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CAPITOLO 1

Adolescenza: la crisi e le sue sfide.

1.1. Alcune considerazioni preliminari

L’adolescenza è un periodo fondamentale e delicato, che rappresenta il passaggio di


transizione psico-sociale e psico-fisico dell’individuo dall’infanzia all’età adulta. E’
una fase evolutiva particolare della vita di ogni persona, la quale si ritrova davanti ad
innumerevoli cambiamenti relativi alla propria rappresentazione sociale, cognitiva,
fisica e culturale.

Stanley Hall (1904) fu il primo ad occuparsi dello studio dell’adolescenza come fase
della vita umana. Attuando diverse ricerche, attraverso la tecnica dei questionari,
l’autore riuscì a raccogliere una vasta mole di dati riguardanti l’età adolescenziale
durante i primi anni del novecento. Egli definì l’adolescenza come una “ ‘nuova
nascita’, in quanto si verifica nell’individuo un rinnovamento totale di tutti gli aspetti
della personalità” (Palmonari, 2011, p.16). L’adolescente è infatti in grado di
elaborare il mondo esterno attraverso una notevole capacità di introspezione e
possiede quindi una visione del mondo più sentimentale della realtà, che oscilla a
seconda dei propri stati d’animo, a differenza del bambino che è solo incuriosito dai
fenomeni che lo circondano, senza poterne comprendere completamente il senso.
L’adolescente è quindi in grado di interpretare ciò che direttamente vive e non si
limita alla semplice osservazione della realtà. Questo passaggio dall’infanzia e
l’adolescenza non è per niente semplice. Molti autori infatti ritengono che questo
passaggio avviene in modo drammatico, poiché l’adolescenza si manifesta attraverso
sentimenti contrastanti. Sempre Stanley Hall (1904) afferma che l’adolescenza è una
fase di “storm and stress”, ossia l’età delle tempeste emozionali che si diversificano
continuamente a seconda del contesto sociale e culturale di appartenenza e a seconda
soprattutto degli stati d’animo dell’adolescente, che possono passare velocemente
dall’entusiasmo produttivo e coinvolgente, alla tristezza più cupa e introspettiva.

Il gestaltista Kurt Lewin (1939), attraverso la sua sintesi operazionale, espresse


l’adolescenza sul piano metodologico affermando che questa fase dello sviluppo
fosse un “cambiamento nell’appartenenza a categorie sociali” (Palmonari, 2011, pag.
26), poiché il soggetto non si considera più un bambino e non vuole essere trattato
come tale. Egli quindi si ritrova a fare i conti con la propria personalità, sia dal punto
di vista fisico e sia dal punto di vista sociale e morale. Il ragazzo prova a entrare
nell’età adulta in modo precoce, trovandosi davanti inevitabilmente ad innumerevoli
sfide. Lo sviluppo è infatti considerato come “capacità di far fronte alle esigenze
della vita” (Hendry e Kloep, 2002).
(rientro) E’ stato quindi constatato che per promuovere lo sviluppo sia necessaria una
crisi che deve essere superata. L’adolescenza si pone dunque come un periodo di crisi
particolarmente delicata, la quale mette in discussione ogni certezza acquisita in
precedenza dal soggetto riguardo la sua identità. (prima di Marcia menzionare
Erikson)
Lo psicologo clinico James E. Marcia (1966) dedicò, a tal proposito, gran parte della
sua carriera allo studio dell’acquisizione e della costruzione dell’identità durante
l’adolescenza, individuando quattro modalità di affrontare questo problema da parte
degli adolescenti, ossia quattro stati dell’identità. Ciascuno stato del proprio io si
definisce, secondo Marcia, a partire dalla dimensione dell’esplorazione delle possibili
alternative o scelte che l’individuo è chiamato ad attuare in diversi ambiti della
propria vita personale e sociale e a partire dalla dimensione dell’impegno, al fine di
intraprendere e seguire l’alternativa individuata. Attraverso questo modello
descrittivo, Marcia vuole mettere in evidenza il fatto che è proprio l’evento critico
che spinge attivamente l’adolescente ad avviare processi di esplorazione di nuovi
orizzonti, il quale risulta composto da una vasta serie di cambiamenti (cognitivi,
sociali e biologici), i quali caratterizzano l’avvio di tale periodo, obbligando il
ragazzo a riorganizzare in nuovi equilibri integrando gli elementi precedenti infantili
a nuovi elementi, nella definizione di un equilibrio più avanzato (Marcia,1966).
La crisi che l’adolescente è costretto ad affrontare rappresenta un’inevitabile insieme
di sfide da dover superare per continuare il processo di sviluppo in modo dinamico,
attivo e consapevole. Il dover riuscire a superare queste sfide produce nei giovani
soggetti un notevole rafforzamento delle proprie risorse e della propria volontà.
A questo proposito, altri psicologi umanisti come Rogers (1961) e Maslow (1970)
sostengono fortemente il concetto del libero arbitrio nella formazione dell’identità
attraverso il superamento di questa fatidica crisi. Secondo Maslow l’individuo cerca
attivamente e progressivamente il modo adeguato di soddisfare i propri bisogni, fino
ad arrivare alla realizzazione di sé (Hendry, e Kloep, 2002).
(rientro)Ciò che alimenta la creazione della crisi nell’adolescenza è l’insieme dei
continui cambiamenti che il soggetto si ritrova a dover contrastare, affrontare ed
accettare.
Lo psicologo comportamentista per eccellenza Skinner (1938), a tal proposito, ritiene
che lo sviluppo sia direttamente proporzionale all’apprendimento, considerato come
“un cambiamento permanente del comportamento” (Leo B. Hendry, M. Kloep, 2002,
pag. 31). Nel corso della sua vita e del suo sviluppo l’individuo incontra nuove
situazioni e stimoli e, di conseguenza, egli crea ed elabora nuove strategie di coping
per affrontare al meglio, a seconda delle proprie risorse e caratteristiche, queste
innumerevoli sfide socio-psicologiche e fisiche, dando luogo a risposte
comportamentali che si aggiungono al proprio bagaglio di apprendimento.
Secondo questa teoria interattiva di Skinner gli individui “agiscono sul mondo e,
cambiandolo, vengono a loro volta cambiati dalle conseguenze delle loro azioni”
(Skinner, Verbal Behaviour, 1957). E’ quindi non solo il successo derivante dalla
risoluzione personale di questi compiti, ma sono le sfide stesse e il fatto di affrontarle
attivamente, a rafforzare le proprie risorse nello sviluppo. Risolvere le sfide è quindi
considerato generalmente come un “processo dialettico, d’interazione che provoca
cambiamenti nell’ambiente, nell’individuo, o in entrambi, e , di conseguenza, stimola
lo sviluppo” (Leo B. Hendry, M. Kloep, 2002, pag. 40).
La risoluzione attiva delle sfide è resa possibile dal repertorio di risorse che si va a
delineare nel corso dello sviluppo fin dall’infanzia, periodo nel quale il bambino
esplicita diversi riflessi innati di affacciamento alla realtà.
Altre risorse sono invece strutturalmente determinate, come la nazionalità o la classe
sociale di appartenenza, e altre vengono empiricamente apprese grazie all’educazione
fornita dalla famiglia e da altri contesti sociali come la scuola o il gruppo amicale.
Ogni individuo quindi adatta le proprie risorse alle diverse esperienze di vita,
ampliandole e differenziandole a seconda della tipologia di sfida affrontata. (Hendry,
Kloep, 2002). Queste risorse personali e socialmente apprese sono determinate
fondamentalmente dalla serie di interazioni sociali che si vanno mano a mano a
realizzare già a partire dall’infanzia e durante tutto lo sviluppo nel ciclo di vita. La
rete di rapporti sociali che ogni individuo instaura vanno a delineare sempre di più
una modalità di coping per fronteggiare attivamente la crisi in adolescenza, poiché la
qualità delle relazioni sociali ed affettive promuove attivamente un ulteriore
rafforzamento della personalità, sempre in continua evoluzione, dell’individuo.
A tal proposito, si può fare riferimento a Bowlby (1969), psicologo che ha posto
l’attenzione sull’importanza della capacità di istaurare legami già forti durante
l’infanzia per poter poi costruire relazioni sociali più salde e significative nelle
successive fasi della vita. Attraverso la sua “teoria dell’attaccamento”, egli
sosteneva, infatti, che a seconda della qualità di attaccamento sviluppatasi durante
l’età infantile, si formano nel bambino modelli operativi interni che influenzano le
strategie attraverso cui quest’ultimo si relazionerà con il resto del mondo sociale in
età adolescenziale e, conseguentemente, in età adulta.
Bowlby sosteneva, ad esempio, che un bambino con un attaccamento sicuro rivolto
al care-giver durante i primi anni di vita, ossia un legame fondato sulla fiducia nella
figura materna nonostante i suoi temporanei allontanamenti, generalizzasse tale
fiducia anche alle persone con cui sarebbe entrato in relazione in futuro (Bowlby,
1951).
La concretizzazione di queste risorse sociali permette dunque al soggetto di affrontare
in modo sempre più efficace la crisi che lo accompagna durante l’adolescenza.

Grazie alla costruzione di forti legami sociali, il ragazzo è spronato maggiormente a


interfacciarsi alla realtà in maniera costruttiva, trovando nuove possibilità di
esprimersi attraverso la messa in atto di abilità personali.
E’ quindi possibile delineare un’altra tipologia di risorse per risolvere i problemi e
affrontare le sfide dell’adolescenza, ossia il possesso una grande varietà di abilità
concernenti vari ambiti. Queste abilità specializzate permettono ad ogni soggetto in
via di sviluppo di dare prova della propria valenza e della propria importanza (Kloep,
Hendry, 2002).
Attraverso l’interazione con gli altri e con la società stessa, il soggetto può rendersi
conto maggiormente delle proprie potenzialità riguardanti ambiti specifici di interesse
come il senso del ritmo e la passione per la musica, le abilità psicomotorie legate allo
sport o alcune doti di versatilità e propensione per il teatro. Queste abilità, le quali si
consolidano nella persona attraverso un determinato interesse per un certo ambito in
particolare, provengono essenzialmente da abilità di base utili per la sopravvivenza
sociale in cui vive l’individuo, che permettono ad esso di adattarsi alla realtà
circostante e che gli consentono di provare a trovare il proprio posto nel mondo
attraverso una vera e propria specializzazione. Le abilità di base di cui parlano
Hendry e Kloep (2002) nel libro “Lo Sviluppo nel ciclo di vita”, vanno ad
aggiungersi ad abilità superiori che essi definiscono “meta skills” , ovvero “tutte le
abilità generali che migliorano l’apprendimento di nuovi comportamenti e la capacità
di portare a termine nuovi compiti” (Hendry, Kloep, 2002, pag.48).
Queste abilità stanno quindi alla base di altre conseguenti capacità intrinseche nella
persona, che danno la possibilità ad essa di perfezionarle e adattarle a diversi e nuovi
contesti. Esse sono quindi definite risorse potenziali, che aiutano l’individuo ad
essere un esploratore attivo che apprende continuamente cose nuove con sempre
meno difficoltà, concretizzando queste abilità in diversi campi sociali, cognitivi,
sportivi e artistici e la possibilità di, appunto, specializzarsi in almeno uno di questi
settori di competenza ( Furntratt e Moller, 1982).
Il fatto di sentirsi in grado di fare qualcosa di specifico per il soggetto è un dato di
fondamentale importanza, poiché permette ad esso di perseguire i propri interessi e le
proprie passioni, elementi che alimentano inevitabilmente la propria autostima. Infatti
il confronto con le sfide della crisi dell’adolescenza ha bisogno di una specifica
quantità di “self efficacy”,ossia della convinzione del soggetto di sentirsi all’altezza di
affrontarle e risolverle contando sulla proprie competenze, simile all’idea di locus of
control delineata da Rotter (1966). L’autostima è data in parte dalla quantità e dalla
qualità delle critiche o delle lodi che rivolgono gli altri all’adolescente e in parte
dall’esperienza diretta del successo e dell’insuccesso ottenuto nel portare a termine
vari compiti riguardanti gli ambiti di interesse specifico e in base alle sue prestazioni .
La crisi è quindi un processo difficoltoso e pesante, che presenta numerose sfide
riassunte in tanti cambiamenti che si susseguono continuamente nel corso del ciclo di
vita degli adolescenti e delle persone in generale. Ma tale crisi è necessaria per
permettere al soggetto in questione di dar prova al mondo e alla realtà circostante di
essere una persona in grado di poter superare gli ostacoli attraverso varie risorse di
diversa natura. E’ importante per gli adolescenti combattere la crisi, ma è ancora più
importante per loro che essa stessa esista.

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