Sei sulla pagina 1di 146

Giancarlo Nadin

PHARMACEUTICAL CARE:
SFIDA PER LA FARMACIA
DEL FUTURO

INSIEME PER LA SALUTE DEL CITTADINO


Giancarlo Nadin

PHARMACEUTICAL CARE:
SFIDA PER LA FARMACIA
DEL FUTURO
PREFAZIONE

I l Pharmaceutical Care (PhC), una forma evoluta di assistenza


farmaceutica basata sul ruolo centrale della farmacia nel
monitoraggio delle terapie croniche, è ormai un modello di
riferimento per le farmacie italiane, come per quelle di molti altri
Paesi europei. Infatti, proprio la presa in carico dei pazienti cronici
da parte della farmacia, con l’obiettivo di migliorare i risultati
terapeutici e garantire la compliance, è uno degli strumenti
essenziali per garantire la sostenibilità del sistema, valorizzando il
ruolo professionale della farmacia.
Per questo motivo, nel 2013 Federfarma ha deciso di aderire
al PCNE, Pharmaceutical Care Network Europe, collaborando alla
realizzazione della ricerca condotta a livello europeo sul grado di
attuazione del PhC e sulla Farmacia dei servizi, estensione italiana
del modello di farmacia impegnata nell’assistenza mirata al singolo
paziente e a garantire, oltre alla dispensazione del farmaco, una
serie di prestazioni aggiuntive utili al cittadino e al sistema.
Questa pubblicazione illustra i risultati della ricerca condotta
nel nostro Paese dal prof. Giancarlo Nadin, docente di marketing
all’Università Cattolica di Milano, con il supporto incondizionato
di GSK, un’azienda con la quale Federfarma ha avviato un
percorso di collaborazione, nato dalla condivisione di alcuni
principi di fondo: il farmaco è un bene essenziale per la collettività
e va adeguatamente valorizzato, la farmacia è un presidio
fondamentale del sistema, impegnata da sempre a garantire una
sicura e appropriata dispensazione del farmaco e il suo corretto
utilizzo e ora impegnata anche sul fronte dell’erogazione di nuovi
servizi alla popolazione.
La ricerca ha realizzato una fotografia della situazione italiana,
con l’obiettivo di analizzare come i farmacisti stiano affrontando

2
le tematiche del PhC, come cioè i nostri colleghi si comportino
quando devono confrontarsi con le problematiche poste da un
malato cronico che ha bisogno di essere seguito e monitorato
nel proprio percorso terapeutico. Un lavoro, quindi, che diventa
propedeutico alla “Farmacia dei servizi”, per predisporci
all’innovazione e capire come affrontare le nuove sfide che la
società ci richiede.
Questi dati hanno costituito un punto di partenza per delineare
un percorso di rilancio della farmacia italiana a partire da un’analisi
delle esperienze innovative, ma anche dei punti deboli, e da un
confronto con gli altri Paesi europei, nei quali si stanno sviluppando
iniziative e progetti sul fronte del Pharmaceutical Care. Su tale
base Federfarma ha disegnato un progetto di sviluppo che punta a
mettere le farmacie in grado di fornire alla popolazione, su tutto il
territorio nazionale, un nucleo base di nuovi servizi di alta valenza
sociale e sanitaria, che valorizzino il contributo professionale della
farmacia soprattutto sul fronte del monitoraggio e dell’aderenza
alle terapie. In quest’ottica le piattaforme informatiche predisposte
da Promofarma sono un importante strumento operativo a
disposizione di tutti i Colleghi.
Il presente lavoro, quindi, non è una delle tante ricerche che poi,
una volta presentate, restano nel cassetto, ma costituisce una base
documentale su cui costruire la farmacia di domani. Per questo
invito tutti i Colleghi a leggere con attenzione questa pubblicazione
e a fare tesoro delle tante utili indicazioni che emergono.
Buona lettura, e buon lavoro a tutti.

Annarosa Racca
Presidente di Federfarma

3
INDICE

Prefazione 2

1. Pharmaceutical Care e coinvolgimento della farmacia nelle cure primarie 5



Definizione e ambiti di azione del Pharmaceutical Care 5
Prospettiva internazionale del Pharmaceutical Care 9
Il ruolo della farmacia territoriale nelle cure primarie 12

2. Analisi dello stato del Pharmaceutical Care in Italia 15



Il modello di funzionamento del Pharmaceutical Care 17
La gestione dei problemi farmaco-correlatati (DRP) 20
La presa in carico dei nuovi pazienti 34
Mantenimento della relazione con i pazienti già assistiti 45
Gli atteggiamenti nei confronti dei servizi 55
Struttura, organizzazione e processi 59
Collaborazione interdisciplinare 74

3. Approcci diversi al Pharmaceutical Care 89



Una vista di insieme 89
Segmentazione delle farmacie in base al PhC 101
Il profilo dei tre segmenti di farmacie (condizioni oggettive) 112

4. L’evoluzione del Pharmaceutical Care in Europa 123



Numerosi i progetti elaborati 123
Il profilo dei rispondenti a confronto 125
Comportamento in tema di Pharmaceutical Care 129
Evoluzione del Pharmaceutical Care nel corso del tempo 131

5. Considerazioni conclusive e uno sguardo al futuro della farmacia 136



Riflessioni in tema di Pharmaceutical Care 136
Traiettoria evolutiva per una farmacia dei servizi 139

Protocollo d’intesa 142

4
PHARMACEUTICAL CARE
E COINVOLGIMENTO DELLA FARMACIA
NELLE CURE PRIMARIE

Definizione e ambiti di azione


del Pharmaceutical Care
Il concetto di Pharmaceutical Care viene definito come: “Il servizio
di supporto professionale alla corretta ed efficace assunzione del-
la terapia farmacologica al fine di conseguire risultati che migliora-
no la qualità di vita di un paziente”. Questa definizione è stata data
da Hepler e Strand, due accademici rispettivamente appartenenti
all’University of Florida e all’University of Minnesota nei primi anni
Novanta (cfr. Hepler CD, Strand LM.; “Opportunities and responsibi-
lities in pharmaceutical care”. Am J Hosp Pharm. 1990; 47:533–43).
Secondo essa il PhC (Pharmaceutical Care) coinvolge non soltanto
la dispensazione della terapia farmacologica, ma anche il supporto,
il consulto e il servizio di controllo ai pazienti per un uso corretto ed
efficace della terapia farmacologica, soprattutto per coloro che sono
affetti da patologie croniche, magari anche multiple, e che prevedo-
no quindi multi-trattamenti farmacologici.
Un aspetto che caratterizza l’approccio PhC è la messa a punto di
un programma personalizzato di follow-up del paziente, finalizzato a
monitorare l’iter della terapia e il conseguimento dei risultati definiti
e attesi (per esempio la riduzione o eliminazione dei sintomi di uno
stato di malessere). Un programma di PhC dovrebbe, quindi, inclu-
dere:
• consulto del paziente per valutare sia l’effettiva comprensione
e capacità di rispettare la terapia farmacologica, sia per iden-
tificare eventuali esigenze e peculiarità nel trattamento farma-
cologico;
• valutazione della terapia farmacologica assegnata, per indivi-
duare potenziali problemi legati all’assunzione farmacologica
(per esempio, effetti collaterali, interazione di più farmaci, limi-

5
Pharmaceutical Care e coinvolgimento della farmacia nelle cure primarie

tata aderenza e compliance del paziente);


• messa a puntoANALISI DELLO
di un piano STATOper assicurare che
di monitoraggio,
DEL PHARMACEUTICAL CARE
gli obiettivi terapeutici siano raggiunti IN ITALIA
e verificare l’insorgere
di eventuali complicanze, in tema d’interazione tra farmaci;
• educazione del paziente sul suo stato di salute, gestione della
patologia e, in generale, di iniziative per la promozione della
salute della cittadinanza;
• collaborazione tra farmacisti e altri operatori sanitari (medici di
medicina generale, specialisti, infermieri, ecc.), per prevenire,
identificare e risolvere problemi legati all’assunzione del far-
maco e alla salute del paziente.
L’essenza del PhC, quindi, consiste nello spostare l’attenzione
dalla semplice consegna del farmaco alla sistematica e organizzata
erogazione di un servizio d’assistenza, per una corretta fruizione del-
la terapia farmacologica e il raggiungimento degli obiettivi di cura.
Così farmacia e farmacista diventano maggiormente responsabiliz-
zati sul risultato della terapia, ma non si sostituiscono al medico, nè
di base nè specialista, ma si integrano assumendo un ruolo specifico
nella rete dei servizi al paziente, contestualizzando in modo più mar-
cato il proprio ruolo fondamentale nel Ssn.
Sulla scorta di questa definizione si è creata nel tempo una speci-
fica teoria, che fa ritenere il PhC disciplina propriamente applicabile
nelle farmacie di comunità. Nel 1994, infatti, viene fondato il PCNE,
un’organizzazione con lo scopo precipuo di diffondere in Europa la
disciplina del PhC. Il nome stesso del gruppo -composto da ricerca-
tori, accademici e farmacisti professionisti- è l’acronimo di Pharma-
ceutical Care Network Europe (vedi www.PCNE.org).
Anche il PCNE, che è incentrato esclusivamente sui temi del PhC
nelle farmacie di comunità, ha consolidato nel tempo proprie prassi
operative, sintesi dell’esperienza compiuta nei vari Paesi membri. La
stessa definizione di PhC, frutto di una visione maturata in più Paesi,
è stata rivista nel 2013 da questo gruppo di ricerca: Kurt E. Her-
sberger (Svizzera), Nina Griese-Mammen (Germania), Maria Cordina
(Malta), Mary P. Tully (Regno Unito), Veerle Foulon (Belgio), Charlotte
Rossing (Danimarca), Foppe J.W. van Mil (Olanda). Eccola:

6
Il PhC è il contributo del
farmacista all’assistenza e la
cura dei pazienti presi nella
loro individualità, al fine di
ottimizzare l’assunzione dei
farmaci e migliorare il loro
stato di salute.

Questa definizione enfatizza alcuni punti decisivi per la farmacia:


1. La centralità del farmacista, e soprattutto della farmacia di co-
munità: per il PCNE il PhC è prioritariamente affidato al farma-
cista, perché in possesso della parte critica di conoscenze e
competenze: chimica e cinetica del farmaco.
2. Questo non deve indurre a pensare che il PhC sia soltanto del
farmacista, perché è un gioco di squadra, che implica la col-
laborazione tra le diverse professionalità. Ergo, la farmacia è
chiamata a instaurare un dialogo continuo con gli altri opera-
tori della salute.
3. Centro di questa attività è la cura e l’assistenza degli individui
presi singolarmente: uno alla volta. Ciò implica che il lavoro del
PhC si sostanzia in piani d’intervento diretti e specifici per sin-
goli pazienti. Il farmaco è un bene standard, soprattutto quan-
do prodotto in serie dall’industria, mentre il PhC è sempre e
solo personalizzato. Quindi, può includere le attività di edu-
cazione, informazione e counselling erogate al banco durante
la consegna del farmaco, ma non è da confondere con esse,
perché qui non è richiesta la conoscenza e il rapporto con il
singolo paziente.
4. Ottimizzare l’assunzione del farmaco è un punto fermo del
PhC. La personalizzazione del rapporto di cui abbiamo parlato
al punto precedente, infatti, induce il farmacista a indagare
non soltanto su temi strettamente connessi alla terapia del
paziente, ma anche sulle sue stesse condizioni (stile di vita,
abitudini alimentari, comportamenti e atteggiamenti rispetto

7
Pharmaceutical Care e coinvolgimento della farmacia nelle cure primarie

al concetto di salute), tali da generare i cosiddetti problemi


ANALISI
farmaco-correlati. DELLO
Questa STATO
ottimizzazione deve, quindi, essere
DEL PHARMACEUTICAL CARE IN ITALIA
ricercata proprio nella riduzione o eliminazione dei problemi
farmaco-correlati.
Vediamo quindi come il farmacista, che adotta un approccio PhC,
è in grado d’affrontare i problemi farmaco-correlati. “Problemi far-
maco-correlati: pietra miliare del PhC”: così titola un articolo di Fop-
pe van Mil (comitato scientifico del PCNE), pubblicato sul “Journal of
the Malta College of Pharmacy Practice” nel 2005.
La gestione dei problemi farmaco-correlati è, infatti, il cuore del
PhC, perché proprio da questi “problemi” può ingenerarsi il suo fal-
limento, ovvero la non ottimizzazione dell’uso dei farmaci, o il peg-
gioramento della qualità di vita del paziente. Le fonti dei problemi
farmaco-correlati possono essere rintracciate in tre fattispecie, come
evidenziato in figura 1.1:

Fig. 1.1 – Fonti dei problemi farmaco-correlati

Si potrebbe pensare che il PhC focalizzi l’attenzione sui problemi


che si originano in farmacia, cioè sostanzialmente sulla dispensazione
(vedi figura 1.1), perché gli altri, perlomeno quelli connessi con i pro-
blemi prescrittivi, dovrebbero essere analizzati altrove(per esempio,
nell’ambito medicale). In realtà l’ambito d’azione del PhC si estende
su tutti e tre i livelli (medicina, farmacia e paziente). La disciplina del
PhC sostanzialmente entra in azione proprio nella terza fase, cioè
quella che vede una forte interazione con il paziente. Questa fase
temporalmente è l’ultima delle tre e, quindi, vede riuniti gli effet-
ti (positivi e negativi) anche delle prime due. Cioè il PhC intervie-
ne nella valutazione e verifica degli effetti integrati e sinergici dei
tre processi governati da soggetti diversi, ma comunque impattanti
sull’outcome terapeutico e sulla salute del paziente (crf fig. 1.1).
Ma allora, ci si potrebbe chiedere, perché proprio il farmacista è

8
chiamato a governare questo processo che travalica i confini del suo
operato (fase della dispensazione)? Perché è colui che, a valle, vede
l’intero processo (integrato nelle tre componenti), perché possiede
competenze sul farmaco e sul paziente e, infine, perché ha modo di
frequentare il paziente più di quanto facciano le altre professioni. Si
stima, infatti, che il farmacista, proprio per il servizio di consegna del
farmaco, abbia la possibilità d’incontrare il paziente ben sei volte più
del medico curante.
I problemi farmaco-correlati possono ulteriormente essere classi-
ficati come reali e manifesti, cioè tali da influenzare il risultato della
terapia, oppure potenziali, cioè problemi non ancora manifesti, ma
che possono impattare negativamente sui risultati terapeutici. Qui il
farmacista è chiamato a valutare le probabilità di rischio e il possibile
impatto e, di conseguenza, capire come limitarne gli effetti.
Infine, i Problemi farmaco-correlati possono essere evitabili e ine-
vitabili. Fra questi ultimi, van Mil cita per esempio la nausea, quale
effetto collaterale nell’assunzione di farmaci oncologici o nelle inte-
razioni tra terapie anti Aids. Che si tratti di problemi evitabili o inevi-
tabili, comunque sia, il farmacista che si ispira al PhC è tenuto a com-
piere le dovute indagini, affinché sia minimizzato l’impatto negativo
sullo stato di salute del paziente. E questo, proprio in ossequio alla
definizione di PhC prima data.
In sostanza, il PhC mette il farmacista e la farmacia territoriale al
centro di questo processo, dando grande risalto al suo ruolo. Ma,
al contempo, responsabilizzandolo maggiormente rispetto ai livelli
connessi alla dispensazione del farmaco.

Prospettiva internazionale
del Pharmaceutical Care
Proprio in virtù di questa rilettura del ruolo della farmacia territoria-
le nell’ambito delle cure primarie, e della sua centralità nella gestio-
ne dei problemi farmaco-correlati o nel supporto per una maggiore
aderenza del paziente cronico, sono stati ovunque attivati progetti e
programmi per un suo maggiore coinvolgimento nel processo delle
cure primarie. La figura 1.2 mette in evidenzia una serie di iniziative
sperimentate in vari Paesi e Continenti, più o meno convergenti con

9
Pharmaceutical Care e coinvolgimento della farmacia nelle cure primarie

ANALISI DELLO STATO


DEL PHARMACEUTICAL CARE IN ITALIA

Fig. 1.2 – Esperienze di programmi e progetti per sviluppare il PhC

la nozione di PhC prima delineata.


Le esperienze che si sono susseguite nel tempo per mettere in atto
la disciplina del PhC sono svariate e presentano anche obiettivi diver-
si. Nessuno di essi, però, riesce a coprire in maniera compiuta l’inte-
ro corpo teorico del PhC. Per esempio, il patient counseling, nato
intorno alla fine degli anni ’80, è un primo passo di avvicinamento al
PhC, ma da esso differerisce in quanto non è finalizzato ad assistere
in via continuativa il paziente cronico, occupandosi prioritariamente
di rimuovere i vincoli che ostacolano una piena comprensione delle
informazioni sul farmaco e sulla sua assunzione.
Esistono svariate iniziative per mettere in piedi programmi per
l’assistenza di pazienti con specifiche patologie, tipo il diabete. Que-
ste vanno classificate con il nome di Disease management, e sono
più particolareggiate rispetto al patient counselling, in quanto non si
limitano a fornire una base conoscitiva condivisa con il paziente, ma
offrono invece il supporto assistenziale continuativo (prevedono, per
esempio, la programmazione degli interventi attraverso il follow-up).
Il desease management, comunque sia, non copre l’intero spettro

10
del PhC, in quanto si concetra su una patologia, quindi con parziale
copertura delle problematiche generali, senza specifici approcci ver-
so pazienti con più morbilità e, quindi, multitrattati.
Ha invece l’obiettivo di coprire in maniera totale tutte le proble-
matiche e la patologie del paziente il Comprehensive Medication
Review. Nato nei Paesi nord europei è un progetto portato avanti
proprio per assicurare assistenza a coloro che sono politrattati (cin-
que terapie concomitanti, che possono comportare l’assunzione
quotidiana di 15-20 pillole).
L’Home Medication Review è un programma sviluppatosi in Au-
stralia, per assicurare l’assistenza in chiave PhC a pazienti che non
possono muoversi da casa.
Il Medication Therapy Management è nato negli USA, per as-
sistere in farmacia pazienti privi di copertura assicurativa, che non
potevano ottenere i servizi sanitari a pagamento. Assomiglia mol-
to al PhC in quanto ha come scopo quello di assistere il paziente
nell’assunzione delle terapie e migliorare l’outcome terapeutico. Si
fonda su alcuni punti essensiali: la revisione della terapia; la stesura
di un fascicolo del paziente con tutte le informazioni cliniche; il pia-
no di azione che prevede l’intervento del farmacista e il possibile
deferimento al medico; il programma di follow-up per assicurare la
continuità assistenziale.
Medicines Use Review è un programma sviluppatosi nel Regno
Unito dal 2005 e voluto dal NHS (Servizio sanitario nazionale), con
lo scopo di verificare le condizioni di consapevolezza del paziente
in tema di assunzione dei farmaci. Si fonda sui seguenti elementi:
revisione delle terapie a opera di farmacista e paziente, finalizzata
a valutare lo stato di consapevolezza del paziente e a identificare
potenziali sovrapposizioni di farmaci; offrire informazioni al paziente
su un uso più corretto del farmaco; presentare al paziente potenziali
rischi causati da un uso improprio del farmaco, quali effetti collatera-
li, interazioni farmaco su farmaco, ecc.
Una valutazione, compiuta nel biennio 2011-12, informa che a
questo programma hanno aderito circa 8 mila farmacie, con una co-
pertura di più di 2 milioni di casi applicativi e con un costo di 68 mi-
lioni di sterline per il NHS. Si stima che il costo nazionale del farmaco
non correttamente impiegato ammonti a circa 300 milioni di sterline

11
Pharmaceutical Care e coinvolgimento della farmacia nelle cure primarie

l’anno; perdita secca di valore che, in parte, può essere ridimensio-


nata per effetto di ANALISI DELLOquali
progetti e interventi STATO
il MUR.
DEL PHARMACEUTICAL CARE
Esistono progetti pilota di applicazione IN ITALIA
di questo programma
anche in Italia. Qualcosa di simile esiste anche nella vicina Svizzera,
dove hanno coniato il termine Polimedication Check, proprio a te-
stimoniare come questo sforzo d’affiancare il paziente nella guida a
un uso corretto del farmaco abbia maggior importanza proprio nei
pazienti multitrattati (Polimedication).
In sintesi, esistono diverse esperienze compiute nel vecchio Con-
tinente, oltreoceano e fino nell’emisfero australe, tendenti a confer-
mare l’importanza di coinvolgere la farmacia nel percorso delle cure
primarie, e spingerla a favorire il corretto impiego dei farmaci da
parte dei pazienti.
Proprio in ragione di queste esperienze e dell’attenzione da parte
del PCNE ad assumere il ruolo di centro di ricerca, nonché magne-
te delle esperienze europee, la presidenza di Federfama ha ritenuto
nel 2012 di dare seguito alla richiesta di partecipazione dell’Italia al
gruppo di ricerca. Questa partecipazione, che a oggi è assicurata
dall’estensore del presente manuale, ha due scopi.
1. Informare e rendere noto al centro di ricerca le iniziative e lo
stato dell’arte dei servizi in farmacia in Italia.
2. Accedere a esperienze, programmi e progetti sviluppati negli
altri Paesi, come spunto per riflessioni e iniziative all’interno
dei nostri confini.
Durante il 2013 si è così dato corso al primo programma di lavoro
in comune con il PCNE. Si è trattato di un progetto di ricerca per
valutare l’applicazione nei Paesi UE delle logiche e della pratica PhC
nelle singole farmacie. A questo programma di ricerca hanno aderito
13 Paesi, fra cui l’Italia, collezionando complessivamente un campio-
ne di più di 5.000 risposte, di cui 822 in Italia.
Nel prossimo capitolo analizzeremo nel dettaglio la struttura di
questa ricerca, fondata sugli elementi della disciplina del PhC, e
avremo così modo di posizionare l’Italia nel modello PhC e, insieme,
di confrontarla con la farmacia europea.

12
Il ruolo della farmacia territoriale
nelle cure primarie
La volontà di approfondire in Italia la conoscenza sulla PhC non è,
naturalmente, fine a se stessa, ma va interpretata come la necessità
di capire -e dotarsi di strumenti forti- per affrontare con successo lo
sviluppo della farmacia, intesa come attore importante nel quadro
delle cure primarie. Da più parti, infatti, si avverte l’esigenza di rior-
ganizzarle, dopo che hanno raggiunto livelli ragguardevoli di spesa,
addirittura al di sopra della spesa secondaria.
Alcuni affermano che il futuro delle politiche sanitarie è proprio
da ricercare nelle cure primarie. Tale riorganizzazione in parte è già
in atto, e prende spunto dalla cosiddetta “sanità di iniziativa”, dove
gli operatori della salute -in primis il medico territoriale- si attivano
per la presa in carico del paziente cronico, assicurando un program-
ma di continuità assistenziale. E dove anche lo specialista è al servi-
zio dei percorsi diagnostici e di cura, e collabora con la medicina di
base. Insomma, riorganizzazione e rinforzo nella logica del gioco di
squadra, partendo dal principio che proprio nel servizio territoriale si
può ridurre all’essenziale il coinvolgimento, assai costoso, delle strut-
ture. Peraltro, molti progetti sperimentali vanno proprio in questa
direzione (assistenza integrata 24 ore al giorno, modelli territoriali di
Chronic Care, Creg in Lombardia, strutture di comunità, Case della
salute, e così via).
E la farmacia, che ruolo gioca in questo scenario? La farmacia di
comunità, per sua definizione, è territoriale, cioè ancorata nel tes-
suto sociale. Lo dimostrano le svariate ricerche che mettono in luce
la fiducia che il cittadino riversa appunto nella figura del farmacista,
quale professionista capace di offrire un aiuto, un supporto.
Questo però non è sufficiente. Occorre che la farmacia di comu-
nità sappia interagire in maniera sistematica con le altre professioni
sanitarie, dimostri di saper prendersi in carico il paziente, in quel pro-
gramma di sanità d’iniziativa accennato prima. Come dice l’attuale
presidente di Federfarma, Annarosa Racca, va auspicata una farma-
cia sempre più attiva, per portare l’aderenza media del paziente alle
terapie dal 40% a un potenziale 70%, con benefici per il paziente
stesso e tutta la collettività. Impegno questo che, pur se in un con-

13
Pharmaceutical Care e coinvolgimento della farmacia nelle cure primarie

testo non facile, può essere alla portata delle farmacie, perché di-
spongono di competenze specifiche complementari a quelle delle
altre professionalità sanitarie. Per esempio, proprio in una logica di
Chronic Care model, la farmacia trova un suo collocamento ideale
forte e unico come rappresentato da figura 1.3.

SPECIALISTA INFERMIERISTICA
Definisce il PDTA, Assiste il paziente
gestisce la patologia

FARMACIA
Dispensa, amministra
e controlla la terapia
MMG
Gestisce il paziente
e il PDTA e PAI
Fig. 1..3 - Il modello di Chronic Care e il ruolo della farmacia

Qui il gioco di squadra è vincente: assicurare continuità assisten-


ziale ai pazienti cronici significa definire un Piano Diagnostico Tera-
peutico Assistenziale e personalizzarlo per ogni paziente arruolato
nel programma. Il PAI (Piano Assistenziale Individuale), documento
che individua il percorso specifico per il singolo paziente, guida gli
operatori che lo accompagnano. La farmacia in questo scenario può
attivarsi ben oltre quello che oggi realizza, ovvero la consegna del
farmaco accompagnato da informazioni sull’uso.
Grazie alle competenze distintive che possiede in tema di chimica
del farmaco, di farmacologia, di cinetica della terapia sull’individuo,
può aiutare il paziente e il medico ad assicurare una corretta ammi-
nistrazione della terapia. Può così favorire una maggiore aderenza
del paziente e può intercettare e cercare di rimediare a eventuali
problemi farmaco-correlati. In sintesi, può attivarsi profittevolmente
nel mettere in pratica la disciplina del PhC.

14
ANALISI DELLO STATO
DEL PHARMACEUTICAL CARE IN ITALIA

L’essenza del Pharmaceutical Care consiste nello spostare l’atten-


zione dalla semplice consegna del farmaco al paziente, alla sistema-
tica e organizzata erogazione di un servizio di assistenza, per fruire
di una corretta terapia farmacologica e raggiungere gli obiettivi di
cura. Così la farmacia e il farmacista partecipano responsabilmente
al risultato della cura, pur non sostituendosi né alla medicina di base,
né a quella specialistica, ma integrandosi con esse e assumendo un
ruolo nella rete di servizi al paziente, al cittadino e contestualizzando
in maniera più marcata il proprio ruolo fondamentale nel Ssn.
A ben vedere, quanto qui affermato forse non rappresenta nulla
di nuovo nel panorama dell’operatività della farmacia. Quotidiana-
mente, infatti, i 18 mila presidi territoriali che schierano complessi-
vamente qualcosa come 60 mila (fonte sito Federfarma) farmacisti
al servizio della cittadinanza, già operano nella direzione di aiutare
e assistere pazienti, cittadini nonché clienti. I risultati della ricerca
dimostrano, infatti, la disponibilità e le risorse che le farmacie metto-
no in campo per informare i pazienti e supportarli per una migliore
conoscenza del farmaco. Chi più, chi meno, si rende disponibile ad
aiutare anche da un punto di vista umano quanti, a volte visibilmente,
soffrono e richiedono appunto aiuto e ascolto da parte dei farmacisti.
Sotto questo punto di vista il PhC fa già parte dell’attività quotidiana
dei farmacisti e in questo senso dovrebbe trovare piena applicazione,
anche se nella pratica comune non viene chiamato in questo modo o
ancor più non viene riconosciuto come disciplina autonoma.
In realtà, a questa visione ottimistica se ne deve affiancare una più
realistica. Il modello di funzionamento delle nostre farmacie si basa
sulla dispensazione del farmaco e privilegia, correttamente, la veloci-
tà di evasione delle richieste del paziente, siano esse dietro prescri-
zione o su istanza volontaria (scontrino). Questo purtroppo potrebbe
voler dire in molti casi carenza di tempo da dedicare all’assistenza dei
pazienti più bisognosi, proprio perché il ritmo del lavoro in farmacia
è dettato dalla “coda” di clienti che si presentano al banco e che

15
Analisi dello stato del Pharmaceutical Care in Italia

devono essere serviti.


ANALISI
Facendo un’associazione DELLO
di pensiero, STATO
anche un po’ provocatoria, po-
DEL PHARMACEUTICAL CARE IN del
tremmo dire che la condizione di massima applicazione ITALIA
PhC sareb-
be da ricercare in un modello di funzionamento “ambulatoriale” della
farmacia; cioè qualcosa che non esiste e probabilmente non esisterà
mai, proprio perché la farmacia muove il suo funzionamento attorno al
“banco” e trova giustificazione economica nello scambio di farmaci e
prodotti e non nell’erogazione di servizi, come un ambulatorio medico
che, se privato, è remunerato da tariffe di servizio professionale.
Come spiegheremo meglio di seguito, l’applicazione della disci-
plina di PhC in farmacia è un compromesso tra una gestione della
farmacia da banco e una farmacia capace di accogliere il paziente,
per esempio cronico, e supportarlo con un percorso di continuità
assistenziale. Ciò non vuol dire -come evidenziato dalla figura 2.1-
riorganizzare la farmacia come un “ambulatorio medico”, ma creare
le condizioni per assistere in via continuativa i pazienti e al contempo
servire le richieste veloci al banco. Il servizio di dispensa al banco,
comprensivo di consulto, aiuto e rilascio di informazioni potrebbe
non essere sufficiente per taluni pazienti problematici, e in molti casi
purtroppo potrebbe offrire un livello di assistenza estemporanea, o
non sistematica, proprio perché il lavoro segue il ritmo della conse-
gna al banco, e mal si concilia con le esigenze di pazienti critici che
necessitano di supporto.

Fig. 2.1 – Modelli di farmacia a confronto

16
In definitiva, il PhC è una disciplina che è parte naturale della pro-
fessione del farmacista; purtroppo essa viene applicata nella pratica
soltanto in maniera estemporanea e occasionale, in virtù di un mo-
dello di funzionamento della farmacia che vede centrale la dispensa-
zione al banco. Nel futuro però la farmacia, per rendere sistematica
la pratica di erogazione dei servizi, sarà chiamata a integrare alla con-
segna al banco anche la sinergica erogazione di servizi di assistenza
personalizzati ai pazienti, soprattutto cronici e magari multitrattati.
Per fare ciò occorre progredire ed evolversi, seguendo un modello
che è appunto quello presentato in questa ricerca e testato alla luce
dell’esperienza dichiarata da più di 800 farmacie italiane.

Il modello di funzionamento
del Pharmaceutical Care
Il modello parte da un assunto importantissimo: il ruolo chiave
che la farmacia può avere nell’identificare e gestire i problemi far-
maco-correlati che si possono presentare a pazienti cronici e ancor
più gravemente a pazienti multitrattati. Pongo qualche domanda:
qual è il rischio di commettere errori nell’assunzione farmacologi-
ca per un paziente anziano multitrattato? Cioè che è in cura con
più di 5 terapie, che comportano l’assunzione quotidiana di 10-15
pillole o similari? Che tipo di giovamento può ottenere questo pa-
ziente dall’affiancamento del suo farmacista nel percorso di cura?
Sappiamo che i momenti di contatto tra la farmacia e il paziente
sono circa sei volte superiori ai momenti di contatto fra il paziente
stesso e il suo medico curante. Questo dice molto, in termini di
efficacia del servizio offerto dalla farmacia che assiste un simile
paziente. Il modello di PhC parte, quindi, dall’organizzazione di
un sistema di supporto per identificare e gestire i problemi farma-
co-correlati in cui può incappare un paziente cronico. Una gestio-
ne che si fonda su quattro attività fondamentali, che vedremo di
seguito.
Il modello di PhC non soltanto si basa sulla centralità della far-
macia nella gestione dei problemi farmaco-correlati, ma afferma
anche l’importanza della gestione dei pazienti come strumento
base appunto per identificare e gestire i problemi stessi. Da ulti-

17
Analisi dello stato del Pharmaceutical Care in Italia

mo, e come riportato graficamente in figura 2.2, perché si possa


ANALISI
sviluppare e progredire DELLO
la pratica di PhCSTATO
nelle farmacie italiane è
DEL PHARMACEUTICAL CARE
importante che tre aspetti, che definiremo IN ITALIA
antecedenti, siano sod-
disfatti: 1) atteggiamenti e predisposizione verso l’erogazione dei
servizi; 2) apertura collaborativa della farmacia verso la rete degli
operatori delle cure primarie; 3) presenza in farmacia di idonea
struttura, strumentazione e organizzazione.
Intendo rappresentare questo modello, che è fondante del PhC
e al contempo programmatico per una sua applicazione in farma-
cia, con la metafora della “costruzione”, in quanto incarna da sem-
pre un ideale di robustezza e longevità.

Fig. 2.2 – Il modello di applicazione del Pharmaceutical Care

18
La farmacia che fa servizi, oltre alla consegna del farmaco, si ado-
pera per gestire problemi connessi all’assunzione della terapia
(fig. 2.2). Aiuta, per esempio, la collettività ad aumentare il grado di
aderenza del paziente alla prescrizione e alla terapia indicata dalla
medicina e produce così un valore sociale distintivo e unico, cioè non
generabile da altri operatori e, quindi, non sostituibile. Perché que-
sto piano di attività sia praticato, occorre però che la farmacia sia in
grado di assicurare una continuità assistenziale al paziente (gestione
dei pazienti ripetuti fig. 2.2).
Per garantire questa continuità assistenziale è fondamentale che la
farmacia instauri, sin da subito, un rapporto duraturo con i nuovi pa-
zienti che entrano in farmacia. In poche parole: “arruolare i pazienti
per un programma di assistenza e supporto continuativo” (prassi di
arruolamento di nuovi pazienti fig. 2.2). Affinché poi questa casa,
costituita appunto su tre piani complementari fra di loro, stia in piedi
e sia solida è necessario che sia eretta su precise fondamenta. In par-
ticolare, tre sono i pilastri che sorreggono e rendono possibili i servizi
di assistenza (PhC) in farmacia.
Innanzitutto, una predisposizione (atteggiamento) a partire dal ti-
tolare di farmacia di sviluppare i servizi in aggiunta e in piena comple-
mentarità con la dispensazione del farmaco. Il tema è particolarmen-
te spinoso, perché nel vissuto di tutti si ritiene che i servizi drenino
risorse e non generino ricavi, tenuto conto che nessuna convenzione
è stata estesa ad essi. Inoltre la farmacia ha perso valore economico
negli ultimi anni (causa la riduzione dei ricavi e dei margini) e, quindi,
ha sempre meno risorse per finanziare l’innovazione connessa al lan-
cio dei servizi. Discuteremo di questo aspetto più avanti.
Il secondo pilastro che forma le fondamenta della casa del PhC
è la collaborazione. Un tema che scotta, perché rimanda da subito
al “dialogo fra sordi-muti” con la medicina generale e gli altri ope-
ratori della sanità, ma non solo! Analizzeremo anche il rapporto che
sussiste tra gli stessi farmacisti e come questo possa impattare nel-
la costruzione di una rete di servizi, offerta potenzialmente dalle 18
mila farmacie (e i 60 mila professionisti schierati), che sono o sareb-
bero i potenziali nodi di una rete, che assicura un beneficio sociale
incommensurabile, oltre a un risparmio di spesa nella prevenzione e
maggiore aderenza.

19
Analisi dello stato del Pharmaceutical Care in Italia

Il terzo pilastro riguarda la dotazione strutturale necessaria per


fare servizi. Essa ANALISI DELLO di
è fatta prioritariamente STATO
elementi materiali, quali
per DEL PHARMACEUTICAL CARE
esempio gli spazi e i locali della farmacia (cheIN ITALIAsem-
comunque
brano non essere un problema per la maggioranza delle farmacie,
come poi vedremo), ma soprattutto di elementi immateriali, cioè
norme, processi, protocolli di azione, schemi operativi che guidano
la farmacia nel praticare i servizi “day-by-day” e che consentono alla
singola farmacia di erogare servizi nel quadro più ampio di protocolli
di cura (PDTA- Percorsi Diagnostici Terapeutici Assistenziali). Il PDTA
è tanto importante in quanto assicura al paziente un servizio di assi-
stenza senza soluzione di continuità (dall’ospedale al territorio, per
esempio) e cementa al contempo il ruolo della farmacia come attore
chiave (quindi inespugnabile) delle cure primarie.
Definito il modello, entriamo nel dettaglio dei singoli elementi che
lo compongono.

La gestione dei problemi


farmaco-correlati (DRP)
Procedo nella spiegazione del modello a partire dall’ultima fase
(terzo piano della casa), ovvero dai “problemi farmaco-correlati”,
perché nei fatti questa è una misura effettiva di come la farmacia
sia realmente in grado di aiutare i propri pazienti, quando appunto
emergono problemi. La figura 2.3 riporta il dettaglio delle singole
attività che compongono in via schematica il terzo piano della casa
del PhC (riportata in figura 2.2), cioè l’attività di gestione dei proble-
mi farmaco-correlati anche detti, in terminologia anglosassone, DRP
(Drug Related Problem).
Come si evince da una prima osservazione del contenuto di figura
2.3, i singoli passaggi che compongono l’attività di DRP presentano
una logica sequenzialità, finalizzata appunto a garantire al paziente
un’assistenza per la soluzione o il contenimento del suo problema.
Per una definizione precisa, e di taglio anche clinico-farmaceutico
del DRP, si rimanda alle pagine scritte dal gruppo di lavoro del PCNE
che si è occupato appunto del tema (cfr http://www.pcne.org/wor-
king-groups/2/drug-related-problems). Qui a noi interessa invece

20
precisare che il presidio dell’attività da parte del farmacista si struttu-
ra sull’organizzazione di passaggi sequenziali e concatenati; appunto
rappresentati come i gradini di una scala ascendente (figura 2.3).

Fig. 2.3 – I singoli passaggi che scandiscono l’attività di DRP

Innanzitutto vi è da sottolineaere che del totale campione di 822


farmacie, ben 354 (43%) dichiara di non controllare con routine nei
propri pazienti l’esistenza di problemi connessi all’assunzione di far-
maci. Il dato è abbastanza significativo ed evidenzia un atteggiamen-
to carente da parte della farmacia (in poco meno della metà del cam-
pione) nel capire ciò che accade dopo aver dispensato il farmaco.
Atteggiamento questo che, evidentemente, è lontano da una pratica
sistematica di Pharmaceutical Care.

Circoscrivere il problema connesso all’assunzione


di farmaci e condividerlo con il paziente

Innanzitutto il farmacista si adopera per circoscrivere il problema e


per condividere con il paziente una prima valutazione d’impatto sulla
salute. Per misurare la frequenza con la quale tale attività viene svolta
è stato chiesto all’intervistato (titolare di farmacia) di indicare quante
volte ciò è accaduto, a partire dagli ultimi 5 pazienti visitati e che pre-
sentavano evidenti problemi connessi con l’assunzione dei farmaci.
La figura 2.4 mostra i risultati sul sottocampione di rispondenti che

21
Analisi dello stato del Pharmaceutical Care in Italia

hanno accertato l’esistenza di problemi, ovvero su 468 (57%) a parti-


re dal campione di ANALISI
822. DELLO STATO
InDEL
mediaPHARMACEUTICAL
possiamo affermare che nellaCARE metà deiIN
casiITALIA
(cioè 2,5 pa-
zienti su 5) viene svolta l’attività di circoscrizione del problema; atti-
vità preliminare a ogni tipo di trattamento successivo. Si badi bene
però che questo valore deve essere riletto anche alla luce di quanti
(34% del campione), avendo dichiarato di non controllare con routine
i problemi farmaco correlati, presentano un valore nullo. In pratica,
sul campione di 822 farmacie il valore medio di risposta a questa
domanda è pari a 1,4.
100
47
121
100
74
26

Condivisione del problema con il paziente

26
6%
0 100
74-16% 1 47
100-21% 2 121
3 100
4 74
Numero
5 26

di pazienti

0
47-10% 1
100-21% 2
3
4
121-26% 5

Fig. 2.4 – Attività di circoscrizione del problema


sugli ultimi cinque pazienti

È interessante notare che il dato medio di 2,5 non è uniforme su


tutti i rispondenti. A fronte di coloro che dichiarano di non riuscire
a circoscrivere sistematicamente il problema con il paziente (57%,
somma di quanti non eseguono mai l’attività, o al massimo due volte
su cinque – colori giallo, verde e viola), vi sono coloro che invece si

22
sono organizzati per farlo sistematicamente (almeno 4 volte su cin-
que) e questi sono 100 su 486, cioè il 22%. Esiste infine il 21% che
riesce a compiere questa attività nella maggioranza dei casi, ovvero
3 volte su 5.

Interpretare e documentare l’obiettivo


per risolvere il problema

Il secondo passo che contraddistingue il processo di gestione dei


problemi farmaco-correlati è l’identificazione di un obiettivo di miglio-
ramento e la sua condivisione con il paziente. Il dato medio desumibile
da figura 2.5 evidenzia che su 5 pazienti in media soltanto su 1,8 viene
128
101
eseguita questa fase di processo, peraltro determinante per cercare di
97
66

superare il problema e per migliorare l’outcome della terapia.


15
61

15-3% 61-13%
128
101
97
66
128-27% 15
Numero
61
di pazienti
66-14%
0
1
2
3
101-22% 4
97-21% 5

Fig. 2.5 – Definire l’obiettivo per risolvere il problema

Come per la fase precedente, si evidenziano approcci diversifica-


ti nell’esecuzione dell’attività. In generale valgono le considerazioni
fatte in precedenza, fatto salvo che il numero di coloro che eseguo-

23
Analisi dello stato del Pharmaceutical Care in Italia

no questa attività in maniera sistematica si abbassa (non superando


ANALISI
nemmeno il centinaio di casi), aDELLO STATO
favore di coloro che invece dichiara-
no diDEL PHARMACEUTICAL CAREproprio
non effettuare questa attività come fase del IN ITALIA
lavoro (128
casi), oppure di coloro che non la fanno sistematicamente.
Se sommiamo coloro che non eseguono l’attività, oppure che la
eseguono solo residualmente (somma di 0 e 1), raggiungiamo pra-
ticamente la metà del campione. Come abbiamo visto, la somma di
coloro che non fanno o fanno residualmente il primo livello di attivià
(circoscrizione del problema) assume un valore pari al 36%. Esiste,
quindi, una marcata differenza fra il primo step di processo (circoscri-
zione) e il secondo (definizione obiettivo). Credo che questo aspetto
si giustifichi proprio nella modalità di funzionamento della farmacia
tradizionale. Mentre la prima attività è qualcosa di più vicino con la
gestione del banco, la seconda, invece, è qualcosa di estraneo, che
richiede un comportamento proattivo del farmacista, addirittura un
atteggiamento di presa in carico del paziente; oserei definirlo un
“appalto psicologico” del problema del paziente.
Qualche esempio per spiegare meglio il concetto. Normalmente
accade che è il paziente stesso a richiamare l’attenzione del farma-
cista su un problema connesso all’assunzione del farmaco, oppure
è il farmacista che si accorge -dai comportamenti o dallo stato in
cui versa il paziente- che possono esistere problemi connessi con la
terapia. In questi casi è quasi una conseguenza naturale porre delle
domande al paziente, per cercare di circoscrivere quello che sappia-
mo potrebbe essere un problema che vanifica l’effetto della terapia
(vedi figura 2.6).
Questo invece non avviene con altrettanta naturalezza e frequenza
quando parliamo di interpretare e documentare un obiettivo tera-
peutico per il problema che avverte il paziente. Almeno due le mo-
tivazioni. Innanzitutto la mancanza del cosiddetto “appalto psicolo-
gico”. Il farmacista è responsabilizzato sul farmaco, deve assicurare
che il farmaco giunga nelle mani del paziente nelle modalità corrette
e che il paziente abbia le informazioni per una corretta assunzione
(assicurare in via sistematica e certa questa finalità non è sempre
semplice, nè tantomeno scontato). Su quello che accade dopo, il far-
macista non è e non può essere responsabilizzato, conseguentemen-
te trova maggiore difficoltà ad assumersi l’onere di definire obiettivi

24
Fig. 2.6 – Dialogo per la circoscrizione del problema

per la soluzione del problema. Spesso infatti il comportamento che


segue alla circoscrizione di un problema è il deferimento al medico
curante (come vedremo più avanti il farmacista utilizza molto questa
opportunità ritenendo appunto che il suo compito si concluda con
l’emersione del problema cfr figura 2.43). Inoltre definire un obiettivo
per la rimozione del problema comporta di per sè l’accettazione di
un percorso formale di affiancamento dove il farmacista pone le basi
(l’obiettivo appunto) per aiutare il paziente nel tempo, tenuto conto
che molti problemi purtroppo non si risolvono con un intervento una
tantum, ma richiederanno successive revisioni e ritarature. Revisioni
e ritarature che implicano la necessità di tenere traccia formale sia
degli obiettivi che delle successive revisioni; aspetto questo che è
purtroppo lontano dalle possibilità della farmacia tradizionale centra-
ta sulla dinamica del servizio al banco. Per definire obiettivi abbiamo
bisogno di avere strumenti di archiviazione, per esempio un dossier
del paziente la cui gestione e manutenzione quotidiana solleva pro-
blemi organizzativi di non poco conto soprattutto in riferimento alla
gestione dei pazienti al banco. Non si commette infatti un grande
errore nello stimare in circa 5-10 minuti il tempo medio di interazio-
ne al banco con l’avventore. In una dinamica di incontro così veloce

25
Analisi dello stato del Pharmaceutical Care in Italia

ANALISI DELLO STATO


DEL PHARMACEUTICAL CARE IN ITALIA

Fig. 2.7 – Fenomeni che inibiscono la definizione degli obiettivi

non è infatti facilmente conciliabile la necessità di mantenere archivi


aggiornati anche se digitali e quindi di più agevole consultabilità. La
figura 2.7 prova a sintetizzare il concetto attraverso relazioni di cau-
sa-effetto tra fenomeni.
Osservando la figura 2.7 ci possiamo accorgere che non esiste un
unico motivo prevalente che spiega la scarsa propensione da defini-
re gli obiettivi terapeutici per pazienti con problemi. Nè tantomeno
esiste un causalità lineare e sequenziale di fenomeni. Invece molti
fenomeni collegati fra di loro, ma pur sempre importanti sono alla
base di questo aspetto.

Mettere a punto una strategia

Il terzo passo connesso ad una corretta gestione dei problemi far-


maco-correlati consiste nella definizione di una strategia risolutiva
del problema.
Sempre tenendo in conto solo coloro che si dichiarano disposti a
presidiare di routine i pazienti con problemi farmaco-correlati (cioè
53% su 822 rispondenti) emerge, fin da una prima visione del grafico

26
di figura 2.8, che in media la definizione di un piano strategico di
azione è eseguito per 2 su 5 pazienti.
Il fenomeno fa riflettere, perché nei fatti coloro che non eseguono
questo passaggio, o lo fanno soltanto raramente, ammontano a qua-
si la metà (27%+19%).
126
87
90
68
25
72 Fig. 2.8 - Percentuale di chi Identifica e mette a punto
una strategia risolutiva

72-15% 126
87
25-5% 90
126-27% 68
Numero
25
72
di pazienti

68-15% 0
1
2
3
87-19% 4
90-19% 5

Se nella fase precedente il focus era sulla presa in carico del pa-
ziente, con una logica assistenziale di non breve respiro, qui il tema
centrale è la capacità della farmacia e del farmacista di “personaliz-
zare” l’intervento. Spiego meglio che cosa intendo per “personaliz-
zare”. Il farmacista è il depositario della conoscenza del farmaco; ne
conosce tutte le caratteristiche chimiche e farmacologiche, sa quali
sono le interazioni tra più farmaci, così come i potenziali effetti av-
versi. Questa conoscenza, profonda e unica nello scenario degli ope-
ratori della salute, si sostanzia nel prodotto, e pertanto è standard,
tenuto conto che la maggioranza dei farmaci distribuiti in farmacia
sono realizzati in modo uniforme dalle case farmaceutiche e vengono

27
Analisi dello stato del Pharmaceutical Care in Italia

spesso dispensati in formato “blisterato”. Questo comporta che il


farmacista abbia ANALISI
come prioritariaDELLO STATO
attenzione il farmaco, assai meno il
DEL PHARMACEUTICAL CARE
paziente. Nei fatti, il paziente arriva in farmacia conIN
unaITALIA
prescrizione
per una terapia definita dal medico curante e la farmacia si occupa di
dispensare correttamente il farmaco. Questo processo è assicurato e
validato per ogni paziente, ma proprio in quanto standardizzato non
prevede sorta di personalizzazione alcuna. Il servizio di PhC, e in par-
ticolare modo la gestione dei problemi farmaco-correlati, prevede in-
vece un forte livello di personalizzazione dell’intervento, da garantire
esattamente a misura del paziente. Il passaggio della “strategia” è
proprio il momento nel quale questa personalizzazione prende cor-
po. Il farmaco è uguale ovunque, ma l’interazione del farmaco nel
metabolismo del singolo individuo può essere differente sia per “co-
stituzione”, sia perché l’effetto terapeutico dipende anche da altre
situazioni personali, quali il regime alimentare o lo stile di vita più
o meno sedentario. Alle nozioni scientifiche del farmaco (standard)
deve, quindi, aggiungersi la conoscenza del paziente, per garantire
una comprensione personalizzata del trattamento e degli eventuali
punti deboli. In sostanza, il farmacista deve oltrepassare idealmente
il banco che lo separa dal paziente ed entrare nei suoi “panni”, per
comprenderlo al meglio. Riprenderemo l’argomento nel prossimo
paragrafo, quando parleremo di gestione del paziente. Tutto questo
enfatizza quanto indicato in figura 2.1: la farmacia che si riconosce
nel servizio diviene in parte una farmacia “ambulatoriale”.
In altri termini, se devo personalizzare l’approccio di servizio sul
paziente (non soltanto in termini di relazione cliente-fornitore, ma
anche in termini clinici), devo avere il massimo d’informazioni e co-
noscenza sul paziente. Quindi, dovrò fare in modo che la farmacia
-quando necessario- assuma qualcosa che assomiglia, o trae spunto,
da un’organizzazione di servizio ambulatoriale.

Portare avanti un piano di follow-up e controllo

L’ultimo passo nella gestione dei problemi farmaco-correlati è le-


gato a un controllo costante del cammino compiuto verso la soluzio-
ne del problema.
La figura 2.9 mette in evidenza le risposte fornite dai rispondenti

28
208
81
78
35
22 Fig. 2.9 - Percentuale di chi porta avanti
43
un piano di follow-up e controllo

22-5% 43-9%
208
81
35-7% 78
35
Numero
22
43
di pazienti

208-45% 0
78-17% 1
2
3
4
5
81-17%

nei confronti dell’attività di follow-up.


Il grafico evidenza un sistematico decadimento nell’attività del far-
macista. In media, essa viene portata avanti soltanto su 1,4 pazienti,
rispetto ai 5 oggetto di analisi. Il 45% dei rispondenti dichiara di non
eseguire nemmeno l’attività, il 17% di attivare il follow-up solo con
un paziente su cinque, cioè in maniera residuale. Purtroppo, soltanto
il 14% la esegue in maniera sistematica. È una fotografia che denota
una forte “défaillance”, non soltanto dal punto di vista dell’efficacia
del PhC, ma forse anche dal punto di vista della gestione “commer-
ciale”. Come sostiene la dottoressa Annarosa Racca, presidente di
Federfarma, l’aderenza media del paziente iperteso si aggira intorno
al 40% ed è ipotizzabile che il dato riguardi anche altre patologie.
Riuscire a vincere questa latenza del paziente nell’aderenza alla cura
implica un continuo e costante supporto, oltre al convincimento che
non può bastare un’unica sessione informativa sull’uso corretto del

29
Analisi dello stato del Pharmaceutical Care in Italia

farmaco. Infatti, molti altri elementi si aggiungono (stile di vita, re-


gime alimentare,ANALISI
compresenzaDELLO STATO
di altre terapie) e questo fa ritenere
che DEL PHARMACEUTICAL CAREpaziente,
il comportamento, anche se giudizioso, del IN ITALIA
non basti.
Occorre un indirizzo, occorre aggiungere un monitoraggio che con-
forti e guidi, talvolta anche riorientando il processo di assunzione del
farmaco, e forse anche la cura. Questo sforzo si addice proprio alla
farmacia perché, come detto in precedenza, incontra sistematica-
mente il paziente e in quantità maggiore rispetto al medico curante.
La farmacia è, quindi, proprio il luogo dove si può realisticamente
mantenere alto il presidio di cura e la gestione della terapia. Il far-
macista è il professionista che meglio riesce a fare questo lavoro,
proprio perché, a differenza dalla specialistica e talvolta anche della
medicina generale, vede e incontra tutte le richieste farmacologiche
del paziente, che devono essere ritirate proprio in farmacia. Quindi è
in grado di suggerire e apportare misure correttive.
Ma il motivo che induce a pensare che non presidiare il follow-up
sia un errore, è anche di natura economica. Se è vero che gestire il
follow-up del paziente solleva anche una serie di problemi di tipo or-
ganizzativo (come quelli esposti in figura 2.7), è altrettanto vero che
consente di assicurare una solida relazione con il paziente, altrimenti
abbandonato alla sua libera scelta. In figura 2.10 proviamo a sinte-
tizzare il concetto e a indicarne le conseguenze in termini gestionali.
Quando la farmacia, in ragione della propria competenza condivi-
de con il paziente un percorso strutturato e cadenzato di assistenza,
si instaura una relazione continuativa che genera effetti benefici sia
per il paziente, in termini di presidio della patologia, sia per la farma-
cia, anche in termini economici. Benefici di triplice natura. Innanzitut-
to, con un regime cadenzato di incontri, la farmacia A (nell’esempli-
ficazione di figura 2.10) raccoglie tutta la spesa farmaceutica del pa-
ziente assistito (quindi ha anche maggiore certezza di essere ripagata
degli sforzi profusi nell’erogazione dei servizi). In caso contrario, la
spesa potrebbe essere distribuita anche su altri operatori, mancan-
do un vero e proprio “sodalizio terapeutico assistenziale” che lega
il paziente alla farmacia. In termini assoluti il gioco, da questo punto
di vista, potrebbe essere a somma zero, nel senso che comunque la
rete delle farmacie (A, B, C di fig 2.10) beneficerebbe dei volumi
di farmaco movimentati, mentre nella visione del singolo (nel caso

30
Fig. 2.10 – Benefici della relazione con il paziente

A) verrebbe meno una condizione forte per assicurare l’impegno di


risorse a favore dei servizi di assistenza. Secondo aspetto: purtrop-
po il gioco non è mai a somma zero! Sapendo che meno della metà
dei pazienti è in grado di seguire la terapia in maniera giudiziosa,
dobbiamo mettere in conto che nel tempo verranno “perse” delle
prescrizioni, perché il paziente, per esempio sentendosi in “salute”,
deciderà autonomamente di sospendere la terapia. Così il farmaco
non verrà ritirato né nella farmacia A, né tantomeno nelle altre (vedi
punto interrogativo di figura 2.10).
Terzo aspetto rilevante (il dialogo continuo è frutto di un pro-
cesso assistenziale, magari cadenzato con attività di monitoraggio)
e consente al farmacista di agire, in chiave preventiva e sempre in
ossequio alla deontologia professionale, per proporre soluzioni te-
rapeutiche (immaginiamo Otc, ma anche suggerimento di farmaco a
prescrizione successiva da parte del medico curante), in aggiunta al
piano terapeutico in essere (vedi rilevanza e differenza degli scontrini

31
Analisi dello stato del Pharmaceutical Care in Italia

nei due casi contrapposti di figura 2.10).


Lascio al lettore una stima di quanto potrebbe essere l’effetto eco-
nomico generato dalla “concentrazione” di spesa per una farmacia
(effetto uno), dal fenomeno 2,2 di “up-selling”,
2,5 cioè sfruttamento
2,2 pieno
2,8
1,4 1,04 1,13 0,79
del potenziale di prescrizione in base alla patologia (effetto due) e,
infine, “cross-selling”, cioè le vendite aggiuntive generate dall’auto-
revolezza professionale del farmacista che si adopera per promuo-
vere e tutelare la salute del paziente (effetto tre), attraverso rimedi
anche di natura preventiva.
Dati i quattro passaggi inerenti la gestione in ottica PhC delle pro-
blematiche farmaco-correlate (DRP) propongo di seguito una sintesi
che ricapitola i punti salienti del processo, e raffronta la realtà italiana
con il valore desunto dalla rilevazione internazionale a cui hanno par-
tecipato i colleghi farmacisti che operano Oltralpe (vedi figura 2.11).
Come detto, il processo di gestione dei problemi farmaco-corre-

3,75

MEDIA UE
2,5

1,25
MEDIA IT
0
Circoscrivere Identificare Definire Gestire
il problema l’obiettivo una strategia il follow-up

Fig. 2.11 – Comportamenti di gestione dei DRP a confronto

lati corre lungo quattro passi fondamentali, concatenati tra di loro


come esposto in figura 2.11. La performance generale delle farma-
cie italiane (campione totale di 822 farmacie, tenuto anche conto
di coloro -43%- che hanno dichiarato di non eseguire con routine
le attività di gestione dei DRP) si attesta intorno al valore medio di
1 paziente su 5, come evidenziato dalla spezzata azzurra di figura

32
2.11. Si riscontrano passaggi operativi più praticati (circoscrizione del
problema) e meno praticati (follow-up del paziente) e per ciscuno di
essi abbiamo provato a dare spiegazioni plausibili del fenomeno e
dell’applicazione in Italia. Rimane ora da chiedersi se questo valo-
re medio, che si attesta intorno all’unità (su base 5 pazienti), sia un
dato confrontabile con quanto accade in altri Paesi che praticano la
disciplina del PhC. Come è desumibile dal grafico di figura 2.11, il
valore medio che assume la gestione dei problemi farmaco-correlati
da parte del campione europeo di farmacie intervistate (5.000 farma-
cie, comprese le 822 italiane) si muove intorno a 2,5 su base ultimi 5
pazienti presi a esempio.
Il dato è sensibilmente superiore a quello italiano. Bisogna ricordare
che vi sono alcuni Paesi ove, sulle tematiche di PhC, vi è già da molti
anni grande attenzione. Per esempio, in Olanda le compagnie di assi-
curazione, che sono il “payer” principale della spesa del farmaco e di
quella sanitaria (diagnostica, medicina generale e specialistica, ospe-
daliera, ecc.) sono molto attente ai livelli di spesa e all’efficacia ed effi-
cienza delle risorse dedicate. Quindi promuovono incontri tra medici e
farmacisti, per mettere a punto programmi personalizzati, in modo da
presidiare in continuità assistenziale le patologie croniche del singolo
paziente. Questo consente di assicurare la compensazione dei pazienti,
di ridurre i problemi farmaco-correlati, e al contempo di ottimizzare
le risorse a beneficio appunto del payer. In questo caso, la farmacia è
molto più predisposta alla gestione dei problemi farmaco-correlati, e
così il valore di questo componente del PhC è senz’altro più elevato del
valore unitario che assume in Italia.
In Gran Bretagna, con una direzione diversa rispetto all’Olanda, si
arriva comunque a un risultato simile, che riconosce alla farmacia un
elevato valore di presidio nella gestione dei DRP. Oltremanica, infatti,
il Servizio sanitario nazionale (NHS, National Health System) promuove
fra le altre attività anche il cosidetto MUR (Medicines Use Review), ov-
vero un servizio che le farmacie offrono ai propri pazienti, arruolati così
in un programma di assistenza che garantisce loro la piena conoscenza
e consapevolezza delle terapie assunte. Al contempo, il farmacista che
attua un programma MUR indaga sull’eventuale insorgenza di intera-
zioni farmaco su farmaco, piuttosto che sulla probabilità d’incorrere in
eventi avversi derivanti dall’assunzione dei farmaci in ragione dello

33
Analisi dello stato del Pharmaceutical Care in Italia

stile di vita del paziente (per esempio più o meno sedentario), o del-
ANALISI
le abitudini alimentari, fenomenoDELLO
questo STATO
che interagisce in maniera
DEL PHARMACEUTICAL CARE IN ITALIA
significativa con il farmaco.
Senza entrare nei dettagli, risulta chiaro che quando intervengono
stakeholder a favorire l’applicazione della prassi di PhC, si riscontra-
no valori più elevati degli indici di DRP rispetto all’Italia, che si ac-
cinge soltanto ora ad affrontare in maniera strutturata e sistematica
il tema. Vi è da notare, comunque sia, che il valore assunto dal PhC
medio in Europa non è vicino alla sua massima applicazione (cioè 5
casi su 5). Infatti, affermare che il valore medio europeo di presidio
dei DRP (problemi farmaco-correlati) è pari a 2,5 pazienti su 5, lascia
intendere che il bicchiere è mezzo pieno. Cioè la prassi è ancora ben
lungi dall’essere applicata in maniera esaustiva e presenta spazi di
miglioramento dovuti alla difficoltà intrinseca di modellare in farma-
cia questa disciplina, che a volte può entrare in conflitto con la con-
sueta e routinaria gestione della dispensazione del farmaco.
Un’ultima annotazione che emerge dall’osservazione del grafico
di figura 2.11 consiste nel divario rilevante che vi è fra Italia e me-
dia UE per quanto riguarda il processo finale dei DRP, consistente
nell’assicurare al paziente una continuità assistenziale, ovvero il “fol-
low-up”. Mentre in Italia su questo punto si assiste a una riduzione di
applicazione (che si attesta a livelli inferiori all’unità), nella media UE
il valore è superiore alla media (2,5 su 5), attestandosi su valori vicini
a 3 pazienti su 5.
La continuità assistenziale è senza dubbio un requisito indispensa-
bile di questo processo, proprio perché i problemi farmaco-correlati
il più delle volte non vengono risolti in maniera istantanea, riguar-
dando aspetti comportamentali dei pazienti. Al tempo stesso questa
esigenza di continuità assistenziale sembra creare, soprattuto nelle
farmacie italiane, problemi organizzativi, che determinano una sua
ridotta applicazione.

La presa in carico dei nuovi pazienti


La gestione dei problemi farmaco-correlati è strettamente legata
alla capacità di avere in farmacia un’organizzazione capace di gestire
i pazienti con continuità assistenziale. Ciò non significa soltanto avere

34
con loro una buona relazione
fiduciaria, ma implica la mes-
sa a punto di un’organizza-
zione di presidio che, da un
lato, prenda in carico i nuovi
pazienti e, dall’altro, ne ge-
stisca nel tempo la continuità
assistenziale.
Per quanto attiene la pre-
sa in carico di nuovi pazienti
(arruolamento), quattro sono
gli elementi che costituisco-
no questo processo: 1) il dia-
logo iniziale per conoscere lo stato di salute, i sintomi e le diagnosi
mediche; 2) la definizione delle aspettative e dei risultati attesi dalla
terapia; 3) il commento con il paziente della terapia; 4) la verifica che
le informazioni siano state comprese e che siano stati ben definiti i
prossimi passi da fare per la corretta terapia.
Si tratta di passi sequenziali, che consentono alla farmacia di co-
noscere il proprio paziente e di impostare un percorso di assistenza.
Entriamo nel contenuto di ciascuno e verifichiamo come si posiziona
la farmacia italiana.

Fig. 2.12 – I 4 passi fondamentali dell’arruolamento di nuovi pazienti

35
Analisi dello stato del Pharmaceutical Care in Italia

Definire le condizioni mediche del paziente

La farmacia, nel corso di una giornata tipo, incontra cittadini che


non ha mai avuto prima occasione di vedere. Quando questo acca-
de, il comportamento naturale è quello di evadere la richiesta nel
minor tempo possibile. Richiesta che può essere sotto forma di pre-
scrizione medica, oppure riguardare la domanda di farmaci da banco
o di prodotti. In tutti i casi, oltre a evadere in tempi celeri la richiesta,
è lecito chiedersi il motivo per il quale il paziente ha bisogno di quel
determinato rimedio farmaceutico. Questo tipo di approfondimen-
to dovrebbe essere naturale, conseguente al rapporto professionale
instaurato dallo stato fiduciario di cui beneficia il farmacista. D’altro
canto, vi sono una serie di aspetti (scarso tempo a disposizione, pri-
orità incombenti, ritrosia del paziente stesso, ecc.) che si possono
frapporre a questo tipo di approfondimento e che, quindi, limitano il
rapporto con il nuovo paziente alla sola consegna del farmaco.
Il primo passo nella gestione dei nuovi pazienti in ottica PhC parte,
appunto, dall’approfondimento delle condizioni mediche del pazien-
te, che costituiscono la pietra miliare per la costruzione di una rela-
zione d’assistenza. Se la farmacia non si attiva in maniera propositiva
per conoscere il paziente, al di là della mera richiesta (ricetta o scon-
trino) e alla consegna del prodotto, la relazione potrebbe non offrire
spazio per uno sviluppo del rapporto. La figura 2.13 mostra, per gli
822 farmacisti partecipanti all’indagine, quanto questa attività di ap-
profondimento sia realizzata: il 44% non esegue questa attività mai e
il 17% la esegue una volta su 5, cioè raramente. La media di presa in
carico iniziale è, quindi, alquanto modesta, posizionandosi intorno a
un valore di 1,4 pazienti sul totale di 5 presi in considerazione.
Questa mancanza di presa in carico del paziente potrebbe essere
giustificata dal fatto di ritenere che l’attitità di presidio clinico è di
stretta competenza del medico curante. Il riordino dei compiti che
tocca in generale il comparto delle cure primarie e territoriali offre
però -alla farmacia attenta e predisposta al cambiamento- uno spa-
zio d’azione interessante che la vedrebbe protagonista, considerato
che può mettere a disposizione competenze chimico-farmaceutiche
complementari a quelle della medicina generale e specialistica.
Inoltre, se è vero e condivisibile che quanto più la farmacia cono-

36
359
117
130
113
40
63 Fig. 2.13 - Richiesta al paziente di descrivere
le condizioni mediche

40-5% 63-7%
359
117
130
113
Numero
113-14% 40
63
di pazienti

359-44% 0
1
2
130-16% 3
4
5

117-14%

sce il proprio cliente, anche da un punto di vista clinico, tanto più


riesce a generare occasione di scambio (vedi concetto idealizzato e
raffigurato in figura 2.10), allora questa attività di approfondimento
trova un fondamento di natura economica, oltre che clinica.

Comprendere aspettative e risultati attesi


dalla terapia farmacologica

La richiesta al paziente di condividere aspettative e risultati attesi


dalla terapia farmacologica è il secondo passo che connota la presa
in carico del paziente cronico. Questa, che fra le quattro attività è la
meno presidiata -avendo una media di 1,2 su un totale di 5 pazienti-
segna un punto importante nel processo di assistenza continua con
il paziente.
Questa attività porta direttamente al cuore del PhC. L’attenzione
del farmacista si sposta, dalle proprie competenze sul farmaco, alla
consapevolezza del paziente dei progressi che può ottenere aderen-
do alla terapia. La giudiziosità e meticolosità del paziente è, infatti,

37
Analisi dello stato del Pharmaceutical Care in Italia
409
133
118
73
38
51
Fig. 2.14 - Le aspettative del paziente
ANALISI DELLO STATO e i risultati attesi

DEL PHARMACEUTICAL
38-5% 51-6% CARE IN ITALIA
409

73-9% 133
118
73
Numero
38
51
di pazienti

118-14% 0
409-50% 1
2
3
4
133-16% 5

un aspetto determinante alla riuscita della terapia, dato che, purtrop-


po, soltanto il 40% dei pazienti segue correttamente il percorso tera-
peutico. La capacità della farmacia di valutare la consapevolezza del
paziente è, quindi, un punto chiave per stabilire il successivo percor-
so e l’intensità del programma di assistenza. Vi sono pazienti che si
aspettano, per esempio, una rapida guarigione, altri che al contrario
non confidano affatto nei progressi terapeutici. Tutto ciò influisce sul
comportamento di aderenza prescrittiva e assunzione del farmaco. Il
farmacista che valuta questo punto si mette nei panni del paziente
e, quindi, comprende meglio la strada più corretta per indurlo a un
comportamento aderente.
Implicitamente, stiamo chiedendo al farmacista, che spende gran
parte del proprio tempo concentrato sul farmaco e le sue specificità,
lavoro sostanzialmente standardizzato, di ampliare il suo impegno.
Pensiamo, per esempio, alle informazioni da offrire al paziente circa
l’assunzione del farmaco. Vi sarà un’attività tutta tesa a trasferirle in
maniera codificata (cioè standardizzata su requisiti minimi e fonda-
mentali), cercando di assicurare la migliore copertura dei contenuti,
indipendentemente dal contesto relazionale specifico (chi è il cliente,

38
che tipo di relazione esiste con il farmacista, che dinamiche conte-
stuali e situazionali esistono, ecc.). Il farmacista diventa così il garan-
te del “bugiardino” e offre informazioni importanti, di cui a volte il
paziente è ignaro. Così descritto, questo è un compito incentrato
sull’informazione (appunto standard), che non tiene conto del desti-
natario. Non può essere efficace, se non muove da una conoscenza
specifica del paziente. A questo approccio “informativo”, capace di
assicurare contenuti universalmente validi, si dovrebbe aggiungere
un passaggio in ottica PhC più squisitamente personalizzato, cioè ta-
gliato sulle specifiche caratteristiche del paziente. Questo passaggio
si fonda appunto sulla comprensione, da parte del farmacista, che il
paziente ha acquisito consapevoleza circa il percorso di cura e i suoi
potenziali effetti. In sintesi, si passa da un approccio (standard) che
si basa sul prodotto (farmaco e informazione sintetizzata nel bugiar-
dino), a un approccio che si basa sul paziente (e le sue capacità di
apprendimento) ed è, quindi, personalizzato.
La figura 2.15 rappresenta e mette a confronto i due approcci.
L’approccio personalizzato sul profilo del paziente, in particolare,
porta con sé anche la necessità di tenere traccia dei passaggi che si

Fig. 2.15 – Approcci di assistenza a confronto

39
Analisi dello stato del Pharmaceutical Care in Italia

generano nel corso della relazione con il paziente. Mentre il rilascio


ANALISI
di informazioni standard DELLO
può non STATO
richiedere la storicizzazione della
DEL PHARMACEUTICAL CAREcaso
relazione, dato che i contenuti non variano da IN aITALIA
caso, l’assi-
stenza personalizzata assume invece connotati specialistici e unici,
paziente per paziente, e quindi implica la necessità di storicizzare la
relazione. Tale fase, infatti, assicura una tracciabilità della storia clini-
ca del paziente, dando evidenza di monitoraggi e di risultati clinici
intermedi; elementi questi che favoriscono la ricerca di una maggiore
aderenza e compliance del paziente.

Commento con il paziente sulla terapia farmacologica

Il terzo passo nella gestione con il paziente nuovo consiste nella


condivisione di informazioni sulla terapia farmacologica e, soprattut-
to, dei potenziali effetti collaterali e delle avvertenze all’impiego.
Come è intuibile da una prima osservazione della disposizione de-
gli spicchi che compongono il grafico a torta di figura 2.16, il com-
portamento dichiarato dai farmacisti rispetto a questo passaggio
operativo conferma l’attenzione della categoria nel dare informazioni
161
119
176
138
91
137
Fig. 2.16 - Commento con il paziente della terapia farmacologica
e dei potenziali effetti collaterali

137-17% 161
161-20% 119
176
Numero
138
91
di pazienti
137
91-11%
0
119-14% 1
2
138-17% 3
4
5
176-21%

40
ai pazienti. È un fatto condiviso e riconosciuto che il paziente non ha
le conoscenze per gestire questo strano prodotto che è il farmaco. La
farmacia, che possiede un’asimmetria conoscitiva (conoscenza della
chimica del farmaco e della cinetica sull’individuo), si rende disponi-
bile a mettere in circolo questo sapere a favore del cliente. Inoltre,
questo passaggio che potremmo definire nelle “corde” dei farma-
cisti, visto il suo livello di concreta applicazione nel campione dei
rispondenti, viene eseguito con uno sforzo abbastanza contenuto,
soprattutto se, come abbiamo visto in figura 2.15, è effettuato sulla
base di un approccio standard centrato sul prodotto.
Partendo dal presupposto che è di circa 5 minuti il tempo medio
di interazione con il paziente per la consegna del prodotto al ban-
co (cfr. la ricerca TradeLab riportata su Puntoeffe nel maggio 2009),
è evidente che il rilascio di informazioni sul farmaco, soprattutto se
standard, può tranquillamente rientrare nell’attività a contorno e a
conforto proprio di un servizio di consegna del farmaco, presupposto
anche per la successiva assunzione corretta della terapia da parte
del paziente.
Non c’è, quindi, da meravigliarsi se si riscontra diversità di risposta
e di comportamento dei farmacisti fra questo passo operativo (rila-
scio di informazioni) rispetto ai due precedenti passaggi analizzati,
cioè conoscenza dello stato di salute del paziente e compresione di
aspettative e risultati (vedi disposizione degli spicchi di figure 2.16,
confrontata con le figure 2.13 e 2.14, riportate nella pagina seguente
per semplificare il confronto).

Verifica della comprensione


delle informazioni rilasciate

L’ultima fase della gestione dei nuovi pazienti consiste nella verifica
della comprensione, da parte del farmacista, delle informazioni scam-
biate con il paziente. Il grafico 2.17, che riporta le frequenze di rispo-
sta dei farmacisti rispetto all’argomento in questione, rimarca senza
ombra di dubbio che la farmacia italiana è consapevole della parziale
conoscenza, da parte del cittadino, su questo strano prodotto che è
il farmaco, e sul suo impiego, e quindi evidenzia la necessità di veri-
ficare che il paziente abbia ben compreso le informazioni trasferite.

41
Analisi dello stato del Pharmaceutical Care in Italia

359 409
117 133
130
113 Richiesta al paziente di descrivere 118
73
38
Richiesta al paziente delle aspettative
40

ANALISI DELLO STATO


63
le condizioni mediche 51
e i risultati attesi

DEL PHARMACEUTICAL CARE


40-5% 63-7% IN ITALIA
38-5% 51-6%

359 409
117
130
73-9% 133
118
113 73
Numero Numero
38
113-14% 40
di 63
pazienti
51
di pazienti

359-44% 0 118-14% 0
1 409-50% 1
2 2
130-16% 3 3
4 4
5 133-16% 5
117-14%

Fig. 2.13 – Descrizione delle condizioni mediche Fig. 2.14 – Condivisione degli obiettivi e del percorso di miglioramento

161
119
176
138
Commento con il paziente della terapia farmacologica,
91
137
dei potenziali effetti collaterali

137-17% 161
161-20% 119
176
Numero
138
91
di 137
pazienti
91-11%
0
119-14% 1
2
3
138-17% 4
5
176-21%

Fig. 2.16 – Condivisione con il paziente delle modalità di assunzione


e delle potenziali problematiche

A differenza di quanto registrato nei passaggi precedenti, questa


attività viene completata sistematicamente (5 casi su 5) dal 36% dei
rispondenti. Questa fase è molto importante soprattutto per i pa-
zienti nuovi ai quali è stata diagnosticata la patologia cronica da poco
tempo. Per loro, infatti, la patologia può anche significare entrare
in una nuova fase della propria vita. Per questo è importante che la
farmacia sia in grado di verificare la corretta comprensione da parte
del paziente, e la condivisione su quelli che saranno i passi successivi.
È doveroso qui fare un’annotazione importante a margine di que-
sta attività, che risulta essere compiuta direi magistralmente dalla
maggioranza delle farmacie. Se è vero che la conferma del feed-back

42
102
78
125
125
95
297
Fig. 2.17 - Verifica che il paziente abbia compreso
pienamente le informazioni

102-12% 102
78
125
Numero
125
95

297-36% 78-10% di pazienti


297

0
1
125-15% 2
3
4
5
95-12%
125-15%

da parte del paziente è un elemento supportato dai farmacisti, risulta


altrettanto connaturato al servizio mantenere alto nel tempo un pre-
sidio continuativo nell’assistenza ai pazienti.
Infatti, è facilmente condivisibile il concetto secondo il quale si-
ano necessarie ulteriori misure di supporto proprio a favore di quei
pazienti per i quali tanto si è investito, sia in fase informativa, sia di
verifica della comprensione (questi due ultimi passaggi del processo
di gestione dei nuovi pazienti). Considerato che il problema dell’as-
sunzione della terapia farmacologica è di tipo comportamentale, non
si può ritenere che un confronto informativo una tantum, in fase di
prima conoscenza con il paziente, possa risolvere o sollevare da tutti
i rischi di non aderenza a una prassi corretta di assunzione della te-
rapia.
Proprio in quanto problemi comportamentali (per esempio stili di
vita sedentaria in presenza di una terapia che prevede esercizio fi-
sico, piuttosto che una dieta alimentare che mal si coniuga con gli
effetti della terapia farmacologica), siamo portati a ritenere che una
prima informativa ricca e qualificata sull’assunzione del farmaco sia

43
Analisi dello stato del Pharmaceutical Care in Italia

da considerare come il primo passo di un processo più articolato,


ANALISIassistenziale.
fondato sulla continuatività DELLO STATO Di questo infatti si parlerà
DEL PHARMACEUTICAL CARE
nel prossimo paragrafo (cfr. “Mantenimento IN ITALIA
della relazione con i pa-
zienti già assistiti”), dedicato alla gestione dei pazienti continuativi.
In sintesi, la figura 2.18 ricapitola gli aspetti salienti legati all’aper-
tura di relazioni con nuovi pazienti e confronta la performance delle
farmacie italiane con quella delle farmacie europee.
5

3,75 MEDIA UE
MEDIA IT
2,5

1,25

0
Descrizione Aspettative e Commento effetti Verifica corretta
condizioni mediche risultati attesi e avvertenze comprensione

Fig. 2.18 – Rapporto con i nuovi pazienti

Dal raffronto tra il comportamento delle farmacie italiane e quelle


della media europea non emergono sostanziali differenze. In entram-
bi i casi emerge come il punto debole della farmacia in generale
consista proprio nelle prime fasi del processo, legate alla capacità di
adottare un approccio molto personalizzato sul paziente. Il settore
della farmacia è, infatti, un comparto molto “normato”, nel quale
la regolamentazione spesso viene prima di ogni cosa e, quindi, an-
che del cliente. Se questo si giustifica con la necessità di garantire
una normativa capace di dare certezze ai pazienti (clienti), è anche
vero che si corre il rischio di concrentare l’attenzione dell’operatore
unicamente sul prodotto (risultato del processo regolatorio), dimen-
ticando che dietro a ogni farmaco e a ogni terapia esiste un pazien-
te. Centralità del cliente nelle politiche aziendali è, infatti, il mantra
ripetuto in ogni ambito applicativo delle discipline di management
e marketing. L’adozione dei criteri del PhC, che vedono la centralità
del paziente nei processi di assistenza, è quindi fortemente comple-

44
mentare con il marketing, dove l’una con un taglio clinico completa
l’altra che assume, invece, un taglio commerciale.

Mantenimento della relazione


con i pazienti già assistiti

La disciplina del PhC, so-


pratutto quando praticata
nel contesto delle patologie
croniche, non può sottrarsi
a una logica di applicazione
continuativa nel tempo. Un
processo chiave del model-
lo non è soltanto l’arruola-
mento di nuovi pazienti, ma
ancor più il mantenimento
della relazione con i pazienti
e l’assicurazione di una con-
tinuità assistenziale.
Per rapporto con i pazienti si intende qui non solo una costante
relazione di tipo “commerciale” (il paziente che occasionalmente
o anche con cadenza fissa visita la farmacia; aspetto questo che
è sicuramente funzionale per assistiti durante fasi acute di malat-
tie o altre circostanze), ma una relazione di assistenza, supporto
e monitoraggio dell’avanzamento e stabilizzazione della patologia
cronica.
Le fasi ritenute fondamentali per mantenere costante ed efficace
una relazione di assistenza con i propri pazienti cronici sono quat-
tro, così come riportate in figura 2.19.
Ci troviamo di fronte ancora una volta a un percorso operati-
vo scandito da passi concatenati e sequenziali, che nel loro com-
plesso consentono alla farmacia di seguire in maniera sistematica
il paziente cronico per quanto attiene l’assunzione della terapia
farmacologica e le problematiche connesse. Di seguito descrivia-
mo analiticamente tutti i quattro passaggi ed evidenziamo i valori
emergenti dalla ricerca eseguita sul campione di farmacie italiane.

45
Analisi dello stato del Pharmaceutical Care in Italia

ANALISI DELLO STATO


DEL PHARMACEUTICAL CARE IN ITALIA

Fig. 2.19 – I 4 passi della gestione dei pazienti ripetuti

Comprensione della modalità seguita


per l’assunzione della terapia farmacologica

Ripercorrere e comprendere con il paziente quello che è accadu-


to nel tempo intercorso dall’ultimo incontro (ricordiamo che questo
passo è idealmente concatenato e subordinato all’attivazione dei
passaggi connessi con l’arruolamento di nuovi pazienti) è un approc-
cio di riapertura della relazione molto importante, in quanto consen-
te da un lato di riattivare il contatto, e dall’altro di sensibilizzare il pa-
ziente sugli aspetti fondamentali con cui ci si era lasciati nell’incontro
precedente.
La figura 2.20 indica le risposte fornite dal campione analizzato
circa la realizzazione di questa attività, a partire dagli ultimi cinque
pazienti assistiti con prescrizioni ripetute. Il valore medio è 1,5, ov-
vero ogni 5 pazienti conosciuti soltanto a uno o due in media viene
chiesto di riepilogare quanto accaduto dall’ultimo incontro.
Osservando in dettaglio il grafico, emerge che gran parte dei ri-
spondenti (41%) non pratica affatto questa attività, probabilmente
limitandosi a evadere le richieste del paziente listate nella ricetta.
Per contro, esiste un gruppo di circa 200 rispondenti per i quali l’at-
tività viene svolta sistematicamente, forse come approccio routinario

46
334
146
141
101
36
64
Il paziente indica la modalità seguita
per l’assunzione della terapia farmacologica

36-4% 64-8%
334
146
141

101-12% Numero
101
36
di pazienti
64

334-41% 0
1
2
141-17% 3
4
5

146-18%

Fig. 2.20 – Dialogo iniziale con il paziente per riattivare


la storia di assistenza

di servizio. Questa componente di “routinarietà” è fondamentale,


perché rinsalda i vari momenti durante i quali la farmacia eroga il
servizio di assistenza. Inoltre, se l’inizio del secondo o ennesimo in-
contro si apre riassumendo quando accaduto dall’ultimo incontro,
non soltanto si crea un “ponte” logico nel processo assistenziale, ma
nel contempo si responsabilizza il paziente e, quindi, si enfatizza il
gioco delle parti nel percorso assisstenziale, così come evidenziato
nella figura 2.21.
Va, quindi, creato un ponte logico tra l’ultimo passaggio della pre-
sa in carico del paziente -cioè il momento nel quale si è verificata la
comprensione delle informazioni per seguire un’assunsione corretta
del farmaco (vedi scala sinistra di figura 2.11)- e l’inizio dell’incontro
successivo, quando si responsabilizza il paziente, chiedendogli quali
comportamenti sono stati messi in atto nel periodo intercorrente per
dar corso all’applicazione prescrittiva. Assistere, infatti, non vuol dire
“fare il lavoro” del paziente, ma offrire quel supporto di counselling
che lo aiuta a essere pienamente conscio del ruolo di “guida” che as-

47
Analisi dello stato del Pharmaceutical Care in Italia

ANALISI DELLO STATO


DEL PHARMACEUTICAL CARE IN ITALIA

Fig. 2.21 – Connessione tra le varie fasi del processo di assistenza

sume nel processo terapeutico. Tutto ciò rientra pienamente, raffor-


zandolo, nell’evoluzione di quello che viene definito con il concetto di
empowerment del paziente (L. Fioravanti, F. Spandonaro “Continuità
assistenziale: dal principio alla realizzazione: cosa insegna il disea-
se management” in Politiche sanitarie Vol. 8, N. 1, Gennaio-Marzo
2007), e che si sostanzia anche con le iniziative di sviluppo dell’auto-
medicazione (F. E. Pregliasco “Le patologie respiratoire intercorrenti
nel paziente BPCO: il ruolo dell’automedicazione”; Fimmg - ottobre
2005). È anche scontato, inoltre, che questo tipo di ponte tra il primo
e il secondo incontro debba essere riformulato da parte del farma-
cista ad ogni successivo incontro, soprattutto nel momento in cui
al paziente vengono assegnati “compiti” e comportamenti che non
sono scontati nella loro attuazione, ma appunto richiedano impegno
e applicazione.
Le considerazioni fatte in questo paragrafo mettono in luce la forte
condizione di continuità assistenziale che connota il PhC. Corollario
di tutto ciò è la messa a punto e la disponibilità di un sistema di sup-
porto documentale quale strumento per la tracciabilità della storia
passata e come “memoria” del farmacista, che non può ricordare a
mente tutte le “posizioni”. Di questo ne parleremo diffusamente nel
paragrafo relativo agli antecedenti organizzativi del PhC (cfr par. 2.5).
Qui vale comunque la pena ricordare che l’assenza di questo “pon-
te” o di una sua carente tracciatura storico-informativa potrebbe in-
durre a semplificare questa fase, riducendola a una generica apertura
colloquiale, piuttosto che a una attività strutturata che rafforza l’assi-
stenza in ottica PhC come percorso condiviso e continuativo.

48
Ricerca di potenziali problemi connessi
all’assunzione della terapia farmacologica
(es. interazioni, effetti collaterali, scarsa aderenza, ecc.)

Il secondo passo per assicurare un’efficace gestione dei pazien-


ti cronici assistiti in via continuativa consiste nel dialogo finalizzato
alla ricerca e all’identificazione di problemi connessi con l’assunzione
dei farmaci (interazioni negative, effetti collaterali, scarsa aderenza,
ecc.), come riportato in figura 2.22.
250
155
156
121
50
90
Dialogo con il paziente su problemi
connessi con l’assunzione della terapia farmacologica

90-11%
50-6% 250
155
156
Numero
121
250-30% 50
di pazienti
90

121-15% 0
1
2
3
4
156-19% 155-19% 5

Fig. 2.22 – Ricerca di interazioni negative, effetti collaterali,


scarsa aderenza

Se si somma la percentuale di coloro che non eseguono mai il


passaggio, o che lo eseguono una sola volta su cinque (quindi rara-
mente), scopriamo che, nei fatti, la metà del campione non esegue
sistematicamente questo approfondimento. Ricordiamo l’importan-
za della gestione dei problemi farmaco-correlati quale elemento
costituente il “piano più alto” della casa del PhC e, soprattutto, il

49
Analisi dello stato del Pharmaceutical Care in Italia

valore insito in questo processo, quale occasione per assicurare un


più elevato outcomeANALISI DELLO
terapeutico, STATO la stabilizzazione
anche attraverso
DEL PHARMACEUTICAL CAREanche
e compensazione del paziente cronico e, quindi, IN ITALIA
l’efficace uso
delle risorse della collettività. Efficienza che, come abbiamo detto,
deriva dall’evitare o ridurre il ricorso del paziente al pronto soccorso,
o la necessità di continue ospedalizzazioni.
Mi soffermo meglio sul tema, perché questo è “capitale” nel PhC.
Siamo partiti parlando dell’importanza del PhC come disciplina ca-
pace d’intercettare, gestire e porre rimedio ai problemi farmaco-cor-
relati (DRP - Drug Related Problems) in cui potrebbe incappare un
paziente con patologie croniche. La reale capacità della farmacia
d’intercettare questi potenziali problemi non è però una questione
“estemporanea”, che si risolve con una o più domande fatte a caldo
a un soggetto nei cui confronti non c’è alcun tipo di relazione di sup-
porto o di aiuto.
Un’efficace disamina delle condizioni che possono portare a evi-
denziare problemi farmaco-correlati presuppone, infatti, una cono-
scenza approfondita del paziente. Spesso i problemi trovano radice
in comportamenti errati, o non appropriati, o non giudiziosi del pa-
ziente. Il farmacista che vuole entrare in essi deve conoscere e anche
apprezzare il suo paziente. La figura 2.23 evidenzia questa impor-

Conoscenza dei
comportamenti
Intercettazione
problemi

Fig. 2.23 – Scoperta e gestione dei DRP nel corso della relazione

50
tante relazione fra indagine sui DRP e conoscenza del paziente e dei
suoi comportamenti.
Il percorso conoscitivo, fatto di successivi approfondimenti, neces-
sita di una continuità assistenziale. Approfondire la conoscenza signi-
fica entrare nell’intimo del paziente e scovare le problematiche più
radicate che possono determinare l’insuccesso nella terapia farma-
cologica. Come evidenzia la figura 2.23, al crescere della conoscenza
del paziente cresce in maniera proporzionale la capacità d’intercetta-
re le problematiche relative all’assunzione del farmaco.

Valutazione circa l’efficacia della terapia


farmacologica assunta

Dal momento che il paziente è posto al centro del percorso di cura,


la valutazione congiunta dell’efficacia della terapia assume rilevanza
assoluta. Il farmacista, aiutando il paziente a identificare il punto in
cui si trova nel processo terapeutico, realizza due scopi. Innanzitutto
conferma la centralità del paziente e, quindi, il suo empowerment, e
secondariamente comprende e approfondisce meglio la conoscenza
del paziente, soprattutto dal punto di vista della sua motivazione,
volontà e determinazione a progredire in termini di aderenza alla te-
rapia.
La figura 2.24 riporta la misura di questa fase della gestione dei
pazienti ripetuti, a partire dalle dichiarazioni fornite dagli 822 farma-
cisti che hanno partecipato alla ricerca. Assistiamo a valori medi vicini
a 2 (1,77) pazienti, su una base 5 di riferimento. L’osservazione delle
frequenze di risposta confermano il dato visto in precedenza: la metà
del campione sostanzialmente non esegue questa attività, oppure la
esegue in maniera molto residuale.
La valutazione dell’efficacia della terapia rimanda, inoltre, a un
aspetto importante della legge sui servizi del 2009 e successivi DM
applicativi (DM 16/12/2010). Da quella data, infatti, la farmacia è sta-
ta autorizzata a eseguire nei propri locali servizi di monitoraggio a fa-
vore dei propri pazienti. Si tratta della cosiddetta autoanalisi e analisi
di prima istanza a favore di pazienti.
Questa facoltà è da considerarsi, ai fini del PhC, come uno stru-
mento che assicura credibilità scientifica nelle valutazioni che farma-

51
Analisi dello stato del Pharmaceutical Care in Italia
276
129
155
116
64
82
Fig. 2.24 - Richiesta al paziente di una valutazione circa
ANALISI DELLO STATO
l’efficacia della terapia farmacologica

DEL PHARMACEUTICAL CARE IN ITALIA


82-10%
64-8% 276
129
155
Numero
116
64

276-33% di pazienti
82

116-14% 0
1
2
3
4
155-19% 129-16% 5

cista e paziente eseguono per l’efficacia della terapia. Tutto ciò verrà
ripreso più avanti, quando parleremo di strumentazione e organizza-
zione dei servizi in ottica PhC.
Qui basta sottolineare quanto questa fase (la valutazione dell’ef-
ficacia), elemento di conferma e rinforzo dell’aderenza del pazien-
te alla terapia, trovi forza e radicamento “scientifico” proprio nella
possibilità di ricorrere alla farmacia per monitorare la patologia cui è
affetto il paziente.

Valutazione del livello raggiunto


negli obiettivi terapeutici prefissati

Infine, l’ultimo passaggio nella gestione dei pazienti ripetuti ri-


guarda la valutazione, insieme con il paziente, del livello di raggiun-
gimento degli obiettivi prefissati e nella loro conferma o revisione.
Una prima lettura della figura 2.25 evidenzia come coloro che non
eseguono del tutto il processo, o svolgono un’attività soltanto resi-
duale, superino di molto il 50% del campione.

52
348
132
118
114
49
61
Fig. 2.25 - Richiesta al paziente di una valutazione circa
il livello di raggiungimento degli obiettivi

61-8%
49-6%
348
132
118
Numero
114
49
114-14% di pazienti
61

348-42% 0
1
2
118-14% 3
4
5

132-16%

Una prima spiegazione del fenomeno è certamente legata alla ca-


rente attenzione della farmacia a fissare a monte obiettivi terapeutici
con i pazienti in cura (vedi figura 2.14). Ne consegue che, a valle, ha
meno rilevanza l’attuazione di una fase di controllo. Pensare il servi-
zio in ottica di ciclo integrato è, invece, fondamentale per assicurare
un approccio scientifico al paziente e, al contempo, fargli apprezzare
lo sforzo profuso dalla farmacia.
La figura 2.26 mostra i benefici di questo processo ciclico con-
trapposto a una impostazione lineare, che vede poco coinvolto sia
il paziente che il farmacista nei servizi, se non in termini di rilascio
d’informazioni.
L’approccio lineare, esposto nella parte destra di figura 2.26 non
soltanto è poco interattivo, ma essendo lineare è “finito”, cioè non
prevede la possibilità di “reinventarsi”, come è invece caratteristica
del processo circolare, rappresentato nella figura (parte sinistra) dal
serpente immaginario mitologico “uroboro”, che nell’atto di man-
giarsi la coda rinasce e si rinnova.
A parte i riferimenti all’immaginario antropologico, appare chiaro
che la valutazione dell’efficacia delle misure intraprese diviene fonda-

53
Analisi dello stato del Pharmaceutical Care in Italia

ANALISI DELLO STATO


DEL PHARMACEUTICAL CARE IN ITALIA

Fig. 2.26 – Il ciclo di counselling del paziente

mentale per definire i nuovi obiettivi e mantenere continuatività assi-


stenziale con il paziente, cioè assicurarsi che torni in farmacia in base
a un programma concordato che, non ultimo, assicura alla farmacia
un flusso dispensatorio continuo e costante (magari crescente), tipico
di una patologia cronica.
La gestione in farmacia dei pazienti ripetuti, scandita dai quattro
passaggi prima descritti, prevede il seguente posizionamento, ri-
spetto alla media dei farmacisti europei esposta in figura 2.27.
In generale, il dato medio si attesta su valori inferiori a quelli regi-
strati a livello europeo. Si evidenzia, in particolar modo, un aumento
del differenziale per quanto attiene l’ultima fase: valutazione del rag-
giungimento di obiettivi e conseguente loro revisione.
La cronicità è un problema fondamentale di compensazione e sta-
bilizzazione dei pazienti e il processo di gestione dei pazienti ripetu-
ti, per sua stessa natura, affronta proprio questo scopo. Un aspetto
chiave della stabilizzazione consiste poi nella capacità di mettere a
punto una metrica della patologia, ovvero definire obiettivi di miglio-
ramento, sistemi di monitoraggio e controllo dell’avanzamento. La
natura stessa della cronicità afferma che questo processo, come ab-
biamo osservato in figura 2.26, è circolare, nel senso che purtroppo
(per il paziente) non ha fine e richiede una continua ritaratura.
La farmacia, capace di affinare e adottare procedure di servizio,
non soltanto offre un’attività personalizzata, ma al contempo crea le
condizioni affinchè il paziente, cronico, trovi interesse a legarsi alla

54
5

3,75

2,5 MEDIA UE

1,25
MEDIA IT

0
Informazioni sulla Ricerca Valutazione Livello di
pratica seguita di problemi dell’efficacia raggiugimento
obiettivi

Fig. 2.27 – Il processo di assistenza dei pazienti in cura

farmacia che garantisce continuità assistenziale. La farmacia di oggi,


infatti, ha metriche di funzionamento prioritariamente indirizzate a
controllare i processi interni (sopratutto legati al prodotto; si pen-
si per esempio al controllo dei mancanti, piuttosto che al controllo
della rotazione di magazzino), mentre scarsa è l’attenzione a creare
metriche anche cliniche per monitorare il servizio al paziente. Di que-
sto aspetto ci occuperemo proprio nei prossimi paragrafi dedicati
agli aspetti organizzativi del PhC, definibili anche come antecedenti,
in quanto creano una corretta infrastruttura hard e soft, che abilita il
singolo farmacista all’erogazione di servizi in ottica di PhC.

Gli atteggiamenti nei confronti


del servizio
Il modello di PhC sin qui presentato enfatizza il rapporto con il
paziente e l’attitudine della farmacia a erogargli un servizio perso-
nalizzato, ovvero una prestazione che, partendo dal farmaco (pro-
dotto standard nella maggioranza dei casi), costruisce un percorso
di assistenza continuativa ritagliato su misura per il paziente, come
evidenziato in figura 2.28.
Erogare servizi personalizzati significa predisporre, o più sempli-

55
Analisi dello stato del Pharmaceutical Care in Italia

cemente rivedere, l’organizzazione tradizionale della farmacia (sin-


ANALISI
teticamente rappresentata DELLO
nella parte in STATO
alto di figura 2.28). Essa è
DEL PHARMACEUTICAL CARE
centrata sul funzionamento del banco, che INdiITALIA
è il punto equilibrio tra
la gestione interna (gestione dello stock) e la gestione delle richieste
di consegna del farmaco da parte dei pazienti. La personalizzazione
del servizio, ponendo al centro il paziente e non il farmaco, necessita
di una serie di accorgimenti, a partire da un approccio assistenziale
continuativo circolare. Perché questo approccio circolare (vedi figura
2.26 ripresa in figura 2.28) sia svolto efficacemente, occorre che siano
verificati anche altri presupposti. La figura 2.28, nella parte in basso,
ne individua almento quattro fondamentali:
• l’apertura della farmacia alla logica collaborativa,
• l’organizzazione del tempo e delle risorse in farmacia,
• la predisposizione di processi e protocolli operativi,
• il ripensamento degli spazi e della struttura della farmacia.
Naturalmente questi elementi della struttura aziendale non sono

Fig. 2.28 – Servizio standard e personalizzato a confronto

56
slegati da quelli che classicamente compongono la farmacia tradizio-
nale, ma devono essere armoniosamente pensati e progettati affinché
i servizi compenetrino e siano complementari alla dispensazione del
farmaco. Quindi, come esistono processi che regolano il funzionamen-
to dello stock, altrettanto deve accadere per l’erogazione del servizio
e tra questi deve esserci una connessione.
L’evoluzione della farmacia verso la “Farmacia dei servizi” è stata
pensata come un elemento in aggiunta alla consegna del farmaco e,
come tale, non è mai decollata. L’assenza di una Convenzione che ne
riconosca il valore e che generi profitto ha, inoltre, indotto la maggior
parte dei titolari di farmacia a trascurarla, come forma d’innovazione
della farmacia. Il PhC, che nei fatti è il luogo in cui potrebbe svilupparsi
la “farmacia dei servizi”, deve essere invece integrato nell’organizza-
zione classica della farmacia.
I quattro elementi (struttu-
ra, organizzazione, processi e
collaborazione) costituiscono
i pilastri del PhC e, in quan-
to tali, sono stati oggetto di
studio nella ricerca condotta
in Italia e in Europa.
A essi poi si accompagna
un ulteriore pilastro, che mi-
sura gli atteggiamenti del
titolare volti ad arricchire l’of-
ferta della farmacia attraverso
i servizi. Per atteggiamenti e
convincimenti ci si riferisce qui al grado di predisposizione del titolare
a impegnarsi in una serie di attività (i vari piani della casa del PhC), che
sicuramente sottrae risorse alla farmacia, in parte anche distogliendole
dalla normale routine di dispensazione del farmaco, che rimane ancora
l’unica attività capace di generare introiti vitali alla farmacia.
Il PhC è una disciplina che, come abbiamo visto, è di non immediata
applicazione, richiedendo un cambio di passo sia nei comportamenti
di servizio, sia nell’organizzazione della farmacia. Se poi consideria-
mo che non esiste una Convenzione che riconosca una remunerazione
per i servizi erogati, è facile ipotizzare che lo sviluppo della pratica di

57
Analisi dello stato del Pharmaceutical Care in Italia

PhC richieda una forte consapevolezza, oltre alla determinazione del


titolare verso un ANALISI DELLO
percorso evolutivo STATO
futuro. Inoltre, il PhC e gli inve-
DEL PHARMACEUTICAL CAREantagonisti
stimenti connessi potrebbero essere vissuti come IN ITALIA rispetto
alla ricerca di marginalità della farmacia, soprattutto mentre la farma-
cia perde ricavi, margini e valore. In sostanza, lo sviluppo del PhC si
verificherebbe laddove il titolare consideri in chiave prospettica inve-
stire sulla relazione con il cliente, ritenendo che questa, in assenza di
una remunerazione in Convenzione, possa un domani ripagare degli
investimenti grazie al contributo privatistico del paziente: il cosiddetto
“out-of-pocket” del cittadino.
Per verificare questa predisposizione sono 2,8state poste due
2,8 doman-
1,2
de ai titolari che hanno partecipato all’indagine. Una per misurare 1 il
fenomeno nella sua componente quantitativa, cioè quante volte si cer-
ca di mettere in atto la disciplina del PhC, e una di taglio qualititativo,
per far emergere l’impegno e lo sforzo profuso per assistere al meglio
il paziente (figura 2.28 bis).

Prodigarsi nel fornire assistenza

MEDIA UE
MEDIA IT

Cercare di fornire assistenza

mai raro2 3
ogni tanto 4
spesso 5
sempre

Fig. 2.28 bis - Fornire quantitativamente e qualitativamente i servizi di PhC

Il grafico di figura 2.28 bis raffronta le risposte del campione ita-


liano con la media europea. Va però sottolineato che qui cambiano
i valori adottati: mentre le precedenti domande sono state sempre
riferite a un gruppo di 5 pazienti, questa e le successive sono invece
rapportate a una scala di valore che oscilla tra il “mai” e il “sempre”.
Le domande volte a misurare gli antecedenti di servizio, infatti,

58
non sono relative a momenti d’incontro specifico con i pazienti, ma ri-
guardano condizioni precedenti, cioè si riferiscono ad attività o com-
portamenti preparatori e organizzativi.
In generale, possiamo dire che la media dei valori espressi dai
colleghi d’Oltralpe è anch’essa migliorabile: infatti “spesso” non è
“sempre”. Il modello di funzionamento della farmacia si ispira alla
dispensazione del farmaco e, come abbiamo detto, il massimo atteg-
giamento verso il servizio potremmo trovarlo in una farmacia “ambu-
latorio” (cfr figura 2.1), che però è puramente teorica, dato il sistema
che ruota intorno alla consegna del farmaco.
Ciò detto, in Italia rimangono comunque ampi spazi di migliora-
mento proprio su questo tema. Mentre il posizionamento UE è me-
diamente intorno a “spesso”, in Italia è solo “ogni tanto”. La spiega-
zione di questo valore penso non sia da ricercare nello scarso interes-
se verso la componente professionale del PhC, quanto semmai negli
aspetti legati all’economicità dei servizi. Il vissuto generale dei titolari
di farmacia nei confronti dell’economicità dei servizi, infatti, è negati-
vo: non genererebbero profitti e drenererebbero risorse, utili invece
per far fronte alla ridotta marginalità. Questo nodo verrà sicuramente
sciolto quando si riuscirà a dimostrare che i servizi presentano una
propria condizione di sostenibilità economica.

Struttura, organizzazione e processi


Il secondo antedecente
importante consiste nel do-
tare la farmacia di strutture,
organizzazione e processi
necessari per assicurare al
paziente un servizio adegua-
to. Un aspetto che differenzia
in maniera significativa i ser-
vizi di assistenza al paziente
dall’attività di dispensazione
del farmaco consiste proprio
nella diversa impostazione
strutturale del servizio, e nella logica procedurale e temporale d’in-

59
Analisi dello stato del Pharmaceutical Care in Italia

terazione con il paziente. Infatti, mentre la dispensazione del farmaco


ANALISI
è un’attività che viene DELLO STATO
svolta prioritariamente al banco, il PhC preve-
DEL PHARMACEUTICAL CARE
de -almeno nei momenti topici della relazione- IN ITALIA
l’incontro in un luogo
appropriato che garantisca privacy e tranquillità.
Inoltre, la consegna del prodotto presenta modalità e tempistiche
sostanzialmente differenti dall’attività di servizio al banco. Questa si
fonda sul criterio “First-come, first-served” (“si serve in ordine di arri-
vo”, secondo la terminologia anglosassone) e il tempo d’interazione
previsto è in genere contenuto, non superando quasi mai qualche
minuto.
Al fluire dinamico del servizio di consegna si contrappone, invece,
la logica dell’incontro per i servizi di assistenza. Questi spesso richie-
dono un appuntamento preventivo e possono avere una durata che
va anche oltre i 30 minuti, almeno nelle prime fasi conoscitive e di
contatto. Diventa, quindi, fondamentale ripensare alla gestione degli
spazi, del tempo e delle risorse, quando l’offerta, oltre la consegna
del farmaco, si arricchisce con l’erogazione di servizi personalizzati.
Di seguito vengono analizzati i singoli elementi che determinano
l’organizzazione dei servizi e una misura di quanto vengono praticati
dalle farmacie italiane.

Incontro dei pazienti in una zona della farmacia


che garantisce tranquillità e rispetto della privacy

Il presupposto del PhC è la personalizzazione del servizio sulle di-


mensioni del singolo paziente. La possibilità di incontrare il pazien-
te in un’area che assicura il rispetto della privacy e la tranquillità è,
quindi, un requisito indispensabile per assolvere il presupposto della
personalizzazione.
La figura 2.29 mette in risalto le risposte dei farmacisti in merito
a questo aspetto. La percentuale di quanti danno seguito a questo
precetto solo “ogni tanto” ammonta a più del 50%, segnale questo
di una ridotta possibilità di mettere a proprio agio il paziente, per una
relazione di counselling che richiede proprio queste caratteristiche.
L’impossibilità di ricorrere all’area dedicata per gli incontri con i
pazienti, almeno alla nascita della relazione o nei momenti più deli-
cati, potrebbe essere determinata dalla reale mancanza in farmacia

60
90
116
250
217
149
Fig. 2.29 - Incontrare i pazienti in una zona della farmacia
che garantisce il rispetto della privacy

149-18% 90-11% mai


raramente
ogni tanto
spesso
sempre

116-14%
mai
raramente
ogni tanto
217-26% spesso
sempre

250-31%

di una zona da destinare a tale scopo. Questo è un problema che


riguarda circa il 30% del campione, che afferma di non possedere
un’area adeguata. Si è allora provveduto a filtrare le risposte (fig.
2.29) in ragione della presenza e disponibilità di un’area dedicata
nei locali della farmacia. La figura 2.30 mostra così come risponde il
sottoinsieme del campione che possiede un’area dedicata.
Dal confronto dei valori delle due ultime figure emerge chiara-
mente che esiste una parte delle farmacie che, seppure dotata di
area dedicata, opera in condizioni che non consentono di assicurare
agli incontri la corretta contestualizzazione. In particolar modo, co-
loro che utilizzano l’area solo “ogni tanto” passano dal 53%, come
visto prima, al 47% (5%+11%+31% di figura 2.27); segno questo non
tanto di una carenza, quanto dell’incapacità di utilizzare la stessa area
in modo appropriato.
La disponibilità di una zona dedicata diviene, quindi, una condizio-
ne necessaria, ma non sufficiente. La farmacia che assicura tranquil-
lità e privacy agli incontri, cosa non sempre fattibile se al banco c’è
la coda, non soltanto possiede una zona dedicata, magari semplice-
mente l’isola o il corner della dermocosmesi, ma si è anche dotata

61
Analisi dello stato del Pharmaceutical Care in Italia
29
65
181
180
127

Fig. 2.30 - Incontro contestualizzato: solo coloro


ANALISI DELLO STATO
che dichiarano di possedere l’area dedicata

DEL PHARMACEUTICAL CARE IN ITALIA


29-5%
mai

127-22%
raramente
65-11% ogni tanto
spesso
sempre

mai
raramente
ogni tanto
181-31% spesso
180-31% sempre

di un’organizzazione capace di gestire le risorse umane in maniera


appropriata, non soltanto ai ritmi dettati dal banco, ma anche dal
tempo richiesto da un servizio personalizzato (appuntamenti, preno-
tazione dell’area, gestione risorse umane specialistiche, ecc.).

Utilizzo di procedure e protocolli per erogare servizi

Tutte le aziende, che siano farmacie o aziende di distribuzione o


manifatturiere, approntano linee guida, processi, procedure, proto-
colli, per coordinare al proprio interno le risorse e farle converge-
re verso la realizzazione del miglior prodotto o servizio a favore del
cliente. In questa prospettiva anche le farmacie hanno messo a punto
nel tempo le proprie “regole” di funzionamento, non soltanto per
offrire al paziente il miglior servizio, ma anche per garantire l’attività
richiesta nel miglior modo, cioè in condizioni di efficacia, di efficienza
e con il minor dispendio di risorse.
Si pensi, per esempio, ai criteri di gestione del magazzino, alle lo-
giche di riassortimento e di gestione dei mancanti e via di seguito per
qualsiasi area che prevede l’esecuzione di attività, l’impiego quindi di

62
risorse (umane e finanziarie) che incidono sul servizio al cliente finale.
In questa prospettiva ci si chiede se i servizi, introdotti in farma-
cia dalla legge del 2009, siano stati “normati” nella loro messa in
funzione, oppure se siano stati attivati in maniera non strutturata,
cioè legati alle valutazioni del singolo farmacista e, quindi, esposti
a una marcata condizione di “occasionalità”. La figura 2.31 mette in
evidenza le risposte delle 822 farmacie italiane in tema di regole e
metodi per erogare i servizi di PhC.
Dall’osservazione di figura 2.31 emerge che le farmacie, per quanto
riguarda i servizi erogati ai pazienti, non sono molto abituate a lavorare
in base a protocolli. Quasi la metà del campione (46%), infatti, dichiara
di non utilizzare procedure e protocolli per l’espletamento dei servizi.
L’approccio per processi è, invece, centrale nel PhC, poichè è la mo-
dalità attraverso la quale è possibile assicurare una standardizzazione
di un servizio -quello di assistenza alla persona- che, essendo comples-
so nelle variabili prese in gioco, risente fortemente della soggettività
del professionista erogatore. Il servizio di consegna del farmaco è, in-
379
136

vece, fortemente regolamentato e procedurizzato, anche in virtù della


139
124
44

lunga storia di applicazione in farmacia. Dobbiamo quindi superare

44-5%
mai

124-15% raramente
ogni tanto
spesso
sempre

mai
379-46% raramente
139-17% ogni tanto
spesso
sempre

136-17%

Fig. 2.31 – Avvalersi di protocolli e informazioni per espletare i passi


fondamentali del servizio di assistenza

63
Analisi dello stato del Pharmaceutical Care in Italia

questa fase sperimentale, per quanto attiene i servizi, e fare in modo


che l’assistenza aiANALISI DELLO
pazienti in ottica PhC siaSTATO
integrata in termini anche
DEL PHARMACEUTICAL CARE
di regole e approcci gestionali. Cioè dobbiamo IN ITALIA
lavorare per integrare
la dispensazione con i servizi, come rappresentato in figura 2.28.
A distanza di ormai 5 anni dall’entrata in vigore della legge sui ser-
vizi, possiamo certamente dire che essa vede applicazione a mac-
chia di leopardo; a volte addirittura un’applicazione estemporanea.
Questo è determinato anche dal fatto che non si è trovato il modo
per sincronizzare in maniera “regolamentata” l’erogazione dei servi-
zi, con il fluire dell’attività tradizionale e prioritaria di dispensazione
del farmaco.
In sostanza, la farmacia continua a fare il mestiere di sempre e
occasionalmente aggiunge, in maniera accidentale e non integrata,
la prestazione di servizi. Ergo, i servizi, secondari alla consegna del
farmaco, non si sono sviluppati e in quanto residuali non hanno bene-
ficiato di quella riflessione che consenta di regolamentarli e, quindi,
di applicarli in maniera diffusa e integrata rispetto al resto dell’azien-
da farmacia. I servizi, benché se ne parli come la chiave per l’inno-
vazione della farmacia, sono rimasti figli di un Dio minore e, quindi,
sottovalutati.
Quello a cui invece richiama la figura 2.28 è esattamente la ricerca
di una diversa via interpretativa per i servizi. Questi, se ben regola-
mentati e integrati con la farmacia tradizionale, diventano un forte
viatico per il suo sviluppo. Infatti, il primo risultato, diretto, dell’ero-
gazione dei servizi di PhC è un corretto impiego del farmaco, cioè
una condizione di migliore -oserei dire anche “maggiore”- distribu-
zione del farmaco, che rimane e rimarrà il vero motore di sostenta-
mento della farmacia di ieri, oggi e domani. La figura 2.32 riprende
parte del contenuto della figura 2.28, enfatizzando il tema della inte-
grazione tra farmacia dispensatrice e farmacia dei servizi.
Aggiungo una considerazione che può sembrare marginale, ma
che invece è capitale per le farmacie tutte, rilette come singoli nodi
di una rete di servizio territoriale. Questa valutazione sull’integrazio-
ne della farmacia dispensatrice con la farmacia dei servizi, attraverso
la definizione di regole e processi condivisi che integrano singole
attività, non è soltanto applicabile nel micro, cioè all’interno di una
singola farmacia, ma anche nel macro, ovvero interpretando le singo-

64
Fig. 2.32

le farmacie come una rete di servizio a vantaggio delle cure primarie.


Si pensi, infatti, alla medicina del territorio, alle cure primarie,
come un servizio esteso alla cittadinanza e realizzato efficientemente
ed efficacemente dall’integrazione multiprofessionale tra le diverse
figure del Ssn: medicina di base, specialistica, infermieristica, farma-
ceutica, ecc.
In questa prospettiva il sistema regolatorio e procedurale, che
consente e assicura l’erogazione del servizio e l’integrazione di tut-
te le professioni coinvolte, potrebbe essere sintetizzabile nel cosi-
detto PDTA (Piano Diagnostico Terapeutico Assistenziale), almeno
per quanto riguarda il presidio delle patologie croniche. Occorre,
quindi, partire a livello macro e disegnare PDTA a livello di sistema
nazionale, regionale o di singola Asl, capaci di valorizzare lo sforzo
della farmacia non soltanto in termini di consegna del farmaco, ma
anche e sopratutto come realtà capace di fornire servizi di assisten-
za che assicurano una corretta amministrazione della cura, generano
aderenza alla terapia e contribuiscono nel monitoraggio dei risultati
terapeutici. La figura 2.33 ricapitola in forma grafica il concetto e la
centralità del PDTA.
Questa schematizzazione mette al centro il malato (anche se per
semplificazione grafica non è stato riportato) e tutti gli operatori sa-
nitari che collaborano, assicurando l’ottimizzazione del flusso fisico
del paziente (il cosidetto “Safe Patient Transition” o anche “patient

65
Analisi dello stato del Pharmaceutical Care in Italia

ANALISI DELLO STATO


DEL PHARMACEUTICAL CARE IN ITALIA

Fig. 2.33 – idealizzazione di uno schema PDTA

tour” in terminologia anglosassone) senza soluzione di continuità


(Seamless Care Pharmacy), così da assicurare un efficace ed efficiente
servizio di cura. Tre condizioni forti sono alla base di questo concetto
d’integrazione delle cure primarie:
1. Processo integrato di servizio, da cui ne discende la forza della
farmacia come rete di servizio territoriale e che richiede la de-
clinazione a livello di singola farmacia di opportune procedure o
regole di erogazione dei servizi
2. L’apertura collaborativa delle figure professionali coinvolte
(tema che verrà trattato nel paragrafo sulla collaborazione pro-
fessionale)
3. Condivisione di dati e informazioni, possibilmente con modali-
tà digitale, affinché tutti gli attori possano ottenere visione del
flusso operativo (tema che verrà trattato di seguito sempre in
ambito del paragrafo sulla struttura, organizzazione e processi).
Ne consegue che la capacità della farmacia di dimostrare la sua
attitudine al gioco di squadra -assicurando che la rete delle quasi 18
mila farmacie è capace di erogare un servizio integrato ai processi
delle cure primarie- assume quindi un valore importantissimo anche
in una logica di visibilità del comparto nei confronti del Servizio sani-
tario e degli operatori delle cure primarie, nonchè della collettività in
senso allargato. Condizione questa non solo per ridare forza e vigore
alla categoria professionale, ma anche per creare le condizioni di ri-
appropriazione di valore e, quindi, di remunerazione della farmacia
all’interno della catena delle cure primarie.

66
Utilizzo di applicativi per gestire informazioni sul farmaco
e gestione dei dati clinici del paziente

Le farmacie italiane sono tutte dotate di applicativi informatici che


supportano la gestione della farmacia in termini di flussi digitalizza-
ti: dall’ordine del farmaco alla consegna al paziente passando per il
carico a magazzino, lo scarico per consegna e la registrazione della
transazione di vendita (scontrino o ricetta).
L’utilizzo di tale struttura informatica a supporto della gestione
non è sempre scontato. Vi sono farmacie che per esempio gestiscono
i movimenti di magazzino a quantità ma non a valore, vi sono farma-
cie che utilizzano a pieno la strumentazione informatica beneficiando
di informazioni sul traffico in farmacia che analizzano con ritmo ca-
denzato come sistema di controllo di gestione.
Tenuto conto che il processo di assistenza personalizzata al pazien-
364
te richiede l’uso sistematico di dati e359 757
informazioni sia sul paziente sia
458 463 65
sul farmaco si è provveduto a verificare quanto le farmacie impiegas-
sero questi supporti nell’erogazione dei servizi. La figura 2.34 riporta
le frequenze di risposta in merito all’utilizzo di tre funzioni informati-
ve chiave:
1. Controindicazioni farmacologiche
2. Interazione farmaco su farmaco
3. Dati clinici del paziente

Presenza di software capace di gestire:

Controindicazioni farmacologiche 364 458

Interazione farmaco su farmaco NO


359 463

Dati clinici paziente 757 65

0 delle informazioni
Fig. 2.34 – Digitalizzazione 225 450 675
a supporto 900
del processo clinico in farmacia

67
Analisi dello stato del Pharmaceutical Care in Italia

L’utilizzo in farmacia di supporti digitali per la consultazione di


informazioni utili ANALISI DELLO
a erogare servizi STATOdi assistenza pre-
personalizzati
sentaDEL PHARMACEUTICAL CARE
una duplice dimensione. Da un lato possiamoIN dire
ITALIAche siano
sufficientemente usati gli applicativi che consentono di controllare le
interazioni farmaco su farmaco o di interrogare le controindicazioni
legate ai farmaci. Più della metà dei rispondenti dichiara di impiegare
questi strumenti quali supporti per offrire un servizio migliore.
Per contro, si assiste invece a una risposta completamente diversa
quando viene chiesto loro di valutare l’impiego in farmacia di data-
base per la gestione dei dati clinici dei pazienti. Come si evince dalla
figura 2.34, più del 90% del campione afferma di non utilizzare simili
strumenti.
Questa dicotomia trova una sua spiegazione e conferma nelle con-
siderazioni in precedenza fatte circa la focalizzazione del farmacista
sul farmaco e soltanto in via indiretta sul paziente. Infatti, la necessità
di avere una tracciabilità e una rendicontazione sul singolo paziente
non è rilevante se non nel momento in cui si attivano programmi con-
tinuativi di assistenza al paziente, dove si registrano e si riutilizzano
nel tempo dati diagnostici, di monitoraggio e controllo. In sintesi, il
database e le esigenze di gestione collegate (archiviazione, consulta-
zione, aggiornamento, eccetera) si giustificano nel momento in cui la
farmacia adotta un comportamento di assistenza continuativa.
Vi è da segnalare, d’altro canto, che la reale possibilità di mettere
in pratica il modello di servizio circolare come definito in figura 2.26
non è assolutamente praticabile senza un supporto di questo tipo, al
di là di un impegno che veda coinvolta la farmacia su un manipolo
di pochi pazienti, per i quali si riesca ancora a gestire a memoria le
singole posizioni.
In quest’ottica deve essere riletto il progetto (DigitalCare) volto a
creare un portale che aiuti i farmacisti a gestire in maniera integrata i
dati del paziente, ovvero il dossier farmaceutico, cioè l’archivio dove
verranno registrate tutte le transazioni sul farmaco nominalmente per
ciascun paziente. Questo passaggio -che richiede ancora l’approva-
zione di un apposito dettato normativo da parte parlamentare- è im-
portante perché è il primo passo verso la condivisione nel sistema
delle cure primarie (medicina, farmacia, altri operatori) del fascicolo
sanitario elettronico del cittadino (FSE), nel quale confluiranno tutte

68
Fig. 2.35 – Livelli gerarchici nella gestione dei dati paziente

le informazioni sanitarie consultabili dagli operatori accreditati e au-


torizzati, come riportato in figura 2.35.
È il caso di sottolineare che, sebbene il percorso legislativo in tema
di dossier farmaceutico e FSE sia ancora in divenire, rimane comun-
que sempre nella facoltà di ciascun farmacista attivare nella propria
farmacia un “archivio paziente” (parte centrale di figura 2.35), capa-
ce di contenere dati clinici e di monitoraggio che gli consentano di
tracciare le informazioni necessarie al percorso assistenziale. La nor-
mativa, infatti, consente alla singola farmacia di raccogliere queste
informazioni per uso clinico, previa concessione di utilizzo dei dati da
parte del paziente ai sensi della normativa sulla privacy.

Il risultato clinico come metro di giudizio


del comportamento professionale

La centratura dell’operato del farmacista sul paziente anziché sul


farmaco, voluta attraverso l’applicazione della disciplina del PhC, ag-
giunge inoltre un ulteriore tassello nel mosaico della strumentazione
organizzativa di presidio per i servizi.
Mettere al centro del servizio il paziente e in via subordinata il

69
Analisi dello stato del Pharmaceutical Care in Italia

farmaco significa riorientare l’attività e, conseguentemente, rivedere


anche i parametriANALISI
impiegati perDELLO
misurare laSTATO
bontà e la correttezza dei
DEL PHARMACEUTICAL CARE INdelle
comportamenti. Il risultato clinico di miglioramento ITALIA
condizioni
di salute del paziente cronico diventa quindi un parametro da misura-
re e osservare per valutare e guidare l’operato della farmacia.
236
77
181
223
105
Fig. 2.36 - Il risultato clinico raggiunto dai propri pazienti
come metro di giudizio

105-13% mai
raramente
ogni tanto
spesso

236-29% sempre

mai
223-27% raramente
ogni tanto
spesso
77-9% sempre

181-22%

La figura 2.36 evidenza che coloro che seguono questa prassi si-
stematicamente (sempre o spesso) sono il 40% della base dei rispon-
denti, mentre il 38% non la esegue mai o solo raramente. In sostan-
za, ci troviamo di fronte a una situazione di distribuzione sulla scala
valoriare abbastanza equilibrata. Vi sono farmacisti che si sentono
responsabilizzati non solo sull’attività di dispensazione del farmaco:
si fanno carico delle condizioni di salute del paziente, assumono un
“appalto psicologico” nei confronti dei problemi che emergono in
tema di aderenza alle terapie e di conseguenza guidano il proprio
operato avendo come metro di giudizio i miglioramenti nella salute
del paziente (come indica la figura 2.36). Lo spostamento da una

70
metrica interna focalizzata sull’efficienza ed efficacia del farmaco e
la sua logistica (per esempio, tempi medi di evasione delle richieste
al banco) a una metrica che si proietta anche oltre le mura della far-
macia, per entrare idealmente in casa del paziente e osservare il suo
percorso di miglioramento del quadro clinico, ha quindi senso solo se
il farmacista prende in carico il paziente per un programma di conti-
nuità assistenziale. La figura 2.37 riespone il concetto in forma grafica.

Fig. 2.37 – Il ciclo dell’appalto psicologico della salute del paziente

La chimica è annoverata tra le scienze esatte, la medicina no. Il far-


macista dispensatore rientra nell’ambito dei chimici, il farmacista che
pratica PhC è più vicino alla classe medica e agisce in ragione di una
“ragionevolezza sanitaria”, più che di una “scienza dura” del farmaco.
Questo implica che il suo agire è guidato da regole e discipline
stabilite ex-ante (nella figura 2.37 estrinsecabili nella rigorosità del
PDTA), ma deve essere riletto e ripensato in base ai comportamenti
applicativi: il PAI (Piano di assistenza individuale), che sintetizza la
strategia di azione sul singolo paziente. Comportamenti applicativi
che sono soggetti a un approccio “trial&error”, che sono vissuti stra-
da facendo e che richiedono un controllo a consuntivo e una misura
di retroazione (feedback di figura 2.37), tendente a confermare o ri-
vedere approcci e linee guida di azione.

Condividere e accedere a una base


conoscitiva ed esperienziale

Un ultimo elemento da ricomprendersi nell’impianto organizzativo


che compone il modello di PhC è la condivisione e accesso a una

71
Analisi dello stato del Pharmaceutical Care in Italia

base informativa e conoscitiva che aiuti il farmacista a superare i pro-


ANALISI
blemi che incontra nel servizio DELLO
di assistenzaSTATO
ai pazienti.
DEL PHARMACEUTICAL CARE IN ITALIA
577
92
68
49
36
Fig. 2.38 - Condivisione con colleghi farmacisti di memorandum
su casi di assistenza a pazienti critici

36-5%
49-6%
mai

68-8% raramente
ogni tanto
spesso
sempre

92-11% mai
raramente
ogni tanto
spesso
577-70% sempre

Il concetto è fondamentalmente disatteso e lontano dalla pratica


di adozione nelle farmacie italiane (cfr. fig. 2.38). Questo certamente
si giustifica in un contesto di servizio centrato sul prodotto, dove le
informazioni e la conoscenza sono intrinsecamente connesse al far-
maco: come si è detto in precedenza (cfr. figura 2.15), il foglietto
illustrativo e la farmacia che ne è garante in termini di informativa. Se
spostiamo l’attenzione sul paziente, diviene importante l’accumulo
di conoscenza guidata dall’esperienza. Dobbiamo però constatare
che questo accumulo di conoscenza assume connotati che travali-
cano i confini della singola farmacia. Infatti, ogni singola farmacia
può maturare esperienza sulla prassi di assistenza del paziente; può
occuparsi di gestioni trasversali e generali, può intervenire in termini
di gestione verticale su specifiche patologie o aree di intervento. Per

72
quanta forza possano avere questa pratica e l’attenzione nell’accu-
mulo di queste conoscenze, la farmacia singolarmente presa vivrà
sempre una condizione di carenza conoscitiva, in ragione del fatto
che la pratica applicativa sul paziente è sterminata. Mettere a fat-
tore comune, invece, l’esperienza dei singoli (si pensi a un sistema
di Knowledge sharing, terminologia anglosassone che denota ed
etichetta strumenti e metodi precisi, applicato a 18mila farmacie e
alimentato da una popolazione potenziale di 60mila farmacisti), si-
gnifica dotare il singolo farmacista di una sorta di “dono di ubiqui-
tà”: in questo modo, infatti, egli può accedere ad esperienze che
si muovono in un tempo e uno spazio che si estendono oltre il suo
spazio-tempo fisico.
Tutto ciò rimanda a qualcosa di molto noto e altrettando discusso:
il “Facebook” della farmacia, ovvero il FarmaBook di cui vedremo i
potenziali contenuti quando ci soffermeremo sul tema della collabo-
razione.
Qui vale la pena di concludere sottolineando due aspetti chiave a
cui rimanda il concetto in esame:
• l’importanza strategica della condivisione della conoscenza, quale
pilastro fondamentale
0,8
dell’organizzazione
2,3 2,4
del1,4PhC 2 2,8
• la conseguente necessità di ragionare in termini
1,3 2,3 0,9 2,5 di rete1,4 delle far-0,7
macie e non di singola farmacia, quando si affronta la disciplina di
PhC.

Condivisione
Condivisione della
della conoscenza
conoscenza

Risultato clinico
Risultato come
clinico guida
come guidaalalservizio
servizio

Sondare il livello
Sondare di di
il livello soddisfazione
soddisfazione

Protocolli per svolgere il servizio


Protocolli per svolgere il servizio MEDIA UE
Utilizzo di applicazioni MEDIA IT
Utilizzo di applicazioni
per per la gestione
la gestione didiinfo
infoeedati
dati

Incontro in zona
Incontro in zonadedicata
dedicata

0
mai 1,25
raro ogni2,5tanto 3,75
spesso 5
sempre

Fig. 2.39 – Posizionamento a confronto: Italia vs. Unione Europea

73
Analisi dello stato del Pharmaceutical Care in Italia

A conclusione di questo paragrafo, riportiamo una sintesi degli


ANALISI
elementi prima analizzati DELLOdel
e il confronto STATO
posizionamento italiano
DEL PHARMACEUTICAL CARE2.39).
rispetto a quello dei colleghi europei (vedi figura IN ITALIA
In generale, emerge che la media Ue degli elementi organizzativi
analizzati presenta una frequenza applicativa ben superiore a quella
italiana: “spesso” contro un valore che si attesta appena al di sopra
di “raro” (vedi linea tratteggiata rossa e verde di figura 2.39).
In dettaglio, osserviamo che vi sono aree dove i valori Italia e Ue
non si discostano significativamente: “incontro in zona dedicata” per
assicurare privacy e tranquillità ne è un esempio.
Vi sono poi prerequisiti organizzativi quali il “risultato clinico come
sistema di controllo” e i “protocolli come linea guida”, che mostrano
significative differenze con la pratica Italiana e che vedono una buo-
na applicazione nell’Unione europea (valori rossi superiori a “spes-
so”). Segno, questo, di una maggiore maturità nei riguardi dell’evo-
luzione della farmacia dalla dispensazione del farmaco all’assistenza
del paziente, dovuta anche a iniziative di coordinamento dall’alto da
parte di terzi pagatori (per esempio, le compagnie di assicurazione
in Olanda) o del Ssn che persegue obiettivi di revisione dell’impianto
delle cure primarie (vedi il National health service in Gran Bretagna).
Si registrano comunque anche elementi organizzativi che possono
essere oggetto di sviluppo anche nel resto d’Europa e che vedono in
ogni caso l’Italia in una posizione molto arretrata: si pensi al fattore
“condivisione della conoscenza, dove l’Italia è inferiore a “raro”, ma
in generale la stessa Ue non supera di molto quel valore.
Quindi, in sostanza, luci e ombre sulle prassi organizzative a sup-
porto del PhC. Vi sono aree che devono essere sviluppate sostanzial-
mente in tutti i Paesi d’Europa e vi sono elementi importanti su cui
investire per il miglioramento in Italia, ancora indietro rispetto alla
pratica europea. Da questo punto di vista, le esperienze oltre confine
possono essere prese come esempio per una traduzione e applica-
zione nel contesto italiano.

Collaborazione interdisciplinare
L’ultimo blocco che compone il nostro modello interpretativo della
prassi del PhC è relativo alla collaborazione della farmacia con le altre

74
professionalità della sanità
per gestire i pazienti cronici.
L’approccio PhC pone il far-
macista a pieno titolo all’in-
terno della rete di assistenza
delle cure primarie. Affinché
ciò possa svilupparsi piena-
mente è indispensabile che
la farmacia attivi una serie
di canali di comunicazione
con gli operatori della sanità
coinvolti nel processo di as-
sistenza del paziente. Il ruolo della farmacia è un ruolo di cerniera.
La farmacia prende in carico un paziente che provviene dalla medi-
cina generale o specialistica, ne segue il percorso di cura e l’applica-
zione della terapia, quindi si relaziona ulteriormente con la medicina
per informare circa la necessità di valutare una revisione della terapia
farmacologica o il suo mantenimento. Sintetizzando con una defi-
nizione sportiva: si assiste al passaggio del testimone come in una
corsa a staffetta (figura 2.40).
Continuando con la metafora della corsa a staffetta, possiamo dire
che il processo di assistenza del paziente è guidato dal PDTA (Percor-

Fig. 2.40 – La metafora della staffetta

75
Analisi dello stato del Pharmaceutical Care in Italia

so diagnostico terapeutico assistenziale) e le analogie si estendono:


• il “concorrente” ANALISI DELLO
è rappresentato STATO
dal rischio di non riuscire a stabi-
DEL PHARMACEUTICAL CARE IN ITALIA
lizzare, compensare e assicurare le migliori condizioni di salute del
paziente cronico; il concorrente non è il medico né, tantomeno, il
collega farmacista
• il passaggio del testimone è regolato dalle competenze di ciascuno,
non è unidirezionale e può prevedere più “giri di pista”, cioè la ripe-
tizione di attività con successivi passaggi di responsabilità per il bene
e la salute del paziente
• la vittoria è della squadra, non del singolo, ma tutti salgono sul podio.
Una metafora, questa, che non è affatto facile da applicare in am-
bito sanitario, dove per decenni si è ragionato di separazione a com-
partimenti stagni tra le professioni e dove si sono innescati semmai
processi competitivi, invece di quelli collaborativi. Però, è una meta-
fora che vale la pena di esportare in questo settore, oggi chiamato,
per ovvi motivi di contingentamento di spesa e ricerca di efficacia, a
riorganizzarsi e a ripensare ruoli e relazioni.
Sappiamo che il tema andrebbe analizzato da una prospettiva am-
pia, che non si limiti alla farmacia e che dovrebbe prendere in carico
anche il vissuto degli altri operatori circa la collaborazione. Quello di
cui si dispone oggi è comunque la visione della farmacia: quindi, su
questo ci concentriamo analizzando le dichiarazioni offerte dai far-
macisti che hanno partecipato alla ricerca.

Consulto e deferimento a colleghi farmacisti

Il primo aspetto che connota la collaborazione nella pratica del


PhC riprende l’utimo aspetto che abbiamo tracciato nel paragrafo
relativo alla organizzazione, ovvero il gioco di squadra tra colleghi
e la collaborazione per assicurare ai pazienti la miglior prestazione
assistenziale.
Innanzitutto, è stato chiesto di valutare il grado di apertura comu-
nicativa con altri colleghi. Questo aspetto, che a prima vista sembre-
rebbe sviare l’attenzione dal tema principale (collaborazione multidi-
sciplinare), assume una dimensione centrale nella prassi di PhC.
Dal momento che l’approccio PhC sposta l’accento dal farmaco
all’assistenza al paziente, il terreno sul quale il farmacista si trova a

76
190
179
226
104
123
Comunicazione con MMG per problemi
connessi all’assunzione farmacologica

123-15% mai
raramente
ogni tanto
spesso
190-23% sempre

104-13%
mai
raramente
ogni tanto
spesso
179-22% sempre
226-27%

501
141
109
41
30
Deferimento della cura del paziente
ad altri farmacisti

30-4%
41-5%
mai
raramente

109-13% ogni tanto


spesso
sempre

mai
raramente
141-17% ogni tanto
501-61% spesso
sempre

Fig. 2.41 – Consulto con altri farmacisti e deferimento dei pazienti

77
Analisi dello stato del Pharmaceutical Care in Italia

operare non è più solamente quello delle proprietà del farmaco e


ANALISIa DELLO
degli effetti sull’organismo: tutto ciò siSTATO
aggiungono la conoscen-
DEL PHARMACEUTICAL CARE
za della dinamica delle patologie e le reazioni deiIN ITALIA
pazienti. Aspetti,
questi ultimi, che in chiave di dispensa del farmaco vengono toccati
dal farmacista solo marginalmente. Allargandosi e spostandosi il ba-
ricentro delle competenze dal farmaco al paziente, diviene fonda-
mentale l’apertura collaborativa.
Il dato rilevato nella nostra indagine e riportato in figura 2.41 (par-
te sopra) lascia immaginare l’esistenza di canali di comunicazione tra
colleghi. Al tempo stesso esiste una folta maggioranza (il 45%) che
praticamente ricorre ai consigli del collega solo raramente, oppure
non lo fa per nulla.
Come dicevamo nel precedente paragrafo, un possibile facilitato-
re del dialogo fra professionisti potrebbe consistere nella creazione
di un portale dedicato, nel quale i farmacisti possano condividere le
esperienze professionali: casi di successo e comportamenti da evita-
re perché inefficaci.
Provocatoriamente ho in precedenza fatto appunto la proposta di
costituire un “Facebook verticale”, cioè destinato solo a un pubblico
specilistico, appunto i farmacisti, che potremmo denominare Farma-
Book. Oltre alle funzioni di connessione tra i professionisti, questo
portale avrebbe come scopo quello di:
• creare una banca dati di casi ed esperienze applicative
• codificare i casi con una gerarchia logica (per esempio, per patolo-
gia o per specializzazione)
• aprire sessioni di dialogo per approfondimenti per ciascuna fatti-
specie e caso (blog e forum)
• aprire finestre di rating (del tipo “I like it” o più strutturate, come il
sistema di valutazione di ebay) che consentano di accreditare i casi
e associarne i riscontri sia positivi sia negativi.
In sostanza, ne risulterebbe un “libro” aperto di casi applicativi di
facile consultazione e testato dalla base dei partecipanti attraverso le
logiche dell’innovazione condivisa e diffusa. Colui che si avvicinasse
a questo strumento avrebbe la possibilità di appropriarsi di una base
utile per affrontare problemi che altrimenti non saprebbe risolvere.
L’apertura di un canale di comunicazione con i colleghi per lo
scambio di esperienze e competenze è un punto di partenza per una

78
logica collaborativa che non nega la possibilità e utilità di ricorrere
all’interscambio di pazienti in presenza di competenze specialistiche
distintive.
Sappiamo, infatti, che la conoscenza è importante, ma in molti
casi quello che più conta è l’esperienza, cioè la conoscenza matu-
rata personalmente dal farmacista. Il modello di PhC prevede infatti
la opportunità di ricorrere al deferimento di pazienti a colleghi che
hanno una esperienza specifica, quale opzione per offrire al paziente
il miglior supporto senza per questo interrompere la relazione di as-
sistenza creatasi tra farmacista e paziente.
Questa facoltà di deferimento diventa naturalmente tanto più im-
portante quanto meno la farmacia è despecializzata e si propone di
“far tutto”, cioè di intervenire in ogni patologia e per ogni specialità
medicale. In questo caso, quando le farmacie sono tutte uguali e non
hanno elementi di specificità, potremmo addirittura giungere alla
conclusione che tra le farmacie si insinui un rapporto competitivo ben
lungi dall’essere collaborativo. In sostanza, due farmacie che si trova-
no a meno di 500 metri di distanza e che offrono gli stessi servizi, cioè
quelli standard, magari anche con assortimento di offerta pressoché
comune, si sentono in competizione e nei fatti lo sono, soprattutto
da quando, ormai quasi 10 anni fa, sono stati messi nelle condizioni
di applicare sconti e promozioni al farmaco (Decreti Storace e Bersa-
ni sulla liberalizzazione del prezzo del farmaco di automedicazione).
In realtà, questo potenziale conflitto può essere evitato o arginato
a favore di una maggiore collaborazione tra le farmacie, adottando
politiche che il marketing definisce di differenziazione competitiva
attraverso la specializzazione. Il mondo dei servizi in farmacia pre-
senta una potenzialità applicativa quasi sterminata. Le farmacie che
vogliono uscire dalla bagarre competitiva e non ricadere nella spirale
negativa dell’eccesso di scontistica o nella scontistica indiscrimina-
ta hanno la possibilità di farlo attraverso l’identificazione di percorsi
elitari di specializzazione, da condividere in accordo con il proprio
bacino di utenza. Il modello della farmacia PhC o della farmacia dei
servizi non assomiglierà tanto al centro polifunzionale, quanto sem-
mai al modello dei centri di eccellenza della sanità, ove a un servizio
comune verrà affiancata una o più specialità di servizio, in cui la far-
macia eccellerà e per cui godrà di immagine distintiva nel proprio

79
Analisi dello stato del Pharmaceutical Care in Italia

bacino di utenza.
Se questa fosse ANALISI DELLO
la prospettiva, allora ilSTATO
tema del deferimento dei
DEL PHARMACEUTICAL CARE IN eITALIA
pazienti ad altre farmacie avrebbe piena applicazione consentireb-
be di realizzare quello che in economia di mercato viene denominato
come relazione win-win; ovvero vinci tu e vinco io, idealmente rap-
presentata in figura 2.42.

Fig. 2.42 – Specializzazione e rapporto win-win fra farmacie e pazienti

Si immagini un Comune con 30mila abitanti che si estende su un


diametro di 6-7 chilometri con circa una decina di farmacie. Queste
farmacie avranno meno occasioni di attrito competitivo quanto più
prevederanno al loro interno specifici e differenziati ambiti di spe-
cializzazione. Le farmacie che avranno adottato simili percorsi evo-
lutivi troveranno anche grande beneficio nella mutua collaborazione
fra colleghi; si veda, a titolo di esempio, il deferimento biunivoco di
pazienti tra la farmacia F10 e F9; deferimento voluto, perché si trae
beneficio dalle altrui competenze distintive nelle reciproche aree di
specialità. Si genererebbe in sostanza la condivisione dei percorsi di
cura specialistici, per avere pazienti maggiormente soddisfatti attra-
verso le competenze più esclusive e, quindi, si avrebbe maggiore
collaborazione anziché collidere per effetto della pratica di sconti sul
prodotto via via crescenti. In assenza di specializzazione, il deferi-
mento di paziente potrà essere solo univoco (vedi F5 con F1): con

80
ovvi limiti nella potenzialità collaborativa. Le farmacie che non hanno
specializzazione hanno minori chance di dialogo e minore autorevo-
lezza sugli aspetti clinici e saranno indotte purtroppo a competere
sul prezzo. Il paziente metterà a confronto le due offerte indistinte e
compirà la sua scelta in ragione del prezzo più basso. Le farmacie F5
ed F7 (despecializzate) saranno indotte quindi a una assurda guerra
dei prezzi combattuta a suon di sconti.
Venendo ora al vissuto riportato dagli 800 farmacisti che hanno
partecipato alla ricerca, emerge che il deferimento di pazienti “par-
ticolari” non è quasi mai praticato (cfr. fig. 2.41, parte sotto). Poco
meno del 10% del campione afferma di ricorrere spesso o sempre,
quando necessario, al deferimento a colleghi maggiormente esperti.
Invece, più della maggioranza assoluta (il 61%) dichiara che non ha
mai deferito pazienti a colleghi.
Sebbene questi dati trovino ovvia giustificazione nella natura stes-
sa del servizio di dispensazione, attualmente prioritario rispetto a
un’attività di assistenza e servizio, negano purtroppo ogni spazio a
una visione delle farmacie come rete di servizio a favore del cittadi-
no. Aspetto, questo, che invece sarebbe di grande impulso e spinta
per la farmacia dei servizi e una maggiore territorializzazione della
farmacia.

Deferimento al Medico di medicina generale

La collaborazione nella nostra ipotetica “corsa a staffetta” non è


soltanto con i colleghi farmacisti, ma riguarda anche e soprattutto le
altre discipline che interagiscono con il paziente. Si parla in questi
casi di dialogo multidisciplinare, che viene attuato elettivamente con
il medico curante (vedi figura 2.43).
Il deferimento al medico curante (generico o specialistico) del pa-
ziente che presenta particolari condizioni di salute trova un’ampia
prassi attuativa, come evidenziato in figura 2.43. Il 53% dei farmacisti
vi ricorre, quanto necessario, in maniera sistematica (spesso o sem-
pre). Solo una parte più ridotta (19%) dichiara di non rimandare il
paziente al medico. Questo dato è di grande interesse, perché dimo-
stra che il farmacista è consapevole della necessità di un approccio
multidisciplinare, per assicurare al paziente un percorso assistenziale

81
Analisi dello stato del Pharmaceutical Care in Italia

80
70
233
248
191

Fig. 2.43 – Deferimento dell’assistito al medico


che ha in cura il paziente

80-10% mai
raramente
191-23% ogni tanto

70-9% spesso
sempre

mai
raramente
ogni tanto
233-28% spesso
sempre
248-30%

più efficace. Il ricorso al deferimento è uno strumento molto utile nel-


le mani del farmacista, a condizione che avvenga nell’ambito di una
relazione più ampia sia con il paziente, sia con il medico. In assenza di
questa relazione, il deferimento sembrerebbe più un allontanamento
del paziente, cioè l’esatto opposto rispetto a una strategia di orien-
tamento all’assistenza.
Quindi, dietro questa informazione (deferimento elevato dei pa-
zienti alla medicina) vi potrebbero essere due opposte tensioni. Una
che si muove nella direzione auspicata, cioè piena collaborazione e
gioco di squadra (metafora della staffetta) e l’altra, purtroppo meno
nobile, del deferimento come stratagemma per non affrontare temi
problematici in farmacia, rinviandoli al medico che ha in cura il pazien-
te e che ha definito la strategia di azione e ne è, quindi, responsabile
(in una terminologia di uso comune “mollare la patata bollente”).
Lasciamo la verifica di questa ipotesi alla successiva domanda del
questionario, che è riferita appunto al dialogo con il medico per la
continuità di relazionale in ottica collaborativa.

82
Comunicazione con il medico
per informativa e aggiornamento

Innanzitutto poniamoci una domanda. Quante volte il farmacista,


oltre a deferire il paziente al medico curante, ha attivato con lui un
canale di comunicazione, per portare avanti il piano di continuià as-
sistenziale?
190
179
226
104
123 Comunicazione con il MMG per problemi
connessi all’assunzione farmacologica

123-15% mai
raramente
ogni tanto
spesso
190-23% sempre

104-13%
mai
raramente
ogni tanto
spesso
179-22% sempre
226-27%

383
197
140
77
25 Avvio di comunicazione con il MMG
per aggiornamento

25-3%
77-9% mai
raramente
ogni tanto
spesso
sempre

140-17%
mai
383-47% raramente
ogni tanto
spesso
sempre
197-24%

Fig. 2.44 – Comunicazione continua con la medicina

83
Analisi dello stato del Pharmaceutical Care in Italia

La figura 2.44 (parte sopra) ci informa sull’attività compiuta dalla


farmacia per seguireANALISI
il pazienteDELLO
deferito alSTATO
medico. In realtà, mentre
DEL PHARMACEUTICAL CARE
inviare il paziente al medico è cosa abituale, comeIN ITALIA
abbiamo visto in
figura 2.43, il successivo contatto con il medico per seguire l’evol-
versi di un problema farmaco-correlato è, invece, piuttosto raro. So-
stanzialmente, il 45% afferma che attiva questo contatto raramente,
e il 27% solo ogni tanto. Tutto ciò fa pensare che il deferimento di
pazienti problematici assomiglia più a un abbandono di responsabili-
tà che a un percorso di assistenza multidisciplinare.
Purtroppo, nella stessa direzione va anche la risposta all’apertura
di dialogo tra farmacista e medico per aggiornamenti sullo stato di
salute del paziente (cfr 2.44 parte sotto). Il 47% dei rispondenti, infat-
ti, dichiara di non attivare canali di comunicazione con il medico per
seguire l’iter della cura.
Stiamo così perdendo una grande opportunità di valorizzare le
competenze uniche (non in quanto le sole che possiede il farmaci-
sta, ma in quanto uniche nel panorama delle professioni della sani-
tà) sulla dinamica chimica del farmaco e sull’interazione cinetica nel
corpo umano, che soltanto i farmacisti possiedono e che dovrebbero
mettere a disposizione degli altri operatori. Proprio “Insieme per la
salute del cittadino”, come recita lo slogan adottato dal protocollo di
intesa fra Federfarma e GSK.
A questa prospettiva clinica di interdipendenza e complementarità
delle professioni si deve poi aggiungere anche qualche valutazione
di tipo organizzativo e di visione strategica. Anche perché, la manca-
ta continuità potrebbe comportare il rischio di dissolvere un servizio
decantato, da sempre, come fattore distintivo della farmacia.
Lo schema della figura 2.45 sintetizza il processo di assistenza PhC
per un ipotetico paziente con problemi farmaco-correlati (lato de-
stro) e lo confronta con il comportamento della farmacia che non si
prende in carico il paziente, ma si limita a dispensare il farmaco e a
informare sui suoi effetti. Intuitivamente balza agli occhi, osservan-
do la figura 2.45, la complessità gestionale del comportamento di
servizio ispirato dalle logiche di PhC, rispetto a un comportamento
sicuramente più semplice, riconducibile alla farmacia tradizionale.
Appare chiaro che il comportamento assistenziale PhC consente
alla farmacia d’instaurare un solido legame con il paziente, che si

84
Fig. 2.45 – Comportamenti di servizio a confronto

sente accompagnato da operatori sanitari che si prendono cura della


sua salute. La farmacia si guadagna così la stima del paziente, assi-
curata da una relazione continua e intensa (vedi passaggio finale del
follow-up). Ovviamente, perché questo processo si completi e per-
duri nel tempo (appunto nella continuità del follow-up) è necessario
che la farmacia crei un ponte solido collaborativo e comunicativo con
il medico, chiamato a prestare servizio nel programma di assistenza.
Viceversa, l’assenza del momento comunicativo e collaborativo,
delineato in figura 2.44, “rompe il legame (la catena di fig. 2.45)” che
collega la farmacia al paziente tramite il medico e, quindi, ne con-
segue che il paziente, se torna in farmacia, lo fa per motivi suoi (per
esempio, non ultimo, la prossimità). La farmacia, quindi, non pilota la
relazione, ma al più la subisce. Il paziente, non trovando un’attenzio-

85
Analisi dello stato del Pharmaceutical Care in Italia

ne personalizzata, sceglie la farmacia per convenienza, per esempio


ANALISI
per vicinanza o, peggio, DELLO
per vantaggi STATOla farmacia è così
economici:
DEL PHARMACEUTICAL CARE
costretta a servire il paziente lasciando sul IN ITALIA
campo parte della propria
marginalità.
In sintesi, esisterebbe un trade-off nella gestione della farmacia:
“non mi impegno nella relazione, ma catturo il paziente con il prez-
zo”. Oppure, “attivo un servizio PhC (che implica l’utilizzo di riscorse)
e accompagno il paziente in una relazione longeva, senza compro-
mettere la marginalità nelle transazioni”.

Invio al medico della storia dei farmaci


assunti dal paziente

Quest’ultimo passaggio, che connota un ulteriore elemento della


collaborazione all’interno del modello PhC, è molto discutibile, per-
ché l’attuale normativa vieta la comunicazione formale e strutturata
dei dati clinici del paziente dalla farmacia alla medicina, e viceversa.
Non di meno è assai importante, dato che rinforza la collaborazione
e qualifica il servizio di assistenza fornito dalle farmacie. Così, infatti,
lo troviamo applicato in altri Paesi europei, che hanno superato que-
ste chiusure a compartimenti stagni tra le professioni, per favorire
un’integrazione tra gli operatori sanitari e perseguire così efficacia ed
efficienza nel ciclo delle cure primarie.
La figura 2.46 mostra la lontananza delle farmacie italiane da que-
sto modello di scambio allargato dei dati del paziente. Ma perché
parlarne, tenuto conto che la stessa normativa lo esclude e gli opera-
tori certamente non lo ricercano? La motivazione consiste proprio nel
fatto che simili approcci alla condivisione (magari digitalizzata) dei
dati nella filiera dei professionisti della salute sarà sempre più neces-
saria, sia per ottenere risparmi di spesa, sia per assicurate il migliore
servizio al paziente. Il percorso legislativo in merito al Dossier farma-
ceutico è avanzato e così anche le riflessioni in tema di FSE (Fascicolo
Sanitario Elettronico del cittadino).
Lo scoglimento di questo nodo regolatorio consentirà alle farma-
cie di rilasciare dati importanti per misurare l’aderenza del paziente;
si pensi, per esempio, all’utilità di un indicatore di aderenza determi-
nato dal rapporto tra il farmaco consegnato dalla farmacia e il farma-

86
676
94
25
19
Fig. 2.46 - Invio a MMG di relazione scritta circa
8
la storia dei farmaci assunti

25-3%19-2%
8-1%

94-12% mai
raramente
ogni tanto
spesso
sempre

mai
raramente
ogni tanto
spesso
sempre
676-82%

co prescritto dal medico. Due dati provenienti da fonti diverse che,


se integrati, offrono un’informazione di grande ricchezza per l’am-
ministratore pubblico, chiamato a controllare la spesa sanitaria. Ma
anche la farmacia beneficerebbe dall’introduzione di FSE, in quanto
consentirebbe di conoscere, in tempi e costi ridotti, il profilo del pro-
prio paziente e, quindi, renderebbe più agevole e meno dispendioso
il ciclo di assistenza in ottica PhC.
Non rimane ora che ricapitolare gli elementi della collaborazione
indagati in questo paragrafo e verificarne la comparazione con le
prassi dei colleghi europei. La figura 2.47 riporta il grafico a barre di
confronto tra performance italiana nei singoli elementi della collabo-
razione (barre verdi) e performance europea (barre rosse).
Partiamo dal fondo di figura 2.47 con le considerazioni sul dialo-
go tra farmacisti. In assoluto emerge che, nella stessa classe profes-
sionale, non sempre si innescano percorsi collaborativi, nè in Italia
nè all’estero. Va però riconosciuto che lo spirito collaborativo delle
farmacie estere è di gran lunga superiore a quello italiano, come si
evince dal tratto rosso che supera in maniera significativa il tratto

87
0,4 2,2 1,2 3,2 1 1,7
2,1 0,8 1,9 0,2 1,6 1,7

Analisi dello stato del Pharmaceutical Care in Italia

Documentazione
Documentazione al medico
al medico DRP
per DRP

Contatto
Contatto concon medicoper
medico perDRP
DRP

Aggiornamento
Aggiornamento concon medicocurante
medico curante

Deferimento al medico
Deferimento al medicocurante
curante MEDIA UE
MEDIA IT
Deferimento altri
Deferimento altrifarmacisti
farmacisti

Consulto altri
Consulto altrifarmacisti
farmacisti

0
mai 1,25
raro ogni2,5tanto 3,75
spesso 5
sempre

Fig. 2.47 – Elementi di collaborazione: confronto Italia vs Ue

verde del livello italiano. Quindi, mentre da noi la collaborazione


intraprofessionale è qualcosa di “raro”, all’estero invece, vuoi per i
programmi portati avanti da stakeholder quali il servizio nazionale,
le compagnie di assicurazione, l’industria del farmaco ecc., vuoi per
una cultura di maggiore apertura relazionale, la collaborazione, per
quanto migliorabile, si situa a un valore di “ogni tanto”.
Passando poi a un confronto sul livello di collaborazione interpro-
fessionale con il medico, possiamo notare dalla figura 2.47 che il po-
sizionamento dell’Italia e dei restanti Paesi UE è pressoché comune
(superiore a “ogni tanto”), determinato probabilmente da un’esigen-
za oggettiva di ricorrere al medico, quando i problemi del paziente
oltrepassano le competenze della farmacia. Per esempio, quando la
radice di problemi farmaco-correlati potrebbe prevedere la revisione
della terapia, passo appunto di pertinenza del medico curante.
Sussistono, infine, differenze abbastanza rilevanti per quanto ri-
guarda il comportamento del farmacista in tema di comunicazione e
informativa del medico. Qui la farmacia europea è più disponibile a
tener aperto il contatto con il medico, appunto in una logica di staf-
fetta di servizio, prima delineata con le figure 2.40 e seguenti.
Da ultimo il superamento di alcuni vincoli regolatori mette in evi-
denza che in molti Paesi UE è praticata la condivisione di dati clinici
del paziente, con beneficio di tutti gli attori del processo curativo.

88
APPROCCI DIVERSI
AL PHARMACEUTICAL CARE

Una vista di insieme


Nel capitolo precedente abbiamo descritto i singoli elementi che
connotano il modello del PhC e abbiamo cercato di spiegarlo con
l’analogia della “casa” (cfr fig. 2.2). Casa che si regge su fondamenta
solide (i tre pilastri dell’organizzazione, della collaborazione e degli
atteggiamenti) e che si sviluppa su tre piani, di cui due relativi alla
gestione del paziente e uno relativo alla capacità della farmacia di
mettere in campo strumenti e approcci volti alla gestione e, possi-
bilmente, alla soluzione dei problemi farmaco-correlati che i pazienti
possono accusare nel tempo. Il PhC è appunto tutto ciò, insomma
il “tetto” che copre questa casa e sotto il quale tutti questi singoli
aspetti lavorano sinergicamente.
Ma, al di là di questa descrizione metaforica del modello del
PhC, esiste un modo per confermare che questi elementi presi
singolarmente costituiscano un “tutt’uno” che chiamiamo appunto
PhC? Oppure dobbiamo parlare più realisticamente per ciascuno
degli elementi delineati di “buone prassi” comportamentali, che
hanno un senso soltanto se presi singolarmente? Elementi che
possono essere affrontati uno per uno o, perché no, non essere presi
in considerazione in quanto non rilevanti o non di interesse per la
farmacia?
La questione non è affatto di “lana caprina”, o interessante da
un punto di vista meramente accademico, ma ha un risvolto anche
da un punto di vista operativo. Un conto, infatti, è parlare del PhC
come un tutt’uno composto da singoli elementi, ma tutti sinergici
e indispensabili, pena il fallimento di tutto l’approccio; un conto
diverso, invece, è parlare della somma di elementi singoli, autonomi
e separati, e che messi insieme completano un “mosaico”, ma
che possono funzionare singolarmente, anche senza un disegno
preordinato.
Facciamo un’altra metafora: la torta. Una torta alla frutta è la som-

89
Approcci diversi al Pharmaceutical Care

ma di componenti separati, cioè la base di pan di spagna, le creme, la


APPROCCI
frutta e la panna? Oppure è un oggettoDIVERSI
nuovo, sintesi degli elementi
AL PHARMACEUTICAL laCARE
che lo compongono, ma che insieme perdono loro singolarità?
Certamente i vari ingredienti possono essere degustati singolar-
mente, ma quando compongono una torta creano qualcosa di nuo-
vo; qualcosa che è maggiore della somma dei singoli componenti.
Vale allora la pena di dedicare del tempo per fare una torta, cioè per
creare qualcosa che, singolarmente, ha un valore e un senso diver-
so. Fuori metafora, bisogna allora comprendere se i singoli elementi
descritti nel PhC valgono per la loro stessa essenza, oppure se è op-
portuno rileggerli come fattori che compongono qualcosa di nuovo
e originale, appunto un’entità che vale più dei singoli oggetti che la
compongono.
Proviamo, quindi, a mettere i singoli componenti che costituis-
cono l’approccio al PhC in relazione l’uno con l’altro, identificando
i potenziali collegamenti tra di loro, per consentirci, da un lato di
interpretare meglio il fenomeno dell’assistenza al paziente in farma-
cia e, dall’altro, di comprendere possibili elementi su cui puntare per
migliorare l’approcio stesso e la qualità dei servizi erogati.
La figura 3.1 schematizza le relazioni di causa-effetto che esistono
tra gli elementi del modello PhC. Lo schema proposto ripropone in
maniera diversa la struttura della casa esposta in figura 2.2. Diversa è
la rappresentazione grafica, medesima è invece la logica sottostante.
Esiste un “motore” del PhC che consiste nella gestione integrata del
paziente, questo a sua volta genera una base solida per la gestione
dei problemi farmaco-correlati.
Il tutto, cioè gestione del paziente e dei problemi farmaco-cor-
relati (parte destra dello schema di figura 3.1), viene attivato quan-
do vengono realizzate almeno tre condizioni: atteggiamenti verso
l’erogazione dei servizi, apertura collaborativa e, infine, precondizioni
di carattere organizzativo e strutturale in farmacia (parte sinistra dello
schema di figura 3.1).
Questo modello del PhC è stato sottoposto a verifica attraverso
un programma statistico che misura i coefficienti di regressione esis-
tenti tra gli elementi, a partire dalla base dei dati raccolti attraverso
le 822 farmacie rispondenti. Esso consente di valutare quali siano i
legami e la forza dei collegamenti tra gli elementi che costituiscono

90
Fig. 3.1 - Rilettura d’insieme dei singoli elementi del PhC

l’approccio PhC qui identificato. È come se ci chiedessimo se fra due


oggetti o fenomeni esista una condizione di causa ed effetto, ovvero
un fenomeno influenzi l’altro e, quindi, ne determini il successo o
l’insuccesso.
La misura di questi potenziali legami tra gli elementi e la loro “forza”
vengono misurati attraverso una tecnica statistica che si chiama
“regressione statistica”, ovvero un’unità di misura che indica quanto
un elemento influenza un altro. Per esempio, se il collegamento
tra l’elemento “collaborazione” e l’elemento “Problemi farmaco-
correlati” assume un valore del 15% (vedi figura 3.1), significa che
la “collaborazione” è un elemento che influisce positivamente sulla
“gestione dei problemi” e che questo impatto è pari al 15%, cioè al
variare del primo elemento (collaborazione), il secondo varia con un
impatto del 15%.
Partiamo quindi proprio dal-
la gestione dei Problemi farma-
co-correlati (DRP- Drug Related
Problems) e vediamo che cosa ne
influenza la buona riuscita. La fig-
ura 3.1 (riproposta qui a fianco in
forma semplificata per convenien-
za di consultazione), mostra che la
gestione di essi è appunto influen-

91
Approcci diversi al Pharmaceutical Care

zata fortemente sia dalla gestione dei nuovi pazienti sia, con maggio-
APPROCCI
re forza, dalla gestione dei pazienti DIVERSI
ripetitivi (vedi aree cerchiate in
AL PHARMACEUTICAL
rosso). “Lavorare bene” con i pazienti CAREdi migliorare
ripetuti consente
la gestione dei problemi, con un impatto migliorativo stimabile in-
torno al 33%. Un innalzamento che può essere importante, tenuto
conto che la gestione dei pazienti ripetuti si aggira oggi intorno a
un valore medio pari a 1,6 su una scala a 5, come possiamo notare
consultando la figura 2.27. Gli spazi di miglioramento nella gestio-
ne dei pazienti ripetuti presenta, quindi, un effetto sinergico anche
sulla capacità di rispondere efficacemente in presenza di problemi
farmaco-correlati. In pratica è possibile ipotizzare che se si passasse
a valori medi di 2,6 a partire dagli attuali 1,6 (ipotizzando un miglio-
ramento su tutti i quattro elementi che compongono il fattore in fig.
2.27) si potrebbe ottenere un beneficio nella gestione dei Problemi
farmaco-correlati pari a 0,33 su quell’indicatore che oggi si attesta
in media intorno a un valore di 1 su 5 massimo (vedi figura 2.11). La
logica di questo modello è semplice. Se gestisco metodicamente i
pazienti conosciuti cioè:
1. chiedo info sulla pratica di assunzione dei farmaci
2. faccio un’attenta ricerca delle cause di problemi
3. valuto l’efficacia della terapia con il paziente
4. condivido il livello raggiunto,
assicuro una maggiore probabilità di intercettamento di potenzia-
li problemi connessi con l’assunzione del farmaco, che successiva-
mente gestico con apposita procedura cioè:
a. circoscrivo il problema
b. identifico l’obiettivo
c. definisco una strategia
d. gestisco il follow up.
In sintesi, il processo di miglioramento potrebbe essere
rappresentato graficamente come nella figura 3.2. Come si evidenzia
in figura 3.1, non è soltanto la gestione dei pazienti ripetuti a
esercitare un effetto sulla gestione dei Problemi farmaco-correlati.
La statistica applicata alla base dei dati ottenuta dal campione di 822
rispondenti, mostra che la gestione dei “nuovi pazienti” ha anche
un effetto d’influenza sulla gestione dei Problemi (DRP). L’impatto
generato è pari al 23%, inferiore a quello prodotto dai pazienti

92
Fig. 3.2 - Impatto del miglioramento nella gestione dei pazienti ripetuti

Fig. 3.3 - La relazione fiduciaria e i suoi effetti

ripetuti (33%), ma pur sempre rilevante. Questo trova una sua logica
nella figura 3.3.
Gran parte dei Problemi farmaco-correlati possono essere collegati
o alimentati da comportamenti errati o non aderenti del paziente
nei confronti della prescrizione terapeutica. I comportamenti, infatti,
sono un fenomeno “misurabile e apprezzabile” soltanto nel tempo.
Quindi, la continuità assistenziale diviene il momento nel quale il
farmacista conosce appieno i comportamenti del paziente e può
così valutare con pacatezza la reale sussistenza di problemi farmaco-

93
Approcci diversi al Pharmaceutical Care

correlati.
APPROCCI
In definitiva, il supporto maggiore DIVERSI
alla gestione dei problemi deri-
AL PHARMACEUTICAL
va dalla continuità assistenziale (pazienti CARE
ripetuti), ma non si può
negare che anche la gestione dei nuovi pazienti (impatto pari al 23%)
abbia un effetto diretto. La figura 3.3 segnala comunque anche un
ulteriore aspetto, a corredo di questa connessione tra i vari elementi.
Il primo contatto, ovvero la presa in carico di nuovi pazienti o il primo
passo per l’arruolamento nel programma di assistenza, è un passag-
gio chiave per assicurare la continuità assistenziale, proprio perché è
qui che si crea la relazione fiduciaria tra paziente e farmacista.
Questo trova conferma anche nell’analisi dei dati di ricerca.
La gestione dei nuovi pazienti è un fattore scatenante anche per la
gestione dei pazienti ripetuti, come
si può osservare in figura 3.1. Cioè
una buona attività di arruolamento
di nuovi pazienti cronici e l’aper-
tura di una relazione solida, fran-
ca e reciproca con il paziente è un
punto fondamentale per creare le
condizioni affinchè il paziente torni
in farmacia e instauri una relazione
continuativa. Questo è confermato
nel modello dal coefficiente di regressione esistente tra i “nuovi pa-
zienti” e i “pazienti ripetuti”; coefficiente che appare essere molto
rilevante (76%). In pratica, un buon sistema d’arruolamento di nuovi
pazienti e di apertura di relazione non soltanto genera benefici per la
gestione dei problemi (DRP), ma è anche condizione per instaurare
una relazione continuativa con i pazienti. Nel tempo poi, una loro
maggior conoscenza permetterà al farmacista di essere più efficace
nella soluzione dei problemi farmaco-correlati.
Gli elementi che impattano sulla
capacità della farmacia di gestire
i problemi farmaco-correlati non
sono soltanto rintracciabili nella
logica di gestione del paziente
(nuovo e ripetuto).
La figura 3.1 mostra quanto

94
sia positivo il coefficiente di impatto che la “collaborazione” eser-
cita sulla gestione dei DRP. Tale impatto diretto non è rilevantissimo
(15%), ma esiste ed è di segno positivo, cioè consente di migliorare la
gestione dei DRP nel momento in cui si intensifica la collaborazione
interdisciplinare e multidisciplinare. Questa evidenza è importante
perché conferma la necessità d’inquadrare il mestiere “assistenziale”
del farmacista (cioè il PhC), in una logica di marcato radicamento
territoriale e di preciso inquadramento sulla “scacchiera” dei ruoli e
delle competenze nel comparto delle cure primarie.
Infatti, per affiancare con successo un programma di assistenza al
paziente con il tradizionale servizio di dispensazione del farmaco, la
farmacia deve intrattenere rapporti forti con il territorio, integrando-
si così nella rete di servizio condivisa con gli altri operatori. Provo a

Fig. 3.4 - Il flusso di gestione di Problemi in collaborazione con il medico

95
Approcci diversi al Pharmaceutical Care

materializzare questo concetto nello schema di figura 3.4, che riporta


un flusso operativo APPROCCI
di gestione di un DIVERSI
problema farmaco-correlato.
AL PHARMACEUTICAL
Il flusso operativo di gestione del problemaCARE
potrebbe realizzarsi
nell’incontro farmacista-paziente con la revisione della posologia del
farmaco. Aspetto, questo, che potrebbe non richiedere il contatto
della farmacia con il medico curante, in quanto l’informativa può es-
sere trasferita efficacemente dal paziente. Nei casi gravi, o con il per-
durare del problema, potrebbe diventare necessaria la revisione del
piano terapeutico. Il farmacista ha due chance. Deferisce il paziente
al medico curante e non si occupa di verificare quanto accade succes-
sivamente, correndo il rischio di incrinare il rapporto con il paziente,
oppure instaura un dialogo aperto con il medico, applicando le sue
decisioni al paziente. Questa seconda opzione, che risiede nell’area
verde di figura 3.4, richiede la disponibilità del farmacista a dialogare
e collaborare con il medico. Quanto più, infatti, la farmacia sarà dis-
posta a giocare in squadra con il medico (sporcandosi anche le mani
in una relazione che non solo prende tempo, ma a volte non è nem-
meno facile da gestire), tanto più si riuscirà ad affrontare i problemi
farmaco-correlati. Elemento questo da cui eravamo appunto partiti.
Così come esiste una relazione causale fra la gestione dei pazienti
e la gestione dei problemi farmaco-correlati, altrettanto esiste una
relazione causa-effetto tra gli antecedenti del modello e la gestione
dei pazienti, ovvero quei tre fattori (atteggiamenti, collaborazione e
struttura/processi) che creano le condizioni di base per costruire la
gestione dei pazienti (nuovi e ripetuti) e la gestione dei DRP. Vediamo
in che misura questi tre fattori abilitino la gestione dei pazienti nel
gruppo dei farmacisti che hanno partecipato alla ricerca.
Con la stessa modalità vista in
precedenza sono stati calcolati,
con apposita elaborazione sta-
tistica, i coefficienti di regressi-
one (coefficienti d’impatto) tra
gli antecedenti e la gestione
dei pazienti. Un estratto di fig-
ura 3.1, qui di seguito riportata,
mette in evidenza le connessioni
esistenti, i coefficienti di impatto

96
e riporta anche il valore assoluto per ciascun elemento, desunto dalle
risposte fornite dalle farmacie intervistate. In questa schematizzazi-
one si è provveduto a trasformare per uniformità di approccio il dato
qualitativo degli antecedenti in dato numerico, in base a questa scala
di conversione:

Mai =0
Raro =1
Ogni tanto =2
Spesso =3
Sempre =4

Si conferma che tutti e tre gli antecedenti esercitano un’influen-


za positiva sui comportamenti adottati in tema di gestione pazienti
(nuovi e ripetuti). Gli atteggiamenti sono fortemente impattanti sulla
presa in carico e gestione dei nuovi pazienti (25%). Non è, invece,
dimostrabile alcun effetto impattante degli atteggiamenti sulla ges-
tione dei pazienti ripetuti. Per la collaborazione, dove si è visto che
è abbastanza importante (15%) come elemento d’influenza sulla ges-
tione dei DRP (piena collaborazione con colleghi e altri professionisti
per la soluzione dei problemi), si evidenzia anche un’influenza sulla
gestione dei nuovi pazienti pari al 13%. Infatti, il ruolo della medicina
di base può essere molto importante, perché potrebbe aiutare l’ar-
ruolamento dei pazienti da parte della farmacia. Infatti, la collabora-
zione con il medico potrebbe innescare un flusso di lavoro nuovo per
la farmacia, come evidenziato in figura 3.5.
Qui sono riportate tre diverse possibili situazioni collaborative con
il medico. Il primo caso riporta una situazione dove tra medicina e
farmacia non esistono occasioni di collaborazione. Entrambi gli op-
eratori svolgono le rispettive mansioni condividendo lo stesso pazi-
ente, ma senza occasione di dialogo. Questa è sostanzialmente la
situazione attuale. Tra i due soggetti potrebbero esserci occasioni di
collaborazione, ma entrambi procedono sulla propria strada, senza
entrare né in conflitto, né provocare occasioni di scambio a mutuo
beneficio.
Nella seconda fattispecie sussiste, invece, un’apertura collabora-
tiva da entrambi gli operatori. In cosa consisterebbe questa com-

97
Approcci diversi al Pharmaceutical Care

APPROCCI DIVERSI
AL PHARMACEUTICAL CARE

Fig. 3.5 - Stadi di collaborazione e benefici per la farmacia

ponente relazionale? L’esistenza di un rapporto fiduciario tra i due


indurrebbe comportamenti di apertura, avendo entrambi l’idea
che la collaborazione consentirebbe loro di ottimizzare le risorse
e massimizzare il servizio al paziente. Così, per esempio, il medico
potrebbe informare un nuovo paziente, nel momento stesso in cui
gli diagnostica una patologia cronica, della possibilità di entrare in
un programma d’assistenza erogato dal farmacista. Dal canto suo il
medico si troverebbe avvantaggiato nelle fasi successive di assisten-
za, sapendo che il proprio paziente è arruolato dal farmacista in un
programma che mira ad assicurare le migliori condizioni di aderenza
alla terapia. Questo sodalizio renderebbe anche un grande servizio
alla farmacia, che non sarebbe impegnata a condurre una campagna
di promozione per arruolare pazienti, diversamente difficili da indi-
viduare.
La terza prospettiva di collaborazione si spinge oltre, prefigurando
addirittura un cambio di percorso assistenziale. In alcuni Paesi gli ef-
fetti di questo tipo di collaborazione stanno prendendo forma. In UK,
e così anche in altre nazioni, il farmacista può prescrivere farmaci per

98
prescrizioni ripetibili. Questa revisione dei percorsi di cura offre sig-
nificativi spazi di efficienza, perché snellisce il traffico nell’ambulato-
rio e, nel contempo, mette nelle mani del farmacista la possibilità di
amministrare la terapia, riconoscendo che è l’operatore che meglio
conosce il paziente, per i suoi frequenti contatti. È chiaro allora che la
collaborazione diventa un elemento di forte spinta nella gestione dei
pazienti. In pratica, proprio attraverso la collaborazione con le altre
professionalità, la farmacia ottiene una sorta di deferimento del pa-
ziente, al quale viene suggerito di attivare un percorso di assistenza
in farmacia.
Struttura e processi esercitano una rilevante influenza (33%) sulla
gestione dei nuovi pazienti. Opportuno, quindi, mettere in campo
tutte le competenze per far apprezzare al paziente il ruolo e la capac-
ità del farmacista. Questa influenza permane anche verso i pazienti
ripetuti, sebbene con un coefficiente d’impatto minore (15%).
Quanto più sarà pervasivo l’uso della tecnologia digitale quale
mezzo per archiviare i dati sui pazienti resi disponibili dal processo
assistenziale (dossier dei farmaci, misure di monitoraggio, questionari
di approfondimento e valutativi dello stato di salute, ecc.) tanto più
verrà strutturata e agevolata l’attività di gestione di pazienti nuovi e
ripetuti. Quanto più si riuscirà a introdurre in farmacia soluzioni che
abilitano la telemedicina, tanto più la farmacia sarà in grado di offrire
ai propri pazienti soluzioni di servizio efficaci ed efficienti.
La figura 3.6 riporta un possibile schema di gestione della relazi-
one con il paziente, in ottica di digitalizzazione dei flussi conoscitivi.

Bracciale (ritmo cardiaco e pressione arteriosa,


bilancia wireless e glucometro - livello glicemico)

App per il controllo delle controindicazioni


farmacologiche e le interazioni farmaco su farmaco

Fig. 3.6 - Digitalizzazione dei flussi derivanti dalla relazione con il paziente

99
Approcci diversi al Pharmaceutical Care

La digitalizzazione della sanità, infatti, consente di fare quello


che un tempo non veniva praticato, perché troppo dispendioso.
L’utilizzo di tablet consentirà di gestire in tempi ridotti, e con
modalità semplificata, la relazione con il paziente. La gestione di un
file dove riportare le informazioni sul suo stato clinico (parte destra
dell’immagine) eliminerà l’uso di supporti cartacei difficilmente
archiviabili e utilizzabili.
Il farmacista avrà la possibilità d’interrogare, tramite specifiche ap-
plicazioni, i database sui farmaci che offrono informazioni su interazi-
oni e controindicazioni (parte bassa a destra dello schema). E queste
interrogazioni possono essere fatte durante l’incontro, così da offrire
un’immediatezza di risposta e di servizio.
Oltre alla telemedicina in farmacia (parte bassa a sinistra
dello schema), anche i servizi di autoanalisi e diagnosi di prima
istanza possono beneficiare dell’innovazione digitale, magari con
semplificazione dei processi. Possono essere consegnati ai pazienti
strumenti di rilevazione (bracciali - parte alta a destra dello schema)
che inviano da casa in farmacia parametri di monitoraggio, da
archiviare direttamente nella cartella del paziente.
Va sottolineato che esiste, ed è significativo, un fenomeno di in-
fluenza reciproca (covarianza statistica) tra atteggiamenti, collabora-
zione e struttura/processi. In pratica questi tre antecedenti possono
essere intesi come un mix che lavora in maniera sinergica per creare
le migliori condizioni nella gestione del paziente, nuovo e ripetuto.
Essi si influenzano in un tutt’uno, che abilita la realizzazione del PhC.
Il modello proposto, elaborato alla luce dei dati italiani, ci consente
da un lato di interpretare meglio il tipo d’approccio al Pharmaceutical
Care, ma anche di comprenderne le influenze tra un fattore e l’altro
e, in ultimo, di valutare l’effetto che si può generare attivando misure
di miglioramento sui suoi eventuali punti deboli.
Attraverso, quindi, la serie di relazioni dirette e indirette esistenti
tra gli elementi (coefficienti di regressione o di impatto prima
delineati) è possibile studiare gli effetti anche in una dimensione
quantitativa. La modifica (migliorativa o peggiorativa) del valore di
uno o più elementi del modello genera così un effetto sulle variabili
dipendenti e, in genere, sulla qualità dell’assistenza Pharmaceutical
Care, in particolar modo sulla capacità di azione da parte del

100
farmacista sui cosiddetti DRP (Drug Related Problems). La catena
causa-effetto delineata nel modello “scarica”, infatti, gli effetti
positivi o negativi di ogni singola variabile sulla gestione dei DRP,
che in ultima analisi sono la cartina di tornasole della capacità della
farmacia di portare valore nella rete di servizi delle cure primarie.
Valore che viene generato per il singolo paziente e per la collettività.
Valore che deve, quindi, prevedere una remunerazione al farmacista,
sia da parte del singolo paziente (attraverso la sua spesa privata), sia
da parte del Sistema sanitario nazionale, che accredita e supporta
(economicamente e anche in forme diverse) le farmacie per il servizio
erogato alla comunità.

Segmentazione delle farmacie


in base al PhC

La situazione che abbiamo descritto mostra una farmacia che,


rispetto all’applicazione della disciplina del PhC, presenta ombre
e luci. Analizzati i dati di ricerca nel suo complesso ci si chiede ora
se esistano, e siano significative, differenze di comportamento
all’interno del campione. In pratica, ci domandiamo: si possono
rintracciare gruppi di farmacisti che adottano comportamenti più
inclini al PhC? Se sì, che profilo hanno? Quali sono le loro carat-
teristiche distintive e poi, che cosa hanno fatto per conseguirle?
Per rispondere a queste domande siamo partiti da una suddi-
visione del campione in sottogruppi. Abbiamo identificato il cri-
terio di estrazione di questi sottogruppi a partire dalle risposte
fornite alle domande in tema di partecipazione della farmacia a
campagne e iniziative sul territorio. Accanto alle domande rela-
tive al modello di PhC sono stati poi proposti anche altri quesiti,
per classificare il campione e comprenderne taluni comportamen-
ti in merito ad attività territoriali compiute dalla farmacia. È stato
così chiesto ai rispondenti di indicare quanto fossero partecipativi
a quattro tipi di attività a favore della cittadinanza, in particolare:
1) iniziative di promozione/educazione della salute
2) iniziative di supporto ai pazienti per migliorare il processo di
cura (revisione della terapia farmacologica)

101
Approcci diversi al Pharmaceutical Care

Fig. 3.7 – Partecipazione alle seguenti attività:

3) Monitoraggio terapeutico continuativo


4) Partecipazione a campagne di screening
La figura 3.7 evidenzia le risposte degli 822 partecipanti alla ricer-
ca italiana. A colpo d’occhio, il grafico mostra come la disponibilità
delle farmacie a partecipare a iniziative territoriali si concentri sulle
tematiche della educazione/promozione della salute e sulle campa-
gne di screening. In questi due ambiti, quasi l’80% dei rispondenti
dichiara di partecipare a eventi a beneficio della propria cittadinanza.
Sia la “revisione della terapia”, sia le attività di “monitoraggio te-
rapeutico” non riscuotono, invece, altrettanto successo. Infatti, me-
diamente soltanto il 15% dei rispondenti dichiara di partecipare a
simili iniziative. Esistono, quindi, luci e ombre su tale tema. Sebbene
il campione mostri una buona disponibilità a relazionarsi con la citta-
dinanza, attuando comportamenti stile “porte aperte” per la salute
del cittadino, tuttavia questi sono selettivi e non si estendono a tutte
le possibili linee d’azione.
Una possibile spiegazione a questa dicotomia potrebbe consistere
nella meccanica delle singole attività oggetto d’indagine. La prima e
la quarta attività, nell’ordine proposto in fig. 3.7, fanno parte tipica-
mente delle iniziative a “campagna”, cioè quelle lanciate e gestite
in un arco di tempo contenuto, anche se comportano la profusione
di risorse importanti per la farmacia, sia umane che finanziarie. Que-
ste attività, proprio perché contenute nel tempo e molto focalizzate
nella loro meccanica, sono quindi vissute come estemporanee, tali

102
da non incidere sull’organizzazione e funzionamento della farmacia.
In sostanza, a latere dell’attività tradizionale di intermediazione e di-
spensazione del farmaco, verrebbe chiesto alle farmacie di compiere
uno sforzo aggiuntivo, per educare o attuare campagne di screening
per la cittadinanza. La risposta a questo tipo d’iniziative non tarda a
venire: praticamente gran parte delle farmacie dichiara di aderire.
Per quanto riguarda, invece, le altre due linee di azione qui indi-
cate, emerge una fotografia totalmente diversa. La stragrande mag-
gioranza delle farmacie dichiara di non riuscire ad attuare iniziative di
revisione della terapia e di monitoraggio a favore dei pazienti cronici.
La giustificazione di un tale comportamento va ricercata proprio nel-
la modalità che l’erogazione di simili servizi richiede. Non possono,
infatti, essere svolti in maniera estemporanea, perché sono attività
che non rientrano nel concetto di campagne, ma di linee di servizio
stabili e continuative.
Ecco il motivo della dicotomia che si manifesta nelle risposte degli
822 farmacisti. Uno sforzo importante, ma contenuto nel tempo, è
congeniale con l’attuale organizzazione della farmacia, mentre par-
tecipare ad attività durature, anche se meno impattanti in un arco
di tempo limitato, potrebbe richiedere una revisione significativa
dell’organizzazione della farmacia. Una rivisitazione del suo modus
operandi che non sempre è chiara negli obiettivi e tanto meno nelle
modalità. Non esistono infatti, perlomeno in Italia, riferimenti evi-
denti a cui affidarsi per impostare questo tipo di ripensamento della
propria organizzazione aziendale. Dato che oggi le farmacie sono
sottoposte a una pressione sui prezzi e a una crescente competizio-
ne, mantenere inalterato lo schema organizzativo può essere visto
come una via per affrontare il già precario equilibrio economico. Da
qui la scarsa adesione a iniziative che, per essere attuate profittevol-
mente, richiederebbero la revisione del modello di funzionamento
della farmacia.
Partendo da queste considerazioni, valide indipendentemente dal
modello di PhC, abbiamo provveduto a suddividere il campione in
gruppi, proprio a partire dalle risposte fornite a queste quattro do-
mande, secondo una tecnica statistica, che prevede la ripartizione
in gruppi omogenei al loro interno, ed eterogenei tra di loro. L’ap-
plicazione del metodo statistico ha dimostrato che la suddivisione

103
Approcci diversi al Pharmaceutical Care

ottimale del campione si ottiene con 3 gruppi.


APPROCCI
La figura 3.8 mostra DIVERSI
il profilo quantitativo dei tre sottogruppi (clu-
ster) uscenti.AL PHARMACEUTICAL CARE
La ripartizione adottata ha generato tre gruppi che si
ripartiscono sul campione con una distribuzione dove un sottogrup-
po pesa circa la metà, un secondo pesa per un terzo e il terzo per il
rimanente quinto.
Il gruppo con maggiore numerosità, pari a 378 farmacie (46%), si
contraddistingue, come vedremo di seguito, perché è caratterizzato
da una vocazione ai servizi, anche se in una logica spot. Il secondo
gruppo per importanza, composto da 258 farmacie (31%) presenta
caratteristiche tipicamente di dispensazione e una scarsa vocazione
ai servizi e, conseguentemente, al PhC. Infine, l’ultimo gruppo è il
meno popolato, contando 186 farmacie (23%), ed è quello che me-
glio incarna i presupposti del PhC.
Vediamo più in dettaglio le caratteristiche dei tre gruppi. Innan-
zitutto partiamo dai criteri che sono stati utilizzati per la creazione

Ripartizione dei cluster

Fig. 3.8 – Profilo quantitativo dei tre sottogruppi

dei sottogruppi. Per comprendere appieno la ripartizione eseguita si


propone l’incrocio in una tabella a doppia entrata, che confronta per
ciascuno dei tre gruppi il comportamento rispetto alle quattro atti-
vità territoriali proposte (vedi figura 3.9). Essa riporta la percentuale
di predisposizione del campione nel suo totale e suddiviso in gruppi
alla partecipazione alle quattro attività territoriali.
Si evidenzia così, per esempio, che sul totale del campione (822
farmacie), ben 619 cioè il 75% esegue campagne di screening (cfr
casella rossa di figura 3.9). Come si è già visto in figura 3.7, la percen-

104
tuale di adesione ad altre iniziative varia: 19% per il monitoraggio,
11% per la revisione e ben il 79% per le iniziative di promozione ed
educazione della salute. Ma vediamo ora come si comportano i tre
sottogruppi rispetto a queste quattro iniziative. Per comprenderne il
comportamento paragoniamo la percentuale di adesione alle iniziati-
ve con il medesimo dato espresso dal campione nel suo complesso.
Il sottogruppo dei “dispensatori”, come è possibile vedere in figu-
ra 3.8, presenta una partecipazione alle quattro tipologie di campa-
gne territoriali sempre inferiore alla media (vedi caselle verdi): rispet-
tivamente 32% su 75%, 0% su 19%, 0% su 11% e infine 40% su 79%.
Questa ridotta predisposizione a partecipare induce a ritenere che
il gruppo sia composto da farmacie fortemente dedicate all’attività

Campagne Monitoraggio tera- Revisione della tera- Promozione/educa-


di screening peutico del paziente pia farmacologica zione della salute

ripartizione esegue % su tot esegue % su tot esegue % su tot esegue % su tot

Dispensatori 258 82 32% 0 0% 0 0% 103 40%

Servizi “spot” 378 378 100% 0 0% 0 0% 378 100%

PharmaCare 186 159 85% 160 86% 90 48% 169 91%

Totale Campione 822 619 75% 160 19% 90 11% 650 79%

Fig. 3.9 – I sottogruppi riletti in termini di variabili di classificazione

di dispensazione, e poco inclini a collocare la farmacia in un ruolo di


servizio sociale. In quanto molto concentrati sul farmaco e sulla sua
logistica viene loro dato l’appellativo di “dispensatori”.
Esiste poi un secondo gruppo, maggioritario in termini numeri-
ci (378 su 822), fortemente incline a partecipare a certe tipologie
di campagna, ma meno ad altre (cfr caselle gialle a confronto con
quelle rosse). Questo gruppo trova significativo interesse, con una
adesione al 100%, a campagne di prevenzione o di screening, in-
somma tutte quelle attività che hanno un respiro sulla popolazione e
che si concentrano su un arco di tempo definito. Per contro, questi
ultimi affermano di non partecipare affatto a iniziative di assunzione,
monitoraggio e revisione della terapia farmacologica per singoli pa-
zienti. Diversamente dalle prime due aree di azione, infatti, queste
due si contraddistinguono per una minore massificazione e per una

105
Approcci diversi al Pharmaceutical Care

maggiore interazione con il paziente, assistito anche in via continua-


APPROCCI
tiva, quindi con un impegno che puòDIVERSI
protrarsi nel tempo. A questo
sottogruppo,AL PHARMACEUTICAL di
quindi, viene associata l’etichetta CARE
“servizi spot”, a in-
dicare la volontà di superare il modello di pura dispensazione, ma al
contempo anche il limite di impegnarsi soltanto su iniziative, seppur
importanti e fondamentali, ma contenute nel tempo; appunto spot.
Il terzo gruppo, infine, è composto da coloro che presentano inci-
denze superiori alla media in tutte e quattro le categorie di attività di
servizio (vedi caselle azzurre di figura 3.9). Questi ultimi sono coloro
che, unici nel campione intervistato, hanno affermato di impegnarsi
su iniziative di monitoriaggio del paziente e di revisione della terapia
farmacologica. Per queste motivazioni al gruppo è stata assegnata
l’etichetta di “PharmaCare”, ovvero farmacie proiettate verso l’evo-
luzione della professione e che associano, a un’attività di dispensa-
zione, anche quella di assistenza personalizzata del paziente.
Vediamo ora se tali profili trovano conferma alla luce delle risposte
fornite sugli elementi costituenti il PhC. Le sei aree che compongono
il modello di PhC (gestione pazienti nuovi e ripetuti, Gestione dei
DRP, Atteggiamenti, Collaborazione e infine Struttura/processi) ven-
gono, quindi, rilette in ragione dei tre gruppi, così da verificare il loro
posizionamento.

Gestione dei problemi farmaco-correlati


(Drug Related Problems)

Abbiamo detto che la gestione dei problemi connessi con l’assun-


zione della terapia farmacologica è un punto molto importante, che
purtroppo mostra in tutti e tre i sottogruppi marcati punti deboli,
dato che, come evidenziato in figura 3.10, in nessuna fase della ge-
stione e per nessun sottogruppo si assiste a valori che raggiungono
la soglia di 2, su un massimo di 5 (qui per ragioni espositive, diversa-
mente da quanto fatto prima, i grafici non verranno visualizzati su una
scala a 5, per ragioni di migliore rappresentazione grafica).
Non deve meravigliare, sulla base di quanto detto, il distacco dei
valori assunti dal gruppo dei PharmaCare (tratto verde) rispetto alla
media (tratto nero) e agli altri due sottogruppi, che da un punto di
vista grafico stanno sotto, e di molto. E’ interessante però osserva-

106
re l’andamento del gruppo dei “serviziSpot”. Essi alternano perfor-
mance che non si discostano dalla media (per esempio...definire una
strategia), a performance più vicine al gruppo “dispensatori” (vedi
aree cerchiate in rosso di fig. 3.10). Coerentemente con il loro profilo,
infatti, le analisi di screening compiute durante le campagne da parte
dei “serviziSpot”, inducono queste farmacie a rilasciare al paziente
“indicazioni” comportamentali (per esempio, necessità di deferimen-
to del paziente al medico curante), soprattutto quanto lo screening

Fig. 3.10 - Gestione dei problemi nei 3 sottogruppi

riveli situazioni anomale. Carente è, invece, l’area che identifica gli


obiettivi condivisi con il paziente, per quanto attiene passi succes-
sivi di assistenza, per il fatto che questo sottogruppo non intende
operare in continuità. Per quanto riguarda, infine, il sottogruppo dei
“dispensatori”, si conferma (fig. 3.10), che essi dimostrano scarsa
predisposizione ad attivare iniziative volte a gestire i problemi farma-
co-correlati dei propri pazienti.
Passiamo ora ad analizzare come i sottogruppi si differenziano in
termini di comportamento rispetto alla gestione dei pazienti.

Gestione dei nuovi pazienti

Questo elemento assume valori medi del campione che oscillano


da 1 a 3 (vedi linea nera del grafico di figura 3.11; si ricorda che la
scala possibile è da 0 a 5 in quanto pesata su 5 pazienti, anche se per
convenienza espositiva la scala nel grafico è modificata).

107
Approcci diversi al Pharmaceutical Care

Emerge con evidenza che in tutti e quattro i passaggi chiave del


processo di gestione APPROCCI DIVERSI
dei nuovi pazienti il cluster dei “PharmaCare”
(tratto verde)AL PHARMACEUTICAL
ottiene valori nettamente CARE
superiori alla media (tratto
nero). Per contro, i “dispensatori” (tratto azzurro) hanno valori sotto
la media, mentre il sottogruppo dei “servizi Spot” (linea mattone) si
posiziona a ridosso della media.
È interessante osservare, infine, che gran parte della differenza tra
i PharmaCare e la media si genera soprattutto nelle prime due fasi;
proprio quelle che nei fatti sono neglette dal resto del campione,
registrando valori inferiori a 1,5 su base 5. Le differenze, invece, si

Fig. 3.11 – Gestione dei nuovi pazienti nei 3 sottogruppi

assottigliano su fasi tradizionali, quali appunto la verifica della com-


prensione da parte del paziente, che viene eseguita in media 3 volte
su 5 praticamente da tutto il campione.

Gestione dei pazienti ripetuti

La separazione dei valori per i tre sottogruppi nelle fasi di gestione


dei pazienti ripetitivi è riportata in figura 3.12. Si conferma il profilo
dei PharmaCare, che assume valori medi apprezzabili intorno a 2-2,5
su un max di 5, mentre la media (tratto nero) rimane decisamente
sotto i valori di 2.
Interessante notare come in questo caso il gruppo dei “serviziSpot”

108
Fig. 3.12 - Gestione pazienti ripetuti nei 3 sottogruppi

(linea mattone) converga sostanzialmente con il gruppo dei


“dispensatori” (linea azzurra, coperta appunto quasi sempre dalla
linea mattone). Questo conferma il profilo del gruppo che, essendo
orientato a prestare servizi legati a campagne intense ma di breve
respiro, non ha una prassi forte nella gestione continuativa dei
pazienti, così come non è nella volontà dei dispensatori.

Atteggiamenti nei confronti dei servizi

La figura 3.13 mostra l’andamento dei tre sottogruppi rispetto ai


due elementi che compongono il fattore “atteggiamenti”. Innanzi-
tutto va segnalato che per questi tre fattori la scala di misurazione
non è più basata sulla valutazione a partire da 5 pazienti, ma è una
scala valoriale a 5 gradi (mai, raramente, ogni tanto, spesso e sem-
pre), trattandosi di comportamenti generalizzati, antecedenti all’ado-
zione di pratiche di PhC. Conseguentemente si è preferito esporre
tali risultati a partire da un grafico a barre, che maggiormente evi-
denzia i fenomeni valoriali.
Il sottogruppo dei PharmaCare conferma la sua natura di predi-
sposizione ai servizi, dimostrando un atteggiamento verso l’assisten-
za sia quantitativo (cercare di fornire assistenza), sia qualitativo (pro-
digarsi nel fornire assistenza). Da notare semmai che anche in questo
gruppo esiste una consapevolezza che “si può sempre far meglio”.
Infatti, il valore assunto dalla domanda “cercare di fornire...” è su-
periore al valore della domanda “prodigarsi nel fornire...”. Cioè le

109
Approcci diversi al Pharmaceutical Care

Fig. 3.13 - Atteggiamenti nei confronti dei servizi nei 3 sottogruppi

risposte fornite lasciano presagire che, alla volontà di estendere i


servizi alla maggioranza dei pazienti, deve anche accompagnarsi il
desiderio di un miglioramento qualitativo del servizio (strutturazione
degli incontri, approfondimento clinico, monitoraggio continuo dei
parametri, verifica del livello di raggiungimento dei risultati, ecc.).
Per gli altri due sottogruppi, invece, si conferma il posizionamento
delineato per gli altri elementi costituenti il PhC.

Struttura e processi

La figura 3.14 informa sullo stato dell’arte, in termini di struttura


e processi nei tre sottogruppi indentificati. Partendo dagli elemen-
ti strutturali (ultima domanda in ordine di apparizione in fig. 3.14),
si denota una maggiore tensione dei “PharmaCare” a impiegare la
struttura per offrire un servizio e un’assistenza più qualificata rispetto
ai colleghi degli altri gruppi. Nel caso dei “dispensatori”, il dato rile-
vato arriva a stento alla soglia di “ogni tanto”, denotando quindi un
disimpegno, nonostante la presenza di spazi appositi nelle farmacie
intervistate (71%).
Esistono altri elementi di struttura/organizzazione ove si registra
un differente approccio tra PharmaCare e gli altri sottogruppi: impie-
go di protocolli per svolgere il servizio, risultato clinico e soddisfazio-
ne del paziente. Cioè, in pratica, quegli elementi che costituiscono
guida per indirizzare il servizio di assistenza e assicurarne la sistema-
ticità e riproducibilità.

110
Fig. 3.14 - Struttura/processi nei 3 sottogruppi

Collaborazione interdisciplinare

La figura 3.15 mette in evidenza lo stile collaborativo dei tre sot-


togruppi analizzati. Vi sono elementi che presentano “rari” ambiti
di applicazione (documentazione al medico per DRP, deferimento
ad altri farmacisti e a operatori sociali) per i quali la distinzione, per
quanto esistente, deve essere posta in secondo piano, rispetto in-
vece alla valutazione del suo accadimento in termini assoluti. Si con-
ferma, comunque sia, che le maggiori frequenze sono attribuibili al
sottogruppo dei PharmaCare, mentre la classe dei “dispensatori” si
ritrova sempre fanalino di coda.
Interessante, poi, osservare il distacco netto che c’è tra i Pharma-
Care e il resto del campione per quanto attiene “l’aggiornamento
del medico curante”, che segna la disponibilità alla collaborazione,
così come il contatto con il medico in caso si riscontrino DRP, che
denota un forte segno di continuità assistenziale nel tempo, e di col-
laborazione con le altre professioni interessate alla cura del paziente.
L’attività di deferimento al medico curante è praticata con una
certa metodicità non soltanto dai PharmaCare, ma anche dai Servi-
ziSpot. Come detto in precedenza, questo potrebbe celare compor-
tamenti non tanto di deferimento, in una prospettiva collaborativa,
quanto semmai il tentativo di liberare la farmacia da una responsabi-

111
Approcci diversi al Pharmaceutical Care

Fig. 3.15 - Collaborazione nei 3 sottogruppi

lità che in ottica di dispensazione non le competerebbe. Il deferimen-


to del paziente alla medicina di base per i farmacisti “dispensatori” è
attività che viene svolta solo ogni tanto.

Il profilo dei segmenti di farmacie


(condizioni oggettive)

La disciplina del PhC è interpretata in maniera non univoca da par-


te delle farmacie. Vi sono tre sottogruppi che danno origine a tre di-
versi segmenti comportamentali. Una domanda legittima è chiedersi
se questi tre segmenti corrispondano a profili tipo di farmacia, iden-
tificabili oggettivamente e non solo soggettivamente, cioè in termini
di comportamenti rispetto al PhC. Le variabili oggettive qui utilizzate
per descrivere il profilo di ciascun campione sono quelle rilevate du-
rante la ricerca. In sintesi si riferiscono a:
• localizzazione geografica,
• posizionamento della farmacia sul territorio,
• esperienza del titolare,
• dimensionamento della farmacia,
• strumentazione a disposizione.
Partendo innanzitutto dalla dislocazione fisica della farmacia, la
figura 3.16 mette in evidenza la distribuzione territoriale dei rispon-

112
denti suddivisi per i tre sottogruppi. Per una semplificazione di analisi
le 20 regioni sono state raggruppate in base alle quattro aree Niel-
sen (nord-ovest che include la Lombardia, nord-est che include l’E-
milia-Romagna, il centro -che si estende sino alle Marche, Campania
esclusa- e infine il sud con le Isole).
Si può affermare che la maggiore particolarità è riscontrabile nel

Fig. 3.16 – Distribuzione territoriale dei 3 sottogruppi

sottogruppo dei ServiziSpot, dove il 50% delle farmacie incluse ap-


partiene a regioni del nord-ovest (Piemonte-Lombardia-Liguria-Valle
d’Aosta), con circa più di 10 punti percentuali sugli altri due gruppi.
Per contro, il gruppo si radica meno al sud (dal Lazio a scendere) e in
parte anche al centro. I Dispensatori e i PharmaCare sono pressochè
simili da un punto di vista di distribuzione territoriale.
Sempre per quanto attiene al collocamento territoriale, la figura
3.17 mostra la distribuzione dei sottogruppi per tipologia di ubica-
zione.
Lo stacco maggiore si registra ancora nel gruppo dei ServiziSpot,

Fig. 3.17 - Connotazione per ubicazione

113
Approcci diversi al Pharmaceutical Care

che presentano un profilo maggiormente caratterizzato da farmacie


urbane di zona periferica. Meno rilevanti, invece, sono le farmacie
rurali sussidiate, mentre le rurali vantano una presenza media. Vice-
versa non vi sono differenze marcate di connotazione per ubicazione
fra le farmacie PharmaCare e quelle di Dispensazione.
Da un punto di vista gestionale, c’è distinzione tra farmacia indivi-
duale e farmacia facente parte di gruppo familiare (cioè che detiene
fino a 4 farmacie) (vedi figura 3.18). La formazione dei sottogruppi è
difforme da questo punto di vista per quanto riguarda i “Dispensa-
tori”, che si contraddistinguono per la maggiore presenza (10 punti
percentuali) di farmacie individuali, rispetto ai restanti due sotto-
gruppi.

Fig. 3.18 – Connotazione per tipologia di farmacia

Passando ora a una qualificazione dei sottogruppi basata in ra-


gione delle risorse umane, possiamo affermare che la distinzione di
genere nella proprietà non presenta marcate variazioni fra i tre sot-
togruppi (figura 3.19).
Il sottogruppo dei PharmaCare si caratterizza per una maggiore
presenza di titolari maschi (67% contro 60%).
La figura 3.20 ci aiuta a identificare eventuali differenze dei sot-
togruppi per quanto attiene all’esperienza del titolare nell’esercizio
della professione. Sebbene non esistano differenze radicali, è pos-
sibile affermare che il sottogruppo dei PharmaCare preveda al suo
interno la presenza maggiore di titolari giovani, cioè con un’espe-
rienza di lavoro non superiore ai 25 anni. La classe da 10 ai 25 anni
compone il sottogruppo per il 42%, quando la presenza nel gruppo
dei ServiziSpot è pari a 33%.

114
Fig. 3.19 – Connotazione di genere

Fig. 3.20 – Connotazione per esperienza del titolare

Altro fattore da osservare, per comprendere le differenze ogget-


tive nel profilo dei sottogruppi, consiste nel dimensionamento della
farmacia. La figura 3.21 mostra la composizione delle farmacie per
numero di farmacisti impegnati.
Appare evidente che il sottogruppo dei ServiziSpot prevede al
suo interno una frequenza minore di piccole farmacie. Mediamente
la presenza di realtà con due farmacisti è pari al 31%, contro il 45%
medio dei restanti due sottogruppi. Per contro, è ovviamente supe-
riore la presenza di farmacie con maggiore personale (20% classe
oltre 4 farmacisti, con il 14% medio dei due gruppi). Non vi sono poi,
al riguardo, significative differenze tra i PharmaCare e i Dispensato-
ri. La figura 3.22, che riporta la composizione dei sottogruppi per
presenza di addetti non farmacisti, non aiuta a qualificare in maniera
significativa il profilo dei sottogruppi.

115
Approcci diversi al Pharmaceutical Care

Fig. 3.21 – Connotazione per numero di farmacisti


APPROCCI DIVERSI
AL PHARMACEUTICAL CARE

Fig. 3.22 – Connotazione per presenza di addetti non farmacisti

Un elemento di analisi ulteriore è il dimensionamento della far-


macia per numero di ricette medie esitate in un giorno. La figura
3.23 mostra lo spaccato per classi di ricetta e per le tre tipologie di
farmacie identificate.
Il dato più rilevante consiste nella frequenza di farmacie che lavo-
rano da 50 a 100 prescrizioni al giorno nella famiglia delle farmacie
ServiziSpot. Per esse, l’incidenza è pari al 42%, contro una media,
per i restanti due cluster, che è inferiore di circa una decina di punti
percentuali. Al contrario, le farmacie ServizioSpot hanno al loro inter-
no una percentuale di prescrizioni inferiore a 50, inferiore di 10 punti
percentuali rispetto agli altri due sottogruppi. Nei fatti, quindi, se
si fondessero le due classi creando una categoria fino a 100 ricette,

116
Fig. 3.23 - Connotazione per numero di ricette medie giornaliere

questa diversa connotazione verrebbe a sparire. Dato che la creazio-


ne di una sola categoria fino a 100 non determina significativi salti di-
mensionali nell’organizzazione della farmacia, si può desumere che il
numero di ricette lavorate non influenza la natura dei tre sottogruppi.
La figura 3.24 sintetizza l’analisi sin qui condotta in merito al profilo
dei sottogruppi, a seconda degli elementi oggettivi analizzati.
Gli elementi oggettivi assoluti -cioè quelli che si riferiscono alla
farmacia indipendentemente che abbia deciso di fare o non fare ser-
vizi di assistenza- non sembrano aiutare a delineneare in modo netto
la “carta d’intentità” dei tre gruppi. Tutti e tre, infatti, beneficiano in
maniera non ordinata delle variabili qui analizzate. Nella figura 3.24,
la presenza di frequenze rilevanti (=forti) verrebbe infatti evidenziata
con la colorazione in azzurro della casella indagata, che testimonie-
rebbe la presenza per quel determinato elemento di una differenza
di frequenze superiore a 20 punti percentuali fra il valore maggiore
e minore. Se la differenza di frequenze è inferiore a 20 punti, ma
maggiore a 10, allora la colorazione sarebbe verde. Si prenda per
esempio il dato di distribuzione territoriale rappresentato in figura
3.16. Abbiamo detto che mentre i ServiziSpot hanno una presenza
del 50% nel nord-ovest, i Dispensatori invece hanno una presenza del
36%. Esiste, quindi, un differenziale di 14 punti percentuali a favore
dei ServiziSpot, quindi una colorazione verde per questa area (cfr.
3.24). Infine, se le differenze si approssimano, pur rimanendo inferiori
a 10 punti, allora la colorazione della casella sarebbe gialla.
L’assenza assoluta della colorazione azzurra nella tabella di figura

117
Approcci diversi al Pharmaceutical Care

Carattere Dispensatori PharmaCare ServiziSpot


Maggiore
Distribuzione
presenza in area
territoriale
NORD-OVEST

Maggiore peso Maggiore peso


Ubicazione farmacie urbane di farmacie urbane di
zona periferica zona periferica

Maggiore peso
TIpologia gestionale
farmacie individuali

Maggiore peso
Differenze di genere
titolari maschi

Maggiore peso
Esperienza del titolare
titolari giovani

Minore peso delle


Farmacisti in farmacia
farmacie piccole

Addetti alla vendita Nessuna differenza sostanziale

Ricette medie al giorno Nessuna differenza sostanziale

Legenda Differenze fra i valori Differenze fra i valori Differenze fra i valori >
< 10 p.ti % = debole > 10 p.ti % = media 20 p.ti % = forte

Fig. 3.24 – Sintesi del profilo definito su elementi oggettivi

3.24, conferma nei fatti la non sussistenza di specificità oggettive nel


profilo dei tre gruppi. Esistono differenze di profilo, ma non così mar-
cate (colorazione verde), tali da caratterizzare in modo netto quando
si pensa ai servizi e al PhC. Ciò detto, non è possibile definire un
profilo oggettivo e assoluto dei tre cluster, capace di renderli ricono-
scibili a priori. Per esempio, si può affermare che il sottogruppo dei
ServiziSpot presenta una maggiore frequenza nell’area nord-ovest,
ma tale differenza non è così forte da poter asserire che le farmacie
del nord-ovest preferiscono questo modello. Così, per esempio, nel
gruppo delle farmacie “Dispensatrici” si evidenzia un maggiore peso
delle farmacie individuali rispetto ai gruppi (società fino a 4 farmacie),
ma questo non consente di ipotizzare che le farmacie individuali ab-
biano una predisposizione per il modello “Dispensatore”, dato che
tale attributo non è così marcato (è inferiore ai 20 punti percentuali).
Da qui emerge una considerazione generale. Il processo evolutivo

118
da un modello all’altro, e all’altro ancora, non è subordinato a nes-
suna precisa variabile oggettiva e assoluta, misurata in questo piano
di ricerca. Non è detto che non esistano una o più variabili capaci
di spiegare il processo di evoluzione verso i tre modelli, ma è pro-
babile che allo stato dell’arte, a distanza di circa 5 anni dall’entrata
in vigore della legge sui servizi, non si possano rintracciare elementi
univoci, forti e capaci di spiegare la collocazione delle farmacie nei
tre modelli. Queste valutazioni hanno un corollario importante. Tutte
le farmacie possono realizzare con successo iniziative di evoluzione
verso i servizi, indipendentemente che siano grandi o piccole, che
siano al nord o al sud, che siano gestite da titolari giovani (magari di
seconda o terza generazione) piuttosto che da titolari con alle spalle
l’esperienza di una farmacia diversa dalla attuale.
Veniamo ora alla qualificazione del profilo dei tre sottogruppi in
base ad elementi che sono oggettivi, ma che comunque presentano
una evidente correlazione con la pratica dell’attività di assistenza al
paziente. Gli elementi che verranno qui presi in esame sono i seguenti:
• la presenza dell’area dedicata al consulto,
• la presenza di software di supporto alla gestione della relazione
con il paziente,
• la partecipazione di personale della farmacia a incontri
multidisciplinari nel bacino d’utenza.
La figura 3.25 mette a confronto i tre sottogruppi in ragione della
disponibilità o meno di una area dedicata in farmacia dove incontrare
il paziente. Il grafico evidenzia in maniera netta una forte correlazione
tra l’essenza dei gruppi e la presenza di un’area dedicata all’incontro

Fig. 3.25 – Presenza di area dedicata al consulto

119
Approcci diversi al Pharmaceutical Care

Fig. 3.26 – Presenza di software sui dati clinici del paziente

con il paziente. Per i PharmaCare la presenza dell’area è rintracciabile


nell’83% dei casi, mentre per i Dispensatori soltanto nel 60%. In via
intermedia si posiziona il cluster dei ServiziSpot (72% di presenza).
La figura 3.26 presenta la fotografia legata alla presenza di softwa-
re per la gestione dei dati clinici del paziente. Sebbene la presenza
in farmacia di sw apposito per la gestione del profilo clinico del pa-
ziente sia sostanzialmente residuale, emerge come siano soprattutto
le farmacie PharmaCare ad averlo (17% contro 4%).
Per quanto riguarda, invece, la presenza in farmacia di sw per la
gestione delle interazioni farmaco su farmaco (figura 3.27) e per le
controindicazioni farmacologiche (figura 3.28), si conferma la corre-
lazione tra tipologia di farmacie e presenza di dotazione informatica.
Le farmacie PharmaCare dichiarano di possedere strumentazione
informatica nel 67% dei casi, mentre tale percentuale scende al 56%
per la famiglia dei ServiziSpot e, infine, al 48% per i Dispensatori.
Da ultimo, la frequenza di partecipazione a eventi di confronto
multidisciplinare è riportata nella figura 3.29. Viene anche qui con-
fermata una maggiore risposta positiva proprio in quei gruppi ove
superiore è l’attività di assistenza. Per il cluster dei PharmaCare la
partecipazione a eventi è pari al 53% dei casi, mentre il gruppo dei
ServiziSpot afferma di partecipare a simili incontri soltanto nel 35%
dei casi, e infine la partecipazione dei Dispensatori si abbassa al 22%.
In sintesi, è possibile ricapitolare il profilo differenziale fra i tre sot-
togruppi per quanto attiene agli elementi oggettivi, ma relativi alla
pratica dei servizi a partire dallo schema proposto in figura 3.30.

120
Fig 3.27 – Presenza di software per interazione farmaco su farmaco

Fig 3.28 – Presenza di software su controindicazioni farmacologiche

Fig. 3.29 – Partecipazione ad incontri multidisciplinari

121
Approcci diversi al Pharmaceutical Care

Carattere Dispensatori PharmaCare ServiziSpot

Area dedicata consulto Bassa presenza Alta presenza Media presenza

Sw dati clinici paziente Bassa presenza Alta presenza Bassa presenza

Sw interazione farmaco Bassa presenza Alta presenza Media presenza


su farmaco
Sw controindicazioni Bassa presenza Alta presenza Media presenza
farmacologiche
Partecipazione incontri Bassa presenza Alta presenza Media presenza
multidisciplinari

Legenda Differenze tra i valori < Differenze tra i Differenze tra i


10 p.ti % = debole valori > 10 p.ti % valori > 20 p.ti %
= media = forte

Fig. 3.30 – Sintesi della profilazione per elementi oggettivi,


ma relativi all’erogazione dei servizi di assistenza

La rilettura degli elementi oggettivi, ma correlati alla strutturazione


di un’offerta assistenziale (per esempio, l’esistenza di area dedicata
al consulto, la dotazione software, la partecipazione a incontri multi-
sciplinari, cfr fig. 3.30) presenta, diversamente dagli elementi ogget-
tivi assoluti analizzati in figura 3.24, una marcata correlazione con le
tipologie di farmacia identificate (modello Dispensa, PharmaCare e
ServiziSpot). Per esempio, emerge chiaro che quanti appartengono
al sottogruppo dei PharmaCare hanno un’area dedicata agli incontri:
il differenziale tra PharmaCare e Dispensatori qui è pari o superiore a
20 punti percentuali (area colorata di azzurro).
Così accade (cioè esistenza di correlazione maggiore a 20 pun-
ti percentuali) anche per la disponibilità in farmacia di un software
per gestire le controindicazioni farmacologiche e per la disponibilità
a partecipare a incontri multidisciplinari; cioè per le altre due aree
azzurre di figura 3.30. Il software per la gestione dei dati clinici dei
pazienti, invece, prevede una marcata presenza presso i PharmaCare,
ma in valore assoluto è presente in poche farmacie (poco meno di
una settantina circa nel nostro campione di 822 farmacie). Pertanto,
qui non si può affermare l’esistenza di una correlazione forte.

122
L’EVOLUZIONE DEL
PHARMACEUTICAL CARE IN EUROPA

Numerosi i progetti elaborati


La disciplina del PhC è oggetto di studio e di approfondimento da
parte di uno specifico centro di ricerca internazionale, denominato
Pharmaceutical Care Network Europe (PCNE.org), da ormai un ven-
tennio. Esso è formato da accademici, ricercatori, studiosi della ma-
teria, professionisti di farmacia, tutti animati dal medesimo intento
di vedere evolvere la farmacia europea verso i servizi di assistenza al
cittadino, oltre alla dispensazione del farmaco. Nel tempo sono stati
messi in funzione svariati progetti, tesi a implementare nei vari Paesi
la disciplina del PhC. Cito a titolo di esempio i seguenti progetti:
• Therapeutic Outcome Monitoring (TOM) – ricerca e soluzione di
problemi farmaco-correlati per patologie asmatiche
• Elderly Medication Analysis (OMA) - linea di intervento per per-
sone anziane finalizzata ad assicurare un servizio di assistenza per
la corretta assunzione delle terapie farmacologiche
• Self-care, self medication – progetti finalizzati a garantire e sup-
portare lo sviluppo da parte del paziente nella gestione dei far-
maci (empowerment terapeutico)
• Behavioural Pharmaceutical Care Scale (BPCS) – progetto finaliz-
zato a valutare l’applicazione della disciplina del PhC in Europa
• Medication Review - è una parte essenziale del PhC, perché teso
a delineare come il farmacista possa assistere il paziente per la
revisione della terapia. Un tema importante, inoltre, è la collabo-
razione del farmacista con le altre figure del mondo sanitario che
interagiscono con il paziente.
• Drug-related problems - studio e ricerca delle cause e delle solu-
zioni dei Problemi farmaco-correlati, che nel tempo ha generato
proprie metriche e scale interpretative.
• Standards e Linee Guida - lo sviluppo del PhC e dei servizi è
strettamente legato alla definizione e applicazione di prassi e

123
L’evoluzione del Pharmaceutical Care in Europa

metodologie condivise su come fare servizi in farmacia, persona-


L’EVOLUZIONE
lizzati al paziente DELcon l’attività dispen-
e integrati perfettamente
PHARMACEUTICAL CARE IN EUROPA
satrice della farmacia.
Ogni singolo Paese lancia propri programmi di ricerca e appro-
fondimento, che poi condivide con altri in sede di riunione annuale
del PCNE, e durante sessioni d’incontro intermedie. Per esempio, la
Svizzera ha lanciato una serie di programmi di ricera in tema di: clas-
sificazione DRP, screening del diabete in farmacia, specializzazione
PhC in Università, e così via.
Come detto nell’introduzione, l’Italia è entrata a far parte del
PCNE nel 2012, proprio per contribuire apportando le esperienze
italiane e per beneficiare delle competenze maturate negli anni dal
Centro. In particolar modo, il primo progetto operativo che ha visto
coinvolta l’Italia è il BPCS (Behavioural Pharmaceutical Care Score).
Un programma di ricerca volto a rilevare lo stato di avanzamento dei
servizi d’assistenza che le farmacie offrono all’assunzione della tera-
pia farmacologica da parte dei pazienti cronici.
A una prima edizione svoltasi nel 2006 ne è seguita una più este-
sa, nella quale l’Italia è stata presente a partire dalla progettazione
iniziata nel 2012. In Italia la ricerca è curata dall’Università Cattolica
nella persona dell’estensore del presente manuale, unitamente a FE-
DERFARMA e GSK, nell’ambito del protocollo d’intesa che le vede
collaborare “insieme per la salute del cittadino”, appunto così come
recita il payoff del protocollo stesso.
La prima ricerca di BPCS è stata lanciata nel 2006 e ha visto coin-
volti i seguenti Paesi: Danimarca, Germania, Gran Bretagna (separa-
tamente Inghilterra, Galles, Scozia e Irlanda del nord), Malta, Porto-
gallo, Svezia, Svizzera, Belgio e Irlanda.
La seconda edizione della ricerca, fatta sempre sugli stessi pre-
supposti della prima, è stata lanciata nel 2012 ed è stata realizzata
nel corso del 2013, e ha coinvolto i seguenti Paesi: Danimarca, Ger-
mania, Gran Bretagna (separatamente Inghilterra e Irlanda del nord),
Malta, Portogallo, Svezia, Svizzera, Bosnia, Italia, Lituania, Moldavia,
Paesi Bassi, Norvegia, Serbia e Spagna.

124
Il profilo dei rispondenti a confronto

La seconda edizione della ricerca ha visto coinvolte complessiva-


mente quasi 5 mila farmacie operanti nei Paesi europei indicati e il
peso dell’Italia sul campione è stato pari al 16%, grazie agli 822 tito-
lari di farmacia che hanno risposto.
Dato che lo scopo ultimo della presentazione dei dati internazio-
nali sta nella possibilità di raffrontarli tra di loro, così da comprendere
la posizione dell’Italia e da individuare le prassi operative d’interes-
se a cui confrontarci, è necessario produrre termini di confronto tra
la farmacia italiana e quella europea, almeno per quanto riguarda
quelle che hanno partecipato alla ricerca, e per le quali esistono dati
raffrontabili. La figura 4.1 mette a confronto le farmacie italiane ri-
spondenti e quelle europee, per quanto attiene la composizione di
genere e di esperienza del titolare.

Italia Totale

822 4.956

16% 100%

Genere % %

Maschio 62,9 34,4

Femmina 37,1 65,6

Anni di esperienza del titolare in farmacia % %

≤ 5 anni 2,0 17,8

6-10 5,6 16,8

11-20 21,9 26,4

> 20 70,5 39,1

Fig. 4.1 – Composizione del campione per genere ed esperienza

Appare evidente la sostanziale diversità di composizione del cam-


pione rispetto al genere: nel campione italiano prevale la componen-
te maschile, in quello europeo la componente femminile. Risulta an-
che rilevante la differenza in base all’esperienza del titolare: in Italia
i rispondenti sono sostanzialmente più anziani dei colleghi europei;
l’anzianità media da noi si aggira sui 18 anni, mentre in Europa sui 14.

125
L’evoluzione del Pharmaceutical Care in Europa

La figura 4.2 mette a confronto il dato italiano e quello europeo per


L’EVOLUZIONE
quanto attiene la tipologia DELMentre in Italia pre-
di farmacia e la sede.
domina PHARMACEUTICAL CARE IN
il modello della farmacia individuale, EUROPA
il totale del campione
europeo si compone anche di farmacie appartenenti a catene (38%
dei rispondenti). In Italia, inoltre, predomina la farmacia rurale, mentre
il campione totale prevede una distribuzione più equa e capillare.

Italia Totale

Tipologia di farmacia % %

Indipendenti 76,7 49,6

Gruppo familiare 23,3 12,4

Grandi gruppi (>10 farmacie) 0 38,0

Sede della farmacia % %

Rurale 44,2 25,2

Suburbana 23,9 21,9

Centro città 31,8 39,5

Health Centre 0 8,3

mancante (Norvegia) 0 6,2

Fig. 4.2 - Rispondenti a confronto: tipologia di farmacia e sede

La figura 4.3 mostra poi il dimensionamento delle farmacie rispon-


denti. Non vi sono significative differenze per quanto attiene al nu-
mero di farmacisti che operano in farmacia: in media il campione
italiano conta 2,7 farmacisti, mentre la media del campione UE è 2,4.
Le farmacie con più di 4 farmacisti presentano una decina di punti
percentuali più del campione europeo, perché in Italia, a differenza
di quanto accade in altri Paesi europei, soltanto professionisti lau-
reati possono operare al banco. Per contro, la metà del campione
italiano non prevede personale non farmacista in farmacia, mentre
il totale campione UE usufruisce molto di collaboratori non laureati,
come si evince dalla tabella (in Italia il personale non laureato non
arriva nemmeno all’unità, mentre all’estero è in media quasi 2 per-
sone). Scarsa è poi la percentuale di qualifiche post-laurea in Italia,
mentre nel resto d’Europa ha un peso pari al 22%.
È predominante in Italia la farmacia con un traffico più ridotto di
prescrizioni rispetto al totale campione europeo: solamente il 2%
evade più di 300 prescrizioni al giorno, contro una media del 19%

126
Italia Totale

N° farmacisti che lavorano in farmacia % %

1 17,1 22,6

2 29,5 33,4

3 20,9 22,7

≥4 32,5 21,3

Qualifica post universitaria % %

% presenza in farmacia 5,5 22,8

N° personale di supporto (non farmacisti) % %

0 46,8 22,9

1 32,1 23,8

2 16,9 23,5

3 2,9 13,2

≥4 1,4 16,5

N° ricette evase in una giornata “Tipo” % %

0-99 38,8 29,0

100-199 45,8 34,1

200-299 13,1 17,8

≥ 300 2,2 19,1

Fig. 4.3 - Rispondenti a confronto: dimensionamento


per numero di professionisti e per prescrizioni evase al giorno

nel resto del campione (in media la farmacia italiana gestisce circa
120 prescrizioni al giorno, mentre il campione europeo evade circa
190-200 prescrizioni).
Vediamo ora le differenze di comportamento dei rispondenti ri-
spetto ad alcune attività e ad alcuni presupposti operativi utili per
l’erogazione di servizi ai pazienti, come esposto in figura 4.4.
I farmacisti italiani sono più inclini dei colleghi europei per quanto
riguarda la partecipazione a incontri interdisciplinari con altri opera-
tori della sanità. La presenza poi di un’area dedicata per il consulto
con il paziente prevede una presenza elevata, superiore ai due terzi
dei rispondenti in Europa. In Italia il dato è migliorativo, tenuto conto
che più del 70% delle farmacie afferma di possedere un’area dedica-
ta agli incontri con i pazienti.
La presenza di strumentazione informatica in farmacia per ausilio
dell’attività di servizio al paziente rivela, invece, grandi lacune in Ita-
lia rispetto al dato europeo. Soltanto l’8% dei rispondenti afferma

127
L’evoluzione del Pharmaceutical Care in Europa

Italia Totale

% %

Partecipazione continuativa ad incontri


35,4 23,3
interdisciplinari con operatori sanità

Presenza nella farmacia di area dedicata al


71,1 67,1
consulto con il paziente

Utilizzo di applicativi per il controllo dei dati


7,9 35,1
clinici del paziente

Utilizzo di applicativi per il controllo dell’in-


56,4 71,2
terazione farmaco su farmaco

Utilizzo di applicativi per il controllo delle


56,1 63,6
controindicazioni farmacologiche

Possibilità di accesso digitale ai dati del


0 6,8
paziente provenienti da altri operatori

Possibilità di conoscenza dei dati del pazien-


56,6 39,1
te provenienti da altri operatori

Fig. 4.4 - Rispondenti a confronto: attività e strumenti per l’erogazione di servizi

di possedere database per la gestione dei dati clinici del paziente,


contro il 35% della media europea. Per quanto attiene poi all’utilizzo
di supporti informatici per il controllo dell’interazione farmaco su far-
maco, la differenza con i colleghi europei, pur rimanendo rilevante, si
riduce. Il software per il controllo delle controindicazioni farmacolo-
giche sembra, infine, essere presente nelle farmacie italiane quanto
in quelle europee. L’accesso poi della farmacia ai dati clinici prove-
nienti dalle interazioni del paziente con il Sistema sanitario nazionale
risulta molto basso anche Oltralpe.
Veniamo ora ad analizzare alcuni aspetti propri della farmacia del
territorio ovvero le attività che le farmacie compiono oltre la dispen-
sazione del farmaco (figura 4.5).
Si conferma quanto detto in precedenza in tema di sviluppo di atti-
vità territoriali per la salute e il benessere della collettività. Massimo è
l’impegno per attività di screening e promozione della salute: il dato
medio di adesione per queste attività è addirittura superiore al dato
medio europeo. Viceversa, il dato nazionale è sensibilmente inferiore
per quanto attiene alle attività tese a garantire al paziente un servi-
zio continuativo di monitoraggio o di assistenza all’assunzione della
terapia farmacologica.

128
Partecipazione della farmacia alle seguenti
attività (% risposte affermative) Italia Totale

Campagne di screening 75 47,9

Monitoraggio terapeutico del paziente 19,6 32,7

Revisione della terapia farmacologica


12,2 38,7
(medication review)

Iniziative di promozione/educazione
79,3 61,2
della salute

Fig. 4.5 – Rispondenti a confronto: partecipazione ad attività di servizio territoriale

Comportamento in tema di
Pharmaceutical Care

Il confronto fra il comportamento delle farmacie italiane e quelle


europee in tema di prassi adottate per il PhC è delineato con la figura
3.1, cioè il modello d’insieme che vede il PhC composto dai seguenti
blocchi di analisi: Gestione dei problemi farmaco-correlati, Gestione
dei nuovi pazienti, Gestione dei pazienti ripetuti, Atteggiamenti e
comportamenti, Collaborazione interdisciplinare e, infine, Struttura e
organizzazione di servizio.
La figura 4.6 mostra in sintesi i valori comparati fra Italia e cam-
pione UE, per ciascuno dei sei elementi del modello PhC. Da una
prima osservazione generale emerge chiaro che la performance ita-
liana (vedi valutazioni in rosso) è sempre inferiore a quella della me-
dia europea. La spiegazione non è da ricercare nella “qualità” della
farmacia, quanto nell’indirizzo “top down” che il sistema sanitario
induce negli operatori della sanità e, quindi, anche nella farmacia.
Tra quanti hanno preso parte alla ricerca vi sono Paesi che sono
virtuosi in termini di PhC e che, quindi, presentano prassi applicative
ben superiori a quelle rilevate in Italia da questa ricerca. Due esempi:
Regno Unito e Olanda, due realtà diverse, due modi di applicazione
del PhC d’eccellenza. Abbiamo già parlato del Regno Unito nel Cap.
3, a proposito della spinta che la collaborazione offre alla gestione
dei nuovi pazienti per una farmacia (vedi figura 3.5). Il servizio sanita-
rio (NHS) guida un riordino efficiente ed efficace delle cure primarie:

129
L’evoluzione del Pharmaceutical Care in Europa

Fig. 4.6 - Confronto tra Italia e Ue: una visione di sintesi

la farmacia adotta programmi di MUR (Medicines use review) per


assistere i pazienti cronici e migliorare il loro di livello di aderenza
alle terapie, nel contempo al farmacista viene offerta la possibilità di
diventare “prescriber”, ovvero provvedere direttamente a ordinare
la terapia ripetuta per pazienti cronici che ha in carico. Tutto ciò ha
evidenti riflessi non soltanto sul medico, che è sgravato di un onere
sostanzialmente “amministrativo” (ripetizione di ricette), ma anche
sulla farmacia, che è inserita a pieno titolo nel processo delle cure
primarie. È evidente che la ricaduta di questo approccio di lavoro
integrato tra medicina, farmacia e servizio sanitario, non può che ge-
nerare valori più elevati negli indicatori di PhC.
Con una prospettiva diversa si giunge alla stessa conclusione an-
che in Olanda, Paese nel quale la sanità pubblica non ha mai avuto un
ruolo fondamentale. Invece di seguire il modello universalistico, l’O-
landa ha lasciato spazio al cosiddetto “laissez-faire” del mercato. Qui
il privato paga le spese sanitarie, ma è coperto da assicurazione sani-
taria privata. Le Compagnie di assicurazione hanno, quindi, interesse
a ottimizzare le spese sanitarie. Investire in prevenzione in Olanda
vuol quindi dire fare risparmio e salvaguardare il conto economico;
in particolare quello delle Compagnie di assicurazione. Per questo
motivo loro per prime lanciano programmi di collaborazione, dove la
farmacia e il medico sono chiamati a confrontarsi, per attuare piani

130
d’assistenza personalizzati ai pazienti cronici, per garantire la stabi-
lizzazione e compensazione della patologia. Questi interventi sono
vere e proprie misure preventive atte a evitare che il peggioramento
del paziente generi un aggravamento della patologia e, quindi, un’e-
scalation dei costi; cioè delle spese coperte dalle Compagnie. Ecco
perché le farmacie che operano in questo Paese hanno performance
PhC ben superiori a quelle italiane.
Va sottolineato che, in entrambi i casi, le istituzioni payer del servi-
zio sanitario (NHS da un lato e Compagnie di assicurazione dall’altro)
fagocitano il coinvolgimento della farmacia e la collaborazione con
le altri professioni sanitarie, riconoscendo tariffe per il tempo che gli
operatori dedicano nei servizi a tutela dei pazienti.

Evoluzione del Pharmaceutical Care


nel corso del tempo

Sebbene l’Italia non abbia partecipato alla prima edizione della ri-
cerca, credo sia interessante osservare come nel tempo sia cambiato
in Europa l’indice di applicazione del PhC. Esso, ai fini della ricerca
internazionale, è stato calcolato a partire da tre elementi costituenti,
come riportato nella figura 4.7.
Il calcolo tiene conto innanzitutto del blocco relativo all’”Assisten-
za al paziente” (figura 4.7 a sinistra). Esso consta di 15 domande per
un totale di 60 punti (ogni domanda ha un massimo di 5 punti) e so-
stanzialmente viene a coincidere con la somma di: Gestione problemi

Fig. 4.7 – La struttura del BPCS e il punteggio massimo

131
L’evoluzione del Pharmaceutical Care in Europa

farmaco-correlati, Gestione nuovi pazienti, Gestione pazienti ripetuti


e atteggiamenti di L’EVOLUZIONE
figura 4.6. Esiste poi unDEL
blocco relativo alla Col-
PHARMACEUTICAL CARE IN EUROPA
laborazione disciplinare che vale 32 punti, essendo composta da 8
domande da 4 punti. Tale blocco viene a coincidere nell’elemento
omonimo del modello analizzato in figura 4.6. Infine, vi è il blocco
relativo a “Struttura e processi” che vale 28 punti, essendo composto
da 7 domande da 4 punti. Esso coincide con l’elemento omonimo del
modello di figura 4.6.
L’indice di BPCS, somma dei tre blocchi analizzati, non è deter-
minato quale media dei fattori, differentemente dal computo del
modello di figura 4.6, ma dalla somma dei valori assoluti. Il valore
massimo che può, quindi, essere raggiunto da questo indicatore è
120 punti (cfr. figura 4.7).
Fatta questa premessa di metodo sul calcolo internazionale del va-
lore di PhC, ci si aspetterebbe che nei cinque anni intercorsi tra la pri-
ma e la seconda edizione questo valore andasse aumentando, tenuto
conto, in generale e per tutta Europa, degli sforzi divulgativi operati in
questi anni, degli investimenti fatti e dell’impegno profuso da ciascuna
farmacia per mettere in atto nella propria realtà le logiche di PhC.
La figura 4.8 riporta i valori dell’indicatore di BPCS (Behavioural
Pharmaceutical Care Score) relativi ai tre blocchi considerati. Per que-
stioni di confidenzialità dei dati, che non sono stati ancora pubblicati
a livello internazionale, non è possibile evidenziare in dettaglio le
performance separate per Paese, fatta eccezione per il dato italiano.
In generale si evidenzia, dall’osservazione della penultima riga (fig.
4.8), che l’indicatore di BPCS della prima edizione comparato con
quello della seconda registra una riduzione, seppur lieve, passando
da 70 a 68 punti su un totale potenziale di 120. Sostanzialmente, nei
BPCS 1 (2006) BPCS 2 (2013)

Assistenza Collabor. Struttura BPCS Assistenza Collabor. Struttura BPCS


Paese Peso Peso
al paziente Interdisc. e processi 1 al paziente Interdisc. e processi 2

Sottoinsieme
68% 26 18 23 68 53% 31 19 25 76
continuativo

Sottoinsieme
32% 30 19 25 75
non continuativo

Nuovi entranti 47% 22 15 22 59

totale EU 100% 27 19 24 70 100% 27 17 24 68

di cui Italia 16% 19 9 14 42

Fig. 4.8 – Performance dell’indicatore di BPCS nella prima e seconda edizione

132
tre blocchi costituenti l’indice la riduzione si concentra nella “Colla-
borazione interdisciplinare”, dove si passa da un valore di 19 a un
valore di 17 su un massimo di 32. Gli altri due blocchi rimangono
invariati nelle due edizioni della ricerca. Sembrerebbe, quindi, che
nell’intervallo intercorso nulla sia accaduto in termini di miglioramen-
to, semmai si registrerebbe una riduzione nell’indicatore della colla-
borazione.
Questa considerazione, se è valida nel totale del campione, deve
essere rivista però alla luce dei Paesi componenti le due indagini.
A tal fine il campione totale viene suddiviso tra Paesi che hanno
partecipato a entrambe le edizioni della ricerca (Danimarca, Germa-
nia, Inghilterra, Irlanda del nord, Malta, Svezia e Svizzera), Paesi che
hanno partecipato solo alla prima edizione (Belgio, Galles, Irlanda e
Scozia) e, infine, nuovi Paesi che hanno aderito alla seconda edizione
(Lituania, Moldavia, Olanda, Norvegia, Italia, Serbia e Spagna).
Con questo stratagemma possiamo trarre considerazioni più mi-
rate in tema di confronto tra le due edizioni. Infatti, al posto di con-
trapporre i valori totali delle due edizioni ci si limiterà a verificare il
confronto soltanto fra coloro che hanno partecipato a entrambe le
edizioni (vedi prima riga della tabella 4.8). Il confronto omogeneo fra
medesimi Paesi che hanno preso parte alla prima e seconda edizione
della indagine mostra, infatti, che l’indicatore di BPCS è passato da
68 a 76, rivelando così un incremento interessante nei 7 anni intercor-
si fra la prima (2006) e la seconda edizione (2013).
Il calo, quindi, del valore assoluto del campione europeo della
seconda edizione è imputabile all’ingresso nel paniere di Paesi che
presentano un profilo PhC decisamente più basso, rispetto a quello
delle nazioni della prima edizione e da cui è partito il programma di
ricerca. L’italia è appunto uno di questi (vedi indicazione precisa dei
valori nell’ultima riga di figura 4.8). Il valore assoluto della performan-
ce di BPCS è 42 punti (vedi area gialla). Dato, questo, minore rispet-
to alla media dei Paesi entrati nella seconda edizione, pari a 59. La
figura 4.9 aiuta a comprendere quali siano i punti deboli del sistema
italiano nell’applicazione della disciplina PhC.
Come abbiamo visto, l’indicatore di BPCS si compone di tre fatto-
ri: l’assistenza al paziente, la collaborazione interdisciplinare e la do-
tazione organizzativa e strutturale della farmacia che eroga i servizi.

133
L’evoluzione del Pharmaceutical Care in Europa

BPCS2 (2013)

assistenza Collabor. Struttura e


peso BPCS2
al paziente Interdisc. processi

Italia 16% 19 9 14 42

45% 21% 33% 100%

Totale EU 100% 27 17 24 68

40% 25% 35% 100%

Fig. 4.9 – L’indice Italia raffrontato al dato europeo della seconda edizione

Ovviamente tutte e tre le aree presentano valori decisamente sotto


la media, che segnano significativi spazi di miglioramento. Ma se,
come proposto in figura 4.9, si volesse analizzare l’incidenza relativa
si scoprirebbe che il fattore sul quale siamo maggiormente deficitari
è la Collaborazione interdisciplinare. Infatti, mentre sul totale cam-
pione UE questo fattore ha un peso di importanza pari al 25% (cer-
chio rosso di figura 4.9), nella costruzione dell’indice di BPCS pesa in
Italia soltanto il 21%. Esisistono, quindi, 4 punti percentuali di diffe-
renza con gli altri Paesi europei in tema di presidio e sviluppo delle
relazioni con gli altri operatori della sanità coinvolti nella gestione dei
pazienti cronici.
Da ultimo, la figura 4.10 propone un raffronto grafico fra i valori di
BPCS nei suoi tre addendi, aggiungendo alla comparazione dell’indi-
ce italiano ed europeo anche l’indice di BPCS per il sottogruppo del-
le farmacie classificate con il termine “PharmaCare”, come descritte
nel capitolo 3. Si è infatti scelto di eseguire questa comparazione dal
momento che questo sottogruppo si è dimostrato molto incline ad
adottare un approccio di servizio in ottica PhC.
Emerge chiaro, anche visivamente, che questo sottogruppo (Phar-
maCare) presenti caratteristiche molto più simili alla media UE ri-
spetto al profilo medio delle farmacie italiane. Infatti, l’indicatore di
BPCS2 si approssima maggiormente al dato medio UE, sia grazie a
standard più elevati di assistenza al paziente, sia in ragione di una
maggiore collaborazione interdisciplinare, che assume un valore pari
a 12 punti (vedi freccia blu di figura 4.10), contro i 17 della media UE
e i 9 della media IT (vedi figura 4.9). Valutazione questa che è molto
promettente. Sappiamo che il campione dei PharmaCare pesa per

134
Indicatori BPCS2

80 30
70
25
60
20
50
40 15
30
20
10  
5
10
0 0
Italia totale UE PharmaCare Italia totale UE PharmaCare

Assistenza al paziente Collabor. Interdisc.


Struttura e processi

Fig. 4.10 – Raffronto fra UE, Italia e Gruppo dei “PharmaCare”


per gli indicatori di BPCS2

circa il 23%. Aspetto, questo, da non sottovalutare in una prospettiva


di evoluzione per induzione e per adeguamento di quella parte degli
operatori che prima di partire con iniziative d’innovazione rimango-
no in attesa, per verificare quanti già puntano al cambiamento e gli
effetti che questo genera. Inoltre, il posizionamento delle farmacie
PharmaCare è ancora più rilevante se si considera che questo model-
lo è stato adottato in assenza di alcuna spinta di terze parti (sia moti-
vazionale, sia economica), ma solamente su base volontaria, guidata
dalla voglia personale di rinnovarsi, di rivedere il ruolo della propria
farmacia, di prepararsi alle future evoluzione della professione.

135
Considerazioni conclusive e uno sguardo al futuro della farmacia

CONSIDERAZIONI CONCLUSIVE
E UNO SGUARDO AL FUTURO DELLA FARMACIA

Riflessioni in tema
di Pharmaceutical Care

La farmacia sta vivendo un periodo di profondo rinnovamento.


Sono cambiate le condizioni del mercato; per esempio, si è assistito
a uno spostamento dalla spesa pubblica alla spesa privata. In passato
le farmacie vivevano al 60%-70% di “ricette rosse”. Oggi il valore di
una farmacia è determinato sulla base degli scontrini che emette, il
cui valore è ormai superiore al 50%-60%. Si tratta di un vero e proprio
ribaltamento negli equilibri di mercato ed economici. È cambiata rad-
icalmente la marginalità della farmacia: vuoi per l’aumento dei farmaci
generici, che, a parità di quantità movimentate, ha determinato la
riduzione secca dei prezzi e quindi dei margini, vuoi per la liberaliz-
zazione dei prezzi sui farmaci da automedicazione, che ha scatenato
una guerra dei prezzi a spirale, preconfigurando quello che alcuni chi-
amano circolo del diavolo e rappresentato nella figura 5.1.
La rotazione dello stock è un elemento centrale di gestione della
farmacia che vive, come abbiamo detto, non di prestazioni, ma di
margini sull’intermediato. Per favorire il giro di articoli talvolta a len-
ta movimentazione, vengono applicati sconti. La politica di gestione
dello sconto in farmacia è cosa abbastanza recente, tenuto conto
che fino a circa una decina di anni fa il settore prevedeva la vendita
a prezzi imposti. Ciò determina in molti casi una certa inesperienza
nella fissazione non generalizzata e trasversale degli sconti. Gli sconti
in un mercato indifferenziato, dove, cioè, agli occhi del cliente non
sussistono differenze di posizionamento degli operatori, generano
con effetto diretto un aumento di concorrenza. La concorrenza de-
termina l’aumento di invenduto e la spirale del diavolo si accende...
Le farmacie hanno perso negli ultimi anni qualche punto di mar-
ginalità e hanno visto crollare il valore del mercato (in occasione di
proposte di vendita) proprio per questi motivi. Si assiste a un aumen-

136
Fig. 5.1 - La spirale negativa dei prezzi e il “circolo del diavolo”

to, anche preoccupante, di casi di défaillance finanziaria ed economi-


ca della farmacia; si stima che una parte crescente -circa il 5-10%- sia
entrata in una fase di crisi finanziaria.
È possibile invertire questo fenomeno? Vi possono essere soluzi-
oni decisive? Non credo vi possano essere misure radicali, ma credo
che il fenomeno possa essere perlomeno arginato, a partire proprio
dalla rottura della spirale del diavolo esposta nella figura 5.1. Credo
che il punto di rottura di questa spirale perversa stia nella lettura del
ruolo della farmacia nel sistema sanitario.
Quando affermo che il mercato è indifferenziato, faccio
riferimento al fatto che le farmacie, in virtù della croce verde che le
contraddistingue, assicurano tutte, da nord a sud, da est a ovest, un
servizio comune. Questo è un aspetto di importanza capitale, ma,
se viene interpretato come un denominatore comune “massimo”
e non “minimo”, allora si genera il fenomeno di indifferenziazione
dell’offerta. Si è assistito negli ultimi anni al tentativo di superamento
di questo fenomeno di appiattimento attraverso l’introduzione di
nuove formule: per esempio, la dermocosmesi in farmacia. Si sostiene
che questo percorso, che in parte ha preso una deriva marcatemente
commerciale, possa essere perseguito anche nella dimensione
professionale in ambito sanitario. La farmacia dei servizi, strutturata
in ottica PhC, credo proprio possa essere un esempio.
Si assiste a casi di successo di farmacie che, oltre a garantire il
servizio tradizionale di dispensazione, hanno adottato percorsi di
politiche di servizio personalizzato (a partire, per esempio, dalla ap-
plicazione delle logiche di PhC), attivando forti ambiti di presidio

137
Considerazioni conclusive e uno sguardo al futuro della farmacia

specialistico. Il presidio specialistico, che non nega la farmacia dei


servizi polifunzionale, enfatizza ed esalta la farmacia come centro di
eccellenza per talune specificità, siano di natura patologica (special-
izzazione in problematiche dell’area bronco-respiratoria, per esem-
pio) o di soluzione (come specializzazione in medicina del turismo o
sportiva). Ambiti di specializzazione che emergono dalle competen-
ze e dalla vocazione -innazitutto del titolare di farmacia, ma anche
dei farmacisti collaboratori- configurando quella che potrebbe es-
sere chiamata la farmacia “plurispecializzata”.
Esiste traccia di tutto ciò? Certamente sì. E le conferme possono
essere ritrovate dall’osservazione di casi di successo nel mercato. Ma
ancora una volta alcune indicazioni provengono proprio dalla ricerca
condotta sul PhC.
Abbiamo chiesto ai titolari di farmacia di indicare la presenza di
aree di specializzazione disciplinari presenti in farmacia. Le special-
izzazioni più gettonate nell’ambito di servizi a supporto di patologie
sono: il cardiocircolatorio (29%), il diabete (28%), il broncorespirato-
rio (11%). Che tipo di farmacia ha adottato questo genere di svilup-
po per differenziazione di offerta rispetto al mercato? Il grafico della
figura 5.2 relativo alla specializzazione nell’ambito cardiocircolatorio
ci informa che, fra le tre tipologie di farmacia investigate, proprio il
segmento delle farmacie PharmaCare è quello che maggiormente
sente la necessità di percorrere sentieri di specializzazione.
29 23 26 44

Monitoraggio cardio-circolatorio

50
50%
44%
45
45%
40
40%
35
35%
29%
30
30%
26%
25
25% 23%
20
20%
15
15%
10
10%
5
5%
0
0%
totale dispensatori ServiziSpot PharmaCare

Fig. 5.2 – Specializzazione nel cardiocircolatorio e segmentazione delle farmacie

138
Fig. 5.3 – Il percorso di evoluzione della farmacia

Quindi, mentre nel 29% delle farmacie si è attivato un servizio ap-


posito di assistenza alle problematiche cardiocircolatorie, nel 44%
delle farmacie PharmaCare si assiste all’attivazione di questa linea di
servizi. Medesime indicazioni provengono dall’osservazione dei dati
circa il diabete e le patologie broncorespiratorie prima citate.
È forse giunto il momento per prevedere un nuovo modello evolu-
tivo per la farmacia? La figura 5.3 prova a darne una interpretazione.
Nella prospettiva qui evocata, la farmacia adotta modelli di spe-
cializzazione e plurispecializzazione a partire da un forte radicamento
con il territorio e le cure primarie. Il modello di servizio e dell’assis-
tenza personalizzata al paziente come l’abbiamo visto declinato nel
PhC diventa, quindi, un nodo fondamentale.

Traiettoria evolutiva
per una farmacia dei servizi

Quale può essere quindi il progresso possibile per la farmacia


italiana nell’ambito dei servizi al paziente? Uno sguardo al contes-
to europeo da questo punto di vista potrebbe essere illuminante.
I confronti dell’indicatore di BPCS in Italia (cfr. figura 4.8) con quelli
degli altri Paesi europei che hanno partecipato alla ricerca offrono
uno spunto di riflessione su quello che potrebbe essere definito un
percorso di miglioramento della PhC in Italia.
Come abbiamo visto, la media europea si aggira su un punteggio
che oscilla intorno a 70-80 punti su 120 totali, che possono essere
conseguiti se tutte le attività rientranti nella logica PhC venissero real-
izzate. Nel lungo periodo è auspicabile che l’Italia possa migliorare in
modo tale da consentirle di accostarsi alla media dei restanti Paesi ed
è per questo opportuno ipotizzare un percorso evolutivo per tappe.

139
Considerazioni conclusive e uno sguardo al futuro della farmacia

La figura 5.4 propone un obiettivo che dovrebbe consentire


al “Sistema-Paese” di conseguire, come risultato, un indicatore
paragonabile a quello che nella ricerca del 2013 è stato ottenuto nel
sottogruppo dei PharmaCare. 18 26 24
8 12 13
In sostanza, si tratta di attivare misure affinché
14
si possano
17
conse-
20,5
guire miglioramenti su tutte e tre le aree afferenti al PhC. Gli obiettivi
42 55 59

BPCS: obiettivo al 2017


70 30

60 25
50
20
40
15
30
10
20

10 5

0 0
Italia 2013 PharmaCare Italia 2017 Italia 2013 PharmaCare Italia 2017

Assistenza al paziente Collabor. Interdisc.


Struttura e processi

Fig. 5.4 – Obiettivi di massima di miglioramento al 2017

da raggiungere potrebbero essere ispirati a partire dai livelli attual-


mente misurati con la ricerca, dallo stato dell’arte dei Paesi euro-
pei e tenendo conto delle performance conseguite dal gruppo dei
PharmaCare.
Per esempio, ci si potrebbe aspettare un significativo migliora-
mento nella parte di struttura, organizzazione e processi. Addirittura
un miglioramento ancor più sensibile del livello attuale ottenuto dalle
farmacie appartenenti al sottogruppo dei PharmaCare. Per contro, è
congruo attendersi un progresso graduale negli aspetti di collabora-
zione interprofessionale, tenuto conto che le iniziative migliorative
apportate su queste leve possono generare effetti soltanto su un
arco temporale più lungo, dovendo rimettere in discussione logiche
relazionali e comportamentali con altri operatori della sanità (situ-
azioni in cui non sempre è facile ipotizzare e realizzare una piena
collaborazione).
Infine, per quanto attiene alla dimensione di assistenza al paziente,

140
il miglioramento può essere importante, ma ci si deve attendere che
non possa superare certe soglie. Bisogna tenere conto che anche nei
Paesi che praticano il Pharmaceutical Care da più tempo esistano
comunque difficoltà e resistenze oggettive (almeno nel breve ter-
mine) al miglioramento, oltre certi limiti, dei parametri di assistenza
al paziente.
A partire da questi macro-obiettivi è possibile definire per
conseguenza un percorso di misure da adottare per favorirne il
conseguimento. Ma si tratta a questo punto di un capitolo nuovo.

141
PROTOCOLLO D’INTESA

F ederfarma e GSK hanno siglato un protocollo d’intesa nell’ottica di


qualificare ulteriormente il servizio offerto ai cittadini dalle farmacie
italiane e valorizzare il farmaco come bene sociale e, usato correttamente,
di contenimento dei costi sanitari. È in questo ambito che sono nate
iniziative atte a promuovere le attività di Pharmaceutical Care nelle
farmacie, intese come stimolo all’aderenza terapeutica e fornitura ai
cittadini di servizi mirati da parte delle farmacie, unitamente ad un
programma educazionale per farmacisti promosso da partner di eccezione,
come l’Università Cattolica del Sacro Cuore e l’Università Bocconi. È
sempre in questo ambito che stanno nascendo altre iniziative congiunte,
atte a promuovere il ruolo sociale dell’industria e della farmacia a favore
della collettività.
Inoltre, a riprova di questa visione prospettica, c’è l’impegno reciproco
a favorire la dispensazione tramite le farmacie al pubblico dei medicinali di
nuova registrazione. In tal senso GSK e Federfarma concordano sulla neces-
sità di una gestione “dinamica” del PHT che deve necessariamente essere
il mezzo per consentire l’accesso al territorio dei farmaci innovativi. Infatti,
l’esigenza di contenere la spesa pubblica non deve far perdere di vista la
necessità di mantenere e anzi valorizzare le tutele assicurate al cittadino
dalla filiera del farmaco. Tali tutele sono basate sulla garanzia di qualità dei
prodotti e del servizio, sulla professionalità degli operatori, sulla capillarità
ed efficienza della rete delle farmacie e sui controlli, resi possibili anche dai
dati di monitoraggio rilevati dalle farmacie stesse.
Parte integrante dell’accordo tra Federfarma e GSK è la consapevolezza
del fatto che l’assistenza sul territorio si realizza anche con la messa a di-
sposizione dei cittadini di servizi d’informazione sanitaria, di gestione e
adozione di sistemi di prevenzione, di prenotazione ed effettuazione di
prestazioni diagnostiche e assistenza sanitaria a largo raggio. Federfarma
e GSK sono impegnate a supportare le farmacie convenzionate con il SSN
nell’attivare i nuovi servizi a favore dei cittadini con tempestività, efficienza,
economicità, in modo da garantire un’elevata qualità e livello di servizio.
Sono questi in sintesi gli obiettivi di un protocollo d’intesa che si ripro-
pone di aiutare il farmacista ad evolvere nel ruolo di “punto di riferimento
sanitario”, capillare, affidabile e autorevole, per i cittadini sul territorio.

142
Realizzazione: Editoriale Giornalidea S.r.l.

Stampa: Grafiche Milani S.p.A.

La presente pubblicazione è resa possibile grazie all’integrale finanziamento


di GlaxoSmithKline S.p.A.

Finito di stampare nel mese di Dicembre 2014


...la presa in carico dei pazienti cronici da parte della farmacia,
con l’obiettivo di migliorare i risultati terapeutici e garantire la maggiore
aderenza alla terapia, è uno degli strumenti essenziali per garantire
la sostenibilità del sistema, valorizzando il ruolo professionale
della farmacia. Il Pharmaceutical Care è la disciplina che si occupa di
questo, valorizzando il farmaco e facendo evolvere il Farmacista nel ruolo
di “punto di riferimento sanitario”, capillare, affidabile e autorevole,
per i cittadini sul territorio.

Giancarlo Nadin, docente di marketing presso l’Università


Cattolica, si occupa di tematiche di marketing e distribuzione
nel settore farmaceutico e in altri comparti industriali.
All’attività di ricerca e insegnamento affianca, da più di 20 anni,
l’attività di consulenza in ambito direzionale e la formazione
sulle tematiche dello sviluppo commerciale e la revisione del
rapporto azienda-mercato. Pubblica su riviste nazionali e internazionali saggi
sul marketing e sulle modalità per lo sviluppo e il rilancio dell’attività aziendale.
E’ membro italiano del Centro di ricerca internazionale sul Pharmaceutical
Care, denominato PCNE, che si occupa di studiare e applicare la logica dei
servizi in farmacia oltre alla tradizionale attività di dispensazione del farmaco.

PCNE (Pharmaceutical Care Network Europe): è un network di ricerca


internazionale nato nel 1994 e con sede in Olanda, che ha lo scopo di
studiare e divulgare la disciplina del Pharmaceutical Care. Riunisce ricercatori
di tutta Europa, fra cui l’Italia, per diffondere nei singoli Paesi l’applicazione
dei servizi di assistenza personalizzata al paziente all’interno delle farmacie di
comunità.
Codice 39900394

Potrebbero piacerti anche