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Belle e Greta

Questa è una storia polacca che io appreso durante un soggiorno in quella nazione che è, come a
me sembra la storia, bella e triste.

Belle era una bimba bellissima che nacque, verso gli anni ‘30, a Varsavia.

La città era ed è molto bella. Allora vi si viveva molto bene, grazie ai suoi amministratori che
erano, in gran parte, d’origine ebraica, , molto sensibili al fascino delle arti letterarie e musicali.

Anche il papà di Belle era in finanza: egli amministrava una banca, mentre la madre, di interessi
diversi da quelli del marito, faceva parte di una testata giornalistica che si interessava di attualità.

Quindi, quella di Belle era inizialmente una famiglia tranquilla e senza problemi.

I problemi iniziarono quando la madre della piccola, scaduto il termine dall’astensione dal lavoro
che le spettava dopo il parto, provò a lasciare durante la sua assenza la bimba in mani sicure,
affidandola a una bambinaia di cui tutti parlavano bene, ma trovò, al suo ritorno, Belle disperata e
piangente.

La bambinaia le riferì che Belle, durante l’assenza della madre, non si era mai quietata un
momento, nonostante lei, che aveva aiutato a crescere molti bambini, avesse fatto del suo meglio,
ma tutte le sue arti, frutto di lunga esperienza, con Belle erano state inutili.

La signora la ascoltò pensierosa, e poi , essendo giunta l’ora di pranzo, essendosi il frugoletto
addormentato tra le braccia della madre, posò delicatamente la bimba nella culla e poi raggiunse il
marito che era tornato dal lavoro.

A pranzo i due coniugi discussero sulla situazione.

Lui, Franz, non aveva proprio nulla in contrario a che la moglie lasciasse il lavoro e rimanesse in
casa con la bambina, anche perché il modesto introito che lei percepiva certo non valeva la
tranquillità della bambina. Ma lei, Else, così appassionata al suo lavoro, che ne pensava?

Else rispose, con sorpresa di Franz, che neanche lei era contraria a licenziarsi, oltre che per la
tranquillità di Belle, ma anche per altri motivi : quando, quella mattina, si era ripresentata in
Redazione, l’avevano trattata con grande freddezza, come se ormai non facesse più parte della
squadra.

Lei, comunque, era rimasta tutto il tempo in Redazione, più che altro per cercare di capire la
causa di questa situazione. E, dopo un’attesa lunga e snervante e aver fatto qualche domanda qua
e là, aveva capito il motivo della freddezza e indifferenza nei suoi confronti : la Direzione stava
licenziando tutti i collaboratori di razza ebraica.

E all’obiezione del marito, che disse che essi vivevano in Polonia e non in Germania, ella rispose:

“ E’ lo stesso, perché ormai, anche nell’Europa centro- orientale, conta solo Hitler, e speriamo che
si fermi a questo punto.” Allora il marito le chiese :
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“ Che vuoi dire, Janet?”

“ Nulla di particolare – rispose lei – ma penso che davvero è meglio che io stia a casa con Belle, e
tu tenga i contatti con l’esterno.”

“ Forse hai ragione” rispose Franz pensoso, e così fu deciso di licenziare la bambinaia, mentre
Janet, a sua volta, si sarebbe licenziata dal giornale al quale lavorava.

Così, sotto quest’aspetto, le cose furono sistemate, ma nei due coniugi, come in tante altre persone,
persisteva la grande domanda: che cosa sarebbe accaduto?

Questa domanda cadeva nel vuoto, perché nessuno poteva rispondere ad essa, ma ben pochi
avevano il coraggio di sperare.

I due coniugi potevano solo godere della crescita della loro piccola, ma, in attimo dopo, si
chiedevano : che vita avrebbe potuto condurre Belle in quella società in cui non veniva valutato il
singolo individuo, ma solo la razza cui apparteneva.

Belle era anche molto socievole, e sarebbe stata felice di frequentare un asilo infantile, ma ovunque

“Judischen Kindern Verboten “, cioè non si accettavano bambini ebrei.

I genitori, tra l’altro, trovavano molta difficoltà nelle risposte alle domande di Belle che chiedeva
osservando i bambini che giocavano nei cortili , chiedeva:

“ E perché io no, Mamma? E perché io no, papà?”

I genitori dapprima inventarono delle scuse, ma poiché la bimba capiva che la verità non era, non
poteva essere quella, essi si decisero a dirla. Fu, naturalmente, difficile, difficilissimo per >Belle
entrare in quell’ordine di idee, ma infine, più che capire, si rassegnò a questo stato.

Ma un giorno a Franz, che soffriva moltissimo dell’isolamento forzato della bambina, venne in
mente che forse un animale sarebbe stato il compgno di giochi ideale per Belle.

Si recò quindi in un negozio di cani, e la sua attenzione fu subito attratta da una coppia di cani che
avevano il pelame dello stesso colore, molto gradevole vedersi, di un biondo scuro.

Egli era disposto anche a comprarli entrambi, che appartenevano alla stessa cucciolata, ma la
negoziante, una ragazza giovane e gentile, avendo saputo che erano destinati una bambina,
consigliava la femminuccia, che si chiamava Greta, ma sconsigliava il maschietto, il cui nome era
Gudrun, , perché un po’ troppo aggressivo.

Quindi Franz comprò senz’altro Greta e fu davvero felice, come non gli accadeva da molto tempo,
quando vide gli occhi di Belle illuminarsi di gioia e abbracciare Greta che mostrava di gradire gli
abbracci della piccola.

Passò del tempo. Quanto, di preciso, non so, ma sufficiente a fare cambiare completamente scenario
alla nostra storia.
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Ci troviamo infatti in un salotto elegante ma antico e anche un po’ tetro.

Sul divano siede una dama che sembra odorare di naftalina, ma questa è solo un’impressione
dovuta alla vecchiezza della dama, e accanto a lei c’è una bambina che sembra una nostra
conoscenza. Ma sì, è lei, è Belle, Belle diventata più grande, Belle che ha perso le tracce dei suoi
genitori che sono stati entrambi deportati in Germania. Lei si è salvata perché la vecchia dama,
amante degli animali in genere e dei cani in particolare, l’aveva vista spesso a passeggio con
Gudrun, e le aveva chiesto:
“ Me la vendi? Mi piace molto.”

Ma Belle aveva scosso la testa e a un’ulteriore domanda aveva risposto:

“ La ma famiglia non c’è più e Greta è tutto quello che mi rimane.”

La vecchia dama aveva anch’essa un cuore , duro a sciogliersi, è vero, ma che quella volta si
sciolse. Si fece raccontare tutta la vicenda e avrebbe voluto tenere con sé Belle e Greta, ma sapeva
che poteva essere pericoloso ospitare un’ebrea.

Perciò, tramite alcune conoscenze, seppe che Belle avrebbe potuto raggiungere Milano, in Italia.

Belle sussultò di gioia e disse:

“ l’Italia? La terra dove fioriscono gli aranci e i limoni? ”

“Per adesso – rispose la dama – vi fiorisce una guerra, una guerra civile fra i fascisti, che sono
alleati dei tedeschi, e gli antifascisti. Io potrei farti arrivare fino a Milano e affidarti a un gruppo
fascista. Capisco che a te l’idea non piace, ma non posso fare di più. “

E Belle, dopo aver riflettuto, accettò di recarsi nella Milano dominata dai fascisti, anzi, dai
nazifascisti. Il gruppo cui Belle era stata affidata la prese n consegna, insieme a Greta, ma ai
nazifascisti Belle non piaceva.

Era ancora una bimba, s’intende, ma se, rinnegando il suo passato, avesse voluto far parte della
gloriosa razza germanica, doveva cambiare carattere, doveva diventare più forte e più dura, perché,
essi dicevano, al mondo non c’è posto per i deboli.

Per verificare fino a che punto si fosse rafforzato il carattere di Belle, un giorno decisero di
sottoporla a una prova.

Prendendo la scusa del cane Greta e dicendo che, per puro caso, avevano ritrovato il fratello
Gudrun, distinguibile dal pelame, diedero a Belle un appuntamento : lì avrebbero potuto rivedere
Gudrun.

Belle, con Greta, ci andò. L’appuntamento era presso un posto di polizia in cui a volte si
svolgevano processi, infatti, quel giorno doveva essere processato un tale, un venditore ambulante
che era stato trovato sprovvisto di documenti.

Belle osservò la persona che si doveva processare: era un ometto sui 40 anni, dalla voce alquanto
flebile, che in quel momento stava spiegando a qualcun come riscaldare i piedi quando sono troppo
freddi.
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Ma sopraggiunse un’alta autorità tedesca che, dopo avere interrogato il prigioniero, gli ordinò di
spogliarsi.

Il prigioniero incominciò a spogliarsi lentamente e con paura, perché vide che i suoi indumenti
venivano fatti odorare da un cane dall’aspetto poco mansueto : era Gudrun, il fratello cattivo di
Greta.

Allora Belle avanzò senza esitare verso Gudrun, tenendo vicino a sé la fida Greta, e gli parlò
accarezzandolo: gli disse che lei capiva bene che lui, Gudrun, era cattivo solo perché era solo e
infelice, mentre alla sua Greta non mancava l’affetto .

L’affetto, Belle disse a Gudrun, è l’elemento necessario, è il sostegno per vivere, e senza di esso si
vive male, si violano regole fondamentali, e forse Gudrun aveva fatto questa esperienza.

Perciò, lei gli offriva la sua amicizia, a patto che Gudrun diventasse buono come la sorella Greta.

A questo punto, accadde l’indicibile: Gudrun si accucciolò accanto a Belle che però , non
reggendosi più in piedi, giaceva a terra, prostrata dallo sforzo fisico e morale fatto, ma i due cani,
leccandola amorosamente entrambi, la rimisero in sesto.

Così una fanciulla ebrea riuscì a salvare da una morte orribile un italiano.

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