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Luigi Gioia

La Chiesa
Popolo di Dio in cammino
nella storia
La Costituzione Dogmatica
sulla Chiesa Lumen Gentium

Il Decreto sull’attività missionaria


della Chiesa Ad Gentes
© Tau Editrice 2013
Via Umbria, 148/7 - 06059 Todi (PG)
Tel. 075 8980433 - Fax 075 8987110
www.taueditrice.com

ISBN 978-88-6244-293-0

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non sia stato possibile rintracciare.
Agli amici di Seregno,
angeli nel mio cammino.
Sommario

1. L’iter della costituzione dogmatica Lumen Gentium..... pag. 2


2. Unità............................................................................................ ” 4
3. La Trinità..................................................................................... ” 5
4. La Chiesa come Popolo del Padre........................................ ” 7
4.1. La natura comunitaria della salvezza........................... ” 7
4.2. Relazione costitutiva alla Parola
per mezzo della fede.......................................................... ” 9
4.3. Appartenenza fondata sul battesimo e uguaglianza
dei membri.......................................................................... ” 9
4.4. La dignità sacerdotale dei battezzati............................. ” 11
4.5. La dignità profetica dei battezzati................................. ” 15
4.6. La dignità regale dei battezzati...................................... ” 16
4.7. Il ministero presbiterale e episcopale
e il carisma petrino nella Chiesa..................................... ” 19
(a) Ministero ordinato e carattere comunitario
della salvezza........................................................................ ” 21
(b) Il carattere fondamentalmente “locale”
della Chiesa.......................................................................... ” 23
(c) Il primato della proclamazione della Parola.......... ” 23
4.8. Il carattere inclusivo del disegno di salvezza................. ” 25
4.9. La solidarietà con tutta l’umanità fondata
su una reale inserzione nella storia......................................... ” 27
5. La Chiesa come Corpo di Cristo.......................................... ” 29
6. La Chiesa come sacramento................................................... ” 31
7. La Chiesa come Tempio dello Spirito Santo..................... ” 39

5
8. Il carattere missionario ed escatologico della Chiesa
in Lumen Gentium.................................................................... ” 45
9. Il carattere missionario ed escatologico
della Chiesa nel decreto Ad Gentes....................................... ” 48
9.1 L’iter del decreto Ad Gentes............................................... ” 48
9.2 Aspetti teologici.................................................................... ” 48

Indicazioni bibliografiche............................................................. ” 54
CAPITOLO 1
L’iter della costituzione
dogmatica Lumen Gentium

La costituzione dogmatica Lumen Gentium1 è certamente il


documento più importante del Concilio Vaticano II dal punto
di vista dottrinale. Essa contiene infatti il nucleo dello sviluppo
dogmatico apportato dal concilio su aspetti essenziali della teolo-
gia della Chiesa. Inoltre essa formula i fondamenti dogmatici che
furono poi sviluppati da altri documenti dello stesso Concilio in
una prospettiva più pastorale, soprattutto nella Gaudium et spes,
ma anche in diversi decreti, tra i quali Ad Gentes2, sulla missione,
che anche esamineremo in questo volume.
Dal punto di vista della sua genesi, la preistoria del documen-
to comincia con la fase preparatoria del Concilio nella quale una
serie di schemi dottrinali fu redatta da una commissione pre-
sieduta dal Card. Alfredo Ottaviani e con il P. Sebastian Tromp
come segretario. Essi vertevano su temi relativi alla Chiesa e a
Maria Madre di Dio e degli uomini. Lo schema della Costituzio-
ne sulla Chiesa elaborato in questa fase pre-conciliare era carat-
terizzato da una insistenza unilaterale sull’aspetto giuridico della
Chiesa piuttosto che sulla sua natura teologica; restava nel qua-
dro di una concezione della chiesa “militante” che lasciava poco
o nessuno spazio al suo aspetto escatologico; presentava la Chiesa

1 
D’ora in poi LG.
2 
D’ora in poi AG.

7
La Chiesa popolo di Dio in cammino nella storia

in una prospettiva piuttosto trionfale e trascurava la sua missione


fondamentale di testimonianza e di servizio.
Quando tale schema fu presentato ai padri conciliari nel mese
di novembre del 1962, malgrado le pressioni del Card. Otta-
viani per ottenerne un rapido avallo, i padri optarono per una
revisione sostanziale che fosse meno giuridica e più pastorale,
missionaria ed ecumenica.
I dibattiti relativi a questo primo confronto dei padri con lo
schema preconciliare permisero loro di prendere coscienza di
quanto la Chiesa dovesse diventare il tema principale del Conci-
lio. Un intervento del 4 dicembre 1962 del Card. Suenens influì
in maniera determinante in questo senso. Tale orientamento fu
poi sancito definitivamente dal discorso inaugurale della secon-
da sessione da parte del neo-eletto Papa Montini il quale indicò
nel tema della Chiesa l’argomento principale del Concilio (29
settembre 1963).
Durante la sessione inaugurata con questo discorso i padri
maturarono un consenso intorno ad alcune decisioni fondamen-
tali di carattere dottrinale perché esse guidassero in seguito la
redazione del testo finale della costituzione sulla Chiesa. Essi vo-
tarono allora una serie di proposizioni riguardo alla sacramenta-
lità dell’episcopato, alla sua natura collegiale, alla sua relazione
con il carisma petrino, al ripristino del diaconato permanente
e infine alla opportunità o meno di una trattazione relativa al
ruolo di Maria nell’economia della salvezza inserita nel docu-
mento sulla Chiesa. Questo voto si svolse il 29 ottobre 1963 e
il suo esito fu determinante per il prosieguo del concilio. Esso
rivelò infatti una inaspettata e larghissima maggioranza intorno a
questi temi (eccetto per la questione mariale) che confermò la di-
rezione impressa al concilio dai papi Giovanni XXIII e Paolo VI.
Ciò non disarmò tuttavia la pugnace resistenza di una minoranza
determinata a minimizzare il più possibile l’effetto di questi voti
sulla redazione finale e che ebbe una notevole influenza a causa
dell’appoggio che ricevette dalla curia romana.

8
L’iter della Costituzione dogmatica Lumen Gentium

Il testo che risultò da questo processo spesso difficoltoso fu


discusso e votato per la maggior parte nel mese di settembre e
ottobre del 1964, non senza momenti drammatici come quello
della introduzione di una nota previa sulla questione della colle-
gialità da parte della segreteria di Stato per l’interpretazione del
capitolo III della Costituzione il cui valore dottrinale resta con-
troverso. Nell’insieme però il documento finale rispettò la volon-
tà dei padri conciliari e ciò apparve chiaramente nella larghissima
maggioranza (2151 voti favorevoli e solo 5 contrari) con il quale
fu approvato il 21 novembre del 1964.
Piuttosto che un commento capitolo per capitolo, in que-
sto nostro contributo optiamo per una presentazione tematica
e trasversale del documento volta a coglierne le linee di forza
teologiche. Questo approccio non sarà esaustivo ma dovrebbe
permettere di percepire meglio la ricchezza teologica del testo ed
i suoi risvolti per la vita ecclesiale concreta.
Tutto il documento intende cogliere l’identità e la missione
della Chiesa alla luce del mistero trinitario, sia in se stesso che
nell’economia della salvezza. Per questo, le linee teologiche in-
torno alle quali si articola LG sono
1. prima di tutto l’unità e la Trinità
2. poi l’identità della Chiesa ricostruita a partire dall’azione delle
tre persone della Trinità, secondo le seguenti categorie bibli-
che:
a. il tema del popolo di Dio in riferimento al Padre
b. del corpo di Cristo in riferimento al Figlio
c. e infine del tempio dello Spirito Santo in riferimento alla
terza persona della Trinità
3. l’articolazione tra azione divina e identità della Chiesa è af-
frontata attraverso l’approccio della Chiesa come sacramento
4. infine la missione: poiché risulta dalla missione del Figlio e
dello Spirito Santo, la Chiesa ha una identità missionaria. Svi-
lupperemo questo tema non solo attraverso la LG ma anche
attraverso le precisazione del decreto sulla missione Ad Gentes.

9
CAPITOLO 2
Unità

Fin dal primo paragrafo di LG, nel proclamare la loro inten-


zione di illustrare con maggiore chiarezza ai fedeli e al mondo
intero la natura e la missione universale della Chiesa, i padri con-
ciliari affermano di essere mossi da un’urgenza:
Le presenti condizioni del mondo rendono più urgente questo do-
vere della Chiesa, affinché tutti gli uomini, oggi più strettamente
congiunti dai vari vincoli sociali, tecnici e culturali, possano anche
conseguire la piena unità in Cristo3.
A 50 anni di distanza dalla redazione di questo documento
tale urgenza sembra essersi ulteriormente acuita. Si parla di mon-
dializzazione per riferirsi alla crescente interdipendenza dei paesi
del mondo tra di loro, oggi percepibile fin nei minimi dettagli
della vita quotidiana. I prodotti di consumo corrente sono quasi
tutti fabbricati in paesi a volte geograficamente lontanissimi; i
legami economici sono tali che speculazioni in un’area geografica
si ripercuotono su tutto il globo e a tutti i livelli della società.
Cresce anche la consapevolezza della necessità di un coordina-
mento mondiale non solo per preservare la pace tra i popoli e
risolvere conflitti tra diverse nazioni, ma anche per affrontare la
sempre più drammatica crisi ecologica. Questa crescente interdi-
pendenza di tutta l’umanità fin nei dettagli quotidiani dell’esi-
stenza ha aspetti positivi ma genera anche gravi squilibri. Poche
sono le istanze internazionali che hanno effettivamente il potere

3 
LG 1.

11
La Chiesa popolo di Dio in cammino nella storia

di regolare fenomeni di dimensione planetaria e anche se esiste


un diritto internazionale la sua applicazione è spesso ostacolata
da interessi nazionali, specialmente quando a trasgredirlo sono le
nazioni più potenti.
Nel proclamare l’urgenza di affrontare pastoralmente questo
fenomeno di crescente interdipendenza dell’umanità, le scelte
lessicali di LG stabiliscono una distinzione tra quanto è possibile
conseguire umanamente e quanto invece si realizza solo attraver-
so la fede in Cristo. Se infatti i vincoli sociali, tecnici e culturali
si limitano a “congiungerci” (coniuncti) tra di noi, l’azione del
Padre, per mezzo di Cristo e nello Spirito Santo ci permette di
accedere alla sola unità degna di questo nome, una unità auten-
tica e durevole.
Quanto questo tema dell’unità strutturi il discorso di LG ap-
pare per mezzo della inclusione che unisce questo paragrafo in-
troduttivo alla conclusione del paragrafo 4, dove si afferma
“Così la Chiesa universale si presenta come un popolo radunato
dall’unità del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo4”.
Dal punto di vista cristiano, la sola vera unità è quella rea-
lizzata dalla Trinità, vale a dire quella che risulta dall’iniziativa
del Padre ed è realizzata per mezzo di Cristo nello Spirito Santo.
Questo spiega perché immediatamente dopo questo paragrafo
introduttivo vi è una sezione dedicata appunto all’azione trinita-
ria in relazione al mistero della Chiesa.

4 
LG 4. La traduzione ufficiale dice: “Così la Chiesa universale si presenta
come un popolo che deriva la sua unità dall’unità del Padre, del Figlio e dello
Spirito Santo”, ma ciò non rispecchia fedelmente il testo latino che afferma:
“Sic apparet universa Ecclesia sicuti de unitate Patris et Filii et Spiritus San-
cti plebs adunata”. La traduzione “che deriva la sua unità” non rende suffi-
cientemente l’azione trinitaria volutamente sottolineata con il parallelo “de
unitate… adunata” che è dunque meglio rendere con “un popolo radunato
dall’unità (o nell’unità) del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo”.

12
CAPITOLO 3

La Trinità

Il giusto modo di stabilire la relazione tra la Trinità e la Chiesa


è uno dei nodi più delicati della ecclesiologia. Significativamen-
te, LG parte non tanto dalla pluralità nella Trinità ma dalla sua
unità e afferma, come abbiamo visto, che la Chiesa “è il popolo
radunato dall’unità del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo”,
vale a dire che è il popolo radunato secondo il tipo, la forma
di unità che esiste tra il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo. Non
si tratta di tre entità unite tra di loro in modo indifferenziato.
Nella vita trinitaria vi è un ordo, una direzione che il Nuovo Te-
stamento esprime non giustapponendo il Padre e il Figlio e lo
Spirito Santo, ma dinamicamente parlando del Padre dal quale
tutto proviene e al quale tutto ritorna per mezzo del Figlio nello
Spirito Santo.
Si può pensare che questa sia una disquisizione puramente
teorica, quando invece essa ha delle ramificazioni capitali quanto
alla comprensione del modo nel quale siamo salvati e, conse-
guentemente, del mistero della Chiesa.
Riprendendo la lettera di Paolo agli Efesini, LG radica il mi-
stero della Chiesa nella iniziativa del Padre che prima ancora del-
la creazione ci ha eletti, scelti in modo speciale, in modo unico.
Il Padre non ha semplicemente creato l’umanità, ma fin dal prin-
cipio l’ha voluta in vista di una relazione speciale con lui: non la
relazione che esiste tra il datore dell’essere e ciò che esiste, tra un
artigiano e il risultato del suo lavoro, ma quella che esiste tra un
padre ed un figlio:

13
La Chiesa popolo di Dio in cammino nella storia

[Il Padre] ci ha scelti in lui [il Figlio] prima della fondazione del
mondo e ci ha predestinati ad essere adottati in figli, perché in lui
volle accentrare tutte le cose (cfr. Ef 1, 4-5 e 10)5.
Non abbiamo dunque semplicemente ricevuto vita, movi-
mento ed essere dal Padre, ma anche un orientamento, un de-
stino: diventare figli nel Figlio per entrare nella vita trinitaria ap-
punto a titolo di figli, vale a dire come coloro che sanno di dovere
tutto al Padre e glielo testimoniano attraverso il dono di tutto se
stessi nel rendimento di grazie.
L’aspetto più fondamentale dell’identità della Chiesa è quindi
di essere la comunità di coloro che diventano una cosa sola con il
Figlio per poter ritornare al Padre:
Tutti infatti quelli che ha scelto, il Padre fino dall’eternità « li ha di-
stinti e li ha predestinati a essere conformi all’immagine del Figlio
suo, affinché egli sia il primogenito tra molti fratelli » (Rm 8, 29)6.
È per questo che è la fede in Cristo, è l’adesione a Cristo, è
“l’immersione” (il battesimo) in Cristo che ci integra alla Chiesa:
“I credenti in Cristo, li ha voluti chiamare a formare la santa
Chiesa”7. È per questo ancora che unirsi al corpo di Cristo attra-
verso l’eucaristia è così fondamentale per l’identità del cristiano e
della Chiesa. Solo diventando una cosa sola con Cristo, solo uni-
ti al corpo di Cristo (inteso sia come eucaristia che come Chiesa)
si realizza il disegno paterno di salvezza su di noi:
E insieme, col sacramento del pane eucaristico, viene rappresentata
ed effettuata l’unità dei fedeli, che costituiscono un solo corpo in
Cristo (cfr. 1 Cor 10, 17)8.
E per essere uniti a Cristo, per vivere della sua vita, per diven-
tare un solo corpo con lui, dobbiamo ricevere il suo Spirito, lo
Spirito di Cristo, nel quale, come figli nel Figlio, siamo riuniti al

5 
LG 3.
6 
LG 2.
7 
LG 2.
8 
LG 3.

14
La Trinità

Padre: “ i credenti [hanno] così attraverso Cristo accesso al Padre


in un solo Spirito (cfr. Ef 2, 18)”9.
Tutto il resto della costituzione conciliare dettaglia il carat-
tere trinitario della Chiesa delineato nei paragrafi introduttivi.
Per capire bene il mistero della Chiesa in questa luce si può af-
fermare che parlare della Chiesa in realtà è parlare semplicemente
dell’azione trinitaria, di ciò che Dio Padre, Figlio e Spirito Santo
opera(no). Ciò che chiamiamo “Chiesa” è il Padre che ci vuole
con sé, il Figlio che ci convoca e lo Spirito Santo che ci unisce al
Figlio per ricondurci al Padre. Se diciamo che la Chiesa è l’azione
di Dio è perché essa è ciò che viene all’esistenza quando il Padre
vuole, il Figlio convoca, lo Spirito Santo riunisce.
Se dunque il destino dell’umanità è quello di ricongiunger-
si al Padre, ciò si realizza attraverso l’unione in Cristo e il solo
modo di essere uniti a Cristo è l’amore che ci congiunge a lui e
che unendoci a lui ci unifica tra di noi – e questo amore è ciò che
lo Spirito Santo versa nei nostri cuori. Per questo LG sceglie di
parlare della Chiesa prima di tutto in termini di unità, di unio-
ne, di comunione: la Chiesa è il segno e lo strumento di questa
comunione.
La Chiesa è, in Cristo […] il segno e lo strumento dell’intima unio-
ne con Dio e dell’unità di tutto il genere umano10.
Questo spiega quindi le tre grandi articolazioni teologiche o
trinitarie intorno alle quali LG, a seguito del Nuovo Testamento,
sviluppa la sua presentazione del mistero della Chiesa, vale a dire
popolo di Dio (cioè del Padre), corpo di Cristo, tempio dello Spirito
Santo.

9 
LG 4.
10 
LG 1.

15
CAPITOLO 4

La Chiesa come
Popolo del Padre

I tre temi biblici del popolo di Dio (cioè del Padre), del corpo
di Cristo e del tempio dello Spirito Santo sono inseparabili e
ugualmente indispensabili per capire cosa sia la Chiesa, un po’
come si può dire di conoscere una montagna solo quando se
ne sono esplorati uno dopo l’altro tutti i versanti. Questo è un
principio fondamentale in teologia perché l’identità di Dio e la
natura della salvezza sfuggono alla nostra comprensione e possia-
mo accedervi solo attraverso diverse immagini che si completano
tra di loro.
Ciò non vuol dire però che alcune immagini non permettano
di cogliere più appropriatamente di altre il mistero della Chiesa.
È questo certamente il caso per il tema del popolo di Dio. I Padri
del Concilio preferirono questo tema, come appare chiaramente
dalla struttura del testo che dedica un intero capitolo a questo
argomento11. Il tema della Chiesa come popolo di Dio ebbe una
certa fortuna subito dopo il Concilio, a dire il vero non sempre
teologicamente felice, e poi conobbe una strana eclissi non solo
dal punto di vista teologico ma soprattutto nel magistero sulla
quale ritorneremo.
Considerare la Chiesa come popolo di Dio è preferibile per-
ché permette di onorare pienamente la storicità della Chiesa e,

11 
LG 9-17.

17
La Chiesa popolo di Dio in cammino nella storia

conseguentemente, di integrare teologicamente il dispiegamento


progressivo della sua identità. In modo particolare, la categoria
storica, sociale, biblica e teologica di “popolo” permette di espri-
mere con particolare chiarezza:
1. la natura essenzialmente comunitaria della salvezza;
2. la relazione costitutiva della Chiesa alla Parola di Dio per
mezzo della fede;
3. l’appartenenza alla Chiesa fondata sul battesimo e la conse-
guente uguaglianza dei suoi membri;
4. la loro comune dignità sacerdotale
5. la dignità profetica e
6. la dignità regale;
7. il ruolo del ministero ordinato presbiterale e episcopale e del
carisma petrino, essenziali ma subordinati al battesimo;
8. il carattere inclusivo del disegno di salvezza;
9. infine la solidarietà con tutta l’umanità fondata su una reale
inserzione nella storia.
Passiamo all’analisi dettagliata di ognuno di questi elementi.

4.1. La natura comunitaria della salvezza


Quando leggiamo il manuale di istruzioni di un frullatore
sappiamo che qualcuno lo ha stilato, ma non abbiamo nessun
elemento per capire quali possano essere il carattere o i gusti o
le preoccupazioni del suo redattore: essi non lasciano traccia nel
testo. Quando invece leggiamo una poesia o un romanzo, anche
se l’autore è anonimo, possiamo ricostruire tanti aspetti del suo
carattere e addirittura del suo inconscio perché questo genere
letterario non esprime solo la competenza tecnica dell’autore ma
lascia trasparire anche la sua identità. Questo esempio ci permette
di illustrare un dato teologico fondamentale riguardo alla sal-
vezza. Il Signore non ci salva meccanicamente, impersonalmente
come nel caso della redazione di un manuale di istruzioni. Essere
salvati non è semplicemente essere liberati da un ostacolo o rice-
vere una forza nuova per compiere il bene, ma essere “tras-for-
mati”, cioè ricevere una forma nuova, diventare come dice Paolo

18
La Chiesa come Popolo del Padre

“creature nuove”. È un’opera creativa, come quella di chi scrive


un romanzo (non per nulla si parla di “creazione artistica”) che
riceve l’impronta, che assume la forma, esprime l’identità del suo
autore, cioè di Dio. E siccome Dio è Trinità, cioè è comunione,
è scambio di vita e di amore, la forma che prenderà la salvezza
sarà proprio questa: una comunione, una circolazione di vita e di
amore. È questo ciò che si intende quando si parla della natura
essenzialmente (o costitutivamente) comunitaria della salvezza,
secondo quanto affermato in LG:
Dio volle santificare e salvare gli uomini non individualmente e sen-
za alcun legame tra loro, ma volle costituire di loro un popolo, che lo
riconoscesse secondo la verità e lo servisse nella santità12.
Ogni volta che Dio interviene nella storia appare una comu-
nità, un popolo, un’alleanza ed è così riattivato il disegno origi-
nale del Padre il quale “in principio creò la natura umana una
e volle infine radunare insieme i suoi figli dispersi (cfr. Gv 11,
52)13. Ecco perché tutto l’Antico Testamento è la storia di un
popolo, Israele, e della infinita pazienza con la quale il Signore
instancabilmente lo riconvoca, lo ricompatta malgrado la costan-
te forza disgregatrice del peccato e dell’idolatria. Ecco perché la
forma che assume la salvezza nell’Antico Testamento e nel Nuo-
vo Testamento è quello dell’alleanza, della riconciliazione, della
pace14. L’elezione di un popolo particolare in un angolo piccolo
e relativamente oscuro della terra era solo un primo passo nel
disegno di eleggere e convocare tutta l’umanità. Ma il mezzo
attraverso il quale questa riunificazione dell’umanità si realizza
consiste nell’integrazione ad una comunità, ad un popolo:
Perciò il popolo messianico, pur non comprendendo effettivamen-
te l’universalità degli uomini e apparendo talora come un piccolo

12 
LG 9.
13 
LG 13
14 
LG 9: “Scelse quindi per sé il popolo israelita, stabilì con lui un’alleanza e
lo formò lentamente, manifestando nella sua storia se stesso e i suoi disegni e
santificandolo per sé”.

19
La Chiesa popolo di Dio in cammino nella storia

gregge, costituisce tuttavia per tutta l’umanità il germe più forte di


unità, di speranza e di salvezza. Costituito da Cristo per una comu-
nione di vita, di carità e di verità, è pure da lui assunto ad essere
strumento della redenzione di tutti e, quale luce del mondo e sale
della terra (cfr. Mt 5, 13-16), è inviato a tutto il mondo15.
Si è colpiti constatando che Cristo non ha lasciato dietro di sé
nessun libro, nessuna parola scritta, nessun credo o sistema dot-
trinale, ma solo una comunità visibile, quella dei suoi discepoli,
costituita intorno ad un nucleo di 12 persone, come 12 erano le
tribù del popolo di Israele. Era questo un modo simbolico per
manifestare la continuità tra la modalità di salvezza dell’Antico
Testamento e quella del Nuovo Testamento: in entrambi i casi
Dio salva attraverso l’integrazione ad un popolo. La sola diffe-
renza è che nell’Antico Testamento ci si integrava ad una etnia
particolare per mezzo della circoncisione mentre nel Nuovo Te-
stamento ci si integra ad una comunità di fede per mezzo del
battesimo, cioè dell’adesione, dell’“incorporazione” a Cristo.

4.2. Relazione costitutiva alla Parola per mezzo della


fede
Il tema del popolo di Dio situa l’adesione di fede a Dio attraverso
l’ascolto della sua Parola come fondamento dell’identità e della vita
della Chiesa. Già Israele era stato costituito come popolo quan-
do, dopo aver ascoltato la Parola di Dio data da Mosè sul Monte
Sinai, vi aveva creduto, vi aveva aderito accettandone le esigenze
e aveva sancito l’alleanza fondata su questa parola con l’offerta di
un sacrificio.
Il nome stesso di “Chiesa” esprime questa verità: essa viene
dal greco egkaleo, “con-vocare”, “con-chiamare”. Essa è la comu-
nità di coloro che sono chiamati “con”, vale a dire “insieme”; la
Chiesa è ciò che appare quando delle persone sentono la chiama-
ta di Dio e aderendo a Dio diventano una cosa sola tra di loro:

15 
LG 9.

20
La Chiesa come Popolo del Padre

Come già l’Israele secondo la carne peregrinante nel deserto viene


chiamato Chiesa di Dio (Dt 23, 1 ss.), così il nuovo Israele dell’era
presente, che cammina alla ricerca della città futura e permanente
(cfr. Eb 13, 14), si chiama pure Chiesa di Cristo (cfr. Mt 16, 18).
… Dio ha convocato tutti coloro che guardano con fede a Gesù,
autore della salvezza e principio di unità e di pace, e ne ha costituito
la Chiesa, perché sia agli occhi di tutti e di ciascuno, il sacramento
visibile di questa unità salvifica16.

4.3. Appartenenza fondata sul battesimo e uguaglian-


za dei membri
Tale e tanta è stata nella Chiesa della contro-Riforma la rea-
zione apologetica anti-Protestante per affermare la necessità del
ministero ordinato e della struttura gerarchica della Chiesa che si
era finito con il dimenticare la verità biblica e teologica brillante-
mente espressa da S. Agostino:
Se mi spaventa l’essere per voi, mi rassicura l’essere con voi. Per-
ché per voi sono vescovo, con voi sono cristiano. Quello è nome
di ufficio, questo di grazia; quello è nome di pericolo, questo di
salvezza”17.
Il ministero ordinato (diaconi, presbiteri e vescovi, ivi com-
preso il carisma petrino, quello cioè del papa) sono, nelle parole
di Agostino, “il nome di un ufficio”, hanno un valore puramente
funzionale, sono cioè al servizio del sacerdozio battesimale. Il mi-
nistero ordinato è un mezzo, uno strumento; il fine è diventare
una sola cosa con Cristo.
Se lo scopo della vita cristiana è avere accesso al Padre per
mezzo di Cristo nello Spirito Santo per la vita eterna allora non
è essere presbitero, vescovo o papa la cosa più importante, ma
essere cristiano, essere figlio di Dio. E sotto questo punto di vi-
sta, l’uguaglianza tra tutti i cristiani è più importante di tutte le

16 
LG 9.
17 
S. AGOSTINO, Serm. 340, 1, PL 38, 1483, citato da LG 32.

21
La Chiesa popolo di Dio in cammino nella storia

distinzioni, di tutte le diversità dei pur necessari ministeri e delle


funzioni che si dispiegano nell’economia della salvezza. Conside-
rare la Chiesa come popolo di Dio permette di sviluppare questo
aspetto con particolare chiarezza e i passaggi della LG che descri-
vono l’uguale dignità dei figli di Dio sono forse tra i più lirici di
tutto il documento:
Questo popolo messianico … ha per condizione la dignità e la li-
bertà dei figli di Dio, nel cuore dei quali dimora lo Spirito Santo
come in un tempio18.

Questo popolo messianico


• ha per capo Cristo « dato a morte per i nostri peccati e risusci-
tato per la nostra giustificazione » (Rm 4, 25), e che ora, dopo
essersi acquistato un nome che è al di sopra di ogni altro nome,
regna glorioso in cielo.
• Ha per condizione la dignità e la libertà dei figli di Dio, nel cuore
dei quali dimora lo Spirito Santo come in un tempio.
• Ha per legge il nuovo precetto di amare come lo stesso Cristo ci
ha amati (cfr. Gv 13, 34).
• E finalmente, ha per fine il regno di Dio, incominciato in terra
dallo stesso Dio, e che deve essere ulteriormente dilatato, finché
alla fine dei secoli sia da lui portato a compimento, quando
comparirà Cristo, vita nostra (cfr. Col 3, 4) e «anche le stesse
creature saranno liberate dalla schiavitù della corruzione per
partecipare alla gloriosa libertà dei figli di Dio» (Rm 8, 21)19.

Non c’è quindi che un popolo di Dio scelto da lui: «un solo Signo-
re, una sola fede, un solo battesimo» (Ef 4, 5);
• comune è la dignità dei membri per la loro rigenerazione in
Cristo,
• comune la grazia di adozione filiale,
• comune la vocazione alla perfezione; non c’è che una sola salvez-
za, una sola speranza e una carità senza divisioni.

18 
LG 9.
19 
LG 10.

22
La Chiesa come Popolo del Padre

• Nessuna ineguaglianza quindi in Cristo e nella Chiesa per ri-


guardo alla stirpe o nazione, alla condizione sociale o al sesso,
poiché « non c’è né Giudeo né Gentile, non c’è né schiavo né
libero, non c’è né uomo né donna: tutti voi siete uno in Cristo
Gesù» (Gal 3, 28 gr.; cfr. Col 3, 11).
Se quindi nella Chiesa non tutti camminano per la stessa via, tutti
però sono chiamati alla santità e hanno ricevuto a titolo uguale
la fede che introduce nella giustizia di Dio (cfr. 2 Pt 1, 1). Quan-
tunque alcuni per volontà di Cristo siano costituiti dottori, dispensa-
tori dei misteri e pastori per gli altri, tuttavia vige fra tutti una vera
uguaglianza riguardo alla dignità e all’azione comune a tutti i fedeli
nell’edificare il corpo di Cristo20.

4.4. La dignità sacerdotale dei battezzati


L’utilizzo del vocabolario sacerdotale per parlare della voca-
zione battesimale è largamente attestato nel Nuovo Testamento:
Cristo Signore, pontefice assunto di mezzo agli uomini (cfr. Eb
5, 1-5), fece del nuovo popolo « un regno e sacerdoti per il Dio e
il Padre suo » (Ap 1, 6; cfr. 5, 9-10). Infatti per la rigenerazione e
l’unzione dello Spirito Santo i battezzati vengono consacrati per for-
mare un tempio spirituale e un sacerdozio santo, per offrire, mediante
tutte le attività del cristiano, spirituali sacrifici, e far conoscere i
prodigi di colui, che dalle tenebre li chiamò all’ammirabile sua luce
(cfr. 1 Pt 2, 4-10). Tutti quindi i discepoli di Cristo, perseverando
nella preghiera e lodando insieme Dio (cfr. At 2, 42-47), offrano
se stessi come vittima viva, santa, gradevole a Dio (cfr. Rm 12, 1),
rendano dovunque testimonianza di Cristo e, a chi la richieda, ren-
dano ragione della speranza che è in essi di una vita eterna (cfr. 1
Pt 3, 15)21.
In cosa consista questo culto spirituale che tutti i battezzati
sono abilitati ad offrire, LG lo precisa in diversi punti, ma sostan-
zialmente si tratta sempre di espressioni analoghe alle seguenti:

20 
LG 32.
21 
LG 10.

23
La Chiesa popolo di Dio in cammino nella storia

Tutte infatti le loro attività, preghiere e iniziative apostoliche, la vita


coniugale e familiare, il lavoro giornaliero, il sollievo spirituale e
corporale, se sono compiute nello Spirito, e anche le molestie della
vita, se sono sopportate con pazienza, diventano offerte spirituali
gradite a Dio attraverso Gesù Cristo (cfr. 1 Pt 2, 5) e nella celebra-
zione dell’eucaristia sono in tutta pietà presentate al Padre insieme
all’oblazione del Corpo del Signore. Così anche i laici, in quanto
adoratori dovunque santamente operanti, consacrano a Dio il mon-
do stesso22.
La preoccupazione apologetica anti-Protestante summenzio-
nata però causò l’inserzione di una frase nella sezione dedicata al
sacerdozio battesimale che stilisticamente e teologicamente stride
nel contesto del capitolo II sul popolo di Dio. Si tratta di uno
dei tanti passaggi dei documenti del Concilio Vaticano II che,
pur testimoniando del lodevole sforzo di elaborare testi che po-
tessero essere più largamente condivisi, mancano di incisività da
un punto di vista più strettamente teologico. Così, nel paragrafo
che LG dedica al sacerdozio comune dei fedeli fu introdotto un
paragrafo del quale occorre far rilevare alcuni limiti.
Vi si afferma che
Il sacerdozio comune dei fedeli e il sacerdozio ministeriale o gerar-
chico, quantunque differiscano essenzialmente e non solo di grado,
sono tuttavia ordinati l’uno all’altro, poiché l’uno e l’altro, ognuno
a suo proprio modo, partecipano dell’unico sacerdozio di Cristo23.
Prima di tutto, da un punto di vista biblico, il termine “sa-
cerdozio” si applica propriamente solo a Cristo e ai battezzati.
Come è noto mai il Nuovo Testamento applica il vocabolario
sacerdotale dell’Antico Testamento al ministero ordinato. Vi è
quindi da una parte il sacerdozio (senza bisogno di specificare
“comune”) dei fedeli (o “battesimale”) e dall’altro quello che
sarebbe più esatto chiamare il ministero ordinato presbiterale (o
episcopale). Inoltre affermare che il sacerdozio battesimale ed il

22 
LG 34.
23 
LG 10.

24
La Chiesa come Popolo del Padre

ministero presbiterale (episcopale) sono ordinati l’uno all’altro


non è esatto perché è il ministero presbiterale che è “ordinato al”
cioè “a servizio del” sacerdozio battesimale e non viceversa (e del
resto sarebbe difficile capire come). Il sacerdozio battesimale è or-
dinato alla glorificazione di Dio e alla santificazione dell’umanità
per mezzo del ministero presbiterale.
Va anche chiarita teologicamente la precisione riguardo alla
differenza tra sacerdozio battesimale e ministero presbiterale
espressa nella formula “essenzialmente e non solo di grado” (es-
sentia et non gradu). Infatti non vi è nulla di superiore al sacerdozio
battesimale: in esso consiste la dignità del cristiano, esso è il titolo
di gloria più importante presso Dio, esso è ciò che permette di
accedere alla scopo della vita cristiana, diventare cioè un’offerta
gradita al Padre, in Cristo, nello Spirito Santo (la “grazia” nella
citazione di Agostino) ed è eterno. Il ministero ordinato invece è
funzionale (“ufficio” nella citazione di Agostino), provvisorio poi-
ché non sarà più necessario nella vita futura e per il ministro stes-
so non sostituisce il suo sacerdozio battesimale, nel quale consiste
la sua dignità fondamentale. Ciò non vuol dire che il ministero
ordinato (presbiterale e episcopale) non sia essenziale o necessa-
rio nella vita della Chiesa, come vedremo meglio più avanti.
Infine, i limiti di questo passaggio si manifestano nella descri-
zione riduttiva del sacerdozio dei fedeli secondo la quale i bat-
tezzati “esercitano il loro sacerdozio col ricevere i sacramenti”24.
Inconsapevolmente una tale espressione testimonia di una con-
cezione dei sacramenti in termini di distribuzione e non di parte-
cipazione, vale a dire non in riferimento ad una celebrazione nella
quale i ruoli sono diversi, tutti attivi e tutti ugualmente necessari e
complementari. Fortunatamente, basterà passare al numero suc-
cessivo di LG per trovare una descrizione più ampia e corretta del
sacerdozio battesimale:

24 
LG 10.

25
La Chiesa popolo di Dio in cammino nella storia

Partecipando al sacrificio eucaristico, fonte e apice di tutta la vita


cristiana, [i battezzati] offrono a Dio la vittima divina e se stessi
con essa così tutti, sia con l’offerta che con la santa comunione,
compiono la propria parte nell’azione liturgica, non però in maniera
indifferenziata, bensì ciascuno a modo suo. Cibandosi poi del corpo
di Cristo nella santa comunione, mostrano concretamente l’unità
del popolo di Dio, che da questo augustissimo sacramento è ade-
guatamente espressa e mirabilmente effettuata25.
Quanto affermato riguardo all’aspetto sacerdotale, profetico
e regale del battesimo nel capitolo II sul popolo di Dio è poi
ripreso ed approfondito nella Lumen Gentium dal capitolo IV
sui laici:
Col nome di laici si intende qui l’insieme dei cristiani ad esclusione
dei membri dell’ordine sacro e dello stato religioso sancito nella
Chiesa, i fedeli cioè, che,
• dopo essere stati incorporati a Cristo col battesimo
• e costituiti popolo di Dio e, nella loro misura, resi partecipi
dell’ufficio sacerdotale, profetico e regale di Cristo,
• per la loro parte compiono, nella Chiesa e nel mondo, la mis-
sione propria di tutto il popolo cristiano26.
Il concetto di “laici” e l’espressione “apostolato dei laici” sono
ispirati dalla lodevole intenzione di sottolineare il radicamento
della vocazione missionaria della Chiesa nel battesimo e il co-
mune dovere di tutti di parteciparvi. Occorre però, a cinquanta
anni di distanza dal Concilio, chiedersi se tali categorie siano
sufficientemente precise da un punto di vista teologico e davvero
feconde da un punto di vista pastorale.
All’inizio del capitolo IV sui laici non si può non notare un
certo paternalismo nel tono del documento:
I sacri pastori, infatti, sanno benissimo quanto i laici contribuisca-
no al bene di tutta la Chiesa. … Sanno di non essere stati istituiti

25 
LG 11.
26 
LG 31

26
La Chiesa come Popolo del Padre

da Cristo per assumersi da soli tutto il peso della missione salvifica


della Chiesa verso il mondo27.
Questo passaggio tradisce una visione della Chiesa che di fat-
to si identifica con i ministri ordinati (presbiteri e vescovi) e solo
per estensione ammette l’idea che i “laici” possano anche loro
partecipare attivamente alla missione salvifica della Chiesa. Pur
facendo parte di LG, è un passaggio che sembra non tener conto
di tutto quanto il resto del documento afferma riguardo al radi-
camento della vocazione missionaria della Chiesa nel battesimo e
specificamente nel suo carattere regale, come vedremo più in bas-
so. Certo, la categoria di “laici” ha un valore pratico perché essa si
riferisce ad una modalità particolare della grazia e della vocazione
battesimale che il concilio chiama il suo “carattere secolare”:
Il carattere secolare è proprio e peculiare dei laici. …Per loro vo-
cazione è proprio dei laici cercare il regno di Dio trattando le cose
temporali e ordinandole secondo Dio. Vivono nel secolo, cioè im-
plicati in tutti i diversi doveri e lavori del mondo e nelle ordinarie
condizioni della vita familiare e sociale, di cui la loro esistenza è
come intessuta28.
Questo è certamente esatto, ma non deve far passare in secon-
do piano il primato del battesimo e la fondamentale uguaglianza
dei cristiani rispetto alla vocazione salvifica della Chiesa che è
appunto quella di essere missionaria a tutti i suoi livelli ed in tutti
i suoi membri, seppure in modo diverso a seconda della varietà
dei ministeri e dei carismi. È questa l’ambiguità che permane
nell’espressione “apostolato dei laici” che sembra riconoscere il
carattere apostolico (cioè missionario) della vocazione battesima-
le solo in un senso derivato, quando invece tutti i cristiani sono
ugualmente “inviati” per testimoniare del Regno di Dio in virtù
del battesimo stesso e del carattere regale e profetico che esso

27 
LG 30.
28 
LG 31.

27
La Chiesa popolo di Dio in cammino nella storia

conferisce loro. Questo LG lo riconosce esplicitamente altrove


quando afferma:
L’apostolato dei laici è quindi partecipazione alla missione salvifica
stessa della Chiesa;
• a questo apostolato sono tutti destinati dal Signore stesso per
mezzo del battesimo e della confermazione.
• Dai sacramenti poi, e specialmente dalla sacra eucaristia, viene
comunicata e alimentata quella carità verso Dio e gli uomini
che è l’anima di tutto l’apostolato.
• Ma i laici sono soprattutto chiamati a rendere presente e ope-
rosa la Chiesa in quei luoghi e in quelle circostanze, in cui essa
non può diventare sale della terra se non per loro mezzo. Così
ogni laico, in virtù dei doni che gli sono stati fatti, è testimonio
e insieme vivo strumento della stessa missione della Chiesa «
secondo la misura del dono del Cristo » (Ef 4, 7).
• Oltre a questo apostolato, che spetta a tutti i fedeli senza ecce-
zione… 29.
Da un lato, dunque, la maggior parte del documento testi-
monia di un pieno riconoscimento del carattere salvifico e mis-
sionario della vocazione battesimale con al suo servizio il mini-
stero ordinato; dall’altra, però, alcuni passaggi ed alcuni termini
come quelli appena esaminati sono ancora l’espressione di un
certo clericalismo che continua a caratterizzare purtroppo ancora
a molti livelli l’autocomprensione della Chiesa e che solo un pie-
no sviluppo della nozione di quest’ultima come popolo di Dio
permetterà progressivamente di superare.

4.5. La dignità profetica dei battezzati


Quando si parla della dignità profetica del battesimo ci si rife-
risce in generale all’abilitazione conferita da questo sacramento a
“parlare per” Dio, a “parlare in nome di” Dio, per proclamare la
sua Parola, per consolare, edificare e contribuire così all’avvento

29 
LG 33.

28
La Chiesa come Popolo del Padre

del Regno di Dio. In senso proprio, il solo profeta è naturalmen-


te Cristo:
Cristo, il grande profeta, il quale con la testimonianza della sua vita
e con la potenza della sua parola ha proclamato il regno del Padre,
adempie il suo ufficio profetico fino alla piena manifestazione della
gloria30.

La Parola resta viva ed efficace, come dice la lettera agli Ebrei,


solo nella misura in cui resta Parola appunto “di Dio”, vale a dire
proferita da Dio. Cristo, nel suo Spirito, continua a parlare nella
Chiesa
non solo per mezzo della gerarchia, che insegna in nome e con la
potestà di lui, ma anche per mezzo dei laici, che perciò costituisce
suoi testimoni provvedendoli del senso della fede e della grazia del-
la parola (cfr. At 2, 17-18; Ap 19, 10), perché la forza del Vangelo
risplenda nella vita quotidiana, familiare e sociale31.

Questa partecipazione all’ufficio profetico di Cristo si mani-


festa in quello che più profondamente “parla di “ Dio, conferisce
eloquenza a tutto quello che si può dire in nome di Dio, vale a
dire la testimonianza di una vita in coerenza con il messaggio
annunciato. Per questo in entrambe le descrizioni del carattere
profetico del battesimo che troviamo in LG (nn. 12 e 34), la
testimonianza di vita appare per prima, anche se nella sezione
dedicata ai laici tale forma di annuncio è presentata in modo più
ampio come vera e propria “evangelizzazione”:
Questa evangelizzazione o annunzio di Cristo fatto con la testimo-
nianza della vita e con la parola acquista una certa nota specifica e
una particolare efficacia dal fatto che viene compiuta nelle comuni
condizioni del secolo. … I laici quindi, anche quando sono occu-
pati in cure temporali, possono e devono esercitare una preziosa azione

30 
LG 35.
31 
LG 35.

29
La Chiesa popolo di Dio in cammino nella storia

per l’evangelizzazione del mondo. … bisogna tuttavia che tutti coo-


perino all’estensione e al progresso del regno di Cristo nel mondo32.
Alla dignità profetica battesimale è poi significativamente col-
legato il “senso della fede”. Poiché, infatti, lo Spirito Santo istru-
isce ciascun cristiano interiormente (1 Gv 2, 20 e 27), quando
tutti i fedeli maturano un consenso universale in materia di fede
e di morale “non possono sbagliarsi nel credere”33, vale a dire che
hanno la promessa di essere guidati e assisiti dallo Spirito che
introduce la Chiesa nella verità tutta intera (Gv 16, 13).
Alla dignità profetica, infine, LG collega l’azione dello Spirito
Santo per rendere ciascun cristiano adatto ad “assumersi vari in-
carichi e uffici utili al rinnovamento e alla maggiore espansione
della Chiesa in virtù di doni o di carismi che egli dispensa libe-
ramente tra i fedeli”34. A questo riguardo, uno dei ruoli princi-
pali del ministero ordinato è proprio quello di riconoscere questi
doni e di promuoverne l’esercizio nella Chiesa: ai ministri “spetta
soprattutto di non estinguere lo Spirito, ma di esaminare tutto e
ritenere ciò che è buono (cfr. 1 Ts 5, 12 e 19-21)”35.

4.6. La dignità regale dei battezzati


LG tratta del carattere regale della dignità battesimale asso-
ciandolo alla cattolicità della Chiesa, vale a dire alla sua voca-
zione ad estendersi a tutti i luoghi e in tutti i tempi fino ad acco-
gliere tutta l’umanità e conseguentemente alla sua fondamentale
identità missionaria. Parlare di “regalità” sembra anacronistico
in un tempo nel quale questa forma di esercizio politico è stata
ampiamente superata in quasi tutto il mondo a favore di forme
partecipative o democratiche, ma ha il vantaggio di cogliere un
aspetto costante del disegno salvifico divino che unisce la prima
e la seconda alleanza. Vi è un solo re, Cristo, e vi è un popolo “di

32 
LG 34.
33 
LG 12.
34 
LG 12.
35 
LG 12.

30
La Chiesa come Popolo del Padre

sacerdoti e di re”, cioè un solo popolo dotato della prerogativa di


un “sacerdozio regale”. L’esclusività e il carattere spesso arbitrario
della funzione regale nel suo significato secolare è superata teo-
logicamente dall’intenzione divina di estenderla ad ogni persona, a
creare un popolo di re, non un popolo sotto un re, ma un popolo
dove ognuno è un re. Cosa voglia dire “regnare” in questo senso lo
si capisce prendendo in considerazione il legame costitutivo della
dignità regale, di quella sacerdotale e di quella profetica: il cri-
stiano regna facendo della sua vita e della sua azione missionaria
un sacrificio gradito a Dio; regna, come dice significativamente
Paolo nella lettera ai Romani, “adempiendo il sacro ministero di
annunciare il vangelo di Dio perché le genti divengano un’offerta
gradita, santificata dallo Spirito Santo”36. Per volontà di Cristo,
tale offerta richiede il ruolo di santificazione, guida e insegna-
mento proprio al ministero ordinato (presbiterale e episcopale,
con il carisma petrino), ma è comune a tutti i battezzati nella
complementarietà dei carismi e dei ruoli che lo Spirito Santo
distribuisce appunto per l’edificazione della Chiesa.
Che Cristo, quindi, abbia ricevuto dominio su tutte le cose
significa che la Chiesa, suo corpo, è chiamata ad includere tutta
l’umanità, ha cioè un destino universale, “cattolico”37. La regali-
tà, il “dominio” di Cristo si manifestano quindi nell’unificazione
di tutta l’umanità in un solo popolo in Cristo per mezzo dello
Spirito Santo:
Per questo infine Dio mandò lo Spirito del Figlio suo, Signore e
vivificatore, il quale per tutta la Chiesa e per tutti e singoli i cre-
denti è principio di associazione e di unità, nell’insegnamento degli
apostoli e nella comunione fraterna, nella frazione del pane e nelle
preghiere (cfr. At 2, 42)38.
L’universalità e la cattolicità della Chiesa vanno collegate al
mandato missionario rivolto da Cristo a tutti i cristiani: “Ad ogni

36 
Rom 15, 16.
37 
LG 13.
38 
LG 13.

31
La Chiesa popolo di Dio in cammino nella storia

discepolo di Cristo incombe il dovere di disseminare, per quanto


gli è possibile, la fede”39. Infatti,
come il Figlio è stato mandato dal Padre, così ha mandato egli stes-
so gli apostoli (cfr. Gv 20, 21) dicendo: «Andate dunque e amma-
estrate tutte le genti, battezzandole nel nome del Padre e del Figlio
e dello Spirito Santo, insegnando loro ad osservare tutto quanto vi
ho comandato. Ed ecco, io sono con voi tutti i giorni, sino alla fine
del mondo » (Mt 28, 18-20)40.
Ma questa cattolicità e questa universalità vanno intese non
come il risultato di un proselitismo o di una conquista, ma come
uno scambio reciproco di doni, nel quale “le singole parti porta-
no i propri doni alle altre parti e a tutta la Chiesa, in modo che il
tutto e le singole parti si accrescono per uno scambio mutuo uni-
versale e per uno sforzo comune verso la pienezza nell’unità”41.
Tale esito riposa sul carattere soprannaturale del popolo di Dio
che non regna dominando o asservendo altri a sé poiché la cit-
tadinanza che esso conferisce non è terrena ma celeste42. Ciò
permette alla LG di affermare alcuni principi fondamentali del
giusto modo di concepire la vocazione della Chiesa ad inglobare
tutti i popoli della terra. La Chiesa
“nulla sottrae al bene temporale di qualsiasi popolo, ma al contrario
favorisce e accoglie tutte le ricchezze, le risorse e le forme di vita dei
popoli in ciò che esse hanno di buono e accogliendole le purifica,
le consolida ed eleva. Essa si ricorda infatti di dover far opera di
raccolta con quel Re, al quale sono state date in eredità le genti (cfr.
Sal 2, 8), e nella cui città queste portano i loro doni e offerte (cfr.
Sal 71, 10; Is 60, 4-7)43.
Occorre notare che LG parla di regno e di dominio solo in rife-
rimento a Cristo. La dignità regale dei cristiani si esprime non sot-

39 
LG 17.
40 
LG 17.
41 
LG 13.
42 
LG 13.
43 
LG 13.

32
La Chiesa come Popolo del Padre

to la forma del dominio, ma dell’anelito all’unificazione di tutto


il genere umano in Cristo al quale i fedeli si prestano attraverso
il loro operato profetico e sacerdotale. Ciò appare con chiarez-
za specialmente nel capitolo IV sui laici dove è affermato che il
carattere regale appartiene in proprio a Cristo, è comunicato ai
discepoli e si esprime nella libertà dal peccato e nel condurre gli
uomini a Cristo perché partecipino alla libertà dei figli di Dio44.
Ai laici, però, LG sembra attribuire un concorso piuttosto in-
diretto alla missionarietà della Chiesa confinandola ai beni creati,
alle istituzioni e alla cultura. Regnare sulla creazione, da un pun-
to di vista cristiano, significa permettere ai beni creati di essere
effettivamente a servizio dell’umanità attraverso una loro sempre
più equa distribuzione:
secondo i fini del Creatore e la luce del suo Verbo, [i beni creati]
siano fatti progredire dal lavoro umano, dalla tecnica e dalla cultura
civile per l’utilità di tutti gli uomini senza eccezione, e siano tra loro
più convenientemente distribuiti e, secondo la loro natura, portino
al progresso universale nella libertà umana e cristiana. Così Cristo per
mezzo dei membri della Chiesa illuminerà sempre di più l’intera
società umana con la sua luce che salva45.
I laici sono anche chiamati a risanare dal di dentro le istitu-
zioni e a “impregnare di valore morale la cultura” in modo che
il campo del mondo si trovi meglio preparato per accogliere il seme
della parola divina e insieme le porte della Chiesa si aprano più
larghe per permettere che l’annunzio della pace entri nel mondo46.
Tutto questo certamente manifesta la nobiltà del carattere re-
gale della vocazione cristiana di ogni battezzato. Resta però vero
che ogni cristiano in virtù del battesimo è chiamato non solo a
questa forma di missionarietà indiretta, ma prima di tutto all’an-

44 
LG 36.
45 
LG 36.
46 
LG 36.

33
La Chiesa popolo di Dio in cammino nella storia

nuncio del Vangelo: tale dovere infatti non appartiene solo ai


ministri ordinati, ma incombe a tutta la comunità.
Una preziosa affermazione della libertà cristiana e allo stesso
tempo della responsabilità della coscienza si trova poi nella sezio-
ne di LG dedicata alla relazione tra i diritti e i doveri che incom-
bono ad ogni battezzato in quanto membro della Chiesa e quelli
che competono loro negli affari temporali. Il principio è quello
di una sana distinzione tra ordine ecclesiale e ordine secolare. Vi
si riconosce che solo i laici hanno competenza per stabilire quale
sia la condotta da tenere negli ambiti loro specifici nell’economia
della salvezza, per esempio uso dei beni creati, risanamento delle
istituzioni, cultura, politica etc…47. A fronte di questa distin-
zione, l’armonia tra fede e impegno secolare è un dovere di ogni
cristiano o più precisamente fa parte dell’aspetto regale della sua
dignità battesimale.

4.7. Il ministero presbiterale e episcopale e il carisma


petrino nella Chiesa
L’intero capitolo III di LG è dedicato alla struttura gerarchica
della Chiesa. È noto quanto uno dei contributi più importanti
del Concilio Vaticano II dal punto di vista dottrinale sia stata la
precisazione dogmatica riguardo al ministero episcopale e alla
sua forma strutturalmente collegiale. Ai vescovi è riconosciuta la
pienezza del sacramento dell’ordine48; essi ricevono direttamente
in virtù dell’ordinazione un’autorità “propria, ordinaria e imme-
diata” sul gregge loro affidato49. È paradossale che LG si senta in

47 
LG 36.
48 
LG 21: “Il santo Concilio insegna quindi che con la consacrazione episcopa-
le viene conferita la pienezza del sacramento dell’ordine, quella cioè che dalla
consuetudine liturgica della Chiesa e dalla voce dei santi Padri viene chiamata
sommo sacerdozio, realtà totale del sacro ministero”.
49 
LG 27. Nello stesso tempo, LG precisa che l’esercizio di questa potestà è
“in ultima istanza sottoposto alla suprema autorità della Chiesa e, entro certi
limiti, in vista dell’utilità della Chiesa o dei fedeli, possa essere ristretto”. Cf.
anche i riferimenti alla missione canonica di LG 24.

34
La Chiesa come Popolo del Padre

dovere di precisare che i vescovi non devono essere considerati


“vicari dei Romani Pontefici”50, ma tale affermazione purtrop-
po esprime eloquentemente l’eccessiva concentrazione ecclesio-
logica sul carisma petrino che aveva caratterizzato la teologia e
soprattutto il diritto canonico cattolici tra XIX e XX secolo. La
stessa LG non sfugge a questa retorica come testimonia la ridon-
danza di riaffermazioni del primato petrino che appesantiscono
stilisticamente diversi passaggi di questo capitolo III51.
Nel capitolo II sul Popolo di Dio si affermava una comple-
mentarietà tra sacerdozio battesimale e ministero ordinato, cioè
presbiterale e episcopale52. Questo capitolo III permette di pre-
cisarla attraverso il parallelo tra dignità battesimale e funzioni
episcopali: a servizio della dignità sacerdotale dei battezzati vi è la
funzione di santificazione del ministero ordinato53, a servizio del-
la dignità profetica vi è la funzione di insegnamento54. Non vi è lo
stesso parallelo invece tra la dignità regale conferita dal battesimo
e la funzione di governo. Infatti, come abbiamo visto, se da una
parte i battezzati sono invitati ad “abbracciare prontamente e con
cristiana obbedienza” l’insegnamento che viene loro attraverso
il ministero ordinato, d’altra parte essi godono di una legittima
autonomia nel campo secolare in virtù del loro sacerdozio re-
gale55. La funzione di governo del ministero ordinato va infatti

50 
LG 27.
51 
Cf. il ripetersi costante di espressioni come “insieme col suo capo il romano
Pontefice, e mai senza questo capo”, “congiunto col suo capo”, “rispettando
fedelmente il primato e la preminenza del loro capo” etc… specialmente nel
n. 22.
52 
LG 10: “Il sacerdozio comune dei fedeli e il sacerdozio ministeriale o ge-
rarchico, quantunque differiscano essenzialmente e non solo di grado, sono
tuttavia ordinati l’uno all’altro, poiché l’uno e l’altro, ognuno a suo proprio
modo, partecipano dell’unico sacerdozio di Cristo”
53 
LG 26.
54 
LG 25.
55 
LG 37: “I laici, come tutti i fedeli, con cristiana obbedienza prontamente
abbraccino ciò che i pastori, quali rappresentanti di Cristo, stabiliscono in
nome del loro magistero e della loro autorità nella Chiesa, seguendo in ciò

35
La Chiesa popolo di Dio in cammino nella storia

compresa sullo sfondo della fondamentale libertà di ogni cristia-


no in virtù della dignità battesimale56. Una delle preoccupazione
principali dei pastori deve essere proprio quella di promuovere
questa libertà:
I pastori riconoscano e promuovano la dignità e la responsabilità dei
laici nella Chiesa … lascino loro libertà e margine di azione …
rispettino e riconoscano quella giusta libertà, che a tutti compete
nella città terrestre57.
I ministri infatti che sono rivestiti di sacra potestà, servono i
loro fratelli, perché tutti coloro che appartengono al popolo di
Dio, e perciò hanno una vera dignità cristiana, tendano libera-
mente e ordinatamente allo stesso fine e arrivino alla salvezza58.
L’autenticità ed il valore della fede e dell’agire cristiano dipen-
dono infatti dalla loro libertà e la funzione di governo si dispiega
proprio per garantire questa libertà, soprattutto armonizzando
il bene individuale con il bene comune. A questo riguardo, vale
per l’esercizio dell’autorità nella Chiesa quanto è affermato da un
altro documento del Concilio, la Gaudium et Spes:
Nella comunità politica si riuniscono insieme uomini numerosi e
differenti, che legittimamente possono indirizzarsi verso decisioni
diverse. Affinché la comunità politica non venga rovinata dal diver-
gere di ciascuno verso la propria opinione, è necessaria un›autorità
capace di dirigere le energie di tutti i cittadini verso il bene comu-
ne, non in forma meccanica o dispotica, ma prima di tutto come
forza morale che si appoggia sulla libertà e sul senso di responsabilità59.
La modalità poi di esercizio di questa autorità nella Chiesa
non può prescindere interamente dalle forme che la stessa assu-

l’esempio di Cristo, il quale con la sua obbedienza fino alla morte ha aperto a
tutti gli uomini la via beata della libertà dei figli di Dio. ”
56 
Cf. LG 9: Il popolo di Dio “ha per condizione la dignità e la libertà dei figli
di Dio, nel cuore dei quali dimora lo Spirito Santo come in un tempio”.
57 
LG 37.
58 
LG 18.
59 
GS 74.

36
La Chiesa come Popolo del Padre

me in ambito civile. Se è quindi vero che la Chiesa ha una strut-


tura gerarchica e anche necessario che i principi fondamentali
della dottrina sociale della Chiesa si applichino in primo luogo
proprio alla funzione di governo nella Chiesa, soprattutto in ma-
teria di sussidiarietà, di partecipazione e di delimitazione del ruo-
lo dell’autorità. La formulazione più chiara di questo principio si
trova nel documento che il Concilio dedicò alla libertà religiosa:
Nell’età contemporanea gli esseri umani divengono sempre più
consapevoli della propria dignità di persone e cresce il numero di
coloro che esigono di agire di loro iniziativa, esercitando la propria
responsabile libertà, mossi dalla coscienza del dovere e non pressati
da misure coercitive. Parimenti, gli stessi esseri umani postulano
una giuridica delimitazione del potere delle autorità pubbliche, af-
finché non siano troppo circoscritti i confini alla onesta libertà,
tanto delle singole persone, quanto delle associazioni60.
Ma inoltriamoci adesso in una analisi più approfondita di
questo capitolo III. Fedeli al nostro proposito di offrire una let-
tura teologica trasversale di LG, possiamo concentrarci su alcune
chiavi di lettura che emergono ad una lettura attenta del testo,
vale a dire: (a) la relazione tra ministero ordinato e il carattere
comunitario della salvezza; (b) il carattere fondamentalmente
“locale” della Chiesa; (c) il primato della proclamazione della
Parola.

(a) Ministero ordinato e carattere comunitario della salvezza


Per apprezzare pienamente il senso del ministero ordinato
nella Chiesa occorre adottare un punto di vista teologico, vale
a dire fondato sull’identità di Dio e sul suo modo di salvare (vi-
sto che, come abbiamo visto, la forma che assume la salvezza è
un riflesso della identità di Dio). La salvezza consiste nell’entra-
re come figli nel Figlio, come membri del corpo di Cristo nella
comunione trinitaria, avendo accesso al Padre per mezzo dello

60 
Dignitatis humanae 1.

37
La Chiesa popolo di Dio in cammino nella storia

Spirito Santo. Per questo fin dall’inizio LG definisce la Chiesa


in relazione al suo valore di segno e di strumento dell’unione
con Dio e con tutto il genere umano. L’unione, la comunione,
la con-vocazione, la Chiesa (etimologicamente la “convocata”, la
“chiamata insieme”) esprime la natura dell’azione di Dio e della
salvezza. Ora ciò che ci convoca è la Parola di Dio e ciò a cui
siamo convocati è a riconoscere che tutto quello che abbiamo e
tutto quello che siamo è una grazia di Dio e a manifestare questa
riconoscenza attraverso il sacrificio di rendimento di grazie, vale
a dire l’Eucaristia. Se dunque la Parola ci chiama, ci convoca, ci
riunisce, l’Eucaristia suggella questa unione facendoci diventare
un solo corpo con Cristo nello Spirito Santo.
Il ministero ordinato è stato voluto da Cristo come segno e
strumento di questa convocazione attraverso appunto le funzio-
ni di insegnamento e di santificazione, anche se l’apostolicità (il
fatto di essere “inviata a proclamare e radunare”) è una proprietà
che appartiene a tutta la Chiesa e a tutti i suoi membri in vir-
tù del sacerdozio battesimale, pur essendo esercitata attraverso
ministeri e carismi diversi, complementari da loro e tutti ugual-
mente indispensabili. LG offre così una rilettura del ministero
soprattutto episcopale in questa luce e permette di situare in un
quadro più ampiamente evangelico la questione dell’autorità nel-
la Chiesa. L’autorità è infatti al servizio dell’unione o della comu-
nione. Questo è il fondamento del carisma petrino esercitato dai
vescovi di Roma:
Affinché poi lo stesso episcopato fosse uno e indiviso, [Cristo] pre-
pose agli altri apostoli il beato Pietro e in lui stabilì il principio e
il fondamento perpetuo e visibile dell’unità di fede e di comunione61.

Ma questo è anche il ruolo degli apostoli e dei loro successori,


i vescovi e dei loro collaboratori, i presbiteri:

61 
LG 18 e 23.

38
La Chiesa come Popolo del Padre

Gli apostoli, quindi, predicando dovunque il Vangelo (cfr. Mc 16,


20), accolto dagli uditori grazie all’azione dello Spirito Santo, radu-
nano la Chiesa universale62.
Esercitando, secondo la loro parte di autorità, l’ufficio di Cristo,
pastore e capo, raccolgono la famiglia di Dio, quale insieme di fra-
telli animati da un solo spirito, per mezzo di Cristo nello Spirito li
portano al Padre e in mezzo al loro gregge lo adorano in spirito e
verità (cfr. Gv 4, 24)63.
Questa è la ragione della forma collegiale dell’episcopato. Il
numero di 12 apostoli non era neutro ma riprendeva il simboli-
smo delle 12 tribù di Israele proprio per sottolineare la continuità
della modalità comunitaria di salvezza tra Antico Testamento e
Nuovo Testamento. I vescovi non succedono individualmente
agli apostoli, ma collegialmente, vale a dire che agli apostoli come
gruppo i vescovi succedono come gruppo e che il ministero ordi-
nato a tutti i livelli deve essere esercitato collegialmente, vale a
dire insieme64.
Questo collegio, in quanto composto da molti, esprime la varietà
e l’universalità del popolo di Dio; in quanto poi è raccolto sotto un
solo capo, significa l’unità del gregge di Cristo65.
LG sottolinea quanto questa forma collegiale abbia caratteriz-
zato se non sempre l’esercizio, almeno l’auto-comprensione che
la Chiesa ha avuto del ministero episcopale nel corso della sua
storia. Ciò appare, per esempio, nella forma sinodale e conciliare
di discernimento ecclesiale, nella partecipazione di più vescovi
alla cerimonia di ordinazione episcopale e più generalmente nella
ricerca della comunione dei vescovi tra di loro e con il vescovo
di Roma66.

62 
LG 19.
63 
LG 28.
64 
LG 22: “l’ordine dei vescovi, il quale succede al collegio degli apostoli nel
magistero e nel governo pastorale”.
65 
LG 22.
66 
LG 22.

39
La Chiesa popolo di Dio in cammino nella storia

Come poi il carisma petrino significa e garantisce l’unità della


Chiesa universale, così il ministero episcopale è
“il visibile principio e fondamento di unità nelle Chiese particolari:
queste sono formate ad immagine della Chiesa universale ed è in
esse e a partire da esse che esiste la Chiesa cattolica una e unica”67.

Stessa forma comunitaria riveste poi anche l’esercizio del mi-


nistero presbiterale:
In virtù della comunità di ordinazione e missione tutti i sacerdoti
sono fra loro legati da un’intima fraternità, che deve spontanea-
mente e volentieri manifestarsi nel mutuo aiuto, spirituale e ma-
teriale, pastorale e personale, nelle riunioni e nella comunione di
vita, di lavoro e di carità68.

(b) Il carattere fondamentalmente “locale” della Chiesa


La natura stessa della salvezza implica il carattere fondamen-
talmente locale della Chiesa. In altre parole, se ci si chiede dove
sia la Chiesa, dove si veda la Chiesa, occorre sempre riferirsi alla
forma che essa assume in un luogo circoscritto, delimitato. Ciò
corrisponde alla dinamica dell’incarnazione ma soprattutto alla
natura della carità nella sua formulazione più elementare: ama
il prossimo tuo, ama cioè colui che ti è affianco. La carità deve
raggiungere una dimensione universale, ma di prossimo in pros-
simo, altrimenti diventa un’ideale o una forma di interesse per
l’umanità in generale che per quanto lodevole non corrisponde
al modo nel quale il Regno di Dio avviene nel mondo.
Quindi è nelle Chiese locali e a partire dalle Chiese locali che
esiste la Chiesa cattolica una ed unica69 e la Chiesa una, santa,
cattolica e apostolica è presente nella comunità locale:

67 
LG 23.
68 
LG 28.
69 
LG 23.

40
La Chiesa come Popolo del Padre

Questa Chiesa di Cristo è veramente presente nelle legittime comunità


locali di fedeli, le quali, unite ai loro pastori, sono anch’esse chia-
mate Chiese nel Nuovo Testamento. Esse infatti sono, ciascuna nel
proprio territorio, il popolo nuovo chiamato da Dio nello Spirito
Santo e in una grande fiducia (cfr. 1 Ts 1, 5)70.

(c) Il primato della proclamazione della Parola


Uno degli effetti della retorica anti-Protestante che aveva ca-
ratterizzato la Chiesa della Contro-Riforma era sta l’eclissi qua-
si totale della Parola di Dio e del primato della proclamazione
di questa Parola nella vita della Chiesa. La predicazione aveva
cessato di essere basata sulla Scrittura e aveva perso il carattere
di proclamazione a favore di quello di insegnamento e diventava
fondamentalmente una forma di catechesi. Il catechismo aveva
sostituito la Scrittura. Si era come dimenticato uno degli aspet-
ti fondamentali dell’identità della Chiesa contenuto nella stessa
etimologia del termine: ecclesia, la “con-vocata”. La Chiesa esi-
ste nella misura in cui si lascia costantemente “con-vocare”, cioè
chiamare, radunare grazie alla Parola. Come dice Paolo nella let-
tera ai Romani: “Come sentiranno parlare (di Cristo) senza qual-
cuno che lo annunci?”71. L’errore consiste nel pensare che si possa
aver sentito parlare di Cristo una volta per tutte, che si possa
credere una volta per tutte. Quando invece Paolo afferma, nello
stesso passaggio, “la fede viene dall’ascolto e l’ascolto riguarda la
parola di Cristo”72, vuol dire che la fede vive, resta vivente solo
se si nutre costantemente alla sorgente della Parola di Dio, solo
se costantemente è risvegliata, alimentata dalla proclamazione di
questa Parola. In nome di un primato mal compreso dell’Euca-
ristia si è eclissato il primato della Parola, un primato già crono-
logico: non vi sarebbe nessuno a prendere parte all’Eucaristia se
non fosse stato prima convocato per mezzo della predicazione!

70 
LG 26.
71 
Rm 10, 14.
72 
Rm 10, 17.

41
La Chiesa popolo di Dio in cammino nella storia

Ma più profondamente, se l’Eucaristia è “rendimento di grazie”


(etimologicamente eucharistein vuol dire “rendere grazie”), oc-
corre sapere ciò per cui si ringrazia, ed è proprio questo il ruolo
della Parola. Per questo la celebrazione della cena in memoria del
Signore comincia con la liturgia della Parola ed è seguita dalla
liturgia eucaristica. Celebrazioni come quelle pre-conciliari dove
la Scrittura non poteva essere capita perché proclamata in una
lingua morta e la predicazione non faceva riferimento alla Scrit-
tura ma al catechismo (nel migliore dei casi) compromettevano
la possibilità per la fede di essere nutrita alla sola sorgente atta a
dissetarla pienamente: “la fede viene dall’ascolto e l’ascolto ri-
guarda la parola di Cristo”73.
LG ritrova questo equilibrio fondamentale riaffermando
chiaramente dal punto di vista teologico il primato della procla-
mazione nella vita della Chiesa e nel ministero ordinato:
Tra i principali doveri dei vescovi eccelle la predicazione del Vangelo.
I vescovi, infatti, sono gli araldi della fede che portano a Cristo
nuovi discepoli; sono dottori autentici, cioè rivestiti dell’autorità
di Cristo, che predicano al popolo loro affidato la fede da credere
e da applicare nella pratica della vita, la illustrano alla luce dello
Spirito Santo, traendo fuori dal tesoro della Rivelazione cose nuove
e vecchie (cfr. Mt 13, 52), la fanno fruttificare e vegliano per tenere
lontano dal loro gregge gli errori che lo minacciano (cfr. 2 Tm 4,
1-4)74.
Occorre notare quanto insistentemente questo punto sia rei-
terato:
La missione divina affidata da Cristo agli apostoli durerà fino alla
fine dei secoli (cfr. Mt 28, 20), poiché il Vangelo che essi devono
predicare è per la Chiesa il principio di tutta la sua vita in ogni tempo.
Per questo gli apostoli, in questa società gerarchicamente ordinata,
ebbero cura di istituire dei successori75.

73 
Rm 10, 17.
74 
LG 25.
75 
LG 19.

42
La Chiesa come Popolo del Padre

Pur sedendo infatti alla destra di Dio Padre, egli [Cristo] non cessa
di essere presente alla comunità dei suoi pontefici in primo luogo,
per mezzo dell’eccelso loro ministero, predica la parola di Dio a
tutte le genti76.
La cura di annunziare il Vangelo in ogni parte della terra appartie-
ne al corpo dei pastori, ai quali tutti, in comune, Cristo diede il
mandato, imponendo un comune dovere, come già papa Celestino
ricordava ai Padri del Concilio Efesino77.
È predicando il Vangelo che i pastori radunano la Chiesa:
Gli apostoli, quindi, predicando dovunque il Vangelo (cfr. Mc 16,
20), accolto dagli uditori grazie all’azione dello Spirito Santo, ra-
dunano la Chiesa universale che il Signore ha fondato su di essi e
edificato sul beato Pietro, loro capo, con Gesù Cristo stesso come
pietra maestra angolare (cfr. Ap 21, 14; Mt 16, 18; Ef 2, 20) (19)
[Nelle comunità locali di fedeli] con la predicazione del Vangelo di
Cristo vengono radunati i fedeli78.

4.8. Il carattere inclusivo del disegno di salvezza


Uno degli aspetti più costanti dell’agire di Dio nella storia
prende la forma dell’elezione: Dio sceglie alcune persone o un po-
polo a preferenza di altri per entrare in alleanza con loro. Troppo
spesso la riflessione teologica si è soffermata sul perché di questa
che sembra essere una discriminazione da parte di Dio: se la sal-
vezza è grazia perché Dio concede questo dono solo ad alcune
persone, perché non lo fa con altri o con tutti? Questa linea di
pensiero ha condotto allo sviluppo di dottrine che hanno consi-
derevolmente inquinato la spiritualità cristiana come per esem-
pio quelle gianseniste relativamente al piccolo numero dei salvati
o quelle di matrice calvinista della doppia predestinazione (Dio
destinerebbe alcune persone ad essere condannate ed altre ad es-
sere salvate). La Scrittura ci invita invece a volgere lo sguardo in

76 
LG 21.
77 
LG 23.
78 
LG 26.

43
La Chiesa popolo di Dio in cammino nella storia

un’altra direzione. Se ci è impossibile sapere perché Dio abbia


scelto Isacco invece di Esaù, lo scopo della sua scelta, della sua
elezione invece è chiaro: raggiungere tutta l’umanità attraverso
le persone, attraverso il popolo che Dio sceglie. E abbiamo visto
che se la salvezza si dispiega attraverso l’integrazione ad un popo-
lo è proprio perché la sua natura è comunitaria, è proprio perché
essere salvati è diventare un popolo, è entrare in una comunione.
Questo intendiamo quando parliamo del carattere “inclusivo”
del disegno di salvezza insito nella comprensione della Chiesa
come popolo di Dio:
Tutti gli uomini sono chiamati a questa cattolica unità del popolo di
Dio, che prefigura e promuove la pace universale; a questa unità in
vario modo appartengono o sono ordinati sia i fedeli cattolici, sia
gli altri credenti in Cristo, sia infine tutti gli uomini senza eccezio-
ne, che la grazia di Dio chiama alla salvezza79.
Bisogna notare come LG affermi che già ora tutti gli uomini,
addirittura anche i non credenti, in vario modo “appartengono
o sono ordinati” a questa unità del suo popolo perché tutti sono
i destinatari del disegno di salvezza del Padre, a tutti Cristo ha
mandato i suoi apostoli: “Andate per tutto il mondo e proclama-
te a tutte le genti…”80. È questo il quadro di riferimento neces-
sario per capire perché la mediazione della Chiesa per la salvezza
è indispensabile e quale è il vero significato del principio Extra
ecclesiam nulla salus, “non vi è salvezza al di fuori della Chiesa”.
Solo il Cristo, infatti, presente in mezzo a noi nel suo corpo che è
la Chiesa, è il mediatore e la via della salvezza81.
Questo principio non fa che ribadire la natura essenzialmente
comunitaria della salvezza. Affermare che “la Chiesa è necessaria
per la salvezza” significa che la salvezza necessariamente assume
il segno e la forma di una comunità, ci raggiunge attraverso una

79 
LG 13.
80 
Mt 28, 19.
81 
LG 14.

44
La Chiesa come Popolo del Padre

comunità nella quale visibilmente è all’opera lo Spirito Santo,


si ottiene diventando parte di una comunità. Il fatto che Cristo
per mezzo del suo Spirito agisca anche fuori dai limiti visibili
della Chiesa non deroga a questa modalità: chiunque davvero
è raggiunto dalla salvezza di questo Dio che è Trinità, che è co-
munione, aspira ad essere in unione con tutti coloro che hanno
beneficiato della stessa salvezza, aspira all’unità, alla cattolicità
dell’unica comunità, dell’unico Corpo di Cristo82. In questa ot-
tica, LG afferma che non sono sottratti alla dinamica unificatrice
della salvezza anche coloro che sembrano non essere stati ancora
raggiunti da essa, vale a dire coloro che non credono in Cristo:
Dio non è neppure lontano dagli altri che cercano il Dio ignoto nelle
ombre e sotto le immagini, poiché egli dà a tutti la vita e il respiro e
ogni cosa (cfr At 1, 7, 25-26), e come Salvatore vuole che tutti gli uo-
mini si salvino (cfr. 1 Tm 2, 4). Infatti, quelli che senza colpa igno-
rano il Vangelo di Cristo e la sua Chiesa ma che tuttavia cercano
sinceramente Dio e coll’aiuto della grazia si sforzano di compiere
con le opere la volontà di lui, conosciuta attraverso il dettame della
coscienza, possono conseguire la salvezza eterna. Né la divina Prov-
videnza nega gli aiuti necessari alla salvezza a coloro che non sono
ancora arrivati alla chiara cognizione e riconoscimento di Dio, ma
si sforzano, non senza la grazia divina, di condurre una vita retta.
Poiché tutto ciò che di buono e di vero si trova in loro è ritenuto dalla
Chiesa come una preparazione ad accogliere il Vangelo e come dato da
colui che illumina ogni uomo83.
Occorre naturalmente precisare che questo non dispensa la
Chiesa dal dovere di annunciare il Vangelo, perché questo è il
comando che ha ricevuto da Cristo. Inoltre, il solo modo che ha
la Chiesa di riconoscere l’azione di Dio al di fuori dei suoi limiti
visibili è quello di verificarne i frutti alla luce del Vangelo. In
altre parole, il Vangelo resta il solo canale attraverso il quale passa

82 
LG 15.
83 
LG 16.

45
La Chiesa popolo di Dio in cammino nella storia

la Rivelazione di Dio e il solo parametro per riconoscere dove e


come Dio agisca nella storia.

4.9. La solidarietà con tutta l’umanità fondata su una


reale inserzione nella storia
Uno degli aspetti non solo teologicamente ma anche spiri-
tualmente e pastoralmente più fecondi della comprensione della
Chiesa come popolo di Dio è la serietà con la quale essa integra
la storicità della salvezza, vale a dire il suo carattere progressivo,
con tutta la pedagogia che questo processo comporta.
È progressivamente, pazientemente, “lentamente” che il Si-
gnore “scelse per sé il popolo israelita, stabilì con lui un’allean-
za e lo formò, manifestando nella sua storia se stesso e i suoi
disegni”84. Allo stesso modo la Chiesa, “dovendosi estendere a
tutta la terra” è chiamata ad “entrare nella storia degli uomini”85;
non teme di “portare la figura fugace di questo mondo”, a vivere
“tra le creature, le quali ancora gemono, sono nel travaglio del
parto e sospirano la manifestazione dei figli di Dio (cfr. Rm 8,
19-22)”86.
Accettare una solidarietà autentica con tutta l’umanità e pren-
dere la storia sul serio conferisce una grande libertà alla Chiesa e
le permette di porsi, rispetto a coloro ai quali è inviata, in posi-
zione non di conquista, ma di accoglienza e di ascolto o, ancora,
di “raccolta”, come afferma il passaggio seguente:
La Chiesa, cioè il popolo di Dio … favorisce e accoglie tutte le ric-
chezze, le risorse e le forme di vita dei popoli in ciò che esse hanno
di buono e accogliendole le purifica, le consolida ed eleva. Essa si
ricorda infatti di dover far opera di raccolta con quel Re, al quale
sono state date in eredità le genti (cfr. Sal 2, 8), e nella cui città
queste portano i loro doni e offerte (cfr. Sal 71, 10; Is 60, 4-7)87.

84 
LG 9.
85 
LG 9.
86 
LG 48.
87 
LG 13.

46
La Chiesa come Popolo del Padre

Questo è il contesto più adatto forse per interrogarsi sulla


strana eclissi del tema del Popolo di Dio nella teologia e soprat-
tutto nell’insegnamento ufficiale (il “magistero”) della Chiesa di
questi ultimi 30 anni. Si è soprattutto rimproverato a questa ma-
niera di considerare la Chiesa di essere meno preciso di quello
di Corpo di Cristo e si è cercato di sostituirlo con il concetto di
comunione. Ribadendo quanto affermato sopra, cioè che tutte
le immagini con le quali il Nuovo Testamento parla della Chiesa
sono necessarie e complementari, non si può non essere insospet-
titi dalla presa di distanza del magistero post-conciliare rispetto
alla chiara intenzione del Concilio di rimettere la nozione di Po-
polo di Dio al centro della riflessione sulla Chiesa. Se ci si chiede
cosa destasse imbarazzo in questa immagine basta ripercorrere
quanto visto finora: essa si fonda sul sacerdozio battesimale, met-
te l’accento sulla fondamentale uguaglianza di tutti i cristiani,
prende sul serio la storicità della Chiesa. Rappresenta così un
antidoto teologico, per così dire, atto a controbilanciare visioni
troppo clericali della Chiesa che purtroppo restano ancora pro-
fondamente radicate nei comportamenti e nell’insegnamento.
Ora, una delle novità teologicamente più significative introdotte
da Papa Francesco è stato proprio la ripresa chiara e senza com-
plessi del tema del Popolo di Dio:
“L’immagine della Chiesa che mi piace è quella del santo popolo
fedele di Dio. È la definizione che uso spesso, ed è poi quella della
Lumen gentium al numero 12. L’appartenenza a un popolo ha un for-
te valore teologico: Dio nella storia della salvezza ha salvato un popolo.
Non c’è identità piena senza appartenenza a un popolo. Nessuno si
salva da solo, come individuo isolato, ma Dio ci attrae consideran-
do la complessa trama di relazioni interpersonali che si realizzano
nella comunità umana. Dio entra in questa dinamica popolare. Il
popolo è soggetto. E la Chiesa è il popolo di Dio in cammino nella
storia, con gioie e dolori. Sentire cum Ecclesia dunque per me è es-
sere in questo popolo. E l’insieme dei fedeli è infallibile nel credere,

47
La Chiesa popolo di Dio in cammino nella storia

e manifesta questa sua infallibilitas in credendo mediante il senso


soprannaturale della fede di tutto il popolo che cammina. »88.
«La Chiesa è o deve tornare ad essere una comunità del popolo
di Dio e i presbiteri, i parroci, i vescovi con cura d’anime, sono al
servizio del popolo di Dio”89.
Riabilitando il paradigma del popolo di Dio, il Concilio con
la LG e Papa Francesco 50 anni dopo rimettono al centro l’a-
zione di Dio, mostrano di non avere timore dell’umanità della
Chiesa e permettono così di ripensare il modo di essere e di agire
della Chiesa e dei cristiani lungo tre assi fondamentali: prende-
re sul serio la storia, accettare la solidarietà fondamentale della
Chiesa con tutta l’umanità e ritrovare così la libertà di imparare
da tutti, di tessere una relazione con tutti basata sull’ascolto, il
dialogo e l’accoglienza.

88 
Francesco Papa, and Antonio Spadaro, “Intervista a Papa Francesco” La
civiltà cattolica 164, no. 3918 (2013), 459.
89 
“Il Papa a Scalfari: così cambierò la Chiesa”, Repubblica del 1 ottobre 2013.

48
CAPITOLO 5

La Chiesa come Corpo


di Cristo

Nel dispiegamento trinitario dell’identità della Chiesa che co-


stituisce la trama della LG, la parte relativa al Figlio è sviluppata
secondo il tema neotestamentario e paolino del Corpo di Cristo.
Ancora una volta, tale comprensione della Chiesa va letta in rela-
zione con la natura divina della salvezza. Essere salvati vuol dire
entrare nella vita della Trinità, non in modo indifferenziato, ma
a titolo di figli nel Figlio. Per questo abbiamo bisogno del batte-
simo per mezzo del quale siamo “immersi” in Cristo, diventiamo
una cosa sola, un corpo solo con lui o, meglio, diventiamo mem-
bri del suo stesso corpo:
Per mezzo del battesimo siamo resi conformi a Cristo: infatti noi
tutti «fummo battezzati in un solo Spirito per costituire un solo
corpo» (1 Cor 12, 13). … Partecipando realmente del corpo del
Signore nella frazione del pane eucaristico, siamo elevati alla comu-
nione con lui e tra di noi90.
L’aspetto essenziale della teologia della Chiesa come corpo di
Cristo è che diventiamo parte del corpo stesso di Cristo, cioè
del suo corpo personale e risorto. Questa puntualizzazione è di
capitale importanza. Infatti, la comprensione di una società in
analogia con il corpo umano non è propria al cristianesimo, ma

90 
LG 7.

49
La Chiesa popolo di Dio in cammino nella storia

è attestata già nella cultura greco-romana91. Il tema della Chiesa


come Corpo di Cristo, però, non ha semplicemente né priori-
tariamente una portata analogica o morale secondo la quale i
cristiani dovrebbero sentirsi uniti tra di loro come le membra di
un corpo. Invece questo tema nelle lettere Paoline ha un senso
prima di tutto teologico. Quando infatti Paolo afferma “Ora voi
siete corpo di Cristo e, ognuno secondo la propria parte, sue
membra”92 vuole dire che grazie alla fede e al battesimo siamo
stati integrati nel corpo personale di Cristo; il corpo non è la
Chiesa, il corpo è Cristo stesso. Questo è il senso che anche adot-
ta LG quando afferma:
Il Figlio di Dio, unendo a sé la natura umana e vincendo la morte
con la sua morte e resurrezione, ha redento l’uomo e l’ha trasfor-
mato in una nuova creatura (cfr. Gal 6, 15; 2 Cor 5, 17). Comuni-
cando infatti il suo Spirito, Cristo costituisce misticamente come suo
corpo i suoi fratelli, che raccoglie da tutte le genti. In quel corpo93 la
vita di Cristo si diffonde nei credenti che, attraverso i sacramenti si
uniscono in modo arcano e reale a lui sofferente e glorioso94.
Se questo passaggio insiste sul carattere reale dell’unione dei
battezzati nel corpo di Cristo, sottolinea anche quanto esso sia
“arcano” e misterioso. Che la Chiesa sia corpo di Cristo non può
assolutamente essere interpretato come se essa fosse in qualche
modo un prolungamento dell’Incarnazione, vale a dire dell’atto
per mezzo del quale Dio si è fatto uomo, è diventato “carne”.
Infatti, da un punto di vista teologico, il corpo di Cristo che è la
Chiesa non viene costituito in virtù dell’incarnazione, ma della

91 
Cf. la famosa favola di Esopo (+ 564 AC) sui diversi organi del corpo umano
che si alleano per gelosia contro lo stomaco e decidono di non fornirgli più
nessun alimento, con il risultato che con lo stomaco muoiono anche loro,
perché insieme sono un corpo solo. Questa favola fu poi applicata all’ordine
sociale da Menenio Agrippa (+ 493 AC).
92 
1Co 12, 27.
93 
Qui l’espressione “in quel corpo” è leggermente ambigua perché sembra che
il corpo sia qualcosa di diverso dal corpo stesso di Cristo – una svista…
94 
LG 7.

50
La Chiesa come Corpo di Cristo

glorificazione di Cristo che comprende la sua Risurrezione, la


sua Ascensione al cielo e l’invio del suo Spirito. È “comunicando
il suo Spirito” come dice il passaggio appena menzionato che
Cristo costituisce il suo corpo. Quando Cristo dice in Giovanni
che ci darà la sua carne come cibo e il suo sangue come bevanda
intende il suo corpo risorto che come tale ha la possibilità di es-
sere tutto intero ed ovunque; allo stesso modo, diventiamo suo
corpo essendo uniti realmente a lui per mezzo del suo Spirito.
Ecco perché la Chiesa non è la continuazione dell’Incarnazione,
ma il frutto della Risurrezione e della Pentecoste.
Lo Spirito, unificando il corpo con la sua virtù e con l’interna con-
nessione dei membri, produce e stimola la carità tra i fedeli. …
Perché poi ci rinnovassimo continuamente in lui (cfr. Ef 4, 23), ci
ha resi partecipi del suo Spirito, il quale, unico e identico nel capo e
nelle membra, dà a tutto il corpo vita, unità e moto, così che i santi
Padri poterono paragonare la sua funzione con quella che il principio
vitale, cioè l’anima, esercita nel corpo umano95.
Questa precisione è importante perché permette di non iden-
tificare Chiesa e Corpo di Cristo puramente e semplicemente
come vedremo nella sezione seguente dedicata alla chiesa come
sacramento.

95 
LG 7.

51
CAPITOLO 6
La Chiesa come
sacramento

A questo punto del nostro percorso trasversale all’interno di


LG, dopo aver visto come la Chiesa risulta dall’azione del Padre
(come “popolo di Dio”) e del Figlio (come “corpo di Cristo”) e
prima di esaminare nella prossima sezione come essa viva dello
Spirito Santo (in quanto “tempio dello Spirito Santo”), occorre
un approfondimento riguardo al modo nel quale il Concilio met-
te in relazione azione di Dio e identità della Chiesa. Affermare
infatti che la Chiesa è il popolo di Dio, è il Corpo di Cristo, è il
tempio dello Spirito Santo è corretto ma deve essere qualificato.
Vi è una dialettica tra identità della Chiesa e azione di Dio che
affiora costantemente nel testo di LG e che potrebbe sfuggire ad
una lettura affrettata.
Si può cominciare con l’osservare come il Concilio parli della
Chiesa come mistero:
Il mistero della santa Chiesa si manifesta nella sua stessa fondazio-
ne96.
La Chiesa, ossia il regno di Cristo già presente in mistero, per la
potenza di Dio cresce visibilmente nel mondo97.
Dobbiamo poi anche chiederci perché esso affermi che l’unio-
ne dei fedeli con Cristo nella Chiesa pur essendo reale è arcana:

96 
LG 5.
97 
LG 3.

53
La Chiesa popolo di Dio in cammino nella storia

In quel corpo la vita di Cristo si diffonde nei credenti che, attraver-


so i sacramenti si uniscono in modo arcano e reale a lui sofferente e
glorioso98.
O ancora perché, riprendendo il vocabolario di Paolo, esso
dica che la vita della Chiesa è nascosta:
La vita della Chiesa è nascosta con Cristo in Dio, fino a che col suo
sposo comparirà rivestita di gloria99.
In modo analogo, in diversi punti LG tratta la Chiesa come
una realtà in fieri, che sta producendosi, che è in via di compi-
mento:
[La Chiesa] è stata manifestata dall’effusione dello Spirito e avrà
glorioso compimento alla fine dei secoli100.
La Chiesa … non avrà il suo compimento se non nella gloria celeste
… troverà nel Cristo la sua definitiva perfezione (cfr. Ef 1, 10; Col
1, 20)101.
Per capire meglio cosa ci sia dietro tale circospezione comin-
ciamo con il notare che essa scompare quando si parla di Cristo:
Questo regno si manifesta chiaramente agli uomini nelle parole,
nelle opere e nella presenza di Cristo102.
Mentre nella Chiesa l’azione di Dio è misteriosa, arcana, na-
scosta, in via di compimento, in Cristo invece essa si manifesta
chiaramente. È questo il contesto che spiega il titolo della costi-
tuzione conciliare: Lumen Gentium, “Luce delle genti”. Il tema
della Costituzione, lo sappiamo, è la Chiesa, eppure il suo titolo
non si riferisce ad essa! Non è la Chiesa che è luce, ma Cristo.
Infatti, le due prime parole della Costituzione, che ne sono di-
ventate il titolo, si trovano inserite nel paragrafo seguente:

98 
LG 7.
99 
LG 6.
100 
LG 2.
101 
LG 48.
102 
LG 5.

54
La Chiesa come Sacramento

Luce delle genti è Cristo! (Lumen gentium cum sit Christus) Questo
santo Concilio, adunato nello Spirito Santo, desidera dunque ar-
dentemente, annunciando il Vangelo ad ogni creatura (cfr. Mc 16,
15), illuminare tutti gli uomini con la luce del Cristo che risplende
sul volto della Chiesa103.
Le scelte di questo primo paragrafo sono state fatte con estre-
ma cura: Cristo è la luce delle genti; la Chiesa vive riflettendo
questa luce, vale a dire che vive nella misura nella quale resta
esposta a questa luce, resta relativa a Cristo. La stessa idea è rei-
terata più avanti:
Tutti gli uomini sono chiamati a questa unione con Cristo, che è la
luce del mondo; da lui veniamo, per mezzo suo viviamo, a lui siamo
diretti104.
Per utilizzare una immagine, la Chiesa è come un neon pub-
blicitario il quale è visibile solo quando l’elettricità passa attra-
verso di esso e lo illumina. Se non vi è elettricità il neon pur esi-
stendo non si vede ed è indistinguibile dalle tenebre della notte.
Questa premessa permette di dare il giusto rilievo alla frase
programmatica di tutta la costituzione, dove si stabilisce la rela-
zione tra la nozione di Chiesa e quella di sacramento, che si trova
anche essa nel paragrafo introduttivo:
E siccome la Chiesa è, in Cristo, in qualche modo (velut) il sacra-
mento, ossia il segno e lo strumento dell’intima unione con Dio e
dell’unità di tutto il genere umano…105.
In questa frase vi è un avverbio latino, velut, tradotto in ita-
liano “in qualche modo” che potrebbe passare inosservato. In
realtà esso ha un peso teologico immane, al punto che lo si può
considerare senza esagerazioni come la parola più importante del
Concilio. Cerchiamo di capire perché. Affermare che la Chiesa
è “sacramento” vuol dire che, come spiega il documento stesso,

103 
LG 1.
104 
LG 3.
105 
LG 1.

55
La Chiesa popolo di Dio in cammino nella storia

essa è “segno” e “strumento” di unione con Dio e di comunione


tra gli uomini. La Chiesa è “segno” perché chi vede la Chiesa
vede questa “comunione” con Dio e tra gli uomini; dire che essa
è “strumento” significa che si accede a questa “comunione” con
Dio e tra gli uomini solo per mezzo di essa. Fin qui nulla di
nuovo rispetto a quanto abbiamo affermato finora. Perché allora
aggiungere questo velut? Perché attenuare questa affermazione?
Perché dire che la Chiesa è segno e strumento si, ma solo “in qual-
che modo”, solo “in un certo senso”? La risposta la dava già la
scelta simbolica di chiamare Cristo “luce delle genti” e di dire che
la Chiesa non brilla di luce propria ma solo di luce riflessa. Solo
Cristo infatti è pienamente “segno”, solo in lui, come abbiamo
visto sopra, il regno di Dio, l’azione di Dio, si manifesta chia-
ramente; attraverso la Chiesa, invece, il Regno di Dio, l’azione
di Dio si manifesta realmente, ma nel mistero, in modo arcano,
nascosto.
Insistere sulla portata di questo velut non solo non sminuisce
l’importanza salvifica della Chiesa, ma è il solo modo di coglierne
la vera efficacia, la vera grandezza: solo Cristo è vera luce, solo lui
è vero sacramento; la Chiesa lo è solo nella misura in cui resta
dipendente da Cristo e dallo Spirito Santo. E questa dipendenza
non deve essere mai essere data per scontata, non deve mai es-
sere ridotta alla sola efficacia sacramentale, alla sola successione
apostolica, ma dipende da una effettiva e continua conversione resa
possibile da un continuo ed effettivo ascolto della Parola di Dio
nella fede e nella preghiera che si manifesta nella carità.
A questo riguardo, un’altra precisazione importante deve esse-
re fatta a partire dalla frase appena citata. Infatti, se LG specifica
che la Chiesa è chiamata non solo a diventare sempre più fedel-
mente “strumento” ma anche “segno” di comunione con Dio e
tra gli uomini, è perché questi due termini non sono esattamente
sinonimi e hanno bisogno di completarsi a vicenda.
L’ecclesiologia anti-Protestante della Controriforma aveva
sentito il dovere di affermare la necessità della Chiesa principal-
mente come “strumento” necessario per la salvezza attraverso l’ef-

56
La Chiesa come Sacramento

ficacia infallibile dei sacramenti e la successione apostolica, enfa-


tizzando a tal punto il ruolo del ministero ordinato da finire con il
far corrispondere di fatto la Chiesa con quest’ultimo. Tale deriva
affondava le sue radici in un principio teologico affermatosi nella
polemica anti-Donatista condotta da S. Agostino nel V secolo in
virtù della quale un sacramento (il battesimo, l’eucaristia etc…)
è valido indipendentemente da quelli che possono essere i limiti
o anche i peccati del ministro che lo celebra. In esso si afferma in
sostanza che ogni volta che un ministro battezza è Cristo che bat-
tezza e quindi la grazia è sempre accordata, anche quando è poi
impedita di produrre i suoi frutti. Questo principio, sviluppato
in un contesto polemico, non ha mai inteso dispensare il mini-
stro e il fedele dal necessario sforzo di conformare la loro vita a
quanto celebrato nel sacramento. Di fatto però, con il tempo,
aveva autorizzato una concezione della Chiesa nella quale i criteri
per determinare chi ne fosse membro erano diventati puramente
esterni. Per determinare se una persona fosse cristiana la sola veri-
fica possibile era quella del battesimo; si considerava “praticante”
chi andava a messa con una certa regolarità; la Chiesa si definiva
come una società gerarchica nella quale i mezzi di grazia erano
offerti in maniera valida e certa. Inoltre dal punto di vista litur-
gico questo aveva condotto ad una concezione minimalista della
celebrazione centrata sulla validità e poco attenta, a dire il poco,
alla verità dei gesti, dei tempi, delle parole e soprattutto alla sua
dinamica costitutivamente comunitaria. Basti pensare, per citare
pochi esempi, ai battesimi celebrati fuori da ogni contesto co-
munitario o alle celebrazioni eucaristiche dove la partecipazione
dell’assemblea era ridotta alla sola ricezione dell’eucaristia al mo-
mento della comunione.
Significativamente LG, pur non negando naturalmente che
la Chiesa sia strumento di salvezza e quindi l’efficacia dei sacra-
menti, sceglie di anteporre a questa visione quella di una Chiesa
che per essere tale, per essere autentica, deve prima di tutto essere
segno della salvezza, deve cioè permettere di percepirla, di vederla
come realtà di grazia. Svilupperemo questo aspetto soprattutto

57
La Chiesa popolo di Dio in cammino nella storia

nel prossimo capitolo dedicato alla Chiesa come tempio dello


Spirito Santo (e questa è la ragione per la quale lo abbiamo po-
sposto), ma già adesso occorre sottolineare che è un errore pen-
sare che la grazia sia completamente invisibile. O, meglio, tut-
to dipende da cosa si intende per “grazia”. Se, come abbiamo
visto fin dall’inizio di questo percorso, la salvezza è divina, se
cioè essa è “trinitaria” perché assume una forma essenzialmente
comunitaria, allora tale salvezza deve manifestarsi, deve diven-
tare visibile attraverso il segno rappresentato da una comunità
nella quale effettivamente circola la carità, il sostegno reciproco,
la complementarietà dei carismi, lo zelo missionario, la parteci-
pazione attiva di tutti etc… Il fatto che tale carità resti sempre
perfettibile, che sia visibile sempre solo “in qualche modo”, in
“mistero”, in modo “arcano” etc, e non perfettamente come lo
è in Cristo, non vuol dire che non appaia, che non si manifesti,
che non sia percepibile.
Questo principio è di capitale importanza per una più esatta
percezione della natura profonda della Chiesa. Il risalto conferito
alla sua natura di “segno” infatti permette di rimettere la carità nel
cuore della definizione di ciò che è la Chiesa e ha profonde impli-
cazioni dal punto di vista pastorale e spirituale.
Ritornando dunque alla portata teologica e spirituale del ve-
lut possiamo completarne l’interpretazione a partire da due altri
passaggi della LG che ripropongono la stessa idea quando sotto-
lineano che la chiesa è una realtà unica ma “complessa”:
Ma la società costituita di organi gerarchici e il corpo mistico di
Cristo, l’assemblea visibile e la comunità spirituale, la Chiesa terre-
stre e la Chiesa arricchita di beni celesti, non si devono considerare
come due cose diverse; esse formano piuttosto una sola complessa re-
altà risultante di un duplice elemento, umano e divino106.
La Chiesa come istituzione e la realtà di grazia non vanno né
identificate, né separate. La relazione tra questo “duplice elemen-

106 
LG 8.

58
La Chiesa come Sacramento

to” è complessa e cosa si intenda con questo aggettivo è precisato


in un altro paragrafo dove si afferma:
Questa Chiesa, in questo mondo costituita e organizzata come so-
cietà, sussiste nella Chiesa cattolica, nella Chiesa cattolica governata
dal successore di Pietro e dai vescovi in comunione con lui107.
Perché i padri conciliari in questo passaggio non hanno sem-
plicemente dichiarato: “questa Chiesa (come realtà di grazia) è la
Chiesa cattolica”? La risposta è semplice: perché questa sarebbe
stata una identificazione pura e semplice e non “complessa” tra i
due elementi. Se quindi LG ha scelto di ricorrere all’espressione
“sussiste in” è perché essa, pur affermando una reale unità tra la
realtà di grazia e realtà visibile, lascia intendere la dialettica che
caratterizza questa relazione, esattamente come il velut citato so-
pra del paragrafo iniziale della costituzione.
Che questo sia il senso autentico del subsistit in è confermato
da criteri interni, cioè da quanto il testo dice altrove. Infatti, nel-
lo stesso paragrafo della LG leggiamo quanto segue
…ancorché al di fuori del suo organismo si trovino parecchi elementi
di santificazione e di verità, che, appartenendo propriamente per
dono di Dio alla Chiesa di Cristo, spingono verso l’unità cattoli-
ca108.
Se anche al di fuori dei limiti visibili della Chiesa vi sono
“parecchi elementi di santificazione e di verità”, allora vuol dire
che la Chiesa come realtà di grazia non è confinata alla Chiesa
visibile, ma ne supera i limiti, pur tendendo a far confluire tutto
in quest’ultima. È significativo del resto che in questo testo non
si dica che questi elementi di santificazione e di grazia appar-
tengono in proprio alla “Chiesa cattolica”, ma alla “Chiesa di
Cristo”; inoltre gli elementi di santificazione e di verità presenti
oltre i suoi limiti visibili conducono non verso la “Chiesa catto-
lica”, ma verso “l’unità cattolica”: si tratta di lievissime sfumature

107 
LG 8.
108 
LG 8.

59
La Chiesa popolo di Dio in cammino nella storia

semantiche il cui valore non è puramente stilistico ma cerca di


dare espressione a una verità teologica capitale.
Si giunge così a un passaggio nel quale tale verità trova una
espressione particolarmente suggestiva:
Come Cristo ha compiuto la redenzione attraverso la povertà e le
persecuzioni, così pure la Chiesa è chiamata a prendere la stessa via
per comunicare agli uomini i frutti della salvezza.
Gesù Cristo « che era di condizione divina... spogliò se stesso, pren-
dendo la condizione di schiavo » (Fil 2, 6-7) e per noi « da ricco che
era si fece povero » (2 Cor 8, 9): così anche la Chiesa, quantunque
per compiere la sua missione abbia bisogno di mezzi umani, non è
costituita per cercare la gloria terrena, bensì per diffondere, anche
col suo esempio, l’umiltà e l’abnegazione.
Come Cristo infatti è stato inviato dal Padre « ad annunciare la buo-
na novella ai poveri, a guarire quei che hanno il cuore contrito »
(Lc 4, 18), « a cercare e salvare ciò che era perduto» (Lc 19, 10),
così pure la Chiesa circonda d’affettuosa cura quanti sono afflitti
dalla umana debolezza, anzi riconosce nei poveri e nei sofferenti
l’immagine del suo fondatore, povero e sofferente, si fa premura di
sollevarne l’indigenza e in loro cerca di servire il Cristo.
Ma mentre Cristo, « santo, innocente, immacolato » (Eb 7, 26),
non conobbe il peccato (cfr. 2 Cor 5, 21) e venne solo allo scopo di
espiare i peccati del popolo (cfr. Eb 2, 17), la Chiesa, che comprende
nel suo seno peccatori ed è perciò santa e insieme sempre bisognosa di
purificazione, avanza continuamente per il cammino della penitenza
e del rinnovamento109.
Tutti e quattro i paragrafi di questo testo stabiliscono un pa-
rallelo tra Cristo e la Chiesa manifestato da una identica strut-
tura: “Come Cristo… così la Chiesa…”. Tale formulazione del
parallelo tra Cristo e la Chiesa regge tranquillamente nei primi
tre paragrafi a proposito i povertà e persecuzioni, di umiltà e ab-
negazione, di premura per i poveri e i sofferenti. Il parallelo inve-
ce salta nel quarto paragrafo riguardo al peccato e indirettamente

109 
LG 8.

60
La Chiesa come Sacramento

riguardo alla trasparenza del segno rappresentato da Cristo e dal-


la Chiesa. Cristo è segno perfettamente trasparente perché senza
peccato; la Chiesa è segno solo “in qualche modo”, vale a dire solo
nella misura in cui costantemente si purifica, si pente, si rinnova.
Ripetiamo qui: la Chiesa resta strumento di salvezza quale che
siano i limiti umani di coloro che la costituiscono, ma è segno di
salvezza solo nella misura in cui attivamente e costantemente si
lascia purificare, convertire, rinnovare da Cristo per mezzo dello
Spirito Santo.
In questo contesto è possibile muovere un rilievo critico, da
un punto di vista strettamente teologico, riguardo alla scelta dei
padri conciliari di menzionare una “analogia” tra la Chiesa e l’in-
carnazione:
Per una analogia che non è senza valore, quindi, [la Chiesa] è pa-
ragonata al mistero del Verbo incarnato. Infatti, come la natura
assunta serve al Verbo divino da vivo organo di salvezza, a lui indis-
solubilmente unito, così in modo non dissimile l’organismo sociale
della Chiesa serve allo Spirito di Cristo che la vivifica, per la crescita
del corpo (cfr. Ef 4, 16)110.
Abbiamo già fatto osservare in precedenza che il corpo di
Cristo che è la Chiesa non viene costituito in virtù dell’incar-
nazione, ma della glorificazione di Cristo che comprende la sua
risurrezione, la sua ascensione al cielo e l’invio del suo Spirito. È
“comunicando il suo Spirito” che Cristo costituisce il suo cor-
po111. Il tipo di unione che esiste tra il Verbo e l’umanità non può
assolutamente essere paragonato al modo nel quale il Cristo “in-
corpora” a se i fedeli nel battesimo e costituisce in questo modo
la Chiesa come suo corpo. Per questo una tale analogia è rischio-
sa e non aiuta davvero a comprendere il tipo di relazione che
esiste tra l’azione divina e la Chiesa e andrebbe semplicemente
accantonata. Va comunque osservato quanto questo stesso testo,

110 
LG 8.
111 
LG 7.

61
La Chiesa popolo di Dio in cammino nella storia

ad una lettura attenta, ne attenui considerevolmente la portata:


mentre infatti esso afferma che la natura umana è “assunta” dal
Verbo in una “unione indissolubile”, a proposito della Chiesa
dice che “lo Spirito di Cristo” (e non il Verbo) “si serve” (e non
“assume”) dell’ “organismo sociale” (e non della “Chiesa” tout
court) concludendo “per la crescita del corpo” (stabilendo quindi
ancora una volta un distinzione dialettica tra “organismo sociale”
e “corpo di Cristo” analogo al velut di LG 1).
Il parallelo nel quale tale dialettica tra azione divina e Chiesa
appare forse con maggiore eloquenza è quello che esiste tra il
regno di Dio e la Chiesa. Abbiamo già incontrato il testo di LG
nel quale si afferma che
Questo regno si manifesta chiaramente agli uomini nelle parole,
nelle opere e nella presenza di Cristo112.
Se il Regno di Dio, vale a dire l’intervento definitivo di Dio
nella storia, è chiaramente manifesto in Cristo, la sua relazione
con la Chiesa è ancora una volta reale ma da qualificare:
di questo regno [la Chiesa] costituisce in terra il germe e l’inizio113.
Solo alla fine dei tempi Chiesa e Regno combaceranno:
Intanto, mentre va lentamente crescendo, anela al regno perfetto
e con tutte le sue forze spera e brama di unirsi col suo re nella
gloria114.
E di fatti nella storia ogni volta che la Chiesa si è in qualche
modo identificata al Regno di Dio ha perso il suo slancio missio-
nario ed ha finito con il confondersi con i regni di questo mon-
do. Più viva è quindi nella Chiesa la percezione della presenza in
essa del Regno in modo reale ma nascosto, più convoglierà tutte
le sue forze per crescere verso la pienezza del Regno che “viene”

112 
LG 5.
113 
LG 5.
114 
LG 5.

62
La Chiesa come Sacramento

e che “verrà” solo per grazia, solo come un dono del Padre e solo
alla fine dei tempi.
Tale è, infine, il modo nel quale capire le cosiddette “note”,
vale a dire le caratteristiche della Chiesa menzionate nel Credo:
Questa è l’unica Chiesa di Cristo, che nel Simbolo professiamo
una, santa, cattolica e apostolica115.
Tali caratteristiche vanno anche esse intese non come proprie-
tà statiche, ma come il risultato di una azione costante dello Spi-
rito, come qualcosa che è vero solo nella misura la Chiesa dimora
in una dinamica di conversione. Così la Chiesa è una solo se si
lascia costantemente radunare dallo Spirito nell’unico Corpo di
Cristo; è santa solo se si lascia costantemente purificare e rigene-
rare attraverso il pentimento e la conversione; è cattolica solo se
permane fedele al mandato che la costituisce, quello cioè di “an-
dare a tutte le genti” di tutti i luoghi e di tutti i tempi; e infine è
apostolica solo se dimora fondata sul riferimento vissuto a Cristo
del quale testimoniano gli apostoli, coloro cioè che sono stati scel-
ti da lui, riuniti da lui, costituiti da lui e infine mandati da lui e
il cui carisma resta presente nella Chiesa attraverso la successione
apostolica nella forma collegiale del ministero episcopale con al
suo interno il carisma petrino.

115 
LG 8.

63
CAPITOLO 7

La Chiesa come Tempio


dello Spirito Santo

Una lettura superficiale della LG potrebbe far pensare che


releghi in secondo piano la relazione della Chiesa rispetto allo
Spirito Santo, poiché essa non è oggetto di una sezione o di un
capitolo a parte come per i temi del popolo di Dio (ovvero del
Padre) e del Corpo di Cristo. In realtà, non solo tale relazione
allo Spirito Santo attraversa tutto il documento, ma essa è di
fatto l’oggetto dei capitoli V sulla santità della Chiesa e VI sulla
vita religiosa:
Il Signore Gesù, maestro e modello divino di ogni perfezione, a
tutti e a ciascuno dei suoi discepoli di qualsiasi condizione ha pre-
dicato quella santità di vita, di cui egli stesso è autore e perfeziona-
tore: «Siate dunque perfetti come è perfetto il vostro Padre celeste»
(Mt 5, 48). Mandò infatti a tutti lo Spirito Santo, che li muova inter-
namente ad amare Dio con tutto il cuore, con tutta l’anima, con tutta
la mente, con tutte le forze (cfr Mc 12, 30), e ad amarsi a vicenda
come Cristo ha amato loro (cfr. Gv 13, 34; 15, 12)116.
Nei vari generi di vita e nei vari compiti una unica santità è coltivata
da quanti sono mossi dallo Spirito di Dio117.
Lo Spirito è colui che è santo per definizione, colui che santi-
fica dunque, colui che agisce e attesta la sua presenza attraverso
la santità della Chiesa. È qui che giungiamo al vero significato

116 
LG 40.
117 
LG 41.

65
La Chiesa popolo di Dio in cammino nella storia

della natura della Chiesa come “sacramento” conformemente a


quanto abbiamo esposto finora, vale a dire alla natura della Chie-
sa non solo come strumento di salvezza, ma prima di tutto come
segno della salvezza, come luogo, comunità, popolo nel quale la
salvezza si vede, come una città posta su un monte o una lampada
su un lampadario. Infatti, ciò che fa vedere la salvezza, ciò in cui
consiste la natura di segno della Chiesa è prima di tutto la santità
dei suoi membri.
Si può dire senza errare che prima della Pentecoste Cristo
avesse già istituito tutti gli elementi strutturali della Chiesa: ave-
va predicato il Vangelo, i dodici apostoli erano già stati chiamati
e istituiti in un collegio, Pietro era già stato confermato nel suo
ruolo di guida, il mandato di offrire il pane ed il vino in memo-
ria di Cristo era già stato promulgato come anche il mandato
finale di andare a tutte le genti, di fare di esse dei discepoli e di
battezzarle. Quindi messaggio, sacramenti, ministero e missione
erano già stati formalmente inaugurati. Ci si deve chiedere allora
perché Gesù ordini ai suoi discepoli di attendere ancora, perché
ci sia ancora una dilazione prima dell’inaugurazione effettiva del-
la missione.
Riflettere su questo dato è di capitale importanza per capire la
vera natura della Chiesa. Messaggio (o dottrina), sacramenti, mi-
nistero e missione sono certamente elementi fondamentali della
identità della Chiesa: la Chiesa è “strumento” di salvezza proprio
perché in essa sono presenti questi doni di Cristo. Ma tali doni
restano contenitori vuoti, sono come il letto di un fiume nel qua-
le non scorre acqua fino a che non irrompe in essi e attraverso di
essi lo Spirito Santo. Se è vero che Cristo ha istituito la Chiesa,
la costituisce solo per mezzo dello Spirito Santo. L’istituzione è un
atto iniziale valido per sempre: una sola volta Cristo ha istituito
il collegio degli apostoli, l’eucaristia e il battesimo. La costituzione
della Chiesa invece è un atto che per essere efficace deve essere
continuo: è costantemente che lo Spirito deve chiamare nuovi
membri nella Chiesa, suscitare carismi e soprattutto diffondere
la carità nei cuori. Analogamente all’atto della creazione, si può

66
La Chiesa come Tempio dello Spirito Santo

dire che come Dio prima ha plasmato l’uomo e la donna e poi


ha dato loro vita animandoli con il suo soffio, così Cristo ha
plasmato la Chiesa istituendo ministero e sacramenti, ma questi
diventano mezzi di santificazione solo con la Pentecoste, solo con
la venuta dello Spirito Santo.
Le conseguenze di questa verità teologica per la vita e la san-
tità della Chiesa sono di capitale importanza. La Chiesa non
vive prima di tutto in virtù della successione apostolica o della
sua ortodossia, ma per mezzo dello Spirito Santo. Tutto ciò che
è fatto senza lo Spirito può avere l’aspetto della Chiesa, l’aspetto
dell’ortodossia dottrinale o della correttezza sacramentale, ma non la
sua vita, come il letto di un fiume senza acqua. E questa tragica
possibilità si è purtroppo avverata fin troppo spesso nella storia
della Chiesa.
Dal punto di vista dell’appartenenza alla Chiesa, siamo sicu-
ramente incorporati ad essa ascoltando e credendo al Vangelo
ed essendo ricevuti sacramentalmente nella comunità visibile del
popolo di Dio, ma entrambi questi aspetti producono i loro ef-
fetti solo grazie alla presenza vivente dello Spirito Santo.
Questo bisogna tenere in mente nella ricerca di criteri per
riconoscere dove si trovi la Chiesa di Cristo, la Chiesa voluta da
Cristo. Rispondere che essa è lì dove si trova la successione apo-
stolica con la sua garanzia di dottrina autentica oppure che essa
è dove si trovano i sacramenti è corretto, ma insufficiente. Come
abbiamo visto, tali criteri sono diventati per così dire “operativi”
solo con la venuta dello Spirito Santo e questo vuol dire allo-
ra che il criterio ultimo e fondamentale per riconoscere dove si
trovi realmente la Chiesa deve necessariamente comprendere la
presenza, l’azione, i frutti dello Spirito Santo, e primi tra questi
la santità e la carità. Ma ciò comporta allora che per riconoscere
dove si trova realmente la Chiesa è necessario un discernimento.
Possiamo così riprendere un aspetto dell’insegnamento di LG
già evocato ma che siamo in grado adesso di apprezzare meglio,
vale a dire il principio che “al di fuori del suo organismo si trovano

67
La Chiesa popolo di Dio in cammino nella storia

parecchi elementi di santificazione e di verità”118. È un fatto che


lo Spirito Santo agisce al di fuori dei limiti visibili della Chie-
sa cattolica, anche laddove mancano la successione apostolica o
aspetti dell’ordine sacramentale. Anzi, spesso occorre riconoscere
che frutti di santità o di carità sono più presenti in comunità
cristiane di questo tipo che nella Chiesa. Anche in questo caso,
riconoscere la presenza della Chiesa o di elementi di ecclesialità
richiede un discernimento spirituale e ignorarli o disprezzarli è
ignorare e disprezzare lo Spirito Santo.
Se dunque la Chiesa strumento di salvezza dipende dalla sua
identità di segno della unione con Dio e degli uomini tra di loro,
il criterio per riconoscere la Chiesa di Cristo è semplice: essa
è nella comunità dove circola la carità e la santità dello Spirito
Santo. Ogni considerazione riguardo alla ortodossia dell’inse-
gnamento e alla corretta celebrazione dei sacramenti deve essere
compresa in riferimento a questa natura comunitaria. Cristo non
ha affidato il mandato apostolico a persone individuali, ma a una
comunità. Si può anzi dire che tutta la sua missione sulla terra sia
consistita nella chiamata, nel consolidamento di una comunità
nella quale ha promesso di restare presente e che egli preserva,
anima e santifica con il suo Spirito. Non si sarà mai insistito ab-
bastanza su questo aspetto della identità della Chiesa, vale a dire
il fatto che Cristo non abbia lasciato dietro di sé un libro, né un
credo, né un sistema di pensiero, né una regola di vita ma una
comunità visibile.
Questo spiega perché sia necessario il battesimo, vale a dire
l’incorporazione a Cristo che si traduce nell’accoglienza in una
comunità visibile, costantemente riconvocata e per così dire ri-
compattata nella celebrazione eucaristica.
La visibilità di questo segno che è la Chiesa è da discernere nei
frutti di grazia, vale a dire nella santità e nella carità.

118 
LG 8.

68
La Chiesa come Tempio dello Spirito Santo

Orbene, questa santità della Chiesa costantemente si manifesta e si


deve manifestare nei frutti della grazia che lo Spirito produce nei
fedeli; si esprime in varie forme in ciascuno di quelli che tendono
alla carità perfetta nella linea propria di vita ed edificano gli altri; e
in un modo tutto suo proprio si manifesta nella pratica dei consigli
che si sogliono chiamare evangelici. Questa pratica dei consigli,
abbracciata da molti cristiani per impulso dello Spirito Santo, sia
a titolo privato, sia in una condizione o stato sanciti nella Chiesa,
porta e deve portare nel mondo una luminosa testimonianza e un
esempio di questa santità119.
Alla nozione della Chiesa come segno fa eco, in questo pa-
ragrafo, il ripetersi dei verbi “si manifesta …. si esprime…. si
manifesta”. La santità deve potersi vedere! E questo vocabolario
ritorna con insistenza quando LG parla della vita religiosa in par-
ticolare:
Poiché infatti il popolo di Dio non ha qui città permanente, ma
va in cerca della futura, lo stato religioso, il quale rende più liberi i
suoi seguaci dalle cure terrene, meglio anche manifesta a tutti i cre-
denti i beni celesti già presenti in questo tempo, meglio testimonia
l’esistenza di una vita nuova ed eterna, acquistata dalla redenzione
di Cristo, e meglio preannunzia la futura resurrezione e la gloria
del regno celeste. Parimenti, lo stato religioso imita più fedelmente
e rappresenta continuamente nella Chiesa la forma di vita che il
Figlio di Dio abbracciò venendo nel mondo per fare la volontà del
Padre e che propose ai discepoli che lo seguivano. Infine, in modo
speciale manifesta l’elevazione del regno di Dio sopra tutte le cose
terrestri e le sue esigenze supreme; dimostra pure a tutti gli uomini
la preminente grandezza della potenza di Cristo-Re e la infinita
potenza dello Spirito Santo, mirabilmente operante nella Chiesa120.
Anche in questo passaggio si è colpiti dal ripetersi dei verbi
“manifesta… testimonia… preannunzia…. rappresenta…. ma-
nifesta… dimostra…”. Questo spiega perché la vita religiosa sia

119 
LG 40.
120 
LG 44.

69
La Chiesa popolo di Dio in cammino nella storia

così importante per la Chiesa. Non si tratta di una categoria di


cristiani migliori perché nulla più del battesimo comune a tutti
ci qualifica in relazione a Dio e come membri della Chiesa. Ma
lo Spirito suscita carismi diversi, complementari tra di loro, per
l’edificazione di tutta la comunità e tra di essi ve ne sono che
hanno più specificamente questo ruolo di segno della santità della
Chiesa
Perciò la professione dei consigli evangelici appare come un segno, il
quale può e deve attirare efficacemente tutti i membri della Chiesa
a compiere con slancio i doveri della vocazione cristiana. … Lo
stato di vita dunque costituito dalla professione dei consigli evan-
gelici, pur non concernendo la struttura gerarchica della Chiesa,
appartiene tuttavia inseparabilmente alla sua vita e alla sua santità121.
Occorre osservare in particolare in questo passaggio la distin-
zione tra “struttura gerarchica della Chiesa” e la vita religiosa: se
quest’ultima appartiene “inseparabilmente” alla vita e alla santità
della Chiesa è proprio perché, come abbiamo già sottolineato,
la Chiesa è sacramento non prima di tutto nella sua funzione di
strumento (garantito dalla sua struttura gerarchica), ma in quella
di segno.
Se LG ha dato così grande risalto alla vita religiosa è perché
essa illustra in modo particolare i tre aspetti della dignità batte-
simale di ogni cristiano, soprattutto quello regale, riferito alla
libertà da tutto quello che tende ad ostacolare la relazione con
Dio:
Con i voti o altri impegni sacri simili ai voti secondo il modo loro
proprio, il fedele si obbliga all’osservanza dei tre predetti consigli evan-
gelici; egli si dona totalmente a Dio amato al di sopra di tutto, così
da essere con nuovo e speciale titolo destinato al servizio e all’onore
di Dio. Già col battesimo è morto al peccato e consacrato a Dio;
ma per poter raccogliere in più grande abbondanza i frutti della grazia
battesimale, con la professione dei consigli evangelici nella Chiesa

121 
LG 44.

70
La Chiesa come Tempio dello Spirito Santo

intende liberarsi dagli impedimenti che potrebbero distoglierlo dal


fervore della carità e dalla perfezione del culto divino, e si consacra
più intimamente al servizio di Dio122.

La vita religiosa ha senso solo in riferimento alla identità e


alla missione della Chiesa, consacrata al bene della Chiesa, come
espressione di una sollecitudine per tutta la Chiesa:
Siccome quindi i consigli evangelici, per mezzo della carità alla qua-
le conducono congiungono in modo speciale coloro che li praticano
alla Chiesa e al suo mistero, la loro vita spirituale deve pure essere
consacrata al bene di tutta la Chiesa. Di qui deriva il dovere di lavo-
rare, secondo le forze e la forma della propria vocazione, sia con la
preghiera, sia anche con l’attività effettiva, a radicare e consolidare
negli animi il regno di Cristo e a dilatarlo in ogni parte della terra. Per
questo la Chiesa difende e sostiene l’indole propria dei vari istituti
religiosi123.

Infine, i padri del Concilio sottolineano l’armonia che deve


esistere tra santità e umanità, espressione di quella che esiste tra
resurrezione e creazione. Per questo occorre evitare fraintendi-
menti riguardo a cosa si intende quando si parla di “santità”:
I seguaci di Cristo, chiamati da Dio, non a titolo delle loro opere,
ma a titolo del suo disegno e della grazia, giustificati in Gesù nostro
Signore, nel battesimo della fede sono stati fatti veramente figli di
Dio e compartecipi della natura divina, e perciò realmente santi.
Essi quindi devono, con l’aiuto di Dio, mantenere e perfezionare con
la loro vita la santità che hanno ricevuto. Li ammonisce l’Apostolo
che vivano « come si conviene a santi » (Ef 5, 3), si rivestano «come
si conviene a eletti di Dio, santi e prediletti, di sentimenti di mise-
ricordia, di bontà, di umiltà, di dolcezza e di pazienza » (Col 3, 12)
e portino i frutti dello Spirito per la loro santificazione (cfr. Gal 5, 22;
Rm 6, 22). E poiché tutti commettiamo molti sbagli (cfr. Gc 3, 2),

122 
LG 44.
123 
LG 44.

71
La Chiesa popolo di Dio in cammino nella storia

abbiamo continuamente bisogno della misericordia di Dio e dobbiamo


ogni giorno pregare: « Rimetti a noi i nostri debiti » (Mt 6, 12)124 .

La santità non è una impresa da realizzare, ma un dono rice-


vuto, un frutto della presenza dello Spirito e ha bisogno dalla mi-
sericordia di Dio. Inoltre vi è una relazione costitutiva tra santità
e umanità. Se vi è una dimensione di “morte” dell’uomo vecchio
nella conversione è per rinunciare a quanto non solo ci separa
da Dio ma anche a quanto si oppone alla realizzazione autentica
della persona umana:
È dunque evidente per tutti, che coloro che credono nel Cristo di
qualsiasi stato o rango, sono chiamati alla pienezza della vita cri-
stiana e alla perfezione della carità e che tale santità promuove nella
stessa società terrena un tenore di vita più umano125.
Tutti infine abbiano ben chiaro che la professione dei consigli evan-
gelici, quantunque comporti la rinunzia di beni certamente molto
apprezzabili, non si oppone al vero progresso della persona umana, ma
al contrario per sua natura le è di grandissimo profitto126.

In riferimento alla santità della Chiesa come tempio dello


Spirito Santo si può anche interpretare adeguatamente il ruolo
che riveste in relazione ad essa la figura di Maria, alla quale i pa-
dri dedicarono il capitolo conclusivo della LG. Sempre nel qua-
dro del paradigma della Chiesa sacramento prima di tutto perché
segno, l’icona biblica della madre di Cristo ha valore in quanto
figura della Chiesa, proprio perché in essa aspetti essenziali della
santità nella quale si riconosce la Chiesa sono particolarmente
riconoscibili:
La beata Vergine, per il dono e l’ufficio della divina maternità che
la unisce col Figlio redentore e per le sue singolari grazie e funzioni,
è pure intimamente congiunta con la Chiesa: la madre di Dio è

124 
LG 40.
125 
LG 40.
126 
LG 44.

72
La Chiesa come Tempio dello Spirito Santo

figura della Chiesa, come già insegnava sant’Ambrogio, nell’ordine


cioè della fede, della carità e della perfetta unione con Cristo127.
Questo valore di segno della santità della Theotokos, la Madre
di Dio, si riferisce in maniera particolare alla sua maternità e alla
sua verginità, che già esprimono la maternità e la virginità della
Chiesa. È la Chiesa ad essere in senso proprio madre poiché in
essa lo Spirito Santo genera nuovi fedeli con il battesimo ed è
ancora essa propriamente vergine perché ha la promessa di essere
assistita dallo stesso Spirito per preservare intatta la propria fede:
Infatti nel mistero della Chiesa, la quale pure è giustamente chiama-
ta madre e vergine, la beata vergine Maria occupa il primo posto,
presentandosi in modo eminente e singolare quale vergine e quale
madre128.
La Chiesa contemplando la santità misteriosa della Vergine, imi-
tandone la carità e adempiendo fedelmente la volontà del Padre,
per mezzo della parola di Dio accolta con fedeltà diventa essa pure
madre, poiché con la predicazione e il battesimo genera a una vita
nuova e immortale i figli, concepiti ad opera dello Spirito Santo e nati
da Dio. Essa pure è vergine, che custodisce integra e pura la fede
data allo sposo; imitando la madre del suo Signore, con la virtù
dello Spirito Santo conserva verginalmente integra la fede, salda la
speranza, sincera la carità129.

127 
LG 63.
128 
LG 63.
129 
LG 64.

73
CAPITOLO 8
Il carattere missionario
ed escatologico della
Chiesa in Lumen gentium

Se il velut del primo paragrafo di LG al quale abbiamo più


volte fatto riferimento è così importante è anche perché esso
esprime il carattere escatologico della Chiesa:
La Chiesa, alla quale tutti siamo chiamati in Cristo Gesù e nella
quale per mezzo della grazia di Dio acquistiamo la santità, non avrà
il suo compimento se non nella gloria celeste, quando verrà il tempo
in cui tutte le cose saranno rinnovate (cfr. Ap 3, 21), e col genere
umano anche tutto l’universo, il quale è intimamente congiunto
con l’uomo e per mezzo di lui arriva al suo fine, troverà nel Cristo la
sua definitiva perfezione (cfr. Ef 1, 10; Col 1, 20)130.
Una delle immagini più eloquenti della Chiesa è quella che la
rappresenta come pellegrina nel mondo, senza fissa dimora. La
Chiesa è una realtà impegnata in un duplice movimento inau-
gurato da Cristo: essa va verso tutti i confini della terra in un
movimento missionario e verso la fine e compimento dei tempi
in un movimento escatologico (rivolto cioè verso l’eschaton, “il
compimento”). Dinamismo missionario ed escatologico sono
inseparabili: Cristo ritornerà solo quando il Vangelo sarà stato
annunziato a tutte le genti e la Chiesa si dedica a questa missione
con uno zelo sempre più ardente per affrettare questo ritorno di

130 
LG 48.

75
La Chiesa popolo di Dio in cammino nella storia

Cristo in gloria nel quale egli ricapitolerà tutto in lui e ci presen-


terà al Padre e Dio sarà tutto in tutti.
La Chiesa è vero mezzo di questa convocazione universale e di
questa riconsegna del regno al Padre e ne è il segno nella misura
in cui è realmente animata da zelo missionario e dal desiderio
per il ritorno di Cristo, da anelito escatologico. Costantemente
l’apostolo Paolo sottolinea l’urgenza del tempo presente, vale a
dire del tempo inaugurato da Cristo, e LG fa suo questo atteg-
giamento:
Già dunque è arrivata a noi l’ultima fase dei tempi (cfr. 1 Cor 10,
11). La rinnovazione del mondo è irrevocabilmente acquisita e in
certo modo reale è anticipata in questo mondo: difatti la Chiesa già
sulla terra è adornata di vera santità, anche se imperfetta. Tuttavia,
fino a che non vi saranno i nuovi cieli e la terra nuova, nei quali la
giustizia ha la sua dimora (cfr. 2 Pt 3, 13), la Chiesa peregrinante
nei suoi sacramenti e nelle sue istituzioni, che appartengono all’età
presente, porta la figura fugace di questo mondo; essa vive tra le crea-
ture, le quali ancora gemono, sono nel travaglio del parto e sospirano la
manifestazione dei figli di Dio (cfr. Rm 8, 19-22)131.
Vi è un legame costitutivo tra il carattere comunitario del-
la Chiesa e questo suo dinamismo missionario ed escatologico.
Tutta la missione terrestre di Cristo è consistita nella edificazione
di una comunità intorno al nucleo dei 12 apostoli ed è questa
comunità che, alla fine del Vangelo di Matteo, egli ha inviato nel
mondo per “fare dei discepoli” (Mt 28, 19). Abbiamo visto che
essere salvati vuol dire essere tras-formati, ricevendo la forma della
Trinità, entrando cioè in una comunità che è il corpo di Cristo,
per poter, in Cristo e nello Spirito Santo, essere ricongiunta al
Padre. L’aspetto missionario quindi della comunità non è un ele-
mento secondario o accessorio. Cristo istituisce i dodici come
“apostoli”, vale a dire come “inviati”132: essi vengono meno alla
loro stessa identità se cessano di andare per fare discepoli. Allo

131 
LG 48.
132 
Apostello in greco vuol dire “inviare”.

76
Il carattere missionario ed escatologico della Chiesa in Lumen Gentium

stesso modo la missione è essenzialmente comunitaria non solo


nel senso che è un compito di tutta la comunità, ma soprattutto
nel fatto che è l’aspetto comunitario stesso che rende la missione
eloquente, persuasiva ed efficace.
Il carattere escatologico della Chiesa trova prima di tutto nel-
la necessità della missione la sua spiegazione principale: c’è un
intervallo tra la prima e la seconda venuta di Cristo perché il
Vangelo possa essere predicato a tutte le genti di tutti i tempi e
perché il corpo di Cristo possa essere edificato, perché tutto possa
essere ricapitolato in Cristo. Vi è però a questo riguardo un ele-
mento fondamentale da non dimenticare: solo il Padre conosce
“i tempi”. Se da una parte tutta l’energia e il dinamismo della
Chiesa devono essere convogliati in questo slancio missionario
per condurre il corpo di Cristo al suo completamento, tale obiet-
tivo non sarà il risultato dello sforzo umano ma di una nuova
azione divina, vale a dire una azione di Cristo nello Spirito Santo:
E invero il Cristo, quando fu levato in alto da terra, attirò tutti a
sé (cfr. Gv 12, 32 gr.); risorgendo dai morti (cfr. Rm 6, 9) immise
negli apostoli il suo Spirito vivificatore, e per mezzo di lui costituì
il suo corpo, che è la Chiesa, quale sacramento universale della
salvezza; assiso alla destra del Padre, opera continuamente nel mondo
per condurre gli uomini alla Chiesa e attraverso di essa congiungerli
più strettamente a sé e renderli partecipi della sua vita gloriosa col
nutrimento del proprio corpo e del proprio sangue. … Quindi la
nuova condizione promessa e sperata è già incominciata con Cristo;
l’invio dello Spirito Santo le ha dato il suo slancio e per mezzo di lui
essa continua nella Chiesa, nella quale siamo dalla fede istruiti an-
che sul senso della nostra vita temporale, mentre portiamo a termi-
ne, nella speranza dei beni futuri, l’opera a noi affidata nel mondo
dal Padre e attuiamo così la nostra salvezza (cfr. Fil 2, 12)133.
Quindi, anche se il contributo della comunità per l’edificazio-
ne del corpo di Cristo è indispensabile, il risultato finale non sarà
il risultato di questo sforzo, ma qualcosa di completamente nuo-

133 
LG 48.

77
La Chiesa popolo di Dio in cammino nella storia

vo, un nuovo atto divino. La Gerusalemme nuova infatti “scende


dal cielo” (Ap 21, 2) e si tratta di “una dimora non costruita da
mani d’uomo” (2 Cor 5, 1).
Questo principio è di capitale importanza. Solo Dio converte
i cuori, solo lui perdona i peccati, solo lui opera la riconcilia-
zione; solo lui diffonde la carità nei cuori. Anche se la Chiesa è
strumento di questa riconciliazione e ne è il segno perché in essa
“in qualche modo” (velut) questa riconciliazione è visibile, que-
sta riconciliazione resta opera di Cristo per mezzo dello Spirito.
Significativamente, al termine del Vangelo di Matteo, nel mo-
mento nel quale invia la comunità, Gesù dichiara che essa resta
animata, sostenuta, garantita dalla sua presenza: “Ed ecco io sono
con voi fino alla fine dei tempi”.
In questo orientamento verso l’eschaton, verso il compimen-
to, verso ciò che è essenziale e destinato a dimorare per sempre,
ancora una volta la figura della Madre di Dio ha un valore di
esempio e di segno:
La madre di Gesù, come in cielo, in cui è già glorificata nel corpo
e nell’anima, costituisce l’immagine e l’inizio della Chiesa che dovrà
avere il suo compimento nell’età futura, così sulla terra brilla ora in-
nanzi al peregrinante popolo di Dio quale segno di sicura speranza
e di consolazione, fino a quando non verrà il giorno del Signore
(cfr. 2 Pt 3, 10)134.
Alla pienezza di grazia di Maria fa eco il suo riconoscimento,
nel Magnificat, di questo ruolo di segno di speranza e di conso-
lazione per la Chiesa e per l’umanità: “Tutte le generazioni mi
chiameranno beata”. Quello che già è avvenuto per Maria si re-
alizzerà per ognuno dei battezzati. Questa è la ragione profonda
che ha condotto i padri del Concilio ha mantenere ogni discorso
riguardo alla Madre di Dio fermamente all’interno della Chiesa.
Le grazie speciali accordatele infatti hanno senso come espressio-
ne della volontà del Padre riguardo a tutto il suo Popolo.

134 
LG 68.

78
CAPITOLO 9

Il carattere missionario ed
escatologico della Chiesa
nel decreto ad gentes

9.1 L’iter del decreto Ad Gentes

Approvato soltanto nella IV sessione del Concilio Vaticano II


e promulgato il 7 dicembre 1965, il decreto Ad Gentes sull’atti-
vità missionaria della Chiesa sicuramente beneficiò di tale tardi-
va redazione finale: in questo modo poté infatti integrare alcuni
degli sviluppi teologici più significativi del Concilio, soprattutto
dal punto di vista ecclesiologico.
La storia della redazione di questo documento fu molto tor-
mentata. Conobbe non meno di 7 redazioni e se ne propose ad
un certo punto addirittura anche la soppressione. Nel 1964 lo
schema superstite fu ridotto a 14 proposizioni che avrebbero do-
vuto renderne più spedita l’approvazione e che fu anche perso-
nalmente appoggiato da Paolo VI in occasione di una sua visita
nell’aula conciliare. Ma l’appoggio del pontefice ebbe l’effetto di
far riprendere coscienza dell’importanza del documento e, gra-
zie alla pressione delle conferenze episcopali africane di lingua
francese ed inglese e degli istituti missionari, vi fu una revisione
totale ed un ampliamento del documento. La discussione relativa
alla proposta di revisione, approvata con un voto del 9 novembre
1964, fece apparire chiaramente le linee secondo le quali si auspi-
cava una riformulazione del documento: integrazione della teo-

79
La Chiesa popolo di Dio in cammino nella storia

logia espressa soprattutto nei documenti conciliari sulla liturgia,


la Chiesa e l’ecumenismo; la formulazione di direttive più nette
per l’attività missionaria; rinnovare lo slancio missionario e pro-
muovere vocazioni missionarie. Prevalse soprattutto l’auspicio di
situare le missioni nel quadro dell’unica missione della Chiesa.
Tutti questi elementi furono integrati nel documento finale, con
l’aggiunta di considerazioni riguardo alle Chiese locali e al ruolo
del dicastero romano incaricato di coordinare le missioni chia-
mato Propaganda fide.

9.2 Aspetti teologici

Il carattere essenzialmente missionario ed escatologico della


Chiesa esposto in Lumen Gentium trova una sua più vasta espres-
sione ed applicazione pratica nel decreto Ad Gentes.
La struttura stessa del capitolo sui principi dottrinali che
fondano la missione della Chiesa fa eco capitolo iniziale di LG.
Dopo aver ripreso la definizione della Chiesa come sacramento,
infatti, il decreto ritraccia il disegno divino di salvezza in chia-
ve trinitaria e inserisce in questo contesto le ragioni dell’attività
missionaria della Chiesa:
La Chiesa durante il suo pellegrinaggio sulla terra è per sua natura
missionaria, in quanto è dalla missione del Figlio e dalla missione
dello Spirito Santo che essa, secondo il piano di Dio Padre, deriva
la propria origine135.
Questo passaggio riprende un principio già incontrato in LG
riguardo alla salvezza che consiste non solo nel ricevere una forza
nuova o nell’accedere ad uno stato, una condizione nuova, ma
anche in una “tras-formazione”, vale a dire nel ricevere una forma
che è quella stessa di Dio e della sua attività. Il Figlio e lo Spirito
Santo nella economia della salvezza sono inviati perché all’inter-

135 
AG 2.

80
Il carattere missionario ed escatologico della Chiesa in ad gentes

no della vita trinitaria vengono dal Padre. È questa la ragione per


la quale è Cristo e non il Padre che si è incarnato ed è lo Spirito
Santo e non il Padre ad essere stato effuso nei cuori. Entrare in
una vita divina caratterizzata da questo eterno movimento di in-
vio, di missione comporta che la salvezza consista a sua volta in
una missione, in un invio. La salvezza ci strappa all’inerzia del
ripiegamento su noi stessi e ci coinvolge nella eterna effusione di
amore e di bene che sgorga dal Padre e ci raggiunge per mezzo del
Figlio nello Spirito Santo:
Questo piano scaturisce dall’amore nella sua fonte, cioè dalla carità
di Dio Padre. Questi essendo il principio senza principio da cui il
Figlio è generato e lo Spirito Santo attraverso il Figlio procede, per
la sua immensa e misericordiosa benevolenza liberatrice ci crea ed
inoltre per grazia ci chiama a partecipare alla sua vita e alla sua glo-
ria; egli per pura generosità ha effuso e continua ad effondere la sua
divina bontà, in modo che, come di tutti è il creatore, così possa
essere anche «tutto in tutti» (1 Cor 15, 28), procurando insieme la
sua gloria e la nostra felicità136.
La missione non è solo l’azione della Chiesa, ma è espressio-
ne della sua identità. Entrare nel dinamismo della vita trinitaria
genera un movimento che al tempo stesso convoca, raccoglie e
fa uscire da se stessi per estendere questa comunione a tutta l’u-
manità e anzi, in un certo senso, a tutta la creazione:
Ma piacque a Dio chiamare gli uomini a questa partecipazione del-
la sua stessa vita non tanto in modo individuale e quasi senza alcun
legame gli uni con gli altri, ma di riunirli in un popolo, nel quale i
suoi figli dispersi si raccogliessero nell’unità137.
AG sottolinea quanto l’azione del Figlio e dello Spirito Santo
per la salvezza di tutto il genere umano non attenda la missione
della Chiesa per dispiegarsi: l’azione del Figlio si attua già “in una

136 
AG 2.
137 
AG 2.

81
La Chiesa popolo di Dio in cammino nella storia

maniera per così dire segreta nell’animo degli uomini”138 come


anche quella dello Spirito Santo “talvolta previene visibilmente
l’azione apostolica”.139 Ma il Figlio e lo Spirito si sono manifestati
visibilmente per una piena realizzazione di questa salvezza:
Dio, al fine di stabilire la pace, cioè la comunione con sé, e di rea-
lizzare tra gli uomini stessi - che sono peccatori - una unione fraterna,
decise di entrare in maniera nuova e definitiva nella storia umana,
inviando il suo Figlio a noi con un corpo simile al nostro, per sot-
trarre a suo mezzo gli uomini dal potere delle tenebre e del demo-
nio ed in lui riconciliare a sé il mondo140.
Per il raggiungimento di questo scopo, Cristo inviò da parte
del Padre lo Spirito Santo, perché compisse dal di dentro la sua
opera di salvezza e stimolasse la Chiesa a estendersi. Indubbia-
mente lo Spirito Santo operava nel mondo prima ancora che Cri-
sto fosse glorificato. Ma fu nel giorno della Pentecoste che esso
si effuse sui discepoli, per rimanere con loro in eterno; la Chiesa
apparve ufficialmente di fronte alla moltitudine ed ebbe inizio at-
traverso la predicazione la diffusione del Vangelo in mezzo ai
pagani141.
La missione della Chiesa dunque non è solo un dovere che
le incombe in risposta al mandato finale del Signore prima della
sua ascensione, ma è l’espressione della vita, del dinamismo che
la abita. AG a questo proposito parla di “influsso vitale”:
Da qui deriva alla Chiesa l’impegno di diffondere la fede e la sal-
vezza del Cristo, sia in forza dell’esplicito mandato che l’ordine epi-
scopale, coadiuvato dai sacerdoti ed unito al successore di Pietro,
supremo pastore della Chiesa, ha ereditato dagli apostoli, sia in
forza di quell’influsso vitale che Cristo comunica alle sue membra: «
Da lui infatti tutto quanto il corpo, connesso e compaginato per

138 
AG 3.
139 
AG 4.
140 
AG 3.
141 
AG 4.

82
Il carattere missionario ed escatologico della Chiesa in ad gentes

ogni congiuntura e legame, secondo l’attività propria di ciascuno


dei suoi organi cresce e si autocostruisce nella carità» (Ef 4, 16)142.
E, come precisa ancora il documento, “l’attività missionaria
scaturisce direttamente dalla natura stessa della Chiesa”143. Attra-
verso di essa si realizza il piano di Dio, come appare in questo
passaggio nel quale troviamo i tre volti della Chiesa esposti da
LG, quello di popolo del Padre, di corpo di Cristo e di tempio
dello Spirito Santo:
Grazie a questa attività missionaria, infine, Dio è pienamente glo-
rificato, nel senso che gli uomini accolgono in forma consapevole
e completa la sua opera salvatrice, che egli ha compiuto nel Cristo.
Sempre grazie ad essa si realizza il piano di Dio, a cui Cristo in
spirito di obbedienza e di amore si consacrò per la gloria del Padre
che l’aveva mandato che tutto il genere umano costituisca un solo
popolo di Dio, si riunisca nell’unico corpo di Cristo, sia edificato in
un solo tempio dello Spirito Santo144.
Nell’attività missionaria della Chiesa più ancora forse che in
ogni altro aspetto della sua vita ritroviamo la centralità del suo
ruolo di sacramento prima di tutto non in quanto strumento,
ma in quanto segno della salvezza. AG sottolinea continuamen-
te questo aspetto, memore della frase di Gesù: “Da questo tutti
sapranno che siete miei discepoli: se avete amore gli uni per gli
altri” (Gv 13, 35). Prima di tutto perché questa è la missione,
questo è il messaggio della Chiesa:
La Chiesa … è stata inviata a rivelare ed a comunicare la carità di
Dio a tutti gli uomini ed a tutti i popoli145.
Ed appartiene in proprio alla carità che essa non possa ridursi
ad un messaggio che si serve di parole e di concetti, ma richieda

142 
AG 5.
143 
AG 6.
144 
AG 7.
145 
AG 10.

83
La Chiesa popolo di Dio in cammino nella storia

di esprimersi prima di tutto nei fatti, attraverso tutte le forme che


questo amore assume:
Tutti i cristiani … sono tenuti a manifestare con l’esempio della
loro vita e con la testimonianza della loro parola l’uomo nuovo, di
cui sono stati rivestiti nel battesimo, e la forza dello Spirito Santo,
da cui sono stati rinvigoriti146.
Tale carità manifesta la sua origine divina nella suo caratte-
re universale e incondizionato. I cristiani amano tutte le persone
umane senza distinzioni di religione, razza e condizione sociale e
sono consapevoli di quanto questo sia il loro annuncio più effi-
cace. Quando infatti le leggi o il contesto politico non consente
nessuna forma esplicita di evangelizzazione, la missione non è
compromessa:
In questo caso i missionari possono e debbono con pazienza e pru-
denza, e nello stesso tempo con grande fiducia, offrire almeno la
testimonianza della carità e della bontà di Cristo, preparando così le
vie del Signore e rendendolo in qualche modo presente147.
La carità stessa è già annuncio, anzi è il solo annuncio de-
gno di fede. Le genti crederanno alla Parola perché vedranno
l’amore che essa genera. Tutto un paragrafo di AG espone questo
fondamentale principio missionario avendo cura di non limitar-
si a menzionare genericamente “la carità” ma di dettagliarne le
espressioni concrete nei contesti più diversi:
La presenza dei cristiani nei gruppi umani deve essere animata da
quella carità con la quale Dio ci ha amato: egli vuole appunto che
anche noi reciprocamente ci amiamo con la stessa carità. Ed effetti-
vamente la carità cristiana si estende a tutti, senza discriminazioni
razziali, sociali o religiose, senza prospettive di guadagno o di gra-
titudine. Come Dio ci ha amato con amore disinteressato, così anche
i fedeli con la loro carità debbono preoccuparsi dell’uomo, amandolo
con lo stesso moto con cui Dio ha cercato l’uomo. Come quindi Cristo

146 
AG 11.
147 
AG 6.

84
Il carattere missionario ed escatologico della Chiesa in ad gentes

percorreva tutte le città e i villaggi, sanando ogni malattia ed in-


fermità come segno dell’avvento del regno di Dio (60), così anche
la Chiesa attraverso i suoi figli si unisce a tutti gli uomini di qualsiasi
condizione, ma soprattutto ai poveri ed ai sofferenti, prodigandosi vo-
lentieri per loro148.

E il passaggio continua ad esporre le forme che assume questa


carità: la condivisione, la compassione, l’impegno nelle situazio-
ne di ingiustizie economiche e sociali, l’educazione, la promozio-
ne della dignità umana, la creazione di condizioni stabili di pace.
Si tratta quindi di una carità profondamente incarnata, aliena da
ogni forma di paternalismo o di assistenzialismo, ma che al con-
trario risulta in una opera di profonda umanizzazione.
Questo aspetto della carità nella missione si manifesta prima
di tutto attraverso un rispetto autentico per la cultura, le tradizio-
ni e anche la religiosità delle popolazioni alle quali si è mandati:
Perciò ogni elemento di bene presente e riscontrabile nel cuore e
nell’anima umana o negli usi e civiltà particolari dei popoli, non
solo non va perduto, ma viene sanato, elevato e perfezionato per la
gloria di Dio, la confusione del demonio e la felicità dell’uomo149.

Questo si traduce in un particolare stile missionario:


[I cristiani] debbono stringere rapporti di stima e di amore con questi
uomini, … conoscere bene le tradizioni nazionali e religiose degli
altri, lieti di scoprire e pronti a rispettare quei germi del Verbo che
vi si trovano nascosti … Come Cristo stesso penetrò nel cuore degli
uomini per portarli attraverso un contatto veramente umano alla
luce divina, così i suoi discepoli, animati intimamente dallo Spirito
di Cristo, debbono conoscere gli uomini in mezzo ai quali vivono ed
improntare le relazioni con essi ad un dialogo sincero e comprensivo,
affinché questi apprendano quali ricchezze Dio nella sua munifi-
cenza ha dato ai popoli; ed insieme devono tentare di illuminare

148 
AG 12.
149 
AG 9.

85
La Chiesa popolo di Dio in cammino nella storia

queste ricchezze alla luce del Vangelo, di liberarle e di ricondurle


sotto l’autorità di Dio salvatore150.
Infine, tale carità deve manifestarsi attraverso l’unità della co-
munità cristiana che è chiamata ad esserne il segno. E a questo
proposito non si sottolineerà mai abbastanza lo scandalo e l’osta-
colo per la missione rappresentato dalla divisione dei cristiani.
AG non esita a qualificare tale divisione di “grave pregiudizio”
alla missione:
La divisione dei cristiani è di grave pregiudizio alla santa causa della
predicazione del Vangelo a tutti gli uomini ed impedisce a molti di
abbracciare la fede. Così la necessità della missione chiama tutti i
battezzati a radunarsi in un solo gregge ed a rendere testimonianza
in modo unanime a Cristo, loro Signore, di fronte alle nazioni.
Essi, se ancora non possono testimoniare pienamente l’unità di
fede, debbono almeno essere animati da reciproca stima e amore151.
In linea con tale principio, AG auspica che la missione sia
condotta in “fraterna collaborazione con i fratelli separati”152. Per
questo si dispone che il dicastero di Propaganda Fide che coordi-
na l’attività missionaria nella Chiesa cattolica ricerchi
in collegamento con il segretariato per l’unità dei cristiani i modi
ed i mezzi con cui procurare ed organizzare la collaborazione frater-
na e la buona intesa con le iniziative missionarie delle altre comu-
nità cristiane, onde eliminare, per quanto è possibile, lo scandalo
della divisione153.

150 
AG 11.
151 
AG 6.
152 
AG 15.
153 
G 29.

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Indicazioni bibliografiche

Y. Congar, G. Baraúna, L’Église de Vatican II, Parigi 1966.


P. Hünermann, “Lumen Gentium”, In Herders Theologischer
Kommentar Zum Zweiten Vatikanischen Konzil, Ed. P. Hüner-
mann e B. J. Hilberath, Freiburg im Breisgau 2004.
B.-D. de La Soujeole, Il sacramento della comunione: ecclesiolo-
gia fondamentale, Casale Monferrato (AL) 2000.
G. Philips, La Chiesa i il suo mistero nel Concilio Vaticano II:
storia, testo e commento della costituzione Lumen Gentium, Milano
1969
C. Scanzillo, La Chiesa sacramento di comunione: commento
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