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Libro Psicologia Cognitiva eysenck primi 7 capitoli

CAPITOLO 1 - Approcci alla Cognizione Umana


Introduzione

Esistono 4 approci principali allo studio dell attività cognitiva umana.

Psicologia Cognitiva: si occupa dei processi interni tesi a comprendere l’ambiente e decidere le azioni più
opportune. Questi processi includono: percezione, attenzione, apprendimento, memoria, linguaggio,
soluzioni di problemi, ragionamento e pensiero.
POSSIAMO DEFINIRE LA PSICOLOGIA COGNITIVA COME IL TENTATIVO DI COMPRENDERE L’ATTIVITA’
COGNITIVA UMANA “OSSERVANDO IL COMPORTAMENTO” DI INDIVIDUI CHE ESEGUONO VARI COMPITI
COGNITIVI.

Nonostante gli obbiettivi siano spesso simili alla neuroscienza cognitiva, vi è un importate differenza; dove
essi sostengono che sia necessario studiare il cervello.

La Neuroscienza Cognitiva e ‘definita come il tentativo di utilizzare le informazioni sul comportamento e sul
cervello al fine di comprendere l’attività cognitiva umana attraverso:

- tecniche di IMAGING CEREBRALE come PET(tomografia ad emissione di positroni) e FMRI(


risonanza magnetica funzioanale).
- Tecniche ELETTROFISIOLOGICHE come la registrazione dei segnali elettrici generati dal cervello.

Neuropsicologia Cognitiva: studia i pazienti cerebrolesi per comprendere l’attività cognitiva umana
normale.

Scienza cognitiva computazionale: sviluppa modelli computazionali per ampliare le nostre conoscenze
sull’attività cognitiva umana.

I RICERCATORI PERO TENDONO SEMPRE PIU’ AD ASSOCIARE DUE O PIU’ DI ESSI.

Psicologia Cognitiva Sperimentale


Quasi tutti gli psicologi cognitivi aderirono all’APPROCCIO DELL’ELABORAZIONE DELLE INFORMAZIONI.
Secondo tale versione la presentazione di uno stimolo (evento ambientale come un problema o compito)
causa il verificarsi di determinati processi cognitivi interni che alla fine producono la risposta desiderata.
L’ elaborazione influenzata direttamente dallo stimolo in ingresso viene spesso definita “elaborazione dal
basso verso l’alto” (bottom-up).

(Schema: STIMOLO – ATTENZIONE – PERCEZIONE – PROCESSI – DECISIONE- RISPOSTA E AZIONE)

In altre situazioni c’è invece un processo dall’alto verso il basso (top-down). Questa elaborazione è
influenzata dalle aspettative e dalle conoscenze dell’individuo ( es: il gatto è nella(nella) cesta).
Neuroscienza Cognitiva
Come visto in precedenza la neuroscienza cognitiva Implica lo studio del comportamento e del
cervello. Per descrivere le specifiche aree vengono usati vari modi, due sono i più comuni.

1° La corteccia cerebrale è divisa in: 4 lobi: frontale, parietale, temporale ed occipitale.


I ricercatori usano vari termini per descrivere in modo più preciso, alcuni termini sono:
dorsale(superiore o verso l’alto), ventrale( inferiore o verso il basso), anteriore ( verso il davanti),
posteriore (verso il dietro) laterale (a lato) mediale (situato al centro).

2° Il neurologo tedesco Brodmann elaborò una mappa cito-architettonica del cervello basata sulle
variazioni della struttura cellulare dei tessuti. Molte aree si distinguono per la loro funzionalità.

Tecniche usate per lo studio del cervello


I progressi tecnologico hanno fatto so che sia possibile stabilire “dove” e “quando” abbiano luogo alcuni
processi cognitivi.

Registrazione a unità singola (Single-unit recording): implica l’inserimento di un microelettrodo del


diametro di 110.000esimo di millimetro nel cervello per studiare attività nei singoli neuroni.
Potenziali evento-correlatori (ERPs): viene presentato ripetutamente lo stesso stimolo e si calcola la media
dello schema di attività celebrale registrato da elettrodi posti sul cranio per produrre una solo onda.
Consente di scoprire la durata dei processi cognitivi. “risoluzione spaziale molto limitata, risoluzione
temporale eccellente”
Tomografia ad emissione di positroni (PET): la tecnica IMPLICA la rilevazione di positroni che sono particelle
atomiche emesse da alcune sostanze radioattive ( liquido di contrasto). “ragionevole risoluzione spaziale in
quanto localizzabile 5°10 millimetri, ma scarsa risoluzione temporale.”

Nella Risonanza magnetica (MRI, magnetic resonance imaging) le onde radio vengono usate per eccitar gli
atomi nel cervello che producono variazioni magnetiche rilevate da un magnete che circonda il paziente.
Tuttavia, esso fornisce informazioni SOLO sulla struttura e NON sulle funzioni.

Risonanza magnetica funzionale (fMRI): la tecnica prevede l’imaging dell’ossigenazione del sangue. “Ha una
risoluzione spaziale e temporale superiore a quella della PET” infatti la ha sostituita ampliamente.
Risonanza magnetica funzionale evento-correlata (efMRI) è un tipo di fMRI che confronta l’attivazione
cerebrale associata a diversi “eventi”, dove si cerca di comprendere perché pazienti ricordi certi elementi e
non altri.
Magneto-encefalografia (MEG): tecnica di misurazione dei campi magnetici prodotti dall’attività elettrica
cerebrale tramite l’impiego di un dispositivo superconduttore dei quanti (valore più piccolo che una
grandezza può assumere). “eccellente risoluzione temporale e risoluzione spaziale soddisfacente.
Stimolazione magnetica transcranica (TMS) è una tecnica in cui viene posta a contatto diretto con il cranio
del paziente una bobina che viene attraversata da un brevissimo impulso di corrente che produce un
campo magnetico di breve durata, ia quale inibisce l’attivita di elaborazione nell’area celebrale interessata,
causando la stimolazione elettrica del cervello. Il maggior vantaggio della TMS rispetto al NEUROIMAGING,
e’ che essa sa determinare se un area cerebrale sia necessaria per un dato compito.

Stimolazione magnetica transcranica ripetitiva ( rTMS) e`la stessa tecnica utilizzata nel TMS, solo che gli
impulsi magneitici vengono somministrati in un tempo relativamente breve.
La TMS e la rTMS sono utili perche creano una ”lesione temporaena”(alterazione strutturale prodotta da
un danno cerebrale), cosi da rendere possibile la valutazione del ruolo di una qualsiasi area cerebrale
nell`esecuzioen di un dato compito.

COMMENTO COMPLESSIVO:queste tecniche forniscono tutte le risposte???


1. Nessuna tecnica fornisce spiegazioni magiche sull’attività cognitiva umana, le configurazioni dell’attività
cerebrali sono variabili dipendenti che devono essere interpretate nel contesto di altre informazioni
rilevanti.
2. Le tecniche di Imaging cerebrale rivelano solo “associazioni” tra configurazioni di attività cerebrali e
comportamento (es. eseguire un compito = ragionamento che e`associato al attivazione della corteccia
preforntale), ma non dimostrano che queste regioni cerebrali attive siano essenziali per l’esecuzione del
compito.(Per esempio quell area potrebbe attivarsi per ‘’Preoccupazione” riguardo al compito). Posssiamo
pero dimostrate che quell area crebrale e necessaria all esecuzione di un compito scoprendo che la TMS ne
“altera” la prestazione.

3.Quasi tutte le ricerche di neuroimaging cerebrale sono basate sull’ipotesi di una” specializzazione
funzionale”(ogni regione cerebrale e` specializzata in una diversa funzione), da dove derivo il concetto di
“Frenologia”(ogni facolta mentali derivano da bernoccoli nel cranio). Tuttavia le funzioni cognitive
complesse non sono organizzate in modo netto e preciso (es. la corteccia prefrontale si attiva durante l
esecuzioni di svariati compiti), pertanto i neuroscienziati cognitivi hanno sempre più accettato l’idea che vi
sia una sostaziale integrazione e coordinazione nel cervello e che la specializzazione funzionale non si rileva
sempre.

4.Il neuroimaging funzionale è rilevante per verificare le teorie cognitive? Oggi si dispone di maggiori
conoscenze sui punti del cervello in cui si verificano processi psicologici e ciò rende fattibile l’impiego di
teorie psicologiche per prevedere le configurazioni dell’attività cerebrale.
5. Una regione cerebrale quando è attiva ha un riferimento di un valore di base, ma quale sia è molto
complesso da sapere visto che il cervello e` motlo piu complesso di quanto spesso si supponga 6.Molte
ricerche di psicologia cognitiva soffrono di Problemi di validità ecologica(possibilita di essere applicati nella
vita quotiduana) e specificta del paradigma (i riusltati possono essere generalizzati da un paradigma
allatro).

Neurospicologia Cognitiva

Studia le prestazioni cognitive di individui portatori di una lesione cerebrale, cioe alterazioni strutturali del
cervello causate da traumi o malattie.

Assunti teorici

Colheart ha introdotto 3 assunti chiave della neuropsicologia cognitiva:


1.la modularità, il sistema cognitivo è costituito da diversi processori o moduli relativamente indipendenti,
ognuno dei quali funziona in isolamento rispetto al resto del sistema di elaborazione. Questi moduli
presentano “specificità di dominio” nel senso che rispondono solo ad una particolare classe di stimoli.
(es: riconoscimento volto solo se vedo un volto).
2.modularità anatomica, ogni modulo è posizionato in un’area specifica e potenzialmente identificabile
del cervello, ed e` importante per far si che i neuropsciologi cognitivi possono fare molti progressi
studiando pazienti che presentano lesioni cerebrali soltanto in un solo modulo.
3. Uniformità dell’architettura funzionale tra le persone, dobbiamo perforza credere che non ci siano
differenze nella disposizione dei moduli negli individui, perche se l`ipotesi sarebbe falsa non avremmo solo
un danno per la neurpscologia cognitiva, ma anche in quella psicologica.

4. Sottrattivita, “ Una lesione cerebrale puo danneggiare o cancellare scatole (moduli) o frecce
(connessioni) esistenti nel sistema, ma non puo introudurne di nuove.

Ricerche in neuropsicologia cognitiva

In che modo i neurpsicologi cognitivi cercano di comprendere il funzionamento del sistema cognitivo?

Obiettivo fondamentale è la scoperta delle “dissociazioni” che si verificano quando un soggetto riesce ad
eseguire normalmente un certo compito (1), ma la sua abilità è danneggiata nell’eseguirne un secondo (2).
La Soluzione e` individuare le “doppie dissociazioni” che si hanno quando un soggetto esegue normalmente
un compito (1) e ad un livello ridotto un compito 2, mentre un altro soggetto esegue normalmente il
compito (2) ed a un livello ridotto(1).

L’ esistenza della doppia dissociazione fornisce una ragionevole evidenza del fatto che siano in opera due
sistemi, uno necessario per il compito 1 ed uno per il compito 2.

SCIENZA COGNITIVA COMPUTAZIONALE

Per capire distinguiamo tra: modelli computazionale ed intelligenza artificiale.


I modelli comportano programmi informatici che mimano alcuni aspetti del funzionamento cognitivo
umano. Al contrario l’ Intelligenza artificiale comporta sistemi informatici che producono risultati
intelligenti, ma con processi utilizzati diversi da quelli degli esseri umani.(es. implementano teoira sotto
forma di prograama per verificare se la teoria stessa non contenga termini vaghi o assunzioni nascoste).

Un buon modello computazionale mostra come è possibile specificare una data teoria e consente di
prevedere il comportamento in nuove situazioni.

I più importanti modelli sono: Sistemi di Produzione e Le reti connessioniste.

Sistemi di Produzione

Sono costituiti da produzioni, ed una produzione è una regola di forma “SE….ALLORA”. (es. SE e` illuminato l
`omino verde, ALLORA attreversa la strada.
Hanno le seguenti caratteristiche:

• Contengono numerose regole nella forma SE…ALLORA


• Hanno una memoria di lavoro che contiene le informazioni.
• Il sistema di produzione confronta il contenuto della memoria di lavoro e la parte Sé della regola ed
eseguendo la parte ALLORA.
• Se alcune informazioni nella memoria di lavoro corrispondono alla parte SE di molte regole diverse,
potrebbe esistere una “ strategia di risoluzione dei conflitti” che seleziona come migliore una di
queste regole.

Anderson ha proposto la Teoria del ACT-R (Adaptive Control of Thought- Rational) che e’ in grado di
spiegare un ampio spettro di risultati distnguendo tra strutture (affermazioni generiche attivita cognitiva)
teorie (specificano nel dettaglio il funzionamento delle strutture) e i modelli ( specifiche teorie applicate a
determinati compiti)

“E’ un’architettura cognitiva”, cioè un modello cognitivo dominio-generico ed include una vasta gamma di
applicazioni cognitive”; in sostanza queste architetture si concentranto sugli aspetti del sistema cognitivo
che rimangono invariati tra gli individui (compiti e tempo).

L ACT-R E’ basata sull’ipotesi che il sistema cognitivo sia costituito da numerosi moduli ( sottosistemi
indipendenti). Questi includono:

1.modulo visivo per gli oggetti che conserva traccia degli oggetti osservati.
2. Modulo visivo di posizione che osserva dove si trovano gli oggetti.
3. modulo manuale che controlla le mani
4. Modulo obiettivo che conserva traccia degli obiettivi attuali.
5.modulo dichiarativo che recupera le informazioni importanti.
Ciascun modulo è associato ad un registro che contiene in quantità limitata le informazioni più importanti.

Le reti connessioniste
Utilizzano unità elementari o nodi collegati e sono costituite da varie strutture o strati (valore in entrata,
valore intermedio e valore in uscita).
Ed hanno queste caratteristiche:

• La rete è costituita da “unità elementari” simili a neuroni, chiamate anche “nodi” che sono
connesse tra loro in modo tale che ogni unità ha molti legami con altre unità.
• Ogni unità può influenzare le altre inviando segnali inibitori o eccitatori.
• La singola unità è la somma pesata di tutti i legami in ingresso e produce un unico valore in uscita
• La rete è caratterizzata dalle proprietà delle singole unità da cui è formata, dal modo in cui è
collegata e dalle regole usate per cambiare la forza tra le connessioni
• Possono avere diversi strati ed strutture
• La rappresentazione di un concetto può essere conservata in modo distribuito attraverso una
specifica configurazone di rete.
• La stessa rete può conservare diversi pattern senza che essi interferiscano tra loro
• Un’importante regola di apprendimento usata nelle reti è nota come backward
propagation of errors (propagazione all’ indietro degli errori).
In sintesti, nelle reti connesioniste, ogni singola
unita puo essere connessa a diverse altre unita,
dove ciascuna di queste altre unita puo mandare
un segnale eccitatorio (+1) o inibitorio (-1) alla
prima unita. Questa infine prende la somma dei
segnali in arrivo e ne calcola il risultato. Se esso
supera il valore soglia ( in questo caso 1) genera un
valore in uscita. (vedi figura accanto)

Le reti apprendono l associazione tra input ed


output diversi modifcando i pesi dei legami tra le unita nella rete in modo sistematico; fino a quando la rete
non e’ in grado di produrre i pattern di output richiesti, dati determinati input.

Una di queste forme di apprendimento e’ chiamato BackProp (Backward propagation of errors) ossia un
meccanismo che consente alla rete di apprendere ed associare una specifica configurazione in ingresso con
una corrispondente in uscita, confrontando le risposte fornite con quelle corrette e segnalando gli errori
commessi. Successivamente il BackProp invia alla rete un`attivazione all`indietro, cosi che i pesi tra le unita
vengano regolati per fornire la configurazione richiesta.

Un esempio concreto di rete connesionista e` “NETtalk”, costruita da Sejnowsky e Rosenberg (1987), che
riceve come input un testo in inglese e produce come output un discorso parlato in un discreto inglese.

COMMENTO

La scienza cognitiva computazioanale presenta vari punti di forza.

1) Richiede ai teorici di pensare con attenzione e rigore perche’ un programma computazionale deve
contenere informazioni dettaglaite sui processi implicati nell esecuzione di un compito.
2) Lo sviluppo delle architetture cognitive offre la possibilita di fornire una struttura in cui
comprendere il funzionamento del sistema cognitivo. “Punto piu importante”
3) Le reti connessionistiche possono “autoprogrammarsi”; cioe’ possono imparare a generare
specifiche risposte (output), quando riceve determinati input.
4) Molti modelli connessionisti sono basati sull’ipotesi che la conoscenza ( di una parola o di un
concetto) sia rappresentata in modo distribuito nel cervello e non in un punto specifico.
5) Di recente e’ nata la “ neuroscienza cognitiva computazionale” dedicata all applicazione dei modelli
computazionali ai dati di neuroimaging funzionale.
6) Riesce a fornire convicenti spiegazioni teoriche dei sistemi di elaborazione parallela

CONFRONTO TRA I PRINCIPALI APPROCCI

Non c’è un metodo più utile ed esauriente dell’altro.

1. Perché le ricerche vengono spesso associate con 2-3 approcci.


2. Ogni approccio porta il proprio contributo e quindi sono tutti necessari.
3. Ogni approccio presenta vantaggi e limiti (diversi metodi x diversi quesiti). Se 2 o tre ottengono la
stessa risposta, ciò fornisce maggiore evidenza di quanto si otterrebbe con un solo metodo.
SCHEMA PAG.26 DA STUDIARE BENISSIMO!!!

PROSPETTO DEL LIBRO

Tutti i processi e le strutture del sistema cognitivo sono interdipendenti.


Lo studente sta imparando ma si verificano nel contempo numerosi altri processi, la percezione visiva è
coinvolta nella ricezione di informazioni dalla pagina stampata e c’è attenzione al contenuto del libro.
Perché lo studente tragga profitto dal libro, deve possedere una considerevole abilità linguistica ed anche
aver immagazzinato notevoli conoscenze in riferimento all’argomento del libro nella memoria a lungo
termine. Potrebbe esservi soluzione di problema nei tentativi dello studente di mettere in relazione il
contenuto del libro con info contrastanti apprese altrove. Inoltre ciò che lo studente apprenderà dipende
dal suo stato emotivo. La verifica dell’apprendimento scaturisce dall’ esame stesso quando è necessario
richiamare alla mente il contenuto del libro.

CAPITOLO 2 – Processi di Base nella Percezione Visiva


SISTEMI CEREBRALI

La corteccia visiva è molto ampia ed abbraccia circa il 20% del’ intera corteccia includendo la corteccia
occipitale nella parte posteriore del cervello e si estende anche ai lobi temporali e parietali. Per
comprendere l’elaborazione visiva nel cervello bisogna comprendere prima cosa accade tra l’ occhio e la
corteccia.

Dall’ occhio alla corteccia

Quando uno stimolo visivo raggiunge i recettori della retina accadono questi 3 effetti principali:

1. Vi è la RICEZIONE che implica l’assorbimento di energia fisica da parte dei recettori.


2. Vi è la TRASDUZIONE per cui l’ energia fisica è trasformata in una configurazione elettrochimica nei
neuroni.
3. Infine la CODIFICA processo grazie al quale gli aspetti dello stimolo fisico e la conseguente attività
del sistema nervoso hanno caratteristiche corrispondenti.

Le onde luminose provenienti dagli oggetti nell’ambiente attraversano la cornea trasparente e procedono
verso l’iride (sottile membrana che determina il colore dell`occhio); la quantità di luce che entra nell’occhio
è determinata dalla pupilla, che è un’apertura nell’iride. Il cristallino convoglia la luce sulla retina nella
parte posteriore dell’occhio. Esistono due tipi di recettori visivi nella retina: i coni (per la visione dei colori
in una forma nitida) e i bastoncelli ( per la visione della luce tenue e indivuazione movimento)

Il percorso principale tra l’occhio e la corteccia è il percorso Retino- Genicolato-Striato:


Questo trasmette informazioni dalla retina a V1 e V2 (discusse in seguito) attraverso i nuclei genicolati
laterali del Talamo. Processo: da ciascun occhio parte un nervo ottico che si incrocia con quello proveniente
dall’altro nel chiasma ottico. I segnali procedono lungo i 2 tratti ottici all’interno del cervello, un tratto
contiene i segnali della metà sinistra e l’ altro i segnali di quella destra. Dopo il chiasma ottico, il tratto
ottico procede verso il nucleo genicolato laterale (NGL) che è parte del Talamo. Gli impulsi nervosi infine
raggiungono V1 (corteccia visiva primaria) del lobo occipitale (sul retro della testa) prima di diffondersi
nelle aree corticali adiacenti come V2 (corteccia visiva secondaria)

L’intero Sistema Retino-Genicolato-Striato è organizzato come il sistema retinico.


Altra caratteristica importante: esistono 2 canali relativamente indipendenti all’ interno del sistema(molte
prove a convalida di interconnessioni tra i 2) .
1. Il percorso parvocellulare (o P): questo percorso è molto sensibile ai colori ed ai dettagli, l’ input deriva
prevalentemente dai coni.
2. Il percorso magnocellulare (o M): questo percorso è molto sensibile alle informazioni sul movimento, l’
input deriva dai bastoncelli.

Sistemi cerebrali

Dopo V1…Il percorso P afferisce allo strato ventrale o strato del “cosa” che procede verso la corteccia
infero-temporale, attraversando un’area (V4) implicata nell elaborazione dei colori.
Invece il percorso M afferisce allo strato dorsale (del dove o come) che procede verso la corteccia
parietale posteriore attraverso un ‘area (V5/TM) implicata nell’elaborazione del movimento visivo.

3 PUNTI DA TENERE PRESENTE:

1.Lo strato ventrale o del cosa è implicato nell’elaborazione di forme e colori mentre quello dorsale o del
dove o come nell’elaborazione del movimento.
2.Non esiste una rigida distinzione dal tipo di informazioni elaborate dai due strati.
3.i 2 strati non sono totalmente separati, anzi esistono delle interconnessioni tra gli strati ventrali e dorsali.

V1 E V2

Inizieremo con 3 importanti aspetti generali.

1.Per comprendere l’elaborazione in V1 e V2 dobbiamo considerare il concetto di “campo ricettivo”cioè la


regione della retina in cui la luce ne influenza l’attività.
2.i neuroni esercitano un certo effetto gli uni sugli altri, es: inibizione laterale, in cui una riduzione di
attivaita di un neurone e’ causato dall`attivita di un neurone adiacente, ed e’ utile perche essa aumenta il
contrasto dei margini degli oggetti per definire i confini tra un oggetto ed un altro.
3.la corteccia visiva primaria (V1)e quella secondaria (V2) occupano aree relativamente ampie nella
corteccia.

Gran parte delle conoscenze sui neuroni nella corteccia V1 e V2 derivano da ricerche di HUBEL e WIESEL.
Essi scoprirono che molte cellule rispondono in 2 modi diversi ad un fascio di luce a seconda della porzione
colpita:
1.una risposta ON con una maggiore attivazione quando la luce era accesa.
2. Una risposta OFF nel caso in cui la luce causava una riduzione dell’attivazione.
Essi scoprirono l’esistenza di 2 tipi di neuroni nei campi recettivi della corteccia visiva primaria (V1):
le cellule semplici e le cellule complesse.
Le semplici rispondono ad un meccanismo on-off ed agiscono in un campo di forma rettangolare, inoltre
rispondono in maniera molto forte solo a stimoli che hanno un particolare orientamento. Pertanto hanno
un ruolo importante nell`indivuazione delle caratteristiche dello stimolo.
Le complesse sono simili alle semplici ma hanno campi ricettivi ampi e rispondono di piu ai contorni in
movimento.
Altri 3 punti importanti:

1.le cellule corticali forniscono informazioni ambigue perché rispondono nello stesso modo a stimoli
diversi.
2.la corteccia visiva primaria è organizzata come mappa retinotopica cioè “una serie di cellule nervose la
cui posizione l’una rispetto all’altra è uguale a quella dei propri campi recettivi sulla superficie della retina”.
3. sia V1 che V2 sono implicati nella 1°fase dell’elaborazione visiva dove il inizialmente il flusso di
attivazione procede in avanti attraverso le aree visive (V1) e (V2), dopodiche vi è una 2°fase (elaborazione
ricorrente)in cui l’elaborazione procede in direzione opposta.

SPECIALIZZAZIONE FUNZIONALE
ZEKI( 1992) ha proposto la teoria della specializzazione funzionale, secondo cui diverse parti della corteccia
sono specializzate per differenti funzioni visive (es: elaborazione colori, movimento e forme), ognuna di esse
lavora per conto proprio e concorre per darci una percezione visiva coerente. Esiste questa specializzazione
per 2 motivi:
1.le caratteristiche qualitative degli oggetti hanno combinazioni complesse ed imprevedibili nel mondo
visivo.(es: un oggetto verde, puo essere sia un auto, che una foglia,ecc..)E’ necessario elaborare tutte le sue
caratteristiche per percepirlo in modo appropriato.
2.il tipo di elaborazione richiesta differisce da una caratteristica all’altra. (es: per percepire il movimento
occorre elaborare almeno 2 momenti nel tempo).
Qui di seguito le principali funzioni attribuite da Zeki alle aree corticali:
V1 e V2 sono implicate nella fase precoce della percezione visiva e contengono cellule che rispondono ai
colori ed alle forme.
V3 e V3A rispondono alle forme ma non ai colori.
V4 risponde ai colori.
V5 specializzata per il movimento visivo e negli esseri umani sono indicate come TM e TSM.
UNA DELLE IPOTESI FONDAMENTALI DI ZEKI E’ CHE I COLORI, LE FORME ED IL MOVIMENTO VENGONO
ELABORATI IN PARTI ANATOMICHE DISTINTE DELLA CORTECCIA VISIVA.

ELABORAZIONE DELLE FORME


(V1,V2,V3,V4 e soprattutto la corteccia inferno-temporale sono implicate nel’elaborazione delle forme)
L’ approccio della neuroscienza cognitiva alla percezione delle forme si è basata prevalentemente sulla
corteccia infero-temporale.
Zoccolan,Kouh, Poggio e Di Carlo hanno sostenuto che i neuroni nella regione anteriore della corteccia
infero-temporale differiscono per 2 aspetti importanti:
1.Selettività degli oggetti: i neuroni con elevata selettività per gli oggetti rispondono principalmente o
esclusivamente a specifici oggetti visivi.
2. Tolleranza: i neuroni con elevata tolleranza rispondono fortemente alle immagini retiniche dello stesso
oggetto che varia nella posizione, nelle dimensioni, nell’illuminazione ecc.
AUMENTANDO la selettività e la tolleranza è possibile ottenere sia un’efficace ed accurata identificazione (
es. identificazione di un volto) sia un’ampia categorizzazione.(es. decidere se lo stimolo rappresenta un
gatto)

ELABORAZIONE DEI COLORI


Risultati su pazienti con acromatopsia (simile al daltonismo) e studi di imaging cerebrale mostrano che
l’area V4 svolge un ruolo fondamentale per i colori, tuttavia non è abbastanza forte da poterla considerare
il centro dei colori. Infatti la scoperta che nonostante la presenza di una lesione in quell` area, renda
possibile la percezione dei colori, ci indica che non sia l`unica area implicata nella elaborazione dei colori.

Anche in V1 e V2 sono implicate nell`elaborazione dei colori ed è presente anche in pazienti con
acromatopsia, i quali presentano deficit in altri tipi di elaborazione visiva. Infine la dimensione e la
posizione anatomica di V4 rende indispensabile che essa svolga un ruolo più importante del semplice
contributo alla visione dei colori.

ELABORAZIONE DEL MOVIMENTO


L’AREA V5 (nota come TM =temporale media) è fortemente implicata nell’elaborazione del movimento ma
non è la sola, anche l’ area MST (mediale superiore temporale) che è adiacente alla TM è implicata nel
movimento. Esiste un’importante distinzione tra: percezione del movimento di primo e secondo ordine, nel
1°ordine la forma in movimento differisce in luminosità( luce emessa o rilfessa) rispetto allo sfondo.(es:
ombra sul terreno) nel 2° ordine non vi differenza di luminosità tra figura di moviemnto e sfondo ma
bisogna tener in conto di variazioni di contrasto (es:erba del campo mossa dal vento) per percepire il
movimento. NE CONSEGUE CHE: I DUE TIPI DI STIMOLI ATTIVANO SERIE DIVERSE DI NEURONI CHE
IMPLICANO PROCESSI DIVERSI.

L`Achinetopsia e’ una condizione in cui gli oggetti statici vengono percepiti normalente, al contrario degli
oggetti in moviemento (es.la paziente non poteva smettere di versare il caffe al momento giusto, perche
non perpcepiva il movimento del liquido che saliva)

BINDING PROBLEM
le caratteristiche locali distribuite nello spazio (es:colore, movimento ecc) devono essere raggruppate in
oggetti coerenti che sono distinti l’uno dall’altro e dallo sfondo sul quale appaiono.

COMMENTO ALLA TEORIA DI SPECIALIZZAZIONE FUNZIONALE DI ZEKI.

Essa e’ stata molto influente perche rappresnta un interessante tentativo di fornire una panoramica
relativamente semplice di una realtà molto complessa. Essa pero presenta 3 Limiti:
1° le varie aree cerebrali implicate nell elborazione visiva non sono specializzate in modo cosi netto né
limitate nell’elaborazione come implicato nella teoria .
2°l’elaborazione precoce di V1 e V2 è più estesa.
3° Zeki non ha affrontato in modo soddisfacente il binding problem.

DUE SISTEMI VISIVI: PERCEZIONE ED AZIONE

Funzione principale del visione è come l’hanno definita con la loro teoria Milner e Goodale (1995,98)
hanno suggerito che esistono 2 sistemi visivi, ognuno dei quali assolve ad una funzione diversa.
Un sistema visione-per-percezione basato sullo strato ventrale che è quello a cui si pensa subito quando si
considera la percezione visiva. (es: quello cheusiamo x vedere un paesaggio o distinguere un cane da un
cavallo),usato quindi per riconsocere gli oggetti.
Un sistema visione-per-azione basato su strato dorsale ,usato per il controllo visivo (es. usato per colpire
una palla o afferrare un oggetto.
Norman (2002) concorda con idea di Milner e Goodale e aggiunge:
Le funzioni dei 2 strati sono le seguenti: Il sistema ventrale si occupa dell’ impiego delle informazioni visive
per conoscere il proprio ambiente cioè identificare e riconoscere gli elementi incontrati in precedenza ed
immagazzinarli, Il sistema dorsale si occupa principalmente dell’ impiego delle informazioni visive per il
controllo del comportamento nel proprio ambiente. Entrambi i sistemi si proiettano nella corteccia
motoria primaria. (schema pag.41)

Evidenze sperimentali: è possibile verificare la loro teoria studiando pazienti cerebrolesi.


Evidenze sperimentali: illusioni ottiche (la piu famosa quella delle 2 linee di Muller-Lyer)
Secondo Milner e Goodale quasi tutti gli studi sulle illusioni ottiche hanno usato il
sistema visione-per-percezione, tuttavia noi usiamo per lo più il sistema visione-per-azione quando evitiamo
di camminare troppo vicino ad un precipizio o scansiamo macchine attraversando la strada. Essi sostengono
che questo ultimo sistema ci fornisce informzazioni precise sull nostra posizione rispetto agli oggetti.

Azione: pianificazione + risposte motorie – secondo Creem e Profitt dovremmo distinguere tra modo
efficace di afferrare gli oggetti e modo appropriato. L’ipotesi fondamentale è che il modo appropriato
implica l’accesso a conoscenze immagazzinate sul’oggetto e quindi dipende dallo strato ventrale.
(es.potremmo prendere una spazziolino dalle setole, ma il modo appropriato e’ quello dal manico)
Quindi è necessario il recupero della conoscenza degli oggetti dalla memoria a lungo termine (che non
implica lo strato dorsale) per poterli afferrare in modo appropriato
Milner e Goodale nel 2008 sostengono che questi movimenti utilizzino sia il sistema dorsale che quello
ventrale.
L’interessamento dello strato ventrale-visione-per-percezione è quindi probabile in queste circostanze:
1.è necessaria la memoria(tra l’arrivo dello stimolo e l’inizio del movimento)
2.è disponibile del tempo per pianificare il movimento
3.è necessario pianificare quale movimento eseguire
4. L’azione è poco pratica o complicata.

Di regola e’ probabile che le azioni implichino il sitema ventrale quando non sono automatiche ed
implicano processi cognitiivi consapevoli. SI suppone invece che lo strato dorsale sia sempre implicato
nell’esecuzione delle azioni.

COMMENTO ALLA TEORIA DI PERCEZIONE-AZIONE

Questa teoria è stata molto importante. L’ipotesi centrale che vi siano due sistemi visivi separati (uno
dedicato alla percezione per il riconoscimento e l’altro alla percezione per l’azione) è probabilmente
corretta. Evidenze sperimentali convalidano l’ipotesi: studi su pazienti con atassia ed agnosia che hanno
prodotta la doppia dissociazione prevista oltre a quelli sulle illusioni ottiche. Di recente Milner e Goodale
(2008) hanno chiarito le circostanze in cui il sistema ventrale è implicato nelle azioni di afferrare ed
indicare; infatti non era possibili per loro che il sistema visione per azione dipendesse solo dallo strato
dorsale.

Quali sono i limiti di questa teoria:


1. Lo strato ventrale sembra influenzare le risposte che prevedono l’azione di stendere le mani ed afferrare
gli oggetti quando le risposte non sono immediate.
2.Cher ha suggerito un altro approccio chiamato teoria frame and fill (l`elaborazion rapida nello strato
dorsale fornisce la struttura (frame), invece l elaborazioni piu lenta e precisa fornisce il rempimento (fill)
3. Gli strati non sono nettamente separati, infatti interagscono l `uno con l`altro.
4. E’Eccessivo dedurre che gli strati elaboriznio tipologie informazioni molto diverse..
5. E` difficile fare previsioni teoriche perché la maggior parte dei compiti visivi richiede l’impiego di
entrambi gli strati.
6.Scettiscimo in merito alla dimostrazione sugli esperimenti delle doppie dissociazioni.

PERCEZIONE SENZA CONSAPEVOLEZZA

Sarebbe bello ipotizzare che la percezione visiva sia sempre conscia, ma purtoppo non e sempre
cosi, un esempio sono i pazienti che soffrono di Blindsight.
BLINDSIGHT, pazienti che hanno riportato lesioni alla corteccia visiva primaria (BA17 o V1) e che
presentano la perdita di percezione in alcune parti del campo visivo, tuttavia essi rispondono al movimento
in quelle parti in cui sono ciechi.
Diversi tipi di blindsight a seconda delle capacità visive residue:
Blindsight di azione hanno una certa capacità a prendere o indicare oggetti nel campo cieco xché fanno uso
del percorso dorsale di elaborazione, Blindsight di attenzione individuano gli oggetti ed il movimento
anche se dicono di non vederli. Agnosopsia negano qualsiasi consapevolezza degli stimoli visivi.
COMMENTO AL BLINDSIGHT – Vi sono vari motivi per accettarlo come fenomeno autentico. 1. Casi in cui i
potenziali problemi di resoconti verbali soggettivi sono stati superati. 2. Studi in cui la convalida non
dipende da resoconti verbali soggettivi. 3.studi di neuroimaging che dimostrano che si ha attivazione in
modo predominante o esclusivo nel percorso dorsale, molto importante visto che la percezione visiva
consapevole è associata al percorso ventrale.

PERCEZIONE INCONSCIA
Nonostante una meta-analisi condotta da Trappery nel 96 che sosteneva che gli stimoli presentati al di
sotto del livello di consapvolezza non avessero alcun effetto, molti ricercatori continuarono gli studi per
dimostrare l`esistenza della percezione inconscia.
Vi sono 3 modi in cui vengono presentati stimoli al di sotto del livello di consapevolezza, 1.gli stimoli
possono essere molto deboli,2.possono essere presentati molto brevemente 3. Lo stimolo bersaglio può
essere seguito da uno stimolo di disturbo (o masking) che serve ad inibire l’elaborazione dello stimolo
bersaglio.
In che modo possiamo decidere se un osservatore ha percepito in modo consapevole alcuni stimoli?
Vi sono 2 limiti: limite soggettivo: è definito dall’ incapacità dell’individuo a riferire consapevolezza di uno
stimolo. Limite oggettivo: è definito dall’incapacità di un individuo a prendere accurate decisioni a scelta
forzata su di uno stimolo (es: indovinare se è una parola o no…).
In pratica gli osservatori spesso mostrano CONSAPEVOLEZZA di uno stimolo in base al limite oggettivo
anche quando la soglia non supera lo soglia soggettiva
COMMENTO ALLA PERCEZIONE INCONSCIA – Il concetto di percezione inconscia era considerato molto
controverso.Oggi abbiamo notevoli evidenze a convalida della sua esistenza(molte di neuroimaging) esse
indicano che vi è una sostanziale elaborazione degli stimoli visivi che arriva ad includere il livello semantico
in assenza di consapevolezza visiva. I RISULTATI in individui sani associata a pazienti con blindsight
suggeriscono che una considerevole elaborazione visiva può avere luogo in assenza di consapevolezza. Il
principale compito per il futuro sara sviluppare teorie della percezione inconscia.
PERCEZIONE DELLA PROFONDITA’ E DELLE DIMENSIONI

Uno degli elementi fondamentali della percezione visiva è il modo in cui l’ immagine retinica
bidimensionale viene trasformata nella percezione di un mondo tridimensionale. Esistono molti indizi per la
profondita visiva ed un indizio è definito come “qualsiasi informazione sensoriale che dà origine ad una
stima sensoriale”. Nella vita reale degli indizi sulla profondità vengono spesso forniti dal movimento,
dell’osservatore o dell’oggetto, nell’ambiente visivo.
Ci concentreremo su indizi anche se l’osservatore e gli oggetti sono fermi, questi indizi sono classificati in:
monoculari, binoculari ed oculomotori.
Gli indizi monoculari richiedono l’uso di un solo occhio, quelli binoculari entrambi gli occhi,
quelli oculomotori sono cinestetici e dipendono dalle sensazioni di contrazioni dei muscoli peri-oculari

INDIZI MONOCULARI chiamati di profondità o pittorici perché usati dagli artisti per creare l’impressione di
scene tridimensionali su tele bidimensionali.
Uno di essi è la: prospettiva lineare = linee parallele che puntano in una direzione distante da noi sembrano
progressiv.avvicinarsi l’una all’altra con l’aumentare della distanza(bordi dell’autostrada). / \
La prospettiva aerea: gli oggetti in lontananaza perdono contrasto e sfumano.
Altra importante caratteristica della prospettiva è la tessitura o densità, la maggior parte degli oggetti (
es.tappeti) ha una tessitura e gli oggetti inclinati rispetto a noi hanno un gradiente di tessitura.( es, quadrati
di un tappeto che si allontanano)
Un altro indizio è : l’ interposizione in cui un oggetto più vicino copre alla vista parte di un oggetto più
distante. (es: il quadrato di Kanisza)
Un altro indizio è: l’ombreggiatura, l’ombra dà il senso di un oggetto tridimensionale.
Un altro indizio è: familiarità delle dimensioni è possibile usare la dimensione dell’immagine retinica di un
oggetto per fornire una stima accurata della sua distanza, solo se si conosce la misura reale. ( es. carta vista
da uno spioncino della porta).
Ultimo indizio: la parallasse di movimento si riferisce al movimento dell’immagine di un oggetto sulla retina
a causa del movimento della testa dll’osservatore (es: finestrino del treno)

INDIZI BINOCULARI ED OCULOMOTORI


La percezione della profondità dipende da indizi oculomotori basati sulla contrazione dei muscoli che
circondano gli occhi. Uno di questi è la convergenza che si riferisce al fatto che gli occhi si girano tanto più
all’ interno per mettere a fuoco un oggetto quanto più l’oggetto è vicino.
Un altro è l’accomodamento che si riferisce alle variazioni della capacità ottica prodotta dall’ispessimento
del cristallino quando mette a fuoco un oggetto vicino.
La visione stereoscopica implica indizi binoculari è basata sulla disparità binoculare, che è la differenza tra
le immagini proiettate sulla retina dei 2 occhi quando si osserva una scena.
Questi 3 indizi sono efficaci solo per facilitare la profondita su distanze brevi.

INTEGRAZIONE DELLE INFORMAZIONI PROVENIENTI DAGLI INDIZI


In genere abbiamo accesso a diversi indizi di profondità ma bisogna capire come combinarli:
Due possibilità: additività (le info derivanti dagli indizi diversi vanno addizionate) e la selezione (vengono
usate solo alcune proveniente da un singolo indizio).
JACOBS ha sostenuto che quando combiniamo le info provenienti da indizi visivi multipli attribuiamo
maggior peso agli indizi attendibili che ha quelli non attendibili.
Ha ipotizzato che: 1. Gli indizi meno ambigui (che forniscono info coerenti) sono considerati più attendibili.
2. un indizio è attendibile se le deduzioni basate su di esso sono coerenti con quelle basate su altri indizi
disponibili.
CONCLUSIONI SULLA PERCEZIONE E PROFONDITA’ – Le info provenienti da diversi indizi sono in genere
combinate per produrre un’accurata percezione di profondità e spesso ciò accade in modo additivo.
tuttavia ci sono molte situazioni in un cui un indizio prevale sugli altri. Esistono molte prove a conferma di
JACOBS secondo cui attribuiamo più peso agli indizi che forniscono info attendibili e coerenti e flessibili(cioe
prima attendibile e dopo magari non più).

COSTANZA DELLA DIMENSIONE è la tendenza di qualsiasi oggetto ad apparire della stessa dimensione,
indipendentemente dal fatto che la sua dimensione nell’ immagine retinica sia grande o piccola (vedi la
stanza di ames). La dimesione percepita e la costanza di dimensione dipendono dalla distanza percepita.
Ad oggi non esiste una vera teoria in grado di spiegare le stime di dimensioni.

CAPITOLO 3 – LA PERCEZIONE DI OGGETTI, VOLTI, MOVIMENTO


INTRODUZIONE

IL riconoscimento degli oggetti per noi molto semplice e naturale, ma in realta è un processo complesso: 1.
Inanzitutto nell’ambiente ci sono numerosi oggetti sovrapposti e dobbiamo stabilire quando un oggetto
finisce ed un altro comincia. 2. Siamo in grado di riconoscere che un oggetto e’ per esempio una sedia, ,a
essndo che esse variano per dimensione, colore e forma è difficile riuscire a capire come facciamo a
collocare tanti stimoli visivi eterogenei nella stessa categoria 3. Gli oggetti possono essere riconosciuti in un
ampio spettro di distanze ed orientamenti visivi. Malgrado la complessita del rconsocumento degli oggetti
siamo perfettamente in grado di descrivere un oggetto osservato nel nostro campo visivo.

ORGANIZZAZIONE DELLE PERCEZIONI

Uno dei problemi fondamentali della percezione visiva è di spiegare la separazione percettiva, cioè la nostra
capacità a stabilire quali parti di informazioni visive che ci vengono presentate siano collegate tra loro e
formino oggetti distinti.

Il 1° tentativo sistemico di studiare la separazione delle percezioni è stato compiuto dalla GESTALT
(corrente Psi tedesca chiamata anche Psi della forma).
Il principio fondamentale delle percezioni è la legge della PREGNANZA “Di numerose organizzazioni possibili
dal punto di vista geometrico, si verificherà quella che possiede la forma migliore, più semplice e più
stabile”. Le altre leggi della Gestalt vengono incluse nella legge della pregnanza.
1.legge della prossimità: gli elementi visivi tendono ad essere raggruppati insieme.
2.legge della somiglianza: gli elementi simili sono raggruppati insieme.
3. Legge della buona continuazione: raggruppiamo insieme gli elementi che richiedono il minor numero di
cambiamenti o interruzioni nelle linee.
4. Legge della chiusura: le parti mancanti vengono inserite per completare la figura.
Inoltre quando una una seire di elemnti e` piu complessa, moa organizzata in modo piu semplice, esso
viene defnito come effetto della superiorità della configurazione. Un'altra legge della Gestaldt e` quella del
destino comune, in cui gli elementi visivi che sembrano spostarsi insieme vengono raggruppati insieme..
Gli psicologi della Gestalt enfatizzarono molto l’ importanza della separazione FIGURA-SFONDO (immagine
VOLTI- VASO) nell’organizazione percettiva. Secondo gli psicologi della Gestalt la figura e`percepita come
una forma o una struttura distinta, mentre lo sfondo non ha forma.

Palmer e Rock nel 1994 proposero un nuovo principio di organizzazione chiamato connessione uniforme
“qualsiasi regione con proprieta visive uniformi ( colore, tessitura, luminosita) tende a essere prganizzata
come signola unita percettiva.

COMMENTO ALLA GESTALT – L’approccio ha condotto alla scoperta di numerosi aspetti importanti
nell’organizzaione percettiva; tuttavia presenta numerosi LIMITI: 1.evidenze sono basate su stimoli sempre
bidimensionali, 2. Offerta la descrizione di importanti fenomeni percettivi senza fornirne spiegazioni
adeguate a riguardo 3. Non hanno studiato cosa accade se certe leggi sono in conflitto, 4.non hanno
identificato tutti i principi di organizzazione percettiva. In sostanza, sia i processi dall’alto verso il
basso(basati sulla conoscenza degli oggetti e loro forme) sia quelli dal basso verso l’alto (o guidati dallo
stimolo) vengono in genere usati per aumentare al massimo l’efficacia dell’ articolazione figura-sfondo.
Tuttavia nelle scene naturali essendo complesse ed ambigue sono molto utili i processi dall’alto verso il
basso.

TEORIE SUL RICONOCIMENTO DEGLI OGGETTI

Il riconoscimento degli oggetti è di enorme importanza per noi, “l’identificazione degli oggetti è uno stato
primario dell’elaborazione visiva ed un elemento precursore cruciale per interagire con il mondo e
riflettere su di esso.”Quindi il modo in cui riconosciamo gli oggetti è sia PERCETTIVO che COGNITIVO.
IL TEORICO più autorevole è stato MARR con il suo volume dal titolo “Vision” del 1982 che ha proposto
una teoria computazionale dei processi implicati nel riconoscimento degli oggetti ed ha suggerito l’
esistenza di una serie di rappresentazioni che forniscono informazioni sempre più dettagliate sull’ambiente
visivo: L’ABBOZZO PRIMARIO: fornisce una descrizione bi-dimensionale delle principali variazioni di
intensità luminosa dell’ input visivo, comprese le info sui margini, sui profili e sulle macchie.
L’ABBOZZO 2.5-D che include una descrizione della profondità ed orientamento delle superfici visibili
usando le informazioni fornite dalla tessitura, sfumatura, disparità binoculare; e come l`abozzo primario e’
basato sul punto di vista dell’ osservatore.
LA RAPPRESENT.DEL MODELLO 3-D che descrive tri-dimensionalmente l forme degli oggetti e la loro
posizione relativa INDIPENDENTEMENTE dal punto di vista dell’osservatore.

TEORIA DEL RICONOSCIMENTO PER COMPONENTI DI BIEDERMAN. (ampliamento a quella di Marr)

L’Assunto centrale di quetsa teoria è che gli oggetti sono costituiti da FORME DI BASE note come
GEONI(Biederman 87) (es:cubi, sfere ecc). Secondo Biederman ne esisotono circa 36, i quali sono a
sufficienza per riconoscere ed identificare gli oggetti (es.. un secchio, e’ un arco posto sopra ad un cilindro).
In poche parole, l’identificazione di un oggetto visivo dipende da quale rappresentazione nella memoria si
adatta di piu ai genomi provenienti dell oggetto visivo.

Schema della teoria: 1°fase: estrapolazione di margini che risponde alle differenze nelle caratteristiche
superficiali e precisamente luminosità, tessitura, colore; i quali danno uno schizzo dell`oggettob. 2° fase
decidere come frazionare un oggetto visivo per stabilire il numero di parti che lo costituiscono.
Biederman sostiene che le parti concave del contorno di un oggetto rivestono particocale importanza nel
frazionamento e secondo lui e’ importante decidere quale informazione relativa ai margini possieda la
fondamentale caratteristica di rimanere immutata indipendentemne dall’angolo di osservazione.
Le proprietà invarianti dei margini sono: curvatura punti su una curva, linee parallele: serie di punti
disposti in parallelo, co-terminazione : margini che finiscono in un punto comune.
Simmetria: contrapposta all’asimmetria. Co-linearità: punti in una linea retta.
Le 5 proprietà invarianti consentono che un elemento primitivo (componente o geone) venga estrapolato,
con tolleranza per le variazioni di angolo di osservazione.
Una parte importante in merito alle proprietà invarianti è il principio di non casualità, secondo il quale le
regolarità nell’immagine visiva riflettono regolarità reali (o non casuali) nel mondo reale e non dipendono
da caratteristiche casuali di un determinato punto di osservazione. ( es. quando osserviamo una bicicletta
dal davanti)
Come riconosciamo gli oggetti se le condizione sono invece sub-ottimali (es. un altro oggetto oscura in
parte l`oggetto bersaglio?: 1-le proprieta invarianti di un oggetto possono essere individuate anche quando
è possibile osservare solo parte dei margini.
2.posto che le aree concave di un contorno siano visibili esistono dei meccanismi che consentono di
colmare parti mancanti.
3.sono di solito presenti numerose info accessorie per il riconoscimento di oggetti complessi.(es: parti di un
animale che riconosciamo, collo della giraffa).

COMMENTO un problema fondamentale è come riusciamo ad identificare un oggetto malgrado le


sostanziali differenze esistenti tra gli elementi di una data categoria in termini di forma, dimensione ed
orientamento. La teoria di Biederman fornisce una spiegazione plausibile del come sia possibile.
LIMITI: 1. Si concentra sui processi dal basso verso l’alto attivati direttamente dall`input dello stimolo.2. E’
in grado di spiegare solo discriminazioni percettive grossolane, dice se questo è un gatto o un cane ma non
se il gatto e’ nostro o il cane e nostro. 3.la toeria e’ semplicistica sul riconoscimento degli oggetti secondo i
punti di vista. 4.nella realtà la forma degli oggetti è cosi variabile che non hanno sempre geoni identificabili
(es:le nuvole).

TEORIE DIPENDENTI ED INDIPENDENTI DAL PUNTO DI VISTA

Al contrario le teorie che invece dipendono dal punto di vista ipotizzano che le variazioni nel punto di vista
riducano la velocità e/o la precisione del processo di riconoscimento di oggetti. Secondo queste teorie “le
rappresentazioni di oggetti sono raccolte di immagini che illustrano l’aspetto degli oggetti in base a specifici
punti di vista”, quindi e’ piu facile riconoscere un oggetto quando l`immagine corrisponde a un'altra
immagazzinata nella memoria.

COMMENTO – e’ semplicistico sostenere che il riconoscimento di oggetti è sempre dipendente o


indipendente dal punto di vista, la misura in cui il riconoscimento è dipendente o non dal punto di vista
dipende da numerosi fattori (es:se bisogna dividere in categorie e sotto categorie…) Il concetto secondo cui
tutte le informazioni disponibili vengono usate in parallelo per facilitare il riconoscimento ha ottenuto per
ora buone convalide.

APPROCIO DELLA NEUROSCIENZA AL RICONOSCIMENTO DI OGGETTI

In quesi ultimi decenni c`e stato un notevole progreso nella compresnione dei processi cerebrali. Si
consideri la nostra capacita di riconoscere Robert de Niro quando lo vediamo in un film, esso imolica
numerosi processi che interagisocno tra loro. Quasi tutti i ricercatori ipotizzano che lo strato ventrale sia
specializzato per il riconoscimento di oggetti, mentre quello dorsale per la visione spaziale e le azioni
guidate visivamente. La corteccia infero-temporale è di importanza fondamentale nel riconoscimento
visivo di oggetti ES. mostrare a pazienti oggetti diversi con punti di vista diversi e dimensioni diverse. Vi
sono 2 dimensioni chiave di risposta neuronale: selettività e invarianza o tolleranza, i neuroni che
rispondono fortemente ad un oggetto visivo ma debolmente ad altri oggetti possiedono una grande
selettività, al contrario quelli che rispondono quasi a tutti indipendentemente dalle dimensioni ed dal
punto di vista possiedono un’elevata invarianza o tolleranza.

L’ esistenza di questi diversi tipi di neuroni è congruente con il concetto secondo cui il riconoscimento di
oggetti può essere o meno indipendente dal punto di osservazione.
E’ stato anche stabilito che varie aree infero temporali sono in qualche modo specializzate x diverse
categorie di oggetti.
LIMITI: 1. distinzioni tra esperimenti con animali e uomini, 2. La ricerca e’ stata concentrata sullo strato
ventrale nel riconoscimento di oggetti, ma anche quello dorsale potrebbe avere importanza ,3. fare ricerca
per fare distinzione tra neuroni selettivi per gli oggetti e quelli selettivi per le caratteristiche.

NEUROPSICOLOGIA COGNITIVA DEL RICONOSCIMENTO DI OGGETTI

Agnosia visiva è la compromissione del riconoscimento visivo di oggetti in persone che possiedono campi
visivi, acuità ed altre forme elementari di capacità visiva sufficientemente integri da consentire il
riconoscimento di oggetti, il deficit riguarda il riconoscimento visivo piuttosto che la definizione.
Esistono due forme di agnosia visiva:
Agnosia appercettiva: il riconoscimento di oggetti è compromesso a causa di gravi deficit dell’elaborazione
percettiva. Agnosia associativa: i processi percettivi sono integri ma il riconoscimento di oggetti no a causa
delle difficoltà incontrate nell’avere accesso alle relative conoscenze sugli oggetti in base alla memoria.
RIDDOCH e HUMPHREYS hanno ipotizzato un modello gerarchico di riconoscimento e definizione di oggetti
Raggruppamento dei margini per collinearità: fase precoce, vengono estrapolati i margini.
Combinazione delle caratteristiche in forme: in questa fase le caratteristiche degli oggetti che sono state
estrapolate vengono combinate per creare forme.
Normalizzazione della prospettiva: l’elaborazione consente di ricavare una rappres. indipendente dal pdv.
Descrizione strutturale: i soggetti accedono alle conoscenze immagazz.sulle descrizioni strutt. degli oggetti.
Sistema semantico: la fase finale implica l’accesso alle conoscenze immagazzinate relative ad un oggetto.
COMMENTO – Il modello gerarchico di R&H fornisce un’utile struttura in cui discutere i problemi nel
riconoscimento di oggetti presentati dai pazienti affetti da agnosia visiva. Le evidenze ottenute confermano
le previsioni del modello, è molto chiaro che il modello rappresenta un deciso miglioramento della
semplicistica distinzione tra agnosia appercettiva ed associativa.
LIMITI:1. Si base solo su processi dal basso verso l’alto.2.l’elaborazione può non procedere nel modo
sequenziale previsto dal modello. 3. È un abbozzo di teoria non una vera e propria teoria.

RICONOSCIMENTO DI VOLTI

Questa abilità è importante per la ns vita quotidiana, il riconoscimento di volti differisce da quello degli
oggetti, la ns conoscenza dei processi implicati nel riconoscimento di volti è considerevole.
La differenza sostanziale tra il riconoscimento di volti da quello di oggetti è che quella per i volti implica
soprattutto “elaborazione olistica” o “elaborazione della configurazione”.
Convalida a quest’ipotesi è l’effetto di inversione in cui risulta più difficile identificare un volto quando viene
presentato capovolto,anche se non valuta direttamente l’ elaborazione olistica.
Invece ciò accade in questi due effetti: parte per il tutto ed effetti compositi.
Effetto parte per il tutto: il ricordo per una parte del volto è più preciso quando esso viene presentato
all’interno del volto e non a sé stante. Quest’ effetto indica che i volti sono immagazzinati nella memoria in
forma olistica. Effetto composito: volti costruiti le parti superiori e quelle inferiori, quando le 2 metà
combaciano i soggetti incontrano numerosi difficoltà nell’individuare a chi appartiene la parte superiore.
COMMENTO – i vari effetti dimostrano che i volti sono sottoposti ad elaborazione olistica, quindi esistono
importanti differenze tra riconoscimento di volti e quelli di oggetti, tuttavia l’effetto di inversione non
fornisce una valutazione diretta dell’elaborazione olistica.

PROSOPAGOSIA = Cecità per i volti, sono in genere in grado di riconoscere gli oggetti ma hanno problemi
per i volti. Tre punti imp.sulla prosopagnosia: 1.è una condizione eterogenea in cui i problemi specifici di
riconoscimento di volti ed oggetti variano da paziente a paziente.2.variano anche le origini della condizione.
3. Vari motivi per il riconoscimento dei volti ( più difficile – membri della stessa categoria).
RIASSUMENDO, mentre quasi tutti i prosopagnosici hanno un qualche deficit nel riconoscimento di oggetti,
alcuni hanno una capacità di riconoscimento degli oggetti quasi integra anche quando vengono usati
compiti difficili. Sorprendentemente x alcuni è il contrario, questa doppia dissociazione viene spiegata
ipotizzando che diversi processi siano alla base del riconoscimento di volti ed oggetti.

AREA FUSIFORME PER I VOLTI

L’area specifica per i volti è quella: giro fusiforme laterale.


Convalide con neuroimaging (quest’area risponde 2 volte di più ai volti che ad altri oggetti).
TUTTAVIA sottolineiamo 3 punti: 1. non è l’ unica area, altre sono: l’area occipitale ed il solco temporale
superiore. 2. L’area è più complessa di come sembra e non è uniforme. 3. importanti controversie sull’
ipotesi che sia selettiva per i volti.

I VOLTI SONO SPECIALI? 3 IMP.PREVISIONI: 1 L’elaborazione olistica non è unica per i volti ma caratterizza
qualsiasi categoria per cui possediamo esperienza. 2 l’area fusiforme dovrebbe essere fortemente attivata
quando riconosciamo membri di qualsiasi categoria per cui possediamo esperienza. 3 i prosopagnosici
presentano lesioni su aree dell’elaborazione di oggetti per cui possiedono esperienza.
COMMENTO – come ipotizzato dalla teoria dell’esperienza quasi tutti possiedono maggiore familiarità con i
volti che con gli oggetti e nel riconoscimento dei singoli volti piuttosto che membri di categorie.
IMP.CRUCIALE è il riconoscimento di oggetti che appartengono a categorie per cui si possiede esperienza,
questi oggetti dovrebbero mostrare gli stessi effetti dei volti, ma nessun effetto è attendibile.
QUINDI i volti presentano caratteristiche speciali ed uniche non condivise dagli altri oggetti.

MODELLI DI RICONOSCIMENTO DI VOLTI


APPROCCIO TEORICO PIU’ AUTOREVOLE E’QUELLO DI BRUCE e YOUNG che prevede 8 componenti:

1. CODIFICA STRUTTURALE: produce varie rappresentazioni o descrizione di volti


2. ANALISI DELL’ESPRESSIONE: lo stato emotivo di un individuo può essere dedotto dalle
caratteristiche del suo volto.
3. Analisi del linguaggio facciale: la percezione del linguaggio può essere facilitata dall’osservazione
dei movimenti delle labbra.
4. Elaborazione visiva diretta: alcune specifiche informazioni possono essere elaborate in modo
selettivo.
5. Unità di riconoscimento dei volti: informazioni strutturali su volti noti.
6. Nodi di identità della persona: informazioni sulle persone.
7. Produzione del nome: il nome è immagazzinato separatamente nella memoria.
8. Sistema cognitivo: contiene informazioni aggiuntive e svolge il ruolo nel determinare quale
componente riceve attenzione.
PREVISIONI che scaturiscono dal modello: 3 importanti, 1° devono esistere differenze sostanziali tra
volti noti e non familiari. 2° sono implicate 2 vie distinte di elaborazione (chi è quella persona – quali
sono i suoi sentimenti)3°elaborazione di volti noti porta innanzitutto ad accedere alle informazioni di
familiarità poi a quelle personali ed infine al nome.
COMMENTO – ha esercitato notevole influenza, identifica l’ampio spettro di informazioni che è
possibile estrapolare dai volti. TUTTAVIA presenta alcuni limiti: 1:semplificazione, omette prima fase di
elaborazione,2.l’identità e l’espressione del volto implicano vie distinte di elaborazione è troppo
estrema.3 capacità limitata nell’espressione problemi con una categoria emotiva. 4. Elaborazione
sempre dopo il volto troppo rigida.

IMMAGINI VISIVE

Che hanno luogo quando è presente una rappresentazione visiva della memoria a breve termine ma
non si vede lo stimolo, le immagini sono accompagnate dal vedere con gli occhi della mente.

TEORIA DELL’ANTICIPAZIONE PERCETTIVA


KOSSILYN ha proposto un approccio molto autorevole alle immagini mentali quello dell’anticipipazione
percettiva perché i meccanismi usati per generare le immagini implicano processi usati per anticipare
gli stimoli percettivi. Le immagini visive sono rappresentazioni pittoriche simili ad immagini o disegni in
quanto gli oggetti e le parti degli oggetti in esse contenuti sono disposti nello spazio.
Secondo K. le rappresentazioni si formano in un’area cerebrale organizzata che ha chiamato Buffer
visivo viene usato nella percezione visiva e nell’ immaginazione visiva.
L’ IMMAGINAZIONE VISIVA E’ SIMILE ALLA PERCEZIONE – confermata ipotesi i processi sono simili.
COMMENTO – considerevoli progressi nella conoscenza tra immaginazione e percezione, l’ ipotesi
centrale di K.è stata convalidata. Le previsioni in base alle quali i compiti di percezione e di
immaginazione hanno effetti di facilitazione reciproci se il contenuto è lo stesso e stata convalidata.
E’ importante osservare che immaginazione visiva che implica l’attenzione a dettagli ad alta risoluzione
interessa la corteccia visiva primaria. Sappiamo che diverse aree cerebrali sono implicate nell’
immaginazione relativa ad oggetti ed alle relazioni, tuttavia queste forme vengono usate assieme e non
sappiamo come…

PERCEZIONE DIRETTA

GIBSON ha proposto un approccio teorico radicale alla percezione visiva, ha incorporato la dimensione
temporale nella percezione, cosi che la percezione diventa percezione del movimento, ha sostenuto
che la percezione influenza le nostre azioni senza la necessità di processi cognitivi complessi.
Ha definito la sua teoria un approccio ecologico proprio per sottolineare che la funzione primaria della
percezione consiste nel promuovere l’interazione tra individuo ed ambiente.
Definizione percezione diretta: è l’estrapolazione di informazione dall’ambiente, un processo di
raccolta di informazioni che implica guardarsi attorno, andare in giro, osservare le cose.
Assunti: 1. la configurazione di stimoli luminosi che raggiunge l’occhio è un ordinamento ottico.
2. Questo ordinamento fornisce informazioni rispetto alla disposizione degli oggetti nello spazio ed
queste arrivano in modi diversi (configurazione flusso ottico e affordance…) 3. L’atto percettivo
consiste nella raccolta delle numerose informazioni fornite in modo diretto dall’ordinamento ottico per
mezzo del processo della risonanza .
Def. Configurazione flusso ottico= consiste nella variazione della configurazione luminosa che raggiunge
un osservatore che si viene a creare quando questi si sposta o si spostano parti dell’ambiente
visivo.(es:pilota che sta atterrando), questo fornisce info su velocità, direzione, altezza ecc…
AFFORDANCE = L’offerta di una possibilità. Tutti gli usi potenziali degli oggetti sono direttamente
percebili, es:scala possibilità di salita o discesa, sedia per sedersi. La maggior parte degli oggetti offre la
possibilità che influenza il comportamento e questo varia a secondo dello stato psico in cui si trova il
soggetto. GIBSON sostiene che le le Affordance degli oggetti sono percepiti direttamente.
RISONANZA = processo in cui gli umani riescono a cogliere le info non mutevoli fornite dal mondo
visivo. Paragonata alla radio, la radio è la cassa di risonanza delle info contenute nelle radiazioni
elettromagnetiche. Suggerisce che i soggetti possono cogliere le info dall’ambiente in modo automatico
se sintonizzati correttamente.
COMMENTO - 1.La perc.visiva si è evoluta per consentirci di muoverci nell’ambiente che ci circonda.
2.G.precorreva i tempi che esistono 2 sistemi di visone per percezione ed azione (Milner e Goodale)
3. Stimoli visivi forniscono una quantità maggiore di informazioni.4. percezione non accurata dipende
dal riferimento a situazioni artificiali e dall’imp.ruolo svolto dalla percezione visiva nel guidare un
comportamento.
LIMITI: 1.processi più complicati di quanto descritti. 2.ignorato il sistema visione-per-percezione 3.non
bisogna ipotizzare rappresentazioni interne per comprendere la percezione, 4 semplicistico in generale.

PERCEZIONE DEL MOVIMENTO UMANO

Johansson collegò delle luci a persone che si muovevano al buio echi osservava percepiva il
movimento. Indizi tra uomo e donna, spalle ed anche opposte ed oscillazione corpo.
Ha sostenuto che la capacità a percepire il movimento biologico è innata, processi automatici ed innati
e dipende soprattutto da processi dal basso verso l’alto(disturbo casuali) o dall’alto verso il basso
(elementi disturbo confusi).
NEUROSCIENZA COGNITIVA convalida che diverse aree sono alla base del movimento biologico e del
movimento in generale.
IMITAZIONE E SISTEMA DEI NEURONI SPECCHIO La ns capacità a percepire dei movimenti di altre
persone si basa sull’ imitazione. Questi neuroni sembrano svolgere un ruolo fondamentale nella
comprensione delle intenzioni altrui. Questi neuroni vengono definiti specchio.
CONCETTO: “Neuroni che vengono attivati quando si esegue un’ azione e quando si osserva un altro
animale mentre esegue la stessa azione.” Il significato delle azioni osservate determina l’attività del
sistema neuronale.
COMMENTO – La ns capacità a capire il movimento è forte, dipende da una combinazione di processi
bottom-up e top-down,evidenze sottolinee che ci sono aree diverse per movimento biologico e
generale. Usiamo neuroni specchio per capire il significato dei movimenti delle altre persone.
LIMITI: 1.come si associano i processi bottom-up e top-down 2. Diff processi x movimento biologico e
generale poco chiaro 3. Solo risonanza magnetica per neuroni specchio.
CAPITOLO 4 ATTENZIONE E PRESTAZIONE
L’attenzione è un processo cognitivo complesso, essa rappresenta un necessario e valido presupposto di
altre attività cognitive (memoria, percezione, apprendimento) ma al suo interno agiscono anche
componenti emotive e motivazionali.
Definizione di James: “è la presa in possesso da parte della mente, in chiare e vivide forme di uno solo tra
tanti oggetti che si presentano come simultaneamente possibili o di un solo pensiero in un corso di
pensieri. La focalizzazione e la concentrazione della coscienza ne rappresenta l’essenza”.
Ha distinto in attiva e passiva, attiva quando è controllata dall’alto vero il basso (attese – finalità) mentre è
passiva quando è controllata dal basso verso l’alto (da stimoli esterni).
altra distinzione in: focalizzata e distribuita, focalizzata si studia presentando al soggetto due o più stimoli
chiedendogli di rispondere ad uno solo di essi, distribuita si studia presentando almeno 2 stimoli ma
considerando e rispondendo a tutti gli stimoli.

ATTENZIONE FOCALIZZATA UDITIVA

Cherry –cocktail party, abilità di seguire una sola conversazione implica l’ utilizzo delle differenze fisiche
per focalizzare l’attenzione su un determinato messaggio uditivo, quindi le info uditive trascurate non
vengono elaborate.
TEORIA DI BROADBENT (vedi schema pag.111)
Le sue Ipotesi:
1.due stimoli o messaggi presentati contemporaneamente accedono in parallelo ad un registro sensoriale
2.ad uno dei due stimoli è poi consentito di passare attraverso un filtro sulla base delle sue caratteristiche
fisiche, mentre l’altro stimolo rimane nel registro per essere elaborato successivamente.
3.il filtro è necessario per prevenire il sovraccarico del meccanismo a capacità limitata che elabora lo
stimolo completamente.
COMMENTO – ha proposto un sistema di attenzione selettiva alquanto rigido che non è in grado di spiegare
la grande variabilità del messaggio trascurato, stessa cosa per il filtro che seleziona le info sulla base delle
caratteristiche fisiche.
TEORIE ALTERNATIVE
TREISMAN scoprì con la tecnica dell’ombreggiamento che i soggetti ripetevano una parola che era stata
presentata in un messaggio trascurato, questo fenomeno si chiama Affioramento.
- L’analisi dello stimolo procede in modo sistematico attraverso una gerarchia che comincia da un’analisi
basata su indizi fisici, pattern sillabici ecc..e prosegue poi con un’analisi basata su strutture grammaticali
e significati.
- Il livello soglia per l’elaborazione di tutti gli stimoli risulta abbassato questo spiega l’affioramento.
La T.chiarisce come le info trascurate siano cmq sottoposte ad elaborazioni consistenti.
DEUTSCH hanno proposto una teoria dove tutti gli stimoli in arrivo vengono analizzati ma un solo input
determina la risposta sulla base della sua importanza e rilevanza nella situazione.
RITORNO DI BROADBENT Ha sostenuto l’ esistenza di un registro sensoriale che conserva per un breve
lasso di tempo le info relativamente non elaborate.
Ora abbiamo 2 spiegazioni contrastanti sull’ elaborazione semantica degli stimoli trascurati,
Per TREISMAN dipende da un filtro difettoso per B. e Lachter si chiama slittamento, l’attenzione viene
spostata verso stimoli trascurati così che essi non possono definirsi veramente tali.
Lo slittamento può essere più importante del cattivo funzionamento del filtro.
COMMENTO – Tutte le teorie hanno contribuito alla comprensione dell’ attenzione focalizzata. Molte
evidenze indicano che vi è un’elaborazione ridotta degli stimoli trascurati rispetto agli altri sostenendo cosi
la teoria della TREISMAN. Tuttavia la ricerca di Lachter ha riacceso l’interesse per l’approccio di Broadbent.
LIMITI: Difficile controllare l’insorgenza e la scomparsa degli stimoli uditivi con la stessa precisione di quelli
visivi, le tre teorie sono molto vaghe difficile elaborazione di test definitivi.

ATTENZIONE FOCALIZZATA VISIVA

La maggior parte de i ricercatori si è occupato dell’attenzione visiva 1. La visione è la modalità sensoriale


più importante ed in essa è coinvolta un’area maggiore della corteccia.2.più facile controllare i tempi di
presentazione degli stimoli visivi anziché uditivi.3.possiamo analizzare uno spettro più ampio di elementi.
PRINCIPALI SISTEMI ATTENZIONALI Teorici hanno sostenuto che sono implicati due sistemi:
un sistema volontario o endogeno o diretto all’obiettivo ed un altro involontario, esogeno e guidato dallo
stimolo.
POSNER ipotizza l’esistenza dei 2 sistemi: un sistema endogeno,controllato dalle intenzioni e dalle
aspettative del soggetto, che si attiva in seguito alla presentazione di indizi centrali, un sistema esogeno
che sposta automaticamente l’attenzione e si attiva in presenza di indizi periferici non importanti.
CORBETTA e Schulman hanno identificato un sistema diretto all’obiettivo o dall’ alto verso l’alto costituito
da una rete dorsale fronto-parietale. Il funzionamento di questo sistema è influenzato dalle attese, dalle
conoscenze e dagli obiettivi quindi esso è attivato se alle persone viene fornito un indizio sul punto sul
movimento o su altre caratteristiche di uno stimolo visivo in ingresso. Hanno anche identificato un sistema
dal basso verso l’alto. Il sistema diretto all’obiettivo (rete dorsale) e quello guidato (rete ventrale) spesso si
influenzano a vicenda ed interagiscono.
COMMENTO – C.e S. hanno usato la distinzione tra sistema attenzionale guidato dallo stimolo e sistema
diretto all’obiettivo come base di un’imp.teoria di neuroscienza cognitiva sull’attenzione. Evidenze
convalidano sistemi ventrale e dorsale separati. LIMITI: poco su come interagiscono i sistemi 2. Processi
impiegati in numerosi compiti. 3. I processi attenzionali sono influenzati da nuemrose sostanze (adrenalina)

RIFLETTORE, OBIETTIVO ZOOM O RIFLETTORI MULTIPLI


Posner conviene che sia come un riflettore che rende visibile ogni cosa all’interno di un’area del campo
visivo ma che non vede ciò che è al di fuori.
ERIKSEN e ST.JAMES la paragonano ad un obiettivo zoom che consente di allargare o ridurre l’area coperta
dal fascio luminoso a proprio piacimento.
La Teoria dei riflettori multipli supera quella precedente, fornisce una spiegazione migliore dell’attenzione
visiva, si suppone infatti che sia possibile mostrare un’attenzione divisa in cui l’attenzione è diretta a due o
più regioni dello spazio non adiacenti.
CHE COSA VIENE SELEZIONATO?

1. Un’area o una regione dello spazio


2. Un oggetto o più oggetti.
3.sistema flessibile da permetterci di prestare attenzione od un’area o un oggetto.

COMMENTO – non è sorprendente che l’attenzione visiva sia spesso basata sugli oggetti visto che bisogna
identificarli nello spazio.E’ anche importante che i processi di raggruppamento (somiglianza, prossimità)
che si verificano presto nella percezione visiva contribuiscano a separare l’ambiente visivo in figura
(oggetto centrale)e sfondo. In secondo piano viene la posizione.
RIASSUMENDO,l’attivita .visiva può essere basata sull’oggetto o sulla posizione e quindi può essere usata in
modo flessibile. Gli obiettivi individuali determinano la focalizzazione dell’attenzione visiva sugli oggetti o
sulle posizioni ma i processi coinvolti non sono chiari.

STIMOLI VISIVI TRASCURATI Gli effetti degli stimoli di disturbo dipendono dal carico percettivo e dal carico
del controllo esecutivo. Un carico percettivo elevato riduce l’impatto degli stimoli di disturbo sulla
prestazione mentre un carico elevato di controllo esecutivo ne aumenta l’ impatto, tutto dipende dal carico
stesso.

DISTURBI DELL’ATTENZIONE VISIVA


DUE dei principali disturbi sono la sindrome neglect o negligenza spaziale unilaterale e l’ estinzione.
Il neglect è: una condizione in cui vi è una perdita di consapevolezza degli stimoli presentati sul lato contro
laterale alla lesione, in generale è sull’emisfero destro. Tuttavia il neglect è attribuibile alla mancata
connessione di ampie reti cerebrali piuttosto che a un danno a carico di una singola regione.
L’estinzione è: invece un fenomeno che si riscontra di frequente nei pazienti affetti da neglect, implica
l’incapacità a individuare uno stimolo visivo sul lato opposto a quello della lesione in presenza di un
secondo stimolo posto sullo stesso lato della lesione.
SPIEGARE IL NEGLECT: la consapevolezza percettiva non è determinata unicamente dagli stimoli che
colpiscono i nostri sensi, ma anche dagli stimoli cui scegliamo di prestare attenzione.
SPIEGARE L’ESTINZIONE: intrinseco meccanismo di competizione, per cui la presenza di uno stimolo più
saliente presentato sullo stesso lato della lesione cattura l’attenzione e impedisce la percezione di uno
stimolo meno saliente sul lato opposto.
Riassumendo: i pazienti con neglect e estinzione possono raggruppare gli stimoli provenienti da entrambi i
lati del campo visivo, ciò riduce la competizione attenzionale e consente loro di ottenere accesso
consapevole agli stimoli presentati sul lato contro-lesionale.
COMMENTO – PUNTI DI Forza 1. Sono in grado di elaborare stimoli visivi trascurati 2. Forniscono evidenze
sulle tipologie di elaborazione raggruppando gli stimoli visivi. 3.i pazienti con neglect presentano numerosi
deficit a carico dell’esogeno ma deficit minori sull’endogeno.
LIMITI: 1.sintomi e regioni cerebrali variano da caso a caso. 2. Ci si concentra solo sulla parte contro
laterale. 3.non chiara natura dei processi attenzionali.

TRE ABILITA’ ATTENZIONALI


Posner e Petersen hanno individuato 3 abilità implicate nel controllo dell’attenzione.
1° Il disengagement (allontanamento) dall’attenzione da un determinato stimolo visivo.
2° Lo shifting (trasferimento) dell’attenzione da uno stimolo ad un altro.
3° L’ enganging (concentrazione o impegno) dell’attenzione su di un nuovo stimolo visivo.
LIMITE A QUESTE TEORIE E’ CHE ESSE SEMPLIFICANO TROPPO UNA REALTA’ COMPLESSA.

RICERCA VISIVA
Teoria dell’ integrazione delle caratteristiche
TREISMAN e GELADE hanno proposto questa teoria e queste sono le ipotesi principali:
1.esiste un’importante distinzione tra le caratteristiche degli oggetti e gli oggetti stessi.
2.si verifica una rapida elaborazione in parallelo delle caratteristiche visive degli oggetti presenti
nell’ambiente, questa fase non dipende dall’attenzione.
3.si verifica poi una2°fase in serie nella quale le caratteristiche visive vengono combinate per formare
oggetti.
4.il processo in serie è più lento dell’iniziale in parallelo.
5. Le caratteristiche visive possono essere combinate focalizzando l’attenzione selettiva sulla posizione
degli oggetti, l’attenzione focalizzata è la colla che costruisce oggetti unitari a partire da caratteristiche
visive a disposizione.
6.La combinazione delle caratteristiche visive può essere influenzata da conoscenze già immagazzinate.
7. In assenza di attenzione selettiva o conoscenze già immagazzinate le caratteristiche visive saranno
casuali.
TREISMAN ha proposto una versione più complessa in cui vi sono 4 tipi di attenzione selettiva.
1. La selezione della posizione 2. La selezione per caratteristiche (colore,luminosità ecc..)
3.la selezione delle posizioni definite dall’oggetto 4. La selezione che determina la categoria di oggetto.
Teoria della ricerca guidata

Wolfe che è un perfezionamento alla teoria dell’ integrazione delle caratteristiche, secondo questa teoria
l’ iniziale elaborazione delle caratteristiche fondamentali dà luogo ad una mappa di attivazione, in cui
ciascuno degli elementi presentati sullo schermo possiede un proprio livello di attivazione.
COMMENTO ALLE 2 TEORIE – La teoria dell’integrazione ha influenzato in vari modi le ipotesi teoriche in
merito alla ricerca visiva perché rappresenta il primo tentativo sistematico di comprendere i processi che
determinano la velocità della ricerca visiva.
La teoria ha influenzato il pensiero sui processi che vanno dalle prime fasi della codifica sensoriale alle
caratteristiche di ordine più elevato del controllo attenzionale, ed è stata una delle più influenti teorie
sull’info visiva.

Ipotesi dell’integrazioni delle decisioni


la ricerca visiva è in genere più lenta quando sono presenti numerosi elementi perché la complessità del
processo di presa di decisione è maggiore.
Ricerca visiva di bersagli multipli
THORTON e GILDEN hanno sostenuto che è possibile determinare se la ricerca visiva è seriale o parallela
usando bersagli multipli.
COMMENTO GENERALE – Notevoli progressi nella comprensione dei processi implicati nella ricerca visiva,
anche se è stato difficile stabilire se in un determinato compito, vengono impiegati processi seriali o una
combinazione di entrambi, sono stati identificati numerosi fattori che influenzano il processo di ricerca.
Sembra che l’elaborazione parallela venga attivata in quasi tutti i compiti di ricerca visiva tranne che in
quelli che comportano tempi molto lunghi per l’individuazione del bersaglio.

EFFETTI CROSS-MODALI
SPESSO nel mondo reale combiniamo o integriamo le info provenienti da modalità sensoriali diverse nello
stesso tempo (attenzione cross-modale) es: osserviamo qualcuno che parla ed osserviamo le labbra.
Distinguiamo tra: attenzione spaziale endogena, una persona dirige volutamente la propria attenzione
visiva verso un preciso punto dello spazio. Al contrario nell’attenzione spaziale esogena una persona dirige
in modo involontaria l’attenzione visiva verso un punto nello spazio.
GLI EFFETTI CROSS MODALI si verificano quando il dirigere l’attenzione visiva verso un dato punto
attira anche l’attenzione uditiva e /o tattile verso lo stesso punto. Es: il ventriloquo.
QUESTA TEORIA HA N°LIMITI.
ATTENZIONE DISTRIBUITA
Possiamo chiedere alle persone di fare due cose (A e B) contemporaneamente o separatamente, ciò che
accade è che la prestazione in uno o entrambi i compiti peggiora quando essi vengono eseguiti insieme
(condizione del doppio compito), ora vediamo i fattori principali che influenzano la prestazione nel doppio
compito.
FATTORI CHE INFLUENZANO L’ESECUZIONE DEL DOPPIO COMPITO
Tre fattori imp.determinano il livello di prestazione nell’ esecuzione di due attività svolte simultaneamente
1.la somiglianza del compito, 2.la pratica e 3. la difficoltà del compito.
In merito alla somiglianza i ricercatori hanno scoperto che due compiti interferivano tra di loro nella misura
in cui usavano la stessa modalità di stimolo (visiva o uditiva). Importante anche la somiglianza della risposta
In merito alla pratica, ricercatori scoprirono che la pratica può migliorare la capacità ad eseguire
contemporaneamente due compiti anche se arrivarono a risultati troppo semplicisti.
In merito alla difficoltà del compito, la capacità ad eseguire due compiti assieme dipende dalla difficoltà dei
2 compiti.

TEORIE DELLA CAPACITA’ CENTRALE VS RISORSE MULTIPLE


Spieghiamo ora perché il livello di prestazione è in genere inferiore quando i compiti vengono eseguiti
contemporaneamente.
Un approccio ipotizza che una capacità centrale a risorse limitate possa essere usata in modo flessibile in
varie attività. La qualità dell’esecuzione di due compiti dipende dalle richieste che ciascun compito pone a
queste risorse. Se le richieste dei due compiti non eccedono la quantità totale di risorse di questa capacità
centrale, allora i 2 compiti non interferiranno tra loro, al contrario è inevitabile che si verifichi una
compromissione della prestazione.
Con un altro approccio (Wickens) ha sostenuto che il sistema di elaborazione è costituito da meccanismi
indipendenti di elaborazione o risorse multiple.
Ha suggerito una struttura tridimensionale delle risorse dell’elaborazione umana.
Secondo il suo modello, vi sono 3 fasi successive di elaborazione (codifica,elaborazione centrale, risposta),
la codifica implica l’elaborazione percettiva degli stimoli ed in genere utilizza la modalità visiva o uditiva.
La codifica e l’elaborazione centrale possono implicare codici spaziali o verbali. Infine la risposta comporta
risposte manuali o vocali.
Le ipotesi fondamentali sono due: 1. Vi sono diversi insieme di risorse basate sulle distinzioni tra fasi di
elaborazione, codici e risposte. 2. Se due compiti impiegano risorse diverse, le persone dovrebbero essere
in grado di eseguire entrambi i compiti senza alcuna difficoltà.
Definizione di risorsa: 1.ogni risorsa deve avere una manifestazione identificabile nel cervello. 2.
Dovrebbero esistere delle evidenze derivanti da situazioni di doppio compito nel mondo reale che validano
la tesi per cui una risorsa è responsabile degli effetti di interferenza.3.ogni risorsa dovrebbe essere
facilmente identificabile da chi progetta sistemi per ridurne la competizione tra esse.

NEUROSCIENZA COGNITIVA
Ha dimostrato che: esistono sostanziali differenze tra l’esecuzione di doppi compiti e compiti singoli.
Più precisamente, la ricerca di imaging cerebrale ha individuato due motivi per cui spesso si verificano
effetti di interferenza nelle condizioni del doppio compito.
1. limite massimo di risorse di elaborazione che possono essere allocate a due compiti anche quando essi
sembrano implicare processi diversi, questo è spiegato con il fenomeno della subadditività (attivazione nei
doppi compiti è inferiore all’ attività complessiva dei 2 compiti eseguiti separatamente).2.L’esecuzione dei
doppi compiti spesso implica richieste di elaborazione che non sono presenti nell’esecuzione di compiti
singoli.
BLINK ATTENZIONALE

Uno dei principali limiti della ricerca sui doppi compiti è che i compiti usati non consentono di valutare
precisamente i processi che ne sono alla base (es:attenzione), ciò ha portato allo sviluppo di vari compiti
tra cui il blink attenzionale, cioè una capacità ridotta a percepire e rispondere al secondo bersaglio visivo
quando esso viene presentato subito dopo il primo.
COSA LO CAUSA…La ns abilità limitata di impegnare l’attenzione due volte in un breve periodo di tempo
contribuisce a spiegare le difficoltà che in genere si incontrano nell’impegnare l’attenzione in due compiti
che vengono eseguiti contemporaneamente.

ELABORAZIONE AUTOMATICA
Uno dei fenomeni chiave del paradigma dei doppi compiti è il miglioramento drastico della prestazione che
spesso si ha con la pratica, la spiegazione più comune è che le attività di elaborazione cessino di porre
richieste sulla capacità centrale o attenzione, come risultato di una pratica prolungata.
Queste attività diventano Automatiche.
Gli studiosi tracciarono una distinzione teorica tra processi automatici e controllati.
I processi controllati hanno capacità limitata, richiedono attenzione e possono essere usati in modo
flessibile in differenti circostanze. I processi automatici non hanno capacità limitata, non richiedono
attenzione e sono molto difficili da modificare una volta appresi.
Riassumendo: i processi automatici operano rapidamente ed in parallelo, ma soffrono della mancanza di
flessibilità: i processi controllati al contrario sono flessibili e versatili, ma operano lenti ed in serie.

Problemi dell’approccio tradizionale


L’approccio ipotizza che qualsiasi processo sia controllato o automatico e che i processi automatici
posseggano in genere varie caratteristiche. In realtà i risultati ottenuti indicano che le persone sono più
lente quando il set di memoria e lo schermo contengono numerosi elementi. Troppo descrittivo ma non
esplicativo su cosa accada su come alcuni processi diventino automatici.

Moors e De Houwer hanno sostenuto che dovremmo definire l’automaticità in base a varie caratteristiche
che la distinguono dalla non-aut. Teorizzano 4 caratteristiche dell’automaticità: non collegata all’obiettivo,
inconscia, efficacia e veloce. Non vi è netta divisione tra aut. e non-aut. le caratteristiche sono graduali
piuttosto che assolute.
Neuroscienza L’aumento dell’automaticità è in genere associato ad un trasferimento dell’ attivazione
corticale verso quella sub-corticale. L’acquisizione dell’automaticità può essere concepita come un
trasferimento del coinvolgimento corticale e quindi da una selezione in cui vi è un certo grado di incertezza,
ad un coinvolgimento semplice, diretto, attraverso i gangli basali.

Teoria di Logan è la 1°che spiega un meccanismo di apprendimento del perché l’automaticità è associata ad
una graduale riduzione dell’impiego di risorse attenzionali.
Ipotesi: Codifica obbligatoria: tutto ciò cui si presta attenzione è codificato nella memoria.
Recupero obbligatorio: Il recupero dalla memoria a lungo termine è una conseguenza necessaria
dell’attenzione.
Rappresentazione dei casi: ogni incontro con un stimolo viene codificato, immagazzinato e recuperato
separatamente anche se lo stimolo è stato incontrato prima.
L’aumento delle info immagazzinate nella memoria a lungo termine quando si incontra uno stimolo molte
volte produce “automaticità”che è il recupero delle info in memoria: la prestazione è automatica quando si
basa sul recupero immediato e diretto di soluzioni pregresse contenute in memoria.

In assenza di pratica il compito di rispondere adeguatamente ad uno stimolo richiede sforzo cognitivo ed
applicazione di regole.
RIASSUMENDO: il punto di forza di questa teoria è che essa specifica un meccanismo di apprendimento che
produce automaticità e che contribuisce a spiegare le varie caratteristiche associate all’automaticità.
TEORIE DEL COLLO DI BOTTIGLIA I risultati ottenuti in quasi tutti gli studi sul periodo psi refrattario
indicano che esiste un collo di bottiglia(impossibile prendere contemporanemante due decisioni in merito
alle risposte esatte)e che la selezione delle risposte avviene in serie. Tuttavia questo periodo non è molto
ampio ciò suggerisce che la maggior parte dei processi non si realizza in serie.

CAPITOLO 5 – APPRENDIMENTO MEMORIA E OBLIO


INTRODUZIONE
In genere le teorie sulla memoria tengono conto sia della struttura che dei processi operanti al suo interno.
Con struttura si intende il modo in cui è organizzata la memoria, mentre con processi si fa riferimento alle
attività che si verificano all’interno della memoria.
Apprendimento e memoria implicano una serie di stadi distinti. Il 1°stadio: codifica si riferisce a tutti quei
fenomeni che hanno luogo durante la presentazione dell’info da ricordare.
2° stadio: immagazzinamento delle informazioni come conseguenza del processo di codifica.
3°stadio: recupero o estrapolazione dalla memoria.

STRUTTURA DELLA MEMORIA in quest’ambito è stata ipotizzata un’importante distinzione tra memoria a
lungo termine e memoria a breve termine.
Modelli Multi-magazzino numerose teorie hanno tentato di descrivere l’architettura fondamentale del
sistema della memoria in termini di magazzini.
Sono stati proposti 3 tipi di magazzini di memoria:
1. Magazzini sensoriali, specifici per ciascuna modalità sensoriale e conservano le informazioni per un
tempo molto breve.
2. Magazzino di memoria a breve termine di capacità piuttosto limitata.
3. Magazzino di memoria a lungo termine di capacità praticamente illimitata che può conservare le
informazioni per periodi di tempo estremamente lunghi.
Le info proveniente dall’ambiente sono inizialmente accolte nei magazzini sensoriali, vengono conservate
per breve tempo ed alcune di esse vengono elaborate e passano nel magazzino a breve termine,
successivamente alcune delle info elaborate passa nel magazzino a lungo termine.
NB: SOVRAPPOSIZIONE tra memoria e attenzione: la teoria di Broadbent è stato per molti aspetti il
precursore dell’approccio multi magazzino, chiara somiglianza tra registro sensoriale e buffer.
Magazzini sensoriali
il magazzino visivo è noto come magazzino iconico, questo magazzino è utile per 2 motivi:
1. i meccanismi responsabili della percezione visiva operano sempre sull’icona piuttosto che direttamente
sull’ambiente visivo stesso.2.le info restano nella memoria iconica fino a 500 ms, ciò serve a garantire che si
presti attenzione ad info importanti.
Il magazzino uditivo è noto come magazzino ecoico ed è un magazzino temporaneo la durata temporale è
di circa 2-4 secondi.
Magazzini a breve e lungo termine
la capacità della memoria a breve termine è molto limitata.
Essa è stata studiata mediante differenti misure di span, un es di misura di span è lo span di cifre in cui le
persone devono ripetere una serie casuale di numeri nell’ordine corretto dopo averli ascoltati.
Tuttavia MILLER ha sostenuto che la capacità della memoria a breve termine deve essere valutata in base al
numero di chunks o unità di informazioni basate su precedenti apprendimenti ed esperienze.
COMMENTO – PUNTI DI FORZA 1.il modello multi magazzini rappresenta indubbiamente la 1°teoria sulla
memoria che ha fornito un’interpretazione sistematica delle strutture e dei processi che costituiscono il
sistema della memoria. 2.La distinzione concettuale tra i 3 tipi di magazzino della memoria (sensoriali,breve
e lungo termine) ha tuttora significato. 3. I magazzini della memoria differiscono nei seguenti elementi:
durata temporale, capacità di immagazzinamento, meccanismo(i) dell’oblio, effetto delle lesioni cerebrali.
LIMITI 1.Semplicistico che il magazz.a breve e lungo termine sia unitario cioè opera in modo singolo 2.le
info elaborate nel magazzino a breve termine sono già entrate in contatto con le info immagazzinate nella
memoria a lungo termine, quindi le info influenzano l’elaborazione nella memoria a breve
termine.3.ipotizzano che le info nella memoria a breve termine rappresentino il contenuto della
consapevolezza, tuttavia esiste apprendimento senza consapevolezza.4.troppo eccesso sulla reiterazione
dell’info nella memoria. LIMITE MAGGIORE DELLA TEORIA: si concentra in modo eccessivo sugli aspetti
strutturali piuttosto che sulla memoria stessa.
Modelli a magazzino singolo i modelli a magazzino singolo ipotizzano che la memoria a breve termine sia
costituita da attivazioni temporanee di rappresentazioni della memoria a lungo termine o da elementi
percepiti di recente. Commento – ha indotto i ricercatori a riflettere sulla relazione tra memoria a breve e
memoria a lungo termine. Vi sono buoni motivi per validare il concetto secondo cui l’ attivazione di parte
della memoria a lungo termine svolge un ruolo importante nella memoria a breve termine. Secondo tale
approccio i pazienti amnesici possono mostrare un deficit della memoria a breve termine in alc.circostanze.
LIMITI: semplic.dire che la memoria a breve termine sia attivata solo da quello a lungo termine.2.non ci
sono grandi convalide dell’ ipotesi che gli amnesici mostrino deficit di prestazione nella memoria a breve
termine,3.non vi sono evidenze che sostengano questo approccio.
WORKING MEMORY
Baddeley e Hicth hanno sostituito il concetto di magazzino a breve termine con quello di working memory.
Questa è costituita da quattro elementi:
Un esecutivo centrale: modalità indipendente simile all’attenzione
Un circuito fonologico che conserva le info in forma fonologica (basata sul linguaggio)
Un taccuino visuo-spaziale specializzato nella codifica spaziale e /o visiva
Un buffer episodico che è un sistema di immagazzinamento temporaneo che può conservare ed integrare
le info provenienti dal circuito fonologico, dal taccuino e dalla memoria a lungo termine.
LA COMPONENTE PIU’ IMP.E’ l’esecutivo centrale, questo è simile all’attenzione e gestisce i compiti più
impegnativi dal punto di vista cognitivo.
Il circuito fonologico ed il taccuino sono sistemi gregari usati dall’esec.centrale per scopi specifici,
il circuito fonologico conserva l’ ordine in cui sono presentate le parole, mentre
il taccuino viene usato per l’immagazzinamento e la gestione delle informazioni spaziali e visive.
CIASCUNA COMPONENTE Ha capacità limitata ed è relativamente indipendente dalle altre
ne conseguono due ipotesi: 1° se due compiti utilizzano la stessa componente, non possono essere eseguiti
contemporaneamente in modo soddisfacente. 2° se due compiti usano componenti diversi dovrebbe essere
possibile eseguirli sia bene insieme che separatamente.
Il circuito fonologico
la maggior parte delle ricerche si è concentrata sull’importanza della reiterazione verbale.
Due fenomeni che supportano questa prospettiva sono: l’effetto di somiglianza fonologica e l’ effetto della
lunghezza delle parole.
L’effetto di somiglianza fonologica si rivela quando è possibile rievocare immediatamente nell’ ordine
corretto una lista di parole presentate in modalità visiva.
L’ effetto della lunghezza delle parole è basato sullo span di memoria (il numero di parole rievocati
immediatamente nell’ordine corretto). Lo span di memoria è minore per le parole la cui enunciazione
richiede più tempo.
INOLTRE BADDLEY sostenne che il circuito fonologico è da costituito da:
un magazzino fonologico passivo, direttamente coinvolto nella percezione del linguaggio.
un processo articolatorio connesso alla produzione del linguaggio che dà accesso al magazzino fonologico.
In base a questa versione, le parole presentate uditivamente vengono elaborate in modo differente
rispetto a quelle presentate visivamente. La p.uditiva di parole produce un accesso diretto al magazzino
fonologico, indip.dall’eventuale utilizzo del processo di controllo articolatorio.
Al contrario la p.visiva di parole permette solo un accesso indiretto al magazzino fonologico attraverso
l’articolazione subvocale.
COMMENTO: La teoria di Baddeley è in grado di spiegare gli effetti della lunghezza delle parole e quella
della soppressione articolatorio. Inoltre da evidenze sperimentali indicano l’esistenza di un
magazz.fonologico e di un processo di controllo articolatorio posti in diverse regioni cerebrali.
IL VALORE DEL CIRCUITO FONOLOGICO è secondo B.non di ricordare parole familiari ma di apprenderne di
nuove. La capacità del c.fonologico in genere prevede le dimensioni del lessico.
Il c.svolge un ruolo nell’apprendimento del lessico. Tuttavia è anche possibile che disporre di un lessico
ricco aumenti la capacità effettiva del c.fonologico.

Il taccuino visuo-spaziale viene usato nella memorizzazione temporanea e nella gestione delle informazioni
spaziali e visive.(es: quando cerchiamo una strada..)
Quesito se c’è ne uno solo o sistemi distinti…
Secondo LOGIE è suddiviso in due componenti:
Deposito visivo (cache) che immagazzina le info relative alla forma ed al colore.
Il copista interno (scribe) che gestisce le info spaziali e di movimento. Esso recupera le info dal deposito e le
trasferisce all’esecutivo centrale.
KLAUER E ZHAO hanno ipotizzato l’esistenze di un sistema visivo ed di un sistema spaziale distinti.
Essi usarono due compiti principali: un compito spaziale (memoria per la posizione dei punti) ed
un compito visivo (memoria per gli ideogrammi cinesi).
Vi erano anche tre compiti secondari: un compito di discriminazione del movimento (interferenza spaziale),
un compito di discriminazione dei colori (interferenza visiva) ed una condizione di controllo (assenza di
compiti secondari).
COMMENTO – Vari tipi di evidenze convalidano la prospettiva secondo cui il taccuino visuo-spaziale è
costituito da una componente visiva (cache) ed una spaziale (scribe). Innanzitutto vi è spesso scarsa
interferenza tra compiti visivi e spaziali eseguiti contemp. 2° Dati suggeriscono che le due componenti del t.
sono poste in aree cerebrali diverse. 3° alcuni pazienti cereb.presentano lesioni a carico della componente
visiva ma non di quella spaziale.
Molti compiti richiedono l’impiego combinato di entrambe le componenti del taccuino.
Esecutivo centrale è simile ad un sistema attenzionale, è la componente più importante della W.M.
Ogni volta che siamo impegnati in un’ attività cognitiva complessa utilizziamo l’esecutivo centrale.
Si suppone che la corteccia pre-frontale sia l’area maggiormente implicata nel suo funzionamento.

La teoria nel tempo ha subito sostanziali modifiche.


Nel modello originale l’esecutivo centrale era unitario funzionava come un’ unità singola, in anni recenti i
teorici hanno di più sostenuto una sua maggiore complessità.
Baddley ha suggerito 4 funzioni dell’esecutivo: a)passare ad altri piani di recupero b)distribuzione dei tempi
negli studi sui doppi compiti c)attenzione selettiva nei confronti di alcuni stimoli mentre se ne ignorano altri
d) attivazione temporanea della memoria a lungo termine.
Questi sono esempi di processi esecutivi, ovvero che servono ad organizzare ed a coordinare il
funzionamento del sistema cognitivo per raggiungere gli obiettivi comuni.
Miyake e al. hanno identificato tre processi esecutivi che si sovrappongono parzialmente a quello di B.
essi ipotizzarono che queste funzioni fossero collegate ma separabili.
Funzione di inibizione: si riferisce alla capacità di inibire risposte dominanti automatiche quando necessario.
Funzione di trasferimento: si riferisce allo spostarsi tra vari compiti operazioni o set mentali.
Funzione di aggiornamento: si riferisce all’aggiornamento ed al monitoraggio delle rappresentazioni della
memoria di lavoro.
Sindrome disesecutiva
Stuss e Alexander hanno sostenuto che il concetto di sindrome d.è poco convincente in quanto implica che
la lesione ai lobi frontali danneggia in genere tutte le funzioni dell’esecutivo centrale.
Vi sono tre processi esecutivi che implicano parti diverse dei lobi frontali:
Definizione del compito implica la pianificazione ed è stata definita come “la capacità a stabilire una
relazione stimolo-risposta…”
Monitoraggio è stato definito “il processo di controllo del compito nel tempo per un controllo di qualità e
l’adattamento del comportamento”.
Energizzazione: implica attenzione o concentrazione prolungata ed è stato definito come il processo di
inizio e di conservazione delle risposte. senza energ.il mantenimento della prestazione in periodi di tempo
prolungati vacillerebbe.(es: parlare in pubblico - pianificare cosa si sta dicendo(def del compito),
concentrarsi sul modo di esporre (enrg) controllare che ciò che si dice è ciò che si intendeva dire
(monitoraggio)
COMMENTO sull’esecutivo
Nella comprensione del funzionamento dell’esecutivo c. sono stati compiuti notevoli progressi.
L’ESECUTIVO è costituito da vari processi esecutivi collegati tra loro /ma distinti.
Le evidenze a convalida dell’ipotesi che l’inibizione, l’aggiornamento, il trasferimento e la coordinazione nei
doppi compiti siano processi esecutivi principali sono sempre più numerose.
E’ diventato chiaro che il concetto di sindrome disesecutiva è fuorviante perché suggerisce l’ esistenza di
una singola configurazione di deficit, mentre sono implicati vari processi esecutivi associati a parti diverse
nella corteccia frontale.

Buffer episodico
Baddeley ha aggiunto una 4 componente al modello di memoria di lavoro: il buffer episodico.
Nel quale le info provenienti dal altre fonti possono essere integrate ed immagazzinate per brevi
periodi di tempo. E’ episodico in quanto conserva le informazioni che sono integrate da vari sistemi in
coerenti strutture complesse: scene o episodi. E’ un buffer in quanto funge da intermediario tra
sottosistemi con codici diversi, che combina in rappresentazioni multi-dimensionali.
IL CONCETTO di buffer episodico è utile perché rappresenta il luogo in cui le info della memoria a lungo
termine possono essere integrate con le info derivanti dal circuito fonologico e dal taccuino visuo-spaziale.
Il buffer è la colla per integrare le info all’ interno della memoria di lavoro.
L’ ippocampo è di importanza fondamentale nel legare ed integrare le informazioni durante
l’apprendimento e quindi non è strano sia associato al buffer. Le evidenze suggeriscono che l’impiego del
buffer è talvolta associato all’esecutivo centrale, ma non sappiamo ancora che cosa determini tale
associazione.

COMMENTO GENERALE ALLA WORKING MEMORY

Presenta numerosi vantaggi rispetto al magazzino della memoria a breve termine precedente.
1.questo sistema si occupa sia dell’elaborazione attiva che dell’immagazzinazione temporanea di
informazioni è quindi è coinvolto in tutti i compiti cognitivi complessi.
2.è in grado di spiegare alcuni deficit della memoria a breve termine osservati in pazienti cerebrolesi, se
una delle tre è compressa allora si hanno deficit selettivi nei compiti di memoria a breve termine.
3.il modello workin memory. include la reiterazione verbale come processo opzionale all’interno del
circuito fonologico. Tale ipotesi sembra più realistica di quelle multi-magazzino. LIMITI: difficile identificare
il numero e la natura dei principali processi esecutivi associati all’esecutivo centrale. Sono necessarie altre
ricerche sulla relazione tra buffer e altri componenti del sistema memoria di lavoro.

TEORIA DEI LIVELLI DI ELABORAZIONE


Cosa determina la qualità del ricordo delle informazioni conservate nella memoria a lungo termine.
Per Craik e Lockhart è di fondamentale importanza il modo in cui elaboriamo le informazioni durante
l’apprendimento. Essi proposero che i processi attentivi e percettivi operanti al momento
dell’apprendimento determinano il tipo di info immagazzinata nella memoria a lungo termine.
Esistono vari livelli di elaborazione, che vanno da un’analisi superficiale o fisica dello stimolo ad un’analisi
profonda o semantica.
Hanno suggerito che l’elaborazione procede quasi sempre in modo seriale da livelli sensoriali superficiali a
livelli semantici più profondi.
I loro presupposti teorici sono i seguenti: 1. il livello di profondità di elaborazione di uno stimolo ha una
considerevole effetto sulla sua memorizzabilità. 2 livelli più profondi di analisi producono tracce mnestiche
più elaborate, di maggiore durata e più intense di quanto non facciano livelli superficiali di analisi.
COMMENTO – 1. hanno sostenuto correttamente che i processi che hanno luogo al momento
dell’apprendimento hanno un notevole impatto sulla successiva memoria a lungo termine.
2 È inoltre importante che la complessità e la istintività del processo di elaborazione siano stati identificati
quali fattori importanti nell’apprendimento e nella memoria.
LIMITI: 1. difficile stabilire il livello di elaborazione usato.2.sottovalutato l’importanza dell’ambiente di
recupero per la prestazione di memoria. 3.non è chiaro come profondità, complessità e istintività si
colleghino insieme. 4. I risultati derivati da pazienti amnesici non possono essere spiegati in questo
approccio.

APPRENDIMENTO IMPLICITO che è l’apprendimento senza la consapevolezza di aver imparato.


Cleeremans e Jimenez hanno fornito una definizione più completa:
“L’apprendimento implicito è il processo attraverso il quale diveniamo sensibili a certe regolarità
dell’ambiente 1) in assenza di intenzionalità ad apprenderle 2)in assenza di consapevolezza
dell’apprendimento e 3)in modo che le conoscenze che ne scaturiscono sono difficili da esprimere”
(es:difficile esprimere come siamo in grado di andare in bicicletta).
Differenze tra sistemi implicati nell’apprendimento implicito ed esplicito e nella memoria proposta da
REBER: Robustezza: I sistemi impliciti sono influenzati poco da disturbi che interessano i sistemi
espliciti(amnesia) Indipendenza dell’età: l’apprendimento implicito è scarsamente influenzato dall’età o dal
livello evolutivo. Bassa variabilità: minori differenze individuali nell’apprendimento e nella memoria
implicita che in quella esplicita.

Indipendenza dal QI: la prestazione nei compiti impliciti non è influenzata dal QI.
Comunanza di processi: i sistemi impliciti sono comuni alla maggior parte delle specie.
COMMENTO – di recente numerose ricerche sull’apprendimento implicito hanno incluso tre approcci
diversi: 1. studi comportamentali su partecipanti sani.2.studi di neuroimaging funzionale su partecipanti
sani 3. Su pazienti amnesici.
Gran parte delle ricerche suggeriscono che l’apprendimento implicito deve essere distinto
dall’apprendimento esplicito. Alcune delle evidenze più convincenti derivano da studi su pazienti
cerebrolesi e vi sono sempre più evidenze a convalida del fatto che l’apprendimento esplicito è associato
alla corteccia prefrontale ed al cingolato anteriore, mentre l’app. implicito è associato allo striato.
CONCLUSIONI: in genere si ha maggiore consapevolezza quando le rappresentazioni di ciò che si è appreso
sono stabili, distintive e forti, e meno quando sono instabili, non distintive e deboli.
SUN-ZHANG e Mathews hanno sostenuto che l’apprendimento implica quasi sempre tre aspetti impliciti ed
espliciti e l’equilibrio tra i due varia con il tempo. In alcuni compiti vi è iniziale app. implic. basato
sull’esecuzione di azioni efficaci seguito da app. esplicito delle regole che spiegano perché quelle azioni
sono efficaci. In altri il contrario.

TEORIE DELL’OBLIO

Studiato per la 1°volta da EBBINGHAUS, LA SUA MISURA fondamentale di oblio era il


METODO DEL RISPARMIO, che implicava l’osservazione della riduzione o risparmio del numero di tentativi
durante la seconda fase di apprendimento in confronto alla prima, la funzione di oblio è logaritmica. Quasi
tutti gli sudi sull’ oblio si sono concentrati sulla memoria esplicita o dichiarativa.
Qui di seguito le principali teorie sull’ oblio, non si escludono a vicenda.
Teoria dell’interferenza – approccio dominante del 20° secolo.
Si ipotizzava che la nostra capacità a ricordare ciò che stiamo imparando può essere alterata o disturbata
da ciò che abbiamo appreso in precedenza (interferenza proattiva) o anche da ciò che apprenderemo in
futuro (interferenza retroattiva).
INTERFERENZA PROATTIVA – molto utile quando le circostanze cambiano, fungendo in alcuni casi una
funzione altamente adattiva.
INTERFERENZA RETROATTIVA è maggiore quando i nuovi elementi appresi sono simili a quelli appresi in
precedenza.
COMMENTO all’interferenza: forti convalide sia dell’ interferenza proattiva che retroattiva, di recente si è
verificato un notevole progresso nella comprensione degli effetti dell’interferenza che ha implicato per lo
più un aumento dell’interesse nei confronti dei processi che ne sono alla base.
LIMITI: Riferita solo alla memoria dichiarativa e non a quella implicita.2 Non spiega perche la velocità
dell’oblio diminuisce con il tempo.3.ancora da studiare quali meccanismi cerebrali sono implicati in essa.
Rimozione – deve le sue origini a Freud.
Egli sostenne che avvenimenti avvertiti come minacciosi o in grado di generare ansia spesso non riescono
ad accedere alla CONSAPEVOLEZZA, attraverso il fenomeno che egli definì della rimozione.
Freud conveniva che la rimozione è spesso un processo attivo ed intenzionale.
La maggior parte degli esperti ammette che soltanto i ricordi continui (accessibili negli anni) sono
probabilmente autentici.

Oblio motivato Freud se ne è occupato ma il suo approccio era limitato, in anni recenti è stato adottato un
approccio più ampio.
L ‘ oblio motivato potrebbe davvero svolgere una funzione adattiva, poiché molte info immagazzinate nella
memoria a lungo termine sono antiche o irrilevanti per gli obiettivi attuali.
Oblio guidato è un fenomeno che comporta la compromissione della memoria a lungo termine
determinata da un’istruzione di dimenticare alcune info presentate per l’apprendimento, l’oblio e’studiato
in 2 modi: metodo degli elementi e delle liste.
COMMENTO – L’oblio guidato è un fenomeno importante. L’ipotesi che esso coinvolge i processi di
controllo esecutivo nei lobi frontali ha ricevuto numerose convalide, uguale per le differenze individuali.
Inoltre, gli studi sull’oblio guidato possono essere di notevole importanza per la comprensione della
rimozione.
L’ipotesi fondamentale della ricerca sull’oblio guidato è che la rimozione si verifica a causa di deliberati
tentativi di controllare la consapevolezza piuttosto in modo inconscio ed automatico, come suggerito da F.
TUTTAVIA L’OBLIO si verifica anche nonostante i nostri sforzi per ricordare e quindi l’oblio guidato non può
essere applicato in generale.
La maggior parte delle ricerche sull’oblio guidato ha usato materiali di app. neutri o artificiali e questo
limita la ns capacità a collegare i risultati alle idee di Freud sulla rimozione.

Oblio dipendente da suggerimenti – l’oblio si verifica spesso perché non disponiamo dei suggerimenti
adatti. Tulving sviluppò il concetto di oblio-suggerimento nel suo principio della specificità della codifica,
“la probabilità di successo nel recuperare un elemento bersaglio è una funzione monotonicamente
crescente della sovrapposizione info presenti al momento del recupero e info immagazzinate nella
memoria”. Ne consegue che la prestazione di memoria deve essere ottimale quando il contesto al
momento del test è uguale al contesto al momento dell’apprendimento. Idea centrale: memoria a lungo
termine è ottimale quando l’elaborazione effettuata al momento del test è molto simile all’elaborazione al
momento dell’apprendimento.
COMMENTO – LA SOVRAPPOSIZIONE di info immagazz. nella traccia mnestica e quelle disponibili al
momento del recupero spesso svolge un ruolo importante nel determinare il recupero.
Recenti evidenze sostengono il principio di specificità della codifica e quello dell’elaborazione appropriata
al trasferimento.
È importante anche l’enfasi posta sul ruolo delle info contestuali al momento del recupero.
Abbiamo visto che diversi tipi di contesto (stati d’animo) influenzano la prestazione di memoria.
LIMITI:1. Compiti troppo semplici rispetto alla realtà. 2.il principio di specificità si basa sull’ipotesi che il
recupero avvenga quasi automaticamente, ma non è sempre così. 3. Pericolo di circolarità: sovrapposizione
informale.4.imp.la misura in cui le info in fase di recupero ci aiutano a discriminare le risposte inesatte.
5. Tutti gli effetti del contesto sono spesso maggiori nella rievocazione piuttosto che nella memoria di
riconoscimento.
Consolidamento – tutte le teorie non indicano perché l’oblio è maggiore subito dopo l’apprendimento
piuttosto che successivamente.
Wixted ha sostenuto che la risposta può trovarsi in una teoria del consolidamento.
Il consolidamento è un processo che dura molto (forse anni) e fissa le info nella memoria a lungo termine.
Si suppone che l’ippocampo svolga un ruolo fondamentale nel consolidamento dei ricordi ed infine molti di
questi vengono immagazz.nella neocorteccia.
Un ‘ipotesi fondamentale è che le memorie formatesi di recente ed ancora in fase di consolidamento sono
particolarmente soggette ad interferenza ed oblio.
Il processo di consolidamento implica due fasi principali: La 1°fase ha luogo nell’arco di ore e si concentra
sull’ ippocampo. La 2°fase si verifica in un periodo di tempo che oscilla da gg ad anni ed implica interazione
tra ippocampo e corteccia.
La teoria del consolidamento è relativa ad una delle più antiche leggi sull’oblio, innanzitutto la legge di Jost
secondo la quale la più antica delle 2 memorie che hanno la stessa forza decade più lentamente, ciò accade
perché la memoria più antica ha subito maggior consolidamento. In secondo la legge di Ribot sostiene che
gli effetti negativi delle lesioni cerebrali sulla memoria sono maggiori sui ricordi di recente formazione che
su quelli antichi, amnesia retrograda a gradiente temporale, spiegata cosi: le memorie di nuova formazione
sono più vulnerabili perché si trovano in fase di consolidamento.
COMMENTO – La teoria del consolidamento vanta vari successi: 1. Spiega perche la velocità di oblio si
riduce con il passare del tempo. 2.prevede in modo efficace che l’amnesia retrograda è maggiore per le
memorie recenti. 3. Identifica le aree cerebrali maggiori implicate alle fasi del consolidamento.
LIMITI: 1. Non vi sono forti evidenze a convalida del fatto che i processi sono responsabili di tutti gli effetti
attribuiti. 2. Non spiega il risultato che l’interferenza retroattiva è maggiore quando 2 risposte diverse sono
associate allo stesso stimolo. 3. Numerosi fattori di consolidamento.

CAPITOLO 6 SISTEMI DI MEMORIA A LUNGO TERMINE

Introduzione

Abbiamo una quantità di informazioni nella memoria a lungo termine (esempio: Parigi, capitale
della Francia, saper andare in biciletta) e sono organizzati sotto forma di schemi o pacchetti
organizzati di conoscenza. Esistono numerosi sistemi di memoria a lungo termine;

Schacter e Tulving (1994) hanno sostenuto che esistono 4 principali sistemi di memoria a lungo termine:
memoria episodica, memoria semantica, sistema di rappresentazione percettiva e memoria procedurale.
Secondo loro e successivamente Wagner e Buckner (2000); per identificare un sistema di memoria si hanno
3 criteri:

1. Operazioni di inclusione in categorie: ogni sistema di memoria gestisce vari tipi di informazioni
nell’ambito di una determinata classe o dominio.(es. memoria semantica riguarda conoscenze di vario tipo)
2.Proprietà e relazioni: le proprietà di un sistema di memoria includono tipi di informazione che rientrano
nel suo dominio, le regole mediante le quali il sistema funziona, i substrati neurali e le funzioni del sistema.
3.Dissociazioni convergerti: qualsiasi sistema di memoria deve differire chiaramente in vari modi dagli altri
sistemi di memoria.

AMNESIA: Le comuni amnesie sono quelle da TRAUMA, ictus; aree che sono sempre legate
all’ippocampo e al lobo temporale

Evidenze notevoli sull’esistenza di diversi sistemi di memoria a lungo termine derivano dallo studio di
pazienti cerebrolesi che soffrono di amnesia.
La sindrome amnesica presenta le seguenti caratteristiche:
1. Amnesia anterograda: marcata compromissione della capacità a ricordare nuove informazioni apprese
dopo l’esordio dell’amnesia. (es. il più famoso è il caso H.M, Il paziente amnesico più studiato della storia,
al quale vennero rimossi dei lobi temporali e l`ippocampo, il quale ”dimenticava gli eventi ella vita
quotidiana non appena accadono.)
2. Amnesia retrograda: difficoltà a ricordare eventi che si sono verificati prima dell’amnesia.
I pazienti amnesici hanno una memoria a breve termine intatta ma una capacità di apprendimento
residua.

L’ amnesia viene solitamente TRAUMA ma anche casi di abuso cronico d’alcool, dove i pazienti non
riescono a produrre VITAMINA TIANINA (sindrome di Korsakoff).

Studiare l’amnesia ci fornisce un banco di prova per le teorie esistenti sulla memoria normale. Alcuni
pazienti hanno:

-memoria lungo-termine compromessa e memoria breve termine intatta, mentre altri completamente
l`OPPOSTO. L’esistenza di queste 2 modalità è nota come “Doppia dissociazione”, e costituisce una forte
evidenza a favore dell`esistenza di magazzini separati a breve e a lungo termine; in più ci ha condotto a
nuovi sviluppi teorici, es: distinzione tra: memoria dichiarativa o esplicita e memoria non dichiarativa o
implicita.

Memoria dichiarativa vs non dichiarativa


la distinzione più importante tra diversi tipi di memoria a lungo termine è quella tra memoria dichiarativa
e memoria non dichiarativa.

- La memoria dichiarativa o esplicita: implica il ricordo consapevole di eventi o fatti: si riferisce ad


eventi che possono essere “dichiarati o descritti”, è talvolta definita esplicita in quanto “richiede il
ricordo consapevole di esperienze pregresse”.
- La memoria non dichiarativa o implicita: non implica il ricordo consapevole; otteniamo prove
osservando i cambiamenti comportamentali (es: andare in bicicletta). Essa è nota anche come
memoria implicita ed implica anche un miglioramento della prestazione in assenza di ricordo
consapevole.

Queste 2 memorie sembrano molto diverse; evidenze a convalida di tale distinzione derivano dai pazienti
amnesici.
Anche le aree cerebrali associate ad una memoria o all’altra sono diverse sia al momento della codifica
sia a quello dell’apprendimento e del recupero.
Schott (2005) scopri che il recupero della memoria dichiarativa è in genere associato ad un aumento
dell’attivazione parietale temporale bilaterale e frontale sinistra, mentre il recupero di quella non
dichiarativa è associato ad una riduzione dell’ attivazione nelle ragioni frontali ed occipitale bilaterale.
Quindi le aree cerbrali associate alla MBT e alla MLT sono diverse.
Memoria dichiarativa :(Esempio. Ricordiamo che cosa abbiamo mangiato a colazione)

Tulving ha sostenuto che tipi di memoria sono diversi tra loro: memoria episodica e memoria semantica.
La memoria episodica si riferisce all’ immagazzinamento di specifici eventi o episodi che si sono verificati in
un dato luogo ed in un dato momento, la sua caratteristica principale è: “la sua dipendenza da un
particolare tipo di “consapevolezza del se” che tutti gli esseri umani adulti e sani sono in grado di
identificare”. È il tipo di esperienza consapevole che si rivive del proprio passato o con lo stesso stato
d’animo d’allora.
La memoria semantica viceversa è “l’aspetto della memoria umana che corrisponde a conoscenze generali
sugli oggetti, sul significato delle parole, su eventi e persone, senza riferimento ad alcun particolare
momento o luogo.” Implica “consapevolezza del sapere” . Esse dipendono inizialmente fortemente
dall’ippocampo, ma successivamente dalla neocorteccia.

Nonostante siano viste come 2 memorie differenti, in realtà ci sono delle importanti somiglianze, come è
stato chiarito dallo stesse Tulving (2002) (es, caffe in un bar con un amico, ricordate luogo e data del
momento> memoria episodica e ricordate cose derivate dalla vostra conoscenza del caffe> memoria
semantica)

Memoria non dichiarativa

Una caratteristica definente della memoria non dichiarativa è il fatto che essa è espressa dal
comportamento e non implica il ricordo consapevole. Schacter e altri (2000), hanno identificato due sistemi
di memoria non dichiarativa: il sistema di rappresentazione percettiva e la memoria procedurale.
Il sistema di rappresentazione percettiva può essere considerato una raccolta di moduli dominio-specifici
che opera sulle informazioni percettive in relazione alla forma ed alla struttura di parole ed oggetti. In
questo sistema di importanza fondamentale è: il priming di ripetizione, l’elaborazione dello stimolo ha
luogo più rapidamente e/o più agevolmente alla seconda presentazione e così via. (es. tendiamo a
identificare uno stimolo più rapidamente quando si presenta la seconda volta)
Il priming si riferisce ad un miglioramento o ad una variazione nell’identificazione, nella produzione o
nella classificazione di uno stimolo come conseguenza di un incontro precedente con lo stesso stimolo o
con uno ad esso collegato.

La memoria procedurale (Schacter 2002), viceversa si riferisce all’apprendimento di abilità motorie e


cognitive e si manifesta in un’ampia gamma di situazioni (es: apprendere ad andare in bici e lettura).
Infine, vi sono altre forme di memoria non dichiarativa:
CONDIZIONAMENTO CLASSICO: apprendimento PER MERA ESPOSIIZONE; basta far vedere un oggetto più
volte, sneza associazione, (es. canzone in radio, anche se terribili, dopo un po’ di tempo diventano abituali e
quindi piacevoli)
ABITUAZIONE: odore dei ristoranti cinesi
SENSIBILIZZAZIONE:

Pag. 201 (schema 6.1)


MEMORIA EPISODICA VS SEMANTICA
Se la memoria episodica e la memoria semantica formano sistemi distinti di memoria, devono esistere tra
loro importanti differenze, che sono 3:
-
1. La principale implica la verifica della capacità degli amnesici ad acquisire memorie episodiche e
semantiche dopo l’insorgere dell’amnesia, concertandosi quindi su amnesia anterograda. (nei vari esempi
illustrati a pagina 202 vediamo come alcuni pazienti amnesici riescono relativamente in compiti che
comportano l’uso della memoria semantica che in quelli di uso della memoria episodica.

2. La seconda principale area di ricerca interessa i pazienti amnesici che soffrono di amnesia anterograda
(cioè compromissione della memoria per l apprendimento che ha avuto luogo prima del insorgenza
dell`amnesia. Kapur (1999) ha rilevato chiara evidenza di una doppia dissociazione: alcuni pazienti
presentavano maggiore perdita di memoria semantica che di episodica, mentre altri l’opposto).

3. La terza principale area di ricerca implica il neuroimaging funzionale, gli studi indicano che la memoria
episodica e quella semantica comportano l’attivazione di parti diverse del cervello

COMMENTO – Esistono evidenze convincenti sull’esistenza di sistemi distinti di memoria episodica e


semantica. Le evidenze sono di vario tipo ed includono studi sull’amnesia anterograda e retrograda e studi
di neuroimaging. È opportuno sottolineare che i sistemi di memoria episodica e semantica in genere si
combinano nel loro funzionamento.
Alcuni hanno scoperto evidenze a sostegno del concetto che alcune regioni cerebrali sono associate alla
memoria episodica e semantica.
Nyberg e al. Hanno scoperto che quattro regioni della corteccia prefrontale erano attivate durante i compiti
di memoria episodica e semantica: corteccia fronte-polare sinistra, corteccia prefrontale, corteccia
prefrontale dorso laterale e corteccia del cingolato anteriore. Rilevarono anche che le stesse aree erano
attivate durante compiti di memoria di lavoro quindi solleva la possibilità che siano interessate
nell’elaborazione esecutiva o controllo cognitivo.

Memoria Episodica
La maggior parte e di queste memorie è soggetta a sostanziale oblio con il passare del tempo. Eccezione:
foto compagni di classe.

Bahrick uso il termine permastore per far riferimento a memorie stabili a lungo termine il quale utilizzò
fotografie degli annali di scuola superiore risalenti a molti anni prima. Gli ex studenti mostrarono un oblio
decisamente scarso per le informazioni relative all’ex compagni, anche con un intervallo di 50 anni.
Consideriamo ora come è possibile valutare la memoria episodica: il riconoscimento e la rievocazione sono
i principali tipi di test.
Le tre forme di base per un test di rievocazione sono:

-rievocazione libera, comporta la produzione di elementi da ricordare in qualsiasi ordine in assenza di indizi
specifici, -
rievocazione seriale. implica produzione di elementi da ricordare nell’ordine in cui sono stati presentati -
rievocazione guidata comporta la produzione di elementi da ricordare in presenza di indizi.

Memoria di riconoscimento può implicare il ricordo o la familiarità.


“Il ricordo è il processo di riconoscimento di un elemento sulla base del recupero di specifici dettagli
contestuali”, mentre

“la familiarità è il processo di riconoscimento di un elemento sulla base della sua forza mnemonica
percepita ma senza recupero di dettagli specifici sull’ episodio oggetto di studio”.
Modi di fare distinzioni la forma più semplice è il compito ricordare/conoscere, il punto fondamentale è
decidere se il ricordo o la familiarità comportano processi diversi.
Un’ indicazione precisa delle aree cerebrali interessate nella memoria di riconoscimento è fornita dal
modello di associazione-elemento-e-contesto.
1. La corteccia peririnale riceve info su elementi specifici (sul COSA)
2. La corteccia paraippocampale riceve info relative al contesto ( sul DOVE)
3. L’ippocampo riceve info sul “cosa “e sul “dove “formando associazioni.

Memoria di rievocazione

Ipotesi in cui i processi implicati nella rievocazione libera sono uguali a quelli implicati nella memoria di
riconoscimento.
Dai risultati vediamo che la rievocazione libera comporta la formazione di associazioni che non sono
necessarie per un’efficace memoria di riconoscimento.
Conclusioni: 1.la scoperta che aree simili sono associate a rievocazione libera e riconoscimento suggerisce
che esistono importanti somiglianze tra i due tipi di test di memoria. 2. La rievocazione libera è associata ad
un maggiore aumento dell’attività cerebrale in numerose aree al momento della codifica ed al recupero
rispetto alla memoria di riconoscimento. 3. Alcune aree sono associate alla rievocazione ma non alla
memoria di riconoscimento suggerisce che la prima implica altri processi oltre a quelli implicati nella
memoria di riconoscimento.
La memoria episodica è costruttiva? La memoria episodica è un processo fondamentale costruttivo (e non
riproduttivo tipo registratore come inizialmente si pensava) ed è suscettibile ad errori ed illusioni per tre
motivi: 1. Produrre una registrazione semi permanente di tutte le nostre esperienze richiederebbe una
quantità incredibile di elaborazione. 2. In genere desideriamo avere accesso all’essenza delle nostre
esperienze passate e che le nostre memorie siano discriminanti. 3. Immaginare possibili eventi e scenari
futuri è importante per molti motivi.
COMMENTO – A partire da Bartlett hanno ipotizzato che la memoria episodica si basi ampiamente su
processi costruttivi e vi sono evidenze a sostegno. Ulteriore ipotesi di Schachter e Addis è che gli stessi
processi costruttivi implicati nella memoria episodica per gli eventi passati siano coinvolti anche per
immaginare il futuro.

Memoria Semantica le nostre conoscenze generali e organizzate sul mondo sono immagazzinate nella
memoria semantica. Il contenuto di tali conoscenze può essere estremamente vario, disponiamo di
numerose informazioni(es. regole hockey, nomi capitali) sull’organizzazione dei concetti, che sono
rappresentazioni mentali di categorie di oggetti o elementi. Consideriamo i modelli più autorevoli che si
concentrano sulle interconnessioni tra i concetti:
1. Modelli a rete – il 1° modello sistematico di memoria semantica è stato proposto da Collins e Quillian.
La loro ipotesi fondamentale è che la memoria semantica è organizzata in reti gerarchiche.
I concetti principali (es. animale, uccello, canarino) sono rappresentati come nodi, e le proprietà o
caratteristiche ( ha le ali, e ‘giallo) sono associate a ciascun concetto.
Il principio di base è di economia cognitiva: le info relative alle proprietà sono immagazzinate al livello più
alto possibile della gerarchia al fine di ridurre al minimo la quantità di informazioni immagazzinate.
Il tempo impiegato a rispondere a frasi autentiche diventa progressivamente maggiore all’aumentare della
distanza tra il soggetto della frase e proprietà.
Il modello sostiene in modo plausibile che usiamo la memoria semantica in modo efficace inferendo la
risposta esatta.
Malgrado il successo il modello presenta vari limiti: 1.la distanza tra soggetto e proprietà aveva uno scarso
effetto sul tempo di verifica quando veniva controllata la familiarità. 2.i tempi di verifica sono minori per
membri più tipici o più rappresentativi di una categoria rispetto ai membri relativamente atipici. (effetto
tipicità Rober, Shoben, Smith)
Collins e Quillian( 1969) erano in errore nel supporre che i concetti che usiamo appartengono a categorie
definite rigidamente.
Collins e Loftus (1975) hanno proposto una teoria della diffusione dell’attivazione ed hanno sostenuto che
il concetto di gerarchie organizzate logicamente era troppo rigido. Essi supposero invece che la memoria
semantica è organizzata in base a relazioni semantiche o distanza semantica.
Le relazioni semantiche possono essere misurate chiedendo alle persone di decidere l’affinità tra varie
coppie di parole o di elencare il numero maggiore possibile di membri appartenenti alla stessa categoria.
La lunghezza dei legami tra due concetti indica il loro grado di relazione semantica.
Secondo questa teoria quando una persona vede, sente o pensa ad un concetto, viene attivato il nodo
appropriato nella memoria semantica. ( es. rosso è legato più al arancione, che al tramonto)
Anche questo modello prevede l’effetto tipicità.
Questo MODELLO SI È DIMOSTRATO PIU’ EFFICACE DEL MODELLO A RETE GERARCHICA perché è un
approccio molto più flessibile.
Organizzazione dei concetti nel cervello
Si suppone spesso che disponiamo di schemi (pacchetti organizzati di conoscenza) immagazzinati nella
memoria semantica. Una possibilità di organizzazione è che tutte le info che possediamo su di un dato
oggetto o concetto siano immagazzinate in un punto del cervello.
Un’ altra possibilità è che tipi diversi di informazione su di un dato oggetto siano immagazzinate in diversi
punti del cervello.
Teorie percettivo-funzionali La nostra conoscenza semantica degli esseri viventi è per lo più basata su info
percettive (es, che aspetto ha l`oggetto), mentre la nostra conoscenza degli oggetti inanimati (es
:attrezzi)implica soprattutto informazioni funzionali.

Dall’approccio percettivo funzionale scaturiscono due importanti previsioni:


1.Le lesioni cerebrali dovrebbero in genere compromettere la conoscenza degli esseri viventi più di quella
degli oggetti inanimati.
2.diverse aree cerebrali vengono attivate quando vengono elaborate le caratteristiche percettive e non
funzionali di un oggetto.
Evidenze sperimentali hanno dimostrato che il tipo di caratteristica piuttosto che il dominio dei concetti
(esseri viventi vs inanimati) è il principale fattore organizzativo della rappresentazione cerebrale delle
conoscenze concettuali.
Approccio delle proprietà multiple Alcuni ricercatori hanno dimostrato che la distinzione tra proprietà
percettive e funzionali degli oggetti è troppo semplicistica ed hanno sostenuto che le caratteristiche
funzionali dovrebbero essere divise in comportamenti e informazioni funzionali.
L’approccio a proprietà multiple è promettente per varie ragioni: 1.è basato sul riconoscimento che la
maggior parte dei concetti è costituita da diverse proprietà e che queste proprietà determinano
somiglianze e differenze tra di essi.2. fornisce una spiegazione plausibile delle diverse tipologie di deficit
nella conoscenza percettiva osservata nei pazienti cerebrolesi.3. coerente con i risultati degli studi di
imaging cerebrale che suggeriscono che diverse proprietà degli oggetti sono immagazzinate in parti diverse
del cervello.
Teoria del distribuito più fulcro vs teoria della cognizione situata (Patterson)
secondo questa teoria vi è un fulcro o perno per ciascun concetto o oggetto oltre alle info distribuite
modalità-specifiche. Ciascun fulcro è una rappresentazione concettuale unificata che “sostiene l’attivazione
interattiva delle rappresentazioni (distribuite) in tutte le modalità”.
I fulcri relativi ai concetti sono immagazzinati nei lobi temporali anteriori. 1.I fulcri forniscono un modo
efficace per integrare le nostre conoscenze su qualsiasi concetto. 2.rendono più semplice l’individuazione
delle somiglianze semantiche tra concetti che differiscono negli attributi modalità-specifici.

COMMENTO – Grandi progressi nella comprensione della memoria semantica.


La teoria fornisce una spiegazione più completa della memoria semantica rispetto alle teorie precedenti.
Le evidenze derivanti da pazienti cerebrolesi con deficit categoria-specifici indicano che le diverse proprietà
degli oggetti sono immagazzinate in diverse aree cerebrali.
Inoltre, i pazienti con demenza semantica forniscono la prova dell’esistenza di fulcri relativi ai concetti
immagazzinati nei lobi temporali anteriori. LIMITI: 1.info contenute nei fulcri 2. associazione tra info dei
fulcri sui concetti con le info distribuite modalità-specifiche.

MEMORIA NON DICHIARATIVA o IMPLICITA


non implica il ricordo consapevole (ES. torno a sciare dopo 10 anni e mi stupisco di essere ancora capace),
ma si rivela invece attraverso il comportamento.
Come discusso prima l’effetto priming di ripetizione (elaborazione facilitata di stimoli ripetuti) e la
memoria procedurale o apprendimento di abilità sono due dei principali tipi di memoria non dichiarativa.
Differenze tra i 2:

1° priming (innesco o facilitazione) spesso si verifica rapidamente, mentre la memoria procedurale in


genere lenta e graduale,
2. Vi è specificità dello stimolo: il priming è legato a stimoli specifici mentre la memoria procedurale a
numerosi stimoli.
3. Sempre maggiori conferme che sia nel priming che nelle nell`apprendimento di abilita sono implicate
aree cerebrali diverse, e anche sistemi di memoria distinti.
L’effetto priming di ripetizione
È possibile tracciare una distinzione tra priming percettivo e concettuale.
il priming percettivo si verifica quando la presentazione ripetuta di uno stimolo facilita l’elaborazione delle
sue caratteristiche percettive. (es: riconoscere una parola incontrata recentemente).
VICEVERSA, il priming concettuale si verifica quando la presentazione ripetuta di uno stimolo facilita
l’elaborazione del suo significato. (es: decidere se un oggetto è un essere vivente o inanimato).

COMMENTO. Vi sono importanti differenze tra i tipi di priming.


Sono simili nel fatto che la maggior parte degli amnesici mostra in genere priming concettuale e percettivo
intatti, suggerendo che entrambi i tipi di priming implicano la memoria non dichiarativa.
Tuttavia sono diversi per la scoperta della doppia dissociazione in alcuni pazienti che riescono molto meglio
nel priming percettivo che in quello concettuale.
Ancora la scoperta che il priming di ripetizione è associato ad una ridotta attivazione cerebrale suggerisce
che le persone diventano più efficienti nell’elaborazione di stimoli ripetuti.

Memoria procedurale o apprendimento di abilità


Secondo Poldrack si riferisce “al graduale miglioramento della prestazione in seguito alla pratica che si
generalizza ad una serie di stimoli nell’ambito di un dominio di elaborazione”.
Alcuni con Poldrack hanno identificato numerosi tipi di apprendimento di abilità:
apprendimento di abilità motorie, apprendimento di sequenze, apprendimento di disegno allo specchio,
apprendimento di abilità percettive, lettura allo specchio, apprendimento di classificazione probabilistica,
apprendimento di una grammatica artificiale.
Ora cerchiamo di capire se questi compiti comportano la memoria non dichiarativa o procedurale per
questo prenderemo in considerazione soprattutto le ricerche sull’apprendimento di abilità sugli amnesici.
Il motivo è semplice:se gl’amnesici presentano un apprendimento di abilità intatto ma una compromissione
della memoria dichiarativa, ciò fornisce la prova dell’interessamento di sistemi di memoria diversi.
RIASSUMENDO – gli amnesici mostrano un apprendimento soddisfacente malgrado la scarsa memoria
dichiarativa, ciò fornisce evidenze a convalida dell’esistenza di differenze importanti tra le 2 forme di
memoria.

AL DI LA DELLA MEMORA DICHIARATIVA E NONI: L’AMNESIA


l’IPOTESI ASSOCIATIVA ha raccolto numerosi consensi, disponiamo ora di studi che dimostrano che i
pazienti amnesici talvolta non mostrano una memoria implicita / non dichiarativa quando è necessaria
l’associazione delle info. Inoltre gli amnesici talvolta presentano una memoria esplicita / dichiarativa
fondamentalmente intatta quando non è necessaria l’associazione delle informazioni.
CAPITOLO 7 – MEMORIA QUOTIDIANA

RICERCA MEMORIA TRADIZIONALE VS RICERCA MEMORIA QUOTIDIANA Le differenze sono:


La memoria tradizionale si basa sulla metafora del magazzino, in base alla quale elementi di info vengono
immagazzinati nella memoria e ciò che interessa è il numero di elementi accessibili al recupero. (KORIAT E
GOLDSMITH 1996).
IN CONTRASTO la metafora della corrispondenza è maggiormente applicabile sulla memoria quotidiana,
questa si basa sul concetto che è importante che ci sia la corrispondenza tra il resoconto di un individuo e
l’evento reale,quini il contenuto di cio che viene ricordato è il più importante.
L’apprendimento originario nella memoria quotidiana è incidentale (non deliberato) e le persone
apprendono informazioni relative ai propri obiettivi ed interessi personali.
INVECE nella memoria tradizionale l’apprendimento è intenzionale e ciò che gli individui apprendono è
determinato in ampia misura dalle istruzioni loro fornite.
APPROCCIO DI NEISSER: tre ipotesi sulla memoria quotidiana: 1. Ha uno scopo preciso, 2. Ha una qualità
personale, influenzata da personalità ed altre caratteristiche dell’individuo. 3. Influenzata dalle necessità
della situazione. (es.fare colpo su una persona)
LA SOSTANZA DELLA TESI DI NEISSER è QUESTA: “Quello che ricordiamo nella vita di tutto i giorni è
determinato dai nostri obiettivi personali, mentre ciò che ricordiamo nella ricerca sulla memoria
tradizionale è per lo più determinato dalle richieste precise dello sperimentatore”.

LE RICERCHE SULLA MEMORIA UMANA dovrebbero avere valenza ecologica (applicate alla vita reale).
Alcuni hanno sostenuto che la validità ecologica è costituita da due aspetti:

1.rappresentatività e si riferisce alla naturalezza della situazione sperimentale, degli stimoli e del compito
2. Generalizzabilità alla misura in cui i risultati di uno studio possono essere applicati al mondo reale.

La 2° è più importante della prima


MEMORIA AUTOBIOGRAFICA
I RICORDI riferiti al nostro passato ed alle esperienze che abbiamo avuto ed alle persone che per noi hanno
un significato particolare.
I nostri ricordi autobiografici sono importanti perché si riferiscono agli obiettivi principali della nostra vita,
alle nostre più profonde emozioni e ai nostri valori personali.
La conoscenza autobiografica “ha la funzione di definire l’identità, collegare la storia personale alla storia
comune, sostenere una rete di obiettivi personali e di progetto lungo l’arco della vita ed infine fondare il sé
nell’esperienza”.
E’ opportuno fare distinzione tra memoria autobiografica e memoria episodica,
la memoria autobiografica per gli avvenimenti della propria vita, mentre la episodica riguarda esperienze
personali o eventi che hanno avuto luogo in un dato momento e luogo.
Il fatto che entrambe si riferiscan a eventi vissuti personalmente indica uno notevole sovrapposizione,
tuttavia, Vi sono delle Differenze che sono:
1. memoria autobiografica avvenimenti che hanno un significato personale, memoria episodica spesso
avvenimenti banali e quotidiani.
2. Memoria autobiografica abbraccia anni o decenni , mentre memoria episodica abbraccia ore e minuti
3. Memoria autobiografica riguarda ricordi complessi - memo episodica scopo più limitato al ricordo.

L `attivazione della corteccia prefrontale media-dorsolaterale destra era maggiore nella memoria episodica
che in quella autobiografica; ciò è probabile perché la memoria episodica richiede il monitoraggio
consapevole per evitare errori.
Ricordi Flashbulb o fotografici (Brown e Kulik 1977) - DEF: gli eventi drammatici percepiti da un
soggetto come sorprendenti e portatori di conseguenze reali nella propria vita ATTIVANO un particolare
meccanismo neurale che STAMPA i dettagli di tali eventi in modo permanente nella memoria.( 11 settmbre
o la morte della principessa Diana)
I ricordi Flashbulb includono le seguenti informazioni : informatore (persona che ha fornito info) – luogo –
evento – stato emotivo del soggetto – stato emotivo degli altri – conseguenze dell’evento per il soggetto.

RIASSUMENDO: la maggior parte dei fenomeni flashbulb contiene informazioni imprecise ed implica
processi ricostruttivi basati su ciò di cui si è presumibilmente fatta esperienza.
PENSIAMO siano SPECIALI perché sono peculiari e non soffrono di interferenze derivanti da eventi simili, la
memoria a lungo termine è molto migliore per le info che vengono recuperate ripetutamente che per
quelle che vengono semplicemente studiate ripetutamente.

Studi sui diari hanno dimostrato che: “Elevati livelli di importanza, coinvolgimento emotivo e
piacevolezza erano tutti associati ad elevati livelli di rievocazione”.
Ricordi nell’arco di una vita - I nostri maggiori ricordi riguardano:
Amnesia infantile: evidenziata dalla mancanza quasi totale di ricordi risalenti ai primi tre anni di vita.
Picco di reminiscenza: costituito da un n°considerevole di ricordi risalenti un età compresa tra 10 e 30 anni.

AMNESIA infantile: I Bambini non riescono a formare a lungo termine, inoltre la memoria autobiogarifica e
un tipo di memoria dichiarativa che dipende in larga misura dall`IPPOCAMPO.
la spiegazione più famosa è quella di FREUD, ha affermato che l’amnesia infantile si applica mediante la
repressione: i pensieri e le esperienze avvertiti come minacciosi( es. attrazzione sessuale verso un genitore)
sono relegati nell’inconscio e vengono trasformati in più innocui. Una teoria eccezionale, ma non speiga
perche gli adolsecenti e gli aduti non riescono a ricordae eventi della prima infanzia.
2°spiegazione data da HOWE e COURAGE hanno enfatizzato il ruolo svolto dallo sviluppo del sé cognitivo
ed hanno sostenuto che i neonati possono formare memorie autobiografiche solo dopo aver sviluppato
l’idea che possono verificarsi eventi che hanno significato personale.
IPOTESI FONDAMENTALE: “Lo sviluppo del sé cognitivo nel 2°anno di vita fornisce una nuova struttura
intorno alla quale è possibile organizzare i ricordi. Con questo progresso cognitivo assistiamo alla comparsa
di ricordi autobiografici ed alla fine dell’amnesia infantile”.
TEORIA EVOLUTIVA SOCIO-CULTURALE fornisce la 3° possibilità. Secondo la teoria sia la lingua che la cultura
sono importanti nello sviluppo precoce della memoria autobiografica.
COMMENTO le due teorie non si escludono a vicenda.

1. Importanza della comparsa del sé e dopo influenzata da fattori socio-culturali.


2.Tutti i fattori identificati nello sviluppo della memo autobiografica possono essere implicati nello sviluppo
della memo autobiografica
3 La maggior parte delle evidenze mostra solo un’associazione temporale tra lo stile di reminiscenza della
madre ed il bimbo.

IL concetto secondo cui gli ODORI sono particolaremnte utili nel rievocarci memorie personali
molto vecchie ed emozionanti e’ noto come FENOMENO DI PROUST.

Picco di reminiscenza
Secondo RUBIN e al. sono implicate sia la stabilità che la novità.
La maggior parte degli adulti ha un periodo di stabilità che comincia all’inizio della maturità perché è in quel
periodo che si sviluppa il senso di identità adulta. Ciò fornisce una struttura cognitiva che serve come
organizzazione stabile degli eventi. La novità è un vantaggio perché produce ricordi peculiari e vi è una
relativa mancanza di interferenza proattiva. Inoltre hanno scoperto che i soggetti più anziani mostravano
un picco di reminiscenza per i ricordi positivi piuttosto che negativi. Il Concetto di copione della vita che è
costituito dalle attese culturali che riguardano tipicamente i principali eventi della vita di una
persona.(innamorarsi, sposarsi, avere figli ecc)
Il risultato FONDAMENTALE fu che i principali eventi della propria vita che i soggetti rievocavano avevano
chiare somiglianze con quelli inclusi nei loro copioni della vita.
Secondo GLUCK e Bluck , le nostre memorie autobiografiche più forti sono associate ad un reale senso di
sviluppo e di progresso delle nostre vite.
Il risultato chiave fu che il picco di reminiscenza era presente solo per i ricordi positivi che implicavano un
elevato controllo percepito.

Sistema di auto-memoria
Conway e Pleydell-Pearce hanno suggerito un’ autorevole teoria sulla memoria autobiografica, secondo la
quale possediamo un sistema di auto-memoria che ha due componenti principali:
1.Conoscenza di base della memoria autobiografica:
contiene informazioni personali a tre livelli di specificità:
Periodi della vita: in genere abbracciano lunghi periodi di tempo definiti da situazioni importanti. (es.
convinvenza con qualcuno)
Eventi generali: includono gli eventi ripetuti ed eventi singoli, sono spesso collegati l’un l’altro.
Conoscenza evento-specifica: è costituita da immagini, sensazioni ed altri dettagli che si riferiscono ad
eventi generali ed a periodi di tempo compresi tra secondi ed ore.

2.Sé operativo: è relativo al sé, a che cosa può diventare nel futuro e all’attuale serie di obiettivi dell’
individuo. Gli obiettivi del sé influenzano il tipo di ricordi immagazzinati nella conoscenza di base della
memoria autobiografica. Di conseguenza “i ricordi autobiografici sono soprattutto la registrazione di
successi o fallimenti nel conseguimento degli obiettivi”.
Secondo la teoria è possibile avere accesso ai ricordi autobiografici attraverso il recupero generativo o
diretto. Usiamo il recupero generativo quando costruiamo deliberatamente ricordi autobiografici
combinando le risorse del sé operativo contenute nelle conoscenze di base della memoria autobiografica.
Usiamo il recupero diretto senza implicare il sé operativo, i ricordi di questo tipo sono attivati da indizi
specifici (ascolto di una parola che recupera un ricordo, es: Parigi)
Ricordare le memorie attraverso il recupero generativo è più impegnativo di quello diretto.
Le strutture di conoscenza nella memoria autobiografica si dividono in: sé concettuale e ricordi episodici,
In cima alla gerarchia c’è la storia di vita e i temi fondamentali. (schema pg.239)
La storia di vita è costituita da conoscenze effettive e valutative generali che possediamo di noi stessi,
mentre i temi fondamnetali si riferiscono ai principali ambiti della vita quali il lavoro e le relazioni.
Conway inoltre ha sostenuto che vogliamo che i nostri ricordi autobiografici mostrino coerenza con i nostri
obbiettivi e vogliamo anche che mostrino corrispondenza ( siano precisi).

COMMENTO . Conway e Pleydell hanno proposto una teoria abbastanza esauriente ed alcune delle ipotesi
teoriche (struttura gerarchica memoria autobiografica o la stretta relazione tra memoria autobiografica ed
il se) sono convalidate da evidenze sperimentali. Inoltre il fatto che numerose aree cerebrali siano implicate
nel recupero generativo dei ricordi autobiografici è coerente con il concetto generale che tale recupero sia
complesso.

LIMITI: 1. Puo implicare un numero maggiore di processi ed aree implicate. 2. Sapere come il sé operativo
interagisce con le conoscenze di base per la rievocazione dei ricordi. 3. Verifica distinzione recupero
generativo e diretto.

Neuroscienza cognitiva: Cabeza e St Jacques


Evidenze che la corteccia prefrontale svolga un ruolo fondamentale nel recupero dei ricordi autobiografici
ed hanno proposto una teoria di neuroscienza.
Sei processi principali la compongono:
1. Ricerca e processi controllati: sono associati al recupero generativo
2.Processi auto-referenziali: evidenze a fare del fatto che i processi auto-referenziali implicano la corteccia
prefrontale mediale.
3.Rievocazione: il recupero dei ricordi autobiografici di base interessa l’ippocampo e parte dei lobi
temporali mediali.
4.Elaborazione emotiva: i ricordi autobiografici sono in genere più carichi dal pdv emotivo dei ricordi creati
in laboratorio ed implicano elaborazione nell’amigdala.
5. Immaginazione visiva: i ricordi autobiografici sono in genere più vividi di quelli di laboratorio, a causa
dell`impiego dell `immaginazione associata ad aree occipitali e del cuneo/precuneo.
6. Monitoraggio della sensazione di correttezza: è un processo rapido, pre-consapevole, per controllare
l’accuratezza dei ricordi, interessa la corteccia ventro-laterale.
COMMENTO –panoramica considerevole dei principali processi implicati nel recupero dei ricordi
autobiografici e delle regioni cerebrali ad essi associate.

TESTIMONIANZA OCULARE
Le testimonaze oculari possono essere distorte attraverso tendenze o bias(pregiudiizi) alla conferma, cioè il
ricordo dell’evento è influenzato dalle attese dell’osservatore.
Bartlett ha spiegato perché la nostra memoria sia influenzata dalle aspettative.
Egli ha sostenuto che possediamo numeri schemi o pacchetti di conoscenze immagazzinate nella memoria a
lungo termine. Questi schemi ci portano a formare certe aspettative e possono alterare la nostra memoria
facendoci costruire i dettagli di un evento in base à “ciò che deve essere stato vero.” ( es. Se pensiamo ad
una rapina, pensiamo che i rapinatori siano maschi, abbiamo dei traestimenti, chiedono soldi e hanno una
acchina guidata da un complice)

Violenza ed ansia nei testimoni oculari


la violenza o l’arma usata provocano agitazione ai testimoni ma non hanno effetto sulla memoria.
Invece l’ansia in genere compromette la memoria dei testimoni oculari.
Invecchiamento e memoria i soggetti anziani rispetto ai giovani, tendono a produrre falsi ricordi indotti
da suggerimenti. In genere producono molto spesso ricordi autentici nel senso che sono basati su info su
eventi cui sono stati esposti, tuttavia essi ricordano in modo inesatto il contesto o le circostanze in cui
hanno incontrato tali informazioni.

Ricordare i volti le info sul volto del colpevole sono le più importanti che i testimoni possono o meno
ricordare.
Esistono varie difficoltà: l’effetto del trasferimento inconscio un volto viene riconosciuto correttamente
come appartenente a qualcuno visto in precedenza ma valutato in modo inesatto come il responsabile del
crimine. ( es Mostro foto del rapinatore e di un passante, nelle foto successive tenderanno a vedere il
passante come rapinatore) Ombreggiamento verbale: memoria di riconoscimento peggiore se hanno prima
fornito una descrizione verbale.
Informazioni prima e dopo l’evento La spiegazione più ovvia per l’imprecisione dei ricordi dei testimoni
è che essi spesso non riescono a prestare attenzione al crimine ed ai criminali. Dopo tutto il crimine ha
luogo in genere all’improvviso. I ricercatori hanno sostenuto che quanto accade dopo l’osservazione del
crimine può alterare i fragili ricordi dei testimoni. Le info implicite nella domanda influenzano il modo in cui
veniva ricordato l’incidente. Quindi la nostra memoria per gli eventi e’ talvolta cosi fragile che puo essere
distora cambiando il verbo in una domanda ( urtare vs urtare con forza) Preoccupante che la memoria dei
testimoni possa essere sistematicamente distorta.

IN CHE MODO LE INFORMAZIONI erronee distorcono i resoconti dei testimoni?


Una possibilità è che : lo stimolo mnemonico attivi tracce di memoria che si sovrappongono ad esso in
termini di informazioni in esse contenute. Il soggetto decide la fonte di un ricordo attivato in base alle info
che esso contiene.
Un’ altra possibilità secondo Wrigth e Loftus: teoria delle caselle mancanti:è probabile che info erronee
vengano accettate quando le info relative derivanti dall’evento originario non sono immagazzinate nella
memoria. 2. La spiegazione della coesistenza: le rappresentazioni mnemoniche dell’evento originario e le
info successive all’evento esistono entrambe e le info successive all’evento vengono scelte xche i testimoni
ritengono che ci si aspetti questo da loro. 3. La spiegazione dell’associazione le info successive all’evento e
le info derivante dall’evento originario sono combinate assieme nella memoria.
Infine: bias della risposta: il modo in cui è condotto uno studio può influenzare i testimoni e farli tendere a
riferire le info erronee invece di quelle derivanti dall’evento originale.

Dal laboratorio al tribunale i testimoni di eventi reali sono più imprecisi nei propri ricordi rispetto a
quelli che osservano gli stessi eventi in condizioni di laboratorio.
Identificazione dei testimoni oculari molto spesso soggetta ad errore, come si può migliorare?
Si ipotizza spesso che avvertire i testimoni che il colpevole può non essere presente riduce le possibilità di
un’ identificazione errata. \

Intervista cognitiva: E’ molto importante che la polizia interooghi i testimoni oculari in modo da aumentare
la quantita di informazioni accurate.
Secondo alcuni studiosi le tecniche di intervista efficaci devono essere basate su:
le tracce mnestiche sono di solito complesse e contengono vari tipi di informzioni
L’ efficacia di un indizio di recupero dipende dalla sovrapposizione delle info in esso contenute con le info
immagazzinate nella traccia di memoria.
Vari indizi di recupero possono permettere l’accesso a qualsiasi traccia di memoria, se una è inefficace è
possibile cercarne un’altra.
COMMENTO – L’ intervista cognitiva si è dimostrata più efficace di altre tecniche nell’ ottenere i lmaggior
numero possibile di info precise dai testimoni. (40% in piu di un intervista normale)
La sua efficacia fornisce convalida ai principi di base che hanno condotto al suo sviluppo.
Tuttavia presenta alcuni LIMITI: 1. Info inesatte possono indurre male. 2. Il contesto ha meno effetto sulla
memoria di riconoscimento che sulla rievocazione.3.in genere meno efficace per la rievocazione quando ci
sono intervalli troppo lunghi. 4.quali sono le componenti più importanti dell’ intervista. 5. E’ molto
imp.assicurarsi che i testimoni non siano esposti ad info erronee anche se devono essere sottoposti ad
un’intervista cognitiva.

MEMORIA PROSPETTICA
La maggior parte degli studi sulla memoria si è concentrata sulla memoria retrospettiva.
L` attenzione e’ stata rivolta al passato, specialmente alla capacita delle persone a ricordare eventi di cui
hanno fatto esperienza o conoscenze acquistite in precedenza.
Al contrario la memoria prospettica implica il ricordare di eseguire determinate azioni. (deficit memoria
prospettica= bambino lasciato in macchina da padre che andava a lavoro, ed e’ morto)
Secondo Ellis la m.prospettica implica 5 fasi:
1.Codifica: il soggetto immagazzina le info relative a quale azione compiere, al quando ed all’intenzione.
2.Ritenzione: le informazioni immagazzinate devono essere conservate per un certo periodo di tempo.
3.Recupero: quando si presenta l’opportunità adatta, è necessario recuperare l’intenzione dalla memoria
a lungo termine.
4.Esecuzione: quando l’ intenzione è recuperata, è necessario agire.
5.Valutazione: si valuta il risultato delle fasi precedenti. Se la memoria prospettica ha fallito è necessaria
una nuova pianificazione.

In che modo differisce da quella retrospettiva?

La memoria prospettica si basa sul fare qualcosa ed ha uno scarso contenuto informativo e si hanno pochi
indizi esterni per compierla, inoltre essa e’ importante per gli obbiettivi prefissati nella giornata,( es.
ricordarsi di andare al supermercto),
mentre quella retrospettiva implica il ricordare ciò che sappiamo di qualcosa e può avere un ricco
contenuto informatico. (es. ricordare cosa avete deciso di comprare)

Memo prospettica basata sull’evento vs memoria prospettica basata sul tempo


Memo prospettica basata sul tempo è valutata mediante compiti che implicano il ricordare di eseguire una
data azione in un momento specifico.(es.arrivare al cafe alle 8) Invece Memo prospettica basata
sull’evento è valutata mediante compiti che implicano il ricordare di eseguire un’ azione nelle circostanze
opportune. (es.ricordarsi di dare un messaggio quando inconntrimao una persona)

Vita quotidiana
la memoria prospettica è di fondamentale importanza per la vita quotidiana se dobbiamo rispettare i nostri
vari appuntamenti sociali e lavorativi.
Conclusioni alle evidenze sperimentali: fornire promemoria espliciti non è sempre efficace quando le
persone vengono interrotte nell’esecuzione di un compito. E’ importante che le persone abbiano a
disposizione alcuni secondi per formulare un nuovo piano quando un’ interruzione modifica la situazione. E’
anche importante avere alcuni secondi alla fine dell’interruzione per recuperare l’intenzione di ritornare al
compito interrotto.
Teoria dei processi attenzionali e menmonici preparatori.(PAM)
Una prestazione efficace della memoria prospettica implica sempre un monitoraggio attivo ed impegnativo.
La teoria di Smith richiede due processi: 1. Un processo di monitoraggio impegnativo che ha inizio quando
un soggetto formula un’intenzione che è mantenuta fino alla’ esecuzione dell’ azione richiesta. 2.Processi di
memoria retrospettiva che assicurano che ci si ricordi quale azione debba essere eseguita nel compito di
memoria prospettica.
Secondo tale teoria (PAM) la prestazione in un compito di memoria prospettica dovrebbe essere più
soddisfacente quando i partecipanti possono dedicare ad esso tutte le proprie risorse attenzionali.
Teoria dei processi multipli
Einstein e Mc Daniel hanno proposto una teoria a processi multipli, secondo la quale è possibile usare vari
processi cognitivi (compresi gli attenzionali) per eseguire compiti di memo prospettica. L’individuazione
degli indizi per la risposta sarà in genere automatica.
Per una buona prestazione bisogna avere un buon monitoraggio e ciò sembra vero anche quando sono
presenti tutti i criteri della teoria per l’elaborazione automatica. Tuttavia, il monitoraggio è meno probabile
quando le persone ricordano le intenzioni per lunghi periodi di tempo.

Neuroscienza Cognitiva : Quali parti del cervello sono piu importanti nella memoria prospettica?
Tutte le ricerche si sono basate sui lobi frontali, tuttavia la componente di memoria retrospettiva dei
compiti di memoria prospettica è basata sul cingolato anteriore e posteriore. Hanno inoltre sostenuto che
la corteccia prefrontale dorsolaterale destra e’ implicata nella pianificazione e nella creazioni delle
intenzioni, le quali vengono mantenute nella corteccia prefrontale rostrale BA10) ]

COMMENTO – L’interesse della ricerca prospettica è recente ma i risultati ottenuti sono impressionanti
per molti aspetti:

1.somiglianze e differenze tra memoria prospettica basata sul tempo e sull’evento.


2.evidenze per cui seri deficit della memoria prospettica si hanno quando si viene interrotti
3.stiamo cominciando a capire i ruoli dei processi, del monitoraggio e dei processi automatici
4.sta diventando più chiara la modalità di interessamento della corteccia prefrontale nella memoria.
LIMITI: 1. Nella vita formuliamo di fare qualcosa per obiettivi personali e non per istruzioni 2.i processi
implicati nella memoria sono molto diversi da quelli della retrospettiva.3. numerosi fasi ma non chiara
distinzione tra esse. 4.tempi di intervallo da considerare più brevi dei campioni presi.

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