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Correlatore:
Chiar.mo Prof.
Giorgio Turchetti
II Sessione
Anno Accademico 2011-2012
Abstract
iii
Indice
Abstract v
Introduzione v
1 L’accelerazione laser-plasma 1
1.1 Evoluzione dei laser . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 1
1.1.1 CPA (Chirped Pulse Amplification) . . . . . . . . . . . . . . . 2
1.2 Acceleratori laser-plasma . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 3
1.2.1 Plasma e acceleratori . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 3
1.2.2 Oscillazione di plasma . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 4
1.2.3 Interazione Laser-Plasma . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 4
1.3 Accelerazione di protoni . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 7
1.3.1 Regime TNSA . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 8
1.3.2 Regime RPA . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 11
1.4 Applicazioni . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 12
2 Trasporto di protoni 15
2.1 Equazioni del moto . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 16
2.1.1 Equazioni del moto cartesiane in approssimazione parassiale . 17
2.2 Mappe di Trasporto . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 19
2.2.1 Dinamica lineare . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 19
2.2.2 Sistemi Periodici Focalizzanti . . . . . . . . . . . . . . . . . . 21
2.3 Lenti FODO . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 27
2.3.1 Focalizzazione lenti sottili . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 27
2.3.2 Focalizzazione da lente spessa . . . . . . . . . . . . . . . . . . 31
A Formulazione hamiltoniana 51
v
Introduzione
vii
su ioni, prevede di ottenere fasci di protoni di decine di MeV dalla collisione tra
un impulso laser polarizzato linearmente e sottili bersagli solidi dello spessore di
pochi micron µm dotati di una densità sovracritica di elettroni. In questa maniera
l’impulso ionizza istantaneamente gli atomi sulla superficie del target generando una
popolazione di elettroni relativistici che diffondono oltre la superficie esposta al laser.
Questi elettroni, creando un denso strato di cariche, producono un campo elettrico
molto intenso (TV/m) dovuto alla separazione di carica e che a sua volta è in grado
di ionizzare gli atomi sulla superficie posteriore e di accelerare gli ioni della targhetta.
Citiamo anche il regime di accelerazione RPA (Radiation Pressure Acceleration) che
utilizza impulsi laser con polarizzazione circolare e in cui domina la pressione di
radiazione sulla produzione di elettroni relativistici.
L’accelerazione di protoni mediante TNSA possiede enorme vantaggi, tuttavia la sua
implementazione all’interno della complessa struttura di un acceleratore di particelle
ne mostra i limiti, che ricadono sui sistemi di trasporto e focalizzazione.
I fasci di ioni così accelerati infatti possiedono:
In queste condizioni, il trasporto, necessario per rendere utilizzabili gli ioni prodotti
e accelerati, risulta non banale.
A causa delle basse energie medie ottenibili, ad oggi con questa tecnica, si è avanzata
l’ipotesi concreta di una loro iniezione in un linac. Per ottenere un sistema sì fatto,
il fascio in uscita deve però essere caratterizzato da:
3. un’emittanza piccola,
Una questione aperta tutt’oggi risulta quindi la scelta del tipo di componente che
dovrebbe effettuare la selezione in energia e in angolo necessaria..
Nel primo capitolo di questa tesi, dopo una piccola introduzione alle tecniche laser e
alla fisica dei plasmi, si descriveranno brevemente le principali tecniche di accelera-
zione di protoni da plasma e i regimi esplorati fino ad oggi con i rispettivi risultati.
viii
Quindi nel secondo capitolo si analizzerà più in dettaglio la composizione e il funzio-
namento di una linea di trasporto andando ad evidenziare l’aspetto analitico.
Infine si studieranno disposizioni di elementi magnetici all’interno di una beamline
che garantisca una focalizzazione e selezione energetica ottimizzata. In questo lavoro
in particolare si analizzerà un sistema di trasporto composto da un multipletto
di quadrupoli al fine di mostrarne i pregi ma anche i limiti grazie ai risultati di
simulazioni.
ix
Capitolo 1
L’accelerazione laser-plasma
Nel ’79, con il lavoro Laser Electron Accelerator dei fisici T. Tajima e J.M.
Dawson, si fece avanti per la prima volta l’idea di sfruttare le variazioni nel tempo
dei campi interni ai plasma (le così dette onde di plasma o plasmoni) per accelerare
particelle cariche. Nell’articolo venne proposto l’uso di onde elettromagnetiche per
generare onde di plasma nella scia del pacchetto di fotoni.Tuttavia la potenza dei
laser dell’epoca non era sufficiente al fine di realizzare questo tipo di esperimenti.
Solo recentemente si è ottenuta una tecnologia dei laser tale da permettere potenze
fino a 1015 W con intensità massime di 1020 − 1021 W/cm2 .
Si mostrerà con brevi cenni la differenza essenziale nella fisica dell’accelerazione
laser plasma per elettroni e protoni, vertendo verso un’analisi più approfondita sulle
tecniche e i regimi di accelerazione di fasci protonici.
Faremo prima luce su alcuni concetti chiave sui laser e sulla fisica dei plasma.
1
Figura 1.1: Il progresso dell’inten-
sità laser dagli anni della realizzazio-
ne ad oggi. La prima considerevole
pendenza degli anni 60 corrisponde
alla scoperta di molti effetti di otti-
ca non lineare dovuti a pacchetti di
elettroni. La seconda rappresenta
la crescita dovuta al perfezionamen-
to della tecnica CPA, tecnica che
ha permesso di entrare in un nuovo
regime ottico dominato da elettroni
relativistici.
intensità massime raggiungibili portando, per più di dieci anni, una forte flessione
nell’evoluzione dei laser (osservabile nel grafico in figura 1.1) e nell’aumento delle
intensità massime raggiungibili.
La soluzione al problema venne avanzata solo nel 1985 da alcuni fisici dell’università
di Rochester (Strickland and Mourou, 1985; Maine and Mourou, 1988; Maine et
al., 1988)[1]. La tecnica perfezionata, detta CPA dall’acronimo Chirped Pulse
Amplification, rivoluzionò il campo dei laser permettendo incrementi di intensità
dell’ordine di 105 − 106 con sistemi laser di modeste dimensioni.
L’idea di base di questa tecnica consiste nell’utilizzo di due reticoli, detti stretcher
e compressor , e di un cristallo amplificatore, ad esempio titanio-zaffiro. Si utilizza
l’impulso ottenuto con un primo laser di bassa energia, detto oscillatore, capace
di generare un pacchetto d’onda molto breve , ∼ fm e lo si allunga con un primo
reticolo al fine di ottenerne uno di ∼ nm. In seguito si amplifica il segnale facendolo
passare attraverso un cristallo non-lineare pompato con un altro laser fino ad ottenere
un’amplificazione di 10 ordini di grandezza (per un’energia dell’ordine del Joule).
Infine l’impulso così amplificato viene nuovamente compresso grazie al secondo
reticolo che lo riporta ai valori in uscita dall’oscillatore. Il risultato ottenuto così
prevede un impulso laser in uscita dell’ordine dei 20 − 30 fs con una potenza di picco
che supera il TW (1012 W). Se poi consideriamo che questo può essere focalizzato con
specchi parabolici con il fine di ridurre le dimensioni trasverse del fascio a pochi µm si
possono raggiungere intensità che raggiungono picchi di 1021 W/ cm2 .[2] Ovviamente
vi è un limite inferiore (∼ µm) allo spot focale fornito dagli effetti di interferenza
ottica.
2
1.2 Acceleratori laser-plasma
n = n0 eeV /kB T
kB T
λ2D = .
4πe2 n0
Risulta così che per scale superiori a quella di Debye la carica singola del sistema
plasma vede ridursi il suo potenziale elettrico coulombiano da una nube di carica
spaziale generata dallo stesso. Da questo fenomeno deriva il termine di quasineutralità
associato allo stato di plasma.
A causa degli intensi campi elettromagnetici che si formano al suo interno, il plasma
può assumere il ruolo di struttura accelerante di particelle. Infatti, a differenza delle
più moderne cavità a radiofrequenza, che hanno una soglia di breakdown per campi
3
applicati di qualche decina di MV/m, per il plasma non esiste teoricamente questo
limite, essendo un mezzo già ionizzato. Per questo motivo è possibile applicare campi
estremamente intensi riuscendo ad accelerare ad alte energie in tempi e spazi molto
ristretti. A differenza degli elettroni che vengono accelerati secondo uno schema che
prevede l’eccitazione di onde di plasma, l’accelerazione di protoni (o ioni in generale)
prevede l’utilizzo di grandi dislocazioni di cariche che generano campi elettrostatici
così intensi da portare queste cariche a raggiungere energie elevate in brevissimi
spazi.
otteniamo l’equazione:
∂ 2
+ ωp n 1 = 0 ,
∂t2
4πe2 n0
dove ωp2 = m rappresenta la frequenza di l’oscillazione del plasma o frequenza
di Langmuir. Questa grandezza, come si può notare dalla dipendenza inversa dalla
massa, indica come il comportamento di una plasma sia determinato dagli elettroni
liberi mostrando con chiarezza il suo carattere collettivo. L’inverso della frequenza
di Langmuir rappresenta il tempo con cui il plasma risponde collettivamente a una
sollecitazione.
4
elettrici collettivi che cercano di contrastare la separazione di carica. Ciò da origine
alle così dette onde di plasma (o wake-field) di frequenza pari a quella di Langmuir.
È oramai cosa nota che l’interazione tra un’onda elettromagnetica e un plasma può
eccitare questo tipo di onde.
Il plasma soggetto alle onde elettromagnetiche è un mezzo otticamente attivo con
un indice di rifrazione ben definito e calcolabile. Il valore nrifr è ottenibile, se
consideriamo l’approssimazione lineare, dalla soluzione del sistema di equazioni:
O × B = 4π
c j+
1 ∂E
c ∂t
∂v (1.1)
m ∂t = eE
j = n ev
0
si trova che
4πe2 n0
4πn0 e −iω
O × B∗ = E∗ + E∗ = −iωE∗ 1 − ≡ −iωD∗
c m(−iω) c mω 2
1 ∂D
O×B= D = E = n2rif r E
c ∂t
in cui
ωp2 −1/2
nrifr = 1 − 2 (1.2)
ω
Sapendo che l’indice di rifrazione è dato dal rapporto tra la velocità di gruppo delle
onde elettromagnetiche nel plasma e la velocità della luce nel vuoto:
vg
nrifr =
c
5
si riesce a ottenere la relazione di dispersione:
k 2 c2 = ω 2 − ωp2
Si nota subito che se ω < ωp l’indice di rifrazione, così come il numero d’onda,
risultano immaginari puri mentre se ω ≥ ωp risultano entrambi reali. Definita quindi
la densità critica nc come la densità per cui ω = ωp è possibile, sulla base dell’indice
di rifrazione del plasma, individuare 3 regimi in cui si può comportare il plasma:
2πc
4πrc c2 nc ≡ ωp2 = ω 2 =
λ
ω π 1021
nc = = ≈ cm−3
4πc2 rc λ2 rc λ2 (µ)
Se n > nc la propagazione dell’onda elettromagnetica all’interno del plasma risulta
dominata da un esponenziale decrescente, che la porta ad attenuarsi su una lunghezza
caratteristica (o skin depth) `s . Riprendendo l’equazione di dispersione, possiamo
definire `s mediante la relazione:
iq 2 i
k= ωp − ω 2 = ,
c `s
quindi:
−1/2
ωp2 λ n2e
c c −1/2
`s = = − 1 = − 1) .
(ωp2 − ω 2 )1/2 ω ω2 2π n2c
É possibile ottenere queste onde di plasma mediante plurime tecniche che possono
anche non fare utilizzo dei laser.
La tecnica maggiormente adottata prevede, tuttavia, l’utilizzo di laser ed è chiamata
Laser WakeField Accelerator. La LWFA prevede l’eccitazione di onde di plasma
mediante i forti campi dell’impulso laser e mediante la forza ponderomotrice (legata
alla pressione di radiazione), che di fatto espelle gli elettroni dalle regioni di alta
densità[2]. Normalmente un plasma contenente 1018 /cm3 elettroni può generare onde
con picchi di 100 GV/m.
Queste onde di plasma accelerano fasci di elettroni ad energie anche molto differenti
tra loro a causa della possibilità di essere intrappolati in differenti posizioni. Per il
meccanismo mediante il quale l’onda di plasma viene creata, la sua velocità di fase
6
risulta essere uguale alla velocità di gruppo dell’impulso laser nel plasma, ovvero
prossima alla velocità della luce nel vuoto, condizione necessaria ad accelerare elet-
troni (o altre particelle) ad energie ultra-relativistiche.
All’interno di questa trattazione va sottolineata l’importanza della grandezza adi-
eA
mensionale a = m e c2
(in cui e ed m sono carica e massa a riposo dell’elettrone) che
rappresenta il rapporto tra energia del campo ed energia a riposo dell’elettrone. A
seconda del valore assunto da questo parametro si riesce così ad esprimere sempli-
cemente il regime in cui si stanno accelerando le cariche nota l’intensità dell’onda
incidente. Ci si troverà in un regime di accelerazione classico se a << 1 mentre se
a il moto sarà da considerarsi relativistico.
Ovviamente si può definire una ap con al posto della massa dell’elettrone quella del
protone nel caso volessimo fare una trattazione legata ai protoni.
7
Figura 1.2: Rappresentazione del
regime TNSA
Questo regime si osserva con luce polarizzata linearmente, con un bersaglio avente
densità sovra-critica n > nc e spessore abbastanza elevato ` `s . Il meccanismo di
accelerazione è complesso e consiste in un riscaldamento degli elettroni nello strato
superficiale di spessore confrontabile con ls in cui penetra il laser. In questa maniera
l’impulso ionizza istantaneamente gli atomi sulla superficie del target generando una
popolazione di elettroni relativistici che diffondono sia oltre la superficie esposta al
laser che all’indietro. 1 Gli elettroni formano una nube elettronica dello spessore di
qualche lunghezza di Debye, oltre il foglio, producendo un intenso campo elettrico
formatosi dalla separazione di carica. Questo forte campo elettrostatico accelera gli
ioni (come si può vedere nella figura 1.2).
Essendo la diffusione degli elettroni quasi isotropa, i campi acceleranti più forti sono
quelli normali alla superficie del target, tuttavia ciò causa una dispersione angolare
notevole su entrambe le facce del target (in quanto gli elettroni diffondono anche
nella direzione opposta a quella dell’impulso laser. L’energia cinetica degli elettroni
accelerati viene data da
" −1/2 #
p2
K = me c2 1+ 2 2 −1
me c
dove le proiezioni del momento coniugato legato a un impulso che si propaga lungo
l’asse z con polarizzazione lineare lungo y sono:
eAy
Px = 0 , Py = py − = py − me ca , Pz = pz .
c
1
L’impulso deve avere una intensità di almeno 1018 W/cm2 per riuscire a ionizzare il bersaglio ed
accelerare elettroni a velocità relativistiche[4].
8
Se A fosse il potenziale vettore di un campo esterno assegnato, Py sarebbe nullo
per la conservazione della quantità di moto prima dell’arrivo dell’onda. Poichè il
problema è di natura collettiva, si considera l’approssimazione fluida assumendo
che valga hPy i = 0. Questo implica, per la definizione data precedentemente, che
hpy i = me ca e che per il moto longitudinale (lungo l’asse z) hpz i = p ottenendo dalla
1.1: " −1/2 #
p2
K = me c2 1 + 2 2 + a2 −1
me c
In definitiva diremo che se non vi sono altri campi tranne quelli generati dal poten-
ziale vettore A = Ay ey allora l’accelerazione longitudinale è data solo dalla forza
ponderomotrice. A differenza del moto longitudinale (lungo z) di natura collettiva, il
moto trasverso (sul piano xy) si può considerare derivante dall’agitazione termica.
In cui la temperatura viene definita come:
Cerchiamo ora di determinare l’energia degli elettroni caldi perchè infatti sono
questi che assumono il ruolo principale nell’accelerazione dei protoni. Partendo dal
presupposto che la densità di elettroni tra la superficie di incidenza laser e la posizione
in cui si forma la nube elettronica sia data dalla distribuzione di Boltzmann:
n = n0 eeV /kB T
d2 V eV
2
= 4πen0 e kB T .
dz
9
e l’energia massima
h−z
Emax = Z e V = ZT log 1 + tan2 √ .
λD 2
Per ioni di carica Z e posti sulla superficie della lamina (quindi a z = 0) l’energia
massima associata sarà:
2 h
Emax = Z e V (0) = ZT log 1 + tan √ . (1.4)
λD 2
Emax Za √
Emax (M eV ) = 2
' log(1 + tan2 2) ' 2Za
2me c 2
otterremmo così l’energia media che ci dovremo aspettare dal nostro fascio a una data
intensità. Per esempio avremo a0 ∼ 30 per impulsi laser di intensità I ∼ 1021 W/cm2
e lunghezze d’onda di qualche µm e per questo valore di a0 valori di Emax ∼ 60M eV
per fasci protonici.
Una caratteristica propria dei fasci accelerati da regime TNSA è la distribuzione
continua ed esponenziale dello spettro con un taglio a Emax = ∞. Ad oggi le energie
massime ottenibili con l’accelerazione laser-plasma in questo regime non superano i
60 − 70M eV .
Se definiamo con N (E), il numero di protoni corrispondenti a una data energia, lo
spettro si presenta nella forma
dN E0 −E/E0
ρ(E) = = e ϑ(Emax (∞) − E) (1.5)
dE N0
Etot
nella quale l’energia media hEi = E0 = .
Ntot
10
Note
1. Il parametro h viene anche definito come la lunghezza di Debye per gli elettroni
caldi che formano la nube elettronica:
T h2 n0
h2 = 2 2 =
4πe n0(hot) λD n0(hot)
2. L’analisi fatta tratta è valida nel caso dell’accelerazione di protoni solo nel caso
in cui elettroni e ioni accelerati siano tra loro in equilibrio termico. Solo in
questo caso l’energia media e la distribuzione in energia sia degli elettroni che
dei protoni sarà uguale.
11
Figura 1.3: Rappresenta-
zione del Modello RPA:
in blu la densità degli io-
ni (o protoni), in verde
la densità degli elettroni,
in rosso il campo elettri-
co Ex) in tre momenti
dell’accelerazione[6].
1.4 Applicazioni
Il grande interesse in sorgenti di protoni e ioni energetici risiede nella proprietà
unica di questi di rilasciare quasi tutta la propria energia nella materia a fine percorso.
Ciò rende gli ioni più adatti di elettroni e fotoni per applicazioni dove è richiesta una
deposizione molto localizzata di energia.
È questo il caso, per esempio, dell’adroterapia oncologica, praticata con successo
quasi solamente in centri di cura che usano come sorgente degli acceleratori tradizio-
nali. Questo ha causato negli anni una ridotta diffusione di facility per adroterapia.
La prospettiva di utilizzare sorgenti laser-plasma con scopo di accelerare fasci di
protoni per terapie oncologiche è legata alle possibilità di raggiungere le energie
necessarie (circa 200 MeV) ed un adeguato grado di monocromaticità dello spettro,
ma sopratutto di poter ottenere queste condizioni con sistemi laser compatti e ad
alta frequenza di ripetizione. Ciò consentirebbe in prospettiva futura un significativo
contenimento della spesa rispetto ad acceleratori convenzionali.
Fra i progetti di ricerca in questo campo bisogna citare la facility FLAME (Fra-
scati Laser for Acceleration and Multidisciplinary Experiments) realizzata presso
il Laboratorio Nazionale di Frascati (LNF). FLAME è caratterizzata una notevole
potenza laser (250 TW) per l’accelerazione laser-plasma. Assieme a FLAME ci-
tiamo anche LILIA (Laser Induced Light Ions Acceleration) un progetto attivato
con il proposito di studiare a fondo la generazione di fasci protonici da interazione
laser-target (studi su differenti target e regimi di accelerazione) e di verificare le
12
applicazioni per questi in trattamenti medici, e il progetto Prometheus basato su
laser ad alta potenza e finalizzato anche ad avere fasci di protoni per studi biomedici.
Ad entrambi i progetti collabora strettamente il gruppo di sistemi complessi di
Bologna. Altre possibili applicazioni per l’accelerazione laser-plasma riguardano la
fisica delle alte energie, con la prospettiva di realizzare schemi di accelerazione multi-
stage ma anche la ricerca energetica, con la possibilità di realizzare la fusione inerziale.
13
Capitolo 2
Trasporto di protoni
15
elettromagnetici che si incontreranno siano linearmente dipendenti dalla distanza del
fascio dalla traiettoria ideale e senza contributi di bordo (fringe fields).
Le particelle all’interno del campo magnetico prodotto in questi elementi agisce sulle
particelle cariche che si muovono al loro interno mediante la nota forza di Lorentz
dp
F= = qv × B
dt
dove
B0 r B0 r
Br = sin2φ, Bφ = cos2φ,
a a
con a distanza dai poli dal centro della traiettoria e B0 è il campo massimo[9].
In presenza di un fascio di particelle con velocità v = ṙer + φ̇reφ + żez , si riesce a
calcolare la forza di Lorentz agente su queste all’interno del quadrupolo:
er eφ ez
e e e
F = v × B = ṙ φ̇ r ż = eφ żBr − er żBφ + ez (ṙBφ − φ̇rBr ) (2.2)
c c c
Br Bφ 0
16
(a) Sezione quadrupolo con linee equipoten- (b) Linee di campo magnetico[8]
ziali per xy= 12 a2 .
B0
dove B 0 = d con B0 il campo massimo e d la distanza dei poli dalla traiettoria
ideale.
Se ora ci si concentra solo sulle orbite delle particelle che si muovono vicino al-
la traiettoria di rifermento data, nel nostro caso, dall’asse z è lecito considerare
|ẋ|, |ẏ| << |ż| ≈ v0 , in cui v0 = cost Si riesce così a esprimere la forza di Lorentz
come:
ex ey ez
e e eB 0 v0
F = v × B = B 0 0 0 v0 = (yey − xex ) (2.6)
c c c
y x 0
Notiamo immediatamente che i quadrupoli magnetici focalizzano in un piano ma
defocalizzano nell’altro. Questa proprietà, risultato delle equazioni di Maxwell,
implica che si è obbligati ad usare, nel processo di focalizzazione, più elementi
quadrupolari ruotati tra loro di π/2, formando così un multipletto.
Dall’equazione (2.6) possiamo ottenere le equazioni del moto in coordinate cartesiane:
mẍ = − e v0 B 0 x
c
(2.7)
mÿ = e v0 B 0 y
c
17
Introducendo ora l’ascissa curvilinea lungo l’orbita:
Z t
s= v dt
0
poichè
p
v= ẋ2 + ẏ 2 + ż 2 (2.8)
in cui ż ' v0 e |ẋ|, |ẏ| << |ż| otteniamo che s ' v0 t = z. Dunque è possibile
parametrizzare le equazioni del moto mediante z al posto del tempo t, ottenendo le
seguenti relazioni:
d2 x d2 x eB 0 v0
x00 = = = − x (2.9)
ds2 v02 dt2 mv02 c
d2 y d2 y eB 0 v0
y 00 = 2 = 2 2 = y. (2.10)
ds v0 dt mv02 c
px
x0 = = tan θx ' θx (2.11)
pz
py
y0 = = tan θy ' θy
pz
eB 0 eB0 1
k= 2
= (2.12)
m c v0 m c2 βd
18
Otteniamo, con condizioni iniziali x = x0 , y0 = 0 , x0 = x00 , y 0 = y00 , le soluzioni per
le equazioni del moto (2.9) e (2.10) all’interno di un quadrupolo focalizzante in x:
√ x0 √
x =x0 cos k s + √0 sin ks , (2.13)
k
√ √ √
x = k x0 sin k s + x00 cos ks ,
0
(2.14)
√ y0 √
y =x0 cosh k s + √0 sinh ks , (2.15)
k
√ √ √
0
y = k y0 sinh k s + y00 cosh ks . (2.16)
in cui kx (s) = ±k e ky (s) = ∓k nelle sezioni quadrupolari, kx,y = 0 nei così detti
drift (zone tra gli elementi in cui non vi è campo).
19
una matrice di trasferimento applicata al vettore che descrive lo stato del fascio nello
spazio delle fasi:
x x0 y y0
= Lx , = Ly (2.18)
px px0 py py0 .
Questi operatori Ls1 ,s2 definiranno quindi la variazione delle coordinate trasverse tra
un punto della linea s1 a un altro s2 . Se s1 ed s2 appartengono allo stesso elemento,
la proprietà di gruppo della evoluzione implica che L dipenderà da s1 − s2 . Di
conseguenza se sk denota il punto finale di elementi differenti e Lsk ,s0 la corrispon-
dente mappa di trasferimento, allora la corrispondente evoluzione delle coordinate
del fascio, da s0 a sk , è fornita dalla matrice di trasferimento ottenuta dal prodotto
Lsk ,sk−1 · Lsk−1 ,sk−2 · Ls2 ,s1 · Ls1 ,s0 [10].
Nel nostro caso le trasformazioni (2.13), se gli effetti di campo in x e in y non
si accoppiano (quindi L = Lx ⊕ Ly ), possono essere espresse dalle matrici di
trasferimento:
sin(α)
cos(α) √ 0 0
√ k
− k sin(α) cos(α) 0 0
F = (2.19)
sinh(α)
0 0 cosh(α) √
√ k
0 0 k sin(α) cosh(α)
sinh(α)
cosh(α) √ 0 0
√ k
+ k sinh(α) cosh(α) 0 0
D= (2.20)
sin(α)
0 0 cos(α) √
√ k
0 0 − k sin(α) cos(α)
√
in cui si è definito α = kl. Quindi è possibile scrivere le trasformazioni delle
coordinate cartesiane matrici per particelle che entrano in un quadrupolo focusing di
lunghezza l come:
xl ! x0
0
xl Fx 0 x00
= (2.21)
y 0 Dy
y0
l
yl0 y00
Per i drift, spazi tra gli elementi attivi in cui (nell’approssimazione di hard-edge)
non vie è presenza di campi magnetici, avremo invece una propagazione dei raggi
rettilinea caratterizzata dalla matrice di propagazione O = Ox ⊕ Oy :
!
1 l
Ox = Oy = (2.22)
0 1
20
2.2.2 Sistemi Periodici Focalizzanti
x00 + Kx (s)x = 0 .
nella quale M(L) rappresenta la mappa fondamentale, data dal prodotto delle singole
matrici di trasporto sul periodo L, mentre P (s) rappresenta una mappa periodica di
periodo sempre L(con P (0) = I).
Possiamo notare che la matrice di trasferimento da s a s = L fornisce una trasfor-
mazione di similitudine. Si nota immediatamente che da questa relazione segue che
entrambe le matrici M(s) e M(0) possiedono gli stessi autovalori.
Nota ora la matrice fondamentale M(s), la traccia di questa determina, con la natura
dei suoi autovalori il carattere stabile o instabile della soluzione cercata. Calcolati
quindi gli autovalori associati, forniti dal polinomio caratteristico
p
Tr M ± T r M2 − 4
λ1,2 =
2
1 1 0
Se T r M = 2 allora M si riduce alla forma di Jordan Λ = e Mn presenta una
µ 1
divergenza lineare in n.
21
Figura 2.1: Propagazione trasver-
sa di un fascio su una linea
F ODOF ODOF ODO. Notiamo
che la matrice M (L) possiede una
traccia maggiore di due. Il fascio
quindi diverge angolarmente nella
sua propagazione lungo s. Il risul-
tato è ottenuto in approssimazione
di lente sottile.
in cui R(ω) è una rotazione. Per ottenere la forma (2.24) si sono utilizzate le seguenti
matrici di trasformazione:
! !
M12 M12 1 +i
U= K= (2.25)
e−iΩ − M11 eiΩ − M11 1 −i
!
2M12 0
W = UK = (2.26)
2 cos(Ω) − 2M11 2 sin(Ω)
1√ 1
Moltiplicando ora W per la costante di normalizzazione 2 M12 sin(Ω) , che non altera il
risultato trattandosi di una trasformazione di similitudine, otteniamo la composizione
della matrice (2.24): √
β 0
W = α 1 (2.27)
−√ √
β β
Nella quale riconosciamo in α e β le così dette funzioni ottiche.
Introduciamo dunque le coordinate normali, definite dalla relazione
~ X(s) −1 x(s)
X(s) = =W (2.28)
X 0 (s) x0 (s)
~ + L) = R(ω)X(s)
X(s ~ (2.30)
22
Figura 2.2: Ellissi di equazio-
1
ne [x2 + (αx + βx0 )2 ] =
β
su cui si muove il raggio nello
spazio delle fasi.
~ 2 . Definita
cartesiane l’azione associata al moto è ottenuta dalla relazione j = 12 kXk
quindi l’emittanza come il doppio dell’azione j, otteniamo la relazione
Area
X 2 + X 02 = = (2.31)
π
con quindi
√ √
X= cos ϕ X0 = sin ϕ
L’ellisse ruota con angolo ϑ = αβ(1 − β 2 ), in cui ϑ risulta corretto fino al secondo
ordine in α. Questa può essere inoltre racchiusa da un rettangolo
r che ne indica
√
gli estremi nello spazio delle fasi: |x| ≤ A = β e |x0 | ≤ B = (1 + α2 ) (come
β
rappresentato in figura 2.2).
In questa trattazione sulla propagazione del fascio si dovrebbero ottenere risultati
23
del tutto analoghi alla trattazione che prevede l’utilizzo di sistemi di lenti sottili e
spesse(trattazione, che approfondiremo nel paragrafo 2.3.1).
Formulazione con equazioni differenziali
Tentiamo ora di ottenere la trasformazione associata alla mappa di trasporto per
uno spostamento da s0 = 0 a s. Per far ciò si riprenda l’equazione (2.17) fornendo
come ipotesi la soluzione complessa
1
Definita la media di su un periodo L (che rappresenta nel nostro caso la lunghezza
β
della singola cella FODO) come
L L
ds0
Z Z
−1 1 ds ω ν
β = = = 2π ω= (2.38)
L L 0 β(s) L L 0 β(s0 )
ˆ
in cui il primo termine rappresenta l’avanzamento di fase su un periodo mentre Φ(s)
è funzione periodica di s. Indichiamo quindi la soluzione x(s), rappresentata dalla
24
soluzione reale, e la sua derivata x0 come
p p
x(s) = c β(s) cos(Φ(s) + γ) = c β(s) cos(Φ(s)) cos(γ) − sin(Φ(s)) sin(γ)
(2.40)
c
x0 (s) = p β 0 (s) cos(Φ(s)) cos(γ) − sin(Φ(s)) sin(γ) +
(2.41)
2 β(s)
c
−p sin(Φ(s)) cos(γ) − cos(Φ(s)) sin(γ) (2.42)
β(s)
β̇
Definito = −α riotteniamo la forma W della (2.27):
2
x(s) c cos γ
= W (s)R(Φ) (2.44)
x0 (s) −c sin γ
che valutata in s = 0
x(0) c cos γ
= W (0) . (2.45)
x0 (0) −c sin γ
Infine
x(s) −1 x(0))
= W (s)R(Φ(s))W (0) 0 (2.46)
x0 (s) x (0)
Da notare che dal questa possiamo estrarre la formulazione di Floquet di (2.23),
s
infatti notando che Φ(s) = Φ̂ + ω , possiamo riscrivre la matrice fondamentale dalla
L
(2.46) come
s
M (s) =W (s)R(Φ̂(s))R ω W −1 (0) =
L
−1 s
=W (s)R(Φ̂(s))W (0)W (0)R 2πν W −1 (0) = P (s)M (L)s/L (2.47)
L
25
Alla luce dell’equazione posta qui sopra, la mappa di trasferimento tra s e s + L
applicata al vettore (x(0), x0 (0) risulta essere:
x(s + L) −1 x(0)
= W (s + L)R(Φ(s))R 2πν W (0) 0 =
x0 (s + L) x (0)
−1 −1 x(0)
=W (s)R 2πν W (s)W (s)R(Φ(s))W (0) 0 = (2.48)
x (0)
−1 x(s)
=W (s)R 2πν W (s) 0
x (s)
26
Dove si ha W (s1 ) = L1 W (0)R(ξ). Quindi otterremo che se M (sk ) è la mappa da sk
a sk + L ed Lk la mappa da sk−1 a sk si potrà esprimere M (sk ) in maniera ricorsiva
ottenendo infine l’algoritmo ricorsivo per trovare le funzioni ottiche della sezione sk :
1+α2k−1
k−1 − Lk11 Lk21 βk−1 + 2Lk21 Lk12 αk−1 − Lk12 Lk22 βk−1
α = α
k
1+α2k−1
(2.52)
β = β L2 − 2L L α + L2 α 2
k k−1 k11 k11 k11 k−1 k12 k−1 βk−1
27
R2x come:
1 0 1 0
F = 1 D = 1 (2.53)
− 1 1
f f
Se prendiamo una linea:
O1 DO2 F
L2 L1 L2
1+ L1 + L2 +
Mx = F O2 DO1 = L f f (2.54)
2 L2 L1 L2
− 2 1− −
f f f2
L2 L1 L2
1− L1 + L2 −
My = F O2 DO1 = L f f (2.55)
2 L2 L1 L2
− 2 1+ −
f f f2
L2 L2 L3 L1 L2 L2 L1 L2
1− f − f L1 + L2 − f + L3 1 + f − f2
M̄y = O3 My =
− Lf 22 1+ L2
f − L1 L2
f2
28
e applicandola al vettore dello stato iniziale nello spazio delle fasi (in cui si considera
la sorgente dei raggi puntiforme)
x0 0
0 0
x0 x0
=
y 0
0
y00 y00
otteniamo
0 M̄x11 M̄x12 0 0 x00 M̄x12
0 21 0 22
x0 M̄x M̄x22 0 0 = x0 M̄x
= (2.57)
0 0 0 11 12
M̄y M̄y y0 M̄y
0 12
y00 0 0 M̄y21 M̄y22 y00 M̄y22
L1 L2 L1 L2
L1 + L2 + f L1 + L2 − f
Lx3 = − L2 L1 L2
Ly3 = − L2 L1 L2
(2.58)
1− f − f2
1+ f − f2
Imponendo ora che le distanze focali coincidano in modo da ottenere una focalizzazione
in un punto z sia sul piano xz che su quello yz si trova la condizione:
L21 L2
= 2L1 + L2 (2.59)
f2
29
(a) (b)
traccia vale:
L1 L2 L2
T r(M¯ x ) = T r(M̄ y ) = 2 1 − = −2 1 + (2.61)
2f 2 L1
L1 L2 L2
T r(M x ) = T r(M y ) = 2 − 2
=− (2.62)
f L1
che verifica la condizione di stabilità del fascio solo se L2 < 2L1 . Entro questa
condizione quindi è possibile calcolare le funzioni ottiche o betatroniche. Queste, a
causa della periodicità della mappa principale Mx (s) di periodo L1 + L2 , torneranno
alla fine dell’ultimo elemento quadrupolare ai valori iniziali, ma nel fuoco le troveremo
con valori differenti. Quindi:
30
Figura 2.4: Propagazione trasversa di un
fascio su una linea ODOF OF ODO. Le
condizioni iniziali sono x0 = y0 = 5mm e
x00 = y00 = 10mrad. Notiamo che il fascio
nonostante venga focalizzato sia in x che
in y nello stesso punto, diverge angolar-
mente secondo la relazione x0 = x00 +nλx0 .
Si è preso un k = 100 cm−2
→ O1 → D → O2 → F → O1 → O1 → F → O2 → D
trovando una divergenza angolare un’altra volta e quindi l’instabilità lineare. Instabi-
lità di cui abbiamo già parlato nel paragrafo 2.2.2, ma che si concretizza solo quando
la posizione iniziale non coincide con l’asse ottico (come si vede in figura 2.4).
31
questa maniera otteniamo nel piano R2x le seguenti matrici:
sin α sinh α
!
cos α √ cosh α √ 1 L
F = √ k D= √ k O= .
− k sin α cos α − k sinh α cosh α 0 1
Analogamente a quanto fatto per il caso delle lenti sottili prendiamo il caso più
semplice di linea di trasporto composta da due elementi quadrupolari posti nella
seguente sequenza:
→ O1 → D → O2 → F →
e andiamo a studiarne la matrice di trasferimento solo nel piano xz, ricordando che
per yz la trattazione sarà la medesima.
! !
cos α L2 cos α + sin
√α cosh α L1 cosh α + sinh
√ α
Mx = F O2 DO1 = √ √ k √ √ k
− k sin α cos α − L2 k sin α − k sinh α cosh α − L2 k sinh α
→ O1 → D → O2 → F → O1 →
Si applichi ora il vettore dello stato iniziale del fascio alla matrice di trasporto. Come
risultato otteniamo un altro vettore che ci descrive lo stato nello spazio delle fasi.
32
(a) (b)
Imponendo che la posizione nel piano trasverso xz sia nulla si ottiene la condizione
di convergenza. Infatti
x
M12 + L1 Mx22
x 0 0
M̄ = x00 = (2.66)
x00 Mx22 x0
33
Preso invece il parametro k con valore 0.1 cm−1 si è trovato si, un valore di LQ
accettabile pari a 5.3 cm, tuttavia a energie di 30 MeV questo corrisponde a gradienti
quadrupolari ricavabili da (2.12) troppo intensi per essere realizzabili.
Notiamo che per k ∈ [0.5 ; 1.0] cm−2 , si riescono ad ottenere delle mappe di trasporto
con lenti spesse, dotate di traccia 6 2 a indicare soluzioni stabili per le quali sono
calcolabili le funzioni betatroniche.
Il discorso può essere esteso a sistemi di multipletti simmetrici come quelli della figura
2.5 (b) (O1 DO2 F O1 O1 F O2 DO1 ). Si nota infatti che questo tipo di linea comporta,
come nel caso di lente sottile, una traccia esattamente pari a due che ci riporta a
soluzioni instabili con divergenze dipendenti linearmente dal numero di passaggi sulla
linea.
Nel prossimo capitolo si illustreranno diversi tipi di linee di trasporto riprendendo,
nel caso delle celle simmetriche, i risultati presentati in questa sezione.
34
Capitolo 3
35
3.1 Sistemi di focalizzazione
E 2 = (K + mc2 )2 = p2 c2 + m2 c4 (3.1)
r 1/2
p2 (K + mc2 )2
2K K
p̂2 = = −1 =⇒ p̂ = 1+ (3.2)
m2 c2 m2 c4 mc2 2mc2
Notiamo che l’impulso normalizzato non è altro che il parametro relativistico β = v/c.
Per protoni da 30M eV la correzione relativistica non supera la soglia di rilevanza
K/2mc2 < 0.016, quindi si considererà l’impulso normalizzato classico
r s
2K 60M eV 2
p̂ = = c ∼ 0.252878 (3.3)
mc2 938.27 MceV
2
Presa la (2.8) possiamo notare che gli impulsi trasversi massimi (considerati) incidono
su quello longitudinale secondo:
q
pz = p2 − p2x − p2y ' 0.253509 , (3.5)
in cui |pmaxX | ' |p| = 0.012644 , θ0Xmax = |pmaxY | ' |p| θ0Y max = 0.012644.
Come si può vedere, l’impulso longitudinale non risulta alterato significativamente
(meno del 1%) da quelli trasversi.
Il punto di focalizzazione dei raggi per una cella FODO dipende quindi fondamental-
mente dall’energia della particella. Ciò è dovuto alla dipendenza delle (2.60) e (2.67)
eB0
dal parametro k = .
mc2 βd
Avremo quindi che, particelle con stessa energia ma distribuzione angolare differente,
verranno focalizzate nei medesimi punti, mentre particelle dotate di identici impulsi
trasversi ma con energie dissimili, verranno focalizzate in punti diversi. Per ottenere
un sistema che, oltre al trasporto, riesca anche a selezionare cariche dotate di energia
36
definita, basterà porre un secondo collimatore nel punto di focalizzazione. In questa
maniera è possibile ottenere un fascio quasi monoenergetico dotato di un piccolo
spread, condizione necessaria per l’iniezione all’interno di un linac.
In questo capitolo analizzeremo il comportamento delle traiettorie delle particelle in
sistemi simmetrici e asimmetrici di quadrupoli.
Anticipiamo che la realizzabilità di sistemi simmetrici risulta puramente teorica: ciò
è dovuto, come vedremo, alle soluzioni per le condizioni di focalizzazione in approssi-
mazione di lenti spesse e sottili che producono parametri, per le lenti magnetiche,
fisicamente non realistiche.
Cella FODO
Come primo esempio numerico considerato prendiamo la cella O1 DO2 F per la quale
si sono scelti L1 = 2 cm ed L2 = 1 cm. Risolvendo la condizione di focalizzazione
1
Circa 3 ordini di grandezza più grande di normali gradienti quadrupolari
37
per lenti spesse (2.67) per f = 3 cm e k = 0.5 cm−2 , otteniamo la lunghezza degli
elementi attivi LQ = 1.6 cm.
Riassumendo troviamo una linea di trasporto come quella rappresentata in tabella:
O 2.0 0.0
D 1.6 3957
O 1.0 0.0
F 1.6 3957
O 2.0 0.0
In figura 3.1 sono rappresentate le traiettorie nei piani trasversi delle particelle con
impulso iniziale 25 mrad.
Nelle 3.2 vengono invece rappresentate, nello spazio delle fasi, le ellissi fornite dalla
trattazione delle funzioni betatroniche del capitolo 2 ed espresse nella forma:
1 2
[x + (αx + βx0 )2 ] =
β
38
Figura 3.1: La figura mostra la traiettoria nei piani xz e yz di fasci di energia 30 MeV
all’interno di una linea ODOF simmetrica dotata di drift L1 = 3 cm ed L2 = 2 cm e di
quadrupoli con lunghezze 1.6 cm e gradienti 3957.215 T/m
Figura 3.2: Nelle figure sono rappresentate le ellissi nello spazio delle fasi nel piano trasverso
xz considerato un fascio dotato di emittanza = 1 cm mmrad.
39
Cella ODOFOFODO
O 2.0 0.0
D 4.7 791.44
O 3.0 0.0
F 4.7 791.44
O 2.0 0.0
F 4.7 791.44
O 2.0 0.0
D 4.7 791.44
O 3.0 0.0
40
Figura 3.3: In questa figura vengono graficate le traiettorie nei piani trasversi di particelle
con medesima energia K = 30 MeV. Si sono presi impulsi trasversi iniziali di valori 10 mrad
(linea rossa) , 25 mrad (linea verde) e 40 mrad (linea blu).
Figura 3.4: La figura mostra che le traiettorie nei piani trasversi delle particelle di medesimo
impulso trasverso iniziale px = py = 0.01 rad, ma energia differente non solo non vengono
focalizzate nello stesso punto, ma si può affermare che non convergano proprio. In rosso e
arancio si hanno le traiettorie per energia cinetica a 29 MeV, in blu e cyan per 31 MeV e in
verde quelle per 30 MeV.
41
3.1.2 Celle asimmetriche
Il trasporto di fasci mediante una linea non simmetrica prevede una trattazione
del tutto differente da quella espressa nel capitolo precedente, nella quale, da lenti
magnetiche dotate del medesimo potere diottrico si riuscivano ad ottenere semplici
condizioni di focalizzazione. Risulta infatti, nel caso di celle asimmetriche, difficile
rendere in forma analitica tali condizioni a causa della loro dipendenza da un
numero eccessivo di gradi di libertà. Da qui nascono quindi difficoltà nel riuscire a
trovare soluzioni che ottimizzino la linea. Ciò nonostante, le soluzioni asimmetriche
permettono di lavorare su range di grandezze realistiche: campi magnetici B ∈
[0.6, 1.5]T e lunghezze degli elementi quadrupolari LQ ∈ [4, 6]cm.
La realizzazione di algoritmi che riescano ad ottenere la focalizzazione in entrambi
i piani risulta ovviamente un problema di lunga più complesso di quello affrontato
per il caso simmetrico con lenti spesse o in approssimazione di lenti sottili. Con una
riduzione ad un massimo di 5 gradi di libertà si sarebbe potuto tentare la strada del
metodo di Montecarlo per trovare una serie di linee utili al nostro scopo.
Si sono considerate varie soluzioni ottenute da casi che prevedevano la convergenza
dei raggi in diversi punti, si è poi proceduti mediante algoritmi di bisezione a variare
al massimo 2 parametri dell’equazione nella ricerca del caso in cui i raggi sui due
piani coincidevano.
In questa maniera si è ottenuta la linea rappresentata in tabella:
O 2.0 0.0
D 6.0 80.0
O 4.1 0.0
F 4.0 120.0
O 4.0 0.0
F 5.0 121.0
O 4.1 0.0
D 5.0 135.0
O 55.0 0.0
Si può facilmente notare dalle figure 3.5 e 3.6 che i raggi tendono a divergere lungo uno
dei due piani trasversi rischiando di non riuscire più a rientrare entro le dimensioni
dei quadrupoli che normalmente possiedono raggi ∼ 1cm. Ciò potrebbe essere risolto
dall’utilizzo di particelle con impulsi trasversi molto piccoli tuttavia il numero di
42
Figura 3.5: Particelle con medesima energia vengono si focalizzate nello stesso punto,
tuttavia solo quelle con x0 = 10 mrad passano oltre il collimatore 1mm di diametro. Per
K = 30 M eV , si sono presi impulsi trasversi iniziali di valori 10 mrad (linea rossa) , 25 mrad
(linea verde) e 40 mrad (linea blu).
Figura 3.6: Traiettorie nei piani trasversi delle particelle con medesimo impulso trasverso
iniziale px = py = 10 mrad, ma energia differente. Come si può vedere a 80 cm è stato posto
un collimatore circolare di diametro 1 mm. In rosso si ha la traiettoria per 29M eV , in blu
31M eV e in verde per 30M eV .
43
(a) Traiettorie di una particella nei due piani trasversi. Con le croci di sono
evidenziati i punti in cui sono prese le ellissi.
Figura 3.7
44
Caso relativistico
O 2.0 0.0
D 6.0 80.0
O 4.3 0.0
F 6.0 80.0
O 4.0 0.0
F 6.0 95.0
O 4.3 0.0
D 6.0 117.7
O 65.0 0.0
I risultati per le traiettorie del fascio nei piani trasversi per divergenze di 25 mrad
sono visibili nella figura 3.8.
Posizione Particelle
1.5 x
y
0.5
x,y(cm)
-0.5
-1
-1.5
0 20 40 60 80 100
z(cm)
(a) Traiettorie di una particella relativistica nei due piani trasversi xz e yz per un
sistema asimmetrico che possiede un fuoco in z = 75.3 cm.
Figura 3.8
45
3.2 Selezione di protoni
Nei paragrafi precedenti si sono considerati protoni dotati di energie ben definite e
di angoli definiti. In realtà il fascio di particelle generate in regime TNSA possiede,
prima di entrare nel sistema di trasporto, una distribuzione di energia esponenziale e
una distribuzione angolare che consideriamo uniforme.
In un primo momento viene posto q un primo collimatore in prossimità del target
0 0
che seleziona le particelle con θ0 = x02 + y02 ≤ 0.05 rad. Definito N0 , il numero
di cariche che riescono a passare la prima selezione, otteniamo una distribuzione
ρ(E, θ0 ) all’interno della linea nella forma
dN
= N0 ρ(E, θ) (3.6)
dEdθ
dove
1 e−E/E0
ρE (E) = H(E; Emin , Emax ) (3.9)
E0 eEmin /E0 − eEmax /E0
e dove
1
ρθ (θ0 ) = H(θ0 ; θ0 min , θ0m ax ) (3.10)
θ0 max − θ0 min
in cui si sono definiti H(x; a, b) = 1 se x ∈ [a, b] e H(x; a, b) = 1 se x ∈ [a, b].
Se Emin E0 e Emax E0 , allora lo spettro energetico
1 −E/E0
ρE (E) = e (3.11)
E0
in cui E0 = hEi è il valor medio della distribuzione. Noto ciò si può esprimere
lo spettro di uscita dal collimatore per una linea O1 DO2 F O1 O1 F O2 DO3 posto in
z = 3L1 + 2L2 + 4LQ + L3 come
Z θ0 max
ρF (E) = dθ0 ϑ(r − Aθ)ρE (E) = g(E)ρE (E) . (3.12)
θ0 min
Si è fissato il drift O3 in modo tale che corrisponda al fuoco per Erif = 30 MeV.
L’integrale della funzione g(E) restituisce la frazione di particelle che ad una data
46
energia passano dalla fenditura:
Z Eref +∆E
∆E −Eref /E0
∆N ' N0 e g(E)dE (3.13)
E0 Eref −∆E
Nella figura 3.9 si presenta l’andamento di g(E) per una linea di trasporto asimmetrica
in regime non relativistico come quella considerata nella sezione precedente, in cui
il collimatore finale, di raggio 0.5 mm, è stato posto nel punto di focalizzazione di
particelle a 30 MeV ( 88.5 cm). Si sono presi in considerazione distribuzioni angolari
uniformi in un range [θ0min ; θmax = 0.05 mrad ] ed energetiche esponenziali nel range
[1; 60] MeV.
Il rumore che appare nella 3.7 è causato dalle particelle con angoli prossimi a θ0 = 0,
e che quindi riescono a superare la selezione indipendentemente dalla loro energia.
Per cercare di eliminare questo effetto si potrebbero fermare le particelle mediante
l’utilizzo di filtri estremamente sottili (inferiori al micron) ma di difficile realizzazione.
Le simulazioni mostrano che il 66.93 % dei protoni di energia compresa tra 29 e
31 MeV superano la selezione; se ci si discosta di una quantità ∆E = 2 MeV la
percentuale di protoni fruibili cala al di sotto del 19 %. La linea permette quindi
di ottenere fascio dotato di uno spread in energia inferiore al 4 % nel caso in cui la
θmin = 0.001 rad; sarà dotato invece di uno spread del 15 % con θmin = 0.0 rad2 .
rP
2 (Ei − Ē 2 )
Entrambi i risultati sono stati ottenuti dal calcolo della varianza ∆E = per la
N −1
distribuzione con picco attorno al valore hEi = 30 MeV
47
Figura 3.9: Distribuzione con θmin = 0 rad
48
Conclusioni
49
Infine si è studiata la trattazione di Courant-Snyder per le funzioni betatroniche
ottenute sia dalle equazioni differenziali periodiche lungo la linea.
I risultati ottenuti dalla trattazione numerica per protoni a 30 MeV confermano la
teoria e illustrano alcuni esempi di linee di trasporto che, potenzialmente, potrebbero
essere utilizzate per trasmettere i protoni accelerati da interazione laser-plasma a
strutture di post-accelerazione. Posto infatti un primo collimatore vicino alla sorgente
a selezionare protoni con divergenza iniziale θ0 6 50 mrad, e collocatone un secondo
nel fuoco per le particelle di Eref = 30 MeV a selezionare ulteriormente il fascio, si è
ottenuto un sistema, composto da due coppie di quadrupoli Focusing e Defocusing,
in grado di ottenere un fascio in uscita quasi monoenergetico (con spread inferiore al
4 % con possibilità di selezionarlo ulteriormente).
Il sistema proposto più essere ulteriormente ottimizzato. La combinazione con un
solenoide iniziale che ha un’apertura maggiore potrebbe migliorare ulteriormente le
prestazioni della linea di trasporto.
50
Appendice A
Formulazione hamiltoniana
definito sulle traiettorie isoenergetiche, questo risulta essere stazionario sulla traiet-
R
toria fisica. Il termine nds appare anche nel principio di Fermat per le traiettorie
dei raggi luminosi se si interpreta n come l’indice di rifrazione. In effetti se si tratta
con forze conservative le traiettorie delle particelle sono le stesse di quelle percorse
da raggi in un mezzo con indice di rifrazione n.
V̄
Definiamo V = .
2E
Preso come riferimento cartesiano quello per cui dz è parallelo alla linea ideale di
propagazione, si riesce ad esprimere l’arco di lunghezza ds come:
p p
ds = dx2 + dy 2 + dz 2 = 1 + x02 + y 02 dz ,
quindi Z Z z2 p
W = n ds = n 1 + x02 + y 02 dz (A.1)
z1
51
p
La Lagrangiana L = n 1 + x02 + y 02 soddisfa le equazioni di Eulero Lagrange. I
momenti coniugati alle variabili x e y saranno ottenibili dalle equazioni di Lagrange:
∂L n x0
px = =
∂x0
p
1 + x02 + y 02
∂L n y0
py = 0 = p
∂y 1 + x02 + y 02
Approssimazione parassiale
Se il potenziale V è invariante per traslazione lungo l’asse longitudinale (z)
e E >> |V | ≥ 0 otteniamo che la traiettoria si muove vicino alla traiettoria di
riferimento. Questa approssimazione detta parassiale prevede che
p
n= 1 − V /E ' 1 − V /(2E)
p x ' x0 py ' y 0
p2x + p2y V
H= +
2 2E
52
Bibliografia
[1] Gerard A. Mourou, Toshiki Tajima, Sergei V. Bulanov. Optics in the relativistic
regime, Reviews of modern physics, volume 78, Aprile-Giugno 2006.
[9] Martin Reiser. Theory and Design of Charged Particle Beams, Wiley-VCH,.
[10] Giorgio Turchetti. Geometrical aspects in beam dynamics and rays propagation,In
Mechanics and geometry, QuattroVenti, 2002.
53