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Candidato: Relatore:
Francesco Rizzo Prof. Marco Carapezza
Matricola 0631408
Introduzione iv
Conclusione 41
Bibliografia 43
iii
INTRODUZIONE
1 Intesa come un sistema di comunicazione parlato o segnato proprio di una comunità umana.
2 Inteso come il complesso di suoni, gesti e movimenti attraverso il quale si attiva un processo
di comunicazione. La facoltà di rappresentare mentalmente un significato è presente in molte
specie di animali, tra le quali l’essere umano.
iv
Filosofiche, (Philosophical Investigations nella traduzione inglese) del “padre
spirituale” Ludwig Wittgenstein. Mostrerò come in questo testo Kauffman
si opponga a quelle forme di pensiero che vogliono spiegare il fenomeno
della vita in termini riduzionistici ed atomistici; quelle forme di pensiero
che riconoscono alla vita esclusivamente una semantica da decodificare. Un
pensatore, Kauffman, che è in grado di mostrare semplicemente come il
tutto sia maggiore delle parti. Un autore che mostra come, davanti ai for-
malismi irriducibili, si nasconda una tensione tra cosa significhi e cosa sia
a un tempo conoscere e costruire il nostro mondo. Mi propongo, quindi,
di spulciare (tenendo conto del breve spazio a disposizione) le dinamiche
generali delle sue ricerche, per dedicarmi all’analisi delle strutture dissipati-
ve, (gli agenti autonomi), sistemi autorganizzati che si conservano attraverso
la dissipazione dell’energia e fluttuazioni che si verificano sempre vicino al
bordo dello stato di non equilibrio o, come efficacemente viene definito da
Kauffman, il Bordo del caos. Nel primo capitolo saranno brevemente trattati
i seguenti argomenti.
• Come Kauffman intenda tale ordine interno dei vari agenti, e come esso
possa emergere anche senza l’esclusivo contributo della “selezione na-
turale” in senso stretto, e come infine lo stesso autore riesca ad arrivare
a questo concetto di ordine, attraverso i suoi ordinatori/agenti.
• Le radici della definizione del vivente cercando di dar vita ad una er-
meneutica dell’evoluzione che spieghi la logica costruttivista del viven-
te, una logica espressa dalla selezione naturale, dall’auto-organizzazione
e da altri principi che restano tutt’ora incomprensibili.
v
• Come la scienza storica sia fondamentale (per l’uomo), affinché sia tan-
gibile l’auto-riconoscimento di un ordine statico, senza il quale (per l’uo-
mo) sarebbe impossibile la comprensione dell’evoluzione delle forme
viventi, nella loro meravigliosa biodiversità.
Il Secondo capitolo sarà invece dedicato alla “lettura”, oserei dire “na-
turale”, che Kauffman dà su Wittgenstein. Come nelle Ricerche Filosofiche
viene infranta la tradizione dell’atomismo logico, così egli vuole tracciare le
linee di una filosofia/scienza della vita, con l’obiettivo di oltrepassare for-
me di pensiero che vogliono spiegare il fenomeno della stessa in termini
riduzionistici ed atomistici. Cercherò di mostrare come Kauffman intenda
l’intera impresa svolta da Wittgenstein nella sua fase matura con la rivo-
luzionaria impresa delle Ricerche Filosofiche. Una rivoluzione che molto ha
contribuito a distruggere, come dice lo studioso americano, il concetto di
livello privilegiato di descrizione, spianando la strada alla comprensione di
come i concetti, a qualunque livello essi si trovino, siano formati di norma
sulla base di circoli codefinizionali. Capire in che senso, per Kauffman, Witt-
genstein ha inventato il concetto di gioco linguistico, un cluster codefinito di
concetti capace di scolpire costantemente il mondo in modo nuovo. Analiz-
zerò inoltre i molti punti di contatto tra il lavoro degli Agenti Autonomi, il
gioco naturale e l’attività linguistica dei parlanti nei Giochi linguistici, sulla scia
di Emiliano La licata. Mostrare dunque come Agenti Autonomi e Giochi
linguistici, realtà e linguaggio, sono congiunti in una forma di costruttivi-
smo radicale e creativo proprio del nostro modo di vivere; vedere come essi
si configurino,allora, come officine sperimentali dove hanno vita fenomeni
costruttivi che, talvolta, diventano innovativi, perché presentano novità che
non erano previste e che non sono teoricamente prevedibili.
vi
1 K A U F F M A N , L’ U N I T À B A S E D I
UNA BIOLOGIA GENERALE
1
1.1 stuart kauffman 2
quasi onnicomprensivo della realtà della vita sulla Terra dalla sua origine.
Iniziando dall’autorganizzazione degli elementi chimici fino a formare le
prime macromolecole capaci di replicarsi, per arrivare fino all’evoluzione
accoppiata di diversi ecosistemi interconnessi tra loro. Tale interpretazione
si propone come un’aggiunta alla teoria darwiniana, come uno sfondo in cui
l’evoluzione per selezione naturale può avvenire; attirando cosi l’attenzione
degli scienziati e quella dei filosofi della scienza.
uccelli, evolute dai dinosauri presumibilmente per scopi di isolamento termico e poi rivelatesi
utilissime per il volo, oppure il primitivo polmone che si è evoluto dalla vescica natatoria
dei pesci. Nella specie umana, le pieghe laringee, comparse per impedire che, in occasione
del vomito il rigurgito del cibo entrasse nei polmoni, sono state successivamente cooptate
per produrre suoni e si sono trasformate nelle corde vocali, pur mantenendo la loro funzione
originaria.
7 In base al metodo di classificazione cladistica animali e piante vengono disposti in gruppi
tassonomici monofiletici - i cladi - comprendenti ciascuno un antenato comune e tutti i suoi
discendenti. Le relazioni evolutive sono stabilite a partire dai caratteri condivisi, le omologie,
presumendo che esse stiano ad indicare un antenato comune. Le strutture omologhe sono
quelle che, in diversi organismi, hanno un’origine comune, anche se non necessariamente la
stessa funzione.
8 Mirko di Bernardo, I sentieri evolutivi della complessità biologica di S.A.Kauffman, 2011 Mimesis
Edizioni, Milano-Udine, 2011
9 At Home in the Universe (1996), The Origins of Order (1993).
10 In “The Origin of Order” aveva ipotizzato che le cellule dell’embrione fossero strutturate come
una rete coesiva. Il sistema evolvendosi si autorganizza e produce una serie di configurazioni
ordinate. La tesi di kauffman è che questo ordine prodotto per “autocatalisi” è gratuito, cioè
spontaneo –order for free- inscritto nella struttura del sistema e nelle sue proprietà innate
autorganizzatrici. Una sorta di creatività interna al sistema.
11 Claudia Rosciglione, “Living and not-living matter: Complexity and Selforganisation in Kauffman”,
1.3 agenti autonomi 5
Gli agenti autonomi compiono cicli di lavoro con lo scopo sia di mante-
nersi in vita, sia di prosperare traendo vantaggio dall’ambiente. In questo
processo abbiamo una fase di esposizione all’energia esterna ed una di chiu-
sura che metabolizza l’acquisizione di tale energia: durante queste due fasi
il sistema produce lavoro. Il batterio che nuota controcorrente alla ricerca
di glucosio è la forma di vita che, per Kauffman, esemplifica in maniera
minimale il concetto in questione. Come conseguenza di questo modo di
vedere le cose, l’agente autonomo compie lavoro in un ambiente allontanan-
dosi dall’equilibrio termodinamico che, come si sa, è sinonimo di inattività,
di morte termica e di cristallizzazione improduttiva: non si produce lavoro
in uno stato di equilibrio, ma discostandosi da esso. Soltanto lontani dall’e-
quilibrio termodinamico è possibile infatti estrarre lavoro. Cosa deve essere
qualcosa per essere se stesso (nella vita) e quindi agire? Un Agente autono-
mo? Che cos’è un (Agente15 Autonomo16 )17 ? Cosa deve essere qualcosa per
definirsi un agente autonomo? Ha senso parlare dell’autonomia di qualco-
sa previa di un’analisi circa la libertà-possibilità di scelta? Forse è meglio
evitare una considerazione di questo tipo; la fatica del pensare ci porta alla
necessità dell’immagine della cosa per poterne parlare. Cosa, dunque, deve
essere qualcosa per essere e continuare ad essere sé stesso? Per Kauffman, o
più in generale nella prassi scientifica, le strutture auto-organizzate produ-
cono ordine ciclicamente nel generare parti di sé per auto-prodursi; proces-
so contestuale che organizza e riorganizza se stesso a spese dell’ambiente,
aggiustando e ri-aggiustando se stesso. I sistemi auto-organizzativi creano
una organizzazione in relazione all’ambiente secondo formazioni ecologi-
che, configurandosi così come sistemi che producono da sé la loro forma
di vita in relazione all’ambiente. Il punto chiave è che tale nicchia non si
configura come un habitat pronto ad essere occupato da un sistema vivente,
piuttosto è esso stesso in co-costruzione nella continua realizzazione di sé.
Quindi cosa deve essere qualcosa per poter mantenere e riprodurre la pro-
pria forma ordinata? Cosa deve essere qualcosa per riprodurre la propria
forma ordinata in un ambiente?
In buona sostanza il lavoro del mulino genera e libera altri vincoli ener-
getici utili a produrre organizzazione propagante vitale come macinare il
grano o estrarre l’acqua da un pozzo, lavoro che favorisce il “fitness” degli
uomini, in una spirale creativa che si espande continuamente. Ogni vivente
per soddisfare le condizioni e i processi sopra elencati è costituito da cellule
o esso stesso è osservabile come tale (in quanto cellula).
Non è errato associare la natura cellulare a quella di essere vivente: dai
virus, pro-virus e prioni , al mondo vegetale, animale fino ai suoi cardini “di
complessità”. La natura cellulare è la pietra angolare dell’universo vivente,
ai cardini della vita come la conosciamo oggi, sebbene esistano tantissime
strutture al di sopra e al di sotto del livello cellulare. La cellula è descrivibile
come un sacchetto di materia organica, chiaramente isolata dal resto del
mondo e pur tuttavia in rapporto con questo.
19 Un insieme autocatalitico è un insieme di entità, ciascuna delle quali può essere formata in mo-
do catalitico da altre entità all’interno dell’insieme, in modo che nel complesso l’insieme sia in
grado di catalizzare la sua propria produzione. In questo modo l’insieme è detto autocatalitico.
L’autocatalisi è un processo catalitico in cui il catalizzatore è rappresentato da uno degli stessi
prodotti o intermedi di reazione in grado di agire sullo stadio lento della reazione chimica.
20 In fisica, si definisce ciclo termodinamico una successione finita di trasformazioni termodina-
miche (ad esempio isoterme, isocore, isobare o adiabatiche) al termine delle quali il sistema
torna al suo stato iniziale.
21 Emiliano La Licata, Giocare sull’orlo del caos, Milano, Mimesis, 2012, p.88
22 Ibid., p.108
1.5 l’unità base di una biologia generale 11
le forme di vita presenti sul nostro pianeta, non ci resta spesso altro da
fare che constatare e prendere atto. Milioni di anni di evoluzione hanno
imposto e tramandato certe scelte biologiche piuttosto che altre. Di mol-
te di queste non comprendiamo il significato e di quasi tutte non siamo
in grado di concludere se le cose sarebbero potute andare in maniere
diversa, oppure si trattava di scelte obbligate. Scelte e soluzioni che non
siano in contrasto con le leggi fisiche e chimiche che governano l’intero
universo (. . . ) non esistono principi generali che si applicano esclusiva-
mente al vivente (. . . ) la vita ha esplorato nella sua storia un’infinità
di soluzioni e ne ha adottate solo alcune, che poi sono quelle che oggi
siamo in grado di osservare. Se un giorno si arriverà ad osservare altre
forme di vita, originatesi in altre parti dell’universo, potremmo allora
porci la domanda di che cosa poteva anche essere diversamente e cosa
no.23
Non che ogni cosa sia nascosta e che la scienza debba scovare gli enigmi
portando alla luce fatti ignoti, anche se spesso capita che la scienza pro-
ceda in modo da scoprire fatti nuovi. Piuttosto, può darsi che il mondo
sia brutalmente davanti ai nostri occhi, ma che, di esso, ci manchino le
domande che ci consentirebbero di vedere. (. . . ) Brutalmente davanti a
noi: la chiusura di attività catalitiche e delle attività di lavoro in un agen-
te autonomo, mediante cui esso costruisce una seconda copia grezza di
se stesso da piccoli mattoni, collegando con abilita processi esoergoni-
ci e processi endoergonici. Una cellula, o una colonia di cellule, sta
propagando questa organizzazione di processo25
24 Autopoiesi dei sistemi viventi risiede nella loro capacita costruttiva e creativa di mantenere
la propria organizzazione durante i continui scambi con l’ambiente. Autopoiesi come base
dell’evoluzione non strettamente “umana”: la costruzione di una nicchia che conserva l’orga-
nismo e che gli permette di esprimersi e di prosperare. In questo senso, l’evoluzione sarebbe
il processo di adattamento che si viene a creare tra organismo e ambiente: L’evoluzione non è
sopravvivenza del più adatto, ma sviluppo, crescita e conservazione degli adatti.
25 Stuart Kauffman, Esplorazioni Evolutive, (Investigations), Einaudi, Torino, 2005 p.107
1.6 l’organizzazione propagante 13
Come possiamo realmente farci un’idea di cosa sia questo lavoro propa-
gante? Con un po’ di fantasia28
La cellula esegue pertanto lavoro sia per costruire vincoli che per modi-
ficarli, elevando o abbassando le barriere di potenziale affinché venga
liberata energia chimica. Inoltre, l’energia liberata può, cosa che spes-
so si verifica, propagarsi per effettuare lavoro che costituisce altri vin-
coli. Allora il prodotto potrà a sua volta diffondersi verso un canale
–transmembrana- e qui legarsi, cedendo parte dell’energia immagazzi-
nata nella sua struttura mediante una rotazione interna a uno stato di
energia inferiore, e perciò sia legarsi al canale sia addizionare energia
a quest’ultimo per aprirlo, in modo tale che gli ioni di calcio entrino
nella cellula. Sono cosi accoppiati un processo spontaneo e uno non
spontaneo. Il lavoro si propaga nelle cellule e spesso lo fa attraverso
la costruzione di vincoli sulla liberazione di energia, che una volta rila-
sciata costituisce lavoro che si propaga per costruire altri vincoli sulla
liberazione di energia, che liberata a sua volta, costruirà lavoro destinato
a propagarsi oltre.29
30 Ibid., p. 139
31 Hegel, Fenomenologia dello spirito, Edizioni di storia e letteratura, Roma, 2015, p. 135
1.6 l’organizzazione propagante 16
Tutte le forme che conosciamo, e che sono tali secondo un piano, sono
sempre prodotti da altre forme anch’esse costruite in base a un piano.
Queste forme non sono qui presenti, e noi diventiamo testimoni del
commovente spettacolo in cui un piano naturale emerge come creatore
di forme.32
prodotta dal petrolio, ed a quale sforzo tecnico gli agenti umani sono dovu-
ti andare incontro per costruire vincoli capaci di estrarre lavoro da quelle
fonti di energia. Questi due esempi proposti da Emiliano La Licata in Gio-
care sull’orlo del caos ci fanno riflettere su due grandi spartiacque che hanno
ridefinito le forme di vita umane.
33 Emiliano La Licata, Giocare sull’orlo del caos, Mimesis, Milano, 2012, p.92
1.7 storia, vincoli, lavoro e creatività. 18
34 Ibid., p.93
35 Ibid., p.93
1.7 storia, vincoli, lavoro e creatività. 19
incapacità, dataci dall’essere appunto in-vita e non “la vita”, non ci permet-
te di predefinire lo spazio delle configurazioni di una biosfera. La scienza,
in questo caso, pur restando un luogo di leggi naturali, è un centro di ri-
cerca di racconti e contingenze storiche. La domanda circa la prevedibilità
del processo storico ottiene con Kauffman una risposta diversa rispetto alle
precedenti. L’exaptation potrebbe benissimo rappresentare un aumento del-
la complessità nel sistema, ma l’aumento non sarebbe derivabile dagli stati
precedenti. Come afferma Telmo Pievani nella su appendice alle Esplorazioni
Evolutive:
Un algoritmo di questo tipo altro non sarebbe che una descrizione lunga
quanto il sistema, null’altro che la storia di quel sistema e dei suoi “exap-
tation” effettivamente realizzati. Gli agenti autonomi devono essere quindi
descritti necessariamente da una scienza storica in grado di rappresentare
i modi exattivi della propagazione della biosfera. La scienza della com-
plessità, quindi, non incontra, ma re-incontra la storia, non soltanto come
contenuti teorici, ma anche come approccio scientifico. Il motore, in un cer-
to senso, che mantiene la vita ai margini del caos potrebbe essere proprio
il meccanismo exattivo, il quale però, proprio nel momento in cui ne garan-
tisce l’evolvibilità39 , ne pregiudica la possibilità di circoscrivere completa-
mente lo spazio delle configurazioni potenziali. Faccio un esempio molto
banale. Dopo aver finito la revisione di un vocabolario prendiamo atto che
un nuovo modo di dire entra prepotentemente in circolo; a me vengono in
mente parole come selfie, screenshot, che uso nei contesti più svariati: “Hey
Enzo fammi uno screenshot degli ultimi quindici minuti di partita”; Screen-
shot (in italiano fermo-immagine) in informatica è un processo che consente
di salvare sotto forma di immagini ciò che viene visualizzato sullo schermo
di un computer e fissato come immagine indipendente. L’immagine gene-
rata da tale processo, diventa, viene ad essere “exattata” come sinonimo di
riassunto-sintesi. A questo punto non ci resta che cercare di capire come tale
forma sia entrata in circolo e come del resto effettivamente può essere usata
nei nostri giochi linguistici. Non potevamo prevedere l’evoluzione del suo
uso, se non dopo averlo acquisito. Credo non sia molto diverso, da un pun-
to di vista metodologico, nei confronti di ciò che accade quando portiamo la
riflessione allo studio della biosfera, e degli agenti autonomi. Infatti come
spiega Telmo Pievani a pagina 196 di Introduzione alla filosofia della Biologia,
all’interno di tali processi storici contingenti, gli agenti autonomi vengono
assorbiti da un ordine statico riconoscibile; non esisterebbe soltanto l’evo-
luzione delle forme viventi, ma anche un’evoluzione di secondo livello, la
stessa evolvibilità di cui parla Gould, una sorta di evoluzione delle condizio-
ni di evoluzione. Ciò sta a significare che uno strutturalismo dissidente non
porterebbe a nulla, considerando che le leggi di autoriproduzione di ordi-
ne, sono certamente astoriche, ma emergono dentro sistemi complessi non
riducibili a leggi imposte in qualche modo dall’esterno. La storia non può
intaccare la prevedibilità degli schemi “ordini statici” dei vari agenti, che di
deriva in deriva a lungo andare fanno emergere nuove regolarità; tuttavia
non è possibile per motivi spiegati pocanzi, prevedere lo spazio delle possi-
bili configurazioni. Non sarebbe dominabile, proprio perché, noi possiamo
descrivere solamente le strutture escluse che sono già state verificate, ma
non quale fenomeno di exaptation non si verificherà. Storia come attrito di
contingenza al reale, dono che dona intellegibilità e certezza.
2 KAUFFMAN LEGGE
WITTGENSTEIN
2.1 kauffmenstein 40
Stuart Kauffman, come credo sia emerso dal precedente capitolo, è uno
scienziato della complessità che ama citare Wittgenstein. Come nelle Ricer-
che Filosofiche viene infranta la tradizione dell’atomismo logico, così egli
vuole tracciare le linee di una filosofia/scienza della vita con l’obiettivo di ol-
trepassare forme di pensiero che vogliono spiegare il fenomeno della stessa
in termini riduzionistici ed atomistici. Così se da una parte lo sfondo teorico
resta quello della critica al riduzionismo metodologico, incapace di dar con-
to dei comportamenti collettivi, dall’altro il nucleo della nuova proposta di
Kauffman si sviluppa col tentativo di immergere le leggi della complessità
(valide per i processi di auto-organizzazione di ogni biosfera), nella tensione
imprevedibile della storia, e nell’ineliminabile e incomprimibile irreversibi-
lità della storia della biosfera. Kauffman crede che qualcosa di profondo
sia in corso nell’universo, qualcosa che non può essere prestabilito in modo
finito. In questo passo mostra un forte legame spirituale con Wittgenstein.
22
2.1 kauffmenstein 23
42 Mirko di Bernardo, I sentieri evolutivi della complessità biologica di S.A.Kauffman, 2011 Mimesis
Edizioni, Milano-Udine, 2011, p.268
43 Ludwig Wittgenstein, Ricerche Filosofiche, Einaudi, Torino, 2015, p.26
2.1 kauffmenstein 24
le capacità non sono programmi fissi, bensì abilità, vale a dire che
implicano un’imprevedibilità totale poiché sono intrinsecamente legate
all’interazione con l’ambiente e con gli altri44
Ecco come Kauffman delinea il concetto di Gioco linguistico, nella sua lettu-
ra di Wittgenstein.
Naturalmente con ciò non gli abbiamo attribuito nessuna proprietà straor-
dinaria, ma abbiamo soltanto caratterizzato la sua funzione particolare
nel gioco del misurare con il metro47
Nella fattispecie in questo gioco esso è l’unita di misura, non l’oggetto mi-
surato. L’idea di semplice quindi presuppone un idea di composto, dove
entrambe le definizioni dipendono dall’uso che ne vogliamo fare in un de-
terminato gioco linguistico. Anche nel caso in cui avessimo una lista di
nomi cui corrispondo elementi atomici non ulteriormente definibili, questa
lista non potremmo utilizzarla.
Col denominare una cosa non si è fatto ancora nulla (. . . ) Questo tra l’al-
tro, Frege intendeva dicendo: soltanto nel contesto della proposizione
una parola ha significato48
caso del metro campione conservato a Parigi, siamo posti davanti un ogget-
to artificiale che è entrato a far parte della nostra forma di vita. Dandogli
un nome abbiamo costruito un oggetto con il quale, ad esempio, possiamo
condurre i nostri giochi del misurare. Tale processo secondo Wittgenstein è
costruttivo-creativo, perché un oggetto semantico artificiale conduce i nostri
giochi linguistici che hanno a che fare con la prassi umana della misura-
zione. Wittgenstein si concentra su una idea di gioco che nel suo svolgersi
prevede sviluppi creativi.
49 Emiliano La Licata, Osservazioni sull’emergentismo semantico, Atti del convegno CODISCO, 2011,
p.381
2.3 emergentismo e riorganizzazione semantica 28
nei giochi linguistici è, come ben spiega La Licata, certamente fissato da una
tradizione precedente. Nei giochi linguistici - contenitori dinamici e creativi
- il significato viene lavorato, riorganizzato, alterato, cambiato, rinegoziato
in una maniera del tutto imprevedibile. L’emergentismo semantico è così
un lavoro creativo ed imprevedibile.
52 Emiliano La Licata, Osservazioni sull’emergentismo semantico, Atti del convegno CODISCO, 2011,
p.381
53 Emiliano La Licata, Giocare sull’orlo del caos, Mimesis, Milano, 2012, p.147
54 L.Wittgenstein, Della certezza, Einaudi, Torino, 1999, cit., p. n. 205
2.5 dare i nomi alle cose per capire i nomi delle cose. 30
autonomo, che emerge sullo sfondo del disordine con una regolarità dei
comportamenti (corredo di ordini semantici e simbolici), non è fondato da
nessuna razionalità profonda, ma dalla mera sperimentazione degli uomini
che provano a vivere secondo una forma di vita; un ordine simbolico.
Vero e falso è ciò che gli uomini dicono; e nel linguaggio gli concordano.
E questa non è una concordanza delle opinioni, ma della forma di vita55
Non si possono costruire teorie fondanti, poiché, non c’è alcuna ragio-
ne profonda che possa giustificare l’esistenza di un gioco linguistico. Le
regole del gioco non sono giustificate da una regola profonda, ma dall’or-
dine simbolico costruito sul disordine semantico. L’infondatezza del gio-
co linguistico è la sua stessa predisposizione a questa apertura verso la
sperimentazione ed al dinamismo. Infatti lo sfondo semantico conosciuto
(giochi linguisti abitualmente giocati), le regole che distinguono il sensato
dall’insensato, corretto-scorretto e così via, sono le forme semantiche che
costituiscono l’ordine simbolico di una forma di vita.
La creatività dei parlanti sta proprio nell’alterare ciò che viene traman-
dato dall’ordine simbolico e trasformarlo in innovativo. Infatti le forme se-
mantiche valide nel presente devono essere sempre considerate come forme
semantiche entropiche, perché tali forme, se non vengono usate, perdono
via via il loro valore, fino a diventare materiale ad alta entropia inutilizzabi-
le o quasi; tali forme, per vivere, devono essere utilizzate dai parlanti. Come
fa notare La Licata, questa attività lavorativa/creativa non si deve immagi-
nare solo su un piano speculativo: per Wittgenstein l’attività semantica è
inscindibile dalla forma di vita nella quale gli attori parlanti sono inseriti.
Un certo uso di forme semantiche all’interno del gioco linguistico coincide
con un certo stile di vita all’interno di una nicchia di esistenza. Il livello
semantico è incarnato nel modo di esistenza proprio della forma di vita.
Il parallelismo appare adesso più evidente. Gli agenti autonomi nel lo-
ro ruotare attorno ai cicli termodinamici producono lavoro che si propaga,
manipolano la realtà a loro vantaggio, costruiscono vincoli per utilizzare
l’energia, assicurandosi la riproduzione; misurano, cercano nuove fonti di
energia, costruiscono vincoli per incanalarla e per renderla utile alla propa-
gazione di altro lavoro. Essi producono ordine utilizzando fonti di energia a
bassa entropia (materia grezza), trasformandola in lavoro che genera altro la-
voro ed organizzazione, che poi si dissipa irreversibilmente trasformandosi
in materiale ad alta entropia, dopo essere stata usata nel lavoro svolto.
Nel pensiero del filosofo Austriaco ogni gioco linguistico, ogni singolo
enunciato, ogni atto semantico è un atto creativo proprio per il fatto di
creare forme, mettere insieme parti e produrre qualcosa di “nuovo” che si
propaga all’interno del gioco.
Il gioco è pieno di gesti semantici creativi che si connettono gli uni agli
altri, creando così, un ricamo semantico, una struttura semantica che si
sviluppa il quel cluster codefinitorio e manipolativo dell’ambiente che
prende il nome si Sprachspiel57
è la leva di un freno; isolata dal suo sostegno non è neppure leva; può
essere qualsiasi cosa possibile e anche nulla58
Allora che cosa significa dire che agli elementi non si può attribuire né
l’essere né il non essere? –Si potrebbe dire: Se tutto quello che chia-
miamo essere e non essere consiste nel sussistere e nel non sussistere di
connessioni tra gli elementi, non ha alcun senso parlare dell’essere ( o
del non essere) di un elemento; così come non ha senso parlare di un
elemento; così come non ha senso parlare di distruzione di un elemento
se tutto ciò che chiamiamo distruggere consiste nella separazione degli
elementi.(. . . ) Di una cosa non si può affermare e nemmeno negare che
sia lunga un metro: (. . . ) Definiamo perciò “seppia” vuol dire il colore
del campione si seppia depositato a Parigi. Allora non avrà alcun sen-
so dire, di questo campione che ha questo colore o non ce l’ha. (. . . )
questo campione è uno strumento del linguaggio col quale facciamo as-
serzioni relative ai colori. (. . . )In questo gioco non è il rappresentato,
ma il mezzo di rappresentazione. (. . . ) E il dire “Se non lo fosse non
potrebbe avere un nome” significa tanto, e tanto poco, quanto il dire: se
questa cosa non esistesse non potremmo usarla nel nostro giuoco. Ciò
che, a quanto pare, deve esserci, fa parte del linguaggio. E’ un paradig-
ma del nostro giuoco; qualcosa con cui si fanno confronti. E constatare
ciò può voler dire fare una constatazione importante; ma tuttavia è una
constatazione che riguarda il nostro gioco linguistico: il nostro modo di
rappresentazione (Darstellung).60
Non lasciarti confondere dal fatto che i linguaggi (2) e (8) consistono
esclusivamente di ordini. Se vuoi dire che per questo, non sono comple-
ti, chiediti se sia completo il nostro linguaggio; - se lo fosse prima che
venissero incorporati in esso il simbolismo della chimica e la notazione
del calcolo infinitesimale; questi infatti sono, per così dire, i sobborghi
del nostro linguaggio. ( E quante case o strade ci vogliono perché una
citta cominci ad essere città?) Il nostro linguaggio può essere conside-
rato come un vecchia città: Un dedalo di stradine e di piazze, di case
vecchie e nuove, e di case con parti aggiunte in tempi diversi; e il tutto
circondato da una rete di nuovi sobborghi con strade diritte e regolari,
e case uniformi.61
Non si tratta, infatti, di una seconda natura che si organizza sulla pri-
ma, ma della natura propria dell’uomo, che ha bisogno di tempo ed
addestramento e socialità per darsi compiutamente64
egli sembri parlare solo di parole, in realtà, concentrandosi sui vari usi che se
ne fanno all’interno della nostra forma di vita (la quale a sua volta è tale solo
all’interno di un mondo), il suo discorso è teso ad evidenziare l’intrinseco
carattere della naturalità linguistica umana, e quindi del suo primordiale
contatto con ciò che è realmente mondo. Del resto noi impariamo ad usare
le parole perché apparteniamo ad un cultura, una forma di vita, un modo
pratico per fare le cose. Alla fine parliamo come parliamo a causa di ciò
che facciamo. La cultura non è un espediente in qualche modo a-naturale
per l’uomo, ma ciò che massimamente lo caratterizza e lo pone come tale,
ciò che massimamente esprime e caratterizza la sua propria forma di vita;
il suo essere vita nella vita. Come del resto viene proposto da Emiliano La
Licata nel suo articolo:
66 La Licata Emiliano, “La mente che si propaga, Kauffman legge Wittgenstein”, “Reti, Saperi,
Linguaggi”, 2012
2.7 un gioco naturalmente linguistico 40
Spero sia abbastanza chiaro in che modo gli Agenti Autonomi e i Giochi
linguistici si configurino come officine sperimentali dove hanno vita fenome-
ni costruttivi, ma soprattutto come vadano adesso interpretate le parole di
Kauffmenstein nel dire che conoscere significhi vivere un gioco linguistico. Vita
e giochi linguistici sembrano persistentemente aperti a innovazioni radicali
che non possiamo dedurre da categorie e concetti precedenti. In questa tesi
si è cercato di mostrare come la realtà sociale entro cui ci troviamo eviden-
zia, in parte, il nostro ruolo di costruttori e distruttori del senso, delle cose e
del mondo, al tempo stesso autori e spettatori delle rappresentazioni sociali.
Spero sia emerso come, meravigliosamente, i diversi livelli ontologici dei va-
ri agenti autonomi e quelli, per così dire, culturalmente connotati dell’uomo
(i vari giochi linguistici), in fondo, condividano la stessa natura poiché essi
stessi sono natura. E’ infatti la vita nella sua totalità che ha sviluppato la
nostra ’specie’ ed i relativi ambiti in cui pensieri parole e cose, anche molto
diversi tra loro, si inseriscono e si ascoltano reciprocamente.
E’ grazie al continuo lavoro di tali Agenti impegnati nei loro “giochi” che
si arricchisce la nostra conoscenza del fenomeno vita. L’ordine spontaneo
della forma di vita che emerge dal disordine con una regolarità nei comporta-
menti viene in qualche modo a coincidere con l’ordine spontaneo, (un “ordine
gratuito” direbbe Kauffman) del Gioco linguistico, un ordine semantico fon-
dato dall’interazione degli uomini che provano a vivere secondo un ordine
simbolico, esattamente come gli agenti autonomi provano a vivere secondo
il loro panorama di fitness o ambiente. L’uomo, in tal senso, può essere con-
siderato come l’esito di un processo creativo naturale, non distinto in modo
assoluto dal resto del regno animale, anzi, parte integrante di un percorso
di complessificazione che accomuna tutte le forme naturali.
La biosfera sta compiendo qualcosa di letteralmente incalcolabile, qualco-
sa di non-algoritmico, qualcosa che trascende la nostra capacità di previsio-
ne; ogni atto linguistico, ogni enunciato, ogni atto denominativo, ogni atto
semantico è un atto creativo perché crea forme, mette insieme parti e pro-
duce qualcosa di potenzialmente nuovo che si propaga all’interno del gioco.
Ecco cosa emerge dalla questa lettura: “Kauffmenstein” prende le distanze
da coloro che pensano che dei nostri giochi linguistici si possano dare spie-
gazioni esclusivamente pragmatiche. Le sue indagini sulla biosfera e quindi
sulla vita, esprimono l’abbandono senza riserve di ogni prospettiva antro-
pocentrica nelle scienze della vita; una radicale de-umanizzazione dell’in-
dagine sulla natura. Per l’uomo la normatività, alla stregua dell’animalità,
appartiene alla sua storia naturale, è ciò che lo caratterizza massimamente
in quanto forma di vita uomo. Egli comprende che il piegare parzialmen-
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2.7 un gioco naturalmente linguistico 42
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RINGRAZIAMENTI
Pi tia, cuscinu Pè
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