Documenti di Didattica
Documenti di Professioni
Documenti di Cultura
L’ATTENTATO
Il 23 Marzo 1944 (giorno del 25° anniversario della fondazione del Partito Fascista)
un gruppo di partigiani fece esplodere un ordigno in Via Rasella, a Roma, proprio
mentre passava una colonna di militari tedeschi.
I partigiani riuscirono ad evitare la cattura disperdendosi tra la folla, che si era
radunata sul luogo dell’attentato, in cui morirono 32 soldati tedeschi (altri dieci
morirono nei giorni successivi).
LA RAPPRESAGLIA
La sera del 23 marzo Herbert Kappler (tenente colonnello delle SS) e Kurt Mälzer
Kurt Mälzer (comandante Generale), proposero la fucilazione per rappresaglia di
dieci italiani per ogni militare ucciso nell’attentato partigiano.
Si racconta che in un primo momento Hitler, appena gli venne comunicata la notizia
dell’uccisione dei militari, reagì ordinando la distruzione di interi quartieri di Roma.
Successivamente manifestò il suo appoggio alla rappresaglia proposta.
Per raggiungere la quota necessaria, essi rastrellarono anche alcuni civili, che
passavano per caso nelle vie di Roma. Il più anziano tra gli uomini uccisi aveva
poco più di settant’anni, il più giovane quindici.
Quando le vittime vennero radunate all’interno delle cave, Priebke e Hass si
accorsero che ne erano state selezionate erroneamente 335 invece delle 330
previste dall’ordine di rappresaglia. Le SS però decisero che rilasciare quei 5
prigionieri in più avrebbe potuto compromettere la segretezza dell’azione e quindi
decisero di ucciderli insieme agli altri.
IL MONUMENTO COMMEMORATIVO
Il 24 marzo 1949, nel luogo dell’eccidio, fu costruito un grande monumento, dove
sono custodite le spoglie delle vittime della strage. Ogni anno, il 24 marzo, le
massime autorità italiane e del comune di Roma si recano in questo luogo a
ricordare l’eccidio.
UN PARMIGIANO VITTIMA DELLE FOSSE ARDEATINE: PILO ALBERTELLI
Nacque a Parma nel 1907 il 30 settembre 1907.
Durante il ventennio fascista, il padre, politicamente in opposizione al regime di
Mussolini, riuscì a stento a sfuggire con la famiglia ad un attentato, tesogli dagli
squadristi parmensi, che distrussero la sua casa e il suo studio (di ingegneria) in via
Saffi, nel centro della città.Tutta la famiglia fu così costretta a trasferirsi a Roma,
dove Pilo svolse la professione di docente di Storia e Filosofia.