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Capitolo 1

Relazionarsi per comunicare


e
comunicare per relazionarsi

“In un mondo sempre più tecnologicamente complesso, interdipendente e


culturalmente diversificato diventa sempre più importante, ma anche più
complesso, costruire relazioni che permettano di eseguire con successo
un’attività. La relazione è la chiave di una buona comunicazione, la buona
comunicazione è la chiave del successo nell’esecuzione di un’attività e l’umile
ricerca di informazioni fondata sull’umiltà qui e ora è la chiave di una buona
relazione”.

(Edgar Schein)
Il contesto di riferimento.

Oggi le organizzazioni sono portate a dover ridefinire continuamente i propri confini


interni/esterni, la propriaidentità, le modalità di gestione del personale, le forme di
comunicazione e il proprio ruolo sociale.Le aziende, infatti, per sopravvivere sono
costrette a reagire ai cambiamenti del contesto storico, economico e sociale in cui
operano:
- le continue crisi economiche, ad esempio, costringono l’azienda a diventare sempre
più flessibile per adattarsi in modo repentino, facendo affidamento su risorse limitate
che la portano a dover sviluppare nuove strategie;
- le aspettative sociali nei confronti dell’azienda non riguardano più solo l’aspetto
produttivo ma un nuovo coinvolgimento in tematiche di interesse comune (tematiche
ambientali e sociali) e una sempre crescente responsabilità etica.
- la globalizzazione porta la competizione aziendale su un nuovo piano, dal mero
prodotto alla creazione di un’identità a cui associare valori positivi e qualità e in cui
potersi riconoscere.
In quest’ottica il rapporto azienda-dipendente viene rielaborato e, da elemento
passivo, il lavoratore diventa una risorsa nonchè uno degli stakeholders più

1
importanti. In un contesto in cui il numero di competitors è sempre in crescita in ogni
settore, il valore aggiunto di un’azienda è il suo capitale umano:
“I prodotti si possono copiare. La tecnologia si acquista. Le idee si clonano. Le best
practis si adottano. I fattori intangibili al contrario non si possono replicare: sono il
patrimonio genetico che distingue un’azienda da tutte le altre”1 .
Oggi la vera competizione si gioca infatti sulla comprensione e valorizzazione del
capitale umano, unico elemento non replicabile da parte dei competitors.

VEDI PAG 25. DI GOLEMAN.

Per fidelizzare i propri dipendenti, l’impresa deve come prima cosa, analizzare quali
caratteristiche deve avere un contesto lavorativo, quali sono le loro aspirazioni e
cosa li motiva.
Secondo una ricerca condotta da Deloitte2 nel 2018 su 10.450 millennials in 36 Paesi
(fra cui l’Italia) emerge che gli intervistati ritengono importanti le possibilità di
formazione e sviluppo personale che l’azienda mette a disposizione, mentre la
retribuzione è un fattore considerato meno rilevante rispetto allo scopo, sostenendo
che un’azienda vada giudicata sulla base di quello che fa e di come tratta le persone.
Citando la Gerarchia dei Bisogni di Maslow (1954) la società tramite il lavoro non
cerca più di soddisfare solo i bisogni primari ma è alla ricerca di un sistema valoriale
al quale aderire, per ritrovare nel proprio lavoro uno scopo e un significato che
vadano oltre la mera retribuzione.

1
P. Musso, Internal Branding, Strategie di marca per la cultura d’impresa, FrancoAngeli, Milano 2007, p.24
2
Fonte: 2018 Deloitte Global Millennial Survey, p.26, file:///C:/Users/direzione/Downloads/2018-Millennial-
Survey-Report.pdf

2
Figura 1.1: Gerarchia dei Bisogni di Maslow3

Le persone tramite il lavoro oggi cercano di soddisfare il bisogno di


autorealizzazione, vogliono essere coinvolte nelle decisioni che le riguardano e
dunque l’organizzazione dovrà adottare delle strategie di gestione del personale e di
comunicazione verso quest’ultimo differenti.
La relazione con i dipendenti e il modo di impostare la comunicazione interna
diventano elementi fondamentali.

. La relazione con i dipendenti e il modo di impostare la comunicazione interna


diventano elementi fondamentali.

1.2 Organizzazione, persone, comunicazione

All’inizio del Novecento l’organizzazione è considerata come un “sistema meccanico”


(Morgan, 1986) che opera come una macchina e che è composto da parti alle quali
viene assegnata una specifica funzione.
L’organizzazione è scissa dai suoi membri e preesiste come un’entità a se stante,
le persone in questo modello non sono altro che pezzi di ricambio (parti) che
possono essere sostituiti in ogni momento senza conseguenze sull’ambiente interno,
secondo la logica che ogni individuo può diventare un ingranaggio della macchina.
3
J.Withmore, Coaching. Come risvegliare il potenziale umano nella vita professionale e personale,
Unicomunicazione 2011, p.36

3
In questo contesto il ruolo della comunicazione interna è minimo e si esplica nel
trasferimento di informazioni necessarie per eseguire i compiti stabiliti.
A questo modello Morgan contrappone la metafora del “sistema organico”, secondo
la quale l’organizzazione è considerata come un sistema vivente in cui le persone,
attraverso le interazioni, cooperano insieme per il raggiungimento di obiettivi comuni.
Accanto alle relazioni gerarchiche si pone l’accento sulle relazioni trasversali e sui
flussi informativi fra pari, che creano network di relazioni, portatori di conoscenza
implicita, che costituiscono il vero valore per l’organizzazione. La comunicazione in
questo contesto serve a promuovere la cooperazione e ogni occasione di interazione
informale fra i membri.
Per comprendere l’evoluzione della comunicazione all’interno dell’organizzazione è
utile far riferimento alle diverse teorie organizzative sviluppatesi nel corso del
Novecento, che si sono occupate di studiare le relazioni intercorrenti fra la struttura,
le modalità di gestione delle persone e le diverse esigenze comunicative.

Esigenze di
Teorie organizzative Caratteristiche
comunicazione

Principio della razionalizzazione.


Teorie classiche: Comunicare per dare
L’organizzazione è considerata
Organizzazione scientifica del lavoro e istruzioni e comandi e
come un sistema meccanico che
principi di direzione (Taylor, Faylor, per attivare meccanismi
necessita di regole precise e
Weber) di controllo
rigide.

Importanza dei rapporti umani


all’interno dell’organizzazione, Comunicare per
Scuola delle relazioni umane e teorie partecipazione attiva e motivare le persone a
della motivazione (Mayo, Maslow, coinvolgimento dei dipendenti cooperare per il
Herzberg) nella formulazione degli obiettivi raggiungimento dei fini
aziendali. dell’organizzazione

Le organizzazioni monitorano
l’ambiente esterno per Comunicare per
adattarvisi. raccogliere informazioni
Esse sono sistemi per prendere dall’esterno, per gestire
Teoria delle contingenze
decisioni finalizzate a ridurre l’ambiguità delle stesse
l’incertezza derivante dalla informazioni finalizzate
complessità del contesto in cui a prendere decisioni.
operano.

4
Le organizzazioni competono
per avere il controllo sulle Comunicare per
risorse esterne che ne legittimare
L’intervento proattivo verso l’interno e garantiscono la sopravvivenza. l’organizzazione e per
l’esterno (Pfeffer, Peters, Schein) Per essere legittimate dalla creare l’identità
società esse devono incarnare distintiva verso
valori socialmente positivi. l’esterno.

Comunicare per creare


L’organizzazione è costituita da una realtà organizzativa
un insieme di nodi vitali legati da nella quale gli attori
forti relazioni di natura multipla. agiscono in modo
La gestione delle reti organizzative I livelli gerarchici sono ridotti al discrezionale, ma
(Burns, Thompson, Butera,) minimo e viene incentivata la sono nel contempo
collaborazione, anche informale. orientati agli scopi e ai
valori guida
dell’organizzazione.

Tabella 1.1: Teorie evolutive e esigenze di comunicazione 4

Allo stesso modo R.Miles e C.Snow (1996) suddividono la storia delle organizzazioni
in 4 periodi facenti capo alle grandi ondate di cambiamento verificatesi nella storia,
che racchiudono le diverse forme organizzative sopra elencate, partendo dalla prima
riguardante l'industrializzazione originaria avvenuta con la Rivoluzione Industriale5.
La seconda ondata, che va da metà Ottocento agli inizi degli anni ’70, è relativa alla
fase delle teorie classiche dell’organizzazione scientifica del lavoro di Taylor e della
cultura fordista della massima efficienza produttiva, che comporta la
standardizzazione e la meccanizzazione del lavoro nell’ottica della catena di
montaggio.
Questo è il periodo delle grandi dimensioni e della regola del produrre all’interno per
raggiungere economie di scala vantaggiose; l’organizzazione è caratterizzata
dall’unicità di comando e da una forte gerarchizzazione e la gestione è affidata a
regole e procedure di natura normativa e prescrittiva che codificano i comportamenti
da tenere.
Secondo Taylor infatti la direzione doveva assegnare ad ogni lavoratore una
mansione codificata in compiti definiti che dovevano essere eseguiti secondo un
ordine ben preciso, riducendo al minimo il grado di libertà.

4
Fonte: http://mercatifinanziari.postlauream.luiss.it/files/2012/03/Lezione-23-novembre-2012-Casalino.pdf
5
V. E.Bartezzaghi, L'organizzazione dell'impresa. Processi, progetti, conoscenza, persone, Rizzoli, Etas 2010,
p.142

5
La relazione individuo/impresa è di lungo periodo in quanto le persone si
identificavano con il datore di lavoro per tutta la carriera professionale, che viene
tracciata all'interno e dall'impresa stessa, tramite l’acquisizione di competenze
tecniche specifiche.
In questo contesto la comunicazione verso i dipendenti è ti tipo top-down ed è
fortemente normativa e prescrittiva, basata su doveri e su regolamenti, codificati
prevalentemente in forma scritta, che “servivano a trasmettere, insieme, un'identità
aziendale e le precondizioni dell'ubbidienza”6, mentre la comunicazione con l'esterno
è per lo più di prodotto, al fine di informare il consumatore sulle qualità del bene di
consumo.
La terza ondata di cambiamento è caratterizzata dalla crisi delle grandi dimensioni,
dall'outsourcing di ciò che non riguarda il core business e dalla creazione di reti
collaborative fra partner, fornitori e clienti.
Dal lato del rapporto organizzazione-lavoratore, la persona smette di essere
considerata “strumentale” e la professionalità individuale diventa rilevante, passando
da un focus esclusivo sulle competenze tecniche alle competenze relazionali, lo
spazio di delega aumenta, le persone si spostano tra diversi progetti e organizzazioni
e il percorso di carriera viene definito congiuntamente da impresa e lavoratore.
Alla fine degli anni ’70 la Scuola Sistemica7 focalizza l'attenzione sul rapporto tra
l'azienda e l'ambiente esterno, sostenendo che l'organizzazione doveva adeguare la
sua struttura organizzativa alla dinamicità del contesto in cui operava.
Secondo questa teoria l'azienda viene percepita come <<un sistema sociale,
tecnologico, informativo e decisionale che opera per il conseguimento dei propri
obiettivi ma che fa parte di un sistema più ampio, l'ambiente, con il quale ha un
continuo interscambio dinamico e di cui deve tenere presente i valori – economici,
sociali e culturali – che ne condizionano la stessa esistenza>>8.
In questi anni si assiste infatti ad importanti cambiamenti sociali e culturali, si
evolvono le abitudini di consumo e emerge la televisione come medium principale.
La comunicazione interna è rivolta a informare, coinvolgere e motivare i dipendenti e
a gestire la complessità delle informazioni derivanti dall’ambiente esterno.

6
N. Dalla Chiesa, Profili sociali della comunicazione di impresa. La classe creativa tra cultura e organizzazione,
FrancoAngeli, Milano 2012, p.88
7
R. P. Nelli, La comunicazione interna nell'economia dell'azienda. Evoluzione, teoria, tecnica , Vita e Pensiero,
Milano 1994 , p.71
8
Ivi, p.72

6
La quarta ondata di cambiamento, iniziata negli anni 2000, è caratterizzata
dall'avvento della globalizzazione e della rivoluzione tecnologica.
Secondo Miles e Snow (1996) le organizzazioni del futuro sarebbero state
“organizzazioni cellulari” 9 , costituite da cellule che possiedono tutte le risorse per
vivere da sole, ma operando in concerto con le altre cellule riescono a svolgere
funzioni più complesse10.
Si assiste allo smantellamento progressivo della gerarchia a favore della presenza di
team autogestiti, focalizzati sull'empowerment e sulla formazione continua.
Dunque dall’organizzazione piramidale si passa, attraverso le teorie sopra citate,
all’organizzazione a rete, costituita da una serie di relazioni basate su fiducia
reciproca e sullo scambio di feedback.
Il lavoratore è un professionista imprenditore, che definisce autonomamente i suoi
sentieri di carriera e al quale viene richiesto di padroneggiare le cosiddette
competenze trasversali, ovvero quelle competenze che non si riferiscono
specificatamente a una posizione lavorativa o ad un determinato settore, ma che
comprendono una serie di abilità emozionali, cognitive e sociali11 permettendogli così
di operare in ruoli e contesti lavorativi diversificati.
Il compito della comunicazione interna di informare e motivare acquisisce un
orizzonte più ampio e diventa uno strumento per comunicare i valori e la mission
dell'azienda, per creare fiducia e stimolare il senso di appartenenza, mentre i confini
marcati fra interno/esterno lasciano il posto al paradigma della comunicazione
organizzativa, che integra tutti i processi comunicazionali dell'organizzazione, in
modo da trasmettere con coerenza l'identità, la cultura e i valori dell'impresa a tutti gli
stakeholders.
Invernizzi (1996) affianca al termine di comunicazione interna, che pone l’accento
sulla netta distinzione fra pubblici interni/esterni, quello di comunicazione
organizzativa, al fine di sottolineare come <<la comunicazione serva allo sviluppo e
al funzionamento dell’organizzazione nel suo insieme>>12.
La congruenza dei messaggi con il modo di operare, in relazione alla vision e ai
valori d’impresa, diventa dunque molto importante per allineare la percezione di tutti i
9
E. Bartezzaghi, L'organizzazione dell'impresa. Processi, progetti, conoscenza, persone, p. 144
10
Ibid.
11
D.Frasson, Allenare le competenze trasversali. Apprendimenti e risultati di un percorso formativo,
FrancoAngeli, Milano 2011, p. 39
12
E.Invernizzi in R.Grandi, M.Miani, L’impresa che comunica, Come creare valore in azienda con la
comunicazione, Isedi, Torino 2006,p. 294

7
pubblici relativa all’immagine dell’organizzazione; come riporta Collins(2005)13 una
persona su cinque sente parlare della Generals Motors da un dipendente della
stessa (la società ha circa 180.000 dipendenti).

1.3.1 Il ruolo della comunicazione interna

Il manager americano Chester J.Barnard(1938)14 afferma che l'organizzazione nasce


quando:

 ci sono persone in grado di comunicare reciprocamente


 che sono desiderose di contribuire mediante azione
 per raggiungere uno scopo comune

Questa definizione pone alla base dell’esistenza dell’organizzazione la


comunicazione tra le persone, determinata dalla volontà reciproca e dalla
partecipazione attiva, infatti il termine comunicare deriva dal latino communis 15, cioè
“mettere in comune” e implica uno scambio di informazioni in cui ricevente e
destinatario condividono un codice di comunicazione e grazie a questo interpretano il
messaggio e si scambiano feedback.
In riferimento alle strategie comunicative possiamo identificare tre modalità di
comunicazone interna:
 Top- down: il flusso di comunicazione parte dal Top Management e scende ai
vari livelli gerarchici, solitamenete l’impresa si avvale di questo tipo di
comunicazione per informare il personale su obiettivi, politiche e strategie
aziendali, su provvedimenti, regolamenti e norme di comportamento o per
richiedere specifiche informazioni ai livelli inferiori.
 Bottom-up: questo tipo di comunicazone parte dalla base della piramide
gerarchica e risale il vertice per giungere al Top Management, solitamente
consiste in “informazioni di ritorno”16 che riguardano decisioni da prendere o

13
R. P. Nelli, La comunicazione interna nell'economia dell'azienda, p.296
14
Cfr. R.Grandi, M.Miani, L’impresa che comunica, p.6
15
V. S.Barni, La comunicazione d’impresa. Come prepararsi ad attuare una comunicazione di successo, Franco
Angeli, Milano 2008, p.14
16
A.Foglio, La comunicazione interna alle imprese e alle organizzazioni. Modalità, linguaggio, circuiti, mezzi
offline e online, Franco Angeli, Milano 2015, p.74

8
cambiamenti in atto, oppure risposte di riscontro a ordini e istruzioni ricevuti,
ma possono anche riguardare mesaggi volontari come opinioni, suggerimenti,
reclami fatti spontaneamente dalla periferia verso il vertice e che servono
all’organizzazione per indagare la soddisfazione del personale e cogliere
l’esistenza di eventuali incomprensioni o mancanze.
 A rete: si basa su una comunicazione trasversale tra mebri dell’organizzazione
e tra funzioni aziendali e consiste in un intreccio di informazioni e conoscenze
che vengono scambiate sia in modo formale che informale a tutti i livelli
dell’organizzazione.
Anche se all’interno dell’organizzazione si verificano tutti e tre queste modalità,
seppur in proporzioni differenti a seconda dello stile di management, la
comunicazione reticolare è quella che più si addice alle esigenze di flessibilità e alle
richeste di partecipazione e coinvolgimento dei dipendenti, essendo congeniale per
<<una comunicazione interna di tipo personalizzato fautrice di relazioni
personalizzate,[…] in cui tutti i membri comunicano ed interscambiano tra loro notizie
dandosi nel contempo reciproche risposte>>17.
Questa forma di comunicazione pone al centro le relazioni che si creano fra i membri
dell’organizzazine e che sono alla base del suo funzionamento, ampliando così i
campi di applicazione e le funzioni della comunicazione interna.
Quest’ultima oggi rappresenta un pilastro per il funzionamento dell’attività
organizzativa, il suo ruolo non è solo quello di gestire i flussi informativi ma invade
ogni aspetto dell’organizzazione, coinvolgendo tutte le aree dell’azienda a partire dal
Marketing,per quanto riguarda la trasmissione della mission, la vision e dei valori
guida dell’organizzazione, le Relazioni Esterne, per quanto riguarda l’incidenza
dell’immagine aziendale percepita dai dipendenti sull’identità comunicata all’esterno,
nell’ottica della comunicazione intergrata, e soprattutto la Direzione del personale.
Col crescere dell’importanza attribuita al capitale umano e alle competenze non solo
professionali, ma anche relazionali,la comunicazione interna è diventata una leva
essenziale per la gestione, lo sviluppo e la formazione del personale e per la
diffusione della conoscenza.
Il suo campo di applicazione diviene per cui molto ampio e articolato; i fini della
comunicazione interna diventano:

17
Ivi. p. 81

9
 Facilitare i processi informativi
 Sostenere la strategia
 Far conoscere al personale gli obiettivi, la mission e la vision dell’impresa
 Diffondere la cultura e i valori d’impresa
 Supportare le fasi di cambiamento
 Incentivare la creazione e diffusione del know-how aziendale
 Stimolare il senso di appartenenza
 Motivare e responsabilizzare il personale
 Favorire la cooperazione e le relazioni interpersonali tra membri e tra funzioni
aziendali
 Favorire il lavoro di squadra
 Migliorare il clima lavorativo
 Evitare i conflitti e superare le resistenza interne
 Promuovere la formazione e lo sviluppo professionale

1.3.2 La comunicazione interpersonale come ingranaggio dell’organizzazione

Spesso la comunicazione viene relegata ad una serie di strategie e di strumenti


tecnici, come sostiene il professor Dalla Chiesa, <<l'impresa non avverte quasi mai
l'ampiezza dell'attività comunicativa e tende a ricondurla all'interno della sola
funzione formalmente indicata come tale […] l'organizzazione è basata su una
struttura di relazioni gerarchiche e trasversali, che a loro volta si reggono per buona
parte su una comunicazione orale e diretta, sia formale, che informale>>18.
Partendo da questi presuppostosi si evince come la comunicazione interpersonale
rappresenti il tessuto connettivo implicito di ogni relazione che si svolge all’interno
dell’impresa e dunque la comunicazione interna si esplica prima di tutto nella
comunicazione face to face quotidiana che ogni membro compie per svolgere il suo
lavoro.
La comunicazione interpersonale diventa sempre più importante quando
l’organizzazione si propone di coinvolgere il personale e sviluppare un clima

18
N. Dalla Chiesa, Profili sociali della comunicazione di impresa, p.72

10
lavorativo incentrato sulla collaborazione e sulla partecipazione attiva alla vita
dell’impresa.
Con il termine di comunicazione interpersonale si fa riferimento non solo al
linguaggio verbale, cioè a cosa si sta dicendo, ma anche al modo in cui si comunica.
Essa infatti si compone di tre canali:

 Comunicazione verbale: ovvero il contenuto di ciò che si comunica, riguarda il


linguaggio
 Comunicazione paraverbale: è relativa al modo in cui qualcosa viene detto. I
fattori che rientrano in questa tipologia di comunicazione sono, ad esempio, il
tono di voce, la velocità, il timbro e il volume
 Comunicazione non verbale: consiste nel linguaggio del corpo, come
l’espressione del volto, la postura, i movimenti, la gestione dello spazio

Canali di comunicazione
interpersonale
comunicazione verbale comunicazione paraverbale
comunicazione non verbale
7%

38%
55%

Quindi quando un manager si relaziona con i dipendenti deve porre attenzione non
solo al contenuto di ciò che comunica ma anche al tono e alla sua gestualità, infatti,
secondo uno studio condotto da Albert Mehrabian 19 nel 1972, l’impatto di ogni
comunicazione sul destinatario è composto solo da un 7% dalle parole, un 38% dalla
comunicazione paraverbale e ben il 55% dal linguaggio del corpo.

19
A.Panitti, F.Rossi, L’essenza del Coaching. Il metodo per scoprire le potenzialità e sviluppare l’eccellenza,
Franco Angeli, Milano 2017, p.35

11
Ricordando i primi due assiomi sulla comunicazione umana coniati dalla Scuola di
Palo Alto <<la comunicazione umana si sviluppa sempre su due piani, uno di
contenuto e uno di relazione. Il piano della relazione classifica il contenuto della
comunicazione>>.
Questo significa che ogni comunicazione veicola non solo informazioni ma determina
allo stesso tempo un comportamento, ovvero il comunicatore lascia “indizi” sulla
relazione, cioè modi in cui interpretare il messaggio a seconda del rapporto che
sussiste fra coloro che sono coinvolti nello scambio.
Il contenuto è veicolato dal linguaggio verbale, mentre la relazione dalle componenti
non verbali, che costituiscono la cosiddetta “meta comunicazione”.
L’altro assioma della comunicazione fa riferimento al fatto che <<non si può non
comunicare>>, come si è appena sostenuto ogni comportamento durante
l’interazione trasmette un determinato messaggio e classifica la relazione che si crea
tra i comunicanti, a prescindere dall’intenzionalità dalla consapevolezza. La Scuola
di Palo infatti ricorda che un comportamento non ha un suo opposto che possa
essere inteso come un non comportamento, dunque anche i silenzi comunicano.
Nel caso della comunicazione d’impresa questo è evidente, ad esempio, nei momenti
di crisi, in cui i silenzi non vengono interpretati dai dipendenti e dal pubblico esterno
come una non comunicazione ma come una chiara volontà di non fornire alcun
commento e spiegazione.
Per i membri dell’organizzazione, specialmente per il management, diventa dunque
fondamentale padroneggiare le competenze di comunicazione interpersonale perché
è su queste che si regge l’efficacia delle relazioni, che sono alla base della struttura
dell’organizzazione.
Ricordando Barnard, l’organizzazione nasce quando ci sono persone in grado di
comunicare reciprocamente, il requisito fondamentale per cui è la reciprocità, ovvero
<<il rapporto dinamico di parità che collega nella stessa forma o nella stessa misura i
rapporti esistenti fra due soggetti>>, il requisito per una buona comunicazione
consiste dunque in una buona relazione, ma a sua volta la relazione viene costruita
attraverso lo scambio di comunicazioni.
Padroneggiare le competenze di comunicazione interpersonale significa aver
acquisito competenze di comunicazione e abilità relazionali, ai membri
dell’organizzazione, oltre alle competenze lavorative cosiddette hard, viene richiesto
di diventare abili comunicatori.

12
Per il management questo significa adottare una comunicazione chiara e diretta, che
trasmetta le informazioni necessarie ad informare il personale sulle strategie e gli
obiettivi aziendali, ma anche coinvolgente e partecipativa, in modo da motivare i
dipendenti e metterli in condizioni di aderire agli scopi dell’organizzazione, farli propri
ed attuarli con convinzione, significa imparare ad ascoltare il personale e laddove si
riscontrino mancanze fornire feedback “costruttivi” in modo da incoraggiare la
creatività e la responsabilità delle persone, favorendo un clima di lavoro positivo, in
cui la conoscenza possa circolare liberamente.
Il compito della comunicazione interna diventa quello di utilizzare e allo stesso tempo
diffondere fra i manager e i dipendenti l’impiego di tali competenze.
A questo scopo, come sostiene Invernizzi <<dal momento che difficilmente
comunicatori si nasce e più spesso lo si diventa[..] la formazione diviene una
componente imprescindibile di qualunque programma di comunicazione
integrata>>20 .

La pratica del coaching si presenta dunque come uno strumento per trasportare le
competenze comunicative e relazionali del coach all’interno dell’organizzazione.
Il coach ha il compito di allenare l’individuo al costante miglioramento di se stesso
aiutandolo ad identificare i suoi punti di forza e di debolezza e definendo con lui un
programma di sviluppo appropriato per massimizzare il suo contenuto alla squadra di
cui fa parte. Il coach è leader nella comunicazione interna.

20
E.Invernizzi La comunicazione organizzativa in G.Fabris (a cura di), La comunicazione d’impresa. Dal mix di
marketing al communication mix, Sperling & Kupfer Editori, Milano 2003, p.108

13
Capitolo 2

Coaching e comunicazione interpersonale

“Tutti i poteri dell'universo sono già dentro di voi. Siete voi che vi siete coperti
gli occhi con le vostre mani. Vi lamentate che è buio. Siate consapevoli che
intorno a voi non ci sono tenebre. Togliete le mani dai vostri occhi e apparirà la
luce, che era lì da un'eternità”
(Swami Vivekananda)

1.1 Coaching: origini ed evoluzione

Cercando la traduzione della parola coach si ottengono due definizioni: la prima lo


traduce letteralmente in vettura/carrozza, mentre la seconda afferma che il coach è
un allenatore.
Per comprendere la motivazione e il senso di tali definizioni bisogna risalire
all'etimologia del termine coach, che deriva dall'ungherese kocsi, cioè carrozza “di
Koks”, il villaggio ungherese nel quale furono fabbricate le prime carrozze. Nel XV
secolo era infatti consuetudine chiamare i veicoli in base al luogo della loro
invenzione o del primo utilizzo, il termine è poi stato adottato dal francese coche, che
appunto identificava un mezzo trainato da cavalli e condotto da una guida, il
cocchiere, per poi essere adottato dall’inglese.
Così a partire dal XIX secolo in Inghilterra gli studenti universitari iniziarono ad
identificare con il termine coach i tutor più efficaci, che svolgevano il ruolo di guida
nella preparazione degli esami.
Durante gli anni ‘70, negli Stati Uniti, la figura del coach entra a far parte del mondo
sportivo grazie a Timothy Gallwey, professore di Harvard ed esperto giocatore di
tennis, che nel 1972 pubblica il libro “The Inner Game of Tennis” rivoluzionando il
concetto di allenamento.
Per Gallwey il focus dell'allenamento doveva incentrarsi sull'interiorità del giocatore,
inner infatti significa interno, in quanto “l'avversario che si nasconde nella nostra

14
mente è più forte di quello che troviamo dall'altra parte della rete” 21 e dunque il
compito dell'allenatore doveva essere quello di supportare i giocatori nel
superamento degli ostacoli interni che inibivano la loro performance.

PERFORMANCE = POTENZIALE – INTERFERENZE

L'allenatore diventa coach, inteso come colui che affianca l'atleta nell’allenamento
prendendo in considerazione anche l’aspetto psicologico e motivandolo nel
raggiungimento dei risultati desiderati.
Verso la metà degli anni ‘80 il coaching viene adottato in ambito lavorativo dalle
grandi multinazionali inglesi e americane per affiancare e supportare il management
nel miglioramento delle performance, nell’acquisizione di competenze relazionali e
comunicative, per gestire al meglio il personale e i team di lavoro.
Infatti già nel 1977 uno studio dell’America Society For Training and Development sui
metodi per valutare le prestazioni nelle società più importanti, evidenziò come 4
aziende su 5 facessero uso di programmi di training e coaching per far acquisire al
proprio personale competenze facenti capo all’intelligenza emotiva.
Figura chiave in questo periodo è quella di John Whitmore, consulente aziendale,
che rimase molto colpito dal libro di Gallwey, e iniziò a collaborare con lui per creare
corsi di formazione in Inghilterra e negli Stati Uniti.
Oggi Whitmore, insieme a Gallwey, è riconosciuto a livello mondiale come il padre
del coaching moderno, grazie all’ideazione di un metodo basato sull'utilizzo di quelle
che definisce domande efficaci, per impostare il percorso di coaching.
Per Whitmore il coaching è un metodo che “libera il potenziale di una persona per
massimizzare la sua performance” 22 , in quanto permette di identificare le
interferenze interne ed esterne al singolo e all’organizzazione e di lavorare su
queste.
Negli anni ‘90 il business coaching si diffonde in tutta Europa, in Italia subisce un
boom a partire dagli anni 2000, inizialmente rivolto per lo più alle figure di livello
manageriale, e successivamente per supportare anche altri ruoli come il middle
management, i team e i giovani talenti con un forte potenziale.

21
T.Gallwey in A.Panitti, F.Rossi, L’essenza del Coaching. Il metodo per scoprire le potenzialità e sviluppare
l’eccellenza, Franco Angeli, Milano 2017, p.12
22
J.Withmore, Coaching. Come risvegliare il potenziale umano nella vita professionale e personale,
Unicomunicazione 2011, p.144

15
Grazie agli ampi benefici che le aziende hanno riscontrato nell’utilizzo del coaching,
questa pratica è diventata molto inflazionata e l’offerta di operatori, a volte non
qualificati, è cresciuta esponenzialmente.
Il coaching in Italia è disciplinato dalla legge n.4/2013 e rientra nell’elenco delle
professioni non regolamentate, sotto la categoria “Servizi all’impresa”, ma nel 2015 è
stata introdotta la normativa UNI 11601, che ha definito le caratteristiche e i requisiti
di fornitura del servizio, in modo da offrire la possibilità ai clienti interessati di
identificare quali siano i corsi di formazione e le società di coaching professionali e
quali no, e fare una scelta informata e consapevole.
La professionalità del coaching viene inoltre tutelata dalle associazioni ed enti di
categoria, di cui l’International Coach Federation (ICF), è la più grande al mondo, con
oltre 31.000 coach membri in 141 nazioni.
Il suo chapter italiano è rappresentato dalla Federazione Italiana Coach (FIC), nata
nel 2002, la quale riporta il Codice Etico contente le regole di condotta professionale
e le competenze chiave che ogni suo membro deve possedere e rispettare.

2.2 Cos'è il Coaching

La Federazione Italiana Coach, definisce il coaching professionale come “ un


rapporto di partnership che si stabilisce tra coach e cliente con lo scopo di aiutare
quest’ultimo ad ottenere risultati ottimali in ambito sia lavorativo che personale.
Grazie all’attività svolta dal coach, i clienti sono in grado di apprendere ed elaborare
le tecniche e le strategie di azione che permetteranno loro di migliorare sia le
performance che la qualità della propria vita” 23.
Il coaching è dunque un servizio professionale volto allo sviluppo delle persone e si
basa su una relazione di fiducia fra coach e cliente, detto coachee, che viene
supportato in un percorso volto a migliorare la propria consapevolezza sui temi che
vengono concordati all’inizio del rapporto, ad assumere la responsabilità rispetto a
possibili soluzioni alternative e a mettere in atto le azioni e i comportamenti necessari
che vengono monitorati in una tempistica definita all’inizio del percorso.

23
M.tommasi, Manuale applicativo di coaching, Franco Angeli, Milano 2015 p.10

16
Si utilizzano dunque tecniche e metodi, e soprattutto un approccio, tipici del coaching
che, anziché “dire cosa fare”, inducono il cliente a trovare autonomamente la sua
soluzione.
La coach Giulia Sirtori definisce il suo ruolo come:
“ un allenatore del modo di pensare e un alleato per una performance migliore, in
quanto se determinate cose non vengono come il cliente vorrebbe questo è legato a
convinzioni e a comportamenti che lo limitano, il coaching aiuta a ragionare e a
guardare le cose da un altro punto di vista.
Il compito del coach è quello di guidare il processo di coaching verso l’esplorazione
delle opportunità di sviluppo professionale e personale, offrendo un punto di vista
esterno, egli fa domande, a volte anche scomode, per guardare in posti dove magari
il cliente non aveva guardato.
Il coach è una guida capace di favorire il processo di apprendimento e di
cambiamento partendo dalle risorse detenute da ciascun individuo, e non dalle
mancanze, infatti egli agisce sull’automotivazione e, tramite l’utilizzo di domande e
riformulazioni utili a fare chiarezza, stimola la capacità di riflettere e di trovare
soluzioni autonomamente, e già il fatto di pervenire a queste da solo è di per se
motivante.
Io come coach lavoro molto sul mettere a fuoco “il perché” del cliente, all’inizio di
ogni percorso faccio un incontro preliminare in cui cerco di capire la motivazione e la
voglia di mettersi in gioco, in quanto è fondamentale che il coachee abbia chiari gli
obiettivi o abbia voglia di svilupparli con chiarezza”.
Il coaching è dunque un metodo altamente personalizzato sulle esigenze e sugli
obiettivi del cliente e, a differenza di altre tipologie di intervento, si focalizza sulla
costruzione del futuro, concentrandosi sul “qui e ora”, ovvero parte dalla situazione in
cui si trova il cliente per proiettarsi sulla meta che vuole raggiungere, per cui si
rimarca la centratura sull’elaborazione di soluzioni utili a realizzare una condizione
futura, piuttosto che sull’analisi del passato e degli insuccessi.
Dato che si concentra sulla crescita della persona spesso viene confuso con altre
discipline che hanno obiettivi simili, come la consulenza, il counselling, il mentoring e
la formazione.
seguito due tabelle comparative ne chiariscono le differenze.

17
Professione Descrizione Confronto con il coaching
Il coach non è esperto del contenuto ma
Il Consulente è una persona con del metodo. Supporta il coachee nello
esperienza e comprovata qualifica sviluppo delle proprie potenzialità e nella
in una determinata materia, definizione delle azioni da compiere per
Consulenza fornisce al cliente informazioni e raggiungere l'obiettivo prefissato senza
strategie operative mettendo a sostituirsi mai nell’individuazione della
disposizione le proprie capacità di soluzione. Ciò avviene tramite l'utilizzo di
problem solving. domande in profondità che stimolano la
presa di consapevolezza del cliente.
Diffusosi intorno agli anni Settanta
Anche in questo caso il coach non è
all'interno del sistema scolastico e
esperto di settore dello specifico lavoro
poi aziendale, il mentore è una
del cliente, e il suo compito è quello di
Mentoring persona esperta che funge da
facilitare l'autoapprendimento e non di
modello e da guida per un
trasmettere la propria conoscenza ed
giovane promettente.
esperienza personale.

Il Counselling si concentra sulle Il counsellor, come il coach, aiuta il cliente


problematiche emotive e nello sviluppo delle potenzialità e
sull'analisi psicologica del cliente dell'autonomia, tuttavia il coaching non
Counselling per aiutarlo a superare momenti di offre un aiuto psicologico e non lavora sul
difficoltà o semplicemente per passato del cliente ma si focalizza “sul qui
migliorare aspetti della propria e ora” incoraggiando la responsabilità e
vita. l'autoefficacia.
il termine, che deriva dal latino
forma, indica l'atto con cui si Il coach non si pone come docente ed il
forma qualcuno. Questa suo intento non è quello di insegnare e
definizione implica il trasferimento dare indicazioni, ma di aiutare il coachee
Formazione
di conoscenza in un percorso di a sviluppare le capacità di
arricchimento culturale nel quale il autoapprendimento, in un rapporto
formando apprende uno specifico paritario e non di insegnante/allievo.
contenuto fornito dal formatore.

18
Tabella 1.1: tabella descrittiva delle diverse forme di intervento in relazione al
coaching

Fra queste professioni si possano attuare sinergie, in quanto ognuna di esse è adatta
a lavorare in un ambito di sviluppo specifico, amplificando il risultato nel suo insieme.
Franco Rossi, co-fondatore di Incoaching24, azienda che fornisce corsi di formazione
e servizi di Business Coaching, riporta come “nelle loro aule di formazione oggi
siano presenti counsellor e formatori, e un’interessante apertura riguarda sempre più
specialisti ed esperti di sicurezza nelle aziende, che cercano in questa pratica una
modalità per essere più efficaci, motivare e adottare una comunicazione
coinvolgente, mentre dieci anni fa non era così frequente e queste professioni
rimanevano per lo più separate. La caratteristica del coaching è infatti quella di poter
essere applicato come metodo, ma poter anche essere sezionato ed utilizzato in
sinergia con altre professioni che hanno come fine ultimo lo sviluppo o e
l'apprendimento dell'individuo, e che utilizzano la relazione come mezzo facilitante”.
I benefici dell’utilizzo del coaching in sinergia con altre professioni sono riportati da
diversi studi, fra cui quello condotto dall'International Personnel Management
Association, secondo il quale la formazione “migliora la produttività in media del 20%
mentre se viene affiancata dal coaching raggiunge l'88%”25.
Le organizzazioni che adottano il coaching ottengono significativi miglioramenti in
aree chiave come la comunicazione, la gestione dei rapporti interpersonali, il clima
lavorativo e la performance.

Un caso di sinergia tra formazione e coaching: l’azienda Mike Ferry Italia26

La Mike Ferry Italia è il punto di riferimento per la formazione dei professionisti del
settore immobiliare ed è figlia della casa madre americana Mike Ferry Organization,
prima ad introdurre il coaching all'interno di un percorso formativo specifico per il
mercato immobiliare con l'obiettivo di fornire la migliore preparazione possibile.
Tiziano Benvenuti, a capo della Mike Ferry Italia, chiarisce il motivo di tale scelta
utilizzando la metafora dell'allenamento: “la formazione senza coaching è come un

24
www.incoaching.it
25
S.Tassarotti, M.Varini, Coaching. Come sviluppare i talenti ei potenziare le performance dei leader, Il Sole 24
ORE, Torino 2008, p.11
26
www.mikeferryitalia.com

19
allenamento libero in vista di una maratona, fornisce un metodo e un programma ma
ogni persona è fisiologicamente diversa e quindi parte da punti diversi. C’è dunque
bisogno di un programma personalizzato e incentrato sul singolo, per questo il
coaching gioca un ruolo chiave. Il coach crea un abito su misura, e ogni seduta di
coaching con un cliente è differente da quella con un altro cliente.
Mentre faccio il formatore il mio compito è parlare, la formazione risponde
all'esigenza del management di adottare una procedura aziendale, mentre quando
ricopro il ruolo di coach il mio compito è fare domande, per sollecitare la motivazione
interna e creare il senso di urgenza che fa attivare il cliente all’azione per
raggiungere gli obiettivi prefissati.
Il coaching si fonda inoltre sull'accountability, ovvero sulla responsabilità verso se
stessi e verso gli altri, e ciò permette di creare collaboratori, non solo formati e
competenti, ma anche responsabili, per lavorare in modo etico”.

2.2.1 Il metodo

Il coaching è uno strumento di apprendimento e il suo metodo può essere derivato


dalla filosofia greca e in particolare dalla maieutica di Socrate, il quale affermava:
“non so che una cosa: che non so nulla”27.
Egli sosteneva che il compito del maestro, attraverso un dialogo fatto di domande e
risposte, fosse quello di fare in modo che l’allievo acquisisse maggiore
consapevolezza della verità che è dentro di lui.
Il percorso di apprendimento deve dunque partire dalle risorse interne di ciascun
individuo, che attraverso un aiuto non direttivo, lo portano a elaborare le sue risposte.
Partendo da questa premessa, il ruolo del coach non è quello di insegnante o di
consulente, non fornisce consigli e pertanto non deve possedere competenze
specifiche del settore in cui opera il coachee, infatti, come sostiene Schein “un
sistema umano può essere aiutato solo ad aiutarsi da sé. Il consulente non sa mai
abbastanza sulla particolare situazione e cultura di un’organizzazione e di una
persona per poter dare consigli specifici su quello che i membri dell’organizzazione
stessa dovrebbero fare per risolvere i loro problemi” 28.

27
A.Panitti, F.Rossi, L’essenza del Coaching. Il metodo per scoprire le potenzialità e sviluppare l’eccellenza p.15
28
E.Schein in D.Frasson, Allenare le competenze trasversali, Franco Angeli, Milano 2011, p.20

20
Il coach Franco Rossi sottolinea come il focus del percorso di coaching non si
concentri primariamente sull’obiettivo specifico del cliente ma sul modo che gli
permetterà di raggiungerlo, sostenendo che “esiste un livello di potenziale
contraddistinto da 4 Meta-potenzialità: la Consapevolezza, l'Autodeterminazione, la
Responsabilità e l'Eudaimonia, intesa come tensione innata e direzione verso il
benessere e l' autorealizzazione dell’individuo.
Il coach, ancor più che sulla prestazione e sugli obiettivi del coachee si focalizza
sullo sviluppo di queste Meta-potenzialità, che gli consentiranno di attivarsi, secondo
le proprie risorse, verso il raggiungimento del suo obiettivo”.
Per consapevolezza s’intende la conoscenza che il cliente ha di se, della situazione
in cui si trova e delle azioni che deve intraprendere per raggiungere il suo obiettivo,
l’autodeterminazione, o autoefficacia, richiama invece il concetto di agency 29 ,
secondo la quale gli individui hanno la facoltà di generare azioni mirate per
raggiungere determinati scopi, e dunque possono contribuire attivamente ad
indirizzare la loro vita.
Le credenze che ogni persona possiede sul suo senso di autoefficacia orientano le
sue scelte e le sue performance, che a loro volta a seconda del risultato positivo o
negativo andranno a influenzare le credenze di autoefficacia.

Il coach per sviluppare nell’individuo la responsabilità e la consapevolezza si avvale


di un dialogo interattivo fatto di domande efficaci, ascolto attivo e feedback.

2.3

gli strumenti del coach: pnl e analisi transazionale


Il rapporto di fiducia: posizioni percettive e
La comunicazione:
domande

29
A.Panitti, F.Rossi, L’essenza del Coaching. Il metodo per scoprire le potenzialità e sviluppare l’eccellenza p.11

21
ascolto
feedback

2.3 Non facciamo confusione


Nonostante la natura olistica e spesso interdisciplinare, il coaching non dev'essere
confuso con altre professioni che lavorano sullo sviluppo della persona ma con
metodi e finalità diverse. Spesso il coaching viene paragonato ad altre forme di
intervento quali la Consulenza, il Counselling, il Mentoring e la Formazione. Di

2.1 Professionalità

In Italia il coaching è disciplinato dalla legge n.4/2013 e rientra nell’elenco delle


professioni non regolamentate, sotto la categoria “Servizi all’impresa”, e in particolare
dalla normativa UNI 1160, emanata nel 2015, che definisce le caratteristiche e i req
uisiti di fornitura del servizio di coaching.
Questo offre ai clienti la possibilità di identificare quali siano i corsi di formazione
professionali, in modo da poter compiere una scelta informata e consapevole fra le
tante realtà operanti sul mercato.
Un’ulteriore rassicurazione di professionalità viene fornita dalle Associazioni ed enti
di categoria, di cui l’International Coach Federation (ICF), è la più grande al mondo,
con circa 20.000 membri in 100 Paesi.30
Il suo “chapter” italiano è rappresentato dalla Federazione Italia Coach (FIC), nata
nel 2002, la quale riporta il codice etico contente le regole di condotta professionale e
le 11 competenze chaive che ogni membro deve possedere e si impegna a
rispettare.
Il codice Etico31 regola il comportamento che il coach è tenuto a seguire prima,
durante e dopo al relazione di coaching, e in particolare riguarda:
 Le definizioni di termini legati al coaching
 Il comportamento professionale di coaching nella sua più ampia eccezione
 Il comportamento professionale con i clienti

30
https://coachfederation.org/why-icf
31
http://www.coaching4u.it/risorse/Codice%20etico%20ICF.pdf

22
 I conflitti di interesse
 La confidenzialità e la privacy
 L’impegno etico

Le 11 Competenze32, riconosciute a livello internazionale e fondamentali per poter


essere accreditati ICF, sono state codificate in quattro gruppi, in base al percorso di
coaching:
 Costruire le fondamenta
 Creare la relazione di fiducia
 Comunicare con efficacia
 Facilitare l’apprendimento e i risultati

Ma chi sono i coach?. Una ricerca del 2015 presentata alla XII Conferenza ICF in
collaborazione con l’Università degli Studi di Milano Bicocca, fornisce una
panoramica dei coach professionisti in Italia33.
Dai dati risulta che il 78% del campione analizzato ha un’età compresa fra i 35 e i 45
anni, con una maggioranza di donne, e il livello di istruzione è elevato: l’80% detiene
una laurea o un master, prevalentemente in economia, ingegneria, giurisprudenza,
scienze politiche, psicologia e filosofia, mentre per quanto riguarda la formazione
specifica in coaching l’86% ha seguito un corso di formazione della durata superiore
alle 60 ore, requisito minimo richiesto da ICF, e il 5% ha conseguito un Master in
coaching in Italia o all’estero.

32
https://www.coachfederation.it/le-11-competenze-chiave-secondo-icf/
33
P.Bruttini, B.Senerchia, Coaching: Come trasformare individui e organizzazioni, IPSOA 2015, P.44

23
Riportando i risultati di una ricerca condotta Il coaching aiuta i manager a sviluppare
capacità di ascolto, a costruire un ambiente di lavoro maggiormente collaborativo, a
instaurare un miglior senso di responsabilità e di ownership dei progetti e dei compiti
nelle persone, a stimolare creatività e innovazione.
Secondo uno studio pubblicato nel 2016 dalla International Coach Federation, il
Coaching ha un impatto positivo sui seguenti ambiti:
- sicurezza in sè stessi, resilienza
- capacità relazionali, di influenza e coinvolgimento
- comunicazione più efficace, anche in pubblico
- maggiore armonia personale e migliore equilibrio vita-lavoro

Fonte: International Coach Federation Survey 2016

2.2 Il coaching in azienda

Il secondo presupposto del coaching riguarda il fatto che il coach non si concentra
sull’obiettivo del coachee ma sul modo che gli permetterà di raggiungerlo.
Per cui lo scopo del coach è quello di far acquisire al cliente:
 consapevolezza
 autoefficacia

24
 responsabilità

1. è
 autoconsapevolezza
 autoefficacia
 responsabilità
1. Agisce su
 Motivazione
 Eliminazione interferenze
qaul’è il metodo? Metodo socratico- apprendimento autonomo
ciclo di kolbe

Modello Grow
 Domande
 Ascolto
 Feedbeck

L’attenzione alla persona nel suo insieme, alla consapevolezza e all’allineamento tra
ciò che si è e ciò che si fa, la valorizzazione del proprio potenziale, l’atteggiamento
non giudicante, il porre domande aperte che permettono di superare le convinzioni
limitanti e di individuare e sperimentare nuovi possibili comportamenti sostenibili e
più efficaci, l’aumento del coinvolgimento, dell’autoresponsabilizzazione delle
persone nel proprio progetto personale e professionale che sia inserito nel più ampio
progetto organizzativo, l’empowering che genera il liberare le proprie risorse e
focalizzarle sui propri obiettivi una volta chiariti e definiti, sono tutti aspetti concreti e
tangibili che impattano sulle modalità con cui le persone e quindi le organizzazione

25
possono scegliere di affrontare i cambiamenti imposti in maniera sempre più
repentina, continua e imprevedibile .

3UNA CULTURA D’IMPRESA BASATA SUL COACHING


Leadership
Motivazione
Apprendimento
Gestione del cambiamento
4COACHING: Uno strumento efficace di comunicazione interna
La comunicazione interpersonale
INTELLIGENZA EMOTIVA
PNL
5IL PROCESSO DI COACHING
Modello GROW

1. ) Verso la ricerca collettiva di scopo e significato


2. Tutto comunica

3.

https://www.sviluppomanageriale.it/controllo-di-gestione/item/m-it-consulting-l-evoluzione-dei-
sistemi-di-comunicazione-interna-delle-aziende-il-modello-di-comunicazio La comunicazione
interna svolge un ruolo di coordinamento tra la necessità di trasmettere informazioni,
La comunicazione interna intesa come mezzo di creazione e di gestione dei flussi
comunicativi aiuta il management a comunicare la strategia organizzativa ai dipendenti che
si sentono cosi coivolti nelle decisioni e dunque saranno più motivati a

ri Per il funzionamento dell’organizzazione è molto importante che i suoi


menTramite la comunicazione interna l’organizzazione può rendere partecipi i
dipendenti delle dinamiche aziendali e delle decisioni del management, più
produttivo, motivato, con un elevato senso di appartenenza. Condividendone la mission e la

26
vision, sarà quindi e portato a fare del suo meglio per il bene dell’azienda deè importanza
che i membri, i diversi team nella stessa area aziendale, le diverse aree aziendali
si scambino informazioni, idee, dubbi: è il modo più efficace per condividere
conoscenze, stimolare soluzioni innovative, generare insight. Prima che di
strumenti e procedimenti ad hoc, però, una comunicazione interna vive di
approcci e di elementi soft e di cultura aziendale che premiano
la condivisione e la trasparenza. La metafora più iconica è quella di un buon
CEO che tiene sempre aperta la porta del suo ufficio: è un segno di disponibilità
che aiuta a dimostrarsi sempre raggiungibili dal proprio team e può essere un
buon punto di partenza quando si tratta di superare timori e remore da parte dei
dipendenti.
Una gestione della comunicazione interna, improntata alla condivisione del maggior
numero di informazioni e dati, sarà più efficace. Questo perché un team ben informato sulle
dinamiche aziendali e sui processi decisivi si mostrerà più produttivo, motivato, con un
elevato senso di appartenenza. Condividendone la mission e la vision, sarà quindi e portato
a fare del suo meglio per il bene dell’azienda.Come si è già sostenuto il ruolo basilare
della comunicazione interna è quello di favorire i flussi informativi verso tutti i
dipendenti.
Tramite la comunicazione interna l’organizzazione rende partecipi i dipendenti della
strategia u quello di è funzionale a rendere partecipi i dipendenti della strategia
organizzativa, facendoli sentire coinvolti nelle decisioni, e dunque rappresenta un
valido strumento per intercettare le aspettative e le opinioni dei dipendenti.

Favorisce la partecipazione condivisa edi soggetti agli obiettivi aziendali


La comunicazione interna svolge un ruolo di coordinamento La comunicazione interna
intesa come mezzo di creazione e di gestione dei flussi comunicativi aiuta il management a
comunicare la strategia organizzativa ai dipendenti che si sentono cosi coivolti nelle decisioni
, La comunicazione interna consente ai dirigenti di nnanzitutto rappresenta un valido strumento per
aiutare l’organizzazione nell’operazione programmatica di costruzione di un legame più saldo con il
contesto organizzativo. Ciò significa che la comunicazione interna, intesa come mezzo di creazione e
gestione dei flussi comunicativi, consente agli alti dirigenti di entrare in contatto con la conoscenza
incapsulata in contesti circoscritti. Da ciò deriva la possibilità di intercettare le aspettative e le
opinioni dei dipendenti, tenendoli in considerazione nei processi decisionali. Teoricamente, questa
inclusione produce come risultato delle decisioni più realistiche, più consapevoli e più efficaci, poiché
discendono dall’acquisizione della conoscenza che i dipendenti possiedono. Includere i membri

27
dell’organizzazione nel processo aziendale incrementa la legittimità organizzativa dei manager e
aumenta il consenso dei lavoratori. 2. La Comunicazione Interna, improntata ad un approccio
partecipativo alla gestione aziendale, supporta la organizzazione nel compito di costruire una rete
comunicativa e cooperativa tra i suoi membri, i quali saranno maggiormente 28 motivati ad
impegnarsi in vista della vision aziendale e degli obiettivi strategici. Il ruolo di stimolo, che la
Comunicazione Interna detiene, facilita la creazione delle condizioni strutturali e psicologiche ideali
per fare sì che gli impiegati siano motivati nel compiere le loro attività, lavorando quasi con il “gusto”
di essere essi stessi imprenditori nello svolgimento del loro lavoro quotidiano.
Il terzo e ultimo livello, attraverso cui la Comunicazione Interna rivela la sua efficacia, è quello
relativo al suo ruolo di sostegno al management nello sviluppo e nella detenzione della leadership.
Per. La comunicazione interna è l’elemento chiave intorno al quale ruota il ruolo strategico della
“Entrepreneurial Communication” in quanto gioca un ruolo di stimolo energizzante. Questo, dunque,
significa che con l’utilizzo della Comunicazione Interna è possibile mobilitare le persone per
incoraggiarle ad avviare il cambiamento piuttosto che adattarsi passivamente ad esso: “incoraggiare i
dipendenti a diventare ambasciatori di processi di innovazione”45 anziché accettare passivamente
l'innovazione. 45 O’Brien M.-Aud J.B., Ambassadors of Innovation, in «Marketing Health Services» 30
(2010), pp. 20-23. 29 Attraverso lo strumento interno di comunicazione si avvia un processo per il
quale i dipendenti possono incrementare il loro impatto creativo, accrescere il loro ruolo attivo e il
senso di responsabilità nei riguardi dell’azienda per cui lavorano46 .

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