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“Bimbi, fate la fila.

Andiamo in classe insieme agli udenti: per alcuni giorni qualcuno ci racconterà
delle fiabe”.

A differenza delle altre volte non entriamo platealmente…nel momento in cui la porta si apre, l’aula
ci fa un dono: la pace. I bambini sono seduti e attendono.

L’attesa.

Davanti al divanetto c’è una ragazza che ci accoglie con rara dolcezza e curiosità. Ci posizioniamo:
i sordi sempre davanti perché “devono leggere il labiale”, perché “devono vedere le immagini”…
ma questa volta è diverso. Non ci sono immagini da vedere. Non c’è un labiale al quale fare
attenzione.

L’attesa.

Forse non tutti sanno che per entrare nel mondo delle fiabe bisogna togliersi le scarpe. Se le toglie.
Esisto ma le tolgo. Bussiamo al mondo di sotto dove c’è una vecchina che tiene sulle spalle
un’altra vecchina e giù giù ma proprio giù fino alla fine dei tempi c’è l’ultima vecchina e la sua
voce risale su su fino ad arrivare a noi.

Occhi. Occhi curiosi e che non sanno ancora che cosa succederà.

L’attesa.

Mi aspettavo una fiaba classica, quelle che tutti noi conosciamo: “Pollicino”, “Biancaneve, Hänsel e
Gretel”. E invece…arriva “Vassilissa la bella”. Cavalieri, teschi con occhi che si illuminano la notte,
la Baba-Jaga, una bambolina magica e…l’attesa. Ad ogni parola, ad ogni frase, ad ogni pausa, ad
ogni respiro, negli occhi dei bambini si leggeva l’attesa. Parole e segni che danzando insieme
regalavano conoscenza di un modo mai esplorato, regalavano curiosità e anche paura.

In questi pochi anni che lavoro nella scuola, ho visto per la prima volta negli occhi dei bambini
sordi “la meraviglia”. La meraviglia di fronte a “mani che prendono e mani che danno”, di fronte ad
un fratello che indossando una camicia senza manica gli rimane un’ala, di fronte all’acqua che balla
e all’albero che suona. Ho visto occhi pieni di paura perché ad una ragazza vengono amputate le
mani e perché gli occhi dei teschi si illuminano dopo il passaggio del Cavaliere Nero.

La letteratura in LIS è ancora oggi carente, tuttavia, è grazie a questa lingua che i contenuti possono
essere resi accessibili anche ai bambini più piccoli. Le fiabe per essere tradotte hanno bisogno di
studio e preparazione, non si può improvvisare o saltare parti del racconto. Un’interpretazione poco
accurata e zoppicante può far perdere al bambino parte della trama o ancora peggio può risultare
incomprensibile. Credo sia fondamentale dare loro tutti gli strumenti possibili per permettere un
vero “ascolto”, ricordate che ascoltano con gli occhi, e un vero “ascolto” può portare curiosità e
immaginazione. Non sottovalutiamo la ricchezza interiore e la voglia di nuove avventure e scoperte
che questi bambini hanno. I sordi possono fare tutto tranne sentire.

Francesca Rossi
Iscritta nel R.I.S. Registro Nazionale Interpreti al n. 277
dell’Associazione Nazionale Interpreti ANIMU
riconosciuta dal Ministero delle Sviluppo Economico
ai senti della legge n. 4 del 14/01/2013

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