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Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente
vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore
(L. 22.04.1941/n. 633)
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Università Telematica Pegaso Lo sviluppo sociale
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Tra i due e i tre anni il bambino afferma la sua personalità opponendosi ai genitori, siamo di
fronte ad una fase definita “fase del no”, in essa appare ribelle all’autorità dell’adulto. Si tratta di
una “crisi di indipendenza” necessaria alla conquista dell’autonomia. Tale comportamento irritante
per i familiari, è invece una fonte di compiacimento per il bambino; il quale mette a punto una
sperimentazione della sua capacità di autorealizzazione e comincia a costruire la fiducia in sé e nei
propri mezzi.
Un’educazione serena ed equilibrata condurrà il bambino, intorno al terzo anno, al
superamento dell’opposizione ricercata per se stessa e all’incorporazione di alcuni modelli di
comportamento dei familiari; imparerà così a controllare la sua motricità e a finalizzare i gesti a
scopi specifici.
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L’attività ludica costituisce la principale fonte di stimolazione sociale per il bambino di tre
anni, che gioca volentieri con i suoi coetanei. Ma, osservando bene il suo comportamento, si nota
facilmente come utilizzi il compagno per realizzare i propri desideri. Anche se due o più bambini
giocano insieme, in realtà ciascuno gioca in modo autonomo e riveste un ruolo parallelo a quello dei
compagni. Difficilmente, però, questi ruoli sono complementari o si integrano fra loro.
Lo sviluppo emotivo- affettivo si completa quando il bambino acquisisce la sicurezza di se,
ossi la consapevolezza di poter contare sempre sulle proprie forze per affrontare i problemi e le
difficoltà di natura ambientale. La sicurezza di sé che poggia sulla fiducia di base nata dal rapporto
positivo instaurato con la figura materna, si arricchisce durante il processo di socializzazione,
quando il bambino, attraverso numerosi tentativi di identificazione con le figure significative della
sua vita, stabilisce in modo definitivo la propria identità personale, ovvero impara a conoscersi
bene, individuando i propri limiti accettandoli pur nel tentativo costante di migliorare, e utilizza le
proprie capacità per esprimersi in modo compiuto nel campo sociale.
La vita affettiva originaria si rivela fondamentale per lo sviluppo della personalità e per il
conseguimento dell’equilibrio psicofisico affettivo e sociale i età adulta.
Inizialmente il bambino avverte soltanto i bisogni fisiologici che vengono soddisfatti dalla
madre; pertanto, si attacca alla figura materna per ricevere sia il nutrimento sia il contatto
epidermico e l’affetto. L’attaccamento del bambino alla madre, che si verifica nel primo anno di
vita, è un complesso di relazioni istintuali.
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Winnicott D., Colloqui terapeutici con i bambini, Armando Editore, Roma 2005.
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In tal contesto molto rilevanti, sono stati gli studi di Spitz; egli parla delle conseguenze
dell’ospedalizzazione, nel bambino privato di cure materne, in questi soggetti di osservano i
seguenti comportamenti che determinano la cosiddetta depressione anaclitica.
1° mese : il bambino diventa piagnucoloso e si attacca alla persona con cui ha maggiori
contatti;
2°mese: il bambino perde peso e il suo sviluppo globale rallenta;
Dopo il 3°mese: rigidità persistente dell’espressione facciale, letargia.
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I disturbi scompaiono del tutto se ricompare la madre o un valido sostituto materno tra il
terzo e il quinto mese di vita. Se il bambino non ha avuto cattivi rapporti con la madre, in seguito
alla deprivazione non sorge la depressione anaclitica ma si evidenziano altri disturbi del
comportamento. Un certo grado di integrazione dell’Io compare verso i nove-dodici mesi e richiede
la possibilità di scaricare liberamente le tendenze aggressive e libidiche da parte del bambino. La
separazione genera carenza di cure affettive quando il bambino ha un’età sufficiente a distinguere la
madre da altre persone e da attaccarsi a lei, ma non abbia ancora raggiunto l’età dell’autonomia.
La separazione genera carenza soltanto quando vi è un’interruzione prolungata di un
rapporto stabile e gratificante. Il ritorno dalla madre dopo una lunga assenza non comporta
automaticamente una ripresa dei rapporti positivi, che dipende dalla disponibilità affettiva della
madre.
Le reazioni ansiose non scompaiono, ma possono ripresentarsi in situazioni di esperienza
negativa o in vista di una minaccia di separazione2.
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Spitz R. A., Il primo anno di vita del bambino, Giunti editore, Firenze 2010.
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Volkmar F.R. et al. , Social development in autism, Wiley, New York 1997.
4
Newson E., Making sense of autism: An overview in collection of papers of study weekend on autistic children, Inge
Wakehurst Trust Fund, Nottingham.
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Tutti i gesti e i suoni imitati dal bambino e a loro volta anche dai genitori , si andranno ad
associare lentamente con gli schemi già predisposti per il linguaggio.
La parola si sovrapporrà a tale insieme di abilità ed eventi già presenti e praticati.
L’attaccamento ai genitori si sviluppa nel corso del primo anno di vita, esso si consolida e
diviene fonte di grandi emozioni, configurandosi come una condizione fondamentale per il più ricco
degli apprendimenti e, quindi, base sicura dalla quale partire per mettere a punto una esplorazione
del mondo.
Con il trascorrere del tempo, tutte le abilità sociali si arricchiscono sempre di più e il
bambino crescendo, crea altre relazioni stabili o di tipo temporaneo, con altri suoi coetanei, con le
maestre ecc.
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In questa tipologia di sviluppo si assiste alla sua crescente capacità di affrontare e risolvere i
conflitti e problemi di natura interpersonale, di prendere iniziative assumendo atteggiamenti sociali
positivi e di regolare il comportamento sulla base delle attese sociali.
Nel frattempo, partendo da questo ristretto nucleo iniziale di dialogo duale con le figure
genitoriali, che si sviluppano anche la capacità del gioco, prima con le persone vicine e con il suo
corpo, poi con gli altri oggetti vicini e quindi nell’interazione tra oggetti e persone.
Nel gioco egli acquisisce abilità motorie, cognitive e linguistiche. Questi elementi una volta
comparsi non lasceranno più il soggetto e andranno a formare sempre di più la sua persona.
È dal gioco che partirà tutto, infatti da quest’ultimo e dalla padronanza sulla realtà, dallo
sviluppo delle capacità cognitive e motorie che il bambino passerà poi, in età adulta, alle altre
necessità della vita e al lavoro.
Gli elementi sociali di questo itinerario di sviluppo, a partire dal riconoscimento del viso,
per procedere poi all’imitazione reciproca e al linguaggio parlato, sono un aspetto caratteristico del
nostro essere umani5.
5
Xaiz C., Micheli E., Gioco e interazione sociale nell’autismo. Cento idee per favorire lo sviluppo
dell’intersoggettività, Erickson, Trento 2001.
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Tutto ciò probabilmente è dovuto anche all’effetto di certi elementi del nostro codice
genetico, potentemente predisposto alla sopravvivenza allo sviluppo e alla crescita dei piccoli.
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Anche il patrimonio culturale è un effetto del nostro sviluppo sociale: esso è infatti
composto da ciò che ci è stato trasmesso dagli antenati, dai nonni, dai genitori e da ciò che
abbiamo invece imparato in forma di gesti spontanei o di patrimonio culturale implicito, a cui si
aggiunge poi, man mano che cresciamo, ciò che è suggerito dai giornali, televisione, cinema, libri,
specialisti e professionisti consultati.
Infine, la risposta dei genitori ai bisogni di crescita, alle crisi improvvise e alle ansie diffuse
legati allo sviluppo di un bambino è un fenomeno abbastanza naturale: la dotazione genetica del
bambino è un fenomeno abbastanza naturale; essa porta infatti, a comportamenti ai quali la
dotazione genetica e culturale dei genitori è predisposta naturalmente a rispondere.
In linea generale, si può dunque sostenere che i genitori di ogni parte del mondo sono
sufficientemente in grado di rispondere alle prime necessità sociali dei bambini. Questo è
soprattutto vero se parliamo della risposta a necessità sociali tipiche del primo anno di vita del
bambino, alle quali tutti i genitori, o quasi tutti, rispondono in modo davvero spontaneo, a parte rari
casi di grave patologia dei genitori o di problemi socio ambientali che portano alla trascuratezza o
all’abbandono.
Le difficoltà diventano invece sempre più serie via via che il bambino cresce, quando le
abilità sociali dei genitori sono messe a dura prova dal fatto che il figlio è divenuto una persona a
sua volta sottoposta a crescenti domande sociali esterne alla famiglia.
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Bibliografia
Newson E., Making sense of autism: An overview in collection of papers of study weekend on
autistic children, Inge Wakehurst Trust Fund Nottingham
Volkmar F.R. et al. , Social development in autism, New York, Wiley,1997Spitz R.A., Il
primo anno di vita del bambino, Giunti editore, Firenze 2010
Winnicott D., Colloqui terapeutici con i bambini, Armando Editore, Roma 2005
Xaiz C., Micheli E., Gioco e interazione sociale nell’autismo. Cento idee per favorire lo
sviluppo dell’intersoggettività, Erickson, Trent
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