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Dispense di

Meccanica delle Macchine

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1. DINAMICA DI SISTEMI LINEARI CON 1 GRADO DI LIBERTÀ......................4

1.1. POSIZIONE DI EQUILIBRIO.........................................................................................5


1.2. EQUAZIONI DI MOTO NEI SISTEMI LINEARI...............................................................5
1.3. FORZE ELASTICHE.....................................................................................................7
1.4. FORZE SMORZANTI...................................................................................................9
1.4.1. Smorzamento viscoso...................................................................................10
1.4.2. Smorzamento strutturale...............................................................................11
1.5. EQUAZIONI DI MOTO...............................................................................................13
1.5.1. Comportamento libero di un sistema con 1 GdL con smorzamento viscoso. 13
1.6. MOTO LIBERO.........................................................................................................16
1.6.1. Parametri adimensionali..............................................................................20
1.6.2. Decremento logaritmico...............................................................................22
1.7. MOTO FORZATO......................................................................................................24
1.7.1. Moto forzato del sistema senza l’utilizzo dei numeri complessi...................26
1.7.2. Moto forzato del sistema con i numeri complessi.........................................28
1.8. RICETTANZA...........................................................................................................30
1.8.1. Rappresentazione della ricettanza................................................................32
1.9. ALTRE FUNZIONI DI RISPOSTA IN FREQUENZA.......................................................34
1.9.1. Andamenti asintotici e risonanza.................................................................36
1.9.2. Andamenti asintotici delle altre FRFs dirette...............................................42
1.9.3. Alcuni passaggi algebrici.............................................................................45
1.10. FUNZIONI DI RISPOSTA IN FREQUENZA CON SMORZAMENTO STRUTTURALE.........47
1.11. STRUMENTI SISMICI................................................................................................50
1.12. ISOLAMENTO DALLE VIBRAZIONI E EFFICIENZA DELLE SOSPENSIONI.....................59

2. SISTEMI CON N GRADI DI LIBERTÀ..................................................................63

2.1. EQUAZIONI DI MOTO...............................................................................................64


2.2. COMPORTAMENTO LIBERO DI SISTEMI NON SMORZATI...........................................65
2.2.1. Esempio numerico........................................................................................69
2.3. MATRICE MODALE E PROPRIETÀ DI ORTOGONALITÀ DEI MODI PROPRI..................70

2
2.4. DISACCOPPIAMENTO DELLE EQUAZIONI DI MOTO:.................................................73
2.4.1. Esempio numerico........................................................................................77
2.5. SMORZAMENTO PROPORZIONALE...........................................................................79
2.6. MOTO FORZATO......................................................................................................81
2.6.1. Esempio numerico........................................................................................83
2.7. SIGNIFICATO DELLE FRFS......................................................................................85
2.7.1. Risonanze ed antirisonanze..........................................................................86
2.8. FORMA ANALITICA E RAPPRESENTAZIONE DELLE FRFS.........................................89
2.8.1. Esercizio numerico.......................................................................................91
2.8.2. Esercizio numerico: smorzatore dinamico....................................................98

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1. Dinamica di sistemi lineari con 1 Grado di libertà
In questa parte del Corso verrà studiato il comportamento libero e forzato di sistemi
meccanici lineari caratterizzati da un solo grado di libertà.
Le equazioni che regolano la dinamica di tali sistemi sono dunque equazioni differenziali
lineari, a coefficienti costanti di secondo ordine 1 (i termini dell’equazione contengono solo
la funzione incognita e le due derivate elevate ad esponente 1 – ad es. x2, ex, x non sono
termini lineari).
Nel caso in cui il sistema non sia sottoposto a forzanti (f(t)=0), si analizzerà il
comportamento libero del sistema. Qualora invece vi siano forzanti (f(t)0), si parlerà di
comportamento forzato.
Nell’ambito del comportamento forzato di un sistema è necessario fare una ulteriore
distinzione. In effetti infatti la risposta forzata di un qualsiasi sistema lineare è costituita
dalla somma di due funzioni che rappresentano l’una il cosiddetto transitorio e l’altra il
comportamento a regime.
 Il transitorio è quella parte del comportamento del sistema che tende ad estinguersi
con il passare del tempo in funzione dello smorzamento del sistema.
 Il comportamento a regime del sistema è viceversa quella parte del comportamento
che non si estingue (ed anzi rimane inalterata se la forzante è periodica) finché la
forzante non cessi oppure vari il suo contributo.
Per quanto riguarda le azioni forzanti, ci si riferirà sempre a forzanti di tipo armonico2 in
quanto, come già visto nel modulo di analisi armonica, tutte le funzioni di interesse tecnico
(forzanti periodiche e transitorie) possono essere espresse in termini di sommatorie o
integrali di funzioni armoniche. Poiché inoltre le equazioni sono esclusivamente lineari, è
possibile sfruttare il principio di sovrapposizione degli effetti, per cui lo studio esclusivo di
tale tipo di funzione forzante non risulta riduttivo. Nel caso di una forzante non armonica, si
scompone quindi la forzante stessa nelle sue componenti armoniche (f1, f2,….., fi) e si
1
Le equazioni differenziali che regolano la dinamica del sistema saranno del tipo Ax(t )  Bx (t )  Cx (t )  f (t )
con A, B e C costanti e f(t) funzione nota. La soluzione dell’equazione differenziale è la funzione incognita x(t).
2
Per indicare una funzione armonica, si farà da qui in poi riferimento alla notazione esponenziale già introdotta nel
modulo di Analisi Armonica. L’introduzione della notazione esponenziale, e quindi dei numeri complessi, semplifica
notevolmente la risoluzione delle equazioni differenziali, inoltre sottoporre il sistema alla forzante f 0=Acos(t), è del
tutto equivalente (e quindi fornisce la medesima soluzione, sia i termini di ampiezza che di fase) a sottoporre il sistema
alla forzante f0= Aet.

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trovano le soluzioni delle equazioni del sistema sottoposto alle singole componenti
armoniche (x1, x2,….., xi); la soluzione generale è la somma delle soluzioni del sistema
sottoposto alle singole componenti armoniche x=x1+x2+…..+xi.
Nel caso in cui le equazioni differenziali non fossero lineari, per la conoscenza completa del
comportamento del sistema, è necessario fare ricorso a tecniche più avanzate. Tuttavia, per
ottenere una prima stima del comportamento del sistema, potrebbe essere utile effettuare
una linearizzazione del sistema attraverso lo sviluppo in serie di Taylor arrestato al primo
termine. Il comportamento del sistema linearizzato sarà tanto più simile a quello del sistema
originale (non lineare), quanto più piccola sarà l’entità degli spostamenti nell’intorno della
posizione di equilibrio.

1.1. Posizione di equilibrio


Nello studio della dinamica, e quindi delle vibrazioni di un sistema, le forzanti costanti (o la
componente costante – valor medio – della forzante) non vengono generalmente considerate
in quanto nei sistemi lineari queste determinano esclusivamente la posizione di equilibrio
del sistema, ma non le vibrazioni nell’intorno della stessa.
E’ per tale motivo che in tutte le applicazioni che seguiranno si trascura la forza peso (se si
ritiene costante la accelerazione di gravità g, la forza peso e infatti costante e pari a mg). Le
implicazioni di quanto detto sopra saranno esplicitate nel seguito.

1.2. Equazioni di moto nei sistemi lineari.


Le equazioni di moto dei sistemi vibranti con uno o più gradi di libertà discendono
direttamente dalle Equazioni Cardinali della Dinamica. Tuttavia una forma assai più comune
delle suddette, che si applica a corpi rigidi che si muovono di moto puramente traslatorio 3 è
quella nota comunemente come Legge di Newton, che discende direttamente dalle
Equazioni Cardinali, applicando il Principio di D’Alambert4:
F=ma.

3
Se il moto non è puramente traslatorio questa equazione è ancora valida, ma descrive esclusivamente il moto del
baricentro del corpo. Per lo studio completo del moto del corpo è necessario introdurre altre equazioni che permettono
di descrivere il moto di rotazione del corpo attorno al suo baricentro.
4
In pratica il Principio si sintetizza nel fatto di poter utilizzare anche per la dinamica le stesse leggi della statica, avendo
la cura di introdurre le cosiddette azioni di inerzia o forze apparenti.

5
F rappresenta la risultante delle forze (esterne) applicate al corpo in analisi, m la sua massa,
a la sua accelerazione assoluta (rispetto a un riferimento inerziale: fisso, o mobile con
velocità costante rispetto ad un riferimento fisso).
La precedente è una equazione vettoriale nello spazio cartesiano a 3 dimensioni (F ed a
sono vettori). Se ci si limita al caso di moti piani, allora anche F ed a sono vettori sul
medesimo piano del moto, e se si esprimono tramite le rispettive componenti in un sistema
di riferimento (x,y) – F(Fx, Fy), a(ax, ay) -, l’equazione vettoriale precedente può essere
sostituita dalle due equazioni scalari:
Fx=max;
Fy=may.
Ovviamente, se il moto oltre che essere traslatorio è anche rettilineo, se si prende l’asse x
del sistema di riferimento parallelo alla traiettoria di un qualunque punto del corpo, allora lo
studio del moto del sistema può essere effettuato tramite la risoluzione dell’unica equazione
scalare:
Fx=max.
Poiché inoltre la accelerazione assoluta del corpo ax altro non è che la derivata seconda
della sua posizione x rispetto al tempo (si ricorda che la derivazione di una funzione rispetto
al tempo si indica aggiungendo un punto sopra la funzione stessa), e considerando tra le
forze esterne solo quelle che hanno componenti lungo la direzione x, la precedente può
essere riscritta nella più consueta forma:
F  mx .

Nella suddetta formula (solo formalmente identica alla formula F=ma presentata in
precedenza), a primo membro il termine F rappresenta la risultante delle forze esterne aventi
sul sistema in direzione x.
Poiché si è premesso che l’equazione differenziale che consentirà lo studio del moto del
sistema dovrà risultare lineare (nella funzione incognita x(t)), all’interno del termine F
potemmo trovare esclusivamente:
 Funzioni di qualunque tipo ma dipendenti esclusivamente dal tempo F(t), che
chiameremo forzanti;
 Forze elastiche;
 Forze smorzanti.

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Delle forzanti si è già parlato: possono esservi (e quindi si studia il moto forzato del
sistema), oppure no (e si studia quindi il moto libero). Pur essendo teoricamente di forma
qualsiasi (deterministiche o aleatorie, periodiche o aperiodiche, transitorie, ecc…)
sfruttando i risultati dell’Analisi Armonica e le proprietà derivanti dalla linearità delle
equazioni, ci si limiterà allo studio di forzanti armoniche (del tipo f=f0 eit).

1.3. Forze elastiche


Le forze elastiche sono forze conservative che tendono ad opporsi alle cause che le
determinano. E’ per tale motivo che vengono anche dette forze di richiamo. Si parlerà di
forza elastica come di una forza che ha un modulo proporzionale (tramite la costante di
elasticità generalmente indicata con k) allo spostamento del corpo rispetto alla sua posizione
di equilibrio. Il verso della forza (e quindi il suo segno), sarà quello che contribuirà a far
ritornare il corpo nella sua posizione di equilibrio.
Indicando con x l’asse lungo cui avviene il moto, se si indica con x 0 la posizione di
equilibrio (statico) del corpo, la forza elastica varrà quindi:
Fel(t)=-k(x(t)-x0).

Fel

x0 x
x(t)
Fel

x0 x
x(t)

Tuttavia, se si prende la posizione di equilibrio (statico) come origine del sistema di


riferimento, allora x0=0, e quindi si ottiene la più classica forma:
Fel=-kx.5
Va tuttavia rimarcato che in questo caso (diversamente da quanto scritto in precedenza), la
variabile x(t) rappresenta lo spostamento del corpo rispetto alla posizione di equilibrio, e
non più semplicemente la posizione del corpo rispetto ad un riferimento qualsiasi.
5
In ogni caso si è già detto come le forze costanti (o le componenti costanti delle forze) non determinano variazioni del
comportamento dinamico del sistema, ma solo della sua posizione di equilibrio. Se si osserva quindi la forma più
completa della forza elastica Fel(t)=-k(x(t)-x0), si ha anche che Fel(t)=-k x(t)+ k x0. La seconda parte delle forza elastica
(k x0) risulta quindi costante e può essere trascurata se interessa esclusivamente l’analisi del comportamento dinamico
del sistema. Se viceversa interessa anche la determinazione della posizione di equilibrio, anche la parte costante deve
essere considerata.

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Il caso più comune di forza elastica è quello della forza sviluppata da una molla a spirale (a
patto che non sia né troppo compressa né troppo allungata). E’ proprio da questo
componente che trae origine il simbolo grafico convenzionale per tale tipo di forze.

A B

Da quanto detto in precedenza risulta chiaro che la forza sviluppata da un tale elemento è
proporzionale tramite la costante di elasticità k (N/m) alla distanza tra gli estremi indicati
con le lettere A e B.

xB B
B
xB
xB B

x0 x0 x0

A
xA A xA xA A
O
Molla a riposo Molla compressa Molla tesa

La molla possiede una propria lunghezza a riposo indicata in questo caso con x0. Le forze
generate dalla molla e scambiate con i corpi ad essa connessi in corrispondenza degli
estremi hanno versi opposti a seconda che la distanza tra gli estremi A e B sia superiore
(molla tesa) o inferiore (molla compressa) alla lunghezza a riposo.
E’ facile verificare che la forza scambiata in corrispondenza dell’estremo B varrà:
Fel B=-k(xB-xA-x0).
Poiché inoltre si è già detto che le componenti costanti non influenzano la dinamica del
sistema, solo per quello che riguarda il comportamento dinamico, è anche possibile scrivere:
Fel B=-k(xB-xA).
Inoltre solo nel caso in cui l’estremo A sia fisso (xA costante) è possibile scrivere
Fel B=-k xB.

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Soltanto nel caso in cui con s si intenda la deformazione della molla rispetto alle sue
condizioni a riposo, è sempre possibile indicare la forza elastica di una molla tramite:
Fel B=-k s.
E’ infine utile ricordare che una forza elastica è anche conservativa: per deformare la molla
è necessario compiere lavoro (fornire energia) che viene accumulata come energia
potenziale (di deformazione). Tale energia può essere trasformata in energia cinetica
(durante il moto) e viene restituita integralmente se si riporta la molla alla sua lunghezza di
riposo in condizioni di velocità nulla.

1.4. Forze smorzanti


A differenza delle forze elastiche, le forze smorzanti sono forze dissipative, che consumano
energia. E’ proprio a causa dell’inevitabile presenza di forze di questo tipo che un corpo,
una volta posto in movimento e lasciato muoversi senza ulteriori apporti energetici, è
inesorabilmente destinato a fermarsi dopo un tempo più o meno lungo.
Se gli spostamenti sono di tipo armonico si osserva che, in corrispondenza del massimo (o
minimo) spostamento la forza smorzante è nulla; la forza smorzante massima (in modulo),
si ha invece quando gli spostamenti sono nulli. Le forze smorzanti sono caratterizzate dal
fatto di essere in quadratura con gli spostamenti del sistema. Facendo riferimento alla
notazione vettoriale, le forze smorzanti sono sempre sfasate di 90° (/2) rispetto alle forze
elastiche (che sono in controfasce con gli spostamenti – sfasati di , proporzionali a meno di
una costante negativa).
Le forze smorzanti che verranno prese in considerazione (e che permettono di soddisfare
l’ipotesi di linearità dell’equazione di moto) sono:
 smorzamento viscoso;
 smorzamento strutturale.
Le forze di smorzamento viscoso modellano assai bene le forze che agiscono su un corpo
che si muove con velocità relativamente basse all’interno di un fluido.
Con la forze di smorzamento strutturale si modella invece lo smorzamento interno di una
struttura generalmente non metallica (ad esempio le forze smorzanti che si originano
all’interno di una trave in cemento armato).

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Deve essere comunque ricordato che si sta parlando esclusivamente di modelli, per cui non
esiste un sistema reale con smorzamento esclusivamente viscoso o strutturale, e questo
anche in dipendenza delle caratteristiche del moto di tali sistemi.
E’ tuttavia evidente che per modellare le caratteristiche di una sospensione automobilistica è
opportuno utilizzare (almeno in prima battuta) uno smorzamento di tipo viscoso, mentre per
modellare il comportamento dinamico si un ponte in cemento armato, è assai più indicato
utilizzare un modello con lo smorzamento strutturale.

1.4.1. Smorzamento viscoso


Si definisce forza di smorzamento viscoso, una forza il cui modulo è direttamente
proporzionale (tramite la costante c detta coefficiente di smorzamento viscoso – Ns/m) alla
velocità di deformazione.
Un elemento a cui è ben applicabile tale modello è uno smorzatore oleodinamico, come
quello presente nelle sospensioni automobilistiche. Da tale elemento trae origine il simbolo
convenzionale di una forza di tale tipo.

A B

Poiché anche tale forza tende ad opporsi alla variazione della velocità di deformazione, ed
in analogia a quanto già detto per la forza elastica, se si indica con s la distanza tra gli
occhielli A e B dello smorzatore, la forza di smorzamento viscoso vale quindi
Fsm vis  -c s ,
oppure anche
Fsm vis  -c(v B - v A )  -c(x B - x A ) .

Se l’occhiello A è fisso, e se si indica con x la posizione dell’occhiello B, la forza che lo


smorzatore applica al corpo adiacente in corrispondenza dell’occhiello B vale:
Fsm vis B  -c x .

Se si fa l’ipotesi di spostamenti armonici del tipo x=x0 eit, si ha allora:



x  iω x0 e it .
Poiché inoltre è anche i=ei e (-1)=ei,
   
x  iω x0 e it  e i / 2 ω x0 e it  ωx0 e i  t  / 2  ;

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quindi
Fsm vis B  -c ωx0 e i  t  / 2   e i c ωx0 e i  t  / 2   c ωx0 e i  t 3 / 2   c ωx0 e i  t  / 2  ;

da cui si osserva che la forza di smorzamento viscoso è sfasata di 3/2 (ovvero anche di /2
in ritardo), e quindi in quadratura rispetto agli spostamenti.
Si osservi inoltre che a parità di ampiezza di spostamenti (a parità di x0), la forza smorzante
aumenta linearmente con la pulsazione degli spostamenti stessi.
Se quindi il sistema compie vibrazioni caratterizzate da frequenze molto basse (spostamenti
quasi-statici), a volte può anche essere accettabile trascurare tali forze. Se viceversa gli
spostamenti sono caratterizzati da frequenze piuttosto elevate, non considerare tali forze può
portare ad errori del tutto inaccettabili.
Si aggiunge infine che non è possibile definire un limite unico per differenziare le frequenze
“alte” o “basse”: il tutto dipende dall’insieme delle caratteristiche del sistema, tra cui massa
e rigidezza.

1.4.2. Smorzamento strutturale


Si dice forza di smorzamento strutturale, una forza dissipativa il cui modulo è direttamente
proporzionale alla ampiezza degli spostamenti (tramite la costante h detta coefficiente di
smorzamento strutturale – N/m – del tutto analoga alla costante di rigidezza di una molla)
all’ampiezza delle vibrazioni. Da quanto appena detto non appaiono ancora evidenti le
differenze dalla forza elastica (anch’essa direttamente proporzionale agli spostamenti, ma
forza conservativa).
Per chiarire meglio tale apparente incongruenza, si faccia riferimento alla forza di
smorzamento viscoso. Si è infatti dimostrato che, essendo in quadratura con gli spostamenti,
è chiaramente di tipo dissipativo. Tuttavia si è già messo in evidenza che la forza di
smorzamento viscoso è proporzionale alla velocità di deformazione, e non alla
deformazione stessa.
Tuttavia, se si applica al sistema una forzante di tipo armonico, a regime anche le
deformazioni saranno armoniche del tipo s=s0eit. In tale caso sussiste la relazione:
 
s  i s 0 e it  i s

che lega tra loro deformazione e velocità di deformazione.


Quindi una forza di modulo:

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 
F  c  s  c  i s0 e it  c  i s ,
è una forza direttamente proporzionale alla velocità ci deformazione se c è una costante.
Viceversa, se gli spostamenti sono di tipo armonico e se c non è costante, ma una funzione
inversamente proporzionale alla pulsazione degli spostamenti stessi (c=h/), si ha:

F  c  s 
h

h
 
 s   i s0 e it  ih  s  h  s0 e i  t  / 2  ,

ovvero una forza di tipo dissipativo (per la presenza dell’unità immaginaria che indica la
quadratura tra la deformazione e la forza), ma con ampiezza direttamente proporzionale alla
deformazione.
E’ quindi per questo motivo che, partendo dal modello della forza di tipo viscoso, uno
smorzatore di tipo strutturale genera una forza che può essere espressa come:
h
Fsm_str  - s ovvero Fsm_str  -ihs.
ω

Va ben inteso che l’unità immaginaria i presente nella seconda forma non sta a significare
che la forza di smorzamento strutturale sia ‘puramente immaginaria’ (non avrebbe molto
senso in termini di equilibrio delle forze). Tale termine sta quindi unicamente a significare
che la forza smorzante è in quadratura (in ritardo per la presenza del segno -) rispetto agli
spostamenti, e quindi è una forza dissipativa, ed inoltre è proporzionale in modulo agli
spostamenti stessi.
E’ per tali motivi che la costante di rigidezza di una molla k e la costante di smorzamento
viscoso h, pur avendo le medesime dimensioni fisiche, hanno un significato e danno origine
a forze completamente differenti: conservative le prime, dissipative le seconde.
Come simbolo di uno smorzatore di tipo viscoso potremo quindi adottare quello riportato
nel seguente disegno.

A B

Facendo riferimento a tale schema si avrà quindi6:


h
Fsm_str  - (v B  v A ) ovvero Fsm_str  -ih( x B  x A ),
ω

6
Le seguenti formulazioni dello smorzamento strutturale in dipendenza dagli spostamenti trascurano volutamente la
posizione di riposo dello smorzatore strutturale x 0. Se invece dei soli effetti dinamici, fosse anche di interesse la
posizione di equilibrio del sistema, le seguenti andrebbero modificate come segue:
Fsm_str  -ih( x B  x A  x 0 )  -ih( x  x 0 ).

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o anche, se l’estremo A è fisso e si indica con x la posizione dell’estremo B:
h
Fsm_str  - x ovvero Fsm_str  -ihx.
ω

1.5. Equazioni di moto


In sostanza, le più generiche equazioni di moto a cui un sistema con un solo grado di libertà
potrebbe essere ricondotto sono del tipo:
 smorzamento viscoso: mx   kx  cx  f (t ) ;
h
 smorzamento strutturale: mx  kx  x  f (t ) oppure mx   kx  ihx  f (t ) .

Dallo studio delle soluzioni delle precedenti equazioni differenziali lineari possono essere
determinati il comportamento libero (se f(t)=0) ovvero quello forzato (se f(t)0) di un
qualsiasi sistema con un solo grado di libertà.

1.5.1. Comportamento libero di un sistema con 1 GdL con smorzamento


viscoso
Un sistema di tale tipo può essere schematizzato attraverso il seguente disegno:

x
m

c k

Un corpo rigido di massa m è collegato a un basamento fisso tramite una molla di costante
di rigidezza k e uno smorzatore viscoso di costante c. Il corpo rigido può solo compiere
traslazioni nella direzione verticale per cui, per descriverne il moto, si sceglie di utilizzare
un sistema di riferimento inerziale monoassiale x, rivolto verso l’alto, e con origine in
corrispondenza del baricentro del corpo nella posizione di equilibrio del sistema, supposta
nota.

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In questo caso, poiché non sono presenti forzanti e uno degli estremi sia dello smorzatore
che della molla sono fissi (al basamento), l’equazione che regola le vibrazioni del sistema è:
mx   kx  cx , ovvero mx  cx  kx  0 .

Prima osservazione: è chiaro che la soluzione x(t)=0 soddisfa l’equazione differenziale, il


che giustifica il fatto, noto a tutti, che un corpo non sottoposto ad alcuna forzante può
rimanere fermo nella sua posizione di equilibrio.
Tuttavia vedremo che questa non è l’unica soluzione possibile, in quanto non è detto che
all’istante iniziale (per t=0) il corpo si trovi nella posizione di equilibrio (x=0) e con
velocità nulla ( x  0 ). Se infatti la posizione iniziale oppure la velocità sono non nulle, è
evidente che il sistema si muoverà, tendendo peraltro a ritornare sempre nella sua posizione
di equilibrio.
Il modo con cui il sistema, ovvero il corpo di massa m, cercherà di ritornare nella sua
posizione di equilibrio, sarà completamente individuato attraverso lo studio dell’equazione
differenziale lineare mx  cx  kx  0 .
Seconda osservazione: qualora il sistema di riferimento non avesse origine in
corrispondenza del baricentro bel corpo rigido, e qualora la posizione di equilibrio statico
del sistema (sotto l’azione del solo peso) non fosse a priori nota, le equazioni del sistema ed
il relativo schema potrebbero essere le seguenti:

c k

mx  cx  k ( x  x0 )   mg

con x0 lunghezza a riposo della molla e g accelerazione di gravità.


Con una piccola trasformazione algebrica si ottiene la seguente equazione:
mx  cx  kx   mg  kx0 ,

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il cui primo membro è esattamente identico alla equazione precedente, mentre a secondo
membro l’equazione presenta un termine forzante costante. E’ noto a tutti che la soluzione
di una equazione differenziale completa è sostituita dalla somma delle infinite soluzioni
della equazione omogenea ( mx  cx  kx  0 ), la stessa che si sarebbe dovuta risolvere con il
sistema di riferimento baricentrico e trascurando la forza peso), con una unica soluzione
dell’equazione completa ( mx  cx  kx  mg  kx0 ).
E’ altresì evidente che la soluzione
mg
x(t)  x 0   costante
k

soddisfa perfettamente l’equazione differenziale (si osservi che se x(t)=costante allora


x  x  0 ).

Da ciò si evince che, considerando un sistema di riferimento generico e non trascurando la


forza peso (e come questa, tutte le forze costanti), si ottengono le stesse soluzioni che
avremmo potuto trovare con un riferimento baricentrico e trascurando la forza peso, a meno
di una costante additiva.
Tale termine costante (un termine che quindi non viene generalmente tenuto in
considerazione nello studio dinamico del sistema), altro non è che la posizione di equilibrio
del sistema sottoposto alla forza peso. In pratica tale termine ci dice che le vibrazioni del
punto in cui si connettono massa e molla, avverranno nell’intorno si una posizione posta di
mg/k metri al di sotto della posizione in cui si troverebbe lo stesso punto della molla in
condizioni di assenza di peso (in condizioni di riposo).
La grandezza mg/k viene generalmente indicata come deflessione statica della molla. Tale
grandezza si può trovare ancor più facilmente facendo riferimento alle equazioni della
statica applicate alla molla, per cui devono farsi equilibrio la forza elastica generata dalla
molla e la forza peso agente sulla stessa (kx=mg da cui x=mg/k).

1.6. Moto libero


Per conoscere come si possa muovere un sistema con 1 GdL in assenza di forzanti, è
sufficiente risolvere la semplice equazione differenziale ordinaria, del secondo ordine,
omogenea.
L’equazione è dunque:
mx  cx  kx  0 .

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E’ noto che se una funzione x(t) è effettivamente una soluzione dell’equazione differenziale,
questa, introdotta nell’equazione stessa insieme alle sue derivate, deve dar luogo ad una
identità.
Dalle teoria delle equazioni differenziali ordinarie lineari e omogenee, risulta che tutte
soluzioni dell’equazione omogenea sono una combinazione lineare secondo due costanti
arbitrarie reali (che chiameremo A e B), delle due funzioni
x1  e 1t e x 2  e 2t
quindi
x(t )  Ae 1t  Be 2t ,

in cui 1 e 2 sono le due soluzioni dell’equazione caratteristica:


m2  c  k  0 7.
Sfruttando le ben note formule risolutive si ha che:
c 1
1, 2    c 2  4mk .
2m 2m

A questo punto si presentano 3 possibilità in funzione del valore del radicando (c2-4mk).
Primo caso: c2-4mk=0
In questo caso, assai difficile da realizzarsi nella pratica, è utile da analizzare solo per via
del suo “carattere di confine”. In tale caso si ha che vi è due radici reali coincidenti (una
unica radice reale doppia), peraltro negative, che valgono:
c
 .
2m

In questo caso quindi la soluzione generale è


x(t )  Ae t  Bte t

con A e B costanti arbitrarie (che saranno determinate solo tramite le condizioni iniziali).
Poiché  è negativala soluzione è una funzione monotona decrescente (essendo somma di
due funzioni esponenziali negative). Si può quindi concludere che il moto libero di un
sistema con smorzamento viscoso per cui c2=4mk è un transitorio aperiodico: il sistema
quindi tende a ritornare nella sua posizione di equilibrio senza alcuna oscillazione.

7
In effetti se l’equazione caratteristica ha una soluzione doppia (=1=2), la soluzione generale è una combinazione
delle due funzioni x1  e t e x2  te t .

16
La costante di smorzamento viscoso c che determina, a parità di massa e rigidezza, una
soluzione di tale tipo viene detta costante di smorzamento critico del sistema. Risulta
quindi:
c c  2 km .

Secondo caso: c2-4mk>0


In questo caso, che si verifica quindi quando lo smorzamento del sistema è elevato, ovvero
maggiore dello smorzamento critico, si ha che l’equazione caratteristica ammette due
soluzioni reali negative in quanto risulta sempre:
c c 2  4mk .
In questo caso quindi la soluzione generale è:
x(t )  Ae 1t  Be 2t

con A e B costanti arbitrarie.


Poiché entrambe le funzione esponenziali sono negative, la soluzione totale è ancora una
volta una funzione monotona decrescente. Anche in questo caso si può concludere che il
moto libero di un sistema con smorzamento viscoso per cui c2>4mk è un transitorio
aperiodico: il sistema quindi tende a ritornare nella sua posizione di equilibrio senza alcuna
oscillazione.
Terzo caso: c2-4mk<0
In questo caso, che si verifica quindi quando lo smorzamento del sistema è limitato, ovvero
inferiore dello smorzamento critico, si ha che l’equazione caratteristica non ammette
soluzioni reali. Tuttavia, introducendo i numeri complessi, e in particolare l’unità
immaginaria i, è possibile scrivere
c 2  4mk   1  ( 4mk  c 2 )   1 ( 4mk  c 2 )  i (4mk  c 2 ) ,
espressione in cui il radicando risulta positivo, ed è quindi possibile calcolarne la radice
quadrata.
In questo caso quindi le soluzioni dell’equazione caratteristica risultano:
c 1 c 1
1, 2    c 2  4mk   i 4mk  c 2
2m 2m 2m 2m

In questo caso quindi la soluzione generale è:


 c 1   c 1 
 i 4 mk c 2  t  i 4 mk  c 2  t
x(t )  Ae 1t  Be 2t  Ae  2m 2m 
 Be  2m 2m 

con A e B costanti arbitrarie.

17
La soluzione, con facili passaggi, può quindi essere riscritta come:
 c 
 t  
i
1 
4 mk  c 2  t

 i
1 
4 mk c 2  t 
x (t )  Ae 1t  Be 2t  e  2m 
  Ae  2 m


 Be  2m 


.
 

La parte dell’ultimo membro tra parentesi quadre, sfruttando formulazioni simili alle
Formule di Eulero8 (in cui si ricade direttamente se A=B), può essere inoltre riscritta nella
seguente forma:
  i 21m 
4 mk  c 2  t
 1
 i

4 mk  c 2  t   1 
 Ae  
 Be  2m 
  X 0 sin 4mk  c 2 t    ,
   2m 

in cui le due costanti X0 e  dipendono esclusivamente dalle due costanti arbitrarie A e B, e


quindi sono arbitrarie anch’esse. Naturalmente tali costanti potranno essere determinate con
la conoscenza delle condizioni iniziali (posizione e velocità della massa nell’istante t=0).
A questo punto la soluzione generale dell’equazione differenziale può essere espressa nella
sua forma definitiva:
 c 
 t
 1 
x(t )  X 0 e  2m 
 sin  4mk  c 2 t    ,
 2m 
in cui, si può notare, sono scomparsi i numeri complessi, utilizzati solo come strumento per
la risoluzione dell’equazione differenziale.

10

4
Posizione (m)

-
2
-
4
-
6
-
8

0 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10

Tempo (s)

Dalla forma matematica della soluzione si possono quindi trarre le seguenti conclusioni:
 Il moto libero è un moto oscillatorio smorzato;

8
Vedi modulo di Analisi Armonica.

18
 c 
 t
 L’ampiezza delle oscillazioni, determinata dal termine X e  2m  , è decrescente con
0

il tempo in dipendenza dalla massa e dallo smorzamento del sistema. Poiché


l’ampiezza tende a zero con il tempo, si evince che il sistema compie oscillazioni
smorzate (che diminuiscono di ampiezza con il tempo) nell’intorno della posizione di
equilibrio;
 Mentre l’ampiezza e la fase delle oscillazioni dipendono dalle condizioni iniziali, la
pulsazione del moto libero è una costante dipendente unicamente dalle caratteristiche
del sistema. Essa prende il nome di pulsazione propria del sistema:
1 4mk c2 k c2 k c2 m k c2
p  4mk  c 2      1  1 .
2m 4m 2 4m 2 m 4m 2 m 4m 2 k m 4km
Si osservi appena che è evidente che la soluzione per cui X0=0 (derivante dal caso in cui
A=B=0) soddisfa l’equazione; questa soluzione, detta soluzione banale, ci conferma il fatto,
di comune esperienza, che un sistema non sottoposto a forze può rimanere fermo.

1.6.1. Parametri adimensionali


Le forme precedentemente introdotte per determinare il valore della pulsazione propria,
apparentemente inutilmente complesse, risultano tuttavia utili se si desidera riscrivere le
caratteristiche del moto in funzione dei cosiddetti parametri adimensionali9 del sistema
vibrante.
Si definiscono infatti:
k
1. la pulsazione propria, indicata con n, e che assume il valore  n  ;
m

2. il fattore di smorzamento viscoso, indicato con , che assume il valore di

c c
  .
c c 2 km

La pulsazione propria è un numero (dotato di dimensioni fisiche) dipendente


esclusivamente dalla massa e dalla rigidezza del sistema. Se proprio si vuole attribuire a
questo numero un significato fisico, e lo si dimostrerà nel seguito, si può dire che la
pulsazione propria di un sistema è pari alla pulsazione propria (e anche alla pulsazione di

9
In effetti la pulsazione naturale n non è rigorosamente adimensionale (ha dimensioni dell’inverso di un tempo), ma
tale denominazione ha una origine puramente storica.

19
risonanza, che verrà introdotta nel seguito) si un sistema simile a quello preso in esame, ma
privo di smorzamento (c=0).
Il fattore di smorzamento viscoso, come risulta evidente dalla stessa definizione, è un
numero puro che indica il rapporto tra lo smorzamento effettivamente presente nel sistema,
e quello critico. Se si ricorda il significato dello smorzamento critico, si evince che solo
sistemi caratterizzati da un fattore di smorzamento viscoso minore di 1, sono caratterizzati
da un comportamento libero di tipo oscillante.
Introducendo tali parametri (che sono apparentemente complessi, ma caratterizzano
completamente il moto libero del sistema al pari delle costanti m, k e c, con il vantaggio di
essere solo 2 invece di 3), la soluzione del moto libero del sistema può essere riscritta come:
 
x(t )  X 0 e  nt  sin  n 1   2 t   ;

e quindi la pulsazione propria varrà:


1 k c2
p  4mk  c 2  1  n 1 2 .
2m m 4km

Dalla precedente si può anche notare, come già anticipato in precedenza, che qualora il
sistema sia privo di smorzamento (se c=0, allora è anche =0), i valori numerici della
pulsazione propria e della pulsazione naturale coincidono10.
Sempre nel caso in cui il sistema fosse privo di smorzamento, allora la soluzione del moto
libero del sistema è:
x (t )  X 0  sin   n t    ,

da cui si ritrova il fatto che, in assenza di forze smorzanti, un sistema spostato dalla sua
posizione di equilibrio continuerà a vibrare all’infinito attorno a tale posizione, con
vibrazioni ad ampiezza e frequenza rigidamente costanti.
Smorzamento =0.1 Smorzamento =0.5

10
Coincidono solo i valori numerici, ma non il significato: la pulsazione propria è una grandezza che caratterizza
completamente il moto libero del sistema (è l’unica pulsazione a cui il sistema può vibrare). La pulsazione naturale è
invece solo un valore numerico.

20
1.5 1.5

1 1

0.5 0.5

[m]
[m]

0 0

x
x

-0.5 -0.5

-1 -1

-1.5 -1.5
0 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 0 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10
tempo [s] tempo [s]

Spostamento
8 2

6 1

4
0

2
-1
[m/s]

[m/s]

0
-2
-2
v

-3
-4

-4
-6

-8 -5

-10 -6
0 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 0 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10
tempo [s] tempo [s]

Velocità
8 2

6 1

4
0

2
-1
0
v (m/s)

v (m/s)

-2
-2
-3
-4

-4
-6

-8 -5

-10 -6
-0.8 -0.6 -0.4 -0.2 0 0.2 0.4 0.6 0.8 1 -0.2 0 0.2 0.4 0.6 0.8 1 1.2
x (m) x (m)

Diagramma spostamento-velocità

1.6.2. Decremento logaritmico


La conoscenza dello smorzamento è sempre il fattore più critico per la modellazione di un
sistema meccanico: mentre per la misura (o la stima) della massa e della rigidezza esistono
più tecniche, e di elevata precisione, spesso la identificazione del valore dello smorzamento
con un errore massimo del 10% (inaccettabile per masse e rigidezza) costituisce un risultato
più che soddisfacente.
21
Tramite l’analisi del comportamento libero del sistema, note che siano la sua massa e la
rigidezza, è possibile ottenere comunque una buona stima di tale valore.
Si considerino due massimi relativi consecutivi della soluzione del moto libero. Tali
massimi si avranno in corrispondenza degli istanti in cui il seno raggiunge il suo valore
massimo, ovvero il valore unitario11.
Se si suppone che il primo massimo si avrà in corrispondenza dell’ istante t1, allora il
secondo massimo si avrà in corrispondenza del tempo:
2π 2π
t 2  t1  T  t1   t1 
ωp ωn 1  ξ 2

in cui T è il periodo dell’oscillazione libera.


L’ampiezza della oscillazione in tali istanti varrà allora:
x(t1 )  X 0 e  nt1 ;

x(t 2 )  X 0 e  nt2  X 0 e  n ( t1 T )  X 0 e  n t1 e  nT .

Effettuando il logaritmo naturale del rapporto di tali due ampiezze si ottiene dunque:
 x(t1 )   X 0 e  n t1  2 2

ln 
  ln 
 X e  n t1 e  nT   ln
 1 
  T   ln e 
 n T
  
n T   n  .
 x(t 2 )   0  e n  n 1  2 1 2
Il logaritmo del rapporto delle ampiezze delle vibrazioni in corrispondenza di due massimi
successivi (appunto detto decremento logaritmico) è quindi dipendente esclusivamente dal
fattore di smorzamento viscoso. Noto quindi il valore del decremento (da prove
sperimentali), è possibile ricavare il fattore di smorzamento viscoso con la precisione
desiderata attraverso tecniche di calcolo numerico. Una volta calcolato di fattore di
smorzamento viscoso , noti i valori della massa e della rigidezza, è possibile ricavare il
valore della costante di smorzamento viscoso c.
Tuttavia, se il lo smorzamento del sistema è relativamente basso, allora il termine 1 2

può essere confuso con l’unità12; in tale caso è possibile ottenere una più semplice
espressione dello smorzamento del sistema (anche se approssimata):

11
In realtà la presenza dell’esponenziale negativa comporta uno spostamento dei massimi verso sinistra, rispetto
all’istante in cui il seno assume il valore unitario. Tuttavia tale spostamento è quasi sempre di entità trascurabile, ed è
tanto più piccolo quanto minore è lo smorzamento del sistema.
12
Sistemi meccanici con fattori di smorzamento pari a 0.2-0.3, sono di solito considerati notevolmente smorzati. Anche
in questi casi comunque tale approssimazione è ampiamente giustificata infatti:
per =0.2 1   2  1  0.2 2  1  0.04  0.96  0.9798 (errore del 2.02 %)
per =0.3 1 2  1  0.3 2  1  0.09  0.91  0.9539 (errore del 4.61 %)

22
 x(t )  2 1  x(t1 )  km  x(t1 ) 
ln 1    2    ln   c  ln  .
 x(t 2 )  1 2 2  x(t 2 )    x(t 2 ) 

La misura del valore del decremento logaritmico semplice (rapporto delle ampiezze delle
vibrazioni in corrispondenza di due massimi successivi) nei sistemi con poco smorzamento
spesso è affetta da un notevole imprecisione. Infatti se il sistema è poco smorzato le
ampiezze delle vibrazioni in corrispondenza di due massimi successivi sono molto simili tra
loro, e gli errori che inevitabilmente si commettono quando si vanno ad effettuare le misure
possono influenzare pesantemente il risultato.
In questo caso, invece di considerare due massimi successivi, è sufficiente considerare un
punto di massimo in corrispondenza dell’istante t1, e un altro massimo in corrispondenza
dell’istante tn distanziato dal primo di n periodi. Il numero n che può ritenersi ottimale varia
da caso a caso, ma per essere sicuri che gli errori di misura delle ampiezze non influenzino
troppo il risultato, il rapporto x(t1)/x(tn) dovrebbe essere decisamente superiore all’unità (già
un valore pari a 3 è comunque più che soddisfacente).
In questo caso si avrà quindi che:
x(t n )  X 0 e  ntn  X 0 e  n ( t1  nT )  X 0 e  n t1 e  n nT ;

ed anche:
 x(t1 )   X 0 e  n t1  2 2n
ln   ln  n t1  n nT 
 
  ln  nT   ln e  n nT   n nT   n n
1
 .
 x(t n )   X 0e e  e n  n 1  2 1 2
Naturalmente anche in questo caso, se lo smorzamento è sufficientemente basso, si avrà
anche la formulazione approssimata:
 x(t )  2n 1  x(t )  km  x(t1 ) 
ln 1    2n    ln 1   c  ln   .
 x(t n )  1 2 2n  x(t n )  n  x(t n ) 

23
10

4
Posizione (m)

-2

-4

-6

-8

0 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10

Tempo (s)

1.7. Moto forzato


Un sistema con un solo grado di libertà con smorzamento viscoso su cui agisce una forzante
di tipo armonico può essere schematizzato attraverso il seguente disegno:

x F(t)
m

c k

Un corpo rigido di massa m è collegato a un basamento fisso tramite una molla di costante
di rigidezza k e uno smorzatore viscoso di costante c. Il corpo rigido può solo compiere
traslazioni nella direzione verticale e si sceglie di utilizzare un sistema di riferimento
inerziale monoassiale x, rivolto verso l’alto, e con origine in corrispondenza del baricentro
del corpo nella posizione di equilibrio del sistema.
In questo caso è presente una forzante armonica che supporremo di pulsazione generica  e
ampiezza generica F0 A seconda che si vogliano utilizzare i numeri complessi (la notazione

24
esponenziale) oppure ci si voglia limitare ai numeri reali, la forzante può essere espressa
nelle due forme seguenti:
F(t)=F0cos( t);
F(t)=F0eit.
In ogni caso, poiché il basamento è fisso, l’equazione che regola le vibrazioni del sistema è:
mx   kx  cx  F (t ) , ovvero mx  cx  kx  F (t ) .
E’ noto comunque che tutte le soluzioni di una equazione differenziale completa si
ottengono sommando a tutte le soluzioni dell’equazione omogenea associata, una qualsiasi
soluzione della equazione completa.
Per quanto concerne l’equazione omogenea associata, ovvero:
mx  cx  kx  0 ,

le sue soluzioni sono già state studiate in precedenza, laddove si è ricercato il


comportamento libero del sistema. In tale occasione si è visto che le vibrazioni che
soddisfano la precedente equazione sono smorzate; queste quindi (ad eccezione del caso in
cui non vi sia alcuno smorzamento), in un tempo più o meno lungo tendono ad annullarsi. E’
proprio per tale motivo che tale parte della soluzione del sistema forzato viene chiamata
soluzione di transitorio, o più semplicemente transitorio.
Da quanto detto in precedenza si ha che nei primi istanti del moto del sistema,le vibrazioni
sono ottenibili come somma del transitorio e della soluzione particolare. Con il passare del
tempo il transitorio tende ad estinguersi, e quindi dopo un certo periodo (in dipendenza dallo
smorzamento) le vibrazioni forzate sono costituite esclusivamente dalla soluzione
particolare. Tale soluzione permarrà inalterata, senza estinguersi, finché non intervengano
variazioni della forzante. Per tali motivi la soluzione particolare dell’equazione di moto
costituisce il comportamento a regime del sistema.
10 10 15

Transitorio Regime
8 8
10
6
6
4
4

2
+ 2
5

0 0
0

-2
-2

-4
= -5

Risposta
-4 -6
-10
-6 -8

-8
0 5 10 15
-10
0 5 10 15
completa -15
0 5 10 15

Da adesso in poi quando si parlerà di comportamento forzato, si farà implicito riferimento al


solo al comportamento a regime. Tuttavia deve sempre essere tenuto in mente la sottile

25
differenza concettuale tra queste due espressioni, che si può evidenziare - anche in maniera
eclatante – nei primi istanti di moto del sistema.

1.7.1. Moto forzato del sistema senza l’utilizzo dei numeri complessi
Per far comprendere l’utilità dell’utilizzo della notazione complessa (fasoriale), si ritiene
interessante mostrare i passi che dovrebbero essere compiuti per risolvere con il metodo
classico la semplice equazione differenziale ordinaria, del secondo ordine, che regola il
moto forzato di un sistema ad 1 GdL con smorzamento viscoso.
L’equazione è dunque:
mx  cx  kx  F0 cos(t ) .

E’ noto che se una funzione x(t) è effettivamente una soluzione dell’equazione differenziale,
questa, introdotta nell’equazione stessa insieme alle sue derivate, deve dar luogo ad una
identità.
Poiché la forzante è una funzione armonica con pulsazione , anche sfruttando le proprietà
di linearità del sistema, è facile comprendere come si possa ragionevolmente supporre che
anche le vibrazioni del sistema saranno armoniche alla medesima frequenza, ma
probabilmente sfasate rispetto alla forzante a causa della presenza dello smorzamento.
Quindi non resta che verificare le condizioni per cui una funzione x(t)=X0cos(t+) risulti
effettivamente soluzione della equazione differenziale. Sulla base di queste considerazioni
sarà possibile determinare l’ampiezza delle vibrazioni e lo sfasamento rispetto alla forzante,
ovvero le 2 costanti X0 e .
In ogni caso, se x(t)=X0cos(t+) fosse effettivamente soluzione del sistema, risulterebbero
anche:
x (t)  ωX 0 sin(t   ) ;

x(t)  ω 2 X 0 cos(t   ) .

Inserendo e precedenti all’interno dell’equazione differenziale si ha quindi:


 
m   2 X 0 cos(t     c(X 0sin(t   )  k  X 0 cos(t     F0 cos(t  ;

ovvero

 
X 0 ( 2 m  k )  cos(t     c  sin(t     F0 cos(t    .

26
E’ a questo punto necessario investigare le condizioni su X0 e  che rendono la precedente
equazione verificata in ogni istante.
Per fare ciò è necessario ricorrere alle formule che esprimono il seno e coseno della somma
degli angoli in funzione degli angoli stessi:
cos (t     cos (t   cos (   sin (t   sin (  ;

sin (t     sin (t   cos (   cos (t   sin (  .

Da queste si ottiene:
(  2 m  k )   cos (t   cos(   sin (t   sin (    c   sin(t   cos(   cos(t   sin(   
F0
 cos (t ;
X0

ovvero:
 F0 
( m  k ) cos (   c  sin(  
2

X
 
  cos (t   ( m  k )  sin (   c  cos(  sin(t   0 .
2

 0 

Dalla precedente, per ottenere una identità (t), si ricava:

 2 F0
(  m  k ) cos (    c  sin(  
 X0 ;
( 2 m  k)  sin (   c  cos(   0

quadrando e sommando membro a membro si ottiene:
2
F 
( m  k )  (c)    0  .
2 2 2

 X0 

Effettuando infine la radice quadrata della relazione precedente si ottiene:


F0
 X0  ;
( m  k ) 2  (c) 2
2

ovvero una relazione che permette di conoscere l’ampiezza delle oscillazioni in funzione
delle caratteristiche del sistema e dell’ampiezza e pulsazione della forzante.
Deve tuttavia essere individuata anche la fase  delle oscillazioni. Utilizzando soltanto la
seconda equazione del sistema si potrebbe ottenere direttamente:
c  c   c 
tan (       arctan     arctan 
k  m  k  m  k  m .
2 2 2

27
Tuttavia si ricordi che la funzione tangente è periodica di , ciò significa che il valore dello
sfasamento , utilizzando la precedente potrebbe essere individuato a meno di , ovvero a
meno del segno.
Per eliminare questa incertezza è necessario sfruttare entrambe le equazioni del sistema, ad
esempio ricavando il coseno della fase (il coseno, a differenza della tangente, è periodica di
2). Così facendo si otterrebbe:
  2c 2  F0 F0 ( 2 m  k )
 (  2
m  k )    cos(    cos(  
 ( m  k ) 
2
X0 X 0 ( 2 m  k )   2 c 2 .

Sfruttando la precedente, da sola o associata a quella individuata in precedenza (la formula

con il coseno potrebbe essere utilizzata solo per scegliere il segno di ), è possibile

determinare completamente modulo e fase delle vibrazioni del sistema.

1.7.2. Moto forzato del sistema con i numeri complessi


Anche in questo caso, sfruttando la linearità del sistema, è facile verificare che se la forzante
è del tipo F(t)=F0eit, allora necessariamente per verificare identicamente l’equazione
differenziale la soluzione dovrà essere del tipo x(t)=X0eit 13
. Ciò significa che le vibrazioni
della massa dovranno avere la stessa pulsazione della forzante.
In ogni caso, se x(t)=X0eit è effettivamente la soluzione del sistema, risultano anche:
x (t)  iX 0  e it  ;

x (t )   2 X 0  e it  .

Introducendo le precedenti nell’equazione differenziale si ottiene:


 m 2X 0  e it  icX 0  e it  kX 0  e it  F0  e it

o anche:
(m 2

 ic  k )X 0  F0  e it  0 .

Poiché la precedente deve essere verificata in ogni istante (visto anche che una funzione
esponenziale non può mai annullarsi), allora dovrà essere:
(m 2  ic  k )X 0  F0  0 ;

ovvero anche:
13
In questo caso X0 non è più necessariamente un numero reale, e quindi semplicemente l’ampiezza delle vibrazioni,
ma può essere anche un numero complesso, dotato quindi di modulo (l’ampiezza delle vibrazioni) e fase (sfasamento
delle vibrazioni rispetto alla forzante).

28
1
X 0  F0 .
(k  m 2 )  ic

Si ottiene quindi che il modulo delle oscillazioni è direttamente proporzionale al modulo


della forzante (come ci si doveva già aspettare vista la linearità del sistema); la costante di
proporzionalità sarà data dal modulo della funzione fratta (complessa) a secondo membro.
Anche la fase tra le oscillazioni e la forzante sarà ottenibile come la fase della stessa
funzione complessa.
Sfruttandole proprietà dei numeri complessi si ha quindi che:
1 1 1
X 0  F0  F0  F0 
( k  m )  ic
2
( k  m )  ic
2
( k  m 2 )  ic
1
 F0
( k  m ) 2  (c ) 2
2

 1   1 
fase(X 0 )  fase F0   fase F0   fase  
 (k  mω )  icω   (k  mω )  icω 
2 2

 c 
 
 fase F0   fase(1)  fase (k  m 2 )  ic  fase F0   arctan 
2 
 (k  m ) 
Se si suppone nulla la fase della forzante (e quindi F0 è un numero reale positivo), si ha che
|F0|=F0 e fase(F0)=0 , quindi le precedenti, ricavate con molta più facilità rispetto al caso
in cui si sono utilizzati i soli numeri reali, forniscono gli stessi risultati trovati in precedenza.

1.8. Ricettanza
Da quanto visto sopra si è potuto dimostrare che, note le caratteristiche del sistema (m, k e
c), e note anche quelle della forza armonica (F0 e ), è possibile trovare ampiezza e fase
delle vibrazioni forzate (nella fase di comportamento a regime) tramite la seguente
relazione:
1
X 0  F0 .
(k  mω 2 )  icω

Dividendo entrambi i membri della precedente relazione per F0 è possibile ottenere una
funzione complessa della variabile reale  che riveste una notevole importanza nello studio
dei sistemi vibranti. Tale funzione, che rientra nella categoria più generale delle Funzioni di
Risposta in Frequenza (FRFs - Frequency Response Functions) o anche delle Funzioni di

Trasferimento (TFs - Transfer Functions), viene generalmente indicata con il simbolo  ()
e prende il nome di Ricettanza del sistema:

29
X0 1
 ( )  ( )  .
F0 (k  m 2 )  ic

Il significato fisico della ricettanza appare subito ovvio, infatti se si pensa di imporre al
sistema vibrante una forzante armonica, di pulsazione generica  e di modulo unitario
(F0=1), il modulo e la fase delle vibrazioni che ne conseguono nella fase di regime sono
rappresentate infatti dalla ricettanza stessa.
L’utilità della ricettanza è ancora più evidente in quanto, sfruttando anche le proprietà di
linearità, se sul sistema agisce una forza armonica di ampiezza F0 e di pulsazione  note, la
ricettanza ci consente di trovare immediatamente la soluzione a regime del sistema, senza
risolvere alcuna equazione differenziale.
L’ampiezza delle vibrazioni risultanti sarà pari a F0 volte l’ampiezza della funzione di
ricettanza calcolata in . Il modulo della ricettanza corrisponde infatti all’ampiezza delle
vibrazioni se la forzante fosse unitaria, poiché quindi la forza effettivamente agente sul
sistema è F0 volte quella unitaria, anche le vibrazioni che ne conseguono sono F0 volte
quelle calcolate tramite la Ricettanza.
La fase delle vibrazioni inoltre sarà semplicemente la fase della funzione di ricettanza
calcolata in .
E tutto ciò qualunque siano F0 e .
Inoltre, sfruttando in maniera più completa le proprietà di linearità del sistema, se la
forzante F(t) è di tipo generico (non necessariamente armonica), indicando con F0() la sua
Trasformata di Fourier (o meglio, il suo contenuto in frequenza), allora si ha che effettuando
semplicemente il prodotto tra la ricettanza e il contenuto in frequenza della forzante, si
ottiene direttamente il contenuto in frequenza delle vibrazioni risultanti. In parole povere:
X 0 ( )   ( ) F0 ( ) .

Questa semplice operazione è in generale più che sufficiente ad un ingegnere per verificare
la confacenza della risposta di un sistema meccanico alle specifiche di progetto. Se però
interessasse la determinazione esatta dell’andamento temporale delle vibrazioni del sistema
sottoposto alla forza generica F(t), una volta ottenuto il contenuto in frequenza completo
delle vibrazioni (in termini di modulo e fase, visto che X0() è una funzione complessa), è
sufficiente effettuare l’AntiTrasformata di Fourier14 per ottenere il risultato desiderato:

14
Vedi modulo di Analisi Armonica.

30
1
X 0 ( ) F    
( AntiTrasformata di Fourier )
x(t ) .

Della ricettanza è possibile dare una formulazione che coinvolge i parametri dimensionali
già precedentemente introdotti. Dividendo numeratore e denominatore per lo stesso numero
k, si ottiene infatti con facili passaggi algebrici:
1
X0 k 1 1
 ( )  ( )  
F0  m 2 c k  2   .
1     i  1  2   i 2
 k  k  n  n
In pratica quindi la risposta del sistema dipende dalla rigidezza, dal fattore di smorzamento
viscoso, e dal rapporto tra la pulsazione della forzante e la pulsazione naturale ( /n).

1.8.1. Rappresentazione della ricettanza


Ben più importante che fornire una formulazione analitica della ricettanza, è il fornirne una
adeguata (e soprattutto chiara) rappresentazione grafica.
Poiché, come si è già detto, la ricettanza è una funzione complessa della variabile reale , se
si vuole darne una rappresentazione esplicita (in grafici in cui compare esplicitamente la
variabile indipendente ) sono necessari almeno due grafici.
E’ anche possibile (ed anzi molto usata nell’ambiente dei Controlli Automatici) una
rappresentazione implicita della ricettanza (un grafico in non compare esplicitamente la
variabile indipendente ). Tale rappresentazione è intuitivamente molto semplice (e verrà
trattata un po’ più diffusamente nel seguito): si pensi infatti che per ogni valore di  la
ricettanza assume il valore di un numero complesso. Tale numero può essere quindi
riportato sul piano complesso (asse reale x, asse immaginario y); al varare di  i valori della
ricettanza tracciano sul piano complesso una curva. Tale unica curva è caratteristica della
ricettanza nel cosiddetto Diagramma di Nyquist.
Per ottenere una possibile rappresentazione esplicita si potrebbero plottare in due grafici
separati (e magari sovrapposti) la parte reale e quella immaginaria della ricettanza al variare
di .

31
-4 -4
x 10 x 10
4 0

2
-2

Parte immaginaria
1
Parte reale

-4
-1

-2

-3 -6
-1 0 1 2 -1 0 1 2
10 10 10 10 10 10 10 10
Pulsazione (rad/s) Pulsazione (rad/s)

Tale rappresentazione è però assai di rado utilizzata in campo ingegneristico. Di solito si


preferisce infatti rappresentare la ricettanza (e tutte le altra FRFs) plottandone su due grafici
sovrapposti il modulo e la fase. Se poi si sceglie di rappresentare la variabile indipendente in
scala logaritmica (in base 10) e il modulo della ricettanza in scala Decibel (dB – in pratica
un logaritmo in base 1/20), allora tale rappresentazione viene detta Diagramma di Bode.

-60 0

-20
-70
-40

-80 -60
Modulo (dB)

Fase (deg)

-80
-90
-100

-100 -120

-140
-110
-160

-120 -180
-1 0 1 2 -1 0 1 2
10 10 10 10 10 10 10 10
Pulsazione (rad/s) Pulsazione (rad/s)

In alcuni testi più datati, sfruttando la notazione con i parametri dimensionali, e ponendo
some variabile indipendente il rapporto (/n), si trovano degli interessanti Diagrammi di
Bode della ricettanza (diagrammata a meno del fattore moltiplicativo 1/k). Questi grafici,
sono interessanti perché ci mostrano come a meno della costante 1/k, e in funzione del
rapporto (/n), tutti i Diagrammi di Bode della ricettanza di tutti i sistemi con 1 GdL e
smorzamento viscoso, dipendono unicamente dal parametro di smorzamento viscoso.
In teoria quindi basta sapere la rigidezza del sistema, il suo smorzamento (adimensionale)
ed avere sotto mano un unico Diagramma di Bode, per poter risolvere con un semplice
righello e una calcolatrice un qualsiasi problema di dinamica di sistemi con un solo grado di
libertà.

32
Ai tempi moderni la notevole diffusione degli strumenti informatici e di software
specializzato permette di poter rapidamente tracciate il diagramma di Bode specifico per
ogni possibile sistema meccanico (in Matlab basta una sola istruzione), ma questi
diagrammi rivestono ancora una notevole importanza didattica.

1.9. Altre Funzioni di Risposta in Frequenza


La ricettanza non è solo che una delle numerose Funzioni di Risposta in Frequenza che
possono essere ricavate da un sistema. Le più comuni sono comunque 6, tre vengono
chiamate dirette, le altre inverse. La ricettanza è una delle tre Funzioni di Risposta in
Frequenza dirette.
Le tre funzioni dirette sono definite quindi come segue:

33
X 1
 Ricettanza:  ( )  F ( )  (k  m 2 )  ic ,
0

utilizzo: X 0 ( )   ( ) F0 ( ) ;
X i
 Mobilità: Y ( )  F ( )  (k  m 2 )  ic ,
0

utilizzo: X 0 ( )  Y ( ) F0 ( ) ;


X 2
 Acceleranza (o Inertanza): A( )  F ( )   (k  m 2 )  ic ,
0

utilizzo:  ( )  A( ) F ( ) .
X 0 0

Le definizioni, il significato fisico, l’utilità e la formulazione matematica sono assai


semplici, se si considera quanto detto sopra e le osservazioni già effettuate sulla ricettanza:
 La ricettanza rappresenta il modulo e la fase degli spostamenti del sistema quando
questo è sottoposto ad una forzante armonica di modulo unitario e pulsazione
qualsiasi;
 La mobilità rappresenta il modulo e la fase della velocità del sistema quando questo è
sottoposto ad una forzante armonica di modulo unitario e pulsazione qualsiasi;
 L’inertanza rappresenta il modulo e la fase della accelerazione del sistema quando
questo è sottoposto ad una forzante armonica di modulo unitario e pulsazione
qualsiasi.
Per quanto riguarda l’utilizzo, come per ottenere il contenuto in frequenza degli spostamenti
del sistema è sufficiente moltiplicare la Trasformata di Fourier della forzante per la
ricettanza:
 per ottenere il contenuto in frequenza della velocità del sistema è sufficiente
moltiplicare la Trasformata di Fourier della forzante per la mobilità;
 per ottenere il contenuto in frequenza della accelerazione del sistema è sufficiente
moltiplicare la Trasformata di Fourier della forzante per la inertanza.
Infine, per quanto riguarda la formulazione analitica, la loro determinazione è assai
semplice infatti, poiché si considerano esclusivamente soluzioni armoniche, risulta:
x (t )  X 0 e it ,

 ( x(t ))  ( x (t ))
x (t )   i  X 0 e it  i  x(t ) , x(t )   i (i  X 0 e it )   2  x(t ) .
t t

34
Da queste relazioni e dalla definizione delle FRFs dirette, nota che la formulazione della
ricettanza, si ha:
X 0 i  X 0 X i
Y ( )  ( )  ( )  i  0 ( )  i   ( ) 
F0 F0 F0 (k  m 2 )  ic

X 0 X X 2
A( )  ( )  i  0 ( )   2  0 ( )  i  Y ( )   2   ( )   Le tre
F0 F0 F0 ( k  m 2 )  ic

Funzioni di Risposta in Frequenza inverse sono semplicemente le reciproche di quelle


inverse:
F
 Rigidezza Dinamica:  ( )  X ( )  (k  m )  ic ,
1 0 2

utilizzo: F0 ( )   1 ( ) X 0 ( ) ;
F0 ( k  m 2 )  ic
 Impedenza Dinamica: Y 1
( )  ( )  i ,
X 0 

utilizzo: F0 ( )  Y 1 ( ) X 0 ( ) ;
F0 (k  m 2 )  ic
 Massa apparente: A 1
( ) 

( )   ,
X 0 2

utilizzo: F0 ( )  A 1 ( ) X 0 ( ) .
In sostanza le tre funzioni inverse forniscono informazioni sulla forza armonica da applicare
per ottenere dal sistema oscillazioni con, rispettivamente, l’ampiezza, la velocità,
l’accelerazione desiderate.
Da quanto fino qui dimostrato si ha che le funzioni di risposta in frequenza (dirette o
inverse) di un sistema con un solo grado di libertà e smorzamento viscoso, sono tutte tra
loro dipendenti: se in qualche modo si riesce a conoscerne una, allora se ne possono
conoscere automaticamente tutte le altre.

1.9.1. Andamenti asintotici e risonanza


Come già detto, ogni sistema ha il suo diagramma di Bode caratteristico; tuttavia si
riscontrano comportamenti analoghi per tutti i sistemi con un solo GdL in corrispondenza di
valori particolari della pulsazione della forzante.
In particolare definiremo comportamento asintotico di una FRF, il comportamento che tale
funzione assume:
per le frequenze ‘basse’, tendenti a zero (forze statiche);

35
per le frequenze ‘alte’, tendenti all’infinito;
per le frequenze ‘intermedie’.
Cominciando ad analizzare il comportamento della ricettanza si ricorda che:
X0 1
 ;
F0 (k  m )  (c ) 2
2 2

X   c 
fase 0    arctan 
2 .
 F0   (k  m ) 

Per analizzare il comportamento del sistema alle basse frequenze, è sufficiente effettuare il
limite per 0 di modulo e fase. Eseguendo i limiti si ottiene facilmente:
X  1
lim 0   ;
 F0  k
 0

 X 
lim fase 0    0 .15

 0
  F0 
Ora forse è utile ricordare che nei diagrammi di Bode l’asse delle pulsazioni è in scala
logaritmica. Quindi in corrispondenza dell’origine degli assi non è lecito aspettarsi la
frequenza =0, come avverrebbe se fosse stata utilizzata una scala lineare, bensì la
pulsazione =1 rad/s.
Si ricorda altresì che risulta (anche se l’espressione potrebbe risultare formalmente poco
corretta):
lim log( x)    .
x 0

Ciò significa che nei grafici la pulsazione =0 non potrà mai essere graficata, ma più ci si
sposterà sulla sinistra dei grafici, più ci si avvicinerà ad essa.
Dalle precedenti considerazioni si evince che per 0, sia il diagramma del modulo che
della fase sono caratterizzati da un asintoto orizzontale:
 il valore dell’asintoto nel grafico della fase è di 0;
 il valore dell’asintoto nel grafico del modulo sarebbe pari a 1/k se l’asse delle
ordinate fosse lineare. Si è tuttavia detto in precedenza che il valore del modulo è
riportato in Decibel, per cui il valore dell’asintoto orizzontale sarà:

15
In effetti il valore che assume l’espressione arctan(0) potrebbe essere sia 0 che . Ciò accade per via di quella
ambiguità riguardante la periodicità della funzione arcotangente già evidenziata in precedenza. Tuttavia si può
dimostrare per più vie (tra cui forse la più semplice è l’osservazione della formula del coseno della fase), che in questo
caso il valore giusto è appunto 0.

36
1
20 log 10    20 log 10 1  20 log10  k   20 log 10  k  .
k


Per analizzare il comportamento del sistema alle alte frequenze, è necessario effettuare il
limite per  di modulo e fase. Eseguendo i limiti si ottiene facilmente:
X   1 
lim  0   lim   1 0
  m 2 ;
 F0   (k  m )  (c )
     2 2 2

 X 
lim  fase 0     .16

 
  F0 

Anche in questo caso si ha che la fase ha un asintoto orizzontale (destro) che vale  (o
180°). Per quello che riguarda il modulo, si ha che per  esso tende a 0, e per quanto
ricordato in precedenza, in scala Decibel (che è una scala logarirmica) tenderà quindi a -.
Per sapere in maniera più precisa il come il valore in Decibel del modulo tende a -, è
necessario eseguire il limite sul valore in dB:
  X    
lim  20 log10  0    lim  20 log10 
1    lim  20 log  1   
  
 F0  
      10 2 
 m  
 (k  m )  (c )
   2 2 2
  
 lim   20 log10  m   40 log10      
 

Ora, poiché si ricorda che log10() è la variabile che si trova sull’asse delle ascisse del
diagramma della fase, e il termine -20log10(m) rappresenta una semplice costante, il
precedente limite può essere interpretato come segue:
Il limite del valore in dB del modulo tende al valore di - , ma mano a mano che la funzione
tende a raggiungere tale valore, la curva tenderà sempre più a confondersi con una retta
nel piano di Bode. Tale retta intercetta l’asse delle ascisse (per log 10()=0) in
corrispondenza del valore -20log10(m) e possiede un coefficiente angolare (una
inclinazione) pari a –40 (dB/decade).
Tale inclinazione viene anche spesso indicata più semplicemente con l’espressione
‘inclinazione -2’.
Da tutto ciò si conclude che la curva del modulo della ricettanza ha, per frequenze molto
elevate, un asintoto inclinato. La sua inclinazione è di –40 (dB/decade).

16
E’ il caso speculare a quello precedente. Anche in questo caso il valore del limite è pari a arctan(0), tuttavia si può
dimostrare abbastanza agevolmente tramite l’osservazione della formula del coseno della fase che in questo caso il
valore giusto è .

37

Per quanto riguarda le ‘frequenze intermedie’, se si osserva l’espressione della fase della
ricettanza, si può facilmente verificare che quando la pulsazione assume il valore della
pulsazione naturale, la fase assume sempre il valore di -/2 (90°). Infatti, per
k
  n  si ha
m

X   c   c 
fase 0    arctan 2 
   arctan    arctan     / 2
 F0   (k  m )   0 

Per quanto riguarda il modulo, invece appare utile verificare la presenza di eventuali
massimi e/o minimi relativi all’interno del campo di definizione della funzione.
Per fare ciò è necessario verificare la presenza di valori di  che annullino la derivata prima
del modulo della ricettanza. Successivamente, per verificare se in tali punti si abbia un
massimo o un minimo, sarebbe necessario analizzare il valore che, in corrispondenza di tali
frequenze, assume la derivata seconda.
Tuttavia, se si osserva l’espressione analitica del modulo della ricettanza, si osserva che è la
composizione di tre funzioni, la funzione reciproca (1/x), una radice quadrata (x) e il
polinomio [(k-m2)2+(c)2]. Sfruttando le proprietà delle funzioni composte, ed osservando
che sia la funzione reciproca che la radice quadrata sono funzioni monotone (decrescente la
prima, crescente la seconda), si ha che la posizione degli eventuali minimi e massimi della
funzione composta può essere indagata semplicemente cercando i massimi e i minimi del
polinomio [(k-m2)2+(c)2].
Quindi si ha che
 

1
 (k  m 2 ) 2  (c ) 2

 ha le medesime soluzioni di
 
 (k  m 2 ) 2  (c ) 2
 0.
  0 


Quindi, sviluppando la derivata, si ottiene facilmente:


  (k  m 2 ) 2  (c ) 2    k 2  m 2 4  2mk 2  c 2 2 
  4m 2 3  2 (2mk  c 2 ) 
 
 2[2m   (2mk  c )]
2 2 2

Tale polinomio si annulla quindi 3 per tre valori della pulsazione ; tuttavia poiché la
pulsazione =0 è agli estremi dell’intervallo di definizione, non costituisce punto di
massimo o minimo. Inoltre solo una delle due soluzioni dell’equazione m22-(2mk-c2)=0 è

38
positiva (mentre una pulsazione non può essere che positiva). Per tali motivi l’unico valore
accettabile di  per cui la derivata del modulo della ricettanza si annulla è:
2mk  c 2 k c2 c 2 2mk c 2 2k c2 k
r      2
n    2
n    2
n  2 
2m 2 m 2m 2 2m 2 2mk 4m mk 4mk m
  n2  2 2 n2   n 1  2 2

Tale valore, indicato generalmente con r, viene detto pulsazione di risonanza.
Procedendo con l’analisi della derivata seconda del modulo, oppure semplicemente
ragionando sugli andamenti asintototici (visto che si è appena dimostrato che c’è un unico
punto di massimo o minimo), si può facilmente concludere che il modulo della ricettanza
ammette massimo per =r.
La definizione più corretta per la pulsazione di risonanza è quindi:
La pulsazione di risonanza di un sistema è quel valore di  per cui la ricettanza assume un
valore di massimo relativo.
Si può osservare che, come anticipato in precedenza, per un sistema totalmente privo di
smorzamento, il valore numerico della pulsazione di risonanza coincide con la pulsazione
naturale del sistema.
Inoltre, con l’aumentare dello smorzamento, a parità di massa e rigidezza il valore della
pulsazione di risonanza tende a diminuire. La stessa cosa si verifica anche per la pulsazione
propria del sistema.
Contemporaneamente si verifica anche una diminuzione del valore assunto dalla funzione in
corrispondenza della risonanza. Si verifica infatti che:
m 1 1 1
 ( )    2 
r
c c  i 4km  2c 2 2k   i 1  2 2

m 1 1 1
 ( )    2 
r
c 4km  c 2 2k  1   2

e quindi è facile verificare che il valore della ricettanza in condizioni di risonanza è una
funzione decrescente dello smorzamento .
Si verifica inoltre altrettanto facilmente che quando lo smorzamento del sistema è nullo, il
modulo della ricettanza tende all’infinito con r, in questo caso il modulo della
ricettanza ha anche un asintoto verticale.
Inoltre, osservando l’espressione:
 r   n 1  2 2 ,

39
si può facilmente notare che se i valori dello smorzamento sono sufficientemente elevati, il
radicando assume valori negativi, per cui si conclude che il modulo della ricettanza non
ammette massimi relativi. In questi casi quindi il modulo della ricettanza è una funzione
monotona decrescente. Ciò si verifica quando:
1  2 2  0 , ovvero 1  2 2 , oppure anche   1 / 2  0.707...

2
Modulo in scala logaritmica
10

1
10
x0 k / f0

0
10

-1
10

-2
10
-2 -1 0 1
10 10 10 10
 / n

Diagramma del modulo in scala Decibel al variare dello smorzamento con  n=1

30

25

20
x0 k / f0

15

10

0
0 0.5 1 1.5 2 2.5 3 3.5 4
 / n

Diagramma del modulo in scala lineare al variare dello smorzamento

40
0

-20

-40

-60

-80

-100

-120

-140

-160

-180
0 0.5 1 1.5 2 2.5 3 3.5 4
 / n

Diagramma del modulo in scala lineare al variare dello smorzamento

1.9.2. Andamenti asintotici delle altre FRFs dirette


Anche le altre FRFs hanno andamenti asintotici caratteristici. In questo paragrafo verranno
brevemente mostrati gli andamenti delle due rimanenti FRSs dirette. Per queste risulta:
i
Y ( ) 
(k  m 2 )  ic

2
A( )  
( k  m 2 )  ic

iω i 
Y (ω)   
(k  mω )  icω
2
(k  m 2 )  ic (k  m 2 ) 2  (c ) 2

2 2 2
A( )    
(k  m )  ic
2
( k  m 2 )  ic (k  m 2 ) 2  (c ) 2

 i 
fase Y ( )   fase   fase i   fase(k  mω 2 )  icω 
 ( k  m 2
)  ic 
  c 
  arctan 2 

2  (k  m ) 

 2 
fase A( )   fase
( k  m  2
)  ic 
  
  fase   2  fase (k  mω 2 )  icω  
 
 c 
   arctan  2 

 (k  m ) 

41
Analizzando dapprima la fase della mobilità e dell’inertanza, si osserva subito che queste
sono assai simili a quelle della ricettanza ancorché sfasate rispettivamente di /2 e 
rispettivamente.
Quindi la fase della mobilità ha un asintoto sinistro che vale /2, un asintoto destro che vale
-/2, e in corrispondenza della pulsazione naturale n assume fase nulla.
La fase della inertanza ha un asintoto sinistro che vale , un asintoto destro che vale 0, e in
corrispondenza della pulsazione naturale n assume fase /2.

Per quanto riguarda il modulo della mobilità si ha che:
  
lim Y ( )   lim   lim    0
 0 2 
;
 0
 (k  m )  (c )   0 k 
2 2

  
lim  Y ( )   lim    lim     0
  2 
.
(k  m )  (c )    m 
  2 2 2

e anche:
   
lim  20 * log10  Y ( )    lim 20 * log10    
 0  0
  k  ;
 lim  20 * log10     20 * log10  k    
 0

   
lim  20 * log10  Y ( )    lim  20 * log10  
2 
   
  m   .
 lim   20 * log10     20 * log10  m    
 

Si verifica quindi che per le basse frequenze si ha un asintoto inclinato con pendenza
positiva di 20(dB/decade) e intercetta con le ordinate dipendente dalla rigidezza. Per le alte
frequenze si ha un asintoto inclinato con pendenza negativa di 20(dB/decade) e intercetta
con le ordinate dipendente dalla massa.
Per quanto riguarda la identificazione del comportamento per le frequenze ‘intermedie’, si
verifica che esiste un solo massimo relativo della funzione, questo massimo si verifica
sempre in corrispondenza della pulsazione naturale (pulsazione di risonanza per la
mobilità), inoltre il valore del massimo diminuisce con l’aumentare dello smorzamento, ma
esisterà per qualunque valore di .

42
-40 100

80
-50
60

40
-60
20
Modulo (dB)

Fase (deg)
-70 0

-20
-80
-40

-60
-90
-80

-100 -100
-1 0 1 2 -1 0 1 2
10 10 10 10 10 10 10 10
Pulsazione (rad/s) Pulsazione (rad/s)


Per quanto riguarda il modulo della inertanza si ha che:
 
2   lim  
2
lim A( )   lim    0 ;
 0    0  k
 ( k  m )  (c )
 0 2 2 2
 

 
2   lim     1
2
lim  A( )   lim 
     m 2  m .
 (k  m )  (c )
  2 2 2

e anche:
   2 
lim 20 * log10  A( )    lim 20 * log10    

 0  0
  k  ;
 lim 40 * log10     20 * log10  k    
 0

  1 
lim  20 * log10  Y ( )    lim  20 * log10     20 * log10  m  .
   
  m 

Si verifica quindi che per le basse frequenze si ha un asintoto inclinato con pendenza
positiva di 40(dB/decade) e intercetta con le ordinate dipendente dalla rigidezza. Per le alte
frequenze si ha un asintoto orizzontale con valore dipendente dalla massa.
Per quanto riguarda la identificazione del comportamento per le frequenze ‘intermedie’, si
verifica che esiste un solo massimo relativo della funzione, questo massimo si verifica in
corrispondenza della pulsazione (pulsazione di risonanza per la inertanza):
1
r  n
1  2 2

La posizione della risonanza all’aumentare dello smorzamento tende a spostarsi verso


destra, contemporaneamente il valore del massimo diminuisce; per valori dello
smorzamento   1 / 2  0.707... , la risonanza scompare e la inertanza è in questo caso una
funzione monotona crescente..

43
-20 180

-30 160

-40
140
-50
120
-60
Modulo (dB)

Fase (deg)
100
-70
80
-80
60
-90

40
-100

-110 20

-120 0
-1 0 1 2 -1 0 1 2
10 10 10 10 10 10 10 10
Pulsazione (rad/s) Pulsazione (rad/s)

1.9.3. Alcuni passaggi algebrici


Si riportano quindi di seguito alcuni risultati dei passaggi algebrici appena sviluppati, sia in
termini di costanti meccaniche del sistema, che di parametri dimensionali.
1 1 1
 ( )  
 2

k  m  ic k   2 
1  2   2

i
   n
 n 

i i 
Y ( )  
 
k  m  ic k   
2 2
1  2   2

i
 n  n

2 1 2
A( )    
 k  m 2   ic k 1   2   2  i
 2  n
 n 

1 1 1
 ( )  
m    (c  2km)  k k  2
 
2 4 2 2 2 4
 2 2 2
 1 1
 n4  n2

 1 2
Y ( )  
m2 4   2 (c 2  2km)  k 2 k 4 2
 n4
 2 2 2
 1  n2
1

2 1 2
A( )  
m    (c  2km)  k k 4 2
 
2 4 2 2 2
 2 2 2
 1 1
 n4  n2

44
3 
 (2 2  1) 2
 (  ( ) )


 2m 2 2  (c 2  2km)  
2 n
4
n
 k 2
 m 2 4   2 (c 2  2km)  3
2 k  4 2  2
3

 4  2(2  1) 2  1
2

 n n 

4
1
 ( Y ( ) ) m 2 4  k 2 1  n4
 
 k 2
 m 2 4   2 (c 2  2km)  3
2 k  4
 2( 2 2
 1)
 2
 1

3
2

 4
 n  n2 

2 
  2 (2 2  1)  1
 ( A( ) )   2 (c 2  2km)  2k 2  2  n 
 
 k 2
 m2 4   2 (c 2  2km)  3
2 k  4 2  2
3

 4  2(2  1) 2  1
2

 n n 

 (  ( ) ) k c2
0       n 1  2 2
 m 2m 2

 ( Y ( ) ) k
0    n
 m

 ( A( ) ) k 1 1
0     n
 m k c2 1  2 2

m 2m 2

1.10. Funzioni di Risposta in Frequenza con smorzamento strutturale


Un sistema con un solo grado di libertà con smorzamento strutturale su cui agisce una
forzante di tipo armonico può essere schematizzato attraverso il seguente disegno:

x F(t)
m

c k

45
Anche in questo caso si considera la presenza di una forzante armonica che supporremo di
pulsazione generica  e ampiezza generica F0.
Per la soluzione di tale problema faremo in questo caso riferimento unicamente ai numeri
complessi, per cui supporremo la forzante del tipo:
F(t)=F0eit.
Poiché anche in questo caso il basamento è fisso, l’equazione che regola le vibrazioni del
sistema è:
h
mx   kx  ihx  F (t )  kx  x  F (t ) ,

ovvero,
h
mx  ihx  kx  mx  x  kx  F (t ) .

Anche in questo caso, sfruttando la linearità del sistema, è facile verificare che, dato il tipo
della forzante applicata, la soluzione dovrà essere del tipo x(t)=X0eit. In ogni caso, se
x(t)=X0eit è soluzione del sistema, risultano anche:
x (t)  iX 0  e it  ;

x (t )   2 X 0  e it  .

Introducendo le precedenti in una qualsiasi delle equazioni differenziali che descrivono il


moto del sistema (del tutto equivalenti per forzanti armoniche) si ottiene:
 m 2X 0  e it  ihX 0  e it  kX 0  e it  F0  e it

o anche:
 (  m 2

 ih  k )X 0  F0  e it  0 .

Poiché la precedente deve essere verificata in ogni istante, allora dovrà essere:
[ m 2  (k  ih)]X 0  F0  0 .

Dalla precedente è quindi possibile ricavare direttamente la ricettanza del sistema:


X0 1
 ( )  ( )  .
F0 (k  ih)  m 2

Sfruttando le relazioni già evidenziate tra le FRFs dirette, è quindi possibile anche
determinare la mobilità e l’inertanza. Queste risultano infatti:

X i
Y ( )  0
( )  ;
F0 ( k  ih)  m 2

46

X 2
A( )  0
( )  .
F0 (k  ih )  m 2

Seguendo ragionamenti del tutto identici a quelli già effettuati nel caso di sistemi con
smorzamento viscoso, si può verificare che gli andamenti asintotici sono sostanzialmente
identici a quelli già trovati in precedenza (tranne ovviamente qualche differenza nel valore
delle pulsazioni di risonanza). Le uniche differenze di rilievo si possono trovare nei
diagrammi della fase; ad esempio per quanto riguarda la ricettanza si ha:
   
  fase(k  mω 2 )  ih    arctan
1 h
fase  ( )   fase 
2 .
 (k  m )  ih   (k  m ) 
2

Eseguendo il limite per la pulsazione che tende a zero si ottiene:


  h  h
lim fase( ( ))   lim  arctan     arctan   costante ;
 (k  m )  
2
 0  0
 h

quindi anche per nei sistemi con smorzamento strutturale la ricettanza ha un asintoto sinistro
orizzontale, ma il suo valore non è più zero come nei sistemi con smorzamento viscoso.
Inoltre, come per i sistemi con smorzamento viscoso sono stati introdotti i parametri
adimensionali n e , anche nel caso dello smorzamento strutturale si seguirà la medesima
strada. Naturalmente si conserverà la definizione della pulsazione naturale, ma si introdurrà
un nuovo parametro adimensionale dipendente dalla costante di smorzamento strutturale.
Tale nuovo parametro si chiamerà parametro (adimensionale) di smorzamento strutturale o
fattore di perdita, e assume la forma di:
h
 .
k

Introducendo tale parametro nella funzione i ricettanza si ottiene:


1
X k 1 1 1 1
 ( )  0 ( )    2 .
F0 k h m 2 k
 i   1  i   12  2 k 1  i    2
k k k n n

Osservando la precedente espressione si può inoltre rapidamente determinare la pulsazione


di risonanza senza ricorrere a ulteriori calcoli: infatti il massimo della ricettanza si avrà
quando il denominatore raggiungerà il valore minimo. Tale valore si raggiungerà infatti
quando si annullerà la parte reale del denominatore (visto che la parte immaginaria è fissa),
ovvero quando:

47
2 k
1  0    r  n  ,
n
2
m

in corrispondenza del quale la ricettanza assume il valore di:


X0 1 1
 ( )   ( )   .
n
F0 ik ih

Con analoghi passaggi possono essere ottenute senza difficoltà sia le forme dimensionali
che i valori delle risonanze di mobilità e inertanza.
Tali calcoli possono essere svolti dagli studenti con funzione di esercizio,

1.11. Strumenti sismici


Per capire l’effettivo utilizzo delle Funzioni di Risposta in Frequenza, seguono alcuni
esempi di applicazioni che possono fornire le linee guida per la realizzazione di strumenti di
misura di spostamenti e accelerazioni e per una valutazione dell’efficacia delle sospensioni.
Prima di parlare più in dettaglio delle prime applicazioni è necessario premettere la
definizione di “strumento di misura”:
Se si indica con ingresso il valore della grandezza da misurare (spostamenti, velocità
temperatura, differenza di potenziale, ecc…), e con uscita la grandezza che si va a leggere
per determinare il valore numerico della grandezza misurata (la posizione angolare della
lancetta del contachilometri, l’altezza del mercurio in un termometro, il tracciato di un
grafico su carta, ecc…), uno strumento di misura perfetto è quello strumento che assicura
una relazione di perfetta proporzionalità tra ingresso e uscita.
Ovvero anche in termini numerici:
u (t ) i (t ) 1
u(t)=ki(t), ovvero anche i(t )  k o u (t )  k  k ' .

La stessa costanza del rapporto tra ingresso e uscita deve valere naturalmente anche nel
dominio delle frequenze (ovvero I()/U()=0).
A esempio, ad ogni cm di innalzamento del livello di mercurio corrisponde un aumento
della temperatura di 1oC, per cui se ci sono 20oC la colonna di mercurio è alta 20 cm, se ci
sono 30oC la colonna di mercurio è alta 30 cm, se ci sono 40 oC (il doppio di 20oC) la
colonna di mercurio è alta 40 cm (il doppio della altezza del mercurio quando c’erano
20oC).
i (t ) 20 o C 30 o C 40 o C o
C
  o
 o
 1 '.
u (t ) 20cm 30 cm 40 cm cm

48
In pratica, misurando (anche visivamente tramite l’aiuto di scale graduate) la grandezza di
uscita e moltiplicandola per la costante precedentemente individuata (compresa di unità di
misura) si ottiene il valore la grandezza che si vuole misurare. La costante si chiama
sensibilità dello strumento.
Praticamente nessuno strumento può soddisfare perfettamente questa relazione, sia al
variare del valore della grandezza da misurare, sia al variare del contenuto in frequenza di
quest’ultima.
Tuttavia vi sono delle considerazioni che ci permettono di sapere in che condizioni uno
strumento può considerarsi uno strumento di misura (ammettendo un errore massimo), o
anche di scegliere (o di dimensionare) lo strumento giusto a seconda di cosa si vuole
misurare.
Uno strumento sismico può essere modellato come un semplice sistema massa-molla-
smorzatore viscoso; tale sistema è fissato ad un basamento mobile. Sono proprio le
caratteristiche del moto del basamento le grandezze di ingresso dello strumento (di solito
spostamento e accelerazione). La grandezza di uscita è il grafico lasciato da un pennino
solidale alla massa su un nastro di carta che scorre su un supporto solidale al basamento.
La grandezza di uscita è dunque la differenza (x-y), ovvero il grafico che riporta gli
spostamenti (relativo) della massa rispetto al basamento.
Se ci si ripropone di misurare l’ampiezza delle vibrazioni del terreno, allora si intende
dimensionare (ovvero scegliere opportunamente m, k e c) lo strumento sismico affinché
funzioni come un sismografo. Se invece l’intenzione è quella di misurare l’accelerazione del
basamento, allora lo strumento si chiamerà accelerometro. Si vedrà che con lo stesso
modello matematico, ma per diversi valori delle costanti del sistema, si può dimensionare
sia un sismografo che un accelerometro, ma il loro funzionamento sarà ottimale solo per
ingressi caratterizzati da particolari contenuti in frequenza. Inoltre, dalle stesse applicazioni,
appariranno chiari i limiti della realizzazione pratica di strumenti di tale tipo; tuttavia i
risultati di tali analisi saranno importanti per la realizzazione di strumenti che lavorano con
principi di funzionamento diversi (es. piezoelettrici), ma con le medesime caratteristiche
meccaniche.

49
x
m

x-y

c k

y=Y0e i t


Per dimensionare uno strumento sismico affinché funzioni da sismografo si avrà che
l’ingresso del sistema sarà lo spostamento del basamento y, mentre l’uscita sarà il grafico su
carta (x-y). Come spostamenti si considerano solo funzioni armoniche, in quanto è
comunque possibile scomporre il generico tipo di spostamento in somme o integrali di
spostamenti armonici, e sfruttando le proprietà di linearità del sistema trovare così la
soluzione.
Per determinare le equazioni di moto del sistema, poiché il basamento si muove, basta
osservare che le forze esercitate da molla e smorzatore dipendono dalla loro deformazione
(x-y) e velocità di deformazione (x
 -y
 ) . Si ha quindi che:

mx   k  x-y   c  x -y  ;

Si noti che, anche in questo caso l’equazione è lineare.


Da quanto detto in precedenza si dovrà verificare quando la seguente relazione:
I0 I e it i(t ) y (t ) Y0 e it Y0 it Y0
( )  0 it     e  ( ) .
U0 U 0e u (t )  x  y  (t )  X 0 ( )e it  Y0 e it   X 0 ( )  Y0   X 0  Y0 
Si ha infatti che se y(t)=i(t) è una funzione armonica di pulsazione , per la linearità del
sistema anche x(t) dovrà essere armonica alla stessa frequenza (l’ampiezza delle oscillazioni
assolute della massa naturalmente sarà funzione della pulsazione ), e così pure l’uscita
u(t), essendo somma di due funzioni armoniche alla medesima frequenza.
Inserendo nell’equazione di moto le ipotesi sugli spostamenti si ha che:
  2 mX 0 e it   k  X 0 -Y0  e it  ic  X 0 -Y0  e it ;

da cui si ha che la relazione seguente deve sempre essere verificata:


  2 mX 0  ic  X 0 -Y0   k  X 0 -Y0   0 .

50
Ma dalle precedenti risulta anche:
Y0  I 0 , U 0  X 0  Y0  X 0  U 0  Y0 ,

per cui la precedente relazione si può riscrivere come segue:


  2 mU 0  I 0   icU 0  kU 0  0 .

Da cui seguono direttamente:


  2 mU 0  icU 0  kU 0   2 mI 0 ;

U0  2m I0 k   2 m  ic
( )  e ( )  .
I0   2 m  ic  k U0  2m

Da questa relazione discende immediatamente che il rapporto tra ingresso e uscita dello
strumento sismico non può mai essere costante, ma si rivela una funzione della pulsazione
. Se quindi uno strumento così fatto non può essere un perfetto strumento di misura, è
possibile trovare un campo di frequenze per cui il sistema si comporti praticamente come
tale (con errori massimi controllabili, ad es. 1-2% della lettura). Inoltre, con la conoscenza
delle precedenti relazioni, è anche possibile adattare tale intervallo di frequenze, che viene
detto campo di linearità dello strumento, alle esigenze della specifica operazione di misura.
In ogni caso, per fare si che uno dei precedenti rapporti (ad es. il primo) sia pressoché
costante, è necessario che il numeratore risulti dello stesso ordine del denominatore. D’altra
parte il numeratore del rapporto U0/I0 è evidentemente del secondo ordine, e nessuna
manipolazione algebrica potrà cambiare tale fatto. Per quanto riguarda il denominatore, esso
è invece la somma di 3 termini: del secondo e primo ordine rispetto alla pulsazione, e un
termine costante. Se il termine del secondo ordine fosse ‘dominante’ rispetto agli altri due,
allora anche il denominatore sarebbe, senza commettere errori troppo elevati, assimilabile
ad un termine del secondo ordine, per cui si avrebbe:
U0  2m  2m
se  m>>c e 
2
m>>k 
2 ( )    1 .
I0   2 m  ic  k   2 m

D’altronde le precedenti condizioni si esplicitano anche in:


k
 2 m  k   2    n2 ;
m

ovvero tale condizione equivale a dire che lo strumento si comporta bene come sismografo
se le pulsazioni caratteristiche degli spostamenti del terreno sono molto maggiori della
pulsazione naturale del sistema. Inoltre, se l’obiettivo è di abbassare al massimo tale limite,
è opportuno costruire un sismografo con bassa rigidezza e una grande massa.

51
L’altra condizione (2m>>c ) può essere molto bene soddisfatta se si limita al massimo lo
smorzamento del sistema, al limite imponendo c=0. Quando parleremo dell’accelerometro
si capirà anche come una scelta di questo tipo potrebbe non essere ottimale, ma comunque
questo è di solito quello che si ricerca effettivamente per i sismografi.
In pratica, se queste condizioni sono soddisfatte, il rapporto tra ingresso e uscita vale –1, il
che significa che sul tracciato sulla carta si ritroverà l’esatto diagramma degli spostamenti
del terreno, ma rovesciato (ad es. il massimo innalzamento del terreno, corrisponde al
minimo del tracciato).
La precedente osservazione si giustifica con il fatto che se la massa è grande, e rigidezza
piccola, lo smorzamento nullo, gli spostamenti del terreno non riescono ad eccitare a
sufficienza la massa (attraverso la molla e lo smorzatore), per cui questa, dotata tra l’altro di
grande inerzia, funge da riferimento inerziale (fisso). Quindi in pratica la massa con il
pennino sono praticamente fissi nello spazio, mentre il terreno con la carta si muovono sotto
di essi. E’ per questo che il diagramma su carta è una perfetta riproduzione rovesciata degli
spostamenti del terreno.
Tutti i sismografi seguono queste indicazioni generali sulle caratteristiche meccaniche
(massa, rigidezza e spostamento), ma una realizzazione che segua fedelmente il nostro
schema in effetti non può soddisfare le normali esigenze di misura. Infatti se volessimo
andare a misurare con precisione spostamenti caratterizzati dalla frequenza di 1 Hz, si
avrebbe che essendo  =2f=21=2 rad/s, la pulsazione naturale del sistema dovrebbe
essere molto inferiore a tale valore. Imponendo ad esempio n =2 rad/s, valore che poi non
è tanto più piccolo della pulsazione degli spostamenti del terreno, si avrebbe:
k
2  k  4m .
m

Se la massa del sismografo fosse ad esempio 1 kg, allora la rigidezza della molla dovrebbe
essere di 4 N/m (che è un valore estremamente basso). I problemi derivano dal fatto che se
pensiamo di porre una massa di 1 kg sopra una molla di 4 N/m, vuol dire esercitare su essa
una forza pari a mg10 N, il che determina una compressione della molla di ben 2.5 m (pari
alla deflessione statica (mg)/k). In pratica quindi, se il sismografo per funzionare bene deve
avere un basso valore della sua pulsazione naturale, allora il valore m/k deve essere alto, e
quindi notevole anche la sua deflessione statica.

52
E’ per tale motivo che difficilmente si vedrà un sismografo costituito da una massa posta
sopra una molla ad elica come nel nostro modello, tuttavia tutti i sismografi saranno sistemi
con una notevole massa, uno smorzamento quasi nullo, e una rigidezza molto, molto bassa
nel senso del moto.
Si è inoltre individuata anche la curva caratteristica dello strumento, ovvero la legge17:
U0  2m
( )  .
I0   2 m  ic  k

Tale funzione non è altro che una nuova Funzione di Risposta in Frequenza (o di
Trasferimento) del sistema. Si può inoltre facilmente osservare che a meno del termine
moltiplicativo (-m), tale FRF è identica alla inertanza. Gli andamenti asintotici sono quindi
gli stessi, anche se il diagramma del modulo sarà traslato verso l’alto della quantità
20log10(m), mentre la presenza del segno meno (-) ci fa capire come la fase di tale funzione
darà sfasata di  rispetto a quella dell’inertanza.
Si può quindi notare come, dai ragionamenti svolti in precedenza, come la zona delle 
‘alte’ sia quella ottimale per il funzionamento dello strumento; lo stesso avremmo potuto
capirlo semplicemente analizzando il diagramma di Bode (diagramma del modulo).
Troviamo infatti che la zona delle alte frequenze è caratterizzata da un asintoto orizzontale,
il che ci fa capire come più la pulsazione cresce, più il rapporto tra uscita e ingresso tende ad
un valore costante.

17
In effetti la curva caratteristica sarebbe la funzione inversa  I 0 U 0  ( ) , ma si è scelto di ragionare sulla funzione
su riportata per la sua somiglianza con l’inertanza. Se poi si conosce l’andamento di una funzione, trovare l’andamento
della reciproca è un esercizio molto semplice.

53
20

10

0
Modulo (Uo/Io)

-10

-20

-30

-40
0 1 2 3
10 10 10 10
Pulsazione (rad/s)


Per quanto riguarda l’accelerometro, lo schema di riferimento per lo strumento è lo stesso, e
quindi pure l’equazione di moto è la stessa. Varia invece la grandezza che si vuole misurare,
ovvero l’ingresso che deve essere riportato tramite un diagramma perfettamente
proporzionale sul grafico su carta (x-y). Anche in questo caso si considerano solo
spostamenti armonici, peri i quali risulta:
x (t )  X 0 e it e x(t )   2 X 0 e it   2 x (t ) .

Si ha quindi che per quello che riguarda l’uscita dello strumento, non ci sono differenze
rispetto al caso del sismografo:
u (t )   x  y  (t )   X 0  Y0  e it  U 0 e it .

Nel caso dell’accelerometro invece l’ingresso sarà l’accelerazione per cui si avrà:
i (t )  y (t )   2Y0 e it  (  2Y0 )e it  I 0 e it .

Dalle pretendenti si avrà quindi:


I0 I 0 e it i (t ) y(t )   2Y0 e it   2Y0 it   2Y0
( )      e  ( ) ,
U0 
U 0 e it u (t )  x  y  (t ) X 0 ( )e it  Y0 e it 
 X 0 ( )  Y0   X 0  Y0 
con la quale si potrebbe già concludere poiché, a meno del termine –2, la precedente
funzione la si era determinata già nel caso del sismografo.
In ogni caso si è già detto che l’equazione di moto è sempre la seguente:
mx   k  x-y   c  x -y  .

54
Dall’equazione di moto, inserendo le ipotesi fatte sugli spostamenti, si ottengono ancora:
  2 mX 0 e it   k  X 0 -Y0  e it  ic  X 0 -Y0  e it ;

  2 mX 0  ic  X 0 -Y0   k  X 0 -Y0   0 .

Ma dalle precedenti risulta anche:


I0
  2Y0  I 0 , U 0  X 0  Y0  X 0  U 0  Y0  U 0  ,
2
per cui la precedente relazione si può riscrivere come segue:
 I 
  2 mU 0  02   icU 0  kU 0  0 .
  
Da cui seguono:
  2 mU 0  icU 0  kU 0   mI 0 ;

U0 m I0 k   2 m  ic
( )  e ( )  .
I0   2 m  ic  k U 0 m

Analizzando la prima relazione, si può facilmente vedere che se i termini di primo e


secondo ordine del denominatore fossero trascurabili rispetto al termine costante, allora
l’intero rapporto sarebbe costante. Le precedenti ipotesi sono esplicitate dalle seguenti
formulazioni:
k>>2m;
k>>c.
Per quanto riguarda o smorzamento, come nel caso del sismografo, potrebbe dirsi in prima
approssimazione che un buon accelerometro potrebbe essere un sistema con smorzamento
nullo. Inoltre la prima condizione ci direbbe che:
k
k   2 m   2    n2 ,
m

ovvero, per quanto riguarda le frequenze, la condizione è speculare a quella del sismografo:
l’accelerometro funziona bene se le pulsazioni caratteristiche degli spostamenti del terreno
sono molto più basse della pulsazione naturale del sistema.

55
-20

-30

-40
Modulo (Uo/Io)

-50

-60

-70

-80
-2 -1 0 1 2
10 10 10 10 10
Pulsazione (rad/s)

Tuttavia si è già accennato al fatto che la scelta di annullare lo smorzamento del sistema non
è quella ottimale. Considerando infatti il modulo della funzione caratteristica
dell’accelerometro si ha che:
U0 m m
( )   .
I0  k   m   c 
2 2 2
k   m  2km 2  c 2 2
2 4 2

Per fare sì che il precedente rapporto sia costante, le condizioni ottimali risultano infatti:
 k2>>4m2 (del tutto equivalente a k>>2m, relazione già trovata in precedenza);
 c2-2km=0 (se viene verificata tale condizione, i termini in 2 si elidono
perfettamente).
La seconda relazione equivale a dire:
c c 1
c 2  2km  c  2km  1      0.707... ;
2km 2 km 2

ovvero significa che lo smorzamento ottimale per un accelerometro sarebbe quello che
consente di avere uno smorzamento adimensionale del sistema pari a circa 0.7.
In sostanza un accelerometro funziona bene se le pulsazioni caratteristiche degli spostamenti
sono ‘basse’ rispetto alla pulsazione naturale. Per ampliare quindi il campo di
funzionamento dello strumento sarebbe quindi necessario aumentare il più possibile il
valore della pulsazione naturale del sistema, ovvero costruire un sismografo costituito da
una molla molto rigida e caratterizzato da una massa molto bassa.

56
Sono quindi evidenti i motivi per cui uno strumento sismico non viene di solito utilizzato
per misurare le accelerazioni. Risulta infatti, se lo strumento fosse costruito correttamente:
U0 m m
( )   .
I0   m  ic  k
2
k

Se la pulsazione naturale deve essere molto elevata, allora il rapporto m/k deve essere molto
basso, il che significa che per un sismografo risulta molto basso il rapporto uscita/ingresso,
ovvero che ci vogliono segnali in ingresso (accelerazioni) molto grandi, per provocare una
uscita (un tracciato su carta) che sia leggibile.
Tanto per fornire qualche valore numerico: se ma massa dell’accelerometro fosse di 10 g
(molto bassa), e la rigidezza della molla fosse di 10 5 N/m (non troppo elevata), la pulsazione
naturale sarebbe di circa 3000 rad/s (circa 500 Hz). Ciò vuol dire che lo strumento
difficilmente potrebbe essere utilizzato per misurare accelerazioni con frequenza superiore a
poche decine di Hz (mentre di solito nelle misurazioni meccaniche è necessario arrivare
almeno a 200-500 Hz). Quindi, nonostante lo strumento abbia scadenti prestazioni
dinamiche per le alte frequenze, il rapporto ingresso uscita varrebbe 10 7 m/(m/s2) ovvero
circa 103 mm/g, il che significa che una accelerazione armonica di modulo pari a g
(accelerazione di gravità – non eccessivamente bassa) determinerebbe grafici su carta
dell’ampiezza del micron (millesimo di millimetro).
E’ per questo motivo che gli accelerometri reali non sono mai costituiti effettivamente da
una massa e una molla sovrapposti, ma sono comunque strumenti caratterizzati da una
massa molto bassa e da una rigidezza molto elevata.

1.12. Isolamento dalle vibrazioni e efficienza delle sospensioni


Come ulteriore esempio applicativo di come possono essere utilizzati i concetti sviluppati a
riguardo dei sistemi con 1 GdL è utile presentare come si possa affrontare il problema
dell’isolamento dalle vibrazioni. Tale problema può presentarsi sotto due forme differenti:
1. si richiede di diminuire le forze (derivanti dalle vibrazioni) che si scaricano sul
terreno a causa di una massa (un macchinario, un rotore sbilanciato, una lavatrice)
posto su una sospensione elastica (un sistema molla-smorzatore) su cui agisce una
forza armonica;

57
2. si richiede di limitare le vibrazioni (sotto forma di spostamenti) che vengono
trasmesse ad una massa (es. il conducente di un autoveicolo) in ragione di vibrazioni
armoniche provenienti dal basamento.
Il primo caso potrebbe essere applicato ad una lavatrice che, mentre lava il bucato, deve
scaricare meno forze possibile sul pavimento per evitare vibrazioni e rumore. Il secondo
caso potrebbe essere applicato al dimensionamento delle sospensioni di una autoveicolo per
diminuire le vibrazioni che si risentono sul conducente mentre si percorre una strada piena
di buche.

Nel caso in cui si voglia diminuire le forze trasmesse sul terreno da un macchinario su cui
agisce una forza armonica si fa riferimento allo schema seguente, ed inoltre si prende come
indice di efficienza il rapporto FT/FO tra la forza scaricata sul terreno attraverso la
sospensione in esame e la forza scaricata sul terreno in assenza di sospensione (se il
macchinario fosse fissato direttamente sul terreno). Naturalmente la sospensione funziona
bene se il modulo del rapporto è inferiore ad 1 (FO>FT), e tanto meglio quanto più basso è
tale rapporto.

FO ei  t
x
m

c k

FT ei  t

Ovviamente, essendo fisso il basamento, l’equazione di moto della massa è:


mx   kx  cx  Fo e it ;

le forze che si scaricano sul terreno, ovviamente lo fanno esclusivamente attraverso la molla
e lo smorzatore viscoso della sospensione, per cui risulterà:
FT   kx  cx ;

58
in cui il segno ‘meno’ dipende esclusivamente dal verso del sistema di riferimento adottato,
ed inoltre potrebbe tranquillamente essere omesso in quanto interessa esclusivamente il
rapporto dei moduli delle forze, e non la fase.
Come di consueto, poiché si fa l’ipotesi che la forzante sia armonica alla generica
pulsazione , anche gli spostamenti della massa saranno caratterizzati dalla stessa
pulsazione. Con i passaggi ormai usuali si avrà quindi:
 m 2

 ic  k X o   Fo ;

FT   ic  k  X o .

Eliminando il modulo delle oscillazioni della massa X0 (che non interessa) dalle due
precedenti relazioni si ottiene:
FT

 ic  k  
FT

 2c 2  k 2
F0 
ic  k  m 2  F0 
 2 c 2  k  m 2  2 .

Dallo studio della precedente funzione (e soprattutto del relativo diagramma di Bode) si può
determinare il grado di efficienza della sospensione.
Si lascia allo studente determinare i diagrammi asintotici sul diagramma di Bode, ma si
premettono alcune osservazioni:
 per forze statiche (=0) il rapporto vale 1, ovvero se la forza applicata alla massa è
costante, la stessa forza si scarica sul terreno (è in pratica il principio di azione e
reazione);
 anche quando (|k-m2|=k) il modulo del rapporto vale ancora 1. Ciò equivale a dire:
m2=2k, ovvero anche (/n)=20.707…;
 per pulsazioni comprese tra 0 e 2n, la funzione assume un massimo tanto più alto
quanto minore è lo smorzamento;
 per pulsazioni maggiori di 2n, il modulo del rapporto si mantiene inferiore ad 1, e
la funzione è monotona decrescente. La funzione decresce tanto più rapidamente
quanto minore è lo smorzamento.
Si riporta a seguito un diagramma in scala lineare del rapporto in funzione dei parametri
dimensionali del sistema.

59
Se quindi la pulsazione della forzante si mantiene costantemente superiore a un certo limite,
per aumentare l’efficacia della sospensione è necessario ridurre al minimo lo smorzamento;
viceversa se la pulsazione può variare e scendere a valori inferiori a 2n, l’assenza di
smorzamento potrebbe indurre una inaccettabile amplificazione della forza trasmessa al
terreno.
Inoltre è evidente che le sospensioni elastiche funzionano egregiamente alle frequenze alte,
mentre possono essere deleterie per forzanti caratterizzate da basse frequenze. Per ampliare
il campo di funzionamento potrebbe essere utile ridurre la rigidezza della sospensione (visto
che un aumento della massa non è di solito né praticabile né auspicabile), tuttavia una
riduzione della rigidezza comporta l’aumento della deflessione statica della molla e
consente alla massa di effettuare vibrazioni con ampiezza decisamente maggiore.

Nel caso in cui si voglia diminuire l’ampiezza delle vibrazioni trasmesse da un basamento
mobile (con spostamenti armonici) ad una massa, si adotta come indice di efficienza il
rapporto XO/YO tra gli spostamenti della massa e quelli del basamento (uguali a quelli della

60
massa in assenza di sospensione). Naturalmente la sospensione funziona bene se il modulo
del rapporto è inferiore ad 1 (YO>XO), e tanto meglio quanto più basso è tale rapporto.

m XO ei  t

c k

YO ei t

Ovviamente, essendo il basamento in movimento, l’equazione di moto della massa è:


mx   k ( x  y )  c( x  y ) .

Dalla precedente relazione, vista la linearità del sistema e il tipo di spostamenti del
basamento, si avrà con i soliti passaggi:
mx  cx  kx  ky  cy    m 2

 ic  k X O   k  ic YO ;

dalla quale si ottiene direttamente la relazione ricercata:


XO

 ic  k  
XO

 2c 2  k 2
Y0 
ic  k  m 2  Y0 
 2 c 2  k  m 2  2 .

Appare del tutto evidente che l’espressione dell’efficienza della sospensione ha la medesima
espressione di quella ricavata nel caso precedente. Il diagramma di Bode e i relativi
andamenti saranno quindi gli stessi, come pure le considerazioni che ne conseguono.

2. Sistemi con n Gradi di libertà


Nel presente capitolo verranno analizzate le principali caratteristiche del moto dei sistemi
dotati di più gradi di libertà. Per i calcoli e gli esempi si farà riferimento quasi
esclusivamente a sistemi con due gradi di libertà, in quanto il significato e i passaggi
algebrici saranno più facilmente comprensibili. Tuttavia, grazie alla notazione matriciale
adottata, non vi sarà alcuna differenza nell’approccio e nei metodi per la risoluzione di
problemi più complessi a 3, 4 ,10, 100 Gradi di Libertà.

61
Va comunque chiarito che anche se nella presente trattazione saranno analizzati sistemi con
2 soli GdL, le equazioni di moto e il metodo per la risoluzione del problema devono poter
essere individuati per un problema di complessità qualsiasi.
I passi che varranno compiuti per studiare tali sistemi saranno i medesimi effettuati per i
sistemi con un solo GdL, ovvero si analizzeranno sia il comportamento libero che forzato.
Verranno estesi i concetti di frequenze proprie, naturali e di risonanza (nel senso che ve ne
saranno più di una per ciascun sistema) e anche delle FRFs, che diventeranno matrici di
funzioni complesse. Verrà inoltre introdotto il concetto di modo (proprio) di vibrare, e si
farà anche ricorso al disaccoppiamento delle equazioni di moto e quindi si introdurranno i
concetti di variabili principali e normali.
Per semplificare l’analisi si farà riferimento quasi esclusivamente a sistemi privi di
smorzamento (tranne che nella scrittura delle equazioni del moto di alcuni sistemi e nella
parte finale delle presenti dispense), la parte riguardante i sistemi smorzati verrà affrontata
all’interno del Corso Specialistico.

2.1. Equazioni di moto


Si vedrà che molte delle formulazioni riguardanti i sistemi con più gradi di libertà saranno
praticamente la ‘fotocopia’ di quelle già ottenute per i sistemi con un solo grado di libertà.
Tale notevole vantaggio per lo studio e la comprensione del comportamento dei sistemi più
complessi sono consentiti dall’adozione della notazione matriciale. A tale scopo si riportano
lo schema e le relative equazioni del generico sistema a 2 GdL e con basamento fisso.
Nello schema saranno presenti anche gli elementi smorzanti, e sarà prevista la possibilità di
poter eccitare contemporaneamente entrambi i gradi di libertà con forzanti di tipo armonico
alla stessa pulsazione . Poiché le equazioni di moto (in questo caso si avrà a che fare con
un sistema di equazioni) risulteranno ancora una volta lineari, continueranno ancora a
sussistere proprietà come il principio di sovrapposizione degli effetti e la proporzionalità
della risposta rispetto all’eccitazione. Sarà inoltre possibile effettuare ancora lo studio del
moto del sistema sottoposto a forzanti generiche, attraverso l’analisi di semplici forzanti
armoniche.

62
x2
m2 F2=F02e i t

c2 k2

x1
m1 F1=F01e i t

c1 k1

Il sistema di equazioni di moto si determina molto facilmente applicando le Equazioni


Cardinali della Dinamica separatamente ai due corpi rigidi (alle due masse), ovvero anche la
legge di Newton F=ma. Per una più rapida determinazione delle equazioni si ricorda che
sussiste il principio di azione e reazione, per cui nel caso in oggetto la forza che il sistema
molla-smorzatore esercita sulla massa m1, è uguale (in modulo) e contraria (cambiata di
segno) a quella che viene esercitata dal medesimo sistema sulla massa m2.
Si ottiene quindi facilmente che:

m1 x1  k1 x1  c1 x 1  k 2 ( x1  x2 )  c2 ( x 1  x 2 )  F1



m2 x2  k 2 ( x2  x1 )  c2 ( x 2  x 1 )  F2
Si dimostra facilmente che, definendo:

 x1   F1  m 0  k1  k 2  k2  c1  c 2  c2 
x   , F   , M  1  , K  e C ,
0 m2    k2 k2    c2 c 2 
 x2   F2 
il precedente sistema può essere riscritto in maniera del tutto equivalente attraverso la
seguente relazione matriciale:
Mx  Cx  Kx  F .

Tale equazione (in realtà un sistema di equazioni) risulta estremamente simile a una delle
più ricorrenti equazioni dei sistemi con un GdL: le differenze sono che la massa, rigidezza e

63
smorzamento sono ora matrici di coefficienti costanti, mentre l’incognita x (e le sue
derivate) e la forzante F sono vettori di funzioni incognite e di funzioni note
rispettivamente.
Si dimostra (anche sfruttando il teorema di Maxwell) che le matrici di rigidezza e
smorzamento sono simmetriche, mentre la matrice delle masse è diagonale per i sistemi a
parametri concentrati.18

2.2. Comportamento libero di sistemi non smorzati


Facendo riferimento alla figura precedente, in cui si escluda la presenza di forzanti, e
facendo l’ipotesi che i coefficienti di smorzamento viscoso del sistema siano entrambi nulli,
si ottiene un classico sistema libero con 2 GdL. Naturalmente un sistema non eccitato può
rimanere fermo, ma ciò può succedere solo se le condizioni iniziali sono: velocità nulla e
posizione iniziale pari alla posizione di equilibrio statico.
In tutte le altre condizioni il sistema è in grado di muoversi, come già visto per i sistemi con
1 GdL, ma il moto dovrà rispondere a precise condizioni.
Le equazioni di moto risulteranno quindi nella seguente equazione matriciale:
Mx  Kx  0 .

Ancora una volta lo scopo è trovare una soluzione di tipo armonico che soddisfi in ogni
istante tale sistema di equazioni. Si cercheranno quindi le condizioni sui coefficienti della
seguente funzione affinché possa verificare identicamente l’equazione:

x1 (t)  X10e  X10  it it


it

x(t)      it    e  X 0e .

x2 (t) X 20e  X 20 


Derivando si avrà inoltre:

18
In effetti, ad esempio nei modelli agli elementi finiti, la matrice delle masse non è necessariamente diagonale, ma
simmetrica e definita positiva. Per quello che riguarda le matrici di rigidezza e smorzamento, queste oltre ad essere
simmetriche sono semidefinite positive. Si ha in pratica che in tutte le matrici definite in precedenza i termini sulla
diagonale principale sono sempre positivi; i termini extradiagonale sono invece quasi sempre negativi a meno che non si
utilizzino per le masse sistemi di riferimento non congruenti (uno orientato verso l’alto, l’altro verso il basso), oppure
quando per un sistema vi sono insieme gradi di libertà di traslazione e di rotazione. Quando i termini extradiagonali
sono positivi è comunque buona regola ricontrollare attentamente le equazioni di moto.

64
x1 (t)  i t x1 (t)  2 it
x (t )     iX 0e , x(t )      X 0e .
x 2 (t) x2 (t)
Inserendo le precedenti nell’equazione differenziale si ottiene quindi:
  2

M  K X 0 e it  0 .

Tale sistema algebrico può essere verificato per ogni istante se e solo se è verificato il
seguente sistema di equazioni algebriche lineare e omogeneo:
 2
M  KX0  0 .

E’ di comune conoscenza il fatto che un sistema algebrico lineare in n equazioni e n


incognite (come quello precedente) ha normalmente una unica soluzione, che nel caso dei
sistemi omogenei è la soluzione banale (ovvero la soluzione che ci dice che il sistema può
stare fermo).
Tuttavia se la matrice dei coefficienti (K-M2) avesse determinante nullo, allora sarebbero
possibili altre soluzioni diverse da quella banale, ed in più tali soluzioni sarebbero almeno
1, tutte proporzionali tra loro (ovvero definite a meno di una costante moltiplicativa).
Si ha quindi che un sistema libero può avere spostamenti armonici con ampiezze non nulle
se e solo se:

det K   2 M  0 . 
Tale espressione rappresenta una equazione algebrica di ordine 2n, in cui non compaiono i
termini di ordine dispari, per cui può essere risolta in 2 dando origine a n soluzioni sempre
positive (e generalmente distinte) che rappresentano i quadrati delle pulsazioni naturali del
sistema. Anche in questo caso quindi le pulsazioni proprie del sistema sono le uniche
pulsazioni con cui può vibrare un sistema libero.
Da un punto di vista più squisitamente matematico è possibile anche dire che i quadrati delle
pulsazioni proprie (che se non c’è smorzamento sono anche naturali) costituiscono gli
autovalori della matrice (K-M2), o meglio della matrice (M -1K).
Tornando all’esempio precedente si ha che:

 k1  k 2  k 2  2 m1 0    (k1  k 2 )  m1 2  k 2  



det K   M  det 
2


     0 m   det 
  2  ;
 2 k k 2   2    k 2 k 2  m 2 
e quindi
65
 
det K   2 M  m1m 2 4-(k1m 2  k 2 m 2  k 2 m1 ) 2 k1k 2  0 .

L’espressione esplicita delle due pulsazioni proprie può risultare complessa se si


mantengono incognite le costanti del sistema (e infatti si è preferito non riportarla in quanto
inutile nell’interesse della comprensione del comportamento del sistema). Se invece si
attribuisce a queste il rispettivo valore numerico, questa assume l’aspetto di una
comunissima equazione di secondo grado in 2, di cui per di più si sa già che le due radici
sono positive (due variazioni di segno nei coefficienti del trinomio).
In corrispondenza quindi delle due pulsazioni proprie del sistema (le radici positive degli
autovalori), si ha quindi che il sistema lineare algebrico ammette soluzioni diverse da quella
banale. Indicando con 1 e 2 le due pulsazioni proprie si ottengono quindi i due seguenti
sistemi:
 2
1 
M  K X0  0;

 2
2 M  KX 0  0.

Ciascuno dei due sistemi ammette quindi soluzioni reali non nulle, e si supponga che X0=Y1
sia una qualsiasi soluzione del primo sistema, mentre X0=Y2 sia una qualsiasi soluzione del
secondo. Quindi le due seguenti espressioni sono relazioni sempre vere:
   M  K Y  0 ;
1
2
1

   M  K Y  0 .
2
2 2

I due vettori Y1 e Y2 vengono indicati come modi propri di vibrare o autovettori del
sistema. Inoltre, per le proprietà di linearità del sistema, anche le soluzioni X0=aY1 e
X0=bY2, qualunque siano i coefficienti a e b, sono soluzioni (e quindi autovettori):
   M  K aY  0 ;
2
1 1

   M  K bY  0 .
2
2 2

Quindi si ha che le seguenti funzioni armoniche sono soluzioni del sistema di equazioni
differenziali:

 X 10  i1t i1t Y11  i1t


x(t )   e  Y1e   e ;
 X 20  Y12 

66
 X 10  i2t i2t Y21  i2t
x(t )   e  Y2e   e .
 X 20  Y22 
Inoltre, sempre per le proprietà di linearità del sistema, una qualsiasi combinazione lineare
di soluzioni è soluzione anch’essa. Si ha quindi che anche la seguente espressione soddisfa
l’equazione differenziale ed è quindi soluzione (con a e b qualsiasi):

 X 10  i1t i1t i 2 t Y11  i1t Y21  i 2t


x(t )   e  a Y1 e  b Y2 e  a   e  b  e .
X
 20  Y
 12  Y22 
Dalla precedente si ottiene che per un sistema a 2 GdL il più generale moto libero del
sistema è ottenibile come combinazione lineare di due moti armonici con pulsazioni pari
alle pulsazioni proprie. Naturalmente le due costanti a e b (complesse) possono essere
determinate con la conoscenza delle condizioni iniziali.
Vibrazione alla prima pulsazione naturale Vibrazione alla seconda pulsazione naturale
2 1

0.8
1.5

0.6
1
0.4

0.5
0.2
Vibrazione

Vibrazione

0 0

-0.2
-0.5

-0.4
-1
-0.6

-1.5
-0.8

-2 -1
0 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 0 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10
Tempo Tempo

Vibrazione completa
3

1
Vibrazione

-1

-2

-3
0 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10
Tempo

67
Esempio di moto libero di una delle masse di un sistema con 2GdL

Naturalmente le stesse conclusioni possono essere estese ai sistemi con n gradi di libertà,
per cui il generico moto libero è una combinazione lineare di n moti armonici con pulsazioni
pari alle pulsazioni proprie.

2.2.1. Esempio numerico


Se nel precedente esercizio si inseriscono i seguenti valori numerici si ottiene:
m1=80 kg
m2=2 kg
k1=1000000 N/m
k2=300000 N/m
1300000 - 300000  80 0 1300000 - 2 80 - 300000 
K  M  K  2 M   
- 300000 300000  0 2  - 300000 300000 - 2 2

det( K  2M )  4 160 - 226600000 + 300000000000

12  1.541105 rad 2 s 2 12  62.47 Hz


da cui .
 22  1.217 10 4 rad 2 s 2  22  17.56 Hz

- 0.0272 0.6766
Y1    , Y2   
0.9996  0.7363

i1t - 0.0272 i392.6t 0.6766 i110.3t


i 2t
x(t )  aY1e  aY2 e  a e  b e
0.9996  0.7363
2.3. Matrice modale e proprietà di ortogonalità dei modi propri
Affiancando gli n autovettori distinti (ottenuti con n pulsazioni proprie diverse), si ottiene
una matrice che viene detta matrice modale del sistema. Tale matrice modale, per l’esempio
precedente risulta quindi pari a:
- 0.0272 0.6766
Y   Y1 Y2    .
 0.9996 0.7363

Va fatto osservare che ogni singolo autovettore è definito a meno di una costante
moltiplicativa (esistono 1 ‘esemplari’ dello stesso autovettore), per cui essendo la matrice

68
modale costituita dall’affiancamento di n autovalori distinti (derivanti da pulsazioni naturali
diverse), allora esistono n matrici modali distinte19.
La matrice modale (intesa come una qualsiasi tra le n) gode di proprietà notevolmente
interessanti. Una di esse è che normalmente la ha determinante diverso da zero (ha rango
massimo), il che significa che i modi propri sono tutti ortogonali (indipendenti) tra loro.
Esistono dei casi (per fortuna rari) in cui questo non accade, e per tali sistemi la cosiddetta
analisi modale deve essere effettuata con metodi avanzati e con particolare attenzione. Una
ulteriore proprietà è quella che la matrice modale riesce a diagonalizzare le matrici di massa
e di rigidezza del sistema.
Tale proprietà discende direttamente dalla proprietà di ortogonalità dei modi propri rispetto
alle matrici di massa e di rigidezza del sistema che si esprimono nelle seguenti relazioni:

 0 se i  j
Y MY  ;
T
i j
 0 se i  j
 0 se i  j
Y KY  .
T
i j
 0 se i  j
In pratica, se si prendono due autovettori qualsiasi Yi e Yj (gli indici i e j possono assumere
qualsiasi valore intero tra 1 e n), essi saranno stati ricavati in corrispondenza delle
pulsazioni proprie i e j:
1. premoltiplicando la matrice delle masse M per il trasposto di un autovettore di indice
i e postmoltiplicando per un altro di indice j:
 se i due autovettori hanno il medesimo indice (j=i, ovvero sono stati ottenuti
con la medesima pulsazione propria, non devono essere necessariamente uguali) il
prodotto YiTMYi può assumere valore non nullo;

19
Nonostante gli autovettori siano definiti a meno di una costante moltiplicativa, le informazioni che contengono sono
molto rilevanti:
se il moto avviene alla prima pulsazione propria n1= 392.53 rad/s, il rapporto tra gli spostamenti della prima e della
seconda massa sarà costante e pari a ( Y11//Y21)=(0.0272/0.9996)=(0.0272) ed inoltre le due masse saranno in controfase
per via del segno meno (se una massa va in altro, l’altra va in basso);
se il moto avviene alla seconda pulsazione propria n1= 110.31 rad/s, il rapporto tra gli spostamenti della prima e della
seconda massa sarà costante e pari a (Y12//Y22)=( 0.6766/0.7363)=(0.9189) ed inoltre le due masse saranno in fase (le
due masse vanno insieme verso l’alto o verso il basso).

69
 se i due autovettori hanno indice diverso (ovvero sono stati ottenuti con due
pulsazioni proprie diverse) il prodotto YiTMYj è sempre nullo.
2. premoltiplicando la matrice delle masse K per il trasposto di un autovettore di indice
i e postmoltiplicando per un altro di indice j:
 se i due autovettori hanno il medesimo indice (j=i, ovvero sono stati ottenuti con la
medesima pulsazione propria) il prodotto YiTKYi può assumere valore non nullo;
 se i due autovettori hanno indice diverso (ovvero sono stati ottenuti con due
pulsazioni proprie diverse) il prodotto YiTKYj è sempre nullo.
Va sottolineato, se ce ne fosse bisogno, che il prodotto tra un vettore riga, una matrice e un
vettore colonna, dà come risultato uno scalare.
Le dimostrazioni sono semplici giochi di calcolo matriciale che si basano sulle due seguenti
relazioni tra le pulsazioni proprie e gli autovettori (relazioni sempre vere per la definizione
stessa di una coppia autovalore-autovettore):
 K  M Yi
2
i  0;

 K  M Y2
j j  0.

Si ricorda che per il risultato della trasposizione del prodotto di due matrici, è il prodotto
della seconda matrice trasposta moltiplicata per la prima trasposta (ovvero (AB)T=BTAT). Si
ricorda inoltre che le matrici M e K sono simmetriche (M è di solito anche diagonale) e
quindi (K-M2)T=(K-M2).
Per dimostrare la proprietà di ortogonalità dei modi propri rispetto alla matrice di massa, si
eseguono quindi le seguenti operazioni:
1. si traspone la prima relazione, e successivamente postmoltiplicando entrambi i
membri per il vettore YjT, la relazione risulta ancora valida;
2. si premoltiplicano semplicemente entrambi i membri della seconda relazione per il
vettore YiT, la relazione risulta ancora valida;
 K  M Y
i
2
i 
 0  YiT K  M i2  T
   
 YiT K  M i2  0  YiT K  M i2 Y j  0 ;

 K  M Y
2
j j  
 0  YiT K  M 2j Y j  0 .

Sottraendo membro a membro le relazioni così ottenute si ottiene:


YiT  K  M i2  K  M 2j  Y j  0  YiT  M ( 2j   i2 )  Y j  0  ( 2j   i2 )YiT MY j  0 .

70
Dalla precedente relazione (sempre vera in quanto si sono solo modificate algebricamente
relazioni vere per definizione) si ottiene subito ciò che si cercava, ovvero:
 se i=j p i=j e quindi (j2-i2)=0, per cui il prodotto YiTMYj può essere anche
diverso da zero, la relazione rimane comunque verificata;
 se ij p ij e quindi (j2-i2)0, per cui il prodotto YiTMYj deve necessariamente
essere uguale a zero per fare sì che la relazione sia verificata.

Discorso analogo per la proprietà di ortogonalità dei modi propri rispetto alla matrice di
rigidezza:
1. si traspone la prima relazione, e successivamente postmoltiplicando entrambi i
membri per il vettore YjT, si divide per lo scalare i2,la relazione risulta ancora
valida;
2. si premoltiplicano semplicemente entrambi i membri della seconda relazione per il
vettore YiT e si divide per lo scalare j2,la relazione risulta ancora valida;
 1 
 K  M Y  0  Y  K  M Y
i
2
i i
T
i
2
j  0  YiT  2 K  M Y j  0 ;
 i 
 1 
 K  M Y
2
j j  
 0  YiT K  M 2j Y j  0  YiT  2 K  M Y j  0 .
 
 j 

Sottraendo membro a membro le relazioni così ottenute si ottiene:


 1 1   1 1  
YiT  2 K  M  2 K  M Y j  0  YiT   2  2  K Y j  0 
 j    i  j  
 i    
.
 1 1 
  2  2 YiT KY j  0
 
 i j 

Dalla precedente relazione (sempre vera) si ottiene subito ciò che si cercava, ovvero:
 se i=j p i=j e quindi (1/i2-1/j2)=0, per cui il prodotto YiTKYj può essere anche
diverso da zero, la relazione rimane comunque verificata;
 se ij p ij e quindi (1/i2-1/j2)0, per cui il prodotto YiTKYj deve
necessariamente essere uguale a zero per fare sì che la relazione sia verificata.
Si conclude asserendo che i modi propri di vibrare sono ortogonali rispetto alle matrici di
massa e rigidezza.

71
Ciò che rende di particolare importanza le due proprietà di ortogonalità dei modi è che i
prodotti YiTMYj eYiTKYj sono gli elementi di posto (i,j) rispettivamente delle matrici
quadrate YTMY eYTKY. Tali matrici sono quindi diagonali (tutti gli elementi con indici
diversi sono necessariamente nulli), e vengono chiamate matrice delle masse diagonalizzata
Md e chiamate matrice delle rigidezze diagonalizzata Kd:

 \ 0
M d   md   YT MY ;
0 \ 

 \ 0
K d   kd   YT KY .
0 \ 
2.4. Disaccoppiamento delle equazioni di moto:
Le precedenti proprietà sono indispensabili per poter disaccoppiare le equazioni di moto,
ovvero fare in modo che in ogni equazione differenziale del sistema che regola la dinamica
del nostro modello con n GdL compaia una sola funzione incognita 20. Se si riuscisse quindi
a disaccoppiare le equazioni, il sistema potrebbe essere risolto risolvendo le equazioni 21 una
ad una, come se non facessero parte di un sistema.
Si parte dunque dalle equazioni di moto del sistema non smorzato; inoltre le proprietà di
ortogonalità dei modi propri non dipendono dalla eventuale presenza di forzanti (pulsazioni
e modi propri di vibrare sono grandezze caratteristiche del moto libero del sistema), per cui
considereremo le equazioni di moto del sistema con forzanti22:

20
In generale ciascuna equazione di moto potrebbe contenere tutte le n funzioni incognite. In pratica, come si vede
anche dall’esempio numerico svolto in precedenza, compaiono la funzione spostamento della massa che si sta
considerando, e tutte quelle delle masse ad essa collegate fisicamente (attraverso molle o smorzatori).
21
Ciascuna equazione sarebbe quindi una equazione differenziale di secondo ordine, esattamente come quelle studiate
nei sistemi con un solo grado di libertà.
22
E’ la forma più generale possibile: da questa si ricade nel moto libero del sistema imponendo F=0.

72
Mx  Kx  F .

A questo punto si premoltiplicano entrambi i membri per la trasposta della matrice modale:
Y T  Mx  Kx   Y T F  Y T Mx  Y T Kx  Y T F ;

tra la matrice delle masse e il vettore delle accelerazioni, come pure tra la matrice delle

rigidezze e il vettore degli spostamenti, è possibile inserire la matrice unità senza modificare

la validità della relazione. Inoltre, poiché la matrice modale ha generalmente determinante

diverso da zero (i modi sono indipendenti), vale anche:

YY 1  I ;

per cui si ha:


Y T Mx  Y T Kx  Y T F  Y T MIx  Y T KIx  Y T F 
 Y T MYY 1 x  Y T KYY 1 x  Y T F

da cui, visto quanto detto in precedenza sulla diagonalizzazione delle matrici di massa e
rigidezza, si ottiene subito:
Y T MYY 1 x  Y T KYY 1 x  Y T F  M d Y 1 x  K d Y 1 x  Y T F .

Si osservi inoltre che i prodotti Y-1x (e la sue derivata seconda) e YTF sono ancora vettori di
dimensioni (nx1) come i vettori x e F. Si può quindi effettuare un cambiamento di variabili:
x p  Y 1 x ;

ove con xp si indicano le nuove variabili che vengono dette coordinate principali del
sistema per distinguerle dal vettore x delle cosiddette coordinate fisiche. Si ha quindi che,
indicando inoltre con Fp=YTF le forzanti principali:
M d xd  K d x p  Fp .

Poiché tutte le matrici sono diagonali, la precedente scrittura matriciale può essere
esplicitata nel seguente sistema disaccoppiato:

md 1 x p1  k d 1 x p1  F p1

md 2 x p 2  k d 2 x p 2  F p 2

.................................
mdn x pn  k dn x pn  F pn

Per risolvere la singola equazione basta ritornare alla teoria dei sistemi con un solo grado di
liberà nel loro moto libero e forzato. Si ha inoltre che le singole pulsazioni proprie del

73
sistema (che non sono cambiate) possono essere ottenute come la radice quadrata del
rapporto tra le corrispondenti rigidezze e masse diagonalizzate, ovvero:

 k d1
 p1   n1 
 md 1

 kd 2
 p 2   n 2 
 md 2

.................................
 k dn
 pn   nn 

 mdn

Da ciò si può concludere, ad esempio, che il moto libero della prima coordinata principale è
una vibrazione armonica con pulsazione pari alla prima pulsazione propria del sistema, il
moto libero della seconda coordinata principale è una vibrazione armonica con pulsazione
pari alla seconda pulsazione propria del sistema, e così via.
Inoltre si può osservare come la matrice modale Y altro non è che una matrice di numeri
(tra l’altro con determinante diverso da zero) per cui la relazione:
x p  Y 1 x

altro non significa che le coordinate principali sono una combinazione lineare delle
coordinate fisiche (se queste ultima hanno significato fisico evidente, le prime non ne
hanno). Inoltre si ha anche:
x p  Y 1 x  x  Yx p

dalla quale si ha che, una volta risolto il sistema in termini di coordinate principali, è
possibile ottenere la soluzione in termini di coordinate fisiche semplicemente
premoltiplicando per la matrice modale il vettore delle soluzioni delle coordinate principali.
Anche da questa osservazione si ritrova il fatto che il moto libero della generica coordinata
fisica (lo spostamento di una massa) è esprimibile come combinazione lineare di n
oscillazioni armoniche in corrispondenza delle pulsazioni proprie.
Esiste inoltre una unica matrice modale (si ricordi che sono n) per cui sussiste la proprietà
non solo di diagonalizzare la matrice delle masse, ma di renderla addirittura pari alla matrice
unità. Tale matrice si chiamerà matrice modale normalizzata :
 T M  I .

74
In corrispondenza della suddetta trasformazione, sulla diagonale della matrice delle
rigidezze diagonalizzata compariranno i quadrati delle pulsazioni proprie:
 2p1 0 
 
  p2
2

 K 
T
  .
 2 
 0  pn 

Le particolari coordinate principali ottenute attraverso la matrice modale normalizzata si


chiamano coordinate normali:
xn   1 x  x  xn .

Le equazioni di moto quindi, oltre ad essere disaccoppiate, ora sono esprimibili in forma
normale, ovvero nella forma nella quale è possibile esplicitare la derivata di ordine
maggiore, avendo essa inoltre coefficiente moltiplicativo pari a 1. Quindi:

 \   \ 0
 2   2 
Ixn   n xn  Fn  xn   n xn  Fn ;

 \ 0 \


ovvero anche:

75
xn1 n21xn1  Fn1 xn1  n21xn1  Fn1
 2  2
xn2 n2xn2  Fn2 xn2  n2xn2  Fn2
 
. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
x  2 x  F x   2 x  F
 nn nn nn nn  nn nn nn nn
Va specificato che anche se tali trasformazioni non sembrano particolarmente utili in quanto
possono richiedere calcoli matriciali lunghi e complessi da fare ‘a mano’, questi possono
essere eseguiti con precisione, facilità e rapidità da un qualsiasi computer. Inoltre
l’esecuzione di qualche prodotto riga per colonna (per di cui esistono da decenni routine di
calcolo rapide e affidabili) consente di risolvere problemi di dinamica anche estremamente
complessi attraverso la risoluzione di una serie di equazioni di secondo ordine indipendenti
piuttosto che un complesso sistema accoppiato. Anche in questo caso le routine di calcolo
sono infinitamente più veloci per equazioni singole che per sistemi, per cui il vantaggio
globale è veramente notevole.
Il metodo per trovare la matrice modale normalizzata è inoltre piuttosto facile: si inizia
trovando una qualsiasi matrice modale e si diagonalizza la matrice delle masse ottenendo:
 md 1 0 
 md 2 
Y T MY   .
  
 
 0 md 2 

Si dimostra facilmente che la matrice delle modale normalizzata si ottiene a partire dalle
singole colonne Yi della matrice modale ‘di primo tentativo’ e dai valori sulla diagonale
della matrice delle masse diagonalizzata. Si ha infatti che l’i-esima colonna della matrice
modale normalizzata si ottiene dividendo la corrispondente colonna della matrice modale ‘di
primo tentativo’ per la radice quadrata della l’i-esima componente della diagonale principale
della matrice di massa diagonalizzata:
Yi
i  ;
m di

76
e quindi
 Y Y2 Yn 
   1 2  n    1  .
 md 1 md 2 mdn 

2.4.1. Esempio numerico


Si faccia ancora riferimento al modello con 2 GdL analizzato in precedenza, alle cui costanti
meccaniche si attribuiscano ancora i seguenti valori:
m1=80 kg;
m2=2 kg;
k1=1000000 N/m;
k2=300000 N/m.
Dalla parte precedentemente svolta dell’esercizio risultavano:
1300000 - 300000 80 0 - 0.0272 0.6766
K   M  Y .
- 300000 300000  0 2  0.9996 0.7363

Svolgendo i calcoli per la diagonalizzazione delle matrici si ha:


T
- 0.0272 0.6766 80 0  - 0.0272 0.6766
Y MY  
T
   
 0.9996 0.7363  0 2  0.9996 0.7363
- 0.0272 0.9996 80 0  - 0.0272 0.6766  2.0576 0 
   
 0.6766 0.7363  0 2  0.9996 0.7363  0 37.7073

T
- 0.0272 0.6766  1300000 - 300000  - 0.0272 0.6766 
Y T KY      
 0.9996 0.7363 - 300000 300000   0.9996 0.7363
- 0.0272 0.9996  1300000 - 300000  - 0.0272 0.6766 
   
 0.6766 0.7363 - 300000 300000   0.9996 0.7363
317035 0 

 0 458857 

da cui si ritrovano:

 317035
 p1   n1   1.5408 10 5  392.53rad / s
 2.0576
 .
    458857
 p 2 n2  1.2169 10 4  110.31rad / s
37.7073
Risulta inoltre semplice trovare la matrice modale normalizzata:

77
1 - 0.0272 - 0.0190 1 0.6766 0.1102
1       2    
2.0576 0.9996  0.6969  37.7073 0.7363 0.1199
- 0.0190 0.1102
 
0 .6969 0.1199
T
- 0.0190 0.1102  80 0 - 0.0190 0.1102  1 0
 M  
T

 0.6969 0.1199   0 2  0.6969 0.1199  0 1
T
- 0.0190 0.1102 1300000 - 300000 - 0.0190 0.1102
 K  
T
   
 0.6969 0.1199 - 300000 300000   0.6969 0.1199
1.5408 105 0 
 
 0 1.2169  10  4

In sostanza queste tre forme delle equazioni di moto portano esattamente alle stesse
soluzioni, mentre i tempi di calcolo di un PC diminuiscono notevolmente nel passare dalla
prima alla terza forma.

80x1  1300000x1  300000x2  0


1. 
2x2  300000x1  300000x2  0

2.0576xp1317035xp10 x1 -0. 27 0.67 6xp1


2.
 con    
37. 073xp2458 57xp20 x2 0.9 6 0.736 xp2
78
xn11.540810 xn10 x1 -0. 190 0.1 02xn1
5
3.
 4 con    
xn21.216910 xn2 0 x2 0.69 0.1 9 xn2
2.5. Smorzamento proporzionale
Si è già detto in precedenza che si farà riferimento quasi esclusivamente a sistemi non
smorzati in quanto, ad esempio, mentre i modi propri sono ortogonali rispetto alle matrici di
massa e rigidezza, non lo sono rispetto alla matrice di smorzamento (viscoso o strutturale
che sia). Infatti, nel caso di sistema con smorzamento viscoso, la matrice e YTCY
risulterebbe ancora simmetrica ma non diagonale. Per le equazioni di moto si potrebbe
quindi scrivere:
Y T MYY 1 x  Y T CYY 1 x  Y T KYY 1 x  Y T F  M d x p  C x p  K d x p  Fp .

Tale forma, pur risultando un po’ più semplice rispetto a quella originale (in ogni equazione
vi è solo una funzione incognita xpi e la sua derivata seconda), risulta accoppiata per mezzo
delle derivate prime delle coordinate principali.
In generale quindi i sistemi smorzati non sono disaccoppiabili (almeno in prima istanza), a
mano che la matrice di smorzamento non abbia una forma particolare. Se infatti la matrice
di smorzamento è riscrivibile come combinazione lineare delle matrici di massa e rigidezza
si ha:
C  M  K

Y T CY  Y T (M  K )Y  Y T MY  Y T KY  M d  K d  C d

in cui la matrice Cd è diagonale in quanto combinazione lineare di matrici diagonali. In tale


ipotesi che si chiama di smorzamento proporzionale (analoga forma si avrà per lo
smorzamento strutturale) si avrà:
Y T MYY 1 x  Y T CYY 1 x  Y T KYY 1 x  Y T F  M d x p  C d x p  K d x p  Fp

e quindi anche in questo caso le equazioni di moto possono essere disaccoppiate:

79
md 1 x p1  cd1 x p1  k d1 x p1  Fp1

md 2 x p 2  cd 2 x p 2  k d 2 x p 2  Fp 2
 .
.......... .......................
mdn x pn  cdn x pn  k dn x pn  Fpn

In queste ipotesi si ha quindi che il moto libero di un sistema con n gradi di libertà (se il
moto è libero le forzanti fisiche sono nulle, e lo saranno anche quelle principali, essendo una
combinazione lineare delle prime) con smorzamento proporzionale è la somma di n moti
armonici smorzati caratterizzati dalle n pulsazioni proprie del sistema pi e dagli n parametri
di smorzamento viscoso dimensionale pi:
cdi
 pi 
2 k di mdi

k di
 pi  1   pi2   ni 1   pi2
m di

01 
 x (t )  X e  p1n1t  sin  1   2 t  
 p1 n1 p1 1

02 
 x (t )  X e  p 2 n 2t  sin  1   2 t  
 p2 n2 p2 2 
.................................

 x pn (t )  X 0 n e
 pn nnt

 sin  nn 1   pn2 t   n 
ed ancora:
x  Yx p .

Naturalmente potrà anche risultare che alcuni modi siano sovrasmorzati, ovvero:
cdi
 pi   1;
2 k di mdi

in questo caso questi modi non daranno origine ad alcuna oscillazione.


Naturalmente vi saranno da identificare 2n costanti reali (o n costanti complesse) che
potranno essere determinate tramite la conoscenza delle condizioni iniziali (posizione e
velocità di tutte le masse all’istante t=0)

2.6. Moto forzato


Per quanto riguarda il moto forzato, valgono ancora le equazioni ricavate in precedenza:

80
Mx  Cx  Kx  F , (forma generale)

che si esplicita nella seguente espressione quando ci si riferisce all’esercizio numerico:

m1 0 x1  c1 c2 c2x1  k1  k2 k2x1  F1 


M                .

0 m2x2  c2 c2 x2  k2 k2 x2 F2


Anche in questo caso si farà riferimento a forzanti di tipo armonico e, come già osservato
per i sistemi con 1 GdL, la soluzione generale sarà somma di un transitorio che tende di
solito ad estinguersi con il tempo (equivalente al moto libero) e di un comportamento di
regime. Poiché si è già parlato ampiamente di moto libero (e quindi di transitorio), ci si
concentrerà d’ora in poi alla sola determinazione della soluzione di regime, ovvero della
soluzione particolare del sistema di equazioni. Si suppone che tutte le forzanti abbiano la
stessa pulsazione  e modulo generico F01 (che potrebbe quindi anche essere nullo).
Poiché le forzanti sono armoniche e il sistema lineare, come nei sistemi con 1 GdL si avrà:

81
F01e  F01  i t
X 01e  X 01  i t

 i t     i t   
F
it F02e   02  it
X
it  X 02e   02  it
F (t)  F0e      e  x(t)  X 0e      e
       
F eit  F0n  X eit  X 0n 
 0n   0n 
in cui i numeri complessi X0i vanno determinati in funzione delle caratteristiche del sistema,
e dell’ampiezza e pulsazione della forzante. Eseguendo nel modo consueto le derivate e
reinserendo le precedenti espressioni nel sistema di equazioni differenziali si ottiene:
  
  2 MX 0 e it  iCX 0 e it  KX 0 e it  F0 e it    2 M  iC  K X 0  F0 e it  0 .

Si ricorda inoltre che la precedente è una espressione matriciale, e il prodotto tra matrici
(riga per colonna) non gode della proprietà commutativa: si consiglia quindi di fare
attenzione all’ordine dei vari elementi nelle espressioni, solo gli scalari come la pulsazione
possono essere piazzati ovunque.
I ogni caso, per fare sì che la precedente espressione sia verificata in ogni istante (il termine
esponenziale non si azzera mai) dovrà valere la seguente relazione algebrica e matriciale:
 2
M  iC  K  X 0  F0  0     2 M  iC  K  X 0  F0 .

Dalla precedente relazione è quindi possibile ricavare il vettore X0 dei moduli degli

spostamenti dei vari gradi di libertà:

 2
 
M  iC  K X 0  F  X 0    2 M  iC  K  1
F0 .

Si noti che date le già accennate proprietà delle matrici del sistema (matrice delle masse

definita positiva e matrici di rigidezza e smorzamento semidefinite positive) è sempre


2
possibile effettuare l’inversione della matrice (- M+iC+K). La precedente formula
82
costituisce una relazione tramite la quale, data la conoscenza delle ampiezze delle forzanti e

della loro pulsazione, è possibile ricavare automaticamente l’ampiezza (e la fase) dei

conseguenti spostamenti dei gradi di libertà. Un concetto simile si è già trovato nell’utilizzo

pratico della ricettanza nei sistemi con 1 GdL.


Si ha infatti che la seguente matrice viene chiamata matrice di ricettanza del sistema:
 ( )     2 M  iC  K   X 0   ( ) F0 .
1

Se il concetto è il medesimo, sicuramente diversa è la forma: per i sistemi con 1 GdL infatti
la ricettanza era una funzione complessa di variabile reale, per i sistemi con n GdL la
ricettanza è una matrice (nxn) di funzioni complesse di variabile reale.
 11 ( )  12 ( )   1n ( ) 
 ( )  ( ) 
 ( )   21 22 
   
 
 n1 ( )  nn ( )

E’ quindi evidente che per un sistema con 10 gradi di libertà di avrà a che fare con 100
funzioni di ricettanza, nei sistemi agli elementi finiti dove vi sono a volte migliaia di gradi
di libertà, le funzioni di ricettanza si contano a milioni. Va però subito osservato che la
matrice di ricettanza si ottiene dall’elaborazione di matrici simmetriche, quindi è simmetrica
anch’essa23, e dunque il numero effettivo di funzioni di ricettanza distinte è inferiore a n2.
Nel seguito si farà riferimento quasi esclusivamente (tranne che nelle ultime considerazioni)
a sistemi non smorzati per cui, non essendo presente la matrice C (a cui si debbono i
contributi immaginari nelle equazioni), tutte le funzioni di ricettanza sono reali.

2.6.1. Esempio numerico


Sempre facendo riferimento al sistema a 2 GdL analizzato in precedenza si ha:

23
Alla precedente conclusione si sarebbe potuto arrivare anche attraverso considerazioni energetiche che si esprimono
anche attraverso il ben noto teorema di Maxwell

83
m1 0 x1  k1  k 2 -k 2 x1  F10e 
iωω

Mx  Kx            iωω 
 0 m2 x2   -k 2 k 2 x2  F20e 
80 0x1  1300000 -300000x1  F10  iωω
          e
 0 2x2  -300000 300000 x2  F20 
1
 m 0  k1  k 2 - k2  
 ( )     M  K 
1
2
  ( )     2  1   -k  
  0 m 2   2 k 2  
1
 (k  k )   2 m1 - k 2  
  1 2  
 - k k   2
m
  2 2 2 

1 (k 2 -ω 2 m2 ) k2 
  
(k1k 2 -ω 2 (k1m2  k 2 m2  m1k 2 )  ω 4 m1m2 )  k2 (k1  k 2 -ω 2 m1 )

da cui, inserendo i valori numerici si ottiene:

1
 1
 80 ω 150000
2
  
1875

α(ω)  4  .
(ω -166250 ω 2 1875000000 ) 

1875
1 2

 ω -16250 
2 

Tramite la seguente espressione è quindi possibile conoscere gli spostamenti dei due gradi
di libertà, nota la pulsazione  e le ampiezze delle forzanti applicate alla prima (F01) e alla
seconda (F02) massa.

84
X 01  1 (k2-ω m2 ) k2 F01  2

  2 4  2  
X 02  (k1k2-ω (k1m2  k2m2  m1k2 ) ω m1m2 )  k2 (k1  k2-ω m1 )F02 
Si avrà dunque che delle quattro funzioni di ricettanza, due sono uguali tra loro (quelle extra
diagonali), ma tutte sono funzioni fratte con il medesimo denominatore. Ciascuna di esse ha
inoltre una sua rappresentazione nel diagramma di Bode.
Bode Diagram
From: U(1) From: U(2)
-60

-80

-100
To: Y(1)

-120

-140

-160

-180
360

270

180
To: Y(1)

90
Phase (deg); Magnitude (dB)

-90
-40

-60

-80
To: Y(2)

-100

-120

-140

-160

-180
180

90
To: Y(2)

-90

-180
1 2 3 1 2 3
10 10 10 10 10 10
Frequency (rad/sec)

Inserendo dei valori numerici si ottiene facilmente a soluzione del sistema di equazioni
differenziali. Siano:
F10=100 N;
F02=60 N;
 =31.4 rad/s (f=5 Hz).
Risolvendo il sistema si ottiene:

85
 X 01  1
 1 2
 80 ω 150000  1875

  F01 
  4    
 X 02  (ω -166250 ω 1875000000 )  1 2
 
2
1875  ω -16250   F02 
 2 

1
 1

 80 (31.4) 150000
2
1875

 100
    
( (31.4) -166250  (31.4) 1875000000 )  1
 
4 2
1875  (31.4) -16250  60 
2

 2 
1 - 1.8873 10 3
1875  100 -3 - 0.0445
      10  
1.7121 10 9  1875 - 8.6180 10 3  60  - 0.1925
Si avrà dunque che le due forzanti del sistema fanno praticamente il solletico al sistema
determinando a regime spostamenti di 0.04 mm e di 0.19 mm rispettivamente alla prima e
alla seconda massa. Si ha inoltre che gli spostamenti delle masse sono in controfasce con le
forzanti (mentre le forze spingono verso il basso, le masse si spostano verso l’alto).

2.7. Significato delle FRFs


Fino a questo momento si è fatto riferimento alla sola matrice di ricettanza; va però detto
che sussistono ancora le relazioni di proporzionalità tra spostamenti, velocità ed
accelerazioni, per cui è possibile ricavare facilmente anche le matrici di mobilità e di
inertanza. Per quanto riguarda le FRFs inverse si ha ancora, ad esempio, che la rigidezza
dinamica è l’inverso della ricettanza. Va tuttavia ricordato che è ben diverso eseguire
l’inversa di una matrice piuttosto che costruire una matrice i cui elementi sono
singolarmente gli inversi della matrice originale. Giusto per fare un esempio pratico,
l’elemento di posto (1,1) della matrice di ricettanza nell’esempio numerico precedente è:
(k 2 -ω 2 m2 )
 11 (ω)  ;
(k1 k 2 -ω 2 (k1 m2  k 2 m2  m1 k 2 )  ω 4 m1m2 )

l’elemento di posto (1,1) della matrice di rigidezza dinamica è semplicemente:


 111 (ω)  (k1  k 2 )   2 m1 .

Tuttavia, a parte queste piccole osservazioni sulle altre FRFs, è di interesse gran lunga
maggiore l’interpretazione del significato fisico delle singole funzioni di ricettanza facenti
parte della matrice. Si parta allora dalla relazione già individuata:

86
X 01  11 ( ) 12 ( )  1i ( )  1n ( )F01 
X   ( )  F 
 02   21  22 ( )   2i ( )   2n ( ) 02 
         
   X 0   ( )F0     .

 X 0i  i1 ( )  i2 ( )  ii ( )   in ( ) F0i 


         
    
X 0n   n1 ( )  n2 ( )   ni ( )   nn ( )F0n 
Si supponga di imporre al sistema una unica forzante unitaria alla pulsazione generica  in
corrispondenza dell’i-esimo grado di libertà. Si ottiene:

87
X 01  11() 12 ()  1i ()  1n ()0 1i () 
X   ()  ()   ()   ()0  ()
 02   21 22 2i 2n    2i 
          
   X 0   ()F0        .

X 0i   i1() i2 ()  i ()  in () 1 i () 


          
      
X 0n  n1() n2 ()  ni ()  nn ()0 ni ()
Dalla precedente relazione si ottiene che il significato fisico della generica funzione ij() è
il seguente:
la funzione  ij( ) rappresenta l’ampiezza degli spostamenti dello i-esimo grado di
libertà del sistema quando viene applicata una forzante armonica unitaria in
corrispondenza del j-esimo grado di libertà.
Di solito si usa distinguere le varie funzioni di ricettanza in dirette (o di punto) oppure
incrociate (o di trasferimento) a seconda rispettivamente che gli indici i e j siano uguali
oppure diversi. In pratica sono FRFs di punto tutte quelle funzioni che si trovano sulla
diagonale principale della matrice, tutte le altre sono FRFs di trasferimento.
Le FRFs di punto descrivono come si muove un grado di libertà del sistema quando questo
viene eccitato direttamente; le FRFs di trasferimento descrivono come si muove un grado di
libertà del sistema quando viene eccitato un altro grado di libertà.

88
Sviluppando ulteriormente una riga della precedente equazione matriciale (oppure anche
solo sfruttando il principio di sovrapposizione degli effetti), se nel sistema tutti i gradi di
libertà risultano contemporaneamente eccitati, si ottiene:
X 0i   i1 ( ) F01   i 2 ( ) F02     ii ( ) F0i     in ( ) F0 n ,

ovvero si scopre come i movimenti dell’i-esimo grado di libertà sono la somma degli effetti
degli spostamenti determinati dalle varie forze agenti sui rispettivi gradi di libertà.

2.7.1. Risonanze ed antirisonanze


Ciascuna delle funzioni della matrice di ricettanza ha una propria rappresentazione nel
diagramma di Bode (come è già stato mostrato in una precedente figura). Ad esempio si
dimostra facilmente che tutte le singole ricettanze hanno un asintoto orizzontale quando la
pulsazione tende a zero (i valori dell’asintoto variano da funzione a funzione).
Allo stesso modo si dimostra che tutte le ricettanze hanno un asintoto inclinato con
pendenza –2 (-40 dB/decade) quando la pulsazione tende all’infinito (l’asintoto può traslare
verso l’alto o il basso al variare delle varie funzioni).
Per quanto riguarda ciò che succede in corrispondenza delle funzioni intermedie, è utile
osservare come si ricava l’inversa di una matrice. Si ha infatti che
adj( A)
A 1 
det( A)

in cui la matrice indicata con adj(A) è detta matrice aggiunta. Ad esempio, per una
semplice matrice (2x2) si ha:
d  b
a b d  b
A  ; adj( A)  
a 
; det ( A)  ad  bc ; 1  c a 
 ;
c d  c A 
ad  bc

 d b 
 ad  bc  .
A 1   ad  bc
b a 
 
 ad  bc ad  bc 
Dalla precedente osservazione si desume che tutte le ricettanze sono funzioni fratte con lo
stesso denominatore. Tutte le pulsazioni che determinano l’annullamento del denominatore
fanno sì che tutte le ricettanze vadano contemporaneamente all’infinito, assumendo quindi il
valore di massimo relativo. Per i sistemi non smorzati tali pulsazioni assumono quindi il
significato di pulsazioni di risonanza del sistema; si ha inoltre che tali pulsazioni sono

89
caratteristiche globali del sistema e quindi non cambiano al variare della funzione di
ricettanza considerata. Si dimostra inoltre facilmente che per un sistema non smorzato la
pulsazioni naturali, proprie e di risonanza coincidono numericamente. E’ infatti:

 ( )     2 M  K  
1 
adj   2 M  K
;


det   2 M  K 
e poi basta ricordare la definizione di pulsazioni proprie.
Si osservi inoltre che il determinante a denominatore darà origine a polinomi di grado 2n in
cui sicuramente mancheranno i termini con esponente dispari. Si avranno quindi sempre n
soluzioni in 2, e quindi n pulsazioni di risonanza positive.
Sui diagrammi di Bode in corrispondenza di tali frequenze il modulo di tutte le ricettanze va
all’infinito e presenta quindi un asintoto verticale.
Si può a questo punto passare ad osservare i numeratori delle FRFs, facendo per il momento
semplicemente riferimento all’esercizio numerico appena svolto. Per esso risultava:

1 (k 2 -ω 2 m2 ) k2 
α(ω)   ;
(k1k 2 -ω (k1m2  k 2 m2  m1k 2 ) ω m1m2 ) 
2 4
k2 (k1  k 2 -ω m1 )
2

relazione dalla quale di si accorge che alcuni denominatori sono costanti (quelli delle FRFs
di trasferimento) e quindi non si annullano mai; i denominatori delle FRFs di punto sono
invece costituiti da polinomi che possono annullarsi. Si prenda a esempio la ricettanza di
punto di posto (1,1):
(k 2 -ω 2 m2 )
α11(ω)  ;
(k1k 2 -ω 2 (k1m2  k 2 m2  m1k 2 ) ω 4 m1m2 )

essa evidentemente si annulla se:


k2 k2
ω2  ω .
m2 m2

Ciò significa che se eccito solo il primo grado di libertà con una forza di modulo qualsiasi e
di pulsazione pari al valore precedentemente determinato, gli spostamenti del medesimo
grado di libertà saranno sempre nulli. Naturalmente ciò non implica che l’intero sistema sia
in quiete, infatti se il primo grado di libertà sta fermo, il secondo invece si muove.
Allo stesso modo la ricettanza di punto di posto (2,2):
(k1  k 2 -ω 2 m1 )
α 22(ω)  ;
(k1 k 2 -ω 2 (k1m2  k 2 m2  m1 k 2 ) ω 4 m1 m2 )

si annulla in corrispondenza della frequenza:


90
k1  k 2 k k
ω2  ω 1 2 .
m1 m1

Ciò significa che se eccito solo il secondo grado di libertà con una forza di modulo qualsiasi
e con questa precisa pulsazione, gli spostamenti del medesimo grado di libertà saranno
sempre nulli. Naturalmente il primo grado di libertà contemporaneamente si muove.
Tali frequenze vengono chiamate frequenze di antirisonanza, e poiché variano da una
ricettanza all’altra (e possono addirittura non esistere), sono semplicemente delle
caratteristiche locali delle FRFs (poiché cambiano da punto a punto del sistema e quindi fa
FRF a FRF).
Sui diagrammi di Bode in corrispondenza di tali frequenze il modulo di alcune FRFs va a
zero, il che determina nel diagramma in dB (e quindi logaritmico) un asintoto verticale,
poiché il valore in dB del modulo tenderà quindi a meno infinito.

2.8. Forma analitica e rappresentazione delle FRFs


Fino ad ora si è presentata una forma analitica delle singole FRFs esclusivamente per quello
che riguarda il solito sistema a 2 GdL. Per le stesse FRFs è anche riportata una figura con la
rappresentazione nei diagrammi di Bode delle varie funzioni. Sono state inoltre fornite delle
indicazioni generali sugli andamenti asintotici in corrispondenza delle frequenze ‘alte’ e
‘basse’, senza tuttavia fornire una giustificazione inattaccabile e valida qualunque sia il
numero dei GdL del sistema.
Sfruttando le proprietà della matrice modale è possibile però ottenere una formulazione
particolarmente chiara ed interessante di tutte le FRFs (in particolare delle ricettanze) da cui
tra l’altro risulterà anche chiaro il forte legame tra comportamento libero e forzato dei
sistemi privi di smorzamento.
Dalla definizione di ricettanza si ha:
 ( )     2 M  K   
1
  ( ) 1    2 M  K

Premoltiplicando per la matrice modale trasposta e postmoltiplicando per la matrice modale


la precedente relazione si ottiene:

91
Y T  ( ) 1 Y  Y T    2 M  K  Y   2 Y T MY  Y T KY   2 M d  K d 
 k d 1   2 md 1 0 
 
  
 k di   2 mdi 
 
  
 0 k dn   mdn 
2

Premoltiplicando la precedente relazione per l’inversa della matrice modale trasposta e
postmoltiplicando per l’inversa della matrice modale si ottiene:
Y  T 1
Y T  ( ) 1 YY 1  I ( ) 1 I   ( ) 1  Y T   K 1
d 
  2 M d Y 1


 ( )   ( ) 1  1

 YT  K
1
d   2 M d Y 1  1

 Y Kd  2M d  1
YT 
 1 
 k   2m 0 
 d1 d1

  
 1  T
 Y Y
k di   2 mdi
 
  
 1 
0
 k dn   mdn 
2

Sviluppando i prodotti riga per colonna è facile dimostrare che la generica funzione di
ricettanza assuma la forma24:
n Yik Y jk n
1 Yik Y jk n   n Aijk
 ij ( )      ik jk
 
k 1 k dk   2 mkd k 1 mdk  nk  
2 2
k 1  nk  
2 2
k 1  nk   ,
2 2

in cui i coefficienti Aijk, prodotto di due elementi della matrice modale, vengono chiamati
parametri modali. Va aggiunto che la precedente forma è di solito poco utilizzata nei testi di
meccanica delle vibrazioni mentre è sostituita da quella seguente, diversa solo nell’utilizzo
di indici e pedici:
n Yik Y jk n  ik  kj n A kji
 ij ( )    
k 1 k dk   2 mkd k 1  nk2   2 k 1  nk2   2 .

Da questa forma ad esempio ci si rende conto che il comportamento asintotico per le


frequenze basse è un asintoto orizzontale in quanto:

24
Si può facilmente notare come la forma analitica di una ricettanza di un sistema con n GdL sia somma di termini che
sono analiticamente identici alle ricettanze di n sistemi con un solo GdL.

92
Yik Y jk  ik  kj Aijk
lim ij ( )   
n n n
   costante
 0
k 1 k dk k 1  nk2 k 1  nk2

Parimenti si capisce che per la frequenze ‘alte’ tutti i termini della sommatoria tendono a
zero, per cui anche la funzione di ricettanza (loro somma) tende ugualmente ad annullarsi.
Per quello che riguarda le risonanze, si ha che quando la pulsazione assume uno dei valori di
risonanza (pari alle pulsazioni naturali), uno dei termini della sommatoria va all’infinito (si
annulla uno dei denominatori) per cui va all’infinito anche l’intera FRF.
Per quanto riguarda la presenza delle antirisonanze, tale forma sembra apparentemente non
giustificarne la presenza, tuttavia grazie alla presente formulazione e con l’aiuto
dell’esercizio numerico si dimostrerà che:
 tra ogni coppia di risonanze adiacenti di un sistema con n GdL (e quindi n risonanze)
nelle FRFs di punto vi è sempre una antirisonanza;
 nelle FRFs di trasferimento non necessariamente tra le coppie adiacenti di risonanze
vi è una antirisonanza.
Da ciò si evince che il numero massimo di antirisonanze che potremmo trovare in una FRF
è (n-1); se in una FRF si trovano un numero di antirisonanze inferiore a (n-1), allora tale
funzione è sicuramente di trasferimento.
Prima di proseguire con l’esempio pratico è necessario osservare che nelle FRFs di punto
(in cui gli indici i e j sono uguali), i coefficienti modali sono sempre positivi risultando i
quadrati di un elemento della matrice modale. Negli altri casi nulla si può dire a priori sul
segno dei coefficienti modali.
n
kk n
  k  n Ak2

 ii ( )   2 i i 2   2 i 2   2 ii 2  Aiik  0
k 1  nk   k 1  nk   k 1  nk  
.

2.8.1. Esercizio numerico


Sempre facendo riferimento al sistema a 2 GdL studiato in precedenza si ha che:

93

 ( )  Y K d   2 M d  1
YT 
 1 
- 0.0272 0.6766  317035  2.0576 2 0  - 0.0272 0.9996
   
 0.9996 0.7363  1 0.6766 0.7363
0  
 458857  37.7073 2 

 1 
 - 0.0190 0.1102 
 1.5408 10 5   2 0  - 0.0190 0.6969
   
 0.6969 0.1199   1  0.1102 0.1199 
0 
 1.2169 10 4   2 
Sviluppando i prodotti riga per colonna riportati nelle precedenti espressioni si ottiene:
 ( ) 
 (-0.0272)(-0.0272) (0.6766)(0.6766) (-0.0272)(0.9996) (0.6766)(0.7363) 
 317035  2.0576 2  458857  37.7073 2 317035  2.0576 2

458857  37.7073 2  

(-0.0272)(0.9996) (0.6766)(0.7363) (0.9996)(0.9996) (0.7363)(0.7363) 
   
 317035  2.0576 2
458857  37.7073 2 317035  2.0576 2 458857  37.7073 2 

 (-0.0190)(-0.0190) (0.1102)(0.1102) (-0.0190)(0.6969) (0.1102)(0.1199 ) 


 1.5408  10 5   2  1.2169  10 4   2 
1.5408  10 5   2 1.2169  10 4   2  

(-0.0190)(0.6969) (0.1102)(0.1199 ) (0.6969)(0.6969) (0.1199 )(0.1199 ) 
   
 1.5408  10 5   2 1.2169  10 4   2 1.5408  10 5   2 1.2169  10 4   2 
 7.3984  10 -4 0.4578 - 0.0272 0.4982 
   2
  317035  2.0576 458857  37.7073 2 317035  2.0576 458857  37.7073  
2 2

 - 0.0272 0.4982 0.9992 0.5421 


 
 317035  2.0576 2
458857  37.7073 2 317035  2.0576 2
458857  37.7073 2 

 3.61 10-4 0.0121 - 0.0132 0.0132 


   
 1.5408  10   1.2169  10   1.5408  105   2 1.2169  10 4   2  
5 2 4 2

 - 0.0132 0.0132 0.4857 0.0144 


 
1.5408  10   1.2169  10 4   2
5 2
1.5408  10   1.2169  10 4   2 
5 2

 - 0.0125 2  1875 1875 


 4 9
  - 166259  1.875  10  - 166259  1.875  10 
2 9 4 2

 1875 - 0.5 2  8125 


 4 - 166259 2  1.875  109  - 166259  1.875  10 
4 2 9

Utilizzando le precedenti formulazioni ci si accorge quindi che i coefficienti modali delle


ricettanze di punto sono positivi (e comunque concordi), mentre quelli delle ricettanze di
trasferimento dono discordi.

94
Si vede inoltre che tutte le ricettanze del sistema sono combinazioni lineari delle due
seguenti funzioni (e quindi le FRFs si distinguono solo per i coefficienti moltiplicativi di tali
termini):
1 1 1 1
H1   2 oppure
H1   2 ;
317035  2.0576 2
k d 1  md 1 1.5408  10  
5 2
 n1   2
1 1 1 1
H2   2 oppure
H2   2 .
458857  37.7073 2
k d 2  m d 2 1.2169  10  
4 2
 n2   2

Tali termini sono entrambi reali (grazie al fatto che non sistema non vi è smorzamento) per
cui è in teoria possibile realizzare un unico diagramma di tale funzione, riportando nell’asse
delle ascisse la pulsazione e in ordinate il valore della funzione entrambe in scala lineare.

0.01
H1
0.008

0.006

0.004
Valore H1 (lineare)

0.002

-0.002

-0.004

-0.006

-0.008

-0.01
370 375 380 385 390 395 400 405 410
Pulsazione (rad/s)

95
-3
x 10
1
H2
0.8

0.6

0.4
Valore H2 (lineare)

0.2

-0.2

-0.4

-0.6

-0.8

-1
80 85 90 95 100 105 110 115 120 125 130
Pulsazione (rad/s)

Dai diagrammi in scala lineare, anche per il fatto che il sistema non è assolutamente
smorzato, non è particolarmente evidente l’andamento delle funzioni H1 e H2, cosa che
risulta assai più evidente nel seguente diagramma logaritmico-dB.

-20

H1
-40 H2

-60
Modulo (dB)

-80

-100

-120

-140

-160
0 1 2 3
10 10 10 10
Pulsazione (rad/s)

Quello che non può tuttavia essere apprezzato attraverso il diagramma del modulo è il fatto
che la prima funzione (H1) si mantiene reale, crescente e positiva fino alla prima pulsazione
naturale (circa 392 rad/s), per poi diventare reale, crescente e negativa. La seconda funzione

96
(H2) allo stesso modo si mantiene reale, crescente e positiva fino alla seconda pulsazione
naturale (circa 110 rad/s), per poi diventare reale, decrescente e negativa.
Naturalmente se una di tali funzioni viene moltiplicata per un coefficiente modale negativo
tali andamenti si rovesciano: prima della pulsazione propria la funzione assume valore
negativo (e decrescente), dopo i valori sono positivi (e decrescenti fino a zero).

Si prenda in considerazione una funzione di punto, sia questa la 22(); tale funzione è data
dalla somma:
0.9992

0.5421 .
317035  2.0576 2
458857  37.7073 2

Si ha quindi che questa ricettanza di punto è data dalla combinazione delle funzioni H1 e H2
tramite coefficienti positivi. Il diagramma che riporta i due contributi separatamente e la
somma (la funzione 22()) è riportato di seguito in scala lineare.
-5
x 10
5
A221*H1
4 A222*H2
22
3

2
Modulo (lineare)

-1

-2

-3

-4

-5
50 100 150 200 250 300 350 400 450 500
Pulsazione (rad/s)

Anche se da tale figura non appare molto chiaro, in corrispondenza della pulsazione pari a
circa 127 rad/s i due contributi (blu e rosso) sono uguali in valore assoluto, ma opposti in
segno: la funzione somma (verde) assume quindi valore zero. Tale effetto è maggiormente
visibile nell’ingrandimento del grafico riportato qui di seguito.

97
-6
x 10
8
A221*H1
6 A222*H2
22

2
Modulo (lineare)

-2

-4

-6

-8
90 100 110 120 130 140 150 160 170
Pulsazione (rad/s)

Tale fenomeno, ben visibile anche nel diagramma dei moduli qui sotto (al posto dello zero
della funzione si verifica la presenza di un asintoto verticale per il quale il modulo in dB
della funzione va a meno infinito), si verifica sempre quando si vanno a sommare contributi
relativi a frequenze proprie adiacenti caratterizzati da parametri modali con lo stesso segno.
Volendo generalizzare, si è già detto tutti i parametri modali delle funzioni di punto sono
positivi, quindi si ha che tra ogni coppia di pulsazioni proprie contigue in un sistema con n
GdL si andrà a verificare una situazione del tutto simile. Quindi tra ogni coppia di risonanze
vi sarà necessariamente una antirisonanza.

98
-20
A221*H1
A222*H2
-40
22

-60

-80
Modulo (dB)

-100

-120

-140

-160

-180
0 1 2 3
10 10 10 10
Pulsazione (rad/s)


Si prenda ora in considerazione una funzione di trasferimento, sia questa la 21() (anche se
si è già visto che 21() e 12() sono uguali per simmetria); tale funzione è data dalla
somma:
- 0.0272

0.4982 .
317035  2.0576 2
458857  37.7073 2

Si ha quindi che questa ricettanza di punto è data dalla combinazione delle funzioni H1 e H2
tramite coefficienti discordi. Come in precedenza di seguito si riporta il diagramma in scala
lineare dei due contributi separatamente e la somma (la funzione 21()).

99
-5
x 10
5
A211*H1
4 A212*H2
21
3

2
Modulo (lineare)

-1

-2

-3

-4

-5
50 100 150 200 250 300 350 400 450 500
Pulsazione (rad/s)

Tale figura appare ancora meno chiara dei quella relativa alla 21() (e da qui si può notare
chiaramente le motivazioni che hanno spinto all’uso di diagrammi logaritmici) ma in
corrispondenza della pulsazione pari a circa 292 rad/s i due contributi (blu e rosso) sono
uguali in valore assoluto, e con il medesimo segno. In corrispondenza di tale pulsazione la
funzione somma (verde) assume quindi valore di massimo relativo (ma essendo negativa,
nel diagramma del modulo si avrà invece un punto di minimo relativo). Tale effetto è
maggiormente visibile nel seguente ingrandimento del grafico.
-7
x 10

6 A211*H1
A212*H2
4 21

0
Modulo (lineare)

-2

-4

-6

-8

-10

-12

180 200 220 240 260 280 300 320 340


Pulsazione (rad/s)

100
Si ha quindi che non vi è nessuna pulsazione per la quale i due contributi si annullino a
vicenda. Quanto detto è ben visibile anche nel diagramma dei moduli in cui il minimo
relativo è chiarissimo insieme agli andamenti asintotici. Tale fenomeno si verifica sempre
quando si vanno a sommare contributi relativi a frequenze proprie adiacenti caratterizzati da
parametri modali con segni diversi.
Volendo generalizzare, si è già fatto osservare che nulla si può dire del segno dei parametri
modali delle funzioni di trasferimento: questi infatti sono il prodotto di due elementi della
matrice modale, per cui non vi sono regole alcune sui segni. Si ha che tra ogni coppia di
pulsazioni proprie contigue in un sistema con n GdL si potrà a verificare sia una situazione
in cui il modulo della funzione raggiunge un minimo relativo, sia quella in cui questo si
azzeri totalmente (antirisonanza).

-40
A211*H1
A212*H2
-60 21

-80
Modulo (dB)

-100

-120

-140

-160

-180
0 1 2 3
10 10 10 10
Pulsazione (rad/s)

2.8.2. Esercizio numerico: smorzatore dinamico


La tecnica dello smorzatore dinamico è una tecnica largamente utilizzata per ridurre, o
addirittura annullare, le vibrazioni di un di un sistema sottoposto a forzanti esterne
puramente monofrequenziali.
Tanto per fare un esempio, si faccia riferimento ad una lavatrice domestica. Si supponga che
il cestello a pieno carico (compreso di contrappesi) abbia una massa di 50 kg, e le molle
delle sospensioni facciano in modo che la rigidezza complessiva del sistema sia di 60000
N/m (si suppone che non vi sia smorzamento). La lavatrice durante la centrifuga raggiunge
101
la velocità di 3 giri/s (19 rad/s). Si supponga che durante il lavaggio i panni bagnati si
dispongano in maniera non uniforme nel cestello e provochino l’insorgenza di una forza
centrifuga la cui componente verticale ha modulo pari a 425 N (praticamente come vi fosse
una massa di 3 kg decentrata alla distanza di 40 cm dall’asse di rotazione del cestello).
Per lo studio del moto verticale del cestello si può fare riferimento al seguente schema.

x1
m1 F=F0e i t

k1

Per tale modello si ha che la ricettanza vale:


1
 ( )  .
k1  m1 2

Va osservato che come si vede da tale legge, se c’è una forzante il sistema non può far altro
che muoversi (la funzione non si azzera mai) scaricando forze sul terreno attraverso la
molla.
Nel caso in esame poi l’ampiezza delle vibrazioni risulta:
1
 ( )   (19)   2.38  10-5 ;
60000  50  19 2

per cui l’ampiezza delle vibrazioni effettive vale:


X 0   ( ) F0  2.38  10 -5  425  0.0101 m .

Il cestello della lavatrice vibra con ampiezza di circa 1 cm scaricando sul terreno una forza
armonica di ampiezza pari a:
FT  k1 X 0  608 N .

Tale forza può risultare troppo elevata perché causa di rumore e di vibrazioni del pavimento
(o potrebbe provocare il ‘saltellamento’ dell’intera lavatrice). Per ridurre le vibrazioni
sarebbe certamente possibile migliorare la rigidezza delle sospensioni ed aggiungere degli
smorzatori.
Tuttavia esiste anche la possibilità di sfruttare una proprietà dei sistemi con più gradi di
libertà: l’antirisonanza. Si può infatti pensare di aggiungere sopra il cestello un ulteriore
102
sistema massa-molla (appunto lo smorzatore dinamico). Le caratteristiche di tale sistema
devono essere scelte studiando la dinamica dell’intero sistema che diventa a 2 GdL.
Lo schema di riferimento è dunque quello seguente.

x2
m2

k2

x1
m1 F=F0e i t

k1

Le equazioni di moto sono quindi:

m1x1  k1 x1  k2 ( x1  x2 )  F0eit



m2 x2  k2 ( x2  x1 )
Detto che il problema potrebbe essere risolto con pochi passaggi semplicemente osservando
che ci interessa studiare la ricettanza 11() del sistema, si può procedere anche con una
procedura più standard.
Si inizia con l’osservare che il sistema è lineare e la forzante armonica alla pulsazione
  19 rad/s , per cui anche gli spostamenti x1(t) e x2(t) del cestello e della massa ausiliaria
saranno caratterizzati dalla stessa pulsazione:

 x1 (t )  X 01e it
 it
.
 x2 (t )  X 02e
Inserendo le precedenti assunzioni nelle equazioni di moto si ottiene la seguente relazione:

103
 
 (k  k )   2 m X e it  k X e it  F eit

 
1 2 1 01 2 02 0
 2
;
it i t
 k 2 X 01e  k 2   m2 X 02e  0
la precedente risulta verificata in ogni istante se è verificato il seguente sistema algebrico, 2

 
equazioni e 2 incognite, lineare e completo.

(k k ) Xm k X F (k k )2m k X  F 


2

 
1 2 1 0 1 2 02 0 1 2 1 2 01 0
 2   2      .

 k k  
k2X01 k2 m2 X02 0  2 2 2   m X 0 2 0
Dal precedente sistema è possibile facilmente ricavare X01, ovvero l’ampiezza delle
vibrazioni del cestello. Si possono utilizzare vari sistemi, ma il più rapido è sicuramente il
metodo di Kramer, per il quale risulta:

  F0  k2 

X 01 
det 
 0  
k 2   m2  
2


  (k  k )   2 m
det   1 2
  k2 

.

 
1
  k2 k 2   m2  
2

Sviluppando i calcoli per la pulsazione generica invece che per quella specifica
dell’eccitazione si potrebbe tra l’altro trovare la già citata ricettanza 11():

 F  k2  
det  0  
 0 k 2   2

m 2    
F0 k 2   2 m2
X 01  

  (k1  k 2 )   2 m1  k2    
  (k1  k 2 )   m1 k 2   m2  k 2
2 2 2

det   

  k2 k 2   2 m2   
.

  01 ( ) 
X 01

k 2   2 m2  

F0 (k1  k 2 )   2 m1 k 2   2 m2  k 22  

104
Tuttavia per risolvere l’esercizio non è neppure necessario sviluppare il determinante a
denominatore in quanto per ottenere il perfetto smorzatore dinamico bisognerebbe fare in
modo che gli spostamenti della lavatrice siano nulli, ovvero basta imporre:
  F0
X 01  0  det 

 k2
2


 2
  2

   0  F0 k 2   m2  0  k 2   m2  0 .
k 2   m2  
 0
Dalla precedente relazione si ricava che per ottenere lo smorzatore dinamico è possibile in
teoria scegliere un qualsiasi sistema ausiliario caratterizzato dalla seguente relazione:
2
k 2   m2  k 2  19 2 m2  361m2 .

In teoria quindi si potrebbe scegliere:


m2= 1 kg e k2=361 N/m;
oppure
m2= 200 kg e k2=36100 N/m.
Tuttavia è ovvio che la seconda possibilità sia tutt’altro che consigliabile. Sta quindi alla
sensibilità del progettista scegliere la coppia massa-rigidezza ottimale in funzione del
sistema che si sta progettando.
In pratica con tale artifizio si è fatto in modo che la antitrisonanza della 11() cadesse
esattamente in corrispondenza della pulsazione della forzante. Va aggiunto che lo
smorzatore funzionerà bene solo per la frequenza di progetto (e quelle strettamente
adiacenti). Tale sistema non è consigliabile per sistemi sottoposti a forzanti a frequenza
variabile (come succede nei motori automobilistici, o nelle macchine con frequentissimi
transitori di accensione e spingimento) in quanto passando da uno a due gradi di libertà, si
aumenta anche il numero delle risonanze, e quindi delle pulsazioni per cui il sistema si
comporta in maniera ‘anomala’.

105
Solo cestello
-20

-30

-40

-50

-60
Modulo (dB)

-70

-80

-90

-100

-110

-120
0 1 2
10 10 10
Pulsazione (rad/s)

Con smorzatore dinamico


-20

-40

-60
Modulo (dB)

-80

-100

-120

-140
0 1 2
10 10 10
Pulsazione (rad/s)

Dai grafici sopra riportati (relativo al sistema con m2= 1 kg e k2=361 N/m) si vede infatti
che è vero che in corrispondenza della pulsazione dell’eccitazione c’è l’antirisonanza, ma è
anche vero che appena poco prima di questa vi è un’altra risonanza, per cui in questo caso
l’uso dello smorzatore dinamico è rischioso.

Si aggiunge infine che cercare di combattere la dinamica con le sue stesse armi è spesso
causa di pesanti fallimenti se si analizza con superficialità il sistema. Si sa infatti che le

106
pulsazioni che mandano in crisi un sistema sono quelle prossime alla risonanza; se si
pensasse di risolvere il problema ‘accordando’ lo smorzatore dinamico in modo da piazzare
l’antirisonanza proprio laddove c’era la risonanza del sistema originario si peggiorerebbe
ulteriormente il suo comportamento dinamico.
La risonanza del sistema originario (quello con 1 GdL) si ha per la pulsazione:
k1
 n1   1200  36.64 rad/s.
m1

Per accordare lo smorzatore su tale pulsazione la massa e la rigidezza del sistema ausiliario
dovrebbero essere legate dalla seguente relazione:
2 k1
k 2   n1 m2  k 2  m2  1200m2 .
m1

In teoria quindi si potrebbe scegliere m2= 1 kg e k2=1200 N/m; se si plotta il diagramma di


Bode della nuova 11() avrebbe la seguente rappresentazione.
Con smorzatore dinamico accordato sulla risonanza
0

-20

-40
Modulo (dB)

-60

-80

-100

-120

-140
0 1 2
10 10 10
Pulsazione (rad/s)

Dal grafico si vede facilmente che la vecchia risonanza non c’è più (asterisco rosso)
sostituita dall’antirisonanza, ma questa si trova proprio a cavallo di ben due nuove
risonanze, di cui la prima caratterizzata da una frequenza inferiore a quella originaria. E’
evidente che la situazione non è certo migliorata.

107

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