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In famiglia si accorgono precocemente del suo talento nel disegno,

tanto che il padre lo affida alle cure di Andrea del Verrocchio, il più
importante maestro fiorentino del tempo ; pittore, scultore,
intagliatore, architetto ma soprattutto gestisce la più importante
bottega dell’Arno.
La curiosità di Leonardo si sazia, può qui fare pratica delle tecniche
più disparate, studia la geometria, la prospettiva e l’anatomia (degli
uomini e degli animali, sviluppa l’interesse per l’urbanistica e per il
paesaggio e può esercitarsi nella sua vera passione: il disegno.
Il maestro Andrea inizia ad affidargli l’esecuzione di alcune figure
nelle sue pale d’altare come ad esempio il Battesimo di Cristo che
oggi si trova agli Uffizi, dove sulla sinistra appare il bellissimo
angelo di Leonardo, dai capelli biondi e vaporosi, dai lineamenti
dolci e morbidi. La prima importante commissione pubblica
arriva nel 1481 da parte dei Monaci Agostiniani di San Donato a
Scopeto, una pala d’altare con L’Adorazione dei Magi, primo grande
capolavoro incompiuto. Per Ludovico Il Moro e la sua corte egli
realizza architetture effimere per feste e banchetti, disegna costumi
ma è nel campo della pittura che però lascia il suo segno più
evidente, dedicandosi ai ritratti, a grandi pale d’altare e soprattutto
alla decorazione del refettorio del Convento di Santa Maria delle
Grazie.
Il suo chiaroscuro non è una semplice degradazione cromatica, ma uno
sfumato atto ad attenuare i duri contorni delle figure ed a dare l’effetto di
lontananza, arrivando a modulare il senso dello spazio rendendolo più libero
e profondo, superando i limiti delle linee prospettiche. Con questa
concezione Leonardo subordina alla monocromia del chiaroscuro il colore,
che non giudica fondamentale per la forma ma soltanto come suo accessorio
ornamentale, e d’altra parte, insieme alla figura umana, esprime la natura in
piena armonia con i personaggi che raffigura dopo averli intensamente
studiati nel profondo.

Leonardo studiò, per primo in Europa, la possibilità di proiettare


immagini dal vero su un foglio, dove potevano essere ricopiate con grande
facilità, la cosiddetta camera oscura leonardiana. È stato anche uno dei
primi artisti a usare la tecnica a olio in Italia, pittura che usava soprattutto
per i ritocchi.
Parte della critica ritiene che i primi dipinti indipendenti
di Leonardo risalgano al periodo 1469 – 1475, ossia prima
del Battesimo di Cristo dipinto a più mani, tra cui
il Verrocchio. In questo periodo l’artista dimostra ancora un forte
attaccamento al linguaggio comune della bottega del Verrocchio,
creando non poche difficoltà agli studi per le attribuzioni. Ad
esempio, l’attribuzione della Madonna Dreyfus del 1469, oggi a
Washington, è stata molto discussa, alcuni ritenevano non essere
opera di Leonardo ma di Lorenzo di Credi, altro allievo del
Verrocchio grande dipinto murale viene eseguito tra il 1495 e il
1497, per la committenza di Ludovico Sforza.
L’opera rappresenta il momento in cui Cristo celebra con i suoi
discepoli la Pasqua ebraica. Leonardo sceglie invece il momento in
cui Cristo preannuncia il tradimento, un momento drammatico che
suscita sgomento.
La rigida simmetria dei dipinti toscani si scioglie in una
disposizione più naturale che, mediante l’inserimento dei
personaggi in gruppi da tre, conferisce alla scena senso di moto
e di comunicazione.A tradire Leonardo è però la tecnica. Il dipinto,
realizzato a secco con un misto di tempera e olio, steso su una
preparazione gessosa, deperisce molto rapidamente

La Vergine delle Rocce


È un grande dipinto a olio eseguito in origine su tavola e successivamente
trasferito su tela, commissionata dalla confraternita dell’Immacolata Concezione.

La scena sacra, abitata da quattro personaggi, è totalmente


immersa in un ambiente naturale. In primo piano alcune rocce
segnano il profilo di un burrone.
Seduta sul prato si trova la Vergine che con atteggiamento
protettivo e materno circonda con il braccio le spalle del piccolo
Giovanni, accogliendolo sotto il suo mantello. L’altra mano è tesa
in avanti, verso lo spettatore, con un eccezionale effetto di scorcio,
accentuato anche dalla luce che proviene dall’alto e lascia in ombra
il palmo. Sembra intenzionata a toccare la testa del figlio, posto
poco più avanti. I due piccoli si guardando l’un l’altro. Giovannino è
in ginocchio con le mani giunte in segno di venerazione e
preghiera, Gesù risponde benedicendolo. Alle spalle di Gesù un
angelo inginocchiato che guarda lo spettatore e indica con
precisione il gesto del bambino Giovanni, suggerendo chiaramente a
chi guarda di imitarlo. Il ruolo della naturaAlle loro spalle ancora
rocce, ricoperte da vegetazione, suggeriscono l’ingresso di una
grotta. Solo in fondo a sinistra è visibile uno squarcio di cielo.
Nessun personaggio emerge sulla linea dell’orizzonte. La natura è
coprotagonista della scena sacra, avvolge Maria, l’angelo e i
bambini come fosse anch’essa una madre accogliente, in un fluire
continuo tra sfondo e figura.

IL TRATTATO DELLA PITTURA

Le sue annotazioni sulla pittura saranno poi raccolte e ordinate


da Francesco Melzi nel Trattato della Pittural trattato
leonardesco si inserisce pienamente nel dibattito rinascimentale
sulle arti e costituisce una tappa importante della battaglia che, dal
‘400 in poi, gli artisti conducono per il riconoscimento del loro
ruolo di intellettuali. Nella prima parte del trattato Leonardo da
Vinci scioglie l’interrogativo se l’arte figurativa possa o meno
essere considerata una scienza, cioè un’attività che coinvolge
l’intelletto e non semplicemente un’abilità manuale. Attraverso
una serie di passaggi dimostra che non solo si tratta di una forma
speculativa ma che essa sia anche la più alta, raffinata e complessa. Che
racchiuda in sé non solo capacità conoscitive ma anche creatrici.a
seconda parte affronta l’altra vexata quaestio del secolo, ovvero la
preminenza delle arti. Una volta stabilito che l’arte figurativa è un
prodotto del pensiero prima ancora che delle mani, resta da stabilire
quale sia tra tutte le arti (liberali) quella più importante, la più
completa.
Per Leonardo si tratta senz’altro della pittura, superiore alla
poesia, alla musica e alla scultura. Affermazione quest’ultima che
susciterà le ire di Michelangelo. La terza e più estesa parte costituisce
infine una sorta di manuale, una serie di consigli sulla formazione
del pittore e sul modo migliore di eseguire tutto quello che la natura
offre agli occhi, dal paesaggio, al corpo umano, dagli animali alle
piante, dalle nubi ai fili d’erba.

L’Annunciazione

Una delle prime opere che Leonardo da Vinci fa da solo è l’annunciazione.


Si vede una novità: le precedenti annunciazioni erano rappresentate
all’interno di una struttura, mentre questa annunciazione è in esterno.
Leonardo da Vinci va alla corte di Ludovico il Moro per realizzare un
ritratto della moglie. Esso ha lo sfondo totalmente nero. La luce viene tutta
da un lato quindi il chiaroscuro è forte. Si vede lo sfumato: la parte in
ombra del viso si confonde con lo sfondo.
La donna è rappresentata con un leggero sorriso, come se guardasse
qualcosa, un sogno ad occhi aperti. Il leggero sorriso abbozzato avviene
sempre perché usa lo sfumato.
Il ritratto più importante fu La Gioconda, a cui venne attribuita
un’interpretazione psicoanalitica. Ripropose alle spalle della donna la
natura con acqua e cielo. Il compiacimento che compare nel sorriso della
creatura rappresenta la vera essenza dell’essere umano.
l Salvàtor mundi è un dipinto a olio su tavola (66x46 cm) attribuito
a Leonardo da Vinci, databile al 1499 circa e conservato in una collezione
privata di Abu Dhabi..Gesù Cristo è raffigurato frontalmente e a mezza
figura, come tipico dell'iconografia (si veda ad esempio il Salvator
mundi di Antonello da Messina), mentre leva la mano destra per benedire e
nella sinistra tiene il globo, simbolo del suo potere universale . [1]

Quando l'opera arrivò ai restauratori della National Gallery era ridotta in


cattivo stato, offuscata da ridipinture antiche e vernici che dettero
l'impressione di trovarsi di fronte un lavoro di bottega. Barba e baffi, assenti
nella pittura sottostante, vennero forse aggiunti dopo la Controriforma per
adeguare l'immagine di Cristo alla fisionomia "ufficiale". Durante il restauro è
emersa una qualità pittorica ben superiore alle aspettative con una ricchezza
cromatica del tutto paragonabile, a detta di Pietro Marani, a quella dell'Ultima
Cena: ricchi sarebbero soprattutto gli azzurri e i rossi del panneggio. Un
confronto con i pigmenti della Vergine delle Rocce della National Gallery ha
dato esiti positivi circa la compatibilità. Infine riflettografie e analisi scientifiche
confermerebbero l'analogia con i disegni preparatori . [1]

L'Uomo Vitruviano è un disegno a penna e inchiostro su carta (34x24 cm)


di Leonardo da Vinci, conservato nel Gabinetto dei Disegni e delle
Stampe delle Gallerie dell'Accademia di Venezia. Celeberrima
rappresentazione delle proporzioni ideali del corpo umano, dimostra come
esso possa essere armoniosamente inscritto nelle due figure "perfette"
del cerchio, che rappresenta il Cielo,[1] la perfezione divina, e del quadrato,
che simboleggia la Terra.[2]Il più famoso tra i disegni di Leonardo rappresenta
l’unione simbolica tra arte e scienza: l’uomo Vitruviano è perfetto
all’interno di due figure geometriche, il cerchio e il quadrato, forme
considerate perfette dal filosofo greco Platone.
Le due strutture geometriche rappresentano la creazione: il quadrato rappresenta la Terra,
mentre il cerchio l’Universo. L’uomo entra in contatto con le due figure in maniera del tutto
proporzionale e ciò rappresenta la natura perfetta della creazione dell’uomo in sintonia con
Terra e Universo.

Si tratta di un disegno esclusivo, una rappresentazione unica nel suo genere e soprattutto
innovativa. L’opera è stata interpretata grazie ai due testi esplicativi presenti nella parte
superiore e in quella a piè di pagina. Interessante come le note rimandino ad un passo di
Vitruvio, architetto e scrittore romano ritenuto il più famoso teorico di architettura di tutti i
tempi.

DAMA CON L’ERMELINO

In quest'opera lo schema del ritratto quattrocentesco, a mezzo busto e di tre


quarti, venne superato da Leonardo, che concepì una duplice rotazione, con
il busto rivolto a sinistra e la testa a destra. Vi è corrispondenza tra il punto di
vista di Cecilia e dell'ermellino; l'animale infatti sembra identificarsi con la
fanciulla, per una sottile comunanza di tratti, per gli sguardi dei due, che sono
intensi e allo stesso tempo candidi. La figura slanciata di Cecilia trova
riscontro armonico nell'animale.
La dama sembra volgersi come se stesse osservando qualcuno
sopraggiungente nella stanza, e al tempo stesso ha l'imperturbabilità solenne
di un'antica statua. Un impercettibile sorriso aleggia sulle sue labbra: per
esprimere un sentimento Leonardo preferiva accennare alle emozioni
piuttosto che renderle esplicite. Grande risalto è dato alla mano, investita
dalla luce, con le dita lunghe e affusolate che accarezzano l'animale,
testimoniando la sua delicatezza e la sua grazia. L'abbigliamento della donna
è curatissimo, ma non eccessivamente sfarzoso, per l'assenza di gioielli, a
parte la lunga collana di granati, che sono simbolo di amore fedele (la collana
era probabilmente un dono di Ludovico il Moro) e nel contempo fanno un bel
contrasto con la bella carnagione chiara della giovane. Come tipico nei vestiti
dell'epoca, le maniche sono le parti più elaborate, in questo caso di due colori
diversi, adornate da nastri che, all'occorrenza, potevano essere sciolti per
sostituirle. Un laccio nero sulla fronte tiene fermo un velo dello stesso colore
dei capelli raccolti.
Lo sfondo è scuro (ma lo era molto meno prima di un restauro operato nel
XIX secolo); inoltre, dall'analisi ai raggi X emerge che dietro la spalla sinistra
della dama era originariamente dipinta una finestra.
L'ermellino[
L'ermellino è dipinto con precisione e vivacità. A un'analisi della morfologia
dell'animale, esso appare però più simile a un furetto . Può darsi che
[3]

Leonardo, sempre indagatore del dato naturale, si ispirasse a un animale


catturato, allontanandosi dalla, tutto sommato più realistica, tradizione
iconografica (ad esempio si può vedere un ermellino nel Ritratto di
cavaliere di Vittore Carpaccio del 1510 circa). Del resto, l'ermellino è un
animale selvatico mordace e difficilmente ammaestrabile, di conseguenza
sarebbe stato molto difficile poterlo utilizzare come modello, al contrario del
furetto che è un animale domestico, come il gatto, oltre che relativamente
semplice da trovare nelle campagne lombarde dell'epoca. Si consideri inoltre
che l'ermellino ha dimensioni molto più ridotte, superando raramente e
comunque di poco i 30 cm, mentre il furetto, come nel dipinto, a occhio
misura tra i 40 e i 60 cm.
LA GIOCONDINA
La Gioconda è un dipinto a olio su tavola eseguito da Leonardo da
Vinci intorno al 1503. Misura 77 per 53 cm ed è oggi conservato al Musée du
Louvre.
Il mistero che aleggia intorno all’identità della
donnaritratta è un infondato luogo comune, alimentato dalla
recente letteratura su Leonardo, che vede segreti nascosti
praticamente ogni attività del maestro toscano. La soluzione è in
realtà piuttosto semplice.Il dipinto ritrae a metà figura una giovane
donna con lunghi capelli scuri. È inquadrata di tre quarti, il
busto è rivolto alla sua destra, il volto verso l’osservatore. Le mani
sono incrociate in primo piano e con le braccia si appoggia a
quello che sembra il bracciolo di una sedia. Indossa un sottile abito
scuro che si apre sul petto in un’ampia scollatura. Il capo è coperto
da un velo trasparente e delicatissimo che ricade sulle spalle in un
drappeggio. I capelli sono sciolti e pettinati con una scriminatura
centrale, i riccioli delicati ricadono sul collo e sulle spalle.
Dettaglio degli occhi dela
Gioconda — Fonte: Ansa
Il volto
Gli occhi grandi e profondi ricambiano lo
sguardo dello spettatore con una espressione
dolce e serena. Le labbra accennano un sorriso.
Non indossa alcun gioiello, sulle vesti non appare nessun
ricamo prezioso. La semplicità con cui si presenta esalta
la sua bellezza naturale a cui, evidentemente, non
necessita alcun orpello.
Lo sfondo a sinistra
Alle sue spalle è visibile la linea retta di una
balaustra. Il balcone si affaccia su un paesaggio
limpido e lontanissimo.
Sulla sinistra del quadro si scorge una strada che si
snoda attraverso una valle, fiancheggiata da ripide
montagne, quindi uno specchio d’acqua, probabilmente
un lago a giudicare dall’andamento dei riflessi, quindi
ancora formazioni montuose sullo sfondo.
Particolare dello sfondo
sul lato destro della Gioconda — Fonte: Ansa
Lo sfondo sul lato destro
Sul lato destro ancora una linea serpentinata descrive
il corso di un fiume impetuoso, sono visibili rapide e
cascate e un ponte su tre arcate. Il corso del fiume si
perde in un altopiano aldilà del quale si scorge un altro
lago, posto ad una quota più elevata rispetto al primo.
Quindi ancora montagne che in modo graduale si
innalzano fino a raggiungere altissimi ghiacciai.
La linea dell’orizzonte taglia la figura all’incirca
all’altezza della fronte, che risulta quindi essere quasi
del tutto immersa nel paesaggio.

L'attenzione ai dettagli
Nell’esecuzione di questo ritratto Leonardo ha
posto un’attenzione maniacale nello studio di
ogni dettaglio: nella trasparenza del velo come nella
terra rossa che ricopre la strada; nell’incarnato delle
mani e del collo come nei riflessi dell’acqua; nello studio
delle ombre sul volto come nella resa atmosferica. Lo
studio dell’anatomia e dell’espressione umana si
sposa perfettamente con l’indagine paesaggistica
e geologica.

L'illusione di movimento
Alla perfezione tecnica si unisce poi
quell’elemento di moto che costituisce la vera e
propria magia del dipinto: la figura è stante ma
non immobile. La morbidezza delle carni lascia
percepire il leggero movimento del respiro. Il volto,
non in asse con le spalle, lascia intendere una delicata
rotazione della testa. Una rotazione che ancora non si è
conclusa, come suggerisce lo sguardo che compie un
passo ulteriore rispetto alle spalle e al viso. Il sorriso e
l’ovale dai contorni sfumati suggeriscono che le
labbra e le guance stanno delicatamente
cambiando espressione. Il moto è anche nella natura
che la avvolge e accoglie: le rocce sono ora aspre ora
erose, l’apparente immobilità dei ghiacciai si scioglie
nelle acque tranquille dei laghi e in quelle rapide del
fiume.
È la vita stessa Il miracolo che si rivela in questo dipinto.

La tecnica di Leonardo da
Vinci
3.1
Il contrapposto

Il miracolo della vita o della natura naturans, si esprime


nell’opera di Leonardo attraverso sofisticate
elaborazioni tecniche.
Il contrapposto, introdotto
da Leonardo e Michelangelo, e largamente usato da
tutti i pittori del ‘500, consiste nella rotazione in
direzioni opposte delle gambe, del busto e della
testa. Questa torsione, che può essere più o meno
evidente, infonde movimento alla figura seduta e
consente al pittore di ricavare dal corpo umano la
massima potenza espressiva.

3.2
Lo sfumato
Uso di contorni non netti
Lo sfumato, di cui si fa largo uso
nella Gioconda, consiste in un passaggio soffuso e
graduale dalle superfici che descrivono i volti e
gli incarnati a ciò che li circonda. Nel suo Trattato
della Pittura Leonardo raccomanda di non tracciare il
viso con contorni netti, perché questo li renderebbe rigidi
e spigolosi. Nel viso di Monna Lisa, l’impossibilità di
individuare una precisa linea di contorno delle
gote, del mento e delle labbra fa sì che
l’espressione appaia cangiante, in divenire.

3.3
La prospettiva aerea
Luce e colore contribuiscono alla prospettiva
Per i pittori del ‘400 la prospettiva è una rigida
questione matematica. Si fissa un punto di fuga
coerente con il punto di vista e si fanno
convergere verso questo punto tutte le linee che
nella visione geometrica della realtà sono tra
loro parallele. Questo determina il rimpicciolimento
proporzionale degli oggetti, dei corpi, delle architetture e
dà all’occhio l’illusione della profondità. Leonardo, da
investigatore qual è della natura, non può
accontentarsi di questa visione tutta teorica. Il
senso della distanza e della lontananza passano
anche attraverso il colore e la luce. L’aria, che ha
una sua consistenza, frapponendosi tra l’occhio e
l’oggetto sbiadisce il primo e aumenta il tono della
seconda. Ecco dunque che le rocce scure di cui si
compongono le montagne in primo piano diventano in
lontananza sempre più chiare arrivando quasi a
confondersi con il cielo.

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