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DIE BRUCKE.

formazione più compatta, una vera e propria comunità di artisti, con un programma scritto,
non molto dissimile da quello del Werkbund. Die Brücke propone l'unione degli «elementi rivoluzionari e in
fermento per fare fronte comune contro I’Impressionismo.

La situazione tedesca era confusa: al di là del naturalismo accademico sostenuto dall'ambiente


conservatore della Germania guglielmina, riflessi sbiaditi del'Impressionismo francese si mescolavano alle
velleità simboliste e pre-espressioniste della Secessione monacense.

Al realismo che capta si contrappone un realismo che crea la realtà. Per essere creazione del reale l'arte
deve prescindere da tutto ciò che preesiste all'atto dell'artista: bisogna ricominciare dal nulla. L'esperienza
che l'artista ha del mondo non è all'origine, diversa da quella di qualsiasi altro. E questa la materia su cui
l'artista opera: i temi degli espressionisti tedeschi sono generalmente aderenti alla cronaca della vita
quotidiana (la strada, la gente al caffe ecc.).

Si avverte tuttavia nelle loro opere una sorta d'impaccio, di non dissimulata rudezza come se l'artista non
avesse mai, prima di quel momento, disegnato e dipinto. Perché si rifiuta ogni linguaggio costituito, ci si
esprime in modo volutamente stentato, eccessivo, senza sfumature.

Azione prima del verbo-tecnica. all'origine del linguaggio non vi sono parole che abbiano un significato, ma
suoni che assumono un significato. Se, quindi, al principio non è il verbo (la rappresentazione), ma l'azione,
il primo problema degli espressionisti è il fare, la tecnica. Per loro, la tecnica era il mezzo (azione) con cui si
rappresenta un'immagine (rappresentazione). Ma se l'azione dev'essere creativa, l'immagine, ottica o
mentale che sia, non può preesistere all'azione: l'immagine non è, si fa, e l'azione che la fa comporta un
modo di fare, una tecnica. La tecnica non è nulla d'inventato o di personale, e’ lavoro.
Essendo anzitutto lavoro, l'arte non è connessa con la cultura specula o intellettuale delle classi dirigenti,
ma con la cultura pratico-operativa delle classi lavoratrici.

Xilografia: non s'intende la struttura dell'immagine pittorica o plastica degli espressionisti tedeschi se non
ricercandone la radice nelle incisioni in legno. La tecnica della xilografia è arcaica, artigianale, popolare, che
una tecnica nel senso moderno della parola, è un modo abituale di esprimere e comunicare mediante
l'immagine. E proprio questa identità di espressione e comunicazione è importante: l'espressione non è un
arcano messaggio che l'artista profeticamente annuncia al mondo, ma comunicazione da uomo a uomo.
Nella xilografia l'immagine è prodotta scavando in una materia tenace, che resiste all'azione della mano e
del ferro; poi cospargendo d'inchiostri le parti rilevate, infine, premendo col torchio la matrice sulla carta.
Di queste operazioni manuali, che implicano atti di materia, l'immagine reca le tracce nello stento
parsimonioso segno, nella rigidezza e nell'angolosità delle linee, nelle impronte evidenti delle fibre del
legno. Non è un'immagine che si libera dalla materia, ma che s'imprime in con un atto di forza.

Colore e deformazione. Il colore in pittura, il blocco (per lo più di legno) in scultura non sono un mezzo o un
linguaggio per manifestare le immagini, ma materia che, sotto l'azione rude della tecnica, diventa
immagine. Poiché l'opera materializza direttamente l'immagine, il pittore non è tenuto a scegliere i colori
secondo un criterio di verosimiglianza: può fare le sue figure in rosso o in giallo o in blu esattamente come
lo scultore è libero di fare le proprie in legno o in pietra o in bronzo; vi è poi un processo di attribuzione di
significato mediante il colore. L’attributo implica un giudizio, un atteggiamento morale o affettivo
sull'oggetto a cui si applica; e poiché il giudizio viene dato a percepire insieme con l'oggetto, si manifesta
come deformazione o distorsione dell'oggetto. La deformazione espressionista, che in alcuni artisti arriva
ad essere aggressiva e oltraggiosa non è deformazione ottica: è determinata da fattori soggettivi ed
oggettivi.

La deformazione espressionista non è la caricatura della realtà: è la bellezza che, passando dalla
dimensione dell'ideale a quella del reale, inverte il proprio significato, diventa bruttezza ma sempre
conservando il suo segno di elezione. Per questa bellezza quasi demoniaca del colore che spesso
s'accompagna a figure ostentatamente brutte (almeno secondo i canoni correnti) l'immagine acquista una
forza di perentorietà ultimativa, come se davvero oltre quell'immagine non possa più esservi pensiero. La
poetica espressionista, che rimane pur sempre fondamentalmente idealistica, la prima poetica del brutto:
ma il brutto non è altro che un bello caduto e degrada to. Conserva il suo carattere ideale come gli angeli
ribelli conservano, ma col segno negativo del demoniaco, il loro carattere soprannaturale: e la condizione
umana, per gli espressionisti tedeschi, è appunto quella dell'angelo caduto. V'è dunque un doppio
movimento: discesa e degradazione del principio spirituale o divino che fenomenizzandosi, si congiunge col
principio materiale; ascesa e sublimazione del principio materiale per congiungersi con lo spirituale. Questo
conflitto in atto determina il dinamismo, l'essenza dionisiaca, orgiastica e tragica insieme, dell'im- magine,
ed il suo doppio significato di sacro e demoniaco. La polemica sociale degli espressionisti tedeschi non si
ferma alla scelta con cui l'artista rinuncia alla qualità di intellettuale borghese per quella di lavoratore.
uomo del popolo. La borghesia è chiamata in causa come responsabile del'inau tenticità dell'esistenza
sociale, del fallimento dell'impresa umana, di quella che pen Nietzsche era la totale negatività della storia.
Se per esistere bisogna volere esistere, lottare per esistere, è segno che nel mondo vi sono forze negative
che si oppongo no all'esistenza. L'esistenza è autocreazione; ma se il meccanicismo del lavoro indu la
società, lacerandola in classi sfruttatrici e sfruttate; distrugge il senso del lavoro umano, separando
ideazione ed esecuzione; finirà per distruggere con la guerra l'umanità intera. Ricominciare tutto da capo
significa rifare ex novo la società. Si capisce cos perché gli espressionisti tedeschi insistano fino
all'ossessione sul tema del sesso: ei rapporto uomo-donna che fonda la società, ed è proprio questo che la
società moderna deforma e rende perverso, negativo, alienante. La società industriale si aggira senza
scampo nell'alternativa di volontà di potenza e complesso di frustra striale è anti-creativo, per questo fatto
stesso è distruttivo. Distrugge zione: solo dalla condanna totale del lavoro non-creativo imposto all'umanità
può germogliare una nuova civiltà. Soltanto l'arte, come lavoro puramente creati potrà compiere il
miracolo: riconvertire in bello quello che la società ha pervertito in brutto. Di qui il tema etico fondament…

[19:03, 4/1/2019] Giorgiana Bejan: mutarlo. E quindi un dovere sociale, un servizio a cui si adempie.
L'Austria rientra nell'orbita culturale tedesca, ma il suo tempo storico ha un ritmo più lento: nel lungo
tramonto dell'impero asburgico la società gerarchica si dissolve, non si vede il principio di una società
nuova. E. SCHIELE (1890-1918) sviluppa in senso espressionista, con tetra e disperata violenza, la
malinconia di Klimt: è una discesa nel profondo della psiche, una ricerca della morte nella radi- ce stessa
dell'essere: la sessualità; ed è la prima volta che la crudezza carnale del sesso entra nella pittura. Non è un
caso che un grande disegnatore e illustratore, A. KUBIN (1877-1959), esplori il dominio vago e sterminato
del sogno proprio

: uando, nella stessa Vienna, Sigmund Freud impostava sullo studio dell'attività nirica la sua ricerca
psicanalitica. O. KokoSCHKA (1886-1980), muovendo da Klimt, si mette ben presto in contatto con gli
espressionisti tedeschi: ma la sua è una ricerca critico-analitica tutta in profondità, senza prospettive di
riscatto "creativo". Per raggiungere il livel lo della "vita" bisogna corrodere gli strati formati da tutto ciò che
si chiama comu- nemente "la vita", giungere là dove l'esistenza individuale si dissolve nel "tutto" Anche per
Kokoschka il problema della società nasce col rapporto originario uomo-donna: ma amore e morte sono
comunicanti, ed anche per questa via l'in- dividuo ritorna all'indistinzione del "tutto" (l'arte come ritorno al
grembo dell'es- sere è anche il tema della poetica di Rilke, il grande poeta austriaco). Il colore- segno si
ribella ad ogni ordine: non accetta la prospettiva e non il tono, ma cede improvvisamente a impulsi di
tenerezza o di collera di gioia o di strazio. L'impressionismo, per lui, non è autenticità della sensazione, ma
autenticità e libertà dell'esistere. Libertario e, nel fondo, anarchico, Kokoschka non crede nel presente né in
un futuro ordine sociale: il mondo è una moltitudine di individui, una ridda di atomi. Nulla si crea, nulla si
distrugge: nulla di ciò che è stato può non essere. La realtà è caotica, ma proprio perché non cè una
struttura che inquadri, i frammenti di cui è fatta sono più vitali. Un quadro è una miriade di segni colorati,
così vivaci che sembrano agitarsi sulla tela: ciascuno di essi è un momento vissuto, che tuttavia non si dà
come stinta memoria ma come sensazio- ne interiore immediata. I ritratti di questo periodo sono
straordinariamente carat terizzati, i paesaggi sono "ritratti" di luoghi ben individuati; ma il punto in cui la ltà
precipua di quella persona o di quel sito si anima e vive è anche quello del uo frantumarsi e disgregarsi nel
moto molecolare del tutto. Così la pittura di Kokoschka si ricollega da un lato al dissolvimento formale del
Rococò austriaco, altro all'Impressionismo: soltanto, non v'è più distinzione tra oggetto e sog getto, il
mondo che si vede è il mondo in cui si è e che si muove intorno a noi, che ci muoviamo in esso. Non c'è più
problema di forma né di immagine: il problema che Kokoschka pone per primo è quello del segno, come
trascrizione immediata di uno stato sensorio o affettivo. Questo anticlassicismo manieristico è anche il limi-
dall' te della sua statura pittorica, che non è quella di un Greco, ma di un Magnasco. Gettando un ponte tra
Espressionismo e Impressionismo, la pittura di Kokoschka ha avuto una vasta risonanza in Europa,
specialmente dopo la prima guerra mondiale quando si volge a rappresentare, con un allegorismo
frenetico, il disfacimento del mitologismo classico nella furia dissennata del mondo moderno. Si prestava
ad essere interpretata come una nuova, persuasiva proposta europea: storicamente fondata su quel tardo
Barocco che, portando al limite del disfaci- mento ogni costituito linguaggio formale, av…

: Parigi ed uno dei maggiori esponenti di quella eterogenea Ecole de Paris che radu- nò pittori d'ogni paese
(molti di essi ebrei) in quello che veniva a buon diritto considerato il centro irradiante di una cultura
figurativa cosmopolita Die Brücke si è sciolta nel 1913, quando già il nuovo gruppo Der blaue Reiter aveva
avviato la ricerca in senso non-figurativo. Quasi a contrastare questo indiriz- zo meno impegnato nella
problematica sociale, che la guerra perduta aveva inasprito

si forma la corrente, ancora tipicamente espressionista, d (nuova oggettività) che della società tedesca del
dopoguerra vuole dare un'im ne atrocemente vera, senza il velario idealizzante e mistificante della "buona"
pittu ra o letteratura. Ne fanno parte M. BECKMANN (1884-1950), O. DIx (1891-1969), G. GROSz (1893-
1959). Beckmann è un pittore di formazione classicista che ama le grandi, oratorie composizioni
allegoriche: un Hodler trent'anni dopo, che canta non più l'ascesa, ma l'apocalittica caduta dell'umanità.
Ribalta la visione: gli dei caduti (Gil tema della Götterdammerung di Nietzsche) diventano mostri, ma la loro
bruttezza conserva la grandezza ed il fascino della bellezza perduta. Dix è stato in pittura ciò che nella
narrativa è stato Remarque, l'autore di Niente di nuovo sul from te occidentale: è il descrittore lucido,
spietato, quasi fotografico delle miserie, delle infamie, della macroscopica stupidità della guerra. Il processo
di demistificazione della classe dirigente tedesca è spinto più a fondo da un artista esplicitamente poli- tico,
il disegnatore e caricaturista George Grosz. Dal 1916 al '32, quando la perse- cuzione nazista lo costrinse a
rifugiarsi negli Stati Uniti, ha condotto una lotta poli- tica senza quartiere, attaccando e denunciando con
aspro sarcasmo i ceti dirigenti militari e capitalisti, responsabili e sfruttatori della guerra e della disfatta.
Non ha bisogno di ricorrere all'invettiva: la fredda analisi della situazione basta a rivelare, sotto la maschera
della rispettabilità borghese, la perversione degli istinti, la cupa ibidine di violenza e di potere. Urilizza i più
moderni processi di comunicazione visiva (compreso il Cubismo e il Futurismo) per sintetizzare nella stessa
figura aspetti contraddittori di una socialità esteriore e di una asocialità di fondo: è il ella Neue Sachlichkeit
gli primo a scoprire nell'autoritarismo politico, nell'avidità di potere, nella corsa alla ricchezza i sintomi della
nevrosi, di una pericolosa forse mortale follia, di un col pevole imbruttirsi del mondo. La sua opera aveva
bisogno dello sdegno e della furia contro la borghesia avida e crudele, poi degenerata nel nazismo. In
America, senza lo stimolo della rivolta politica, la sua vena si esaurisce.

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