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1) Negli ultimi decenni del Seicento, dopo un periodo di calo, la popolazione d’Europa

ricominciò ad aumentare e quasi raddoppiò in 140 anni, passando dai 100 milioni circa del
1660 ai 187 milioni del 1800.
La crescita divenne impetuosa nella seconda metà del XVIII secolo e de- terminò una
maggiore domanda di prodotti. Vennero estese le coltivazioni e parecchi paesi tentarono di
modernizzare la propria agricoltura seguendo l’esempio offerto dall’Inghilterra.

2) le cause della rivoluzione demografica sono 2, la natalità e la mortalità, e in questo


periodo il saldo è sempre positivo. In questo contesto la mortalità straordinaria diminuisce a
causa del minor numero di epidemie, carestie e guerra, ma anche la mortalità ordinaria
diminuisce e vi è un innalzamento dell’età media: ciò dipende dalle migliori condizioni
igieniche e all’alimentazione.

3) Le trasformazioni più significative furono il miglioramento degli utensili tra- dizionali, come
l’aratro, e l’invenzione di nuovi, come la trebbiatrice e la seminatrice; l’introduzione e
l’estensione di nuove colture come il mais, la patata – portata dal Nuo- vo Mondo nel XVI
secolo, ma coltivata in modo sistematico solo nel XVIII

5) La comunità contadina tradizionale si disgregò inevitabilmente, e al suo posto si


costituirono grandi fattorie, affidate per lo più ad affittuari imprenditori, che accrebbero a
dismisura la produzione mediante l’applicazione maniacale dei nuovi metodi. Non tutti i
vecchi proprietari, rimasti privi dei loro campi, trovarono lavoro come braccianti nelle aziende
agrarie di stampo capitalistico: i più furono costretti ad abbandonare le campagne e a ritirarsi
nelle città industriali, ove molti trovarono impiego nelle nascenti fabbriche, scadendo però
dalla condizione di liberi a quella di operai salariati

6) Per superare la resistenza strenua dei piccoli proprietari ostili a tali innovazioni si chiesero
al Parlamento i decreti necessari alla legittimazione delle recinzioni, conosciuti come
“enclosures acts”. Incapaci di prendere analoghe iniziative, difettando della necessaria
lungimiranza, timorosi della concorrenza delle grosse imprese agricole condotte con sistemi
del tutto innovativi, i piccoli proprietari finirono per vendere ai più fortunati e ai più ricchi le
loro terre.

7) Il fenomeno del pauperismo è dovuto a fatti economici e sociali della più complessa
natura, dalla vitalità e spirito d'intraprendenza economica del popolo allo stato di sufficienza
relativa delle risorse naturali, alla quantità di terre libere e di capitali disponibili a basso
interesse, all'altezza relativa del reddito (quando il reddito è estremamente ridotto nei bassi
strati della popolazione, la vasta e profonda disintegrazione morale e sociale che spesso ne
deriva, aggrava lo stato di povertà), alla disuguaglianza naturale e sociale, per cui gl'individui
nascono con un diverso grado di salute fisica, mentale e morale, con diversa volontà e
carattere e con differente grado di agiatezza, sicché una parte di essi ha un insieme di
probabilità e di opportunità d'una vita migliore di gran lunga inferiori a quelle dell'altra parte,
oltre, naturalmente, a quelle differenze che si vanno immancabilmente formando nel corso
della vita. Accanto a questi fattori del pauperismo, che si possono dire permanenti, altri ve
ne sono con effetti di durata variabile, per cui il pauperismo presenta in certe epoche un
eccezionale grado di sviluppo, per la sproporzione fra domanda e offerta di lavoro. Tra
queste ultime cause vanno menzionate per l'intensità dei loro effetti, le guerre e le crisi
capitalistiche, accompagnate o seguite dal ridursi dell'attività commerciale e industriale onde
si forma rapidamente una grande massa di disoccupati.

8) Nella società preindustriale il fattore produttivo fondamentale era il lavoro: la maggior


parte della forza lavorativa era impiegata in agricoltura; i settori industriali più diffusi erano
quelli dei prodotti alimentari, dei vestiti, e delle costruzioni edilizie

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