L Infelicità Mia Mi Trafigge

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L'infelicità mi trafigge, madre mia. Un identico canto di sventura è toccato a entrambe.

Non
esisterà più per me la luce, il fulgore del sole.
Ahimè. O valli della Frigia, candide di neve,
o monti dell'Ida dove un giorno Priamo
espose, per un destino di morte
un tenero bimbo, strappato alla madre.
Paride era il suo nome,
ma lo chiamarono il pastore dell'Ida,
così lo chiamarono nella città dei Frigi.
Non avresti dovuto esporre Paride:
fu allevato come mandriano,
presso limpide acque, là dove sono
le fonti delle Ninfe e il prato
rigoglioso di verdi boccioli,
di rose e giacinti che le dee amano cogliere.
Là giunsero un tempo Atena e Afrodite
ingannatrice ed Era condotte da Hermes messaggero di Zeus:
Atena superba della sua lancia,
Afrodite orgogliosa dei desideri che lei accende,
ed Era del letto maestoso di Zeus sovrano.
Giunsero per un odioso giudizio
per una gara di bellezza
che avrebbe portato gloria ai Greci
e a me la morte, o amiche.
Artemide mi prese come vittima
per concedere ai Greci di salpare.
Madre , madre mia
chi per mia sventura mi ha generata
mi ha tradita , mi ha lasciata sola. Povera me.
Amara, amara mi fu
la vista della perfida Elena.
Vengo immolata, sgozzata
dall'empia lama di un empio padre.
Aulide non doveva accogliere
nel suo porto le navi
dai bronzei rostri.
Zeus non doveva mandare
venti ostili sull'Euripo.
Lui governa, in vario modo, i venti
per i mortali. Vele si gonfiano,
vele sono ammainate, le soste diventano
forzose, c'è chi è lieto, chi si addolora,
chi è costretto ad attendere.
Travagliata, sì, matrigna è
la stirpe degli effimeri.
Difficile è per i mortali schivare la via del dolore ..

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