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Partire dalla consapevolezza di una duplice problematicità
d ll l d d l bl i ià
‐ dell’indagine storica (vedere le tematiche svolte nel corso
g (
dell’insegnamento di metodologia dell’indagine…)
‐ della didattica della storia (Dahlhaus
d ll did tti d ll t i (D hlh d
denuncia il “calo di interesse
i il “ l di i t
verso la storia”; P. Fabbri si chiede se “di fronte alla dittatura del
Presente” la storia non sia stanca))
Si tratta di un compito difficile: insegnare la Storia della Musica è “una
sfida didattica e culturale” (Fabbri)
sfida didattica e culturale (Fabbri)
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Ancora da Dahlhaus prendiamo la consapevolezza che la SdM ha a che
fare con oggetti estetici, che si ripropongono a noi in un presente
estetico.
estetico
Questo deve tradursi nell’idea che l’opera è ancora viva, può essere
comprensibile, ricevibile, persino utile.
Occorre però superare l
Occorre però superare l’assioma
assioma dell
dell’opera
opera come depositaria di una
come depositaria di una
bellezza intrinseca e assoluta, per raccogliere la sfida di una
mediazione tra storicità ed estetica (di nuovo Dahlhaus), oppure
bisognerà raccontare dell’eterna lotta tra Crono ed Orfeo (per dirla con
Nattiez)
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In questo ci aiuta il nuovo quadro teorico, quel “ripensamento” di cui
parla la Cano. Così, nella SdM occorre:
‐ far entrare il tema della ricezione
far entrare il tema della ricezione (vedere anche la tripartizione di Nattiez)
(vedere anche la tripartizione di Nattiez)
‐ assumere una prospettiva interdisciplinare
‐ includere tutte le musiche
‐ relazionare la musica alla cultura, cercandone i rapporti omologici
l l ll l l
‐ aprire una prospettiva antropologica
Da parte sua, la didattica della SdM deve ora coniugare un paradigma
strutturalista (o storico‐culturale), ovvero comunicare il complesso di
relazioni che, legandosi tra loro, costituiscono sistema (già Dahlhaus
l i i h l d it l tit i it ( ià D hlh
parlava della necessità di “strutturare la storia della ricezione” e di
spiegare un prodotto musicale a partire dalla sua funzione sociale).
p g p p )
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Per quanto avvezzi all’idea di un “primato” tecnico ed estetico della m.
colta, la prospettiva antropologia può davvero aiutare a sbloccare il
, p p p g p
tema dell’attualizzazione dell’opera colta.
‐ ogni musica è complessa, perché risponde ad un molteplice sistema
di relazioni;
‐ ogni musica è semplice, perché risponde ad un bisogno dell
ogni musica è semplice perché risponde ad un bisogno dell’uomo
uomo
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Prendiamo sul serio l’invito a seguire le tracce antropologiche presenti
nelle origini della musica occidentale, fino a quando, “agli inizi del
ll i i i d ll i id t l fi d “ li i i i d l
medioevo, la musica assunse definitivamente la fisionomia di
un’autonoma scienza dei suoni, rompendo quei vincoli…”
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(Giannattasio)
Vi è dunque una progressiva dissolvenza della traccia antropologica
Vi è dunque una progressiva dissolvenza della traccia antropologica
fino ad un “punto di non ritorno”.
Cosa significa questo: che antropologico e colto si pongono, da quel
punto in poi, come universi tecnici, sociali e ideologici opposti,
avversivi? Oppure che per inquadrare la musica sviluppatasi nella
avversivi? Oppure che, per inquadrare la musica sviluppatasi nella
storia in termini tecnicamente e socialmente alti, dobbiamo
semplicemente aggiungere al sostantivo “antropologia” l’aggettivo
“colta”?
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Un’ultima cosa. Nella strutturazione del sistema di relazioni
all’interno del quale si colloca, si spiega e si dispiega la musica
q , p g p g
colta, è importante fare entrare anche (e in maniera significativa)
la conoscenza filosofica, la quale ci racconta di una “visione del
mondo” che nel tempo dialoga, direttamente o indirettamente,
d ” h l di l di i di
con il sapere e la pratica musicali.
Conosciamo il piano ideologico d’ingresso: la realtà retta da un
ordine logico‐ideale, una ordinata harmonia
g mundi.
Una visione che, modificatasi e adattatasi nel tempo, si incrina
i
irreversibilmente tra Otto e Novecento e determina quello che
ibil O N d i ll h
Adorno chiama l’ “orizzonte di senso” della nostra epoca (vedere
Lisciani Petrini).
Lisciani‐Petrini)
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Conosciamo la storia, abbiamo un nuovo quadro di riferimento,
ora facciamo didattica.
Occorrono alcune scelte di base
Occorrono alcune scelte di base
‐ dove siamo (ordine e grado di istruzione; contesto)
‐ scelta dell’asse didattico (produttivo, epistemico, pratico)
‐ manuale sì, manuale no
‐ uso delle nuove tecnologie
‐da dove partire: opera o argomento?
da dove partire: opera o argomento?
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Che da essa si parta o che ad essa si arrivi, l’opera rimane
centrale.
Le riflessioni di questi anni ci aiutano ad evitare vecchi o più
Le riflessioni di questi anni ci aiutano ad evitare vecchi o più
recenti errori: la contemplazione estetica (il platonismo da cui ci
g ),
ha messo in guardia Dahlhaus), determinismo ed eurocentrismo, ,
il rifugio storico‐stilistico, il purismo strutturalista (vedere
l’autocritica di Nattiez)
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Occorre INTERROGARE L’OPERA
(Ogni elencazione non sarà gerarchica né per importanza né per successione logico‐temporale)
(Ogni elencazione non sarà gerarchica né per importanza né per successione logico temporale)
‐ Qual è la sua “carta di identità”?
‐ Qual è il suo habitat socio‐culturale ?
Qual è il suo habitat socio culturale ?
‐ Com’è fatta?
‐ Come suona e cosa (probabilmente) suscita?
Come suona e cosa (probabilmente) suscita?
‐ Qual è (o sembra essere) il suo carattere dominante?
‐ Quali sono le variabili più o meno nascoste?
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Conclusa l’indagine, posso dare un senso ai risultati ottenuti?
g ,p
Mi rappresento una verità storica che si concretizza in azione
dd
didattica?
?
Posso dare un significa tutto particolare a quell
Posso dare un significa tutto particolare a quell’opera
opera specifica
specifica
senza smarrire la continuità storica?
Posso restituire il bisogno di quell’opera, attualizzarne il valore
senza trascurare la distanza storica?
Ho una strategia narrativa?
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Bene,
sono pronto per fare didattica!
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