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1)La libertà d’espressione deve tener conto di altre libertà (per esempio legate a religione,

credo politico, ruoli istituzionali, memoria storica,...) o non deve essere limitata? Quali
dovrebbero essere gli eventuali limiti e chi dovrebbe deciderli?

Penso che la libertà debba essere limitata secondo diritto. In prima battuta, allorquando essa
provochi o direttamente induca violenza fisica; quando si scagli contro un singolo con il deliberato
intento di degradarlo e umiliarlo; in ultimo, quando offenda intenzionalmente la sensibilità di
comunità riconosciute o implicite. In questi ultimi due casi, il limite non è da pensarsi in maniera
rigida, ma dinamica e aperta, flessibile e passibile di continue modifiche: non tutte le libertà hanno
la stessa storia. Il garante in questo caso dovrebbe essere non di certo un gruppo di censori, ma i
medesimi che amministrano la giustizia ordinaria insieme a coloro che fanno le leggi: saranno essi a
vagliare il grado, l'intenzionalità e l'opportunità di frenare l'eventuale perverso uso della libertà, a
seconda dei mutamenti di costume che la comunità che rappresentano subisce.

2)Rappresentazione artistica e opinione personale dovrebbero godere dello stesso grado di


libertà di espressione?

Non credo: sono due cose completamente diverse. L'arte non è - e non è radicalmente - un'opinione.
Un'operazione artistica è costruita e determinata da un contesto peculiare che contribuisce a
renderla condivisa, aperta e plurisensa: da un lato protetta dalla propria storia e dall'altro permeabile
da parte della comunità secondo un determinato codice culturale. L'opinione personale, quando è
personale e quindi non pubblica, penso non abbia alcuna importanza: non è e non può essere
censurata in alcuna maniera.

3)Dovrebbe essere diversa la libertà d’espressione di cui si può usufruire in ambito pubblico e
in ambito privato? Perché?

La differenza mi sembra evidente. La prima, pubblica, deve tenere conto dell'impatto di una vasta
rete di sensibilità e di diritti, che potrebbero essere lesi. La seconda, no.

4)È giusto limitare la libertà di un cittadino di esporre o indossare simboli religiosi, politici,...?
Se sì, in che misura?

È giusto ciò che una comunità stabilisce che sia giusto. La misura di questi limiti denuncia e
proclama la storia di questa comunità. Se la comunità occidentale fosse consapevole e cosciente
della propria storia, non avrebbe alcun timore nell'esposizione di simboli religiosi o politici.
Saprebbe che ha già scelto la propria religione, costruita al fine di essere capace di ridurre ogni altra
a sé, ovvero l'economia capitalistica e il paradigma scientifico e militare che la difende.

5)Chi difende o appoggia pubblicamente atti violenti o illegali dovrebbe esserne considerato
corresponsabile sotto un profilo etico e giuridico, o dovrebbe avere diritto a esprimere
liberamente la propria convinzione?

Trovo sia logicamente corretto che difendere pubblicamente un atto violento (quindi illegale) sia
considerato illegale. Ma ci sono differenze: difendere pubblicamente il furto delle macchine non è
uguale a difendere e incitare all'odio razziale o all'omicidio. Ovvero difendere la violenza su
persone o simboli comunitari è più grave che difendere la stessa contro cose inerti. Poi: non tutti i
contesti pubblici e non tutte le comunicazioni sono uguali: un articolato saggio filosofico non è
uguale ad uno slogan ripetuto in televisione. È nella sensibilità dei giudici e nell'intelligenza delle
leggi stabilire se c'è opportunità di pena e quanto grave sia la proporzione.

6)Si può ricorrere alla violenza fisica per l'affermazione di un ideale? Quali sono, se ci sono, i
valori per la cui difesa varrebbe la pena ricorrere alla violenza o sacrificare la propria vita?

La violenza fisica a difesa di un astratto ideale è retorica letteraria, perseguita per lo più da un
ristretta élite che se ne arroga il privilegio. Le comunità umane difendono con la forza il proprio
diritto materiale di sopravvivere o di vivere una vita che essi ritengono degna. Sono nato in
occidente: credo che difenderei con la violenza fisica il diritto di vivere secondo la mia cultura e la
mia storia, proprio in quanto sono consapevole che questa mia stessa storia e cultura è stata quella
che ha saputo cambiare se stessa nel tempo e farsi permeare materialmente dalle altre culture:
difenderei il mio diritto di continuare a farlo.

7)I valori della Dichiarazione universale dei diritti umani del 1948 sono assoluti e universali o
tutto è soggetto alla storia e non esistono valori indiscutibili?

Non esistono valori indiscutibili. È pur vero che ogni valore posto come assoluto è un sintomo di un
cammino possibile e forse anche auspicabile: la Dichiarazione Universale dei diritti umani
rappresenta questo.

8)Si può dire che è' in atto uno scontro fra due o più civiltà diverse e inconciliabili? E se sì,
quali sono le cause di questo scontro (culturali, religiose, politiche, economiche,…)?

Sono radicalmente contrario all'uso di questa terminologia, che trovo subculturale e ipocrita. Il
contrasto fra civiltà non esiste; o meglio è una manifestazione di un conflitto permanente fra le
comunità umane per l'affermazione di sistemi di potere. Le culture, le più diverse, quando sono
culture, ovvero alti complessi ideologici consapevoli, hanno da sempre ricercato e trovato la
necessità nell'arricchimento reciproco. È invece l'ignoranza e la brutale logica del dominio a
costruire l'ideologia dell'illusorio “scontro fra civiltà”: quando c'è in campo questa espressione,
quello che si intende è uno scontro fra inciviltà.

9)È possibile mettere a confronto e stabilire quale sia il migliore tra sistemi di valori di
differenti civiltà?

Ogni scala di valore finirebbe per essere propria di una specifica comunità ed è ridicolo che un'altra
civiltà faccia altrettanto (se così fosse, non sarebbe altra). La stessa pretesa universalistica di un
sistema di giudizio di valori tradisce una volontà di dominio, tipica della mentalità universalistica
post-illuministica, di matrice scientista. È vero che il sistema di vita occidentale, con la violenza
materiale e con il consenso, si sta diffondendo e, forse, alla lunga, sarà l'unico mondiale; se così
sarà (e non so se sia un bene), allora - e solo allora - sarà molto chiaro quale sia il migliore tra i
sistemi di valori delle civiltà.

10)Qual è lo stato della libertà di espressione in Italia? Ci sono argomenti tabù su cui risulta
difficile o impossibile esprimersi liberamente?

La libertà d'espressione in Italia mi sembra assolutamente malata. Si dà importanza e vasta eco a


espressioni dell'ignoranza e della deficienza umana che meriterebbero al limite pietà, spacciandole
per opinioni addirittura interessanti. Non è un problema di argomenti sui quali si può o non si può
parlare; è che ormai si è creato un sistema di espressione mediatico che puntualmente disinnesca
ogni possibilità di espressione intelligente e che renda merito alla complessità dell'esperienza
umana.

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