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Tenere la nostra assemblea nazionale qui a Varese, nel profondo

nord, non può certo essere solo un fatto simbolico.

Non basterebbe a noi e non lascerebbe un segno utile e duraturo


soprattutto fuori di qui.

L’ambizione deve essere alta e importante.

Si tratta di usare questa occasione per giocare all’attacco delle


contraddizioni, delle falsità, dei buchi neri che Pdl e Lega hanno
lasciato su questi territori come nel resto del paese.

Si tratta di rompere quella strana formula che troppo spesso, verso


la destra e la Lega in particolare, ci ha visti oscillare tra timidezze e
supponenza.

E’ stato un limite dei gruppi dirigenti nazionali questo


atteggiamento, ma certo è stato anche un grosso limite dei gruppi
dirigenti locali.

Dunque se l’obiettivo è quello di un nuovo passo per la nostra sfida,


abbiamo fatto benissimo a collocare, proprio ora, qui, la nostra
assemblea nazionale.

Il tempo della facile propaganda leghista deve finire.

Non se la possono cavare tra i mille simboli padani imposti alla


scuola pubblica di Adro e la sceneggiata tragicomica del banchetto
riparatore tra Bossi e Alemanno officiato in quel di Roma l’altro
giorno.

Il governo più nordista della storia della Repubblica ha tradito


queste terre come il resto del paese.

Da mesi oramai l’agenda del governo è distante anni luce dai


bisogni quotidiani di tutti gli italiani.

La crisi economica e sociale si è abbattuta come un uragano sui ceti


produttivi di queste regioni.

Ha colpito tutti: lavoratori dipendenti fino a ieri considerati garantiti,


precari del settore pubblico e privato, donne e giovani, partite iva,
artigiani.
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Se qui, in parte, si è retto il colpo lo si deve solo alla straordinaria
capacità di un tessuto locale di reagire mettendosi in discussione a
prescindere dalla politica.

E a prescindere in particolare da una destra che ha promesso mari


e monti per poi voltarsi dall’altra parte.

Qui si è retto grazie alla straordinaria diffusione del risparmio


famigliare che ha funzionato e funziona ancora oggi come primo,
grande, ammortizzatore sociale.

Si è retto grazie alla diffusa proprietà della prima casa.

Si è retto per quel mix straordinario di piccole imprese e comunità


locali che in qualche modo hanno provato a darsi la mano, a
sostenersi reciprocamente.

Nel frattempo però abbiamo dovuto aprire gli occhi di fronte a


problemi inediti a cominciare dall’incredibile radicamento della
criminalità organizzata anche qui, a Milano e in Lombardia.

Dunque se vogliamo riprendere la sfida del nord, proprio ora che la


credibilità dei nostri avversari è al minimo, dobbiamo innanzitutto
saper riconoscere quello che è successo.

Oggi il malcontento verso la politica, tutta intera, è dannatamente


alto.

E’ un problema enorme. Anche per noi, non solo per altri.

Perché se non ricuciamo un rapporto positivo tra queste terre e le


istituzioni del paese passerà qualche altro stregone populista ha
incassare un risultato inaspettato.

Non possiamo permetterlo. Dobbiamo muoverci in fretta.

Se si parlare al nord, si parla al paese.

E non è certo un problema di confini territoriali perché noi sappiamo


che si può parlare al nord anche dimostrando coraggio e
innovazione al sud.

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Ecco perché siamo consapevoli che la funzione dei democratici oggi
è quella di indicare con parole chiare un nuovo progetto-paese.

Il patto di cittadinanza va riscritto e per essere all’altezza di questa


sfida dobbiamo definire chiare proposte di cambiamento.

Su più fronti.

Tocco tre questioni cruciali che possono dare il segno di battaglie


decisive per noi.

La prima è la questione fiscale che va aggredita perché segna


sempre di più il solco di iniquità inaccettabili.

Raccogliamo la sfida del documento che verrà proposto a questa


assemblea: alleggerire chi lavora e produce e chiedere di più a chi
specula è il primo passo indispensabile.

Sgravare i redditi medio-bassi, combattere l’evasione, semplificare


gli studi di settore, sostenere chi reinveste in azienda, snellire la
burocrazia sono capitoli essenziali della sfida.

Noi siamo per un fisco amico di chi produce, lavora e risparmia e


nemico di chi evade, specula e fa il furbo.

E dobbiamo tenere il punto anche sulla partita federalista per


smascherare le troppe zone grigie che ancora esistono in questa
discussione in cui gli enti locali sono ridotti allo stremo e i testi
legislativi fondamentali non fanno chiarezza su temi decisivi come i
livelli essenziali delle prestazioni.

Non permetteremo a nessuno, tantomeno alla Lega, si sciacquarsi


la bocca con lo slogan federalista se accanto non ci saranno numeri
e impegni precisi.

La seconda questione cruciale è l’immigrazione.

Non possiamo più oscillare tra buonismo ed vene sicuritarie.

Pdl e Lega hanno deciso da tempo di giocare al mercato della paura


ma proprio per questo a noi servono risposte forti per contrastare
questa deriva.

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Gli effetti delle loro manovre sono devastanti.

Pensate al caso incredibile di Milano dove un Sindaco è disposto a


rimangiarsi, sull’altare della propaganda elettorale, gli impegni
sottoscritti dopo mesi di lavoro a sostegno dei progetti di
inserimento abitativo dei Rom.

Dobbiamo dire chiaro che è proprio la loro propaganda ad essere


nemica della sicurezza e della buona cittadinanza.

Dobbiamo contrapporre pratiche di cittadinanza nelle regole, nei


doveri e nei diritti che abbiano come primo obiettivo la reciproca
conoscenza, il rispetto, la condivisione di valori e di norme.

Ed io ho trovato, proprio in questo senso, coraggioso il documento


che ci viene proposto soprattutto la dove si pone il tema – non
secondario oramai – della qualità dell’immigrazione che vogliamo e
dunque anche degli inevitabili meccanismi di selezione.

Il terza questione che voglio toccare fa i conti con la rappresentanza


e il Pd.

Personalmente credo che a legge invariata per noi democratici


l’utilizzo delle primarie dovrà essere un fatto obbligato anche per la
selezione dei candidati parlamentari.

Ma oltre questa pessima legge, vorrei capire come immaginiamo di


consolidare la nostra capacità di rappresentanza, in questi territori
come in altri, se dovessimo tornare semplicemente al sistema
elettorale vigente tra il 1994 e il 2005.

E da questo punto di vista credo che fermare li la nostra discussione


non sia affatto sufficiente.

Ho concluso. Sono certo che questa Assemblea potrà segnare in


positivo il nostro cammino.

Servirà a noi per essere più consapevoli del nostro ruolo.

E servirà anche fuori di noi a dimostrare a quanti scommettono


sulle nostre difficoltà che qui c’è un partito solido, consapevole e
soprattutto determinato a dar battaglia per un’Italia migliore.
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FINE

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