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COLLEZIONE

VIAGGI NELLA FINZIONE


Un libro è molto di più di un oggetto. É un incontro tra due persone attraverso la
parola scritta. Chiado Editore ricerca tutti i giorni l’incontro tra autori e lettori, lavo-
rando ad ogni libro con la stessa dedizione, come se fosse l’unico e l’ultimo, se-
guendo la massima di Fernando Pessoa “sii tutto in ogni cosa, per quanto sia mi-
nima la cosa che fai”. Vorremmo che questo libro sia una sfida per voi. La nostra
sfida è fare in modo che questo libro meriti di entrare a far parte della vostra vita.
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© 2017, Salvatore Amato e Chiado Editore


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Titolo: Fra - Fuori dal Grigio


Editor: Federica Barone
Grafica: Andreia Monteiro
Copertina: Maria Girão
Revisione: Salvatore Amato
Stampa:
Chiado
P r i n t

1° edizione: Settembre, 2017


ISBN: 978-989-52-0920-0
Deposito Legale: 428524/17
Salvatore Amato

Fra
Fuori dal Grigio

| Italia |
A Eleonora, per avermi sostenuto durante tutto
questo progetto e anche oltre.
Benedico chi mi ha nutrito,
chi si è tolto dalla bocca il cibo per riempirmi il frigo…
Ogni donna che mi ha dato un po’ di vita…
che mi ha messo nelle mani l’universo ed io non l’ho seguita…
David Belardi in arte Primo, (Tanti saluti).

Riposa in pace grande King del rap italiano.


Anche se non ho mai avuto l’onore di conoscerti, vivo con molte tue
rime nel cuore.
Grazie per tutto quell’ottimo rap, sempre così hard-core, anche quando
le tue rime erano pura poesia in musica, poesia reale, nuda e cruda, di
un mondo che ci appartiene, perché noi apparteniamo a lui.
Grazie Primo.

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Questo racconto è stato concepito con uno scopo unicamente narrativo,
l’autore non condivide, né appoggia il comportamento e i pensieri dei
personaggi.
Non vuole essere questa opera interpretata come istigazione alla
criminalità, né a comportamenti violenti e poco leciti, ma all’unico
scopo di narrare una storia di amicizia.
Tutti i riferimenti a persone o fatti realmente accaduti sono puramente
casuali.
Non voglia quindi essere un esempio da seguire, ma solo un libro.

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2008
Marco Sdraia detto Farina anno 2008

PUNTUALITÀ

Mi sveglio di scatto. Dov’è l’orologio? Eccolo, sono le otto e


quarantacinque. Non sono andato a letto tardi, ma la sveglia suonerà
solo tra quindici minuti e sono distrutto, non mi va di alzarmi subito…
mi rilasso un attimino.
Che ore sono? Le otto e quarantotto, va bè mi alzo, tanto sono
già sveglio.
Oggi la colazione me la faccio da solo. Metto la caffettiera da sei, me
la berrò in tazza grande con due mega cucchiai di cioccolato in polvere: “la
colazione dei campioni”, come la chiamo io. Sono troppo addormentato e
vedrai che tutta questa caffeina e cioccolata è quello che ci vuole.
Mi vesto di corsa, con i primi vestiti che trovo alla rinfusa sulla
sedia girevole, che si riconosce a malapena la differenza con la venere
degli stracci. Forse è ora di buttare tutto dentro l’armadio, ma non
oggi che se faccio tardi quello psicopatico di Killer sarebbe capace di
uccidermi. E poi io detesto arrivare in ritardo, preferisco in anticipo,
sono fatto così; forse è un bene o forse dovrei rilassarmi come Zaza e
prendermi sempre insulti e minacce, ma no… non fa per me, anzi sono
fin troppo rilassato: arrivo puntuale, nessuno si stressa ad aspettarmi e
nessuno ha niente da ridire, perfetto!
Nove e zero sette, sono già in strada in netto anticipo, calcolando
che sto a dieci minuti dal matto e che ci dobbiamo vedere tra
cinquantatré minuti esatti. Mi accendo una paglia e cerco le chiavi del
furgone, porca vacca… Ero sicuro di averle in tasca ma non le trovo:
quando le ho prese? Che movimenti ho fatto? Il cervello cammina a
duemila… ah sì sono nel giubbotto, sono sicuro!
Risalgo le scale di casa di corsa, a due a due, neanche fossi in
ritardo. Apro la porta di casa, mia cugina Sally di appena diciassette

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Salvatore Amato

anni, gonfia di psicofarmaci, dorme sul divano. Dov’è? Ah eccolo


là! E le chiavi? Nella tasca! Perfetto… faccio un gran sospiro di
sollievo. Sally apre i suoi occhi lontani su chissà quale pianeta e mi
fa: “Buongiorno cuginetto…lo sai che ti voglio bene?” e allarga le
braccia per stirarsi… “Non è che faresti un caffè alla tua cuginetta
preferita?”, continua cercando di fare la faccia da bambina, mentre
fissa un punto vuoto oltre la finestra ancora chiusa.
“Anch’io ti voglio bene cugi, ma ho da fare e sono ritardo”, la
liquido e vado via col giubbotto sotto braccio.
Chiudo la porta, sono fuori… Uno, due e tre… sento lei che mi
saluta, ha i suoi tempi di reazione, tutto qui.
Nove e venti, finalmente sul furgone. Cerco un angolo poco lurido
dove posare il giubbotto, ma alla fine lo butto a caso. Sono con circa
trenta minuti di anticipo, ma durante la settimana c’è sempre traffico e
a volte ci metto venti minuti solo per arrivare alla strada principale, ma
oggi sembra quasi tranquilla, raggiungo il bivio in dieci minuti scarsi.
Semaforo rosso.
La mendicante zingara si materializza accanto al mio finestrino,
mi chiede dei soldi, rialzo il vetro di scatto e mi manda qualche
maledizione nella sua lingua; ma dico io, lavoro da quando ho tredici
anni e non lo faccio mica per darti i soldi a te! Poi apolidi… mica vero,
gli hanno fatto pure le case vicino all’aeroporto, mentre le persone
oneste che puzzano di fame sono anni che fanno richiesta per delle case
popolari. Verde.
Il vecchio Daily fatica a ripartire dalla leggera salita, tiro bene la
prima, seconda e trema tutto l’abitacolo come se fosse trainato da una
mandria di mucche col morbo. Mostro il dito alla zingara, terza, e via
sulla strada.
Nove e quarantacinque, un quarto d’ora in anticipo sotto casa di
Killer, i suoi vicini mi guardano dalle tende di quel quartiere snob così
diverso da dove siamo cresciuti noi, ma le richiudono frettolosamente e
si rintanano in casa appena mi giro.
Mi apre la porta, la sua testa rasata a zero mostra una vena enorme
sulla fronte che la divide in due, le sue sopracciglia folte e curve, gli
occhi a spillo rossi come il fuoco, ha una canottiera bianca a costine e
le braccia tutte tatuate. L’ho sempre invidiato per il suo fisico, asciutto

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Fra - Fuori dal Grigio

e scolpito, alla Bruce Lee: è un chiodo ma muscoloso, definito e sempre


in tiro. Mi prende in giro, facendo quella che secondo lui dovrebbe
essere una battuta su come mi vesto, rispondo in modo scherzoso e
ribatte in modo quasi arguto.
Gli faccio: “Ok fra, andiamo?”.
E siamo già in strada.

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Salvatore Amato

Sandro Parziti detto Killer anno 2008

FRAMMENTI

Mi soffermo a guardare il soffitto, non c’è più Freddy, cazzo. Quella


schifosa macchia di umidità, che sembrava proprio la faccia del buon
vecchio Freddy Krueger, che sghignazzava dall’alto con quel guanto
del cazzo in posizione d’attacco. Avevo sette anni e allora non mi misi
paura. Anzi fantasticavo su come avrebbe potuto ammazzare il vecchio
bastardo, era colpa sua se vivevamo così, cazzo.
Alcolizzato di merda, un peso, cazzo. Mia madre si è sempre fatta
in quattro, facendo due o più lavori e non dormendo per compensare
la mancanza di palle di quel lavativo. Anche quando ho cercato di
prestarle i soldi di nascosto, se li è sempre fatti sottrarre con l’inganno
da quella merda e sono finiti di fisso al bar, in qualche videopoker
del cazzo. Mamma è troppo buona, cazzo. Lui, l’essere senza palle,
l’uomo inutile, con l’unica fortuna di avere una donna come mia
madre, che lo perdona sempre, anche prima, quando la picchiava.
Non lo fa più… L’ha capito che sono cresciuto e non la deve toccare
o l’ammazzo, cazzo… l’ammazzo! Mi vergogno di essere uscito dai
suoi coglioni, spero che mia madre lo abbia tradito, perché non posso
essere suo figlio, cazzo, non posso! Mi salgono in testa duemila flash
in un secondo, sento il nervoso che mi divora. Lo sento dallo stomaco
salire nella testa, passando per ogni centro nervoso, per ogni muscolo,
per ogni vena, tutto il mio odio e la mia rabbia pompati da ogni singola
arteria.
Dovrebbe morire. Dovrei ucciderlo e liberare mia madre…
BANG.
È un rumore sordo nella mia testa, un suono così intimo e violento,
ricordi di quella che avrebbe dovuto essere l’infanzia, la mia infanzia.
Sì bell’infanzia del cazzo.

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Fra - Fuori dal Grigio

Suona la sveglia, la sento a malapena tra il rumore dei miei


pensieri, la spengo e mi alzo allo stesso tempo. Il catarro per il fumo
e per il raffreddore prende alla gola e fa rigirare lo stomaco come un
calzino, cazzo mi viene da vomitare. Rigetto succhi gastrici e muco
dentro al cesso, mi soffio disperatamente il naso, non esce niente, ma è
tutto tappato, cazzo.
Mi sento… mi sento come stretto, chiuso, devo esplodere da
dentro, ho voglia di urlare, di spaccare tutto e… BANG.
Mi parte la brocca, do due castagne sul mobiletto di compensato
bianco. Rimane come una forma delle mie nocche. Un’increspatura
profonda, forte e violenta. Guarda che cazzo d’opera d’arte. Se fossi
Fontana ci farei i soldi, cazzo Farina mi ha rincoglionito da quando gli è
venuta la fissa dell’arte! Comunque, io sono Killer e i soldi li faccio in un
altro modo. La mano si è indolenzita, ma non fa male, anzi, il dolore mi
calma, placa la mia voglia di ammazzare qualcuno, di prendere il ferro,
montare in macchina e cercarlo… l’alcolizzato, o Sergio.
Mi sento meglio, il demone ora è sceso, è compiaciuto… Voglio
ammazzarvi tutti figli di puttana, ho tanti nemici, ma si cacano in mano.
Canotta, jeans neri, anfibi: sono pronto.
Farina sarà presto qui, poi andiamo a prendere Raul e quel rotto
in culo di Zaza, deficiente di merda, che deve ringraziare dio se ci arriva
vivo. È un fratello ma a volte lo ammazzerei, cazzo! Vabbè del resto se
mi fanno partire la brocca, ammazzerei chiunque.
Passa a prendermi sempre Marco, come da ragazzini. È cambiato
tutto, ma certe robe non cambiano. Stavamo sempre insieme, ma
sua madre mi reputava una brutta compagnia, come del resto tutte le
mamme. Ma lui, il mio unico fratello Marco Sdraia detto Farina, se n’è
sempre sbattuto le palle e sua madre ci aveva rinunciato al fatto che
eravamo indivisibili, ma preferivamo entrambi che passasse lui da me.
È sempre stato onesto e rispettoso con me. Soprattutto, l’ho sempre
trovato quando ne avevo bisogno, anche quando non me l’aspettavo,
come quella volta con Al. Cazzo, quella volta mi ha proprio salvato il
culo.
Veniamo dalle stesse fottutissime palazzine del cazzo, dalla
stessa fottutissima merda, dove imparare a mordere vuol dire non essere
mangiato. Io sono il fottuto Rottweiler, con la bava alla bocca, infetto

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Salvatore Amato

da rabbia, perciò vienimi sotto, cazzo, colpiscimi se ne hai il coraggio,


ma assicurati di seccarmi al primo colpo, se no t’ammazzo io.
Che se lo ficcasse in quella testaccia di merda anche quella troietta
di Britney, che crede di averci in pugno, ma non capisce che è solo una
puttana chiavata dall’intero sistema. Uno schiavo che gioca a fare il
padrone, costretto a far passare guai a padri di famiglia che cercano di
mettere qualcosa in tavola, costretto a non vedere tutta la cocaina del
cazzo che si pippano quelli molto più in alto di lui e lo so bene, quanta
roba gli ha rimediato Raul e mica solo droga!
Il campanello… Marco è in anticipo come sempre, cazzo.
Apro la porta, eccolo là, le sue spalle enormi, il suo faccione
tutto rosso, una maglietta verde della Guinness, che ha vinto al Pub di
Maurizio grazie a una sbronza con i controcazzi, dei pantaloni rosso
scolorito e le scarpe da ginnastica. Non si è mai saputo vestire, anzi ha
sempre considerato solo il lato più primordiale della cosa: vestirsi per
il bisogno di coprirsi, non per farsi bello o distinguersi. Ma si è sempre
distinto, perché nessuno più di lui si veste così a cazzo di cane.
Si vede palesemente che ha fatto le corse per arrivare puntuale, è
affannato, biascica un buongiorno moscio, al che rispondo: “Ma come
cazzo ti sei vestito?”.
Mi guarda sorridente e mi fa: “In pigiama sembrava brutto e ho
trovato questi, poi parli tu con la canottiera che se fa freddo t’ammali
e se sudi la puzza delle ascelle si sente prima, almeno la mia maglietta
assorbe”, ribatte facendo una voce idiota del cazzo e tirando con la
punta delle dita la maglia sotto l’ascella.
“Almeno le mie arieggiano, coglione”, rispondo io.
Ho vinto al primo round, cazzo. Farina si fa una risata consapevole
di aver incassato e mi dice:
“Ok fra, andiamo?”.
E siamo già in strada.

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Fra - Fuori dal Grigio

Marco Sdraia detto Farina Anno 2008

9:50

Saliamo sul furgone e Killer inizia subito: “Ma che schifo cazzo,
tuo cugino lo lava mai sto rottame?” continua, diventando molto più
rosso in faccia, e ora le vene si vedono tutte, “Ma che cazzo sono quelle
cose lì? Unghie? L’ammezzerei quel figlio di puttana”, conclude con
gli occhi e le mascelle di fuori, come se ogni muscolo volesse uscire,
evadere dal carcere della materia organica, come se dovesse esplodere.
“Cioè, ammazzeresti mio cugino per averci prestato il furgone?
In fondo è il suo e se sta bene a lui, io per un paio di giorni mi posso
adattare”, rispondo io, mentre esco dal vialetto e il rumore del vecchio
Daily allerta mezzo vicinato. Solo io posso parlare così in faccia a
Killer, anche Raul non si mischia troppo con i suoi pensieri malati e
voglio capire perché stava quasi ammazzando Zaza l’altra sera, così
continuo: “Sandro, mi spieghi perché hai reagito così con Miky l’altra
sera? In fondo, stava solo esponendo le sue idee”.
“Esponendo le sue idee, ma come cazzo parli? Stava dicendo
un sacco di stronzate, ecco tutto”, ribatte velocemente e con gli occhi
sempre fuori dalle orbite.
Poi in una frazione di secondo, la sua faccia si rilassa, gli occhi
rientrano lentamente, le vene si sgonfiano, come un copertone bucato, e
più rilassato continua: “Vabbè poi lo sai fra, vi voglio bene e soprattutto
a te, ma a volte quando mi parte la brocca... Comunque, anche Zaza
sta sempre troppo fatto di Ketamina, pensa solo a farsi, dovrebbe darsi
una regolata, a volte piscia fuori dal vaso e manco se ne rende conto,
cazzo”.
Ok, non ha tutti i torti, Miky ultimamente non c’è più, sta sempre
in uno stato pietoso, reggendosi a malapena in piedi e onestamente non
è neanche più di tanta compagnia al Pub, visto che con quella Ketamina

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Salvatore Amato

basta un bicchiere in più a farlo vomitare come una bamboccetta. E poi


se ne esce con cavolate tipo: “L’alcol non fa più per me…” o “Bere non
mi piace più...” e via dicendo.
Comunque l’altra sera era diverso, stava solo dicendo a Killer
che secondo lui uccidere non era la soluzione a tutti mali. Era un
discorso strano, sul mistico, tipico di Zaza, ma che alla fine mi vedeva
perfettamente d’accordo: diceva che non vorrebbe mai uccidere
nessuno. Il fatto è che con la vita che tocca fare per portarsi la pagnotta
a casa, bisogna essere pronti a tutto, ma il ragionamento di Miky è
valido anche per me, “Non vorrei mai trovarmi a uccidere qualcuno”,
che suona ben diverso alle orecchie di Sandro rispetto a: “Non ucciderei
mai nessuno”.
Per Killer è sicuramente: “Vi voglio uccidere tutti”, in un ringhio
feroce, con la farcitura di duemila membri maschili come intercalare.
Ok, stuzzichiamo la belva, entriamo nel discorso, manca ancora
strada per casa di Raul e il traffico ora non perdona.
“Sandro, ma anche se stava fatto, su certe cose sai benissimo che
sono d’accordo con lui”.
Gli dico con faccia sicura guardando la strada, sul marciapiede
c’è una coppia che litiga e lei gli molla una sberla, che quell’ometto
momenti cade a terra. Ci gustiamo entrambi la scena con un sorriso
stampato in faccia.
“Wow, cazzo, fichissimo” fa lui... “Ho voglia di scendere e finire
di rompergli il culo, cazzo”, e scoppiamo in una fragorosa risata.
“Comunque… cazzo”, continua: “Dimmi la verità, tu non
uccideresti le merde che se lo meritano? Gli infami?”, prende un attimo
respiro, poi si vede che si sta trasformando, esce fuori quella specie di
demone cattivo che è in lui e continua: “Guarda là…”, fa indicando un
bidone dei rifiuti con uno straccione che ci rovista dentro, “Vuoi fare
quella fine? Sai quanti ne vedo tutti i giorni?”.
“Lo so”, rispondo io.
“Siamo troppi, cazzo, quindi dobbiamo ammazzare chi ci
ruba da mangiare, chi ostacola la nostra crescita libera, perché c’è
disoccupazione?”, fa un breve respiro e continua sforzandosi di
sembrare più intellettuale, ma ahimè, assumendo un’espressione
grottesca, “Perché muoiono i lavori. Cioè ora ti spiego…”, annuisco

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