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Husserl e la fenomenologia 3.

L’allievo contro il maestro: il confronto


con Martin Heidegger

Friburgo e l’allievo Heidegger


Nella primavera del 1916, Husserl viene chiamato all’università di Friburgo in
Brisgovia. Intorno all’insegnamento friburgese del filosofo si riforma peraltro molto
presto un nuovo gruppo di allievi fra i quali ricordiamo
Oskar Becker, Ludwig Landgrebe, Eugen Fink, Karl
Löwith e soprattutto Martin Heidegger. A segnare
indelebilmente, nel bene e nel male, il percorso teoretico
ed esistenziale di Husserl fu proprio l’incontro con
quest'ultimo, destinato a divenire il suo più geniale
quanto “ingrato” allievo. Il continuo allargamento del
campo di esplorazione fenomenologica, unitamente alla
ritrosia di Husserl a considerare compiuti i propri lavori,
fanno sì che gli anni per molti versi così determinanti di
Friburgo non siano segnati da alcuna pubblicazione.
Per meglio delineare il complesso rapporto dottrinale
tra la fenomenologia husserliana e l’ontologia
heideggeriana che, oltre a rappresentare un nodo
decisivo nello sviluppo del pensiero contemporaneo, ha
suscitato e continua a suscitare accesi dibattiti fra gli
studiosi, è importante esporre qui sinteticamente i
momenti fondamentali delle vicende personali che
scandirono il contrastato rapporto amicale e più
generalmente esistenziale fra i due filosofi più significativi
del nostro secolo. È lo stesso Husserl, in un’intensa lettera
datata 6 gennaio 1931, indirizzata all’amico ed ex-allievo
Alexander Pfänder, ad affermare l’intimo intreccio fra
il piano filosofico e quello personale nel rapporto con quello che fu per un
decennio il suo “amico più prossimo”, la cui rottura, come amaramente egli scrive, ha
rappresentato “una delle esperienze più difficili della mia vita”.

La sistemazione organica della fenomenologia


Heidegger si era recato già nel 1916 all’università friburgese per seguire i famosi corsi
husserliani, divenendo in breve uno degli allievi più brillanti e più vicini al maestro, il
quale, da parte sua, aveva ben presto intuito l’eccezionalità dell’ingegno filosofico del
giovane discepolo. Nel gennaio del 1919, Heidegger diviene assistente di Husserl:
succede a Edith Stein, che aveva ricoperto a Friburgo il medesimo ruolo dal 1916 al
1918, alla quale Husserl aveva affidato la revisione dei suoi manoscritti da pubblicarsi
quell’anno in occasione del suo sessantesimo genetliaco.
Dal 1919 al 1923, Heidegger approfondisce il rapporto filosofico e umano con il
maestro, affina le sue conoscenze fenomenologiche e, forse, contribuisce anche
all’analisi di alcuni temi della fenomenologia che Husserl considerava ancora
inadeguatamente trattati. Proprio in questi anni Husserl iniziava a essere sempre più
assillato dall’idea di dover dare una sistemazione compiutamente organica alla
fenomenologia. Tale assillo era determinato soprattutto da una duplice motivazione:
da un lato, dal punto di vista esistenziale, Husserl si vedeva ormai anziano e forse
senza le energie sufficienti per portare a termine l’ambizioso progetto, dall’altro
era il carattere stesso dell’analisi fenomenologica che portava la riflessione a

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ingigantirsi e a crescere in problematicità.
Più volte Husserl ricorda come l’intima complessità e lo stesso carattere dei problemi
fenomenologici non permetta di risolverli separatamente e come ogni ulteriore
chiarimento di uno solo di essi coinvolga e illumini di rimando anche tutti gli altri. Il
primo motivo sembra essere, però, quello che fa nascere nel filosofo le maggiori
inquietudini:
“Cresceva sempre di più in me la preoccupazione di non riuscire, nella vecchiaia, a
portare a termine il mio compito, come invece speravo di fare. L’appassionante lavoro
mi spingeva, però, a sempre nuove ricadute e a sempre nuove depressioni. Alla fine
mi rimase una disposizione d’animo che in generale era di depressione, e una
pericolosa diminuzione della fiducia in me stesso”.
Forse è proprio per questo stato d'animo che Husserl, negli anni della diffusione
mondiale della fenomenologia, rifiuta la nomina all'università di Berlino per
continuare nella rasserenante tranquillità della cittadina del Baden le sue ricerche.

Heidegger visto come erede


È esattamente in questo contesto filosofico e nel quadro di un simile stato d’animo che
la figura di Heidegger viene progressivamente a incarnare la possibile e anelata
soluzione alle drammatiche tensioni filosofiche e psicologiche di Husserl.
L’allievo gli appare come colui che
avrebbe portato nuove e intense
energie al progetto
fenomenologico: al tempo stesso
depositario e prosecutore delle sue
riflessioni. Si può forse affermare
che Husserl, incupito
dall’ineluttabile limitatezza
temporale della propria condizione
umana, sentiva come il bisogno
teoretico di eccederla, e cercava di
affrancare da tali limiti propri
dell'esistenza fisica la non paga e
inesausta propagazione del suo
pensiero:
“Proprio in questo periodo maturò
Heidegger [...] L’impressione,
sempre più precisa, che questo
giovane avesse un talento
straordinario, una dedizione
assoluta alla filosofia, un’enorme
energia di pensiero, mi spinse alla
fine a valutare con entusiasmo la
sua possibile rilevanza futura per
una fenomenologia scientifica nel
senso in cui io la concepivo. Poiché
allora vedevo che nessuno dei
fenomenologi legati alla tradizione di Göttingen e di München mi seguiva seriamente e
poiché – essendo nel mio intimo assolutamente certo che la riduzione fenomenologica
e la costruzione costitutivo-trascendentale della filosofia rappresentavano per
quest’ultima un rivolgimento ‘copernicano’ – ero quasi schiacciato dal peso della
responsabilità di salvaguardarla, si comprende dunque come mai riponessi grandi
speranze in Heidegger. Una grande speranza, che mi confortava, era di dare accesso,
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proprio a lui che ritenevo essere il mio unico reale allievo alle vastità ancora
sconosciute delle mie ricerche e prepararlo così a scoprirle. Parlavamo continuamente
di lavoro in comune, della sua collaborazione al compimento delle mie indagini, del
fatto che alla mia morte proprio lui avrebbe dovuto prendere in consegna i
manoscritti, curare ciò che era più valido e continuare la mia filosofia – cornice per
tutti i lavori futuri”.

Il progressivo distacco del discepolo


Erede ormai designato del pensiero del maestro, Heidegger è chiamato nel 1923
a Marburgo dove rimarrà fino al 1928. I corsi di Heidegger all’università
marburgese conoscono uno straordinario successo, che fu accolto da Husserl con
grande e sincera soddisfazione, oltreché apparirgli verosimilmente come una conferma
delle proprie convinzioni sulle eccezionali doti del suo allievo. I rapporti fra i due si
fanno naturalmente meno frequenti, ma non per questo meno intesi (almeno per ciò
che riguarda Husserl). È lo stesso Husserl a descrivere le visite di Heidegger non
solo come eventi lieti, ma soprattutto come occasioni di approfondimento del
progredire delle sue ricerche, di discussioni ampie e feconde per il futuro
sviluppo della fenomenologia. In Heidegger è però già in atto, non chiara ma
percettibile, una trasformazione, e si nota un mutare di atteggiamento che si
concretizza in una sorta di ritrosia a esporre al maestro gli sviluppi delle proprie
idee, in una sua voluta genericità nel discutere i risultati delle proprie riflessioni. Tale
comportamento determina in Husserl, che già a partire dal 1924 si era lamentato del
progressivo allontanamento dei discepoli più fedeli, non poche perplessità;
tuttavia, le grandi speranze che aveva riposto in Heidegger, e il fatto che egli
rappresentava ai suoi occhi l’unica possibilità di autentica prosecuzione della
fenomenologia, spinsero Husserl ad autoconvincersi che ciò era dovuto solamente al
prematuro allontanamento dell’allievo dalla sua diretta influenza e che tutto si
sarebbe appianato con il ritorno di Heidegger a Friburgo.

Sein und Zeit: verso la rottura


Nell’aprile del 1926, in occasione del 67° compleanno del maestro, Heidegger si reca
da Husserl consegnandogli il manoscritto di Sein und Zeit contenente la famosa, o
meglio famigerata, dedica a Edmund Husserl con ammirazione e amicizia (poi fatta
togliere da Heidegger nelle edizioni successive).
Sul contenuto dello scritto heideggeriano i due avevano avuto l’occasione di
confrontarsi il mese precedente, durante le ferie di primavera, nel “ritiro” prediletto da
Heidegger e cioè la baita di Todtnauberg nella Selva Nera badense. La reazione
iniziale di Husserl a Sein und Zeit fu, in ogni caso, una favorevole disposizione e
accoglienza verso l’opera tanto che egli accettò volentieri di pubblicarla nello
Jahrbuch. Un ulteriore segnale che Husserl fosse in qualche misura convinto,
nell'autunno del 1927, che le ricerche di Heidegger si muovessero ancora
nell’alveo della filosofia fenomenologica è rappresentato dalla richiesta di
collaborazione da parte di Husserl al suo allievo per la stesura della voce
“Fenomenologia” destinata all’Encyclopaedia Britannica, collaborazione che segnerà
invece la decisiva rottura filosofica e personale fra i due.
Certo il giudizio di Husserl sul suo pupillo non era più quello di qualche anno addietro,
ma iniziavano a presentarsi significative ombre e perplessità rafforzate dagli
avvertimenti sui contenuti del filosofare heideggeriano che altri collaboratori e colleghi
del fondatore della fenomenologia rinnovarono più volte all’anziano filosofo: “Ricordo
anche che spesso ero stato messo in guardia: la fenomenologia di Heidegger – mi
dicevano – era qualcosa di totalmente diverso dalla mia, le sue lezioni universitarie e il
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suo libro non erano continuazioni dei miei lavori scientifici, ma piuttosto attacchi,
palesi o impliciti, diretti a screditarne il nucleo essenziale”. Ad alimentare ulteriori
dubbi venne anche il giudizio husserliano a una prima integrale, seppur frettolosa,
lettura di Sein und Zeit avvenuta nella primavera del 1927, alla luce della quale
Husserl dichiarò di sentirsi, almeno a livello di prima impressione, “alquanto
estraneo” al pensiero ed allo stile di Heidegger, che gli appariva come
“nuovo”; una “novità” che si caratterizzerà in seguito non, come sperava ancora
Husserl, in quanto sviluppo originale della fenomenologia trascendentale, bensì come
palese superamento critico di quest’ultima.

La fine del rapporto tra il maestro e l’allievo


Husserl stesso confessò in seguito di essersi trovato all’epoca in un delicato stato
psicologico: “A causa della debole fiducia che allora avevo in me stesso, dubitavo più
volentieri di me, della mia capacità di comprendere e
apprezzare motivi di pensiero che mi erano estranei, che
di lui”. In più Husserl si sentiva in questo periodo
completamente isolato dal punto di vista filosofico:
“maestro senza seguito o meglio: senza collaboratori che
continuassero la ricerca nello spirito radicalmente nuovo
della fenomenologia trascendentale”.
Nel 1928 Husserl va in pensione e sceglie come suo
successore proprio Martin Heidegger, cui riuscirà a
far ottenere l'affidamento della cattedra, contesa, tra gli
altri, da nomi del livello di Cassirer e Hartmann.
Subito dopo il pensionamento, il rapporto con
Heidegger si interrompe repentinamente: “Dopo
aver assunto l'incarico, il nostro rapporto continuò ancora
per circa due mesi; poi, in tutta tranquillità, finì. Egli si
sottrasse, nel modo più semplice, a qualsiasi possibilità di
discussione scientifica, che per lui era chiaramente
inutile, indesiderata e sgradevole”. L'ultimo capitolo
della contrastata vicenda tra il maestro e l'allievo è
caratterizzato proprio dalla pubblicazione a cura di
Heidegger delle Lezioni sulla fenomenologia della
coscienza interna del tempo. Nella primavera del '26
Husserl aveva chiesto ad Heidegger di occuparsi della
pubblicazione del manoscritto, che era il frutto di un
lavoro iniziato nel 1898 e portato avanti in gran parte
negli anni di Gottinga, raccolto in numerosi e frammentari appunti rielaborati
organicamente dalla Stein nel 1917 (all'epoca Heidegger non aveva partecipato per
nulla a questo lavoro di revisione in quanto impegnato nel servizio militare).
Heidegger accetta di occuparsi della pubblicazione, ma solamente dopo quella di Sein
und Zeit. Il testo husserliano esce così nell'autunno del 1928 nel volume IX dello
“Jahrbuch”. L'intervento di Heidegger sul testo fu minimo, egli si limitò, come ci
ricorda lo stesso Husserl, a qualche rettifica stilistica, a dimostrazione del suo ormai
superficiale interesse per le riflessioni del maestro.

Epilogo
Nel 1929, Husserl pubblica Logica formale e trascendentale. Nello stesso anno, su
invito dell'Institut d'études germaniques e della Societé française de philosophie si
reca alla Sorbona a tenere due celebri conferenze sulla fenomenologia
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trascendentale (un altro ciclo di lezioni aveva tenuto l'anno precedente ad
Amsterdam) intitolate “Meditazioni cartesiane”.
Nel frattempo si era definitivamente consumata la rottura con Heidegger. L'autore di
Essere e tempo aveva dichiarato che la fenomenologia si era ridotta a un
“coscienzialismo” dimenticando così l'essere-al-mondo (In-der-Welt-sein) dell'uomo
come suo orizzonte ontologico fondamentale. Certo, a completare l'allontanamento
dell'anziano maestro un ruolo non secondario deve avere svolto l'iniziale ed
entusiastica adesione al nazismo di Martin Heidegger con tanto di nomina a
Rettore dell'Università di Friburgo proprio nel 1933. Mentre la popolarità
dell'analitica esistenziale heideggeriana sul tempo dell'Esserci cresceva
sempre più, Husserl, da parte sua, continuava ad approfondire la propria
analisi fenomenologica della temporalità depositata in un'enorme mole di
materiale inedito e, ancora oggi, lontana dall'essere integralmente ricostruita e
interpretata.

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