso-
[17] vy = −ε y 2; vz = −ε z 2
tropici sono molto meno soddisfacenti rispetto a quelli che
sono stati proposti per descrivere la pseudoplasticità (Barnes, La distribuzione delle sollecitazioni corrispondente è
1997).
[18]
σ xx − σ yy = σ xx − σ zz = εη
E ε()
σ xy = σ xz = σ yz = 0
4.3.3 Sforzi normali, viscosità
elongazionale dove hE rappresenta la viscosità estensionale uniassiale. In gene-
.
rale hE dipende dalla velocità di deformazione uniassiale e,
In fluidi non newtoniani gli sforzi di taglio possono generare come accade per la viscosità di taglio, ma il tipo di dipenden-
anche componenti non isotropi di sforzi normali. Ciò signifi- za funzionale è solitamente diverso per le due. È abbastanza
ca, riferendosi al tensore degli sforzi definito nella [5], che le comune che un polimero, la cui viscosità di taglio diminuisce
.
componenti normali sxx, syy, szz non sono nulle. L’insorgere di al crescere di g, mostri una viscosità estensionale che cresce
.
sforzi normali ha alcune conseguenze facilmente osservabili, al crescere di e.
alcune delle quali abbastanza clamorose. La più nota è sicura- Per i fluidi newtoniani Frederick Thomas Trouton nel 1906
mente il fenomeno noto come effetto Weissenberg: un fluido ricavò
newtoniano miscelato in un recipiente cilindrico mediante un’a-
[19] ηE = 3η
sta cilindrica verticale rotante viene spinto dalla forza centri-
fuga verso le pareti del recipiente, e la sua superficie libera Per il rapporto di Trouton, definito come
ηE ( ε )
assume un profilo parabolico con il minimo in corrisponden-
za dell’asta, mentre, al contrario, un liquido viscoelastico tende [20] Tr =
a salire lungo l’asta. η (γ )
La distribuzione degli sforzi in un fluido non newtoniano fu proposta da Jones et al. (1987) l’equazione
si può convenientemente descrivere nel modo seguente η ( ε )
[21] Tr ( ε ) = E
σ = σ yx = η (γ ) γ , σ xz = σ yz = 0, η 3ε ( )
[14]
σ xx − σ yy = N1 (γ ) , σ yy − σ zz = N2 (γ ) La viscosità di taglio è valutata a una velocità di deforma-
.
zione di taglio numericamente pari a 冪莥3e.
Le grandezze s, N1 e N2 vengono talvolta dette funzioni
viscosimetriche; N1 e N2 sono abitualmente chiamate, rispetti-
vamente, prima e seconda differenza degli sforzi normali. Spes- 4.3.4 Reometria
so a N1 si può dare una forma tipo legge di potenza
Diversi metodi sono stati concepiti per la misura della visco-
[15] N1 = Aγ m
sità, ed esiste un gran numero di strumenti commerciali, in
È abbastanza comune che la prima differenza degli sforzi grado di coprire ampi campi di valori e gradienti di viscosità.
normali, N1, abbia un valore superiore alla stessa sollecitazione Ci sono dei criteri che devono essere presi in considerazione
quando si sceglie un viscosimetro e riguardano una serie di misurare direttamente la viscosità cinematica di fluidi newto-
proprietà del materiale da analizzare, come la sua natura fisi- niani di viscosità non eccessivamente elevata. In alcuni model-
ca, l’ordine di grandezza della sua viscosità, la sua elasticità, li si può applicare una pressione esterna in modo da studiare
la dipendenza della sua viscosità dalla temperatura, solo per anche il comportamento non newtoniano. In generale comun-
citarne alcune. que i viscosimetri a capillare di vetro possono produrre solo
I primi viscosimetri solitamente erano in grado di fornire basse velocità di taglio. Ci sono poi i cosiddetti viscosimetri a
misure per un solo valore della velocità di deformazione. Oggi orifizio, molto semplici, solitamente usati solo in sede di con-
alcuni di quei viscosimetri sopravvivono come strumenti di trollo nella produzione di pitture, inchiostri, adesivi e oli lubri-
controllo qualità a livello industriale, ma evidentemente, sulla ficanti, e che consistono in un recipiente sul cui fondo è stato
base di quanto discusso finora, misure effettuate in singoli punti aperto un foro capillare: in questo caso si misura il tempo di
forniscono una descrizione molto parziale, e talvolta fuorviante, svuotamento del recipiente, ma ovviamente il carico idrostati-
del comportamento del materiale. In generale i viscosimetri co non è costante nel tempo e si verificano significativi effet-
possono essere classificati in tre tipi diversi: a capillare, rota- ti cinetici. Inoltre il flusso non soddisfa l’equazione di Hagen-
zionali e a corpo mobile. Poiseuille ed è anzi piuttosto complesso, e non è legato in manie-
I viscosimetri a capillare sono quelli di concezione più ra semplice e diretta alla viscosità. Questo tipo di misura si limita
antica, ancora oggi molto diffusi: in essi il fluido viene in qual- a fornire dei confronti tra diversi fluidi, e non è in grado in realtà
che modo forzato a scorrere in un tubo capillare, e la viscosità di esprimere un valore quantitativo per la viscosità. Ci sono infi-
viene determinata misurando la portata di efflusso. L’equazio- ne i cosiddetti viscosimetri a estrusione, usati soprattutto per i
ne che viene utilizzata è quella di Hagen-Poiseuille (valida nel- fusi polimerici. Essi sono costituiti da un serbatoio connesso a
l’ipotesi di flusso stazionario, laminare e isotermo) un tubo capillare: il fluido viene forzato a uscire mediante un
pistone al quale viene applicata una forza costante.
πr 4t ∆p
[22] η= I viscosimetri rotazionali sono generalmente costituiti da
8V due porzioni separate tra loro dal fluido che deve essere ana-
dove r è il raggio del capillare, ⌬p è la caduta di pressione nel lizzato. Le due parti possono essere due cilindri concentrici,
capillare, V il volume di liquido che fluisce nel capillare duran- due piatti, un cono e un piatto, oppure una girante all’interno
te l’intervallo di tempo t. I viscosimetri a capillare sono parti- di un cilindro. La rotazione relativa delle due parti produce
colarmente utili per misurare in maniera precisa la viscosità di un’azione di taglio; il momento torcente richiesto per produr-
fluidi, fino a 20 Pa⭈s. Le velocità di deformazione di taglio che re una certa velocità angolare, oppure la velocità angolare neces-
si ottengono in uno strumento del genere possono essere molto saria a fornire una certo momento torcente, sono correlati al
.
diverse, a seconda del fluido. Per un fluido newtoniano, g varia valore assunto dalla viscosità. In generale i viscosimetri rota-
.
da un valore alla parete gw, pari a zionali sono più versatili di quelli a capillare, permettono di
eseguire misure per ampie varietà di fluidi, di viscosità anche
4Q π
[23] γw = molto diverse, in un ampio campo di gradienti di velocità, e
r3 quindi sono strumenti ottimali per studiare la non newtonia-
dove Q è il flusso volumetrico, a un valore nullo al centro del nità dei corpi e l’esistenza di eventuali tissotropicità o effetti
tubo. reopettici.
La sollecitazione alla parete sw è Il tipo più diffuso di viscosimetro rotazionale è quello a
cilindri concentrici. Se la distanza tra i due cilindri è suffi-
r ∆p
[24] σw = cientemente piccola, e i due cilindri sono in moto relativo, il
2L fluido compreso tra di essi è sottoposto a una velocità di taglio
Nel caso di un fluido non newtoniano invece si ricava la costante. In particolare, indicando con r0 e r1 i raggi del cilin-
seguente espressione dro esterno e interno rispettivamente, e con W1 la velocità ango-
lare del cilindro interno (quello esterno è fermo), la velocità
4Q 3 1 d ln Q .
[25] γw = + di taglio g è data da
π r3 4 4 d ln σw
r0Ω1
mentre la sollecitazione alla parete sw non varia rispetto al valo- [27] γ =
re dato nella [24]. Il termine tra parentesi nella [25] si chiama r0 − r1
correzione di Rabinowitsch. Quindi finalmente si ricava La sollecitazione invece è
σw (
πa ∆p L
4
) σ=
C
[26] )
η (γ w =
γ w
=
3 1 d ln Q
[28]
2 πr02 L
8Q + dove C è il valore della coppia esercitata e L è l’altezza del flui-
4 4 d ln σ w
do tra i due cilindri. Dalla [27] e dalla [28] si deduce l’espres-
Poiché abitualmente la caduta di pressione è misurata tra sione per la viscosità
un serbatoio a monte del capillare e l’atmosfera a valle, è neces-
sario tenere conto anche della perdita di pressione connessa [29] η=
(
C r0 − r1 )
con l’ingresso al capillare e con l’uscita all’atmosfera. Mentre 2πr Ω1 L 0
3
la seconda è generalmente trascurabile, la prima è spesso impor- La [29] però vale solo quando la distanza è effettivamen-
tante e deve essere opportunamente presa in considerazione. te molto piccola, cioè quando il rapporto b⫽r0Ⲑr1 è maggiore
Esistono diversi tipi di strumenti basati sulla viscosimetria di 0,97, che è una condizione difficile da ottenere per proble-
a capillare. Ci sono per esempio i viscosimetri a capillare di mi di allineamento. Alcuni viscosimetri usano quindi dei siste-
vetro, dei quali sono stati sviluppati diversi modelli in cui il mi a cilindri concentrici con distanze maggiori, anche se in
fluido scorre spinto dal carico idrostatico, e che permettono di queste condizioni è più difficile ricavare l’equazione della
viscosità. Il problema fu risolto da Krieger e Maron (1954), i però la velocità di taglio non è costante, ma cresce al crescere
quali ipotizzarono che, nell’intervallo di misura, velocità e sol- della distanza dal centro del piatto. La velocità massima quin-
lecitazione di taglio fossero correlate da una legge di potenza, di si ha in corrispondenza del bordo (per r⫽a) ed è pari a
tipo la [11], e derivarono l’espressione della velocità di taglio
[36] γ a = aΩ1 h
in corrispondenza del cilindro interno
2Ω1 L’espressione che permette di stimare la viscosità è in que-
[30] γ =
( )
sto caso più complessa ed è stata ricavata da Ken Walters (1975)
n 1 − b2 n
3Ch
La sollecitazione invece è [37] η =
1 d ln C
2π a4 1 +
3 d ln Ω1
C
[31] σ=
2 π r12 L
Il valore di n viene determinato riportando in un grafico
logaritmico i valori sperimentali di C in funzione di W1, e valu- 4.3.5 Viscoelasticità lineare
tando la pendenza della curva in corrispondenza del valore di
W1 che si sta considerando. La viscoelasticità, come accennato nell’introduzione, denota
La viscosità, misurata alla velocità di taglio del cilindro la coesistenza in un materiale di proprietà elastiche e viscose.
interno, è Particolare attenzione è stata dedicata allo studio della
[32] η=
(
Cn 1 − b2 n ) viscoelasticità lineare. Si tratta di un’approssimazione che vale
per variazioni limitate di deformazioni e di gradiente di velo-
4 π r12 LΩ1 cità, ma che possiede ciononostante una notevole importanza
Il limite inferiore di velocità realizzabile in un reometro a pratica e teorica. Innanzitutto essa consente di costruire model-
cilindri concentrici è legato al tipo di motore utilizzato. Il limi- li della struttura molecolare dei materiali a partire dalla loro
te superiore è generalmente legato al tipo di fluido indagato. risposta viscoelastica. In secondo luogo i parametri che carat-
Un primo fattore da prendere in considerazione è quello del terizzano il comportamento viscoelastico lineare e che vengo-
riscaldamento del campione dovuto ad attriti di tipo viscoso, no stimati mediante esperimenti appropriati si sono dimostra-
che oltre un certo livello rendono non più affidabile la misu- ti di grande importanza pratica nel determinare le proprietà di
ra. Inoltre in certi casi si può verificare la rottura delle linee di molti prodotti industriali. Infine la teoria della viscoelasticità
flusso circonferenziali e la comparsa di vortici e turbolenze, lineare costituisce la base per lo sviluppo dello studio del com-
ovvero di regimi di flusso che richiedono un’energia maggio- portamento non lineare, che è argomento assai più complesso,
re, e che quindi provocano aumenti della viscosità apparente. soprattutto per quanto riguarda il formalismo matematico.
Di grande importanza è anche la geometria piatto-cono: la Il comportamento viscoelastico lineare è descritto da equa-
velocità di taglio è praticamente la stessa in tutto il fluido, pur- zioni differenziali lineari, nelle quali i coefficienti delle deri-
ché l’angolo q0 piatto e cono sia abbastanza piccolo, ed è data da vate rispetto al tempo sono costanti. Questi rappresentano para-
metri materiali e corrispondono per esempio al coefficiente di
[33] γ = Ω1 θ0
viscosità o al modulo di elasticità, e non possono variare al varia-
.
dove W1 è la velocità di rotazione del piatto. Si noti che g non re del tipo o della velocità di sollecitazione. In termini genera-
dipende dalla proprietà del fluido. La sollecitazione sul fluido li quindi l’equazione differenziale che descrive il comporta-
viene stimata misurando la coppia C esercitata sul cono ed è mento viscoelastico lineare può essere scritta in questo modo
data da ∂ ∂2 ∂n
3C
[38] 1 + α1 ∂t + α 2 ∂t 2 + ... + α n ∂t n σ =
[34] σ=
π a3 ∂ ∂2 ∂m
dove a è il raggio del cono. La viscosità è quindi data da = β0 + β1 + β2 2 + ... + β m m γ
∂t ∂t ∂t
3Cθ0
[35] η= dove n⫽m, oppure n⫽m⫺1. È possibile estendere la [38] per
2 π a 3Ω1 descrivere regimi di sollecitazione più complessi e le variabi-
Rispetto alla geometria a cilindri concentrici, quella piat- li scalari s e g possono essere sostituite dalle loro generaliz-
to-cono presenta diversi vantaggi: le dimensioni del campio- zazioni tensoriali.
ne sono minori, i dati sono più facili da convertire, la velocità Esistono casi particolari della [38] di grande importanza.
di taglio è costante nel campione. Tuttavia esistono alcuni pro- Per esempio, se b0 è l’unico parametro diverso da zero la [38]
blemi pratici di cui tener conto, come la possibilità che il sol- si riduce a
vente evapori e la necessità di un accurato caricamento del
[39] σ = β 0γ
campione, che deve essere tale da riempire completamente la
geometria, ma senza ricoprirla. che coincide con l’equazione di Hooke e pertanto in questo
Molto usata è anche la geometria a piatti paralleli, che pre- caso b0 corrisponde al modulo di elasticità. Se invece l’unico
senta il vantaggio di poter variare liberamente la distanza h che parametro diverso da zero è b1, si ha
separa i due piatti: questo è particolarmente importante nello
dγ
studio di sospensioni al cui interno siano presenti particelle [40] σ = β1
piuttosto grosse. La regola orientativa per poter ottenere misu- dt
re riproducibili è che la distanza tra i piatti sia di un ordine di ovvero
grandezza superiore rispetto alle dimensioni massime degli ag-
gregati presenti nel sistema. Nella geometria a piatti paralleli [41] σ = β1γ
che rappresenta il flusso viscoso newtoniano e pertanto b1 cor- Un altro modello molto semplice è quello di Maxwell, che
risponde al coefficiente di viscosità. può essere schematizzato, come mostrato in fig. 4 B, da una
Se poi sia b0(⫽G) sia b1(⫽h) sono diversi da zero, men- molla e uno smorzatore in serie. Esso corrisponde ad assume-
tre tutte le altre costanti sono uguali a zero, la [38] diventa re, nella [38], a1 e b1 come gli unici coefficienti diversi da zero,
per cui si ottiene
[42] σ = Gγ + ηγ
[44] σ + τ M σ = ηγ
che è uno dei modelli matematici più semplici di viscoelasti-
cità (equazione di Kelvin). Se viene applicata istantaneamen- dove è stato posto a1⫽tM e b1⫽h.
te, a t⫽0, una sollecitazione s, successivamente mantenuta Applicando una deformazione g al tempo t⫽0, e mante-
33 33
costante, secondo questo modello è nendola successivamente costante, si ottiene, per t⬎0
[43] γ = (σ G ) 1− exp ( − t τ K ) [45] σ = ηγ 1− exp ( − t τ M )
dove tK è una costante pari al rapporto hⲐG, che ha le dimen- la quale esprime il fatto che, applicando una deformazione, la
sioni di un tempo e regola l’andamento della deformazione sollecitazione subisce un ritardo. La costante di tempo in que-
conseguente all’applicazione della sollecitazione s. Dalla [43] sto caso è tM. Viceversa poi se, a t⫽0, si rimuove improvvisa-
33
risulta che il valore a regime del gruppo adimensionale gG/s mente la deformazione che, per t⬍0, aveva avuto un valore
33
è 1; quindi g a regime è uguale a s/G, che è anche il valore for- costante g, si ha, per tⱖ0
33 33
nito dall’equazione di Hooke. La differenza tra i due modelli [46] σ = ηγ exp ( − t τ M )
consiste nel fatto che, mentre il modello di Hooke prevede che
il materiale raggiunga il valore finale della deformazione istan- cioè la sollecitazione ‘rilassa’, in maniera esponenziale dal suo
taneamente, nel modello di Kelvin si verifica un ritardo della valore di equilibrio a zero, e la costante tM viene detta tempo
deformazione. La costante di tempo tK viene quindi denomi- di rilassamento.
nata tempo di ritardo. Successivi e crescenti gradi di complessità possono essere
Particolarmente utili nello studio della viscoelasticità ottenuti ponendo diversi da zero tre elementi della [38]. Per
lineare si sono rivelati i modelli meccanici, costituiti da un esempio, se sono a1, b1 e b2 a essere diversi da zero, si ottiene
insieme di molle e smorzatori sistemati in serie o in paralle- il cosiddetto modello di Jeffreys che è espresso dalla equazione
lo, in modo che il sistema così costruito si comporti come un [47] σ + τ M σ = η (γ + τ J γ)
materiale reale. L’analogia tra modello meccanico e materia-
le reale consiste nel fatto che l’equazione differenziale che in cui appaiono due costanti di tempo tM e tJ. Esistono due
correla forza, elongazione e tempo per il modello è la stessa diversi modelli meccanici il cui comportamento è identico a
che correla sforzo, deformazione e tempo per il materiale. In quello fornito dalla [47]: uno è un’estensione del modello di
questi modelli meccanici la deformazione elastica è rappre- Kelvin e l’altro un’estensione del modello di Maxwell. Via via
sentata da una molla, cioè da un elemento la cui elongazio- si possono costruire modelli più complessi, tra i quali partico-
ne è proporzionale alla forza applicata, e il flusso newtonia- larmente interessante è il modello di Burger, che coinvolge quat-
no da uno smorzatore, cioè da un elemento in cui la velocità tro elementi in due forme equivalenti, e la cui equazione è
di elongazione è proporzionale alla forza applicata. Le rela- [48] σ + (τ 3 + τ 4 ) σ + (τ 3τ 4 ) σ = (η3 + η4 ) γ + (τ 4η3 + τ 3η4 ) γ
tive equazioni reologiche per la molla e per lo smorzatore
sono la [39], con b0⫽G, e la [41], con b1⫽h, rispettivamen- È possibile concepire modelli più complicati di quelli illu-
te. Il comportamento di materiali più complicati viene otte- strati fin qui, ma tutti possono essere ridotti a due forme cano-
nuto connettendo gli elementi fondamentali in serie o in paral- niche, cioè il modello di Kelvin generalizzato e il modello di
lelo. Il modello di Kelvin si ricava mettendo una molla e uno Maxwell generalizzato, illustrati in fig. 5. Alfrey (1945) ha
smorzatore in parallelo (fig. 4 A). Se si prende di nuovo in mostrato come le due forme canoniche possano essere rese
considerazione l’andamento del modello di Kelvin esplicita- meccanicamente equivalenti mediante un’opportuna scelta dei
to dalla [43], in termini di modello meccanico esso può esse- parametri e come sia possibile ottenere un’unica equazione dif-
re così interpretato: in seguito all’applicazione della solleci- ferenziale lineare per una, a scelta, delle due forme canoniche
tazione s, la molla tende a raggiungere la deformazione s/G, e viceversa. In altre parole il comportamento viscoelastico può
33 33
ma lo smorzatore ritarda tale crescita, tanto più quanto più essere rappresentato in tre modi equivalenti.
elevata è la viscosità. L’equazione che descrive il comportamento di un elemen-
to di Maxwell generalizzato può essere determinata sfruttan-
do il principio di sovrapposizione lineare. Un elemento di
s ġ
Maxwell semplice è descritto dall’equazione differenziale [44],
G ġE ovvero dall’equazione
sE sn
η t
σ (t ) = exp − ( t − t⬘) τ γ ( t⬘) dt⬘
τ ∫−∞
h [49]
G
h ġn Considerando n elementi e applicando il principio di sovrap-
posizione lineare si ha:
ηi
σ (t ) = ∑ ∫ exp − ( t − t⬘) τi γ ( t⬘) dt⬘
t
[50]
τi −∞
A B
dove hi e ti sono i parametri dell’i-esimo componente.
fig. 4. Modelli meccanici: A, modello di Kelvin; L’equazione [50] può essere estesa per comprendere una
B, modello di Maxwell. distribuzione continua di tempi di rilassamento
N (τ )
∞ t
Un fluido newtoniano dà il ritardo più elevato, con un ango-
[51] σ (t ) = ∫ ∫ exp − (t − t⬘) τ γ (t⬘) dt⬘dτ
0
τ −∞ lo di fase pari a pⲐ2.
Questo comportamento solitamente viene analizzato uti-
Introducendo poi la funzione di rilassamento /, definita da lizzando variabili complesse per rappresentare sforzo e defor-
N (τ ) mazione. La deformazione complessa viene espressa come
∞
fig. 6. Andamento
nel tempo di sforzo
ampiezza di sforzo e deformazione
dⲐw
deformazione
dⲐw
0 tempo
( )
la difficoltà di far scorrere le molecole le une rispetto alle altre.
In questo modo si spiegano le curve di flusso pseudoplastiche [69] η = ηs 1 + 2, 5φ + 6, 2φ 2
dove d rappresenta appunto lo spessore dello strato. Un altro Barnes H.A. (1997) Thixotropy. A review, «Journal of Non-Newtonian
modo comune per stabilizzare le sospensioni è quello di cari- Fluid Mechanics», 70, 1-33.
care elettrostaticamente le superfici delle particelle, cosa che Barnes H.A., Walters K. (1985) The yield stress myth, «Rheologica
spesso viene ottenuta mediante adsorbimento di tensioattivi Acta», 24, 323-326.
ionici e che provoca la formazione di un doppio strato elettri- Barnes H.A. et al. (1989) Introduction to rheology, Amsterdam,
co intorno alle particelle stesse. Poiché la conseguente azione Elsevier.
elettrostatica tiene distanziate le particelle, il suo effetto è quel- Batchelor G. K. (1971) The stress generated in a non-dilute suspension
lo di aumentare il valore efficace del loro diametro; esistono of elongated particles in pure straining motion, «Journal of Fluid
varie formule che permettono di calcolare deff dal potenziale Mechanics», 46, 813-829.
di interazione, da cui si ricava poi Bird R.B. et al. (1987a) The dynamics of polymeric liquids, New York,
3
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d
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