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FS2419 Pascal, Pensieri (Prof. S.

D’Agostino)
Studente: CANUTO MONTEIRO, EUDER DANIANE
Roma, 23-03-2017

Pensiero L VIII, 132: Sul Divertissement

Pascal ci propone come riflessione nella Liasse VIII il tema del


Divertissement. In un modo specificio, partiamo in questa ricerca dal primo
frammento L VIII/132, che già in anticipo ci introduce nel problema che verrà
discusso in quest’intera liasse, cioè fino al frammento L VIII/139. Qui,
desideriamo proprio approfondire che cosa significa questo concetto per questo
autore e come questo pensiero rientra nell’insieme della sua visione
antropologica e filosofica?
In L VIII/132, Pascal scrive come in un dialogo. Prima, egli afferma: «Se
l’uomo fosse felice tanto più lo sarebbe quanto meno fosse divertito [diverti],
come i santi e Dio». E, poi, continua nella stessa citazione formulando la
seguente domanda: «Sì; ma non è forse essere felice il poter esser rallegrati dal
divertimento [divertissement]?» A ciò egli stesso segue rispondendo: «No; poiché
viene da altro luogo e dal di fuori; e quindi è dipendente, e in ogni caso,
soggetto ad essere turbato da mille accidenti, che rendono le afflizioni
inevitabili». Guardare soltanto questo frammento già ci offrirebbe importanti
elementi per la nostra riflessione. Ma, prima di analizzarlo isolatamente
prendiamo al meno tre frammenti che si rapportano direttamente alla sua
proposta e, dopo, ne riprenderemo con una visione più ampia per indicare
alcune vie di riflessioni.
Il primo frammento che gli studiosi di Pascal ci indicano come quello che
si rapporta a questo scelto da noi è il frammento L III/70, che dice: «Se la nostra
condizione fosse veramente felice non occorrerebbe distrarsi dal pensarvi». Ciò
si tratta, quindi, di un piccolo frammento trovato dentro della liasse che trattava
della Miseria e qui ci aiuta a capire che la ricerca del «distrarsi», cioè di
«divertissement», è una prova di che l’attuale condizione umana non è una
condizione di felicità1.
Il secondo frammento si trova alla fine della liasse studiata qui, cioè in L
VIII/139, che ci dice, in sintesi, che gli uomini fin dall’infanzia sono abituati a
fare molte cose, ad avere molti incarichi e affari, in modo tale che non abbiano
tempo di pensare «in ciò che sono, da dove vengono, dove vanno». Infatti nella
citazione «a», appartenente a questo frammento, Pascal scrive proprio che
questi affari servono «affinchè [gli uomini] siano così presi da tutti questi

1 Cf. i «Commenti su LVIII/132» in


http://www.penseesdepascal.fr/Divertissement/Divertissement1-
moderne.php?r1=L%20132&r2=Mot%20ou%20expression (Accesso in 20/03/2017).
pensieri da non pensare affatto». Ciò, secondo Pascal traduce «Quanto vuoto è
il cuore dell’uomo e pieno di ordura». Qui, si osserva chiaramente che il
divertissement rientra come un modo di scappare alla possibilità del pensiero. Di
fatto, su questo argomento afferma Peratoner: «Opposta al divertissement
abbiamo visto stagliarsi la pensée, in tutta la sua eccelenza, ragione prima della
grandeur de l’homme, pur tra tante miserie. Il suo esercizio costituisce il rovescio
pratico del divertissement, al cui parossismo dispersivo e dissipatore oppone la
quiete della riflessione e della con-centrazione»2.
Il terzo e ultimo frammento che prendiamo e che ci aiuta molto a chiarire
la riflessione pascaliana sul divertissement nell’insieme della sua opera si trova
nella prima serie della sezione seconda, che riunisce le serie non classificate, in
L 414. Lì troviamo: «La sola cosa che ci consola delle nostre miserie è il
divertimento [divertissement]. E tuttavia è la più grande delle nostre miserie. È
lui infatti che ci impedisce principalmente di pensare 3 a noi stessi e fa che ci
perdiamo insensibilmente. Senza di lui saremmo nella noia, e questa noia ci
spingerebbe a cercare un mezzo più solido per uscirne ma il divertimento
[divertissement] ci distrae e ci fa arrivare insensibilmente alla morte».
Infine, possiamo adesso presentare alcune considerazioni conclusive. La
prima considerazione si riferisce al fatto di che in Pascal il termine divertissement
vuole significare qualcosa che implica distrazione o una specie di movimento
perpetuo nel senso di fuggire da un oggetto all’altro per non affrontare a se
stesso, al suo cuore vuoto e la sua condizione di miserabile 4. Non si tratta,
quindi, di un semplice «divertimento» ma di una costante ricerca di scappare
da se stesso e della realtà della nostra finitezza. In questo senso, la traduzione
italiana non ci pare esser precisa e, perciò, abbiamo fatto la scelta di usare
sempre l’espressione nell’originale francese. La seconda considerazione si
riferisce al fatto di che Pascal pone il divertissement come il rovescio del pensée
(pensiero). Se l’ultimo indica la grandezza dell’uomo in quanto rende possibile
la riconoscenza della sua propria miseria e della sua grandezza, vale a dire di
essere capax Dei5, il primo è il modo di non affrontare questa realtà e, come
conseguenza, vivere «soggetto ad essere turbato da mille accidenti, che rendono

2 A. PERATONER, Blaise Pascal: ragione, rivelazione e fondazione dell’etica: Il percorso


dell’Apologie, I, Venezia 2002, p. 763.
3 Italico nostro per sottolineare l’insistenza pascaliana nell’idea dell divertissement come

qualcosa che ci impedisce di pensare.


4 Cf. A. PERATONER, Blaise Pascal: ragione, rivelazione e fondazione dell’etica: Il percorso

dell’Apologie, p. 758.
5 Cf. C. VIGNA, «Pascal e l’apologetica», in A. PERATONER, Blaise Pascal: ragione,

rivelazione e fondazione dell’etica: Il percorso dell’Apologie, p. 815.


le afflizioni inevitabili» (L VIII/132). Così, «il divertissement rappresenta un
surrogato dell’autentica felicità mancata alla presa dello spirito»6.

6 Cf. A. PERATONER, Blaise Pascal: ragione, rivelazione e fondazione dell’etica: Il percorso


dell’Apologie, p. 759.

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