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Cà di Berna
Siamo a Cà Berna, vicino Lizzano, nel 1944. Qui vive Claudio, che ha 14 anni. Il papà è morto in
miniera, lui vive con la mamma Maria Bernardini e due fratelli. Il quarto, Arturo, è nel lager di
Buchenwald. A Cà Berna ci sono altre famiglie e in casa Piovani c’è anche una base partigiana. Il
27 settembre pioviggina, la gente sta chiusa in casa. Qualcuno racconta
che sta arrivando una pattuglia di tedeschi. Non possono saperlo, ma è l’avanguardia dei reparti
di Walter Reder “il monco” che lascerà una scia di sangue
incancellabile fino a Marzabotto. I partigiani e gli altri uomini decidono di nascondersi
fuori dall’abitato, donne, vecchi e bambini restano nelle case, nessuno immagina che
siano in pericolo. L’ordine è lasciar passare la pattuglia, ma qualcuno perde la testa e
spara qualche colpo. Arriva il grosso del reparto SS e apre il fuoco, ma sulle case.
Claudio è sulla porta di casa quando tutto comincia, la mamma gli grida di scappare e lui scappa lungo il fosso.
Tutti vengono spinti in una casa e comincia la carneficina: sparano alla testa a tutti, anche ai bambini.Poi i tedeschi fanno
fuoco con un mortaio sulla casa e attraverso il buco fatto nel muro gettano granate. Prima di andarsene danno tutto alle
fiamme. Mentre Claudio corre e si nasconde continua a sentire gli spari che non si interrompono e presto anche il puzzo di
bruciato e il rumore delle case in fiamme che crollano.
Il massacro termina, Claudio torna
nella borgata: Cà Berna è distrutta e 29 persone sono morte. Nella stanza mac-
chie di sangue sui muri e buchi di proiettili. Fra i morti anche la sua mamma,
zia Gelsomina e zia Augusta, con suo figlio adottivo, Romolino, di 5 anni; ci
sono le tre cugine: Clementina di 14 anni, Delia di 19, Lia di 21 anni.
E il corpo di un partigiano massacrato tra le case.
:: Gelsomina Burchi :: Maria Bernardini
ricerca, editing, grafica: viviana verna
Bologna