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ERNESTO LACLAU

LE FONDAMENTA
RETORICHE
DELLA SOCIETÀ
Morte e resurrezione
di una teoria dell’ideologia

A cura di
Marco Tabacchini

MIMESIS
Original title: The rhetorical foundations of society. First published by Verso 2014
© Ernesto Laclau 2014 - All rights reserved

Traduzione di Marco Tabacchini.

MIMESIS EDIZIONI (Milano – Udine)


www.mimesisedizioni.it
mimesis@mimesisedizioni.it

Collana: Eterotopie, n. 412


Isbn: 9788857540559

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INDICE

PREFAZIONE. PER UNA NUOVA RETORICA DEL CONFLITTO


di Marco Tabacchini 7

INTRODUZIONE 31
1. MORTE E RESURREZIONE DELLA TEORIA DELL’IDEOLOGIA 41
2. SUI NOMI DI DIO 67
3. ARTICOLAZIONE E LIMITI DELLA METAFORA 83
4. POLITICHE DELLA RETORICA 109
5. ANTAGONISMO, SOGGETTIVITÀ E POLITICA 129
6. ETICA, NORMATIVITÀ ED ETERONOMIA DELLA LEGGE 155
7. PERCHÉ COSTRUIRE UN “POPOLO” È IL PRINCIPALE COMPITO
DELLA POLITICA RADICALE 167
8. UN’ETICA DELL’IMPEGNO MILITANTE 209
9. NUDA VITA O INDETERMINAZIONE SOCIALE? 235
AVVERTENZA 249

INDICE DEI NOMI 251


MARCO TABACCHINI

PREFAZIONE
PER UNA NUOVA RETORICA DEL CONFLITTO*

Da che cosa acquista importanza la nostra indagine, dal


momento che sembra soltanto distruggere tutto ciò che è
interessante, cioè grande ed importante? (Sembra distruggere,
SHUFRVuGLUHWXWWLJOLHGLÀFLODVFLDQGRVLGLHWURVROWDQWRURWWDPL
HFDOFLQDFFL 0DTXHOOLFKHGLVWUXJJLDPRVRQRVROWDQWRHGLÀFL
di cartapesta, e distruggendoli sgombriamo il terreno del
linguaggio sul quale essi sorgevano.
Ludwig Wittgenstein1

1. Chi un giorno si trovasse a scrivere una storia dei concetti politici


della contemporaneità, non potrà passare sotto silenzio l’insistenza con cui
la categoria di persona è stata declinata al plurale nell’ambito delle più re-
centi lotte politiche. L’estensione più o meno implicita dell’uso del “noi”,
che, come ha ricordato Judith Butler2, accompagna i movimenti plurali di
FRUSLVHPEUDLQIDWWLFRLQFLGHUHFRQLOULVYROWRLQDWWHVRQRQFKpFRQÁLWWXD-
OH GL TXHOOD SURJUHVVLYD GHVHUWLÀFD]LRQH GHJOL VSD]L SXEEOLFL FKH DQFRUD
oggi detta condizioni a una vita in comune: l’appello a un agire collettivo
si presenta allora come la prima modalità di sospensione o di interruzione
delle coordinate che governano le normali condizioni di esistenza. Tale

* Il presente lavoro non sarebbe stato possibile senza la partecipazione, più o meno
manifesta, di tutti coloro che, in qualche modo e con la loro sensibilità insosti-
WXLELOHKDQQRFRVWLWXLWRXQFRVWDQWHLQYLWRDOODULÁHVVLRQH7UDTXHVWLYRUUHLULQ-
graziare Federico Zappino e Lorenzo Coccoli, Alice Cristini, Riccardo Panattoni
e Gianluca Solla, Enrico Manera e Pierandrea Amato, Alessandro Tommolini e
Silvia Uberti, Michel Surya e Meritxell Martinez, Alessandro Foladori. Un rin-
JUD]LDPHQWRYDLQÀQHDG$QQD0DULD6FKREHUSHUDYHULQYLWDWR/DFODXDWHQHUH
alcuni anni or sono, un seminario presso l’Università degli Studi di Verona: questa
traduzione è anche frutto di quell’incontro.
1 L. Wittgenstein, 5LFHUFKHÀORVRÀFKH, Einaudi, Torino 1967, p. 68.
2 Cfr. J. Butler, L’alleanza dei corpi, nottetempo, Milano 2017, pp. 245-305.
8 Le fondamenta retoriche della società

opposizione ha trovato la sua più limpida formulazione nel settembre 2010,


quando i manifestanti che percorrevano le vie di Salonicco, facendo pro-
SULRLOVXJJHULPHQWRGL5DRXO9DQHLJHPGHFLVHURGLVÀODUHDFFRPSDJQDWL
dalla dichiarazione secondo cui «Lo Stato non è più niente, sta a noi essere
tutto». La qualità a un tempo inaudita e radicale della loro espressione non
consiste tanto nel manifestare (contro) la crisi di legittimità delle istituzioni
greche, bensì nel fare appello all’esorbitante presenza di un “noi” la cui
vitalità palpita al ritmo dell’antagonismo. È come se questo gesto, oltre
a reclamare una precisa esigenza, stabilisse con la sua forza performativa
il momento aurorale di un nuovo spazio comune, uno spazio nuovamente
abitabile in quanto sottratto alle geometrie di un potere che, nonostante il
FDUDWWHUHYXRWRGHLVLJQLÀFDQWLFRQFXLqFLUFRVFULWWR TXHOOR´6WDWRµRUPDL
ridotto alla sua nominazione), non cessa di opprimere le singole esistenze
attraverso i più materiali dispositivi di coercizione e domesticazione.
Proprio il moltiplicarsi di simili spazi ha reso sempre più insistente l’ur-
genza di ripensare il potere emancipatorio che accompagna ogni domanda
GLYLWDLQFRPXQHDOÀQHGLVSH]]DUHTXHOODSULYDWL]]D]LRQHHVWUHPDGHOO·H-
sistenza che ha pervaso tutte le sfere della vita sociale (e che ha sempre
più spesso declinato il “noi” come rifugio anziché come orizzonte di tra-
sformazione). «La vita che abbiamo in comune», scrive Marina Garcés,
«è stata frammentata dal potere. La privatizzazione dei mondi esperiti e la
SUROLIHUD]LRQHGLVLJQLÀFDQWLFHQWULSHWLLQGLIIHUHQWLXQRDOO·DOWURUHVWULQJH
OD QRVWUD FDSDFLWj GL DJLUH FROOHWWLYDPHQWH GL DFFXPXODUH XQ VLJQLÀFDWR
comune e di renderci parte di esso»3(FFRDOORUDODQHFHVVLWjGLXQDÀOR-
VRÀDFKHVDSSLDSHQVDUHODGLPHQVLRQHGHO´QRLµQRQWDQWRFRPHDPSOLÀ-
FD]LRQHGLXQ,RFRVuGLODWDWRHGLIIXVRFRQODVXD©DVÀVVLDQWHXQLFLWjª4,
quanto piuttosto nella sua esistenza autonoma, quale dimensione costituen-
te di soggettività non più inchiodate alle frontiere di una vita letteralmen-
te privata. Tre, da questo punto di vista, paiono essere le direzioni in cui
una simile questione è stata affrontata. La prima coincide con la speranza
o l’attesa dell’evento della comunità, sorta di momento interruttivo nei
confronti delle normali coordinate dell’esistenza, il cedimento delle quali
permetterebbe alla vita in comune di manifestare le proprie possibilità. A
tale linea si potrebbero ascrivere i sostenitori dei momenti estatici della
politica, quegli istanti privilegiati di eccezionalità nei quali il tempo nor-
malizzato della dominazione pare cedere a fronte dell’irruzione della festa,

3 M. Garcés, The Inquiry after a Shared World, in V. Roma (a cura di), The
Unavowable Community, Institut Ramon Llull and Actar, Barcelona 2009, p. 142.
4 Ivi, p. 147.
M. Tabacchini - Prefazione 9

dello scontro o della rivolta. Altri hanno invece suggerito di intravedere,


GLHWURXQDVLPLOHSULYD]LRQHODSUHVHQ]DLQVLVWHQWHGLXQVLJQLÀFDWRFRPX-
QLDOHRULJLQDULRLPSHUVRQDOHRDQRQLPRFKHqVWDWRGLPHQWLFDWRRSHUÀQR
negato dai paradigmi contemporanei del potere. Si tratta, in altri termini,
di quel gesto di decostruzione delle categorie politiche occidentali, le quali
hanno troppo a lungo elevato l’individuo, la proprietà e il proprio a termini
garanti della propria razionalità, neutralizzando in tal modo tutto quanto
HUDSRUWDWRUHGLLQWHQVLWj$OWULDQFRUDLQÀQHKDQQRSURYDWRDGHFOLQDUHOD
SURSULDWHRULDGHOODFRPXQLWjLQXQDÀORVRÀDGHOODSUDVVLLQJUDGRGLIURQ-
teggiare tatticamente, in situazione, «il problema di come vivere insieme,
come fare della vita una questione condivisa»5. La scelta di seguire questa
direzione ha comportato una ferma opposizione ai dispositivi e ai rapporti
di potere che alimentano l’astrazione di un individuo separato dalla vita in
comune: scelta eminentemente antagonistica, poiché riconosce nella lotta
quel gesto di destituzione che si presenta come necessaria contropartita di
ogni apertura creativa.
Senza escludersi vicendevolmente, tali direzioni hanno costellato i re-
centi gesti di critica radicale mossi contro l’esistente. D’altra parte, è come
se tutti questi gesti fossero attraversati dalla medesima questione, a suo
tempo posta da Merleau-Ponty nei seguenti termini: «come la parola Io può
essere messa al plurale»6? In che modo qualcosa come un “noi” può essere
dicibile? E ancora: quali sono le condizioni di possibilità, nonché le moda-
lità e le implicazioni, di tale apparizione? È innegabile come una risposta
a simili questioni costituisca un passo in direzione di quel mondo, quel
campo di esperienza comune, in cui i soggetti sono già da sempre coinvolti,
ma che faticano a vivere proprio a causa del regime di co-isolamento in
cui si trovano inscritti. E tuttavia, lungi dall’offrire una salda promessa di
riscatto, la questione del plurale sembra gravata, al contrario, da riserve e
moniti tanto insistenti da premere in direzione di un suo abbandono, come
VHODGLIÀFROWjGLULVSRQGHUHDOODGRPDQGDLQPHULWRDFRVDVLDTXHO´QRLµ
costituisse proprio uno dei sintomi della nostra epoca: «Nelle società oc-
cidentali moderne la parola “noi” non nomina una realtà ma un problema.
ËLOSUREOHPDVXOTXDOHVLqHGLÀFDWDWXWWDODQRVWUDVWRULDGLFRVWUX]LRQHH
di distruzione»7.

5 Ivi, p. 159.
6 M. Merleau-Ponty, Fenomenologia della percezione, Bompiani, Milano 2005 p. 453.
7 M. Garcés, Noi, le nubi, Roma 2011, p. 5
10 Le fondamenta retoriche della società

2. È certo per il peso di questa tradizione sofferta che, ancora oggi, ogni
ricorso a quanto si presenta secondo una declinazione collettiva sembra
LQHOXWWDELOPHQWHPDUFDWRGDLWRQLGHOO·HQWXVLDVPRRGHOODGLIÀGHQ]DGHOOD
speranza o dell’orrore. Se i lavori di Ernesto Laclau sono oggi conosciuti,
o almeno così pare, se essi non cessano di essere interpellati e consultati8,
FRPHVHDYHVVHURÀQDOPHQWHUDJJLXQWRLOJLXVWRPRPHQWRGHOODORUROHJJL-
bilità, è forse proprio in virtù dei temi attorno a cui la sua scrittura sembra
raccogliersi: l’antagonismo, l’ideologia, l’egemonia e, soprattutto, il po-
pulismo. È certo quest’ultimo concetto, infatti, tra i numerosi che Laclau
KDVDSXWRULQYLJRULUHHQWURLOGLVFRUVRÀORVRÀFRGHOODFRQWHPSRUDQHLWjDG
aver segnato la recente fortuna del suo nome, ma anche, al contempo, una
certa opacità della sua proposta. Se, da un lato, la categoria di populismo,
nonché il tentativo di estendere le forme democratiche attraverso l’impiego
del concetto di “democrazia radicale”, hanno aiutato a ripensare le pratiche
collettive e i processi all’opera nell’invenzione di una politica capace di
generare nuove forme di soggettività, dall’altro la sua ricezione ha spesso
portato ad ascrivere la teoria di Laclau a un certo discorso ideologico (di
destra, se non, talvolta, criptofascista o criptocapitalista), o a saturarne le
variabili con contenuti ben precisi (nazionalismo, leadership, verticalità,
centralismo), rinunciando così a comprendere come questa tentasse di af-
frontare il campo generale di un’ontologia politica. Per quanto il ricorso
a un simile termine sembrasse già da sempre destinato a generare equi-
voci o sollevare sospetti, Laclau non ha mai posto in dubbio la validità di
tale impiego, impegnandosi piuttosto a estenderne la pertinenza ben oltre
l’insieme di pratiche e forze consuetamente associategli. Se la “ragione
populista” si è dimostrata inaggirabile per ogni tentativo di comprendere le
formazioni sociali dell’odierna società capitalista, così come le lotte popo-
lari e democratiche che in questa premono da più fronti in direzione di un
cambiamento, è precisamente dovuto al fatto che un simile concetto, lungi
GDO ULGXUVL DG DFFRPXQDUH VSHFLÀFL IHQRPHQL VWRULFL WHQWD GL GHÀQLUH OH
stesse condizioni di possibilità di qualcosa che si sottrae irrimediabilmente
alla presenza.
Questo perché il popolo di cui scrive Laclau non è una formazione spon-
tanea o naturale, né quel cosiddetto soggetto unitario prodotto dalla moder-
na dottrina statuale e posto sotto la tutela di un’«economia della sovranità

8 Cfr. S. Critchley, O. Marchart, Laclau. A critical reader, Routledge, London-


New-York 2004; M. Baldassari, D. Melegari, Populismo e democrazia radicale.
In dialogo con Ernesto Laclau, ombre corte, Verona 2012.
M. Tabacchini - Prefazione 11

e della rappresentazione»9, né tantomeno può essere avvicinato a quella


«presenza immediata del popolo acclamante»10 così com’è presupposta da
ogni progetto totalitario. Entità sempre intravista sebbene mai pienamente
raggiunta, il popolo si limita al suo stesso annuncio nella pratica della sua
costruzione, come se i legami che solcano il politico non potessero che
confermare la sua apertura irrevocabile a incessanti elaborazioni. È per
TXHVWR PRWLYR FKH LO GLVFRUVR GL /DFODX DQ]LFKp SUHVHQWDUH XQR VSHFLÀ-
co contenuto ideologico, mira al cuore stesso della logica sociale, là dove
le soggettività emergono nella loro valenza politica: poiché «[i]l populi-
smo è, se vogliamo dirla nel modo più semplice, un modo di costruire il
politico»11, esso fa la sua comparsa ogni qualvolta una strategia articola-
toria persegue la costruzione di un soggetto collettivo, di un “noi” o di un
“popolo”, attraverso la connessione delle differenti esigenze e identità che
solcano il sociale. Il motivo che attraversa la proposta di Laclau, il motivo
della costituzione di una soggettività collettiva e popolare, ossia di ciò «che
UHQGHLQÀQHSRVVLELOHO·HPHUJHQ]DGHO´SRSRORµª12, deriva dalla scommes-
sa che solo indagando le condizioni di possibilità di tale emergenza sia
possibile contrastare i ripiegamenti particolaristici che, pur promettendo
VDOYH]]D RSHUDQR LQHTXLYRFDELOPHQWH LQ GLUH]LRQH GL XQD UDWLÀFD GHOO·H-
VLVWHQWH1RQqXQFDVRFKHÀQGDOOHVXHSULPHFRPSDUVHQHJOLVFULWWLGL
Laclau13, il concetto di populismo indichi la riemersione del politico, in
WXWWDODVXDFRQÁLWWXDOLWjDOODVXSHUÀFLHGLXQVRFLDOHDOO·DSSDUHQ]DSDFL-
ÀFDWR OD VXD GLPHQVLRQH SURSULD q TXHOOD GHOO·DQWDJRQLVPR OD VXD WHP-
poralità quella dell’irruzione e della discontinuità, la sua fenomenologia
quella della rottura. Di conseguenza, anziché limitarsi a circoscrivere un
dato contenuto sociale o ideologico, populismo è il nome per indicare ogni
pratica in grado di «mobilitare contro lo status quo esistente»14. Come si

9 P. Amato, 3RSROR'HVWLWX]LRQHHÀORVRÀD, in L. Coccoli, M. Tabacchini, F. Zappino


(a cura di), Genealogie del presente. Lessico politico per tempi interessanti,
Mimesis, Milano 2014, p. 152.
10 G. Agamben, Il Regno e la Gloria. Per una genealogia teologica dell’economia e
del governo, Neri Pozza, Vicenza 2007, p. 282.
11 E. Laclau, La ragione populista, Laterza, Roma-Bari 2008, p. xxxiii.
12 Ivi, p. 70.
13 Cfr. Id., Towards a Theory of Populism, in Id., Politics and Ideology in Marxist
Theory. Capitalism, Fascism, Populism, Verso, London 2011, pp. 143-198; Id.,
Ruptura populista y discurso, in in J. Labastida, Martín del Campo, Hegemonía
y alternativas políticas en América Latina. Seminario de Morelia, Siglo XXI,
Coyoacán 1985, pp. 39-44.
14 D. Howarth, E. Laclau, An interview with Ernesto Laclau, in Id., Post-Marxism,
populism and critique, a cura di D. Howarth, Routledge, Abingdon-New York
12 Le fondamenta retoriche della società

ottiene, allora, una simile mobilitazione? Come pensare un gesto che non
si risolva nel sancire l’esistente? Un gesto che non presupponga un popolo
e che, malgrado ciò, ne porti l’esigenza? In altri termini: come affrontare la
«questione cruciale» del politico, «consiste[nte] nel come concepire questo
momento costruttivo in grado di eccedere le possibilità ripetitive dischiuse
da un’impalcatura sociale sedimentata»15? Quali sono le condizioni di pos-
sibilità del nuovo?
A insistere nel pensiero di Laclau è proprio l’emergenza eccedente di ciò
che si presenta sotto l’aspetto del nuovo, ossia i movimenti di invenzione,
interruzione e alterazione che perturbano le strutture organizzanti le vite.
,OIDWWRFKHXQVLPLOHWHUPLQHVLGLPRVWULVHPSUHÁXWWXDQWHRVWLQDWDPHQ-
WHRWWXVRHUHIUDWWDULRDLWHQWDWLYLGLGHÀQLUQHRGHOLPLWDUQHLOVLJQLÀFDWR
non comporta, d’altra parte, alcuna concessione né a posizioni messianiche
né, tantomeno, nostalgiche. Al contrario, la sua emergenza non può che
esporre il carattere aperto e incompleto del sociale, già da sempre striato
e frastagliato dalla presenza di forze antagonistiche nonché dall’instabilità
delle sue componenti. Si tratta, in altri termini, di una posizione che tenta di
affermare la radicale contingenza di ogni identità sociale e, al contempo, la
QHFHVVLWjVWUDWHJLFDGHOODVXDSDU]LDOHÀVVD]LRQHËSHUTXHVWRPRWLYRFKH
lungi dal costituire una chiusura deterministica, la prospettiva ontologica
avanzata da Laclau esige un potenziamento della capacità di cogliere le
intensità vive del politico – ossia di dar senso all’irruzione del nuovo senza
saturare quanto di inatteso questo reca con sé – là dove qualcosa emerge in
PRGRLQDVSHWWDWRHLQFDOFRODELOHSHUWXUEDQGRFLzFKHÀQRDGDOORUDVHP-
EUDYD LUULPHGLDELOPHQWH VHGLPHQWDWR H FULVWDOOL]]DWR 6L SRWUHEEH SHUÀQR
DYDQ]DUHO·LSRWHVLFKHSURSULRLOIDWWRFKHLVLJQLÀFDQWLYXRWLULFKLHVWLGDO
progetto populista di costruzione di un popolo mancante – quegli artefatti
simbolici in grado di riunire gli elementi eterogenei in un unico processo di
VRJJHWWLYD]LRQH²VLDQRVWDWLVSHVVRLGHQWLÀFDWLFRQLQRPLGHLOHDGHURFRQ
i loro corpi, indichi non solo l’incapacità di concepire nella sua estensio-
QHSURSULDODUDJLRQHSRSXOLVWDPDVRSUDWWXWWRODGLIÀFROWjGLSHQVDUQHOH
dinamiche sotto la cifra del nuovo. Contro una simile tendenza – la quale,
LQ XOWLPD LVWDQ]D ÀQLVFH SHU OLTXLGDUH LO SROLWLFR QHOO·DXWRPDWLVPR R QHO
destinale – Laclau non cesserà di riaffermare che la stessa «possibilità di

2015, pp. 266.


15 E. Laclau, Introduction, in Id. (a cura di), The Making Of Political Identities,
Verso, London-New York 1994, p. 3.
M. Tabacchini - Prefazione 13

una trasformazione democratica della società dipende dalla proliferazione


di nuovi soggetti di cambiamento»16.

8QRGHLPRWLYLFHQWUDOLGHOODÀORVRÀDGL/DFODXFRQVLVWHQHOUDSSRU-
to tra i processi di soggettivazione e il terreno critico su cui questi si di-
spiegano. Esso attraversa i suoi lavori costituendo il punto privilegiato di
SDVVDJJLR WUD L GLIIHUHQWL GLVFRUVL FKH Ou VL LQWUHFFLDQR TXHOOR ÀORVRÀFR
come quello psicoanalitico e quello linguistico). Ad accomunare la varietà
di simili discorsi è proprio la ricerca di una modalità di pratica politica che
eviti i rischi dell’essenzialismo e del riduzionismo su cui si era arenata la
tradizione marxista. L’ontologia politica di Laclau può essere considerata,
infatti, come una macchina decostruttiva mossa contro la tentazione di an-
corare ogni elemento del politico alla sua salda essenza di classe. Il canone
PDJJLRUHGHOPDU[LVPRVLHUDLQIDWWLHGLÀFDWRVXOO·LPPDJLQHGLXQVRJJHWWR
privilegiato dell’emancipazione, un attore necessario dall’immensa porta-
WDWHOHRORJLFDFKHDYUHEEHSRODUL]]DWRRJQLFRQÁLWWRHQWURO·DPELWRGHOOD
lotta di classe. Un simile soggetto, tuttavia, non avrebbe retto a lungo di
fronte alla decomposizione di quell’omogeneità sociale che aveva marcato
l’estensione del dominio capitalistico: la «centralità ontologica della classe
operaia», dunque la sua elezione a supporto universale per ogni anelito
di emancipazione, si sarebbe presto infranta contro la «proliferazione di
lotte»17 che, come altrettante forze in grado di produrre nuove posizioni
soggettive, andavano perturbando dall’interno la società capitalistica. A
fronte del determinismo economico e del riduzionismo classista che per-
meavano la teoria marxista lungo tutto il corso del Novecento, contraddi-
VWLQWLGDXQDÀGXFLDLQFUROODELOHLQTXHOFDUDWWHUHQHFHVVDULRGHOOD6WRULDFKH
avrebbe garantito a priori la trasparenza degli agenti politici e dei soggetti
storici, il carattere anomalo ed eccezionale dei rapporti che si andavano
dispiegando, persino nell’ambito dell’antagonismo e dell’azione rivoluzio-
naria, costringeva a ripensare ogni operatività politica in assenza di una
salda leggibilità dei tempi. Costringeva, in altre parole, a pensare in termini
di interruzione e dislocazione anziché di continuità e progresso, in termini
di rottura e non di linearità. L’irreparabile destituzione di ogni discorso
che ambisse a rivelare il fondamento ultimo della realtà rendeva sempre

16 Id., 1HZ 5HÁHFWLRQV RQ WKH 5HYROXWLRQ RI 2XU 7LPH, Verso, London-New York
1990, p. 41.
17 E. Laclau, C. Mouffe, Egemonia e strategia socialista. Verso una politica
democratica radicale, il Melangolo, Genova 2001, p. 38.
14 Le fondamenta retoriche della società

più pressante l’esigenza di «una teoria delle decisioni prese in un terreno


indecidibile»18.
1RQVWXSLVFHSHUWDQWRFKHOHFRRUGLQDWHQHFHVVDULHDOODGHÀQL]LRQHGL
una simile teoria saranno reperite proprio in quegli autori che, per primi,
si confrontarono con questa rottura epocale: Bataille da un lato e, dall’al-
tro, Gramsci. E così, se l’eterogeneità costituirà un modo per indicare tale
terreno indecidibile, l’egemonia diventerà presto il nome con cui delineare
una pratica per orientarsi su quest’ultimo. Laclau riconoscerà il merito di
aver inaugurato una teoria dinamica del politico, all’altezza dei movimenti
in atto di radicale disorganizzazione dell’omogeneità sociale, proprio al
Bataille degli anni Trenta19, trovatosi a fronteggiare la mutazione storica
seguita al collasso delle ideologie a pretese universaliste, nonché all’ine-
VRUDELOHDVFHVDGLTXHOOHSROLWLFKHFKHSURSULRLQXQDQDUUD]LRQHVDOYLÀFD
reperivano la propria legittimazione. Gli scritti licenziati da Bataille in que-
gli anni si soffermano sul cedimento dei discorsi che garantivano la tenuta
omogenea del sociale, discorsi ormai incapaci di gestire il movimento degli
elementi eterogenei così liberati. L’attenzione è qui rivolta ai fallimenti
della struttura e ai cedimenti dei discorsi cristallizzanti il sociale, le cui cri-
VLFRVWLWXLVFRQRDOWUHWWDQWHRSSRUWXQLWjSHUFRQWURHIIHWWXDUHLOFDUDWWHUHÁXW-
tuante degli elementi così liberati dalle loro precedenti posizioni: questo
perché se, «da un lato, esse minacciano l’identità, dall’altro costituiscono
le fondamenta su cui nuove identità sono costituite»20, quali occasioni in
cui la contingenza delle strutture discorsive si rende percepibile al punto
da poter essere utilizzata strategicamente. Tali crisi operano, infatti, alla
stregua di altrettante interruzioni nella pretesa totalizzante dei discorsi se-
GLPHQWDWLQHOVRFLDOHODFXLHIÀFDFLDDUWLFRODQWHVLDIÀHYROLVFHDWDOSXQWR
da lasciar emergere nuovi elementi disaggregati. Alla crescente frammen-
tazione degli attori sociali si accompagna così una progressiva costruzio-
QHGLFDWHQHHTXLYDOHQ]LDOLOHTXDOLSHUHVVHUHHIÀFDFLHFRVWLWXWLYHQRQ
possono che operare proprio a partire dal discontinuo del politico, ossia da
occasioni di rottura dell’ordine esistente. Le penetranti analisi di Bataille
non si limitano, d’altra parte, a rimarcare l’aspetto produttivo della rottura,

18 E. Laclau, Discourse, in R. E. Goodin, P. Pettit (a cura di), A Companion to


Contemporary Political Philosophy, Blackwell, Oxford 1993, p. 545.
19 Per un approfondimento del concetto di eterogeneità sociale in Bataille, si rimanda
a G. Bataille, Scritti sul fascismo 1933-1934. Contro Heidegger, La struttura
psicologica del fascismo, Mimesis, Milano 2010; Id., il problema dello Stato e altri
scritti politici, casa di marrani, Brescia 2013. Sul debito di Laclau verso Bataille si
veda infra, p. 198, nonché Laclau, La ragione populista, cit., pp. 146-148.
20 Laclau, 1HZ5HÁHFWLRQVRQWKH5HYROXWLRQRI2XU7LPH, cit., p. 39.
M. Tabacchini - Prefazione 15

PDQXWURQROHSLOXFLGHSUHRFFXSD]LRQLQHLFRQIURQWLGLXQFRQÁLWWRGDJOL
esiti del tutto incerti: se, da un lato, una simile emergenza di posizioni
particolari e disperse ha costituito il terreno favorevole per l’invenzione
di nuove soggettività politiche, dall’altro ha presto alimentato il duplice
SHULFRORGLXQSURJHWWRGLXQLÀFD]LRQHWRWDOLWDULDGHOVRFLDOHFRQGRWWRVH-
condo il registro fascista dell’omogeneizzazione e del bando, così come
di una chiusura monadica di tali posizioni entro il cerchio immunitario di
un’identità mitizzata.
È da qui che prende avvio, assieme alla rilettura delle opere di Gramsci,
la proposta di una politica egemonica, ossia in grado di articolare gli ele-
menti non totalizzati dell’eterogeneità sociale verso un nuovo processo di
soggettivazione comune. Ripensare ogni gesto politico a partire dall’etero-
JHQHLWjGHJOLHOHPHQWLFKHFRVWHOODQRLOVRFLDOHVLJQLÀFKHUjDOORUDULSHQ-
sare un discorso in grado di articolare simili elementi «a partire da, e non
contro, la proliferazione dei particolarismi emersi nelle ultime decadi»21.
Non è un caso che, con Laclau, a essere riproposti siano proprio quei con-
cetti gramsciani – come egemonia, volontà collettiva, guerra di posizione
– volti a concepire una teoria circa i modi e le implicazioni con cui con-
durre una lotta emancipatoria nelle condizioni di un dominio contraddi-
VWLQWRGDOO·LQXWLOL]]DELOLWjWDQWRVWRULFDTXDQWRVWUDWHJLFDGHOODÀGXFLDLQ
una rigida concezione classista, dimostratasi incapace di leggere la trama
FRQWHPSRUDQHDGHOOHFRQÁLWWXDOLWj22. Laclau suggerisce di considerare una
simile irruzione dell’eterogeneità come il primo segnale dell’impossibilità
di ottenere discorsivamente una società piena, ossia concepita come una
totalità oggettiva e omogenea, con una limpida partizione protetta contro
ogni eccesso o variazione: «più il “fondamento” del sociale è messo in
questione, meno le pratiche sociali sedimentate saranno in grado di assicu-
UDUHODULSURGX]LRQHVRFLDOHHPDJJLRULVDUDQQRJOLDWWLGLLGHQWLÀFD]LRQHH
intervento politici socialmente richiesti»23. In altri termini, la totalità della
VRFLHWjQRQSLJDUDQWLWDQHOODVXDTXDOLWjGLIRQGDPHQWRÀQLVFHSHUVR-
vrapporsi all’orizzonte. L’impossibilità di garantire alla politica un simile
fondamento indiscusso, anziché portare all’abbandono di ogni pretesa di
totalità, procede di pari passo con il moltiplicarsi di una simile richiesta,
al punto tale che, ben lungi dal poterne decretare la mera assenza, la so-

21 Id., La costruzione dell’universaleLQ-%XWOHU(/DFODX6æLçHNDialoghi sulla


Sinistra. Contingenza, egemonia, universalità, Laterza, Roma-Bari 2010, p. 306.
22 Su questo punto si veda G. Solla, 0HPRULDGHLVHQ]DQRPH%UHYHVWRULDGHOO·LQÀPR
e dell’infame, ombre corte, Verona 2013, pp. 44-51.
23 Cfr. Laclau, Introduction, cit., p. 4:
16 Le fondamenta retoriche della società

cietà sembra spettralmente infestare ogni discorso in quanto «presenza di


un’assenza»24&LzVLJQLÀFDFKHRJQLSURJHWWRGLVRFLHWjQRQSRWHQGRSL
fondarsi su un terreno trascendente o trascendentale, ma dovendosi gioco-
forza erigere su uno spazio vuoto, non potrà che essere perseguito, politica-
mente e strategicamente, attraverso i precari tentativi di colmare tale vuo-
to25/DFODXJLXQJHUjDGHÀQLUHO·HJHPRQLDFRPHTXHOSURFHVVRJUD]LHDO
quale si offre la possibilità che «una differenza, senza cessare di essere una
differenza particolare, diventi ciononostante la rappresentazione di una to-
talità incommensurabile»26, una pienezza assente e irrealizzabile, impossi-
bile e indisponibile, ma che nonostante ciò insiste nell’orientare le condotte
e produrre effetti. La lotta per l’egemonia non potrà così prescindere dalla
FRVWUX]LRQHGLVLJQLÀFDQWLYXRWLLQJUDGRGLUDSSUHVHQWDUHXQDVLPLOHWRWDOL-
tà. Persino il concetto di classe universale, un tempo ascritto al proletariato,
è costretto qui a subire una torsione irreparabile: universale sarà ora quella
posizione soggettiva che, diventando medium capace di esprimere quanto
la trascende, può concedersi all’altrui appropriazione nella sua qualità di
VLJQLÀFDQWH YXRWR GLVSRQLELOH SHU XOWHULRUL LGHQWLÀFD]LRQL27. Un processo
egemonico prenderà avvio ogni qualvolta un segmento contingente e par-
ticolare dell’eterogeneità inizierà a rappresentare la pienezza assente della
società, instaurando così un discorso in suo nome. Si tratta di un discorso
doppiamente antagonistico, poiché si oppone tanto alla situazione presente
da cui pur è emerso, tanto rispetto agli altri discorsi che con esso condivi-
dono il medesimo carattere di rottura, benché non la medesima direzione.
La riscrittura antagonistica dello spazio sociale si compie, allora, attraverso
processi che, pur nel tentativo di ricomporre l’infranto, non possono che
inasprire la rottura intervenuta nello spazio apparentemente cristallizzato.
Ciò implica non soltanto che ogni rapporto sociale può trovare nelle lot-

24 Infra, p. 146.
25 Cfr. Id., Il soggetto della politica, la politica del soggetto, in Id., Emancipazione/i,
Orthotes, Napoli 2012, p. 78.
26 Id., La ragione populista, cit., p. 66.
27 Sull’opportunità di privilegiare, in un contesto segnato dalla contingenza e dalla
plurivocità dei processi di soggettivazione, il concetto di LGHQWLÀFD]LRQH rispetto
a quello di identità, (tanto da spingerci a considerare «un soggetto per il quale
QRQ YL q >@ QHVVXQD LGHQWLWj PD VROR LGHQWLÀFD]LRQHª >infra, p. 141]), si veda
quanto scrive Judith Butler in Corpi che contano. I limiti discorsivi del sesso,
)HOWULQHOOL0LODQRS©OHLGHQWLÀFD]LRQLDSSDUWHQJRQRDOO·LPPDJLQDULR
sono tentativi fantasmatici di allineamento, di fedeltà, coabitazioni ambigue e
transcorporee che sconvolgono l’io; esse sono la sedimentazione del “noi” nella
VWUXWWXUD]LRQHGLRJQL´LRµ/HLGHQWLÀFD]LRQLQRQVRQRPDLFRPSOHWHHGHÀQLWLYH
vengono ricostruite di continuo».
M. Tabacchini - Prefazione 17

te che lo investono l’occasione privilegiata per un cambiamento, bensì,


più radicalmente, che la presenza stessa delle lotte coincide con il primo
e inequivocabile sintomo di quei vettori di cambiamento che non cessano
di inquietare il tessuto sociale. Una volta emerse all’interno del discorso
antagonistico, saranno proprio le soggettività così messe in gioco – la cui
singolarità, come ricorda lo stesso Gramsci, si riconosce rispettivamente
«nell’aver contribuito a creare un evento e anche nell’aver impedito che
altri eventi si compissero»28 – a determinare le intensità di simili vettori.

4. Già da tempo è stato riconosciuto come il marxismo di Gramsci pre-


senti, quale tratto distintivo, «il tentativo di una teoria della soggettività
nelle sue interrelazioni molteplici e dinamiche con l’oggettività storico-
sociale»29. Questo perché, in opposizione alle teorie marxiste connotate
da un certo determinismo teleologico, la proposta di Gramsci non si limita
ad affermare una prassi politica fondata sull’attività dei soggetti sociali,
PDVLVSLQJHÀQRDOSXQWRGDGHOLQHDUHXQFDPSRSROLWLFRHQWURLOTXDOHLO
momento soggettivo del processo rivoluzionario si rovescia costantemente
in un vero e proprio processo di soggettivazione. Nella misura in cui, lungi
dal costituire un mero epifenomeno dei rapporti di produzione, le soggetti-
vità messe in gioco nei processi egemonici non possono che esporre il pro-
prio carattere costruito e mediato, storico e contingente, il concetto stesso
GLHJHPRQLDÀQLVFHSHUDOORQWDQDUVLVHPSUHSLGDOODFODVVLFDFRQFH]LRQH
concernente la questione del dominio, della direzione delle alleanze e della
pervasività nel campo culturale avversario30, per sovrapporsi a una strate-
gia antagonistica in grado di connettere e articolare tra loro gli elementi
contingenti del sociale. Come Mouffe aveva asserito negli anni Settanta,
i soggetti non possono essere ridotti a mero epifenomeno dei rapporti di
produzione, ma presentano rispetto a questi qualcosa come uno scarto es-
senziale, che dipende dal loro emergere in seno a una serie di articolazio-
ni non del tutto riconducibili all’appartenenza di classe: «i soggetti non

28 A. Gramsci, Note sul Machiavelli, sulla politica e sullo Stato moderno, Einaudi,
Torino 1966, p. 22.
29 M. Martelli, Gramsci. Per una teoria marxista della soggettività, in B. Muscatelli (a
cura di), Gramsci e il marxismo contemporaneo, Editori Riuniti, Roma 1990, p. 183.
30 Per un’ampia panoramica, si vedano le divergenti posizioni esposte in L. Gruppi,
Il concetto di egemonia in Gramsci, Editori Riuniti, Roma 1972; G. Bonomi,
Partito e rivoluzione in Gramsci, Feltrinelli, Milano 1976; B. De Giovanni,
V. Gerretana, L. Paggi (a cura di), Egemonia Stato partito in Gramsci, Editori
Riuniti, Roma 1977.
18 Le fondamenta retoriche della società

sono dati all’origine ma sono sempre prodotti dall’ideologia attraverso un


campo ideologico socialmente determinato, di modo che la soggettività è
sempre il prodotto della pratica sociale»31. Rompendo senza riserve con
quella lunga tradizione di pensiero interessata a riconoscere nell’ideologia
null’altro che un elemento puramente negativo, i cui effetti consisterebbero
nel distorcere o nel nascondere la struttura della realtà (ma solo per meglio
LQGLFDUHHGXQTXHVRVWHQHUHO·XQLFDIRUPDDSSURSULDWDGLGHPLVWLÀFD]LR-
ne), l’ideologia si trova a coincidere con la modalità principe di articola-
zione tra le forme discorsive, circolanti nel sociale, e i rapporti sociali che
garantiscono il supporto materiale necessario alla loro stessa riproduzione.
A fronte di un simile incontro, l’articolazione delle domande e delle sog-
gettività non si limita a riterritorializzare entrambe nell’ambito di una pa-
URODFRPXQHHDFFRPXQDQWHEHQVuÀQLVFHSHUSRUUHLQJLRFRXQSURFHVVRGL
WUDVIRUPD]LRQHJHQHUDOL]]DWR©DIÀQFKpXQDFHUWDGRPDQGDXQDSRVL]LRQH
soggettiva, un’identità diventino politici, è necessario che diventino qual-
cosa di diverso da ciò che sono, che vivano la propria particolarità come un
momento o un anello in una catena di equivalenze che li trascende e, dun-
que, li universalizza»32. Contro ogni essenzialismo interessato a garantire
un’intrinseca connotazione agli elementi del sociale, Laclau non cesserà di
ribadire come soltanto attraverso la loro riorganizzazione egemonica – e,
dunque, soltanto attraverso la loro trasformazione – essi possano ottenere
una precisa valenza politica. Ciò comporta la necessità di postulare un sog-
getto il quale, ben lungi dal coincidere con un mero prodotto di dispositi-
YLDVVRJJHWWDQWLÀQLVFHSHUIDUHODSURSULDFRPSDUVDQHJOLLQWHUVWL]LGHOOD
struttura, in concomitanza non solo con i prodotti, bensì, in primo luogo,
FRQLIDOOLPHQWLGHLSURFHVVLGLLGHQWLÀFD]LRQH2PHJOLRLQFRQFRPLWDQ]D
con quei movimenti della struttura che prendono avvio proprio dai suoi
cedimenti e dai suoi fallimenti. In altri termini, una soggettività propria-
mente politica si produce solo entro una rottura della trama sedimentata

31 C. Mouffe, Hegemony and ideology in Gramsci, in Ead. (a cura di), Gramsci and
Marxist Theory, Routledge & Kegan Paul, London 1979, p. 186. Su questo punto
si veda la ricostruzione di A. Davidson, Gramsci nel mondo anglosassone, in B.
Muscatelli (a cura di), Gramsci e il marxismo contemporaneo, cit., pp. 205-212.
32 E. Laclau, La struttura, la storia, il politicoLQ%XWOHU/DFODXæLçHNDialoghi
sulla Sinistra, cit., p. 210. Il passo continua con la seguente affermazione: «Questo
è il mio problema con una categoria come la “lotta di classe”: tende ad ancorare
il momento della lotta e dell’antagonismo all’identità settoriale di un gruppo,
PHQWUHRJQLORWWDVLJQLÀFDWLYDWUDVFHQGHOHLGHQWLWjVHWWRULDOLSHUWUDVIRUPDUVLLQ
una complessa “volontà collettiva”».
M. Tabacchini - Prefazione 19

GHOODVWUXWWXUDOjGRYHODFRVWHOOD]LRQHGLLGHQWLÀFD]LRQLFKHODLQIRUPDQR
tende a smagliarsi sotto il peso delle tensioni che alimenta.
Questa prospettiva si dimostra pertanto incompatibile anche con ogni
riduzionismo classista, dal momento che gli elementi a cui si riferisce non
soltanto non presentano in sé alcuna connotazione di classe – connotazione
che, ricorda Laclau, «è solo il risultato dell’articolazione di simili elementi
in un discorso ideologico concreto»33 – ma non presentano nemmeno alcun
senso intrinseco o antecedente rispetto a quanto determinato dalla loro ar-
ticolazione stessa con altri elementi. In tal senso, ogni lotta egemonica sarà
contraddistinta dai tentativi, compiuti dalle soggettività antagonistiche in
JLRFRGLFRQTXLVWDUHDOODSURSULDFDXVDTXHVWLVWHVVLHOHPHQWLÀVVDQGRQH
LOVLJQLÀFDWRHJDUDQWHQGRQHGLFRQVHJXHQ]DXQDVSHFLÀFDDSSDUWHQHQ]D
entro un certo discorso. D’altra parte, è la loro stessa presenza nel campo
discorsivo a presentarsi come la necessaria condizione per un’eventuale
articolazione e, dunque, per una politica propriamente egemonica. Già con
Egemonia e strategia socialistaHUDVWDWRGLPRVWUDWRFRPHDOODÁXWWXD]LR-
QH GL VLJQLÀFDWR GHJOL HOHPHQWL GLVSHUVL QHO GLVFRUVR VL DFFRPSDJQDVVH
un’altrettanto radicale indeterminazione degli effettivi attori sociali presi
nel gioco egemonico: dal momento che la pratica egemonica consisteva
nell’articolazione contingente di elementi altrettanto instabili, ogni stabi-
lizzazione egemonica degli antagonismi si presentava ormai come il risul-
tato di un’interazione plurale e incalcolabile, e non come la diretta conse-
JXHQ]DGLXQDFRQÀJXUD]LRQHDSULRULVWLFDPHQWHGHÀQLWD,QWDOVHQVRVHLO
marxismo classico restava saldamente ancorato al postulato di una parti-
zione fondativa tra classi, a cui sarebbe corrisposta un’altrettanto fondativa
distribuzione classista degli elementi ideologici, Laclau e Mouffe si sono
VSLQWLÀQRDOSXQWRGLQHJDUHODSUHVHQ]DGLXQTXDOFKHDJHQWHSULYLOHJLDWR
delle lotte egemoniche, dal momento che queste ultime sono potenzial-
mente in grado di includere e articolare qualsiasi elemento circolante nel
campo discorsivo.
Proprio in tale direzione muovono le precise scelte concettuali adottate
dai due autori, interessate a garantire la massima mobilità di pensiero en-
tro un contesto di lotte tanto cangiante: «chiameremo articolazione tutte

33 E. Laclau, Fascism and Ideology, in Id., Politics and Ideology in Marxist Theory,
cit., p. 99. Sull’intima complicità della doppia valenza, tanto locutoria quanto
connettiva, che il termine “articolare” presenta in inglese come in italiano, si
veda S. Hall, Sul postmodernismo e la teoria dell’articolazione, in Id., Politiche
del quotidiano. Culture, identità e senso comune, il Saggiatore, Milano 2006, pp.
177-199.
20 Le fondamenta retoriche della società

quelle pratiche che stabiliscono una relazione tra gli elementi tale che le
ORURLGHQWLWjVLPRGLÀFKLQRFRPHFRQVHJXHQ]DGHOODSUDWLFDDUWLFRODWRULD
Chiameremo discorso la totalità strutturata che risulta dalla pratica artico-
latoria. Chiameremo momenti le posizioni differenziali quando appaiono
articolate all’interno di un discorso. Chiameremo invece elemento ogni
differenza che non è articolata discorsivamente»34. Egemonica sarà quella
SUDWLFDLQJUDGRGLÀVVDUHSLRPHQRVWDELOPHQWHJOLHOHPHQWLFLUFRODQWL
QHOVRFLDOHHQWURXQDFDPSRGLVLJQLÀFD]LRQHGDWR²HQWURXQGLVFRUVR²DO
ÀQHGLSURGXUUHXQDQXRYDIRUPD]LRQHHJHPRQLFDHGXQTXHXQDGLIIHUHQWH
partizione sociale. Ecco allora che ogni discorso «si costituisce come un
WHQWDWLYRGLGRPLQDUHLOFDPSRGHOODGLVFRUVLYLWjGLDUUHVWDUHLOÁXLUHGHOOH
differenze, di costruire un centro»35GLVWLQJXHQGRVLFRVuSHUODVXDHIÀFDFLD
QHOWUDFFLDUHTXHOFRQÀQHFKHSHUPHWWHO·DSSDUL]LRQHGLXQ´SRSRORµ/·DQ-
tagonismo, se si vuole tale, esige allora la costruzione di una discorso spe-
ciale e inaudito, poiché propriamente politica è solo quella pratica, inde-
cidibilmente posta tra il destituente e l’istituente36, sempre in opposizione
alla ripetizione e all’automatismo grazie a cui la tradizione incessantemen-
te tenta di coincidere con se stessa. Nell’egemonia di Laclau non vi è alcun
recupero dialettico, né alcuna salvezza di un passato elevato alla dignità
del suo perpetuarsi, dal momento che il sapere delle lotte è continuato solo
attraverso la sua trasformazione, mentre la soggettività rivoluzionaria, lun-
gi dal rivendicare una qualche tradizione propria, è costretta ad ogni passo
a reinventare la propria tradizione ricorrendo a sempre nuovi processi di
leggibilità del politico.
Da qui l’attenzione rivolta alle nuove forze sociali e ai nuovi processi
di soggettivazione che dislocano i rapporti egemonici, come se non fosse
possibile prendere in considerazione qualsiasi entità al di fuori dei rapporti
H GHL OHJDPL HJHPRQLFL FKH OH UHVWLWXLVFRQR OD VXD FRQVLVWHQ]D VSHFLÀFD
D’altra parte, nel momento in cui è affermata la radicale contingenza, e
non più la stretta appartenenza di classe, di tutti gli elementi posti in un
campo discorsivo e investiti dalle pratiche egemoniche, decade qualsiasi
pretesa di stabilire a priori gli agenti sociali elettivi dei processi di cam-
biamento storico. Gli elementi della società diventano coscienti della loro

34 Laclau, Mouffe, Egemonia e strategia socialista, cit., p. 171.


35 Ivi, p. 183.
36 Sul politico come momento a un tempo istituente e destituente, si veda quanto
scritto in O. Marchart, Post-Foundational Political Thought: Political Difference
in Nancy, Lefort, Badiou and Laclau, Edinburgh University Press, Edinburgh
2007, pp. 134-153.
M. Tabacchini - Prefazione 21

posizione – nella terminologia di Laclau: diventano momenti propriamente


antagonistici – solo attraverso la propria articolazione e, dunque, la propria
soggettivazione con altri elementi a essi eterogenei. Saranno proprio questi
LQFRQWULDJLRFDUHXQUXRORGLÀVVD]LRQHQHOODFRVWLWX]LRQHGHOOHORURFULVWDO-
OL]]D]LRQLLGHQWLÀFDWRULH(SRLFKp©QRQHVLVWRQRVRJJHWWLVWRULFLSUHFHGHQWL
al discorso»37 che li ospita, essi si presenteranno costituiti e costituenti a
XQWHPSRVWHVVRHPHUJHQWLHGHYHQHPHQ]LDOLHIÀPHULDFDXVDGHOORURHV-
sere ancorati alle contingenze delle egemonie in continua ristrutturazione
e, tuttavia, pur privi di stabilità sociale e storica, essi non svaniscono con
l’evento dell’emergenza che le fa essere, ma sono in grado di inaugurare e
incidere nel sociale nuove linee di rottura così come di continuità.

5. Indecidibilmente posto tra continuità e rottura, il movimento antago-


nistico descritto da Laclau può essere compreso a partire dalla centralità
che acquisiscono, nella sua proposta, i concetti husserliani di sedimenta-
zione e riattivazioneLOSULPRFRQFHUQHQWHO·RUGLQHFULVWDOOL]]DWRHSDFLÀ-
cato del sociale, mentre il secondo relativo a quel momento propriamen-
WH SROLWLFR FKH HPHUJH VROR QHO FRQÁLWWR38. La metafora geologica che la
sedimentazione mette in gioco indica, infatti, il movimento di deposito
H VWUDWLÀFD]LRQH GL XQ VDSHUH FKH EHQFKp DOO·DSSDUHQ]D LQHUWH SHUPDQH
FRPHVWUDWRIRQGDPHQWDOHVXFXLVLFRQWLQXDO·RSHUDGLHGLÀFD]LRQHGHOOD
cultura umana. Senza limitarsi a perdurare come mero accumulo di sapere,
la sedimentazione lavora incessantemente come un operatore di direzione
e di orientamento per l’opera di costruzione delle forme culturali in atto,
come se ogni nuovo strato, ogni nuova pietra posata non potesse che coin-
cidere con qualcosa di già da sempre atteso da quanto è lì per sostenere ciò
che segue (si tratta di quella «archi-tettonica»39 che, secondo Derrida, si

37 E. Laclau, Tesis acerca de la forma hegemónica de la politica, in J. Labastida, Martín


del Campo, Hegemonía y alternativas políticas en América Latina, cit., p. 23.
38 Cfr. infra, pp. 9-10, 73, 126-127. Sull’uso dei concetti di sociale e di politico, in
XQDGHOOHXOWLPHLQWHUYLVWHFRQFHVVHSULPDGHOODVXDVFRPSDUVD/DFODXVSHFLÀFD
che «[i]l sociale – il quale, ai miei occhi, coincide con una parziale cristallizzazione
GHOSROLWLFR²HPHUJHOjGRYHXQDFRQÀJXUD]LRQHHJHPRQLFDUDJJLXQJHXQDFHUWD
stabilità. Per questo motivo, non si tratta di differenziare il politico dal sociale [...]
se non discriminando tra gradi di sedimentazione, cosa che non mette in questione
la priorità ontologica del politico» (D. Howarth, E. Laclau, An interview with
Ernesto Laclau, cit., pp. 265.
39 J. Derrida, Introduzione a «L’origine della geometria» di Husserl, Jaca Book,
Milano 1987, p. 154.
22 Le fondamenta retoriche della società

GLPRVWUDWDQWRHIÀFDFHQHOULFRQGXUUHRJQLDYDQ]DWDRJQLEDO]RDOUDQJR
di ricaduta sedimentaria di depositi distinti e tuttavia solidali). È allora in
virtù dell’opera di sedimentazione che il sociale può presentarsi nella sua
ovvietà indiscussa, sorta di ambito oggettivo che non cessa di occultare la
violenza della sua naturalizzazione40.
All’apparenza inanimata e fossile a cui la sedimentazione, pur nella
sua incessante effettualità, consegna il sociale, risponde quel gesto di ri-
attivazione che, riappropriandosi del sedimentato, permette di dischiudere
quanto di vivo ancora giace nei depositi tramandati. Ogni strategia politi-
ca, nell’indecidibile sovrapposizione tra tradizioni discorsive e forme di
pratica quotidiana che da sempre contraddistingue l’arte della resistenza,
implica così la riattivazione – e la riappropriazione – di gesti e relazio-
ni sedimentate, ossia nascoste sotto la parvenza di totalità che il discorso
GHOODVRFLHWjQRQFHVVDGLHGLÀFDUHSHUVp/XQJLGDOFRVWLWXLUHXQDULFR-
struzione dei processi di sedimentazione o, ancor meno, una ricerca del
VHQVRRULJLQDULRSHUGXWRVRWWRODFROWUHGHOOHVWUDWLÀFD]LRQLODULDWWLYD]LR-
ne sfalda i sedimenti da essa interessati, i quali possono essere recuperati
soltanto nella loro alterazione: «la riattivazione non consiste pertanto nel
ritorno alla situazione originaria, ma soltanto nella riscoperta, attraverso
l’emergenza di nuovi antagonismi, della natura contingente della cosiddet-
ta “oggettività”»41. È per questo motivo che a rivestire importanza capitale
entro una simile operazione non sarà tanto, o non soltanto, il materiale a
partire dal quale i processi di riattivazione operano, quanto piuttosto la
sintassi secondo la quale un simile materiale sarà organizzato e assemblato
QHOO·DPELWRGHLOHJDPLVRFLDOLWUDOHSLHJKHHOHDUWLFROD]LRQLFKHQHGHÀ-
QLVFRQRODVXSHUÀFLHVSHFLÀFDGXQTXHLOVXRIDUVLGLVFRUVRHQWURLOFDPSR
VRFLDOH 6LSRWUHEEHSHUÀQRFRQVLGHUDUHORVWHVVRWHUPLQHGLULDWWLYD]LRQH
come fuorviante, dal momento che le nuove articolazioni e le nuove sog-
gettività che questa innesca non provengono dalla riemersione di qualcosa
di già accaduto, quanto piuttosto dall’emergenza di un nuovo evento pro-
dottosi in concomitanza con i sommovimenti del contesto politico, ossia
grazie agli spostamenti e alle dislocazioni operate dai giochi retorici).
Ovunque si dispieghi una funzione sociale, o meglio: ovunque il fat-
tore discorsivo svolga un ruolo centrale nell’articolazione delle relazioni,
lì vi sarà egemonia, intesa come coinvolgimento delle soggettività nella

40 Cfr. Laclau, 1HZ5HÁHFWLRQVRQWKH5HYROXWLRQRI2XU7LPH, cit., p. 60: «In tal


senso, l’oggettività – l’essere degli oggetti - non è altro che la forma sedimentata
del potere, ossia un potere le cui tracce sono state cancellate».
41 Ivi, pp. 34-35.
M. Tabacchini - Prefazione 23

costruzione di spazi ideologico-simbolici condivisi42. Il discorso opera qui


FRPHGLVSRVLWLYRGLULWHUULWRULDOL]]D]LRQHDWWUDYHUVRLOTXDOHXQVLJQLÀFDWR
è garantito malgrado tutto – malgrado le dislocazioni e le riattivazioni del
sociale, i suoi slittamenti e i suoi cedimenti. Ogni operazione egemonica
comporterà l’articolazione dei diversi elementi discorsivi nel tentativo di
RIIULUHQXRYHSRVL]LRQLVRJJHWWLYHDOOHGLQDPLFKHGLLGHQWLÀFD]LRQHGHJOL
DJHQWLVRFLDOLLQPRGRGDÀVVDUQHO·LGHQWLWjSXUSDU]LDOPHQWHHLQYLDGHO
WXWWRFRQWLQJHQWHHQWURXQGDWRFDPSRGLVLJQLÀFD]LRQH/DFRQWLQJHQ]D
GDFXLVLPLOLLGHQWLÀFD]LRQLVRQRVHJQDWHGHULYHUjDOORUDGDOO·HVVHUHTXHVWH
ultime il prodotto dell’attraversamento di precisi campi e rapporti di forze,
dunque il prodotto di incontri e intersezioni che convocano gli individui
nelle strutture discorsive. La riattivazione si approssima così al problema
del reperimento e della riappropriazione dei materiali offerti dalla storia,
dal linguaggio e dalla cultura, in grado di costruire e al contempo bloccare i
GLIIHUHQWLSURFHVVLGLLGHQWLÀFD]LRQH6LWUDWWDLQDOWUHSDUROHGHOSUREOHPD
LQDJJLUDELOHGHOODQHFHVVLWjGLXQDWUDGL]LRQHFKHEHQFKpDQWLFDHSHUÀQR
immemoriale, non cessa di essere inventata e reclamata ogni qualvolta una
linea di frattura antagonista apre una breccia nell’ovvietà quotidiana. Solo
XQDWUDGL]LRQHFRPSOHWDPHQWHSDFLÀFDWDG·DOWUDSDUWHSXzGLVSLHJDUVLVH-
renamente sotto il segno della ripetizione e del medesimo. (In altri termini:
solo una volta rimosso il momento del politico la società può sembrare
davvero condannata alla ripetizione, benché proprio il decidere di questa
rimozione – la sua delibera così come la sua attuazione – costituisce un
momento eminentemente politico).

6. A questo punto è possibile comprendere i motivi che portano Laclau


a riconoscere la retorica come costitutiva di ogni pratica politica, tanto da
pervenire a coincidere con le fondamenta stesse di ogni discorso sulla so-
cietà. Tradizionalmente concepita come mera arte dell’ornamento, o come
tecnica degli scarti e delle deviazioni rispetto a un linguaggio primo, nella
sua letteralità originaria, la retorica era stata considerata come una dimen-
sione peculiare dell’uso e, di conseguenza, estranea alle regole linguisti-
FKH4XLDOFRQWUDULRODUHWRULFDÀQLVFHSHUULFHYHUHLOVXRSLDOWRULFR-
noscimento proprio a partire dall’impossibilità di una letteralità qualsiasi.
Ripercorrendo gli studi di Jakobson sulla polarizzazione che interessa me-
tafora e metonimia, così come quelli di Saussure in merito alla qualità ana-

42 Cfr. A. Burgio, Per Gramsci. Crisi e potenza del moderno, DeriveApprodi, Roma
2007, pp. 126-127.
24 Le fondamenta retoriche della società

logica e, quindi, essenzialmente tropologica del linguaggio, Laclau sottrae


la retorica dall’ambito separato a cui era stata precedentemente relegata
per assegnarle una funzione di strutturazione linguistica. Essa, infatti, non
è più presentata come un insieme di tecniche, bensì quale vera e propria
ORJLFDGLSURGX]LRQHGHOODVLJQLÀFD]LRQHODUHWRULFDqFLzFKHGLVSLHJDOH
FRQGL]LRQL GL VLJQLÀFD]LRQH HQWUR LO FDPSR GHOOD GLVFRUVLYLWj QRQFKp OR
sviluppo degli stili e dei modi di conduzione dei discorsi che in questo
premono per estendere la propria egemonia.
Si è visto come, dalla prospettiva dell’ontologia generale qui propo-
sta, l’ambito del discorso non concerne tanto l’insieme degli atti di paro-
la, quanto piuttosto, secondo un senso ben più ampio, l’istituzione di una
UHOD]LRQH GL VLJQLÀFD]LRQH FKH FRPH WDOH DFFRPSDJQD TXDOVLDVL SUDWLFD
sociale. Una volta attribuito un carattere discorsivo alla costruzione delle
UHOD]LRQLVRFLDOLJOLHIIHWWLSURGRWWLGDOOHRSHUD]LRQLGLVFRUVLYHGLVLJQLÀ-
cazione si troveranno a coincidere con altrettante forze reali che contribu-
iscono a modellare il sociale: ogni discorso, in tal senso, coinciderà con
un regime di possibilità di legame condiviso. Laclau potrà così indicare
come compito principale di una politica radicale quello di «costruire dei
linguaggi in grado di fornire elementi di universalità che rendano possibile
l’instaurarsi di legami equivalenziali»43 e, dunque, l’emergenza di un “noi”
ancora inaudito. Ciò è possibile solo attraversando un processo di universa-
lizzazione delle domande che hanno permesso a una precisa soggettività di
emergere politicamente (vale a dire, in termini gramsciani, che hanno per-
messo il passaggio da una soggettività “corporativa” a una “soggettività”
egemonica). Una tale universalizzazione, con la conseguente costituzione
di catene equivalenziali tra differenti domande e posizioni soggettive, non
può prescindere, tuttavia, dal comportare uno svuotamento dei caratteri
particolari della soggettività che si trova a incarnare quella pienezza assen-
te a cui, di volta in volta, è stato dato il nome di “noi”, “Società”, “comuni-
tà” o “popolo”. Questo perché, precisa Laclau, «la costruzione di una sog-
gettività popolare è possibile solo sulla base di una produzione discorsiva
GLVLJQLÀFDQWLWHQGHQ]LDOPHQWHYXRWLª44, ma che proprio per questo possono
lavorare alla nominazione di quanto si presenta incommensurabile. Condi-
zione necessaria per l’articolazione delle catene equivalenziali che danno
forma a una simile soggettività è allora quello scarto, quel vuoto centrale,
attorno al quale ruotano le operazioni di incarnazione dell’universale. È

43 E. Laclau, La struttura, la storia, il politico, cit., p. 209.


44 Id., Populism: What’s in a Name?, in F. Panizza (a cura di), Populism and the
Mirror of Democracy, Verso, London-New York 2005, p. 40.
M. Tabacchini - Prefazione 25

solo l’esistenza di questo scarto a permettere la rappresentazione della to-


talità assente e, al contempo, a impedire la cristallizzazione identitaria dei
GLVFRUVLHQWURXQRUL]]RQWHVDOYLÀFRGLSURPHVVD
/DFODXGHÀQLVFHWDOHSURFHVVRLQWHUPLQLGL©PHWDIRUL]]D]LRQHGHOFRQWH-
nuto letterale di una particolare domanda sociale»45, là dove questa è spinta
ROWUHODVXDSDUWLFRODULWjSHUVLJQLÀFDUHXQDSLHQH]]DDVVHQWH/DVXDHIÀFD-
cia diventa così egemonica nel momento in cui si propone come metafora
di tale pienezza e, dunque, come rimedio alle lacerazioni che impediscono
al sociale di superare la propria divisione (ossia di farsi compiutamente
VRFLHWj 7DOHHIÀFDFLDGHULYDLQIDWWLGDOODFDSDFLWjPHWDIRULFDFKHXQFRQ-
tenuto concreto presenta nel rappresentare una simile unità, tanto che gli
HOHPHQWLVSHFLÀFLDWWUDYHUVRLTXDOLTXHVW·XOWLPDVDUjSHQVDWDQRQVDUDQQR
DOWURFKHLPDWHULDOLJUH]]LHFRQWLQJHQWLFRQFXLqVWDWRSRVVLELOHHGLÀFDUH
il mito di una chiusura completa («una letteralità pienamente realizzata»46).
ËSHUTXHVWRPRWLYRFKHLVLJQLÀFDQWLDSDUWLUHGDFXLLGLVFRUVLDQWDJRQL-
VWLFLVLHGLÀFDQRVRQRWHQGHQ]LDOPHQWHYXRWLHSHUÀQRDPELJXLPDSHUFLz
stesso in grado di articolare i più diversi contenuti concreti47: «il nocciolo
GHOO·LPPDJLQDULR VRFLDOH q FLz FKH DEELDPR FKLDPDWR VLJQLÀFDQWL YXRWL
È il carattere vuoto di questi punti di ancoraggio che universalizza real-
PHQWHXQGLVFRUVRUHQGHQGRORODVXSHUÀFLHGLLVFUL]LRQHGLXQDSOXUDOLWj
di domande, al di là del loro particolarismo»48. Entro un simile regime
metaforico generalizzato, ogni tentativo di riempire quel vuoto non potrà
che esporre la stessa funzione di riempimento e, di conseguenza, anche lo
scarto che impedisce al contenuto fattosi carico di tale funzione di coin-
cidere pienamente con un universale. Ma è proprio tale scarto a esporre
il carattere squisitamente retorico di ogni pretesa fondazione della totalità
assente: ogni sua rappresentazione – ogni riempimento del vuoto con un
contenuto particolare – non potrà che comportare una trasformazione me-
taforica dell’oggetto investito in direzione di qualcosa che tenta di cancel-
lare le tracce della sua limitatezza. Laclau sembra qui portare alle estreme
conseguenze quanto affermato, oltre un secolo prima, da Pierre Fontainer,
LO TXDOH GHÀQLYD OH ÀJXUH UHWRULFKH FRPH ©OH IRUPH JOL DVSHWWL OH FDUDW-
teristiche più o meno notevoli e d’effetto più o meno riuscito, medianti i
quali il discorso, nell’espressione delle idee dei pensieri o dei sentimenti,

45 Laclau, 1HZ5HÁHFWLRQVRQWKH5HYROXWLRQRI2XU7LPH, cit., p. 64


46 Ivi, p. 63.
47 Cfr. Id., Towards a Theory of Populism, cit., p. 167: «Ciò spiega perché i più
divergenti movimenti politici fanno appello agli stessi simboli ideologici».
48 Id., La struttura, la storia, il politico, cit., p. 211.
26 Le fondamenta retoriche della società

si allontana più o meno da quella che ne era stata l’espressione semplice


o comune»49. Proprio un simile movimento tropologico, grazie al quale
una differenza particolare si fa portatrice del compito di rappresentare una
totalità impossibile e a essa incommensurabile, garantisce il carattere a un
tempo di novità e di rottura che contraddistingue ogni rapporto egemonico:
è infatti l’inaudita contingenza con cui la funzione di riempimento è effet-
tuata, in quanto non necessariamente associata ad alcun contenuto partico-
lare, a consentire l’antagonismo con cui si oppongono tutti i discorsi che
mirano a incarnare la pienezza assente nei propri contenuti.
La scommessa che il presente libro pone in gioco è che un simile statu-
to retorico non si limiti a proporre un’esperienza puramente linguistica50,
PDFKHVLFRQÀJXULFRPHGLPHQVLRQHIRQGDPHQWDOHQRQFKpIRQGDWLYDSHU
qualsiasi operazione di soggettivazione collettiva, là dove questa consiste
LQ XQD SUDWLFD LGHRORJLFD GL DUWLFROD]LRQH H VLJQLÀFD]LRQH GHJOL HOHPHQWL
del sociale. «In tal senso», afferma Laclau, «una retorica generalizzata –
che necessariamente include in sé la dimensione performativa – trascende
WXWWLLFRQÀQLUHJLRQDOLSHUGLYHQLUHFRQWLJXDDOODVWUXWWXUD]LRQHGHOODVWHV-
sa vita sociale»51. Essa si avvicina così al progetto di un’ontologia il cui

49 P. Fontanier, /HVÀJXUHVGXGLVFRXUV, Flammarion, Paris 1968, p. 64.


50 &LVLDSHUPHVVRGLFKLDULUHFRPHSHU/DFODXQRQVLGLDDOFXQDGHÀQLWLYDSDUWL]LRQH
WUDLOOLQJXLVWLFRHO·H[WUDOLQJXLVWLFR,OFDUDWWHUHDUWLÀFLDOHFRQFXLVLSUHWHQGHGL
istituire una simile partizione non nasconde il proprio legame con quell’altra forma
di partizione, quella tra teoria e pratica, che rischia ad ogni istante di liquidare ogni
JHVWRSURSULDPHQWHÀORVRÀFR©SRLFKpOHFDWHJRULHWHRULFRSROLWLFKHQRQHVLVWRQR
soltanto nei libri, ma sono anche parte dei discorsi che effettivamente informano le
istituzioni e le relazioni sociali, queste operazioni decostruttive sono parte integrante
della produzione di vita politica» (Laclau, Introduction, cit., p. 2). Sulla solidarietà
tra prassi e teoria nell’ambito del pensiero politico (nei due sensi dell’attributo), si
veda anche quanto espresso da Laclau nel corso di una conversazione con Mouffe
H=RXUQD]L©'DTXHVWRSXQWRGLYLVWDRJJLODGLIÀFROWjqFKHORVSHWWURSROLWLFRSL
ampio, che un tempo riguardava le forme classiche del comunismo, si è disintegrato.
La concretezza di una lotta non è quindi collegata a nessun tipo di prospettiva di
trasformazione a lungo termine e, credo, questo è qualcosa che è importante creare.
Siamo oggi all’inizio di un nuovo tipo di lotta – come evidenziato dai movimenti no-
global, che hanno iniziato a puntare verso un nuovo immaginario sociale. È questa
la linea dell’agire politico che dobbiamo seguire. Le mobilitazioni sono ancora
troppo embrionali e non strutturate, ma stanno comunque creando un terreno al cui
interno può essere pensata una nuova politica. il nostro compito per i prossimi anni
è fare in modo che ciò venga reso esplicito» (E. Laclau, C. Mouffe, M. Zournazi,
Speranza, passione, politica. Conversazione con Chantal Mouffe e Ernesto Laclau,
in M. Zournazi, 7XWWRVXOODVSHUDQ]D1XRYHÀORVRÀHSHULOFDPELDPHQWR, Moretti &
Vitali, Bergamo 2013, p. 149).
51 Infra, p. 109.
M. Tabacchini - Prefazione 27

compito primo sembra essere quello di sostenere e permeare la densità


materiale delle molteplici pratiche e istituzioni attraverso le quali il sociale
non cessa di essere strutturato. Si tratta, d’altra parte, di un progetto di
lunga data, poiché riprende e approfondisce un’affermazione già formula-
ta, a suo tempo, in Egemonia e strategia socialista, secondo la quale «[s]
inonimia, metonimia, metafora non sono forme del pensiero che aggiun-
gono un secondo senso a una letteralità prima, costitutiva delle relazioni
sociali; sono invece parte dello stesso terreno primario sul quale il sociale
si costituisce»52$SDUWLUHGDXQDVLPLOHWHRULDSROLWLFDGHOODVLJQLÀFD]LRQH
la retorica si dimostra costitutiva di tutte le pratiche che, interessate a coin-
volgere soggetti differentemente posizionati entro il testo della società, im-
SOLFDQRODSURGX]LRQHGLVSHFLÀFLPH]]LGLUDSSUHVHQWD]LRQH²TXDOLVRQR
DSSXQWRLVLJQLÀFDQWLÁXWWXDQWLHYXRWL²LQJUDGRGLRSHUDUHQHOGLVFRUVR
come altrettanti punti di ancoraggio per nuove forme di azione collettiva.
È proprio la qualità retorica delle connessioni che sostengono il sociale
D FRQVHQWLUH GXQTXH GL SUHVHQWDUH RJQL FRQÀJXUD]LRQH HIIHWWLYDPHQWH
esistente come segnata da una contingenza inaggirabile, sempre esposta
ai movimenti, agli spostamenti e alle dislocazioni entro l’architettura dei
VLJQLÀFDWLLVWLWXLWL²TXHLGLVFRUVLFKHQHLWHUPLQLGL/DFODXWHQGRQRDSUH-
VHQWDUVL FRPH DOWUHWWDQWH ©WRWDOLWj VLJQLÀFDWLY>H@ FKH WUDVFHQG>RQR@ OD GL-
stinzione tra il linguistico e l’extra-linguistico»53, per avvicinarsi sempre
più all’insieme stesso delle pratiche articolatorie che costituiscono tanto i
UDSSRUWLVRFLDOLTXDQWRORVWHVVRVLJQLÀFDWRFKHTXHVWLDVVXPRQRDJOLRFFKL
di coloro che ne sono irretiti.
Lo spazio occupato dal discorso si presenta dunque come uno spazio
GL DSSURSULD]LRQH GHL VLJQLÀFDQWL GLVSRQLELOL LQ YLVWD GL XQ·DUWLFROD]LRQH
VLJQLÀFDWLYDVHFRQGRLOULWPRGLXQPRYLPHQWRÀJXUDOHFKHSHUPHWWHORUR
GLVLJQLÀFDUHXQ·HFFHGHQ]DDOWULPHQWLLUUDSSUHVHQWDELOH8QGLVFRUVRQRQ
potrebbe nemmeno giocare il ruolo articolante a lui proprio senza un simile
intervento retorico il quale, nel momento stesso in cui opera alla produzio-
QHGHOQXRYRVLJQLÀFDWRFDQFHOODOHWUDFFHGLTXDOVLDVLOHWWHUDOLWjSUHVXSSR-
VWD2PHJOLRGDOPRPHQWRFKHRJQLUDSSRUWRWUDVLJQLÀFDQWHHVLJQLÀFDWR
si presenta in termini di articolazione e non di sovrapposizione, dunque in

52 Laclau, Mouffe, Egemonia e strategia socialista, cit., p. 180.


53 E. Laclau, Discourse, cit., p. 545. Per un approfondimento in merito alle
implicazioni propriamente politiche della teoria del discorso, si rimanda ai saggi
contenuti in D. Howarth, A. J. Norval, Y. Stavrakakis (a cura di), Discourse theory
and political analysis. Identities, hegemonies and social change, Manchester
University Press, Manchester-New York 2000.
28 Le fondamenta retoriche della società

termini di produzione contingente di senso, esso si svolge per necessità


in un regime contraddistinto dall’assoluta assenza di letteralità. Così, non
DSSHQDLOGLVFRUVRqHOHYDWRDWHUUHQRGLFRVWLWX]LRQHGLRJQLVLJQLÀFD]LR-
ne, i movimenti retorici diventano costitutivi della discorsività in quanto
tale54ODVSHFLÀFDFRHVLRQHGLRJQLGLVFRUVRGLSHQGHLQIDWWLGDOO·LQFURFLR
di una trama metonimica, ossia l’articolazione contingente delle differen-
ti posizioni soggettive nelle catene di equivalenza, con una condensazio-
QHPHWDIRULFDLQJUDGRGLÀVVDUHXQVLJQLÀFDQWHDSXQWRQRGDOHGLWHQXWD
dell’intero discorso. Laclau può così affermare che, «se l’unità della catena
HTXLYDOHQ]LDOHWHQGHDRUJDQL]]DUVLDWWRUQRDXQVLJQLÀFDQWHSULYLOHJLDWR
tale privilegio non può derivare da alcuna posizione strutturale, ma solo da
un investimento catacretico di tipo radicale»55. Non è un caso che proprio
ODFDWDFUHVLTXDOHÀJXUDUHWRULFDFRQWUDGGLVWLQWDGDOO·DVVHQ]DGLXQDTXDO-
che letteralità preesistente, si trovi a coincidere con la stessa dimensione
UHWRULFDGLSURGX]LRQHGHOVLJQLÀFDWRVHFRQXQVLPLOHWHUPLQHVLLQGLFDOD
FRVWUX]LRQH ÀJXUDOH GL XQ VLJQLÀFDWR FKH QRQ SRWUHEEH HVVHUH WUDVPHVVR
senza il ricorso a un espediente retorico, allora ogni movimento di appro-
SULD]LRQHGLVLJQLÀFDQWLGDSDUWHGLXQGLVFRUVR²SURSULRSHUFKpSHUPHWWH
là dove nulla avrebbe potuto garantirne l’evento, l’emersione di una nuova
VLJQLÀFD]LRQH²WHQGHUjDVIXPDUHLQFDWDFUHVL&RV·qG·DOWUDSDUWHODSUR-
GX]LRQHGLXQVLJQLÀFDQWHYXRWRUDSSUHVHQWDQWHODSLHQH]]DDVVHQWHVHQRQ
ODVXDHVWHQVLRQHFDWDFUHWLFDLQGLUH]LRQHGLXQVLJQLÀFDWRQRQVRUUHWWRGD
alcuna letteralità? La dimensione retorica del discorso, operando al cuore
della tensione che oppone il sociale al politico, si presenta così come un
JHQHUDWRUHGLPDWULFLLGHQWLÀFDWRULHVXOOHTXDOLVLVWUXWWXUHUDQQRLQVHJXLWR
LSURFHVVLGLLGHQWLÀFD]LRQHFKHWUDVFHQGRQRRJQLVRJJHWWLYLWjSUHFRVWLWXLWD
È proprio una simile indeterminazione a infrangere la possibilità stessa di
una totalizzazione del sociale, ormai ridotto a campo di spostamenti con-
tingenti, nonché ad inaugurare, in un medesimo tempo, quella guerra di
SRVL]LRQHODFXLÁHVVLELOLWjVWUDWHJLFDSHU/DFODXFRVWLWXLVFHODSROLWLFDQHO
senso più preciso del termine.

7. Un’ultima parola in merito alla presente traduzione. Rispetto alla


scelta di rendere il titolo del volume ricorrendo al termine “fondamenta”,
altre opzioni sarebbero state ugualmente possibili, benché avrebbero gio-

54 Cfr. E. Laclau, Glimpsing the future, in S. Critchley, O. Marchart, Laclau. A


critical reader, cit., p. 306.
55 Infra, p. 98.
M. Tabacchini - Prefazione 29

coforza comportato la proposta di differenti prospettive. Insistere sul ca-


rattere di “fondazioni” dei giochi retorici, ad esempio, avrebbe posto in
rilievo l’incessante avvicendarsi delle operazioni di potere discorsivo entro
una data totalità sociale. Ciò avrebbe certamente avvalorato quella pro-
posta normativa del sociale che Laclau e Mouffe hanno elaborato sotto il
concetto di “democrazia radicale”, e che propone l’allontanamento da ogni
HYHQWRGLURWWXUDGHÀQLWLYD FRVuFRPHSURVSHWWDWRDGHVHPSLRGDOODWUD-
dizione marxista) per abbracciare, al suo posto, il progetto di una progres-
siva estensione dei valori democratici già circolanti nella società. Eppure
una simile insistenza sul carattere fondativo avrebbe sottratto terreno alla
dimensione pratica e strategica in cui le soggettività agiscono, riducendo
drasticamente il loro margine di azione. Questo perché l’esigenza di una
politica radicale, d’altra parte, non potrà mai limitarsi a coincidere con il
processo di avvicendamento delle egemonie, e dunque con la sostituzione
di un’egemonia a un’altra56. Ben più radicalmente, esso dovrà lavorare in-
GHIHVVDPHQWHDIÀQFKpPXWLQRJOLVWHVVLSULQFLSLFKHJRYHUQDQRRUDLOJLRFR
GHJOLDQWDJRQLVPLHGHLUDSSRUWLHJHPRQLFLLTXDOLVHQ]DVRVWDKDQQRÀQLWR
SHUHGLÀFDUHTXHOODWUDGL]LRQHGHJOLRSSUHVVLGLFXL:DOWHU%HQMDPLQDYHYD
lucidamente scritto. Similmente, la scelta di esporre la retorica generaliz-
zata del sociale enumerandone i “fondamenti” avrebbe corso il rischio di
sbilanciare l’intera proposta su un versante tradizionalmente ontologico, a
scapito della qualità transitoria che contraddistingue ogni costruzione sto-
rica; si sarebbe passati, in altri termini, da un’analisi delle attuali condizio-
QLGLVLJQLÀFD]LRQHSROLWLFDDOODSHUHQWRULDHGHÀQLWLYDFKLXVXUDGHOSROLWLFR

56 Qui si tocca uno dei punti sui cui le posizioni di Laclau e Mouffe sembrano
sostanzialmente divergere. D’altra parte, se in Mouffe le lotte egemoniche
procedono verso una riarticolazione delle componenti dello stato (inteso
gramscianamente in senso integrale e non meramente coercitivo) in grado
di garantire il suo viraggio verso un agonismo democratico (cfr. C. Mouffe,
,O FRQÁLWWR GHPRFUDWLFR, Mimesis, Milano 2015), per Laclau la dimensione
GHPRFUDWLFD²XQDYROWDGHÀQLWDULFRUUHQGRDLFRQFHWWLGLHJHPRQLDXQLYHUVDOLWjH
antagonismo – è tale da trascendere ogni forma o pratica istituzionale contingente,
IRVVHDQFKHTXHOODSDUWLFRODUHFRQÀJXUD]LRQHFKHDOORVWDWRDWWXDOHJDUDQWLVFHOD
possibilità stessa di un confronto agonistico. Questo perché la “democraticità”
GHOOD GHPRFUD]LD QRQ ULVLHGH WDQWR LQ XQ UHJLPH VSHFLÀFR GL SURFHGXUH H
dunque, in un dato ordine simbolico (i quali potrebbero benissimo operare per la
neutralizzazione degli antagonismi in differenze), bensì nel suo essere «fondata
sull’esistenza di un soggetto democratico» (Laclau, La ragione populista, cit.,
p. 162), la cui emergenza è questione squisitamente politica, e niente affatto
giuridica o normativa.
30 Le fondamenta retoriche della società

stesso entro una teoria totalizzante, restia a concedere spazio ad alcuna


riserva così come ad alcuna resistenza.
A fronte di simili considerazioni, ci è sembrato che “fondamenta” po-
tesse dimostrarsi adatto a restituire il carattere a un tempo architettonico,
VWUDWLÀFDQWH H GLUHWWLYR GHOOH RSHUD]LRQL UHWRULFKH L FXL PRYLPHQWL H OD
FXLHIÀFDFLDVRVWHQJRQRO·DWWXDOHFRQÀJXUD]LRQHVRFLDOHDOWHPSRVWHVVR
tuttavia, si è voluto affermare, senza equivoci di sorta, come tale carattere
sia tutt’altro che monumentale, in quanto fautore di contestazioni e inter-
UX]LRQLSRUWDWRUHGLFRQÁLWWLHDQWDJRQLVPL6LqFHUFDWRFRVuGLDVFROWDUH
quell’urgenza, espressa dallo stesso Laclau, di «un tipo di immaginario
sociale più praticabile [...] in grado di spingere la politica in molte direzioni
diverse»57. In altre parole, in grado di disattendere ogni direzione detta-
WDGDOO·RYYLHWjHGDOO·DXWRPDWLVPRGDOODFULVWDOOL]]D]LRQHLGHQWLÀFDWRULDH
GDOODÀVVD]LRQHGLVFRUVLYDSURGXFHQGRODFLUFROD]LRQHGLQXRYHWUDLHWWRULH
GLVRJJHWWLYD]LRQHHLGHQWLÀFD]LRQHDIIUDQFDWHGDOOHIRUPHRUPDLFRQVXQ-
te della politica. Poiché è solo sulla base di simili fondamenta, là dove il
politico tende a confondersi con un processo a cui siamo costantemente
chiamati a partecipare, che la politica si trova a coincidere con la possibilità
VWHVVDGLXQDYLWDqSDUVROHJLWWLPRHVSRUUHÀQQHOWLWRORODWUDFFLDGLXQD
simile costruzione. È altrettanto chiaro, d’altra parte, che persino la propo-
sta di Laclau non sfugge ai suoi stessi concetti: proprio in quanto discorso
pre-occupato dai suoi effetti, essa si dimostra possedere precisi effetti di
leggibilità. Di conseguenza, se è pur sul terreno di una simile retorica ge-
QHUDOL]]DWD FKH L VRJJHWWL SUHQGRQR FRVFLHQ]D GHL FRQÁLWWL VRFLDOL H GHOOH
loro condizioni di esistenza, restano ancora da indagare le potenzialità e le
fragilità di una simile costruzione nel preparare una politica a venire.

57 E. Laclau, C. Muffe, M. Zournazi, Speranza, passione, politica. Conversazione


con Chantal Mouffe e Ernesto Laclau, cit., p. 127.

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