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Consorzio delle Università degli Studi di Firenze, Pisa, Genova e della Basilicata

Dottorato di Ricerca in
Metodi e Tecnologie per il Monitoraggio Ambientale
XV Ciclo

Curriculum n.2: Integrazione ed interpretazione dei dati ambientali

Energia da fonti rinnovabili: le biomasse.


Individuazione e quantificazione delle fonti a livello regionale e
nazionale, tecnologie di sfruttamento e definizione di un
sistema di supporto alle decisioni in grado di costruire e
valutare soluzioni praticabili per la gestione.

Candidato: Relatori:
Marcello Zolezzi Prof. Ing. Mauro Rovatti

Prof. Ing. Riccardo Minciardi

a.a. 2001/2002

Centro di Ricerca Interuniversitario in Monitoraggio Ambientale


Energia da fonti rinnovabili: le biomasse

Indice

Abstract 4
1. Introduzione 5
2. Le fonti rinnovabili di energia 7
2.1 Cronologia mondiale 8
2.2 L’Unione europea 10
2.3 La situazione italiana 11
3. La biomassa 14
3.1 Principali ostacoli alla diffusione delle bioenergie 17
3.2 Principali tecnologie per la conversione energetica delle
biomasse 18
3.3 Modellare lo sfruttamento energetico delle biomasse 29
3.4 Un approccio ‘multicriterio’ 52
4. Obiettivi della ricerca 55
5. Il Sistema di Supporto alle Decisioni (DSS) 56
5.1 Il contesto della ricerca 56
5.2 La struttura del DSS 59
5.2.1 GIS 59
5.2.2 Database 60
5.2.3 Modulo di ottimizzazione 61
5.2.4 Interfaccia 61
6. Il modello di ottimizzazione 64
6.1 Le variabili decisionali 64
6.2 La funzione obiettivo 65
6.3 I vincoli del problema 70
6.4 Struttura del problema di ottimizzazione 73
7. Caso di studio 74
7.1 La politica energetica ambientale della Regione Liguria 74
7.2 La Val Bormida 75
7.2.1 Quantificazione della biomassa forestale disponibile in
Val Bormida 77
7.2.2 Analisi dei consumi energetici della Val Bormida 79
7.2.3 Analisi e caratterizzazione delle biomasse presenti 80
7.2.4 Gli impianti per la produzione di energia 83
7.2.5 Stima delle caratteristiche della raccolta 84
7.2.6 Valutazione del trasporto della biomassa 86
7.2.7 Scelta delle possibili locazioni degli impianti 86

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Energia da fonti rinnovabili: le biomasse

7.3 Riepilogo dei dati 89


7.4 Risultati e commenti 90
7.4.1 Analisi tecnico- economica 94
7.4.2 Analisi di sensitività 97
7.4.3 Quantificazione del risparmio di emissioni di anidride
carbonica 102
8. Il modello dinamico 108
8.1 Le variabili decisionali 108
8.2 La funzione obiettivo 108
8.3 I vincoli 110
9. Conclusioni e sviluppi futuri 113
Bibliografia 117

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Energia da fonti rinnovabili: le biomasse

Abstract

The complexity of planning biomass exploitation delays the development of


technologies and processes for the large-scale bioenergy production.
In this work a decision support system (DSS) for forest biomass exploitation for
power production is presented. The proposed approach combines geographic
information system (GIS) based techniques with mathematical programming
methods, yielding a comprehensive system which allows formalizing the
problem, taking decisions, and evaluating their effects.
The main objective of the work is to evaluate the possibility of biomass
exploitation for both thermal and electric energy production in a provincial
area. Given the position, the DSS is able to choose and size different kinds of
plants (i.e. combustion or gasification plants) on the territory (defining which
kind of energy is convenient to produce for the specific area), taking into
account several aspects (i.e. economic, technical and normative), offers a user-
friendly interface, and decide how to plan biomass collection and harvesting.
Biomasses present in the territory are divided in parcels, each of them
characterized by a predominant biomass typology. Then, possible locations for
the plants have been chosen.
The decisional variables determined reflect the main problems to be solved for
the system; specifically they represent: the quantity of biomass that must be
harvested, the quantity of biomass collected and transported to a specific
plant, the specific plant size, the quantity of thermal energy produced in a
specific plant, and the quantity of electric energy to be produced by a specific
plant.
The cost function to be minimized takes into account plants installation and
maintenance, biomass collection and transportation costs and possible
benefits.
The formulation of the problem includes constraints about the maximum
quantity of biomass that can be exploited (established by normative or
technical issues), technical aspects about the size of plants, and the need of
electrical and thermal energy for the specific area.
The DSS has been applied on a part of Savona district (Liguria region, Italy)
and a sensitivity analysis of the model was performed.

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Energia da fonti rinnovabili: le biomasse

1. Introduzione

Nel 1996, il Parlamento Europeo ha adottato un piano d’azione per lo sviluppo


dello sfruttamento delle fonti rinnovabili (RE). Il successivo Libro Bianco sullo
sviluppo delle fonti rinnovabili (1997) impegnava la Comunità europea ad un
incremento delle quota delle rinnovabili dall’attuale 6% al 12% del fabbisogno
energetico europeo nel 2010.
Nel 2001, con l’emissione della Direttiva 2001/77/EC per la promozione delle
rinnovabili, il Parlamento Europeo ha invitato gli stati dell’Unione ad un
impegno concreto e preciso per il raggiungimento dei traguardi prefissati.
I principali obiettivi della Direttiva possono essere riassunti come segue:
• Riduzione dei livelli di CO2 dell’8% (il Protocollo Kyoto);
• Incremento della quota di produzione energetica interna dell’Unione
Europea e contemporanea diminuzione della dipendenza dalle fonti
energetiche fossili;
• Utilizzo dei terreni agricoli marginali per la coltivazione di colture
energetiche dedicate;
• Promozione di tecnologie di conversione efficienti ed il più possible pulite;
• Incremento del lavoro nel settore agricolo;
• Costruzione e sviluppo dell’industria delle rinnovabili.
La Commissione Europea stima che il contributo delle biomasse allo sviluppo
dell’energia rinnovabile sia fondamentale. Il potenziale globale della biomassa
in Europa risulta pari a circa 200 Mtep, e più di 90 Mtep potrebbero essere
disponibili già nel 2010.
In Italia la biomassa, se convertita in energia elettrica con un’efficienza media
del 25%, potrebbe coprire più del 10% dell’intera richiesta di energia italiana
(Wilen et al., 1994).

Il presente lavoro si colloca nel contesto attuale della ricerca e dello sviluppo di
tecniche e modelli in grado di supportare, guidare ed indirizzare le politiche di
pianificazione dello sviluppo ambientalmente compatibile della produzione di
energia da biomasse (bioenergia). Numerosi studi in letteratura, dal modello
MARKAL, sviluppato dall’Agenzia Internazionale dell’Energia (IEA) ed
opportunamente modificato per tener conto degli impatti e dei benefici
ambientali legati alla bioenergia, ai modelli multicriterio sviluppati nell’ambito
del Programma Joule della Commissione Europea, sono stati sviluppati da
altrettanti importanti istituti internazionali di ricerca, e la loro importanza
comincia ad essere compresa dalle autorità pubbliche e dai progettisti.

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Energia da fonti rinnovabili: le biomasse

L’obiettivo generale del presente lavoro è stato la definizione di un sistema di


supporto alle decisioni (DSS) in grado di costruire e valutare soluzioni
praticabili per la gestione e lo sfruttamento energetico delle biomasse
forestali ed agro-industriali presenti in un determinato territorio, al fine di
ottenere uno strumento di pianificazione della produzione energetica, ma
soprattutto uno strumento di monitoraggio sia del corretto utilizzo della
risorsa forestale (con la conseguente prevenzione di incendi o di rischi
idrogeologici), sia della minimizzazione degli impatti ambientali, ed in
particolare della riduzione delle emissioni di anidride carbonica dovute alla
diminuzione dell’utilizzo delle fonti fossili.
Il contesto in cui il DSS si colloca è la pianificazione di dettaglio a livello
locale dell’utilizzazione della risorsa biomassa. In particolare, il DSS deve
essere in grado di stabilire, una volta definite le locazioni degli impianti di
produzione dell’energia in una determinata area, quali tra essi siano
convenienti e quale tecnologia adottare, come dimensionarli e quale sia la
quantità di energia termica e/o elettrica da produrre in modo tale da soddisfare
il fabbisogno sia degli utenti civili che di quelli industriali. Inoltre deve gestire i
flussi di materiale dalle singole particelle ai diversi impianti e quantificare la
raccolta della biomassa nei boschi presenti sul territorio, individuando il grado
di penetrazione nel territorio (in modo da valutare l’efficienza del mantenimento
della risorsa forestale) ed infine deve quantificare la mancata emissione di
anidride carbonica.
Il modello è stato applicato ad una realtà territoriale ligure in cui il patrimonio
forestale rappresenta una fonte importante per l’economia locale (Val Bormida,
provincia di Savona), ed il DSS ha suggerito il possibile sviluppo di una rete di
teleriscaldamento accoppiata alla produzione di energia elettrica in modo da
soddisfare circa il 16% del fabbisogno energetico dell’area, con uno
sfruttamento capillare (e quindi conseguente monitoraggio) di circa il 40%
dell’area boschiva sfruttabile, ed un risparmio netto di anidride carbonica
superiore a 50000 tonnellate.

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Energia da fonti rinnovabili: le biomasse

2. Le fonti rinnovabili di energia

Nel ‘World Energy Outlook 2000’ dell’Agenzia Internazionale dell’Energia (IEA,


2000) sono state fatte le seguenti previsioni per quanto riguarda il panorama
energetico internazionale:
• Incremento della richiesta di energia primaria (Total Primary Energy
Supply) dal 1997 al 2020 del 57% (2% medio annuo).
• Nel 2020 il 90% della richiesta risulterà soddisfatto ancora in gran parte
da combustibili fossili (90%).
• Le emissioni di anidride carbonica imputabili al settore energetico
cresceranno nel medesimo periodo del 76%, sino a raggiungere nel 2020
il 36% del totale delle emissioni mondiali.

Nel grafico successivo (figura 2.1) si può vedere come ancora nell’anno 2020 le
fonti rinnovabili di energia occuperanno un ruolo meno che marginale:

Fig. 2.1. World Primary Energy Supply by Fuel. (IEA, 2000)

Eppure dal 1987, anno di pubblicazione del rapporto della Commissione


Mondiale sull’Ambiente e lo Sviluppo, il cosiddetto ‘Rapporto Bruntland’
(WCED, 1987), il dibattito internazionale si è focalizzato sull’importanza dello
Sviluppo Sostenibile e, per quanto riguarda la produzione energetica, delle
Fonti Rinnovabili:
‘Renewable energy systems are still in a relatively primitive state of
development. But they offer the world potentially huge primary energy sources,
sustainable in perpetuity and available in one form or another to every nation on
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Energia da fonti rinnovabili: le biomasse

Earth (…). The need for a steady transition to a broader and more sustainable
mix of energy sources is beginning to be accepted. Renewable energy sources
can contribute substantially to this (…). The Commission believes that every
effort should be made to develop the potential for renewable energy, which
should form the foundation of the global energy structure for the 21st century’
(WCED, 1987).

2.1 Cronologia mondiale

Nel 1987 il rapporto della Commissione Mondiale sull’Ambiente e lo Sviluppo


(WCED) ha introdotto il concetto di sviluppo sostenibile, come lo sviluppo che
è in grado di soddisfare i bisogni delle generazioni attuali senza compromettere
la possibilità che le generazioni future riescano a soddisfare i propri.

In risposta al WCED, nel 1992 si è tenuta la prima Conferenza delle Nazioni


Unite sull’Ambiente e lo Sviluppo (UNCED), nota con il nome di Earth
Summit. L’UNCED è stato il più grande incontro mondiale sul tema
dell’ambiente e della protezione delle risorse terrestri, e ha visto la
partecipazione di 103 capi di stato e di 179 rappresentanti governativi.
Il summit ha stabilito importanti principi:
• La Dichiarazione di Rio sull’Ambiente e lo Sviluppo definisce in 27 punti
diritti e responsabilità delle nazioni nei riguardi dello sviluppo
sostenibile. Introduce l’importante principio precauzionale e stabilisce
responsabilità comuni, ma differenziate per il futuro del pianeta (UN,
1992a).
• Agenda 21, di applicazione della Dichiarazione di Rio, pone lo sviluppo
sostenibile come una prospettiva da perseguire per tutti i popoli del
mondo (UN, 1992b).
• La Convenzione quadro sui cambiamenti climatici (UNFCCC) pone obblighi
di carattere generale miranti a contenere e stabilizzare la produzione di
gas che contribuiscono all’effetto serra (UN, 1992c).

Cinque anni dopo Rio, nella 19a Sessione dell’Assemblea Generale delle Nazioni
Unite (Rio+5), tenutasi a New York nel giugno del 1997, i governi hanno
esaminato i progressi effettuati nell’attuazione degli impegni di Rio. Rio+5
aveva i seguenti obiettivi:
- Rivitalizzare l’impegno per lo sviluppo sostenibile;
- Riconoscere con franchezza gli errori e le mancanze ed individuarne le
cause;
- Identificare i traguardi raggiunti;

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Energia da fonti rinnovabili: le biomasse

- Definire le priorità del periodo post-97.


Il risultato della conferenza, riassunto in sei brevi paragrafi, è stato una
riaffermazione dei principi di Rio e dell’Agenda 21 ed un rinnovato impegno ad
una partecipazione globale per la salvaguardia dell’ambiente.

La Convenzione quadro sui cambiamenti climatici (UNFCCC) è entrata in vigore


il 21 marzo 1994. Sin dalla sua approvazione, gli stati membri si incontrano
annualmente nella Conferenza delle Parti (COP) per monitorare l’applicazione
della Convenzione. Il contributo fondamentale dell’UNFCC è stata l’emanazione
del Protocollo di Kyoto, adottato durante la COP3 in Kyoto, Giappone, l’11
dicembre 1997 (COP3, 1997).

Il Protocollo di Kyoto individua le prime misure per l’attuazione della


Convenzione Quadro delle Nazioni Unite sui Cambiamenti Climatici (UN-
FCCC), ratificata dall’Italia nel 1994, e stabilisce la riduzione delle emissioni di
anidride carbonica (prodotta dall’impiego dei combustibili fossili), del metano
(derivante dalle discariche e dalla zootecnia), del protossido di azoto (derivante
dalle attività agricole e dalle produzioni chimiche) e di tre composti fluorurati
impiegati nell’industria. Il Protocollo impegna i paesi industrializzati a ridurre
le proprie emissioni, entro il 2012, nella misura complessiva globale del 5,2%
rispetto ai livelli del 1990.
Il Protocollo di Kyoto non è ancora in vigore essendo tuttora in discussione le
modalità e le regole d’attuazione; una volta che queste saranno definite, esso
potrà essere ratificato dai paesi destinatari e diventare quindi legalmente
vincolante. La discussione è giunta alle battute finali nell’ultima sessione
negoziale di Marrakesh (novembre 2001) e si spera che alla data del prossimo
Summit Mondiale sullo sviluppo sostenibile che si terrà a Johannesburg
(Sud Africa) nel settembre 2002 possa raggiungere il quorum necessario di
ratifiche per farlo entrare in vigore.
Dopo l’abbandono del protocollo da parte degli USA nel marzo 2001 e in
seguito alla posizione assunta da un gruppo di paesi, il cosiddetto “umbrella
group”, per evitare il fallimento completo delle trattative nella sessione
negoziale di Bonn del luglio 2001, gli obiettivi iniziali sono stati modificati in
maniera rilevante.
Per quanto riguarda gli obblighi di riduzione delle emissioni da parte degli Stati
membri dell’Unione europea, è ancora valida la ripartizione, fissata il 17 giugno
1998 dal Consiglio dei Ministri europei dell’Ambiente, rispetto all’obiettivo
comune dell’8% fissato dal Protocollo di Kyoto.
La riduzione delle emissioni nella misura dell’8% nel periodo 2008-2012, è
stata ripartita tra gli Stati membri in modo direttamente proporzionale ai livelli

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Energia da fonti rinnovabili: le biomasse

pro-capite di emissioni e al grado di sviluppo di ciascun paese. L’obbligo di


riduzione dell’Italia è del 6.5%.

2.2 L’Unione europea

La situazione energetica dell’Unione europea è impietosamente fotografata dal


paragrafo iniziale del Libro Verde 2000 ‘Verso una strategia europea di
sicurezza dell’approvvigionamento energetico’ (EC, 2000):
‘L’Unione europea consuma sempre più energia e importa sempre più prodotti
energetici. La produzione comunitaria è insufficiente a coprire il fabbisogno
energetico dell’Unione e la dipendenza energetica dall’esterno è in continua
crescita’.
Le energie rinnovabili rappresentano attualmente quasi il 6%
dell’approvvigionamento europeo di cui il 2% è costituito dalla sola energia
idroelettrica. Il Libro Verde sancisce un principio fondamentale che dovrà
animare la politica energetica futura dell’Unione: ‘A medio termine le energie
rinnovabili sono l’unica fonte energetica sulla quale l’Unione europea ha un certo
margine di manovra per accrescere l’offerta nelle attuali circostanze. L’Unione
non può quindi permettersi di trascurarle’.

Già nel 1996, con il Libro Verde sulle energie rinnovabili (EC, 1996) era stato
proposto un programma di incremento dell’approvvigionamento comunitario
mediante fonti rinnovabili. L’anno successivo, con l’emanazione del Libro
Bianco sulle fonti rinnovabili (EC, 1997) l’Unione Europea aveva fissato come
obiettivo minimo da perseguire entro il 2010 il raddoppio del contributo
percentuale delle fonti energetiche rinnovabili al soddisfacimento del
fabbisogno energetico comunitario (dal 6% del 1996, anno di pubblicazione del
Libro Verde della Comunità Europea, al 12% del 2010).
Solamente nel luglio del 2001 l’Unione europea ha finalmente adottato un testo
legislativo concernente lo sviluppo della produzione di energia dalle fonti
rinnovabili: è infatti stata approvata la Direttiva Europea sulla promozione
dell'energia elettrica prodotta da fonti energetiche rinnovabili nel mercato
interno dell'elettricità (EU, 2001).
Gli obiettivi principali della Direttiva sono:
• Creare un quadro favorevole per aumentare la quota dell’elettricità verde
nel consumo interno lordo: dal 14 al 22% nel 2010.
• Contribuire a raddoppiare la quota delle energie rinnovabili nel consumo
lordo di energia in Europa: dal 6 al 12% nel 2010.
• Contribuire al rispetto degli impegni di riduzione delle emissioni di gas
serra assunti dall’Unione a Kyoto nel 1997.

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Energia da fonti rinnovabili: le biomasse

La Direttiva si propone inoltre la promozione dell’elettricità prodotta dalle


rinnovabili grazie all’introduzione di obiettivi quantitativi nazionali di consumo
di elettricità verde, all’introduzione di regimi di sostegno nazionali (ed
eventualmente un sostegno armonizzato a livello comunitario), alla
semplificazione delle procedure amministrative nazionali di autorizzazione ed
infine garantendo l’accesso delle rinnovabili alla trasmissione e distribuzione di
elettricità.
Gli Stati membri devono fissare obiettivi indicativi di consumo di elettricità
prodotta dalle rinnovabili per il 2010. La direttiva fornisce un’indicazione
quantitativa di obiettivi in allegato, specificando che se saranno raggiunti, il
consumo di elettricità prodotta dalle rinnovabili raggiungerà il 22% nel 2010.
Per quanto riguarda l’Italia, la Direttiva stabilisce che la percentuale di energia
prodotta da fonti rinnovabili dovrà raggiungere quota 25% nel 2010.

2.2 La situazione italiana

L’Italia mostra un’elevata dipendenza dall’estero per i propri fabbisogni di


energia (maggiore dell’80%) ed una struttura energetica in cui agli idrocarburi è
affidato un ruolo dominante (49% al petrolio, 31% al gas naturale).
Il contributo delle fonti energetiche rinnovabili (FER) alla produzione totale di
energia è superiore al 50% (16.7 Mtep* prodotte da FER a fronte di una
produzione totale pari a 30.8 Mtep).
(fonte: ENEA, Rapporto Energia e Ambiente 2000)

Al fine di ottemperare agli impegni presi dall'Italia in sede comunitaria riguardo


al risparmio energetico ed al contenimento delle emissioni in atmosfera di gas
ad effetto serra, furono varate nel gennaio 1991 le leggi 9 e 10 che
congiuntamente ai successivi decreti attuativi hanno dato un grosso apporto
allo sviluppo della produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili ed
all'implementazione di tecnologie per il risparmio energetico.
Con la Legge 9 è stata introdotta una parziale liberalizzazione del mercato della
produzione energetica, favorendo l'utilizzo di fonti rinnovabili e di soluzioni ad
alta efficienza e consentendo agli autoproduttori l'adozione di soluzioni
tecnologiche a forte risparmio energetico, quali ad esempio la cogenerazione, in
numerosi processi produttivi e la possibilità di costituirsi in consorzi con tariffe
agevolate per l'energia elettrica da fonti rinnovabili, con l'introduzione di
sovrapprezzi sui KWh ceduti all'ENEL.
Con il provvedimento CIP 6/92 sono stati fissati i prezzi di cessione alla rete
pubblica e l'ENEL è stata costretta ad acquistare a prezzi differenti, a seconda
*
1 Mtep = 106 tonnellate equivalenti di petrolio = 107 kcal

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Energia da fonti rinnovabili: le biomasse

dei diversi tipi di combustibile e tecnologie impiegate, l'energia elettrica


prodotta per almeno 8 anni, consentendo così l'avvio di nuovi progetti
finanziabili con il prezzo dell'elettricità più alto di quello pagato per l'energia da
fonti convenzionali.
La Legge 10 introduce norme sull'utilizzo razionale dell'energia, sul risparmio
energetico e sullo sviluppo di fonti energetiche pulite, definendo i compiti di
Regioni e Province autonome in campo di pianificazione e controllo. In
particolare si stabiliscono i contenuti dei piani energetici regionali o provinciali.
La legge ha inoltre introdotto dei contributi finanziari regionali (in conto
capitale) in aiuto agli investimenti per il risparmio energetico e lo sviluppo delle
fonti rinnovabili e assimilate.

Notevole impulso all’utilizzo delle fonti rinnovabili si è avuto con la delibera del
CIPE n. 137 del 19 novembre 1998, “Linee guida per le politiche e le misure
nazionali per la riduzione delle emissioni dei gas serra”, che individua le azioni
chiave per mantenere fede agli impegni assunti nel dicembre 1997 a Kyoto:
riduzione del 6,5% dei gas serra rispetto ai livelli del 1990, stimata in circa 100
milioni di tonnellate di anidride carbonica equivalente rispetto allo scenario
tendenziale al 2010.
Le riduzioni prospettate dalla delibera sono riportate nella tabella seguente:

AZIONI 2002 2006 2008-12


Aumento efficienza parco 4 –5 10 – 12 20 – 23
Interventi su settore trasporti 4 –6 9 – 11 18 – 21
Energia da fonti rinnovabili 4 –5 7–9 18 – 20
Riduzione consumi 6 –7 12 – 14 24 – 29
Riduzione emissioni 2 7–9 15 – 19
Utilizzo di foreste - - 0.7
TOTALE 20 – 25 45 – 55 95 – 112

Tab. 2.1. Riduzioni di Mt CO2 previste dalla delibera CIP 137/98

Con la legge n. 448/98 “Misure di finanza pubblica per la stabilizzazione e lo


sviluppo” è stata introdotta la tassazione sull’anidride carbonica prodotta
(Carbon tax), in maniera da proseguire il graduale processo di internalizzazione
dei costi sociali della produzione energetica, già avviato con l’istituzione delle
tasse sulle emissioni di ossidi di zolfo e di azoto. Gli introiti derivanti dalla
Carbon Tax sono gestiti dal Ministero dell'Ambiente che, tramite le Regioni
pubblica dei bandi per il finanziamento di interventi a risparmio energetico e
per l'utilizzo di fonti energetiche pulite.

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Energia da fonti rinnovabili: le biomasse

La stessa legge prevede la concessione di un’agevolazione fiscale con credito di


imposta di 0.01 €/kWh di calore fornito mediante reti di teleriscaldamento
alimentate con biomassa.

Il Libro Bianco (ENEA, 1998) per la valorizzazione energetica delle fonti


rinnovabili (Aprile 1997) individua, per ciascuna fonte rinnovabile, gli obiettivi
che devono essere perseguiti per ottenere le riduzioni di emissioni di gas serra
stabiliti dalla delibera CIP 137/98 per le fonti rinnovabili, indicando altresì le
strategie e gli strumenti necessari allo scopo.
Complessivamente, è possibile un contributo aggiuntivo delle rinnovabili,
rispetto al 1997, di circa 8,6 Mtep, passando da 11,7 Mtep a 20,3 Mtep nel
2008-2012 in termini di combustibile convenzionale sostituito. Di questi ultimi,
circa 16,7 Mtep deriveranno da produzione di energia elettrica e 3,5 Mtep da
produzione e uso di calore e biocombustibili. La potenza elettrica alimentata da
fonti rinnovabili passerebbe, dal 1997 al 2008-2012, da 17100 MW a 24700
MW, con un incremento di oltre 7600 MW. Gli incrementi più significativi
deriveranno dalle biomasse – sia per la produzione di elettricità e calore, sia per
biocombustibili – nonché dall'idroelettrico e dall’eolico.

In attuazione della direttiva 96/92/CE recante norme comuni per il mercato


interno dell’energia elettrica, in Italia sono stati emanati il decreto legislativo
79/99 e il decreto ministeriale 11/11/99. Con tali decreti si è inteso
promuovere un più ampio contributo delle fonti rinnovabili per il
soddisfacimento del fabbisogno di elettricità, attraverso l’emanazione delle
seguenti misure:
1. Assicurare la precedenza nel dispacciamento all’elettricità prodotta da
impianti alimentati da fonti di energia rinnovabili;
2. Obbligare, a decorrere dal 2001, le imprese che producono o importano
elettricità da fonti non rinnovabili a immettere in rete una quota prodotta
da impianti nuovi o ripotenziati alimentati da fonti di energia rinnovabili
ed entrati in esercizio dopo l’ 1 aprile 1999: tale quota è inizialmente
fissata al 2% dell’energia eccedente i 100 GWh, al netto della
cogenerazione, degli autoconsumi di centrale e delle esportazioni;
3. Dare la priorità all’uso delle fonti di energia rinnovabili nelle piccole reti
isolate.
Il decreto ministeriale 11/11/99 istituisce i cosiddetti Certificati Verdi, cioè dei
titoli annuali che vengono attribuiti all’energia elettrica prodotta da fonti
rinnovabili utilizzando impianti entrati in esercizio dopo il 1 aprile 1999. Per
tali impianti è possibile richiedere i certificati verdi per i primi 8 anni di piena

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Energia da fonti rinnovabili: le biomasse

produzione, ottenendo un prezzo di vendita dell’energia elettrica pari a 0.119


Euro/KWh.

3. La biomassa

Tra le fonti energetiche rinnovabili assumono un ruolo strategico le biomasse,


grazie all’elevata disponibilità e all’avanzato stato della ricerca e della
tecnologia dei sistemi di sfruttamento.
Che cosa si intende per biomassa?
1. La direttiva 2001/77/CE ‘Sulla promozione dell’energia elettrica prodotta
da fonti energetiche rinnovabili nel mercato interno dell’elettricità’
considera biomassa la parte biodegradabile dei prodotti, rifiuti e residui
provenienti dall’agricoltura (comprendente sostanze vegetali e animali) e
dalla silvicoltura e dalle industrie connesse, nonché la parte
biodegradabile dei rifiuti industriali e urbani.
2. Secondo l’Associazione Europea delle Biomasse (AEBIOM) il termine è
più completo, e include tutte le materie vegetali ed animali rinnovabili
che possono essere utilizzate per produzioni industriali (fibre, prodotti
chimici) o energetiche (calore, energia, biocombustibili).

Alcune cifre:
• L’energia ricavata da biomasse (bioenergia) soddisfa attualmente l’11%
del fabbisogno mondiale di energia, di cui il 13.6% viene utilizzato nei
paesi membri dell’OECD, mentre il rimanente 86.4% consiste nei
tradizionali metodi di riscaldamento a scarso rendimento dei paesi del
terzo mondo.
(fonte: IEA Bioenergy, 2001).
• In Europa le biomasse coprivano nel 1998 il 64% delle fonti energetiche
rinnovabili (54.2 Mtoe a fronte di un fabbisogno energetico totale di 1745
Mtoe). Il potenziale teorico di produzione energetica da biomasse risulta
pari al 20% del fabbisogno totale europeo.
(fonte: EC, 2000).
• Si stima che il contenuto energetico dei soli residui agricoli e forestali,
residui agroindustriali, rifiuti organici e reflui zootecnici annualmente
prodotti in Italia sia dell'ordine di circa 27 Mtep (cioè l’attuale produzione
totale di energia in Italia).
(fonte: ITABIA, 2001).

I principali benefici attribuibili alla diffusione delle bioenergie in Italia e


altrove, sono così classificabili:

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Energia da fonti rinnovabili: le biomasse

A livello economico:
- riduzione della dipendenza energetica;
- riconversione del settore agricolo;
- valorizzazione economica dei sottoprodotti e dei residui organici;
- risparmio nei costi di depurazione e smaltimento;
- stimolo alle industrie del settore.

A livello sociale:
- apertura del mercato dell’energia agli operatori agricoli;
- diversificazione e integrazione delle fonti di reddito del settore agricolo;
- occupazione in zone marginali;
- riduzione dell’esodo dalle campagne.

A livello ambientale:
- riduzione delle emissioni di CO2 nell’atmosfera;
- riduzione delle emissioni nell’aria dei principali inquinanti di origine
fossile (SOx, CO, benzene);
- possibilità di smaltire notevoli quantità di rifiuti e residui organici in
maniera ambientalmente corretta, recuperando allo stesso tempo parte
dell’energia in essi contenuta;
- controllo dell’erosione e del dissesto idrogeologico di zone collinari e
montane.

Vale la pena spendere qualche riga per sottolineare la differenza


fondamentale tra l’energia prodotta da biomasse e l’energia prodotta da
combustibili fossili.
Bruciare combustibili fossili significa liberare sotto forma di CO2 carbonio
imprigionato nel sottosuolo terrestre da milioni di anni; bruciando biomassa si
rilascia semplicemente in atmosfera la CO2 che era stata assorbita dalle piante
durante la crescita e non vi è quindi nessun incremento netto di CO2 se il ciclo
di crescita ed utilizzo viene mantenuto.
Una quota di energia ‘fossile’ viene solitamente utilizzata per la produzione di
bioenergia, ma la letteratura scientifica dimostra ampiamente che l’energia
utilizzata è solo una piccola frazione di quella prodotta. Bilanci tipici di sistemi
bioenergetici (da residui forestali o agricoli o coltivazioni dedicate) indicano che
per una unità di energia fossile consumata, vengano prodotte da 25 a 50 unità
di bioenergia (Börjesson, 1996; Boman and Turnbull, 1997; Matthews, 2001).
Le emissioni di carbonio dovute alla generazione di una unità di elettricità da
biomassa risultano da 10 a 20 volte inferiori alle emissioni da combustibili

15
Energia da fonti rinnovabili: le biomasse

fossili (Boman and Turnbull, 1997; Mann and Spath, 1997; Spath et al., 1999;
Spath and Mann, 2000).

Un’interessante introduzione ai vantaggi ottenibili dal punto di vista della


protezione del clima grazie all’utilizzo delle biomasse per la produzione di
energia si trova nel saggio preparato dall’IEA Bioenergy (una sezione
dell’Agenzia Internazionale dell’Energia formata da esperti provenienti dal
mondo della ricerca, dell’amministrazione pubblica e dell’industria rivolta allo
sviluppo e alla promozione della bioenergia): ‘Answers to ten frequently asked
questions about bioenergy, carbon sinks and their role in global climate change’
disponibile on line nel sito dell’agenzia (IEA Bioenergy, 2001).

Risorse di biomassa
Nel contesto italiano, le principali risorse di biomassa sono:
• i residui agricoli (paglie di cereali, residui verdi);
• i residui forestali e della lavorazione del legno (frascami, ramaglie, scarti);
• i residui agroindustriali e dell’industria alimentare (vinacce, sanse,
panelli oleosi);
• i rifiuti organici;
• i reflui zootecnici;
• le colture energetiche erbacee ed arboree dedicate.

La maggior parte delle biomasse è costituita da scarti di varie attività


produttive. Le biomasse risultano autoprodotte in azienda o prelevate al di
fuori dei circuiti commerciali dei combustibili.
Mancano quindi statistiche precise sul loro uso e consumo, per cui la
quantificazione della loro è operazione assai complessa.
I soli residui e rifiuti organici ammontano ogni anno a circa 67 milioni di
tonnellate di sostanza secca, con un contenuto energetico di 335 TWh pari a
circa 27 Mtep. Soltanto il 10-15% di questo potenziale energetico è utilizzato,
prevalentemente per applicazioni domestiche o di piccola portata.
La seguente tabella riporta le stime relative alla produzione di energia da
biomassa in Italia, presentate da ENEA nel 1998.

16
Energia da fonti rinnovabili: le biomasse

Tab. 3.1. Energia primaria da biomasse in Italia (Fonte: ITABIA, 2001)

3.1 Principali ostacoli alla diffusione delle bioenergie

Nonostante il crescente interesse rivolto alle bioenergie e il pressoché unanime


riconoscimento dei vantaggi legati alla diffusione delle bioenergie nel contesto
economico italiano, tale settore non ha raggiunto una dimensione di mercato.
Ciò è riconducibile ad una complessa serie di fattori e barriere, che ne
rallentano tuttora lo sviluppo. In estrema sintesi, gli ostacoli alla crescita di
questo settore possono essere ricondotti alle seguenti considerazioni.

Barriere di natura tecnologica


Malgrado la maggior parte delle tecnologie siano state ampiamente sviluppate,
alcune di queste rimangono a livello pre-commerciale. In assenza di un vero
mercato, non si è ancora assistito allo scaling up delle principali tecnologie.
Inoltre, le applicazioni disponibili non sono sufficientemente conosciute.

Barriere di natura economica


Il limite principale alla diffusione delle bioenergie è il prezzo di mercato dei
combustibili fossili, che, attualmente, rende poco competitiva qualsiasi altra
fonte di energia. Tuttavia, questa mancanza di competitività è legata anche
all’attuale sistema dei prezzi, che non tiene conto delle esternalità e dei costi
sociali connessi allo sfruttamento delle risorse fossili (danni alla salute

17
Energia da fonti rinnovabili: le biomasse

pubblica, degrado dei monumenti, cambiamento climatico, fuoriuscite di


greggio, ecc.).
Hall and Scarse, 1998 notano inoltre come i prezzi internazionali dei
combustibili fossili siano in molti casi mantenuti artificialmente bassi tramite
contributi statali rivolti alla salvaguardia della sicurezza
dell’approvvigionamento di combustibili per il riscaldamento domestico e
dell’economia regionale. Il Protocollo di Kyoto ha però sancito l’abolizione di tali
contributi per le nazioni firmatarie.
Infine, i costi iniziali di investimento per impianti bioenergetici sono, in genere,
piuttosto elevati. Tali tecnologie, infatti, data il loro carattere innovativo e
l’attuale limitata diffusione, non sono ancora in grado di beneficiare di
economie di scala.
Va tuttavia sottolineato che il maggior costo di produzione delle bioenergie è
spesso legato anche ad un maggior numero di posti di lavoro creati a parità di
investimento. Nel caso della biomassa, ad esempio, il costo della manodopera è
estremamente rilevante (per la coltivazione, la raccolta, lo stoccaggio, il
trasporto, ecc.).

Barriere di natura istituzionale e politica


Il mercato dell’energia in Italia è stato caratterizzato dalla forte presenza dei
due colossi ENI ed ENEL. Ciò ha reso difficile l’avvio dell’iniziativa privata, non
ché l’interazione tra settori diversi, come quello agricolo e quello energetico.
Conseguentemente, la diffusione delle bioenergie ha sofferto della mancanza di
informazione e consapevolezza sull’argomento, sia a livello di classe politica sia
a livello di opinione pubblica.
L’assenza di un chiaro messaggio da parte delle Istituzioni sull’importanza da
attribuire al settore bioenergetico nel quadro della politica energetica nazionale,
in termini di obiettivi, strategie e misure attuative, costituisce un altro
importante freno allo sviluppo della produzione di energia da biomasse in
Italia. E’ innegabile che, negli ultimi anni, dopo la Conferenza di Kyoto, la
Conferenza Nazionale Energia e Ambiente, la pubblicazione del Programma
Nazionale Energia Rinnovabile e Biomasse (PNERB, giugno 1998) e del Libro
Bianco per le Fonti Rinnovabili, questo panorama stia lentamente mutando e
che, dunque, i tempi possano a breve essere maturi per un considerevole
rilancio del settore bioenergetico.

3.2 Principali tecnologie per la conversione energetica delle biomasse

Tre sono le principali tecnologie attualmente utilizzate per la conversione


termochimica delle biomasse: la combustione, la gassificazione e la pirolisi. Le

18
Energia da fonti rinnovabili: le biomasse

tecnologie di conversione, i prodotti energetici intermedi e i prodotti finali del


cammino di conversione sono schematizzati nella figura seguente (figura 3.1).

Biomass
feedstock

Storage, Transport,
Pretreatment

Combustion Pyrolysis Gasification

Solid fuel Liquid fuel Gaseous fuel

Engine, Gas
Boiler turbine Fuel cell

Heat Steam turbine Electricity

Fig. 3.1. Principali tecnologie e percorsi di conversione energetica della biomassa

La combustione diretta rappresenta l’ossidazione della biomassa in eccesso


d’aria, il cui prodotto principale è una miscela di caldi che vengono utilizzati
per produrre vapore surriscaldato nella sezione scambiatori di calore di una
caldaia. Il vapore viene utilizzato per produrre elettricità tramite un ciclo
Rankine. Nella gassificazione, la biomassa viene parzialmente ossidata
mediante quantità sub-stechimetriche di ossigeno in modo da fornire il calore
necessario alla conversione termica della restante biomassa in vapori e gas
combustibili. I gas prodotti vengono utilizzati per produrre energia tramite
utilizzo diretto in turbine o tramite caldaie. La gassificazione può avvenire
anche per via indiretta mediante una fonte esterna di calore. Il processo di
pirolisi consiste nella degradazione termica del materiale organico in completa
assenza di ossigeno. I principali prodotti della pirolisi sono un combustibile

19
Energia da fonti rinnovabili: le biomasse

solido (char), un combustibile liquido (tar o bio-olio) e un gas combustibile. Il


bio-olio può essere utilizzato direttamente in turbine o motori a combustione
interna oppure essere sottoposto a raffinazione per l’ottenimento di
combustibili più pregiati (Bain et al., 1998; McKendry, 2002a, b, c).

Combustione
La combustione diretta è, senza ombra di dubbio, il processo più usato e
collaudato per la conversione termochimica della biomassa. Attualmente la
ricerca è volta allo sviluppo di tecnologie sempre più efficienti e con minore
impatto ambientale.
La trasformazione dell'energia chimica contenuta nella biomassa in energia
termica mediante processo di combustione consiste in una serie di reazioni
chimico-fisiche.
La biomassa, immessa in una camera di combustione, subisce inizialmente
una essiccazione, successivamente, con l’aumento della temperatura, è
soggetta a processi di pirolisi, gassificazione e infine combustione. Grazie ad
appropriati rapporti combustibile/aria, la biomassa si decompone e volatilizza,
lasciando un residuo (ceneri), costituito principalmente dai composti minerali
inerti.
La parte volatile, che costituisce circa 1'85% della biomassa iniziale, consiste
in:
• una frazione gassosa contenente, oltre all'anidride carbonica (CO2),
l'ossido di carbonio (CO), alcuni idrocarburi (CxHy) ed idrogeno (H2), che
vengono ulteriormente ossidati mediante le seguenti reazioni
esotermiche:
2CO + O2 → 2CO2
CxHy + (x + 0.25y) O2 → xCO2 + (0.5y)H2O
2H2 + O2 → 2H2O

• una frazione condensabile, contenente acqua e composti organici con


basso peso molecolare, come aldeidi, acidi organici, chetoni e alcoli che,
con l' aumentare della temperatura, tendono a frammentarsi in composti
più leggeri. Si riportano, a titolo di esempio, le reazioni i decomposizione
dell' acido acetico e dell' aldeide acetica:
CH3COOH → CH4 + CO2
CH3CHO → CH4 + CO2

Le suddette reazioni producono come risultato ultimo calore che, mediante


scambiatori, viene trasferito ad altri fluidi vettori, quali aria o acqua. La
quantità di energia termica contenuta nella biomassa dipende dalle

20
Energia da fonti rinnovabili: le biomasse

caratteristiche chimico-fisiche della stessa (contenuto chimico, ceneri, umidità,


ecc.) e viene generalmente quantificata mediante un parametro, il Potere
Calorifico Inferiore (PCI), che può essere ricavato grazie ad esperimenti di
laboratorio su campioni di materiale raccolto. Tale grandezza esprime il calore
sviluppato dalla completa combustione di 1 kg di combustibile, non
considerando il calore latente dei componenti condensabili. Per le biomasse il
suo valore oscilla tra le 2500 e le 4500 kcal/kg.

Esistono diverse tecnologie applicate alle camere di combustione per migliorare


le reazioni in esse generate e, allo stesso tempo, facilitare le operazioni di
rimozioni delle ceneri. I sistemi più utilizzati sono:
• a "griglia" in cui si distinguono i sistemi fissi, generalmente usati per i
combustori di piccola taglia, e le griglie mobili, utilizzate in impianti
industriali, le quali facilitano la movimentazione, il rimescolamento del
combustibile e la rimozione delle sue ceneri; tali griglie possono essere di
vario tipo, vibranti orizzontalmente e/o verticalmente, a nastro, rotanti, a
gradini, a rulli, ecc., ed, in alcuni casi, vengono raffreddate con aria o
con acqua per consentirne un carico termico specifico maggiore;
• in "sospensione", indicata per le biomasse polverulente e leggere tipo la
lolla di riso, la segatura, la polvere di legno e la paglia triturata, in cui la
biomassa viene alimentata nella parte superiore del combustore e
bruciata mentre cade sulla griglia sottostante, che ha principalmente la
funzione di scarico delle ceneri;
• a "tamburo rotante", utilizzata per applicazioni in cui il combustibile ha
caratteristiche termo-fisiche particolarmente povere e contenente elevati
carichi di inquinante. La biomassa in combustione è continuamente
rimescolata dalla lenta rotazione del tamburo ed il percorso dei prodotti
di combustione può essere in equicorrente o in controcorrente con la
direzione di avanzamento della biomassa;
• a "doppio stadio", in cui si verifica preliminarmente la gassificazione e la
pirolisi del materiale in una prima camera, ed una completa combustione
dei prodotti gassificati in una seconda, costituente il corpo principale del
trasferimento dell' energia al fluido vettore;
• a "letto fluido", in cui si possono trattare vari tipi di biomassa, inclusi i
materiali carboniosi "difficili" quali ligniti, torbe, rifiuti solidi urbani
selezionati, fanghi di varia natura, anche ad elevata percentuale di
umidità (> 40%). La camera di combustione è parzialmente riempita con
materiale inerte, quale la sabbia o l'allumina, che viene fluidificato
dall'aria di combustione primaria in modo da costituire il "letto bollente"
o, nel caso di maggiore velocità dell' aria e di trascinamento del

21
Energia da fonti rinnovabili: le biomasse

materiale, il cosiddetto "letto ricircolato", il quale viene recuperato e


reimmesso nella camera di combustione. Oltre al materiale inerte può
essere immesso anche del materiale che permette di variare le condizioni
dell' ambiente nel quale si verifica la combustione: infatti, nel caso di
combustibili inquinati con composti acidi o contenenti ceneri basso-
fondenti, si può usare del calcare o della dolomite per abbattere gli
inquinanti acidi e per evitare la fusione delle ceneri nelle condizioni
operative del combustore.

Nel settore industriale sono presenti numerosi impianti di combustione diretta


delle biomasse di tipo agro-forestale o agro-industriale, dei RSU o dei rifiuti
industriali. Tali applicazioni consentono la produzione di calore (utilizzato
all’interno del ciclo produttivo), la produzione di energia elettrica o la
cogenerazione (produzione simultanea di energia elettrica e termica o CHP).
L 'impianto tipo per la combustione della biomassa è costituito dalle sezioni:
• stoccaggio del combustibile, che deve avere dimensioni tali da garantire
la fornitura del combustibile per alcuni giorni, o per periodi molto più
lunghi (anche alcuni mesi) nel caso si trattino biomasse a carattere
stagionale;
• eventuale pretrattamento consistente nella riduzione della pezzatura e
dell'umidità della biomassa per far fronte alle caratteristiche richieste dal
sistema di combustione;
• linea di alimentazione dotata degli opportuni controlli di flusso;
• combustore;
• recupero energetico, mediante sistemi a tubi di fumo se il fluido vettore è
acqua calda a bassa pressione o aria, a tubi di acqua nel caso sia
necessario avere acqua in pressione surriscaldata o vapore, ad olio
diatermico;
• nel caso ci sia produzione di energia elettrica, è necessario introdurre
ulteriori componenti quali, per esempio, la turbina a vapore e l'elettro-
generatore ad esso collegato, il condensatore del vapore, il degassatore e
vari recuperi termici per l’ottimizzazione del ciclo termico.
L' azionamento delle turbine a vapore richiede la generazione di vapore
surriscaldato a media-alta pressione.
Si riporta, a titolo di esempio in figura 3.2, lo schema di processo dell’impianto
realizzato a Vaxjo in Svezia nel 1993, che utilizza come unico combustibile la
biomassa (Lofstedt, 1996; CADDET, 1999).
L’impianto produce 38 MWe elettrici e 66 MWth termici con i quali soddisfa
l’intero fabbisogno termico e circa 30-40% del fabbisogno elettrico della
Provincia.

22
Energia da fonti rinnovabili: le biomasse

Fig. 3.2. Schema di processo dell’impianto CHP di Vaxjo

Gassificazione
La gassificazione è un processo di degradazione termica della biomassa in
presenza di una quantità limitata di aria oppure ossigeno (ed eventualmente
vapore) per ottenere un combustibile gassoso (Bidgwater, 1995, McKendry,
2002b, c). Si opera a temperature intorno agli 800-1000°C con l’aria e 1000-
1400°C con l’ossigeno, ed il processo si autosostiene tramite combustione di
una parte della carica.
L’aria è il reagente più semplice e più largamente impiegato in quanto permette
una maggiore efficienza di conversione, senza avere problemi fluodinamici e di
trasferimento di calore. Inoltre la gassificazione ad aria nasce dall’esigenza di
eliminare il costo dell’impianto dell’ossigeno che ha una incidenza sia sul costo
capitale, sia sul costo operativo del processo.
Per contro, la gassificazione con l’ossigeno permette di evitare gli aggravi legati
alla presenza dell’inerte (N2) in termini di dimensioni d’impianto, ed il gas
combustibile ottenuto con l’ossigeno è migliore rispetto a quello ottenuto con
l’aria: il primo ha un potere calorifico di 10-15 MJ/Nm3 contro i 4-6 MJ/Nm3
del secondo contenente fino al 60% di azoto.
Il processo di gassificazione all’interno del reattore consiste in una prima fase
fisica nella quale l’alimentazione perde per vaporizzazione il suo contenuto di
umidità residua (solitamente si alimenta una biomassa con umidità già ridotta
a meno del 15%), e in una seconda fase chimica nella quale avviene la pirolisi-

23
Energia da fonti rinnovabili: le biomasse

gassificazione del solido. In pratica il processo chimico consiste di due stadi


indicati di seguito.
Un primo stadio nel quale avvengono le reazioni di degradazione chimica
(pirolisi) del combustibile solido, per effetto della temperatura, con formazione
di composti volatili leggeri (gas quali CO, H2 ,CH4, ect.), composti pesanti (tar) e
residuo solido (char).
Un secondo stadio in cui avvengono le reazioni di gassificazione e combustione
del char, e la reazione in fase gas dei prodotti volatili (gas e tar) della pirolisi.
Le relative rese di gas, char e tar dipendono da molti fattori, i più importanti
dei quali sono la composizione chimica e le proprietà fisiche dell’alimentazione,
la velocità di riscaldamento, le temperature iniziali e finali, il tipo di reattore
impiegato ed il mezzo gassificante.
Poiché la gassificazione non può aver luogo se non dopo la pirolisi, quest’ultima
riveste un ruolo altrettanto importante. Nella pirolisi la velocità di
riscaldamento e la temperatura finale sono i parametri più importanti per
quanto riguarda le rese nei prodotti. Come regola generale si osserva che la
produzione di tar è massima con bassi tempi di residenza, moderate
temperature (500-600 °C) ed alte velocità di riscaldamento. Infatti, le reazioni
di decomposizione del tar sono molto lente al di sotto dei 600°C, come le
reazioni di gassificazione divengono significative al di sopra dei 700°C.
Il tar costituisce un materiale indesiderato nella produzione del gas di sintesi,
in quanto vincola l’impiego di quest’ultimo per problemi di sporcamento. Onde
evitare, quindi, o limitare il trattamento successivo di purificazione è
necessario che venga minimizzata la formazione di tar già nella fase di pirolisi e
vengano favorite, nello stadio successivo, le reazioni in fase gas del tar, in
particolare quelle di cracking.
Dal momento che dal gassificatore esce un gas di sintesi (CO+H2) comunque
inquinato da tar e da altri prodotti indesiderati, occorre prevedere un
trattamento di purificazione.

In base al tipo di reattore ed al metodo di contatto tra i reagenti gas-solido, si


possono avere due tipologie di impianto: a letto fisso ed a letto fluido.
La configurazione a letto fisso in controcorrente (updraft gasifier) permette una
elevata efficienza termica in quanto le ceneri calde in uscita scaldano il gas in
ingresso, ed i prodotti della gassificazione a loro volta scaldano il solido
alimentato. Inoltre i tempi di residenza (1-2 h), in concomitanza con il profilo
termico del sistema in controcorrente, comportano delle alte rese di
conversione.
Un altro tipo di reattore facente parte della medesima famiglia è quello in
equicorrente (downdraft gasifier), nel quale i gas prodotti attraversano una

24
Energia da fonti rinnovabili: le biomasse

zona ad alta temperatura prima di lasciare il gassificatore. Il vantaggio di


questo sistema consiste nel basso contenuto di tar nel gas di sintesi, dovuto
alla pirolisi dello stesso tar che avviene ad alte temperature.
I gassificatori a letto fisso sono disponibili solo su piccola scala ed i loro
principali vantaggi nell’impiego sono dovuti alla tecnologia ormai matura e con
numerose applicazioni commerciali. Gli svantaggi sono dovuti al fatto che i
prodotti della gassificazione contengono un quantitativo di tar ancora elevato,
oltre a oli, fenoli ed ammoniaca che ne limitano l’impiego anche se si prevede
un sistema di purificazione.
Nei gassificatori a letto fluido (fluidized-bed gasifier), il mezzo gassificante ha
una velocità nel reattore tale da far salire o tenere in sospeso le particelle del
solido alimentato. Occorre, pertanto, che il solido abbia una granulometria più
fine rispetto al gassificatore a letto fisso. Questo comporta che l’alimentazione
solitamente non possa essere impiegata tal quale, ma richieda un
prettrattamento iniziale affinché venga ridotta alla giusta granulometria. A
seguito della fluidizzazione, le particelle di solido si muovono casualmente
avvicinando le condizioni di un reattore perfettamente miscelato, pertanto la
composizione e la temperatura nel letto sono pressoché uniformi. Si può così
operare con la temperatura di reazione ottimale per il processo, anche se
questa non deve eccedere la temperatura di fusione delle ceneri , per evitare la
conseguente sinterizzazione delle particelle e la perdita di fluidificazione.
Il processo a letto fluido è particolarmente indicato per la gassificazione delle
biomasse, perché permette una maggiore flessibilità nell’alimentazione (tipo e
pezzatura) ed un più facile scale-up. In particolare si ritiene che le migliori
performance vengano ottenute con il reattore a letto fluido ricircolato, nel quale
le alte velocità del gas fluidizzante (3-10 m/s) fanno sì che si operi a più basse
densità del letto, favorendo in trasporto di materia ed energia tra le fasi
gas/solido ed il trattamento di solidi coesivi.
I vantaggi della gassificazione in letti fluidi ed in particolare in quelli ricircolati
risiede principalmente nella miglior qualità del gas ottenibile ed in una
tecnologia meno complessa che non comporta organi in movimento. Gli
svantaggi consistono nella già citata possibilità di perdita di fluidificazione per
temperature troppo elevate e nella eventuale riduzione della granulometria
dell’alimentazione.
Una tecnologia particolarmente promettente applicata a quest’ultimo tipo di
gassificatori è la gassificazione a ciclo integrato (Biomass Integrated
Gasification Combined Cicle – B-IGCC) in cui si cerca di sfruttare la massima
quantità di calore disponibile accoppiando una turbina a gas con una turbina
a vapore ed ottenendo così elevati rendimenti di conversione.

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Energia da fonti rinnovabili: le biomasse

Uno dei primi gassificatori completi a ciclo integrato per la conversione di


biomassa è stato costruito dalla Sydkraft AB e dalla Foster Wheeler Energy
International Inc. L’impianto è stato costruito a Värnamo, in Svezia, e la
tecnologia utilizzata è basata sulla gassificazione a letto fluido pressurizzato.
Una lunga campagna sperimentale è stata condotta dal 1996 al 2000, e i
risultati sono riassunti in Stahl et al., 1999, 2000.
L’impianto produce circa 6 MW di elettricità netti, e 9 MW termici disponibili
per il teleriscaldamentodella città di Värnamo, da un ingresso di combustibile
equivalente a 18 MWth.
Uno schema semplificato dell’impianto di gassificazione è riportato nella figura
seguente.

Fig. 3.3. Schema semplificato dell’impianto B-IGCC di Värnamo

Il combustibile legnoso viene essiccato in una sezione separata di


pretrattamento sino ad ottenere un contenuto di umidità pari a 5-20% e
successivamente sottoposto ad un’operazione di sminuzzamento.
La temperatura di funzionamento del gassificatore è 950-1000°C e la pressione
è approssimativamente 18 bar.
Il gas gas generato viene raffreddato e depurato ed infine bruciato nella camera
di combustione ed espanso attraverso la turbina, generando 4.2 MWe. L’intero
sistema della turbina a gas è stato ridisegnato per l’utilizzo di un gas a basso
potere calorifico (circa 5 MJ/Nm3).
Il gas caldo uscente dalla turbine viene inviato al sistema di recupero del calore
(HRSG), dove viene prodotto vapore surriscaldato da inviare alla successiva
turbina a vapore (40 bar, 455°C), generando 1.8 MWe.

26
Energia da fonti rinnovabili: le biomasse

Pirolisi
La pirolisi è un processo termico di degradazione della biomassa che avviene in
assenza di aria, se il calore necessario al processo viene totalmente fornito dall'
esterno, o in presenza di una limitata quantità di agenti ossidanti, se il calore
viene prodotto internamente alla massa mediante la combustione di una sua
parte.
Attraverso la pirolisi il materiale ligno-cellulosico viene generalmente
trasformato in:
• una frazione "gassosa" a basso-medio potere calorifico contenente CO,
CO2, idrocarburi (CH4, C2H4, C3H6), H2O, H2.
• una frazione "liquida oleosa" contenente acqua e composti organici a
basso peso molecolare come aldeidi, acidi, chetoni, alcoli.
• un prodotto "solido" contenente residui a più alto peso molecolare, furani
derivati e composti fenolici.

Sebbene le tre frazioni siano presenti come risultato del processo di pirolisi, è
possibile incrementare la resa di una di esse, selezionando opportunamente le
condizioni del processo.

Le più comuni modalità di esecuzione del processo di pirolisi sono:


• la "carbonizzazione", il più antico e conosciuto processo di pirolisi, che
avviene a temperature comprese tra i 300 e 500 °C. Da tale processo si
recupera solo la frazione solida (carbone vegetale), per cui si procede in
modo da minimizzare le altre frazioni;
• la "pirolisi convenzionale", a temperature moderate minori di 600°C, con
moderati tempi di reazione; da cui si ottengono approssimativamente le
tre frazioni in uguale proporzioni;
• la "pirolisi fast", a temperature relativamente basse (da 500 a 650 OC), in
cui le reazioni della gassificazione avvengono velocemente e con tempi di
contatto brevi in modo da ridurre il riformarsi di composti intermedi,
favorendo la produzione della frazione liquida fino al 70-80% in peso
della biomassa in entrata;
• la "pirolisi flash", realizzata in modo da mantenere gli stessi tempi di
contatto della pirolisi fast, ma a temperature superiori a 700°C e con
tempi di contatto inferiori ad 1 secondo, in modo da favorire la
produzione di una frazione liquida intorno all'80% in peso della biomassa
in entrata, ma con una variazione di composizione più ristretta.

27
Energia da fonti rinnovabili: le biomasse

Praticamente con il processo di pirolisi si trasforma un combustibile a bassa


densità energetica (3000-4000 kcal/kg) in un altro a più elevato contenuto
energetico specifico (8000-10000 kcal/kg), riducendone di conseguenza i costi
di trasporto.
I prodotti liquidi della pirolisi devono subire ulteriori processi per aumentarne
la qualità e la stabilità (up-grading) per ottenere un prodotto: chiamato "bio-
olio" utilizzabile, per esempio, come combustibile in campo industriale per il
riscaldamento dei forni di cottura per il cemento e la calce.
Generalmente il bio-olio non è impiegato tal quale, ma miscelato con olio
combustibile o con il catrame.
La possibilità dì impiegare direttamente il bio-olio, previo trattamento chimico
mirato a ridurne la sua acidità ed il suo potere corrosivo, come carburante in
motori a combustione interna non è stata ancora sufficientemente provata.
Attualmente la ricerca in campo internazionale è principalmente indirizzata allo
sviluppo di processi di pirolisi che favoriscano la produzione di miscele di
olefine, quali etilene e propilene, o di miscele di benzene-toluene-xilene, aventi
maggiore valore economico, in quantità e qualità superiori.

Il teleriscaldamento
Il teleriscaldamento consiste nella distribuzione del calore prodotto da una o
più centrali termiche o di cogenerazione, che utilizzano i processi
precedentemente descritti, con una rete di distribuzione lungo le vie cittadine,
alla quale vengono allacciate le singole utenze. In pratica si fornisce calore per
il riscaldamento e per l’acqua sanitaria tramite scambiatori di calore installati
presso ogni abitazione, i quali sostituiscono, quindi, le singole centrali
termiche. Tali scambiatori, prelevando energia dall’acqua calda della rete di
teleriscaldamento, la cedono all’acqua fredda del condominio attraverso un
semplice contatto di piastre e sono corredati di un sistema di misurazione della
portata e della temperatura dell’acqua in ingresso ed in uscita che permette il
rilevamento delle calorie cedute. Tramite un sistema di telecontrollo il consumo
delle utenze viene trasmesso e registrato presso gli uffici della centrale termica
per la tariffazione.

Le potenze degli impianti che producono solo energia termica possono variare
da alcune centinaia di kWt ad alcune decine di MWt: il limite della taglia
superiore degli impianti industriali a biomasse è sia di carattere tecnico sia
organizzativo-gestionale della filiera legno o altri tipi di biomasse. Anche il
numero delle ore di funzionamento annue è spesso un limite al ritorno
economico degli investimenti, se confrontato con impianti alimentati a

28
Energia da fonti rinnovabili: le biomasse

combustibile convenzionale, in quanto questi ultimi presentano generalmente


bassi costi di investimento a fronte di elevati costi energetici.
La realizzazione di impianti per la produzione di energia elettrica o di
cogenerazione dalla combustione della biomassa è tanto più economicamente
vantaggiosa quanto maggiore è la sua disponibilità in grosse quantità
localizzate geograficamente e distribuite nel tempo, in quanto la biomassa ha
una bassa densità energetica, circa dieci volte inferiore a quella del petrolio.
Ciò avviene in seguito alla riduzione considerevole dell'incidenza del costo di
trasporto e di stoccaggio delle notevoli quantità necessarie al funzionamento di
una centrale, la cui potenzialità "tipica" è generalmente nel range di 3-10 MWe.
Per dare un'idea del fabbisogno della biomassa per realizzazioni di questo tipo,
si deve considerare che occorre circa 1 kg di biomassa per produrre 1 kWh di
energia elettrica.
Il principale parametro energetico che si impiega per valutare gli impianti è il
rendimento netto globale, che è dato dal rapporto percentuale tra l'energia
disponibile per le utenze esterne e quella introdotta dal combustibile
nell'impianto di produzione dell' energia, espresse con le stesse unità di
misura, al netto dei consumi necessari al funzionamento dell'impianto stesso.
A seconda del tipo di impianto e della relativa tecnologia impiegata, i
rendimenti netti sono riassunti nella tabella seguente.

Tipologia di impianto Rend. termici Rend. elettrici


[%] [%]
Cogenerazione piccola potenza (<5 MW) 50-60 18-22
Cogenerazione media e alta potenza(>5 MW) 50-65 20-25
Produzione di elettricità - 25-30

Tab. 3.2. Rendimenti netti

3.3 Modellare lo sfruttamento energetico delle biomasse

Quando si parla di modellistica bioenergetica, bisognerebbe sempre specificare


che cosa si intende includere in questo termine.
Modellare un sistema energetico significa infatti costruire un algoritmo in grado
di predire l’utilizzo dell’energia tenendo conto di una molteplicità di fattori e
variabili: scelta del combustibile, scelta della tecnologia di conversione,
quantificazione dei costi, locazione dei sistemi produttivi e delle utenze,
previsione dello sviluppo tecnologico, minimizzazione degli impatti e/o
massimizzazione dei benefici ambientali, ecc.
I modelli, per comodità di calcolo, semplificano la realtà, correndo così il rischio
di perdere alcuni aspetti fondamentali del sistema, con la conseguente perdita

29
Energia da fonti rinnovabili: le biomasse

della significatività dei risultati – e di conseguenza dell’utilità del modello stesso


per i decisori che se ne servono.
Importanti aspetti dei reali sistemi energetici possono inoltre essere di tipo
qualitativo, e quindi difficilmente quantificabili in termini matematici: spesso
tali fattori vengono trascurati poiché sia le scienze naturali e l’ingegneria, sia le
scienze economiche considerano i dati qualitativi meno importanti rispetto ai
dati quantitativi.
Questo atteggiamento porta alla costruzione di modelli meccanicistici che
evitano di considerare aspetti razionali, sociali, ambientali che risultano invece
irrinunciabili per lo sviluppo del mercato della bioenergia.

Secondo Roos and Rakos, 2000, la modellistica di sistemi bioenergetici deve


tenere conto di tre fattori determinanti:
• Le risorse di biomassa e le tecniche di conversione risultano dipendere in
misura sicuramente maggiore rispetto ai combustibili fossili dalle
condizioni locali relative alla raccolta di biomassa e all’utilizzo
dell’energia. Questo restringe l’applicabilità di modelli sviluppati su di un
set ben preciso di condizioni ad una situazione differente. Il costo di un
sistema bioenergetico è infatti determinato principalmente dai costi della
produzione e del trasporto della biomassa e dai costi di conversione e di
distribuzione dell’energia. Generalmente tale struttura economica è
strettamente connessa alla realtà locale e alle attività presenti (ad
esempio industrie forestali, attività agricole, ecc.).
• Ad oggi esistono solamente pochi sistemi bioenergetici sviluppati a scala
commerciale effettivamente operativi e documentati. Inoltre, a causa degli
elevati costi di trasporto e della scarsa penetrazione nel mercato
economico, non vi è un mercato internazionale per la risorsa biomassa.
Tutto ciò rende difficili analisi econometriche di mercati realmente
esistenti.
• Infine il combustibile biomassa è frequentemente il sottoprodotto di
attività economiche quali l’industria forestale, agricola o di produzioni
alimentari, o ancora della gestione dei rifiuti. Questo significa che diverse
fasi della catena di conversione delle biomasse in energia spesso
condividono costi con attività complementari e inoltre dipendono
strettamente da tali attività. Per un sistema bioenergetico l’integrazione
con un altro settore industriale è condizione essenziale per la
sopravvivenza.

Riprendendo i punti precedenti, gli autori riassumono la complessità dei


sistemi bioenergetici in cinque componenti principali:

30
Energia da fonti rinnovabili: le biomasse

Fattori economici. La struttura economica legata alla produzione di bioenergia è


intimamente legata alla realtà locale, ed in particolare allo sviluppo
dell’industria legata alla produzione e/o allo sfruttamento della biomassa. Tale
interdipendenza è ben testimoniata dal settore delle biomasse forestali, in cui
spesso sono gli stessi imprenditori del settore a volere l’utilizzo dei sottoprodotti
dell’industria forestale per la produzione di calore e di energia. L’energia
prodotta viene in parte assorbita dallo stesso settore forestale, ed in parte
venduta. Lo sfruttamento energetico delle biomasse forestali utilizza inoltre le
stesse infrastrutture create per la raccolta e il trasporto delle biomasse
forestali. L’importanza di tali connessioni non può essere trascurata nello
sviluppo di qualsiasi modello.
Informazione. I modelli quantitativi dovrebbero sempre essere completati da
una progettazione “problem-oriented” costruita sui concetti delle scienze
comportamentali. Tecniche di marketing e diffusione dell’informazione sono
fattori fondamentali per la velocità di diffusione delle nuove tecnologie
bioenergetiche. Per predire il cammino di diffusione della bioenergia in un
determinato contesto è necessario conoscere i potenziali utilizzatori e la loro
attitudine nei confronti del cambiamento in generale: in questo contesto la
conoscenza della psicologia e delle scienze comportamentali può essere d’aiuto
per il modellista.
Fattori socio-economici. Ciascuna scelta legata all’utilizzo dell’energia viene
effettuata da individui con un proprio bagaglio culturale, con proprie norme e
tradizioni e con un modo di pensare legato alla personalità, alle relazioni sociali
ed ai valori. Questo significa che gli aspetti socio-economici dovrebbero essere
esplicitamente descritti prima di trasformare in politica qualsiasi risultato
fornito dal modello bioenergetico. C’è una dimensione sociale nella scelta della
bioenergia. Per esempio la scelta di adottare una tecnologia di produzione di
energia da biomasse può significare che il singolo tiene in considerazione le
implicazioni ambientali e sociali legate all’utilizzo di energie rinnovabili, mentre
una scelta orientata verso l’utilizzo di combustibili fossili potrebbe significare il
contrario. Oppure ancora introdurre una tecnologia legata all’utilizzo di
biomasse forestali può risultare piuttosto semplice in una regione storicamente
e tradizionalmente legata all’economia forestale.
Glia autori portano ad esempio la diffusione del teleriscaldamento in Austria,
sottolineando come la penetrazione di tale tecnologia variasse sia da paese a
paese, ma addirittura all’interno dei paesi stessi. Tali resistenze sociali non solo
spesso risultavano in un ritardo nello sviluppo del progetto, ma comportavano
aumenti dei costi di investimento che potevano raggiungere il 30%.
Economia familiare. Per la scelta dei singoli utilizzatori di un sistema energetico,
l’economia familiare è di vitale importanza. Per il modellista è necessario capire

31
Energia da fonti rinnovabili: le biomasse

i criteri sui quali si basa l’economia familiare e i fattori sui quali si basano le
scelte economiche delle singolo famiglie (ad esempio la disponibilità finanziaria,
il tempo, le necessità energetiche, il livello di conoscenza delle nuove tecnologie,
ecc.). Ritornando all’esempio del teleriscaldamento, gli autori notano come –
curiosamente – il costo della fornitura di calore mediante rete di
teleriscaldamento non sia stato l’unico fattore che le singole famiglie hanno
tenuto in considerazione per la scelta, ma altri criteri tra cui il contributo alla
salvaguardia dell’ambiente, la possibilità di risparmiare tempo e lavoro, la
possibilità di avere una fornitura continua di calore o ancora la consapevolezza
di contribuire positivamente all’economia della propria regione sono stati presi
in considerazione per la scelta.
Fattori strategici. Con tale termine si vogliono intendere gli interessi economici,
la conoscenza e i mezzi che le compagnie private coinvolte in un progetto
bioenergetico mettono in campo. Ad esempio, anche se le industrie forestali
hanno un significativo know-how nel campo della bioenergia, spesso non
risultano interessate a progetti di questo tipo, o addirittura tentano di
rallentare lo sviluppo di compagnie o cooperative per lo sfruttamento dei residui
forestali. Un altro problema è la frammentazione del settore: non sempre le
singole compagnie sono in grado di riconoscere gli sviluppi futuri del settore sul
lungo periodo.
Politica. La politica energetica ha un impatto fondamentale nello sviluppo e
nella crescita del settore bioenergetico, ma risulta piuttosto difficile da predire o
modellare. Per il modellista i punti fondamentali diventano in questo contesto:
(1) identificare i principali fattori politici e istituzionali legati al settore che si
sta studiando e (2) stimare le probabilità e le possibili direzioni di cambiamenti
futuri nella politica bioenergetica.
Ai fattori identificati dagli autori è necessario aggiungere un ultimo fattore,
sottinteso nei precedenti, ma che vale la pena nominare ed identificare
esplicitamente: il fattore ambientale. Progettare un sistema bioenergetico
significa infatti prima di tutto diminuire l’utilizzo di fonti fossili, con la
conseguente diminuzione delle emissioni di anidride carbonica. La produzione
bioenergetica implica inoltre uno sfruttamento capillare delle risorse di
biomassa presenti nel territorio, contribuendo alla capillare penetrazione e al
monitoraggio del territorio, con indubbi benefici sia dal punto di vista
ambientale (diminuzione dei rischi idrogeologici, di incendio, ecc.), sia dal
punto di vista estetico. Tutti questi benefici devono essere resi noti con
chiarezza, e altrettanto chiaramente vanno identificati i rischi e gli eventuali
danni che la costruzione e l’utilizzo di impianti di produzione energetica
comportano (aumento flusso dei mezzi pesanti, produzione di rifiuti, rischi di
emissioni nocive, incendi, ecc.).

32
Energia da fonti rinnovabili: le biomasse

Gli stessi autori (Roos and Rakos, 1999) hanno studiato una struttura per
l’analisi sia di progetti esistenti che potenziali nell’ambito della produzione di
energia da biomasse.
La struttura proposta si basa su sei fattori chiave:
• Integrazione con altre attività economiche;
• Effetti di scala sul mercato della bioenergia;
• Concorrenza nel mercato bioenergetico;
• Concorrenza con altre attività commerciali;
• Politica nazionale;
• Politica e opinioni locali.
Tale struttura decisionale è stata applicata a diversi casi reali: riscaldamento
residenziale mediante pellets di legno e produzione di energia elettrica da
biomasse negli USA, riscaldamento mediante pellets e teleriscaldamento in
Svezia, teleriscaldamento in Austria.
Utilizzando concetti mutuati dalla teoria economica, gli autori hanno costruito
una interessante tabella (tabella 3.3) in cui vengono elencati i principali ostacoli
e incentivi allo sviluppo del mercato delle bioenergia, basati sulla struttura
produttiva ed economica. Ciascun fattore descrive un aspetto che influenza la
produttività, i costi di produzione o di transazione all’interno del mercato:
l’analisi di tale struttura può fornire un aiuto nella valutazione della effettiva
competitività della bioenergia rispetto ad altre forme di produzione energica.

Fattore Descrizione
Integrazione con altre attività L’attività bioenergetica coopera con altre attività (ad
economiche esempio industrie forestali); si ottengono effetti sinergici.
L’integrazione può essere orizzontale o verticale, formale o
informale;
L’integrazione può riguardare le materie prime, le
infrastrutture, gli equipaggiamenti, la conoscenza o altri
fattori produttivi.
Effetti di scala sul mercato della L’incremento della produzione riduce i costi unitari;
bioenergia Esternalità positive vengono acquisite;
Vengono introdotti standard in modo da ridurre i costi di
transazione;
Ingresso nel mercato di specialisti del settore (es. brokers,
consulenti) che possono migliorare le prestazioni del
settore;
Creazione di circoli positivi: la ricerca e lo sviluppo di
nuove tecniche migliorano il mercato, il quale alimenta
nuova ricerca, ecc.
Concorrenza interna nel mercato La competizione nella fornitura degli equipaggiamenti e nel
bioenergetico mercato dei biocombustibili incrementa l’innovazione e la

33
Energia da fonti rinnovabili: le biomasse

produttività;
La competizione necessita di un numero sufficiente di
attori.
Concorrenza con altre attività Il mercato della bioenergia cresce in funzione della sua
commerciali competitività con altri settori in relazione alle materie
prime, alle tecnologie e al mercato dei consumatori;
La concorrenza può avvenire mediante il prezzo dei
prodotti, la qualità ed il servizio o mediante ‘barriere
all’ingresso’.
Politica nazionale La politica può favorire o penalizzare la bioenergia rispetto
ad altre forme di energia;
La politica può fornire incentivi, fondi per la ricerca, tasse,
regole per il mercato e informazione;
Le organizzazioni commerciali potrebbero cercare di creare
lobbies nel tentativo di perseguire il loro interesse.
Politica e opinioni locali Il supporto dei politici e dell’opinione pubblica locale può
favorire l’incremento del mercato delle bioenergie;
Tale supporto dipende dalla conoscenza e dall’interesse
generale al mercato della bioenergia.

Tab. 3.3. Fattori chiave per lo sviluppo del mercato bioenergetico

Con integrazione si intendono sia formali compravendite e/o acquisizioni di


differenti imprese, sia meno formali, ma stabili relazioni economiche e
commerciali tra imprese concorrenti o cooperanti. La più intuitiva integrazione
tra attività è lo sfruttamento di sottoprodotti di determinate attività economiche
(es. produzioni agroindustriali o forestali) come combustibile per la produzione
di bioenergia. L’utilizzo di mezzi o strutture già esistenti (come ad esempio
macchinari per la raccolta forestale e strade) è un altro esempio di integrazione.
L’integrazione può essere utilizzata sia come mezzo per ridurre i costi di
produzione, sia per ridurre i costi di transazione ed i rischi.
L’industria bioenergetica può inoltre ottenere vantaggio dall’effetto di scala. La
crescita di un mercato della bioenergia può favorire la nascita di figure
specialistiche quali brokers, consulenti, ecc. che possono portare ad un
ulteriore miglioramento del mercato stesso. L’aumento della taglia e la
produzione in serie di macchinari ed equipaggiamenti e l’incremento del flusso
di materia prima riducono i costi di produzione. L’incremento del mercato porta
inoltre ad un aumento degli incentivi e dei soldi spesi per la ricerca e lo
sviluppo (R&D). Quindi un mercato crescente della bioenergia conduce ad una
riduzione dei costi a differenti livelli e ad un circolo virtuoso per quanto
riguarda lo sviluppo della tecnologia. Il valore di un bene riceve inoltre un
ulteriore incentivo grazie alla rete di esternalità positive che si vengono a creare
quando il mercato cresce.

34
Energia da fonti rinnovabili: le biomasse

Per una nascente tecnologia bioenergetica, la competizione interna al mercato


della bioenergia è essenziale per lo sviluppo tecnologico. I criteri fondamentali
per un mercato competitivo sono l’esistenza di un elevato numero di venditori e
compratori e minime restrizioni per l’ingresso nel mercato stesso. Tuttavia,
quando una impresa bioenergetica si affaccia nel mercato dell’energia, è
necessaria la collaborazione con altre imprese operanti nel medesimo settore,
in modo da far fronte alla concorrenza delle grandi imprese energetiche.
Per quanto riguarda i fattori politici, non è sempre facile stabilire se la politica
energetica di una nazione favorisca o inibisca lo sviluppo della bioenergia.
Spesso l’intero pacchetto di misure politiche (sussidi, tasse, stanziamenti per
R&D, regolamenti, ecc.) includono sia incentivi, sia ostacoli
contemporaneamente. È tuttavia chiaro che molti mercati bioenergetici nei
paesi industrializzati dipendono ancora dal supporto governativo: fattori chiave
sono quindi la stabilità nel lungo periodo della politica favorevole alla
bioenergia e l’influenzabilità della politica da parte dei promotori della
bioenergia.
Fondamentale per lo sviluppo della bioenergia è infine il supporto delle
istituzioni pubbliche locali e dell’opinione pubblica: un’attitudine favorevole da
parte delle istituzioni può rendere più veloce l’iter autorizzativi dei progetti, può
aiutare dal punto di vista dell’informazione e delle relazioni pubbliche, mentre i
privati influenzano ovviamente la domanda di bioenergia e di nuove
installazioni.

Due memorie dell’Agenzia Internazionale per la Bioenergia (IEA Bioenergy)


preparate dalla sezione incaricata dello studio degli aspetti socio-economici dei
sistemi bioenergetici (Task 29) riportano una revisione piuttosto accurata dei
modelli attualmente disponibili per la pianificazione dei sistemi bioenergetici
(Hector, 2000, Madlener and Myles, 2000).

Hector, 2000 suddivide i modelli bioenergetici in tre tipologie fondamentali:


• Energy provision models (cost minimizing models);
• Market orientation models (profit maximising models);
• Joint planning and implementation models (participatory models).

Provision models. Tali modelli vengono tipicamente utilizzati nei casi in cui il
compito dei pianificatori è quello di fornire energia in una determinata area
geografica o ad una comunità. La pianificazione viene solitamente effettuata o
da un’amministrazione pubblica o da un’equipe di imprese che operano sotto il
controllo dell’amministrazione pubblica. In questo caso, le regole per la
fornitura di energia, le connessioni, le tariffe, ecc. sono rigidamente fissate, e il

35
Energia da fonti rinnovabili: le biomasse

criterio conduttore è la massimizzazione della produttività e/o la minimizazione


dei costi. Il pregio di questi modelli è la capacità di risolvere problemi tecnici,
mentre il difetto principale è la difficoltà ad integrare altre attività o gli aspetti
sociali.

Market models. I modelli appartenenti a questa categoria mirano alla


massimizzazione dei risultati commerciali (rimanendo generalmente all’interno
di un “contratto” stipulato tra amministrazione pubblica e privati) e
considerano quindi gli effetti della domanda/offerta sulle tariffe e le reazioni dei
consumatori. Tali modelli possono comprendere anche fattori quali incentivi,
regole per l’accesso al mercato dell’energia, ecc. Per il mercato della bioenergia
questi modelli risultano particolarmente interessanti poiché spesso lo sviluppo
dell’utilizzo energetico delle biomasse è favorito dalle amministrazioni mediante
‘certificati verdi’, sussidi, ecc. Il difetto principale di tali modelli è che nella
maggior parte dei casi risultano un’estensione dei modelli precededenti, per cui
le funzioni tecno-economiche risultano ‘dominanti’. Separando la gestione del
sistema produttivo e del sistema ‘commerciale’ i modelli di mercato possono
risultare più efficienti.

Joint models. Questo tipo di modelli, includendo – per quanto possibile – tutti
gli attori coinvolti nel sistema bioenergetico nelle fasi di pianificazione e di
implementazione, dovrebbero condurre ad un incremento del supporto e della
partecipazione dell’opinione pubblica, ad una migliore focalizzazione del
progetto sulle condizioni locali, ad un incremento dei benefici sociali del
progetto e ad una maggiore utilizzazione delle risorse locali. Tali modelli, che
possono essere definiti ‘modelli partecipativi’, tengono conto del fatto che un
determinato tipo di energia (ad esempio l’energia rinnovabile) può risultare più
accettabile di altri, ed inoltre considerano fattori quali l’aumento di posti di
lavoro locali e aspetti socio-politici quali la trasparenza e il diretto controllo del
progetto.

I modelli descritti in letteratura, essendo stati sviluppati nella maggior parte dei
casi per il supporto alle decisioni nella pianificazione energetica da parte di
pubbliche amministrazioni, ricadono nella categoria dei modelli tecnico-
economici (provision models). I dati in ingresso e i risultati forniti dai modelli
sono di tipo quantitativo.

ABM
Il modello ABM (Austrian Biomass Model) è un modello economico generale che
confronta differenti opzioni per incrementare lo sfruttamento delle biomasse

36
Energia da fonti rinnovabili: le biomasse

per la produzione di energia, focalizzando l’attenzione sulle implicazioni


macroeconomiche ed ambientali. Il modello considera tre possibili mercati
energetici: la produzione di elettricità, di calore o di combustibili liquidi.
Utilizzando l’analisi dell’equilibrio economico generale (CGE), è possibile
quantificare gli impatti dello sfruttamento energetico della biomassa su:
mercato del lavoro; struttura del commercio estero; budget pubblico;
produzione lorda settoriale e globale; emissioni di anidride carbonica.
Il modello ABM è un modello economico basato sull’analisi I/O, ma tiene anche
in considerazione coefficienti in ingresso flessibili (variabili al variare del
prezzo). Nella formulazione della struttura di equilibrio generale, i modellisti
hanno tenuto conto del fatto che le tecnologie di sfruttamento della biomassa
risultano competitive con le tecnologie per l’utilizzo di fonti fossili solamente nel
contesto di un programma di agevolazioni pubbliche (siano esse incentivi o
sussidi oppure incrementi dei prezzi delle tecnologie non rinnovabili). Il modello
è quindi in grado di distinguere tra tecnologie che comportano incrementi sia
del mercato del lavoro che del PIL, tecnologie che causano incrementi del
lavoro, ma un decremento del PIL e tecnologie che provocano una diminuzione
di entrambi i fattori. Le migliori tecnologie verranno applicate sino a quando la
domanda di energia potrà essere soddisfatta al costo di produzione.
Lo studio è stato realizzato in tre fasi successive. Dapprima il potenziale di
biomassa della nazione ed il relativo costo è stato determinato. Nella seconda
fase 30 differenti sistemi bioenergetici sono stati identificati e confrontati con le
tecnologie basate sui combustibili fossili. Infine è stato costruito il modello
generale per l’economia nazionale austriaca e sono stati studiati gli impatti
sociali, economici ed ambientali.

BEAM
L’Agenzia Internazionale dell’Energia (IEA) iniziò il progetto BEAM (BioEnergy
Assessment Model) nel 1992. Il proposito era quello di costruire un modello per
confrontare diversi tipi di processi produttivi di biomassa e sistemi di
conversione. Il modello sviluppato si concentrava principalmente sulla
fattibilità tecnico-economica dei sistemi, trascurando gli impatti sull’economia e
sull’ambiente.
Il modello è stato sviluppato in due fasi.
La prima versione (BEAM1) era un modello a fogli di lavoro per la valutazione
tecnico-economica della produzione di energia o biocombustibili da biomassa. Il
modello era costruito sulla base di diversi moduli (sviluppati come modelli
indipendenti da diversi istituti di ricerca; la lista completa dei modelli si può
trovare in Mitchell et al., 1995, Mitchell, 2000) utilizzati separatamente per
generare sia la disponibilità ed i costi di produzione di biomassa attraverso

37
Energia da fonti rinnovabili: le biomasse

diversi tipi di raccolta o produzione, sia per la simulazione dei sistemi di


trasformazione. I dati di ingresso, di uscita e le variabili generate da ciascun
modulo erano gestite da un programma a fogli di lavoro (tipo Excel). Il modello
BEAM1 risultò molto utile nell’analisi tecno-economica di sistemi energetici, ma
mostrò una limitata scelta dei sistemi di produzione della biomassa e dei
sistemi di conversione, come pure un esiguo numero di variabili che potevano
essere alterate.
Nella stesura definitiva del modello (BEAM3) è stata ampliata la gamma di
scelte possibili aumentando il numero di moduli coinvolti nel sistema. In
definitiva il BEAM3 rimane un insieme di moduli Excel collegati tra loro ed è
composto da tre parti principali che consentono di modellare l’intero processo
di produzione di energia o combustibili da biomasse:
• Un modulo produzione del combustibile, che calcola i costi e le
prestazioni dei sistemi di produzione e di trasporto della biomassa agli
impianti;
• Un modulo pretrattamenti, che copre le fasi di ricezione,
immagazzinamento, movimentazione e preparazione della biomassa;
• Un modulo conversione che modella i processi di conversione ed il
successivo trasporto dell’energia.
Il BEAM3 consente all’utente di scegliere tra un ampio spettro di processi di
produzione e conversione di biomasse in energia o etanolo (figura 3.4). Il
modello confronta i diversi risultati tecnici ed economici (tra cui i costi unitari
di produzione, le prestazioni tecniche, la produzione di energia, i profitti, ecc.)
per identificare il sistema ottimale per lo sviluppo della bioenergia.
Nella figura seguente vengono schematizzate le opzioni che il modello BEAM3
consente di valutare in ciascun modulo:

Processo di conversione:
Pretrattamenti: - Saccarificazione/fermenta-
Produzione del - Trasporto zione
combustibile: - Immagazzinamento Prodotti:
- Combustione/ciclo vapore
- Silvicoltura tradizionale - Controllo delle - Etanolo
- Gassificazione/motore a
- Colture arboree a breve dimensioni - Elettricità
combustibile duale
rotazione - Essiccamento - IGCC
- Pirolisi fast/motore diesel

Fig. 3.4. Bioenergy Assessment Model (BEAM3). Mitchell, 2000

Il modello BEAM3 è un modello tecnoeconomico (Provision model) in grado di


fornire profitti e costi di un’ampia gamma di sistemi energetici, ma non di
predire gli impatti sull’economia e/o sull’ambiente locale.

38
Energia da fonti rinnovabili: le biomasse

BIOCOST
Il modello BIOCOST è in grado di modellare e di fornire i costi di produzione di
differenti coltivazioni per la produzione di biomasse combustibili (energy crops)
e permette un confronto economico con diverse coltivazioni alternative. Il
modello è stato sviluppato dal Oak Ridge National Laboratory (Tennessee, USA)
nell’ambito del Programma per lo sviluppo di biocombustibili del Dipartimento
dell’Energia Americano.

BIOSEM
Il progetto BIOSEM (Biomass Socio-Economic Multiplier) è stato sviluppato a
partire dal 1997 nell’ambito del Programma FAIR della Comunità Europea.
L’obiettivo era quello di costruire un modello economico quantitativo che
permettesse di dedurre i guadagni e l’incremento di posti di lavoro legati allo
sviluppo di progetti bioenergetici in zone rurali.
Un’ampia gamma di biomasse combustibili e di processi di conversione
vengono modellati, così come i mercati ricettori per il calore e/o l’elettricità. La
modellazione avviene in due fasi distinte:
FASE1. La valutazione finanziaria è basata sull’analisi del flusso di cassa degli
impianti lungo un arco di tempo di vent’anni. Per tale periodo vengono valutati
gli investimenti e i profitti marginali sia per la fase di produzione del
combustibile, sia per la fase di conversione (valore attuale netto, tasso interno
di ritorno, periodo di ritorno). Il modello è così in grado di stabilire la fattibilità
commerciale degli impianti.
FASE 2. L’analisi socio-economica è basata sulla tecnica del Keynesian income
multiplier, grazie a cui il modello è in grado: (1) di stabilire l’influenza diretta e
indiretta sul mercato del lavoro e sull’economia della regione sia dell’attività di
produzione che dei processi di conversione, (2) di valutare gli effetti della
sostituzione delle attività agricole sul mercato, (3) di considerare gli effetti
causati dall’aumento degli investimenti nel settore agricolo e di roduzione della
bioenergia.
Il modello è stato costruito mediante una struttura a fogli di lavoro, in modo da
assicurare una relativa facilità di utilizzo e la trasparenza delle operazioni di
calcolo. In conclusione, la tecnica BIOSEM consente di calcolare gli effetti
diretti e indiretti sull’economia e sul mercato del lavoro di una regione indotti
dalla creazione di un sistema di produzione di biocombustibili ed energia. Il
modello può essere utile sia per progettisti, sia per pubblici amministratori e
risulta particolarmente indicato per lo studio dell’impatto di produzioni
bioenergetiche in zone rurali.

39
Energia da fonti rinnovabili: le biomasse

EXTERNE
Le esternalità dell’energia sono i costi imposti alla società e all’ambiente che
solitamente non vengono considerati dai produttori e dai consumatori. In altre
parole sono tutti quei costi che non si riflettono nel prezzo di mercato
dell’energia (Swezey et al., 1995).
Il progetto ExternE (Externalities of Energy) è stato il primo tentativo organico
di valutare i costi esterni associati ad un ampio range di cicli energetici. Il
progetto è stato varato dalla Commissione Europea in collaborazione con il
Dipartimento dell’Energia americano nel 1991 (CEC, 1995; Eyre, 1997).
Lo sviluppo del programma (tuttora in fase di svolgimento) prevede diverse fasi:
1) Lo sviluppo di una metodologia per la valutazione delle esternalità
associate a diversi cicli energetici (con tale termine si intende tradurre la
notazione inglese fuel cicle, cioè l’intera catena di processi legati alla
produzione di energia a partire da un determinato combustibile);
2) L’applicazione della metodologia a diversi cicli energetici in modo da
costruire strutture di calcolo proprie per ciascun ciclo produttivo;
3) L’applicazione di tali strutture di calcolo a diversi sistemi produttivi
nell’ambito dell’Unione Europea;
4) Lo sviluppo di un metodo per l’aggregazione dei risultati ottenuti nella
fase precedente in modo da disporre di un’utile supporto per le scelte
politiche e di sviluppo energetico.
Ad oggi un ampio spettro di tecnologie è stato analizzato, includendo più di 60
siti in 15 paesi ed 11 cicli energetici tra cui combustibili fossili, nucleari e fonti
rinnovabili (Schleisner, 2000).
L’applicazione del modello inizia con l’identificazione delle fasi del ciclo
energetico analizzato (ad esempio: costruzione dell’impianto, raccolta del
biocombustibile, trasporto, produzione dell’energia, smaltimento dei rifiuti
prodotti, distribuzione dell’energia, ecc.). Una dettagliata analisi degli impatti è
redatta per ciascuna fase; vengono definite le aree prioritarie per la valutazione
in base a precedenti studi o al giudizio di esperti. La valutazione degli impatti
viene a questo punto avviata utilizzando l’approccio della ‘funzione danno’
(anche in questo caso è stato tradotto letteralmente il termine damage function
approach, altresì conosciuto come impact pathway approach o bottom-up
methodology), cioè seguendo le emissioni o i possibili impatti dalla fonte sino ai
diversi ricettori attraverso modelli di diffusione. Tale analisi viene effettuata
mediante il modello EcoSense (una descrizione sintetica si trova in Schleisner,
2000; la descrizione dettagliata di tutta la metodologia ExterE è riportata in
CEC, 1995). La fase finale è la valutazione monetaria di ciascuna esternalità.

40
Energia da fonti rinnovabili: le biomasse

La metodologia si basa quindi sulla dettagliata definizione del ciclo energetico e


del sistema in cui l’intero ciclo si sviluppa, sia dal punto di vista spaziale che
temporale. I dati necessari alla valutazione includono:
• Dati tecnologici e di emissione;
• Struttura normativa che regola le emissioni, la salute e la sicurezza
pubbliche, ecc.;
• Dettagli sui combustibili utilizzati;
• Condizioni meteoclimatiche che possono influenzare la dispersione di
inquinanti atmosferici;
• Dati demografici;
• Condizioni delle risorse naturali;
• Il sistema di valori della collettività che determinano la valutazione dei
beni non monetizzabili.

Schleisner, 2000 riporta il confronto tra il modello ExternE e l’analogo modello


per la valutazione delle esternalità di un ciclo energetico (EXMOD) sviluppato
dal Tellus Institute di Boston.

ELVIRE
Il modello ELVIRE (Evaluation of Local Value Impacts for Renewable Energy) è
stato messo a punto da FEDARENE (European Federation of Regional Energy
and Environment Agencies) nell’ambito del programma ALTENER della
Comunità Europea come mezzo per la valutazione di progetti che interessano
l’energia rinnovabile.
Il modello ELVIRE valuta le esternalità associate ad un progetto pesando tutti
gli impatti rispetto al costo iniziale. Il tentativo è quello di rispondere a
domande quali: Quali sono i benefici di un progetto concernente l’energia
rinnovabile dal momento che sinora il prezzo dell’energia è basso e che le fonti
tradizionali sono abbondanti? Qual è il suo contributo allo sviluppo sostenibile?
Quali sono i benefici ambientali associati al progetto?
ELVIRE è un vero e proprio modello socio-economico in grado di quantificare gli
effetti di un progetto di energia rinnovabile su: (1) lo sviluppo regionale, (2) il
lavoro, (3) il ritorno nella finanza pubblica, (4) lo sviluppo sostenibile e (5)
l’ambiente. Il metodo utilizzato da ELVIRE è basato sulla combinazione dei
principi di contabilità generale (ritorni sull’investimento) e l’analisi dei
moltiplicatori.
Cinque fasi successive costituiscono il processo di valutazione:
1) La fase iniziale comprende la raccolta dei dati finanziari, dei dati
microeconomici concernenti il bilancio di energia della regione, dei dati
relativi allo sviluppo del progetto.
41
Energia da fonti rinnovabili: le biomasse

2) Raccolta dei dati sociali, ambientali, di sviluppo industriale ed economico


della regione coinvolta nel progetto.
3) Vengono calcolati valori intermedi sulla base dei dati raccolti in
precedenza, in modo da permettere al modellista di verificare
l’attendibilità dei risultati e delle ipotesi adottate.
4) La quarta fase comprende la quantificazione degli indicatori relativi alle
esternalità elencate in precedenza (contributo allo sviluppo regionale,
creazione di posti di lavoro, contributo all’incremento della finanza
pubblica, protezione dell’ambiente).
5) La fase finale è l’esposizione dei risultati (quantificazione degli impatti,
potenziale replicabilità del progetto, ecc.).
Il modello può essere proficuamente applicato per valutare l’impatto di incentivi
o finanziamenti pubblici allo sviluppo di energia rinnovabile sull’economia e
l’ambiente di una determinata regione senza trascurare il bilancio della finanza
pubblica. ELVIRE è stato sinora applicato ad una molteplicità di progetti
concernenti l’utilizzo di energia rinnovabile.

INSPIRE
Il progetto INSPIRE (Integrated Spatial Potential Initiative for Renewables in
Europe), finanziato dal Programma Joule dell’Unione Europea, ha lo scopo di
costruire una metodologia integrata che unisca le potenzialità degli stumenti di
valutazione delle risorse di energia rinnovabile in una regione (sviluppati
tramite GIS) con quelle di diversi modelli economici per la valutazione di
progetti bioenergetici.
I moduli GIS vengono utilizzati per la costruzione dei dati locali sulle attività
agricole e sulla disponibilità di biomassa. I dati vengono ricavati da diverse
sorgenti:
• Osservazioni terrestri;
• Osservazioni satellitari (Remote Sensing Earth Observation) – i set di dati
prodotti, ad esempio, dal progetto CORINE (COoRdination of INformation
on the Environment, EC, 1985) risultano particolarmente utili poiché
associano dati di RS quali copertura del suolo a dati comuni quali
distribuzione delle strade, dei centri abitati, ecc.;
• Statistiche agricole.
I potenziali guadagni dalle potenziali attività legate all’utilizzo e alla conversione
delle biomasse vengono ricavate tramite uno dei seguenti modelli economici:
• RECAP. Modello integrato in grado di valutare i costi dalla fase di
produzione alla fase di conversione della biomassa, utilizzando come

42
Energia da fonti rinnovabili: le biomasse

combustibile il legno ricavato da colture arboree a breve rotazione unito


ai residui provenienti da selvicoltura tradizionale come fonte secondaria,
o viceversa. L’analisi di sensitività può essere condotta per identificare le
aree chiave su cui concentrare la ricerca futura e quantificare i rischi per
i produttori e per i proprietari degli impianti di conversione.
• BIOSIM. Modello di mercato in grado di valutare la disponibilità e di
convertire le risorse di legno e residui forestali in contenuto energetico. Il
modello costruisce e confronta mappe di risorse/costi per i diversi
mercati in modo da proporre un efficace sistema di utilizzo delle
biomasse.
• MODEST. Utilizza la programmazione lineare per minimizzare i costi di
investimento e di esercizio di un sistema di produzione di energia da
biomasse considerando le fasi di produzione e di conversione. Il modello
può essere utilizzato per pianificare gli investimenti, dimensionare nuove
installazioni e gestire i diversi componenti del sistema bioenergetico; i
costi esterni legati alle emissioni possono inoltre essere quantificati.
Quest’ultimo modello è stato sviluppato come modello a se stante ed è
stato applicato ad un gran numero di impianti di teleriscaldamento o di
produzione di energia in Svezia. Il modello può essere applicato a
qualsiasi sistema energetico descrivibile tramite relazioni lineari ed è
stato studiato per l’applicazione sia a livello locale che nazionale. Una
descrizione dettagliata di MODEST è riportata in Henning, 1997.

Collegando le risorse di biomassa con le valutazioni economiche operate dai


modelli finanziari, INSPIRE è in grado di suggerire se il profitto marginale netto
delle attività bioenergetiche è in grado di competere con le attività preesistenti è
può quindi guidare i proprietari dei terreni nella scelta della coltivazione di
biomasse energetiche o nell’utilizzo delle biomasse legnose. Le aree con
adeguate risorse vengono così identificate e scelte in base alla vicinanza dei
possibili consumatori (ad esempio centri abitati per la distribuzione del calore o
cabine o stazioni elettriche per la distribuzione dell’energia elettrica).

RECAP
Il modello RECAP (Renewable Energy Crop Analysis Programme) è stato
sviluppato dall’ETSU col patrocinio del Dipartimento del Commercio e
dell’Industria inglese. È stato disegnato per valutare la fattibilità economica di
progetti inerenti l’utilizzo di coltivazioni energetiche o altri tipi di biomasse.
RECAP è un modello versatile in grado di modellare tutti i costi sia dalla catena
di produzione che del processo i conversione delle biomasse in calore od
energia.

43
Energia da fonti rinnovabili: le biomasse

RECAP è basato sull’analisi del flusso di cassa ed è diviso in sei moduli: (1) il
modulo variabili chiave funziona come modulo introduttivo e registra le variabili
fondamentali del sistema; (2-3) i moduli macchinari e lavoro servono per
registrare i costi dei macchinari agricoli e del lavoro, nonché dei salari; (4) tutti
i processi che si susseguono sino a raggiungere l’impianto di conversione sono
raccolti nel modulo di produzione; (5) l’interfaccia calcola quindi le quantità di
biocombustibile disponibile per ciascuna parte dell’anno, prendendo in
considerazione le perdite, la variazione del contenuto di umidità, la capacità
dell’impianto, ecc.; (6) infine il modulo di conversione include tutti i dati
associati all’impianto di produzione dell’energia.
RECAP è in grado di calcolare la successione temporale dei flussi di cassa in
ingresso e in uscita per il produttore della biomassa e per il proprietario
dell’impianto di conversione. Il modello è inoltre in grado di fornire una stima
della bontà dell’investimento iniziale, calcolando sia il valore attuale netto (VAN)
che il tasso interno di ritorno (Internal Rate of Return – IIR).

SAFIRE
Il progetto SAFIRE è stato sviluppato da un gruppo di imprese e di istituti di
ricerca europei nell’ambito del Programma Joule II della Commissione Europea.
SAFIRE è un modello ingegneristico-economico con struttura di calcolo bottom-
up (si veda ExternE) costruito per la valutazione degli impatti di tecnologie
energetiche razionali (cioè rinnovabili oppure non rinnovabili di nuova
concezione) a livello locale, regionale o nazionale in una gamma di possibili
scenari e politiche energetiche.
SAFIRE può essere applicato per valutare l’impatto delle tecnologie energetiche
e delle politiche associate sui seguenti indicatori economici:
- Penetrazione del mercato;
- Creazione netta di lavoro;
- Emissioni inquinanti;
- Valore aggiunto;
- Dipendenza dall’importazione;
- Spesa di capitali;
- Costi esterni;
- Spesa pubblica.
Il sofware include un database per 22 tecnologie rinnovabili (dall’eolico, alle
biomasse, all’energia da moto ondoso, ecc.), 8 tecnologie energetiche non
rinnovabili di nuova concezione (dalle celle a combustibile alla gassificazione
con ciclo combinato) e altrettante opportunità per la cogenerazione. Il database
è diviso in due aree: l’anno base (costruito in base alle statistiche attuali) e lo
scenario futuro. Nel modulo di calcolo principale, la priorità è data agli impianti

44
Energia da fonti rinnovabili: le biomasse

decentralizzati di produzione di energia e calore e, in una seconda fase agli


impianti centralizzati (teleriscaldamento e produzione di energia).
Il modello è stato utilizzato per un gran numero di applicazioni, dalla
pianificazione locale alla valutazione dei mercati per grandi compagnie e
agenzie internazionali, all’analisi economica per le istituzioni pubbliche. Il
software è di dominio pubblico.

Il modello BEAM è stato ripreso da Krotscheck et al., 2000, ed ampliato


utilizzando il concetto di Sustainable Process Index (SPI), in modo da ottenere
un modello (SPI-BEAM) che mostrasse l’impatto ecologico di un sistema
bioenergetico.
Il processo SPI è una misura di eco-sostenibilità basata sulla conoscenza dei
flussi di materia ed energia scambiati tra l’antroposfera e l’ecosfera. Utilizzato
per il confronto tra sistemi bioenergetici, il concetto SPI mostra diversi
vantaggi, tra cui la valutazione complessiva e l’aggregazione di tutte le forme
più rilevanti di emissione, la possibilità di utilizzare dati e metodi ingegneristici
per la valutazione dei processi, un’elevata risoluzione che permette la scelta tra
alternative simili, ecc. Il processo SPI misura l’area necessaria per inserire un
processo nell’ambiente in modo sostenibile. Una dettagliata descrizione del
processo è riportata in Krotscheck, 1996.
Il modello SPI-BEAM esegue un’Analisi del Ciclo di Vita (LCA) del sistema
bioenergetico articolata in tre fasi successive:
1) sulla base dei dati forniti dal modello BEAM, viene costruito un
inventario (inventory) dei principali dati di input e output riferiti all’unità
di energia elettrica prodotta;
2) vengono introdotte nel modello le esternalità associate all’intero ciclo
produttivo (flussi di materiali ausiliari, emissioni di inquinanti, ecc.)
riferite anch’esse all’unità di produzione;
3) valutazione dell’impatto. L’inventario di cui ai punti precedenti viene
valutato in base alle impronte relative al concetto SPI (la trasformazione
dei valori di input/output in aree) ed aggregato in un’unica
impronta/area.
Il modello è stato applicato a diverse tecnologie per la produzione di bioenergia:
pirolisi fast, gassificazione a pressione atmosferica, ciclo integrato di
gassificazione e produzione di energia, combustione con ciclo vapore,
combustione per il teleriscaldamento. Il processo di pirolisi ha mostrato la
maggiore impronta ecologica (quasi 80 m2a/kWh), mentre i processi integrati di
gassificazione e la combustione con ciclo vapore sono risultati maggiormente
eco-sostenibili (attorno a 50 m2a/kWh). Per un impianto di teleriscaldamento,
l’impronta scende al di sotto di 20 m2a/kWh.

45
Energia da fonti rinnovabili: le biomasse

Nagel, 2000 (a, b), ha proposto una metodologia (applicata a diverse realtà della
regione di Brandeburgo, in Germania) per la costruzione e la valutazione di una
struttura energetica basata sulla biomassa. Il modello sviluppato è basato
sull’ottimizzazione lineare a variabili miste, in cui vengono utilizzate variabili
intere 0-1 per dare la possibilità al modello di decidere se costruire o no gli
impianti di produzione di calore e/o energia. Diverse possibilità vengono
considerate nella valutazione: uno o più comuni decidono di sopperire alle
proprie esigenze termiche tramite autoproduzione di bioenergia; un investitore
privato vuole produce energia per le proprie necessità (in questo caso una parte
dell’energia prodotta può essere venduta ai consumatori del circondario); una
compagnia commerciale decide di generare energia per motivi di profitto.
Il modello è formato da diverse parti collegate. Un primo modulo è costituito
dalla struttura del sistema di distribuzione con i dati relativi ai consumatori,
alle loro esigenze energetiche, alla distribuzione stagionale e alla distribuzione
spaziale. Una struttura a rete è stata sviluppata per modellare le connessioni
tra i singoli utenti e i punti di generazione dell’energia. Un secondo modulo
raccoglie tutti i dati relativi agli impianti di conversione dei biocombustibili.
Ciascuna tecnologia è descritta in base alla propria capacità, efficienza e costo,
assieme ai dati relativi alle principali emissioni. Il terzo modulo si riferisce ai
flussi in ingresso (es. combustibili) ed in uscita (es. smaltimento dei rifiuti
prodotti) dai confini del sistema ed ai relativi costi. Tali moduli vengono inseriti
in uno scenario che consenta di descrivere i fattori che possono influenzare la
scelta dei sistemi bioenergetici (ad esempio l’introduzione di tassazioni per la
CO2 prodotta, o sussidi per la bioenergia, ecc.).
Dall’applicazione del modello ad un comune agricolo della regione
brandenburghese (circa 660 abitanti), l’autrice trae le seguenti conclusioni:
• utilizzare biomassa per la produzione di energia è già economicamente
possibile per determinate categorie di utilizzatori senza cambiare l’attuale
prezzo della biomassa.
• La biomassa può essere utilizzata in impianti di teleriscaldamento di
taglia inferiore a 3 MW a patto che la rete di distribuzione sia già
esistente e che il prezzo della biomassa sia ridotto del 30% (oppure che il
prezzo dei combustibili fossili aumenti del 15%).
• Un sistema completo di fornitura energetica basato sulla biomassa
potrebbe essere economicamente fattibile se i prezzi della biomassa
subissero un decremento del 10% rispetto ai prezzi odierni.
Per quanto riguarda le emissioni di CO2, un sistema di produzione dell’energia
da biomasse potrebbe contribuire ad una riduzione superiore al 25% per
l’intera regione.

46
Energia da fonti rinnovabili: le biomasse

BRAVO
Il sistema BRAVO (Biomass Resource Assessment Version One) è stato
sviluppato per assistere l’Autorità della Tennessee Valley (USA) nella stima dei
costi per fornire combustibile legnoso a ciascuno dei 12 impianti della regione
(Noon and Daly, 1996). BRAVO è stato sviluppato su una piattaforma GIS in
modo da permettere un’accurata valutazione delle distanze e dei costi di
approvvigionamento per tre differenti tipi di biomassa:
- Mill residue generation;

- Residui legnosi dall’attività regionale di taglio;

- Short-rotation energy crops.

Escludendo la disponibilità di risorse e i dati relativi ai prezzi, il sistema


BRAVO richiede i seguenti dati di input per la valutazione: (1) una mappa
digitale della struttura stradale; (2) una mappa digitale dei confini statali e
provinciali; (3) la mappatura dei punti di produzione dell’energia. Con tali
informazioni, il sistema è in grado di calcolare i costi totali per la fornitura di
una determinata quantità di biomassa ad un impianto ed è inoltre di valutare
scenari differenti in relazione alla fornitura di biomassa.

Graham et al., 2000 hanno ampliato la potenzialità delle piattaforme GIS,


utilizzandole per la valutazione dei costi e delle implicazioni ambientali causate
dalla movimentazione di biomasse a livello statale. Il sistema proposto
considera la posizione geografica in cui le biomasse vengono coltivate, la
variabilità spaziale del rendimento di crescita e i costi di raccolta e trasporto
per la fornitura di combustibile ad un sistema energetico.
Il sistema comprende cinque piattaforme base: (1) la prima comprende tutte le
terre coltivate potenzialmente disponibili per la produzione di biomasse
energetiche; (2) il secondo modulo componente definisce sia i prezzi delle
biomasse prodotte, sia le implicazioni ambientali della coltivazione di prodotti
agricoli convenzionali e di biomasse energetiche; (3) il terzo calcola le
potenzialità di ciascuna zona di produzione e i costi marginali di trasporto delle
coltivazioni energetiche in qualsiasi destinazione dello stato; (4) il quarto
modulo identifica, posiziona e classifica tutti i siti in cui la produzione di
coltivazioni energetiche potrebbe essere collocata in base al criterio di
minimizzazione dei costi di fornitura delle biomasse (nella scelta viene tenuto
conto sia della dimensione degli impianti di conversione e della possibile
competizione tra diversi siti produttivi); (5) L’ultimo componente quantifica i
cambiamenti del potenziale di erosione del suolo, la perdita di nutrienti, i
movimenti di pesticidi che possono essere associati a ciascun sito dedicato alla

47
Energia da fonti rinnovabili: le biomasse

produzione di biomasse energetiche. Il sistema è completato da due programmi


(SeamlessC e RIBA) creati appositamente per la fase di modellazione.
A causa della grande variabilità dei fattori che possono influenzare i costi
economici ed ambientali della coltivazione e del trasporto di biomasse
energetiche attraverso uno stato, l’utilizzo di uno strumento GIS è risultato
fondamentale per lo studio della fornitura di biomasse agli impianti di
produzione. Gli autori notano tuttavia come un modello GIS semplifichi la
realtà poiché i dati a disposizione sono limitati: occorre quindi che la
costruzione di un GIS sia accompagnata dalla dettagliata conoscenza della
realtà locale, in modo da rendere il più possibile ragionevoli le semplificazioni
assunte.

Sistemi GIS sono stati utilizzati nell’ambito della ricerca sulla disponibilità di
biomasse e sulle possibili applicazioni bioenergetiche condotta in Spagna dal
CIEMAT (Centro de Investigaciones Energeticas, Medioambientales y
Tecnologicas) di Madrid (Varela et al., 1999, 2001; Sanchez et al., 2002;
Esteban et al., 2002).
Varela et al. (2001) hanno studiato la possibilità di costruire uno schema di
produzione di elettricità da biomasse legnose (eucalipto, acacia e pioppo) e
coltivazioni a breve ciclo di rotazione per la distribuzione di energia a scala
nazionale. Il processo di selezione è stato condotto tramite GIS, ed i criteri
applicati per la scelta ed il posizionamento delle coltivazioni e degli impianti di
produzione dell’energia erano basati sulla minimizzazione dei costi economici e
degli impatti ambientali. Le tecnologie considerate per la generazione di energia
elettrica sono state la combustione in letto fluido (FBC) e la gassificazione
integrata in un ciclo combinato (IGCC). Lo studio ha rivelato come entrambe le
tecnologie siano utilizzabili (per la gassificazione, ancora in fase di sviluppo, si
parla di potenzialmente applicabile) per la produzione di circa 1 GW di energia
a prezzi competitivi, con una conseguente riduzione di emissioni di anidride
carbonica non trascurabile. Lo stesso gruppo (Varela et al., 1999) ha condotto
un interessante studio sulla possibilità di convertire un impianto per la
produzione di energia nucleare non terminato in un impianto a biomasse,
analizzando il potenziale di produzione di biomassa della regione in termini di
rendimenti, costi di produzione e trasporto, implicazioni socio-economiche
(incremento dei posti di lavoro, effetti sul prodotto lordo della regione, ecc.) ed
ambientali (salute pubblica, erosione del suolo, utilizzo di fertilizzanti, ecc.).
Anche in questo caso è stato utilizzato il metodo di valutazione bottom-up
sviluppato per il modello ExternE unito ad un’analisi SWOT (Strenght,
Weaknesses, Opportunities and Threats).

48
Energia da fonti rinnovabili: le biomasse

Un ultimo approccio che vale la pena analizzare è lo sviluppo di sistemi di


supporto alle decisioni per la valutazione di progetti bioenergetici costruiti
integrando una piattaforma GIS con un modello di ottimizzazione lineare
multicriterio (MOLP) (Varela et al., 2001; Rozakis et al., 2001a, b; Mavrotas and
Rozakis, 2001).
BI-ELD
In particolare, Rozakis et al., 2001a, utilizzano tale metodologia per la
valutazione di progetti di produzione di energia elettrica da biomasse in Grecia.
Il metodo proposto è uno strumento interattivo di analisi multicriterio basato
sul reference point method (Integrated BIoELectricity Decision making tool – BI-
ELD).
L’utilizzo dell’analisi multicriterio in ambito bioenergetico è giustificata dal gran
numero di soggetti che il decisore deve considerare per effettuare un’analisi
completa del sistema:
- i coltivatori che possono (o meno) decidere di sostituire le coltivazioni
attuali con coltivazioni energetiche;
- cooperative ed imprenditori che possono investire capitali in macchine
per la raccolta e altre operazioni agricole, o per il trasporto e lo stoccaggio
delle biomasse;
- gli imprenditori che possono investire per la costruzione degli impianti di
conversione e della rete di distribuzione dell’energia;
- le autorità governative e regionali che possono finanziare o incentivare
l’attività bioenergetica;
- i politici e i gruppi ambientalisti locali che possono essere favorevoli o
meno a tali progetti.
Ciascuno di questi agenti possiede un numero di interessi che possono
risultare in conflitto tra loro. Non c’è alternativa: non si possono accomodare
tutti i desideri contemporaneamente. Uno strumento di analisi multicriterio
permette operare compromessi tra i diversi interessi e mostrare i risultati delle
diverse scelte.
Il modello proposto si basa su sette moduli:
• Il modulo 1 fornisce un’analisi accurata dei costi delle coltivazioni
tradizionali e delle biomasse energetiche sulla base del VAN. Può essere
utilizzato per la determinazione dei costi totali di produzione dei diversi
tipi di colture e per un confronto economico tra le alternative.
• Il modulo 2 determina i costi di raccolta, stoccaggio e trasporto delle
biomasse sia erbacee che legnose.
• Il modulo 3 è utilizzato per determinare le curve di fornitura delle
biomasse. Il modulo ipotizza che l’utilizzo del suolo venga deciso dagli
agricoltori sulla base delle esigenze di mercato.

49
Energia da fonti rinnovabili: le biomasse

• Il modulo 4 valuta le diverse tecnologie per la generazione di elettricità da


biomasse. Quattro tecnologie di combustione vengono prese in
considerazione: a letto fisso, a letto fluido con turbina vapore, a letto
fluido con turbina gas, cogenerazione di calore e d elettricità. Tutti i costi
vengono quantificati in base alle locali condizioni di mercato.
• Il modulo 5 calcola i costi di distribuzione dell’energia elettrica e termica
includendo tutti i componenti della rete dal produttore ai consumatori.
• Il modulo 6 è il cosiddetto modulo ambientale. L’attenzione è focalizzata
sulle emissioni di gas serra (GHG); il modulo è diviso in due componenti:
(1) cambiamenti d’uso del territorio (con conseguente variazione dei
depositi di carbone) e (2) sistema energetico (analisi del ciclo di vita
dell’intero processo produttivo).
• Il modulo 7 viene utilizzato per esplorare le differenti scelte possibili per
la pianificazione bioenergetica. I criteri in base ai quali ottimizzare il
sistema devono essere stabiliti (ad esempio la minimizzazione dei costi
dell’energia e degli eventuali sussidi, oppure l’incremento dei ricavi per il
settore agricolo, o ancora la riduzione delle emissioni di GHG), dopodiché
il sistema è in grado di guidare attraverso l’attribuzione dei pesi ai diversi
criteri alla risoluzione del problema.
La finestra di dialogo del sistema proposto è riportata nella figura seguente.

Fig. 3.5. Finestra di dialogo del modello BI-ELD (Rozakis, 2001a)

50
Energia da fonti rinnovabili: le biomasse

MARKAL
Dal 1976, diciassette nazioni guidate dall’Agenzia Internazionale dell’Energia
(IEA) sono state coinvolte in un progetto internazionale di analisi dei sistemi
energetici. La ricerca è stata condotta sinergicamente dal Brookhaven National
Laboratory (BNL) e dal Kernforschungsanlage-Jülich (KFA) ed il risultato
principale è stato la creazione di un modello di programmazione lineare
multiperiodo, il MARKAL (MARket ALlocation).
In particolare il MARKAL è stato disegnato come metodo di supporto per la
comprensione di diversi aspetti e dei possibili sviluppi futuri di un sistema
energetico nazionale, tra cui:
• la relativa utilità delle tecnologie esistenti e delle nuove tecnologie
energetiche nella soddisfazione della richiesta futura di energia;
• l’evoluzione temporale dell’introduzione di nuove tecnologie e risorse e
l’evoluzione temporale del declino dell’utilizzo delle risorse esistenti e
delle importazioni;
• la sensitività del sistema energetico futuro alle diverse scelte e obiettivi di
politica energetica, ed in particolare l’evoluzione dei contributi delle
diverse sorgenti di energia;
• i cambiamenti a lungo termine indotti dal miglioramento dell’efficienza
del sistema energetico.
Il modello MARKAL è un modello strettamente energetico. Il collegamento con
l’economia nazionale avviene solamente attraverso fattori esogeni quali la
domanda di energia utile, e non attraverso tecniche di connessione diretta quali
le analisi input/output (I/O). Non tenendo conto di fattori economici, dettagli
regionali o ancora andamenti o fattori di mercato, il MARKAL non risulta adatto
per compiti quali la pianificazione elettrica di dettaglio (Fishbone and Abilock,
1981).
Per una descrizione dettagliata del modello MARKAL si rimanda all’articolo
scritto da Fishbone and Abilock, 1981 o al manuale MARKAL User’s Guide
(Abilock and Fishbone, 1979). Un’interessante applicazione del modello è stata
sviluppata da un gruppo di nazioni industrializzate per quantificare e stabilire
le misure necessarie alla riduzione delle emissioni di CO2 in un orizzonte
temporale di 40-50 anni, ed i risultati sono stati presentati nell’articolo
pubblicato da Kram and Hill, 1996.

Il modello MARKAL-MATTER 1.0 (1998) è stato sviluppato e applicato a livello


europeo per lo sviluppo di strategie nell’utilizzo di materiali ed energia per la
riduzione delle emissioni di gas serra nell’Europa Occidentale. Il modello è stato
sviluppato nel contesto degli programmi MATTER e BRED. MATTER (MATerials
TEchnologies for greenhouse gas emission Reduction) è stato finanziato dal

51
Energia da fonti rinnovabili: le biomasse

Programma di Ricerca Olandese sull’inquinamento globale dell’aria e il


cambiamento del clima (NOP-MLK); BRED (Biomass strategies for greehouse
gas emissions REDuction) è stato condotto nell’ambito del programma di
ricerca sull’ambiente e il clima dell’Unione Europea (Gielen et al. 1998a, b).

3.4 Un approccio ‘multicriterio’

In ciascuno dei lavori analizzati in questo capitolo, lo scopo era quello di fornire
modelli di supporto per lo sfruttamento delle biomasse forestali, agricole o
agro-industriali a fini energetici in modo da soddisfare parte del fabbisogno
energetico di una determinata area, regione o stato, ottenendo
contemporaneamente sia benefici ambientali sia sociali, quali l’aumento del
controllo del territorio, la riduzione delle emissioni di CO2 e lo sviluppo
dell’occupazione e delle infrastrutture presenti.

La gamma delle problematiche e delle possibilità offerte dalla tecnica attuale,


nonché la tipologia e l’estensione delle comunità da servire, o ancora il tipo di
biomassa che i progettisti avevano a disposizione per la costruzione dei modelli
era amplissima, ma i quesiti che gli autori si sono posti al momento di
pianificare la produzione di energia da biomasse sono risultati simili tra loro:
• Quanta biomassa è disponibile sul territorio?
• Dove è possibile reperirla?
• Quali sono le locazioni più convenienti dal punto di vista della logistica
dell’approvvigionamento?
• Quanti e quali impianti è conveniente installare? Dove?
• Quale/i forma/e di energia ogni impianto deve produrre?
• Quale aspetto privilegiare per la pianificazione?

Il ‘sistema biomassa’ risulta essere di notevole complessità visti i numerosi


aspetti che lo caratterizzano. Infatti, il potenziale reale del contributo della
biomassa alla produzione di energia può essere individuato solamente
analizzando congiuntamente aspetti tecnici, economici, istituzionali, sociali, ed
ambientali. A questi si aggiunge il rilevante e ovvio aspetto legato alla
conoscenza del territorio e alla necessità di reperire dati sulle caratteristiche
morfologiche, vegetazionali, antropologiche e sociali.

Un metodo interessante per visualizzare l’ampiezza del processo di decisione


cui viene chiamato il tecnico o il pubblico amministratore nella costruzione di
un sistema bioenergetico, è quello di rappresentare tutti i fattori coinvolti nella
progettazione secondo la metodologia Analitic Hierarchy Process (AHP) (Saaty,

52
Energia da fonti rinnovabili: le biomasse

1980). Tale metodologia si serve di una rappresentazione grafica gerarchica


suddivisa in Obiettivo, Criteri di scelta e Alternative: la soluzione ottima viene
determinata con il metodo della comparazione a coppie e con l’assegnazione dei
pesi e delle priorità ai singoli fattori del sistema.
La metodologia AHP non verrà utilizzata nel corso del presente studio, ma si è
ugualmente costruita la matrice decisionale (riportata in figura 3.6) per
rappresentare visivamente il numero di variabili coinvolte nel processo
decisionale.

53
Energia da fonti rinnovabili: le biomasse

Fig. 3.6. Variabili coinvolte nel processo di pianificazione Massimizzazione dei


della bioenergia benefici regionali

Fattibilità tecnico- Obiettivi a lungo Benefici netti sociali Minimizzazione dei Fattori ambientali
economica termine di politica rischi
energetica della
regione Massimizzazione Emissione polveri
Disponibilità di della superficie Emissioni di
biomassa boschiva vapori e/o gas
(superficie utilizzata combustibili Rumori
boschiva o Trend tecnologici
agricola, attività di settore
forestali, ecc.) Massimizzazione Emissioni di Odori
dell’occupazione polveri comb.

Collaborazioni Acque di rifiuto e


Tipologia di con altre regioni Sinergie con altre Rischio incendi prodotti
biomassa attività regionali condensabili
utilizzabile
(caratteristiche Esistenza di Emissioni di CO
fisico-chimiche) industrie locali Fruibilità del e/o altri composti
e/o esperienze territorio tossici Ceneri volatili e
commerciali nel char
Necessità settore
Minimo impatto
energetiche con altre attività Affidabilità Emissioni GHG
esistenti Technical
Estendibilità al uncertainties
Disponibilità di resto della Emissioni SOx,
siti per gli regione NOx
Leisure
impianti

Altre attività
correlate al Erosione
Vincoli normativi Percentuale di patrimonio
sostituzione boschivo
dell’energia (raccolta, ecc.) Inquinamento
fossile con del suolo
Prezzo energia
bioenergia
termica ed Coltivazione
elettrica

Combustione Gassificazione Pirolisi


54
Energia da fonti rinnovabili: le biomasse

4. Obiettivi della ricerca

L’obiettivo generale del presente lavoro è stato la definizione di un


sistema di supporto alle decisioni (DSS) in grado di costruire e valutare
soluzioni praticabili per la gestione e lo sfruttamento energetico delle
biomasse presenti in un determinato territorio al fine di ottenere uno
strumento di pianificazione della produzione energetica, ma soprattutto
di monitoraggio sia del corretto utilizzo della risorsa forestale, sia della
minimizzazione degli impatti ambientali, ed in particolare della riduzione
delle emissioni di anidride carbonica.

In particolare, nella costruzione del DSS si è tenuto conto di tre criteri guida
fondamentali:
1) Monitoraggio del territorio. Il DSS doveva consentire una capillare
penetrazione nel territorio in modo da massimizzare i benefici legati ad
un corretto utilizzo della risorsa di biomassa (ed in particolare della
risorsa boschiva): protezione dagli incendi, riduzione del rischio
idrogeologico, ecc.
2) Minimizzazione degli impatti ambientali (ed in particolare
dell’emissione di anidride carbonica) del sistema locale di produzione
dell’energia.
3) Minimizzazione dei costi di produzione dell’energia. Monitorando i
costi dell’intero sistema di gestione della biomassa, il DSS doveva essere
in grado di stabilire l’effettiva convenienza economica del processo e gli
eventuali contributi o incentivi necessari per l’avvio dell’attività.

Le biomasse oggetto di studio nel presente lavoro sono state:


• Prodotti vegetali derivanti da manutenzione periodica dei boschi;
• Legname da coltivazione arboree a ceduo;
• Scarti derivanti dalle falegnamerie e dalle industrie di lavorazione del
legno;
• Biomasse agro-industriali (in particolare i reflui dell’industria olearia e la
sansa esausta).

55
Energia da fonti rinnovabili: le biomasse

5. Il Sistema di Supporto alle Decisioni (DSS)

5.1 Il contesto della ricerca

Il contesto in cui il presente lavoro si colloca è la pianificazione di dettaglio a


livello locale dell’utilizzazione delle risorse di biomassa.
In particolare si suppone che un’Amministrazione Pubblica (un’autorità
regionale, provinciale, un consorzio di comuni, ecc.) voglia valutare la
possibilità di sfruttamento delle biomasse forestali per la produzione di energia
utilizzando ad esempio impianti a combustione diretta in un territorio medio-
piccolo caratterizzato da tipologie vegetazionali spontanee. La motivazione di
tale decisione può essere quella di utilizzare la risorsa rinnovabile del territorio
per una produzione autonoma di energia traendone vantaggi sia dal punto di
vista ambientale che sociale (migliore penetrazione e monitoraggio del
territorio, riduzione dei rischi ambientali e delle emissioni di gas serra,
incremento dei posti di lavoro e miglioramento dell’economia di zone marginali).

I principali fattori che condizionano il problema sono riportati nella figura


seguente (figura 5.1).

SUDDIVISIONE IN PARTICELLE
La disponibilità di
CON CARATTERISTICHE
biomassa dipende OMOGENEE DI VEGETAZIONE E
dalla superficie DI PRODUTTIVITA’ A CUI
boschiva e dalle VENGONO AGGIUNTE
attività agro- PARTICELLE ‘SPECIALI’
TERRITORIO industriali presenti CORRISPONDENTI ALLE
ATTIVITA’ AGRO-INDUSTRIALI

Caratteristiche tecniche
Scelta della tipologia Caratteristiche della biomassa
di impianto Esigenze energetiche dell’area
IMPIANTI
Considerazioni economiche
Ubicazione degli
impianti Conoscenza del territorio

Determinazione della quota di energia elettrica e/o


termica da produrre
COLLETTIVITA’
Quantificazione dei benefici socio-economici e ambientali

Fig. 5.1. Principali fattori del problema decisionale

56
Energia da fonti rinnovabili: le biomasse

Il territorio
La disponibilità di biomassa è legata alla superficie boschiva del territorio e alla
presenza di residui di attività agro-industriali. Lo sfruttamento della biomassa,
ed in particolar modo della risorsa forestale, riflette la situazione nazionale
riportata in tabella 3.1, con percentuali inferiori all’1%.
Le foreste presenti in un territorio hanno caratteristiche eterogenee e mutabili
da punto a punto: esse variano sia per quantità e tipologie vegetazionali
presenti sia per la proprietà (pubblica o privata) e lo sfruttamento in atto.
Fondamentali risultano inoltre la densità, la forma di governo (ceduo, fustaia),
l’esposizione, la pendenza, l’accidentalità del terreno e la disponibilità di vie di
accesso.
È necessario quindi svolgere un’accurata raccolta delle informazioni territoriali
e naturalistiche in modo tale da suddividere il territorio in particelle aventi
caratteristiche pressoché omogenee e costanti.
Per quanto riguarda le attività agro-industriali, esse sono per loro natura
ubicate in prossimità dei centri abitati e sono servite da vie di comunicazione.
La loro utilizzabilità dipende principalmente dalla tipologia di processo svolta,
dalle caratteristiche fisico-chimiche e dalle quantità degli scarti prodotti.
Nel progetto, quindi, il territorio viene suddiviso in un numero opportuno di
particelle di differente dimensione. In ogni particella, la superficie boschiva è
assunta corrispondente a una omogenea tipologia vegetazionale e con proprie
caratteristiche di esboscabilità che ne determina la possibilità di utilizzo.
Le attività agro-industriali sono considerate particelle speciali caratterizzate
esclusivamente dalla quantità di biomassa disponibile e dalla posizione rispetto
agli impianti.

Gli impianti
La scelta della tipologia di impianto dipende dalle caratteristiche tecniche
(rendimenti, potenza, capacità, consumi ecc.), ma anche dall’aspetto economico
legato al bacino di utenza da servire. Il dimensionamento deve tenere conto sia
delle quantità e delle caratteristiche fisico chimiche delle biomasse, sia delle
richieste energetiche da soddisfare.
Qualità come il Potere Calorifico Inferiore (PCI), la composizione chimica e il
rendimento di combustione sono aspetti fondamentali per valutare l’effettiva
produzione di energia ottenibile dal processo di conversione.
La determinazione delle esigenze energetiche di un’area deve essere svolta
considerando separatamente le esigenze termiche e quelle elettriche.
La valutazione dei carichi termici si basa sulle informazioni derivanti da fonti
diverse come rilevamenti statistici, bibliografia tecnica, Enti pubblici e aziende
che forniscono il combustibile, distinguendo le necessità civili da quelle

57
Energia da fonti rinnovabili: le biomasse

industriali o commerciali. Per la valutazione della potenza elettrica, invece, ci si


riferisce direttamente ai dati forniti dall’ Ente Produttore. Nel calcolo si deve
tenere conto della potenza richiesta per l’illuminazione pubblica, di quella per
uso domestico e di quella per usi industriali e agricoli.
La scelta delle località dove collocare gli impianti deve essere supportata da
una fase di analisi preliminare a scala territoriale e da una successiva a scala
comunale. La posizione più idonea, infatti, non può prescindere da uno studio
appropriato che minimizzi l’impatto ambientale sulla zona di insediamento
svolto, tenendo conto dei vincoli normativi vigenti.
Le possibili locazioni per gli impianti vengono opportunamente scelte sia per la
loro posizione sia per il fabbisogno energetico della relativa utenza. Gli
impianti, in via teorica, possono produrre sia energia elettrica che termica.
Data la notevole incidenza dell’impiantistica elettrica sui costi di installazione,
si è preferito privilegiare in prima analisi l’energia termica rispetto a quella
elettrica; ogni impianto sarà cosi dimensionato per soddisfare il più possibile le
esigenze termiche della propria utenza e soltanto allora per produrre energia
elettrica dalla biomassa combustibile in esubero.

La collettività
L’implementazione e l’entrata a regime di una filiera legno-energia comporta
una serie di ricadute rilevanti sulla collettività.
Tali ricadute possono essere distinte in:
• Ricadute a monte del processo di produzione di energia
• Ricadute a valle del processo di produzione di energia.
Le prime consistono nell’effetto che l’attività di sostegno alla filiera ha sulle
realtà socio-economiche locali in termini di richieste di personale specializzato
per la fase di produzione di biomassa e di gestione degli impianti.
La seconde consistono negli influssi che la disponibilità di energia termica e/o
elettrica da biomasse può esercitare sulle modifiche delle utenze in termini sia
di risparmio economico che di soddisfacimento del fabbisogno energetico.
Di quest’ultimo aspetto fanno parte tutti quegli elementi considerati come
Esternalità del progetto, sia socio-economici che ambientali.
Nel progetto la collettività, considerata come utenza per gli impianti, viene
suddivisa in bacini serviti dai diversi impianti.

Il DSS deve essere in grado di stabilire, una volta definite le locazioni


degli impianti, quali tra essi siano convenienti e quale tecnologia
adottare, come dimensionarli e quale sia la quantità di energia termica
e/o elettrica da produrre in modo tale da soddisfare il fabbisogno sia degli
utenti civili che di quelli industriali.

58
Energia da fonti rinnovabili: le biomasse

Inoltre deve gestire i flussi di materiale dalle singole particelle ai diversi


impianti e quantificare la raccolta della biomassa nei boschi presenti sul
territorio, individuando quelli per cui si ha convenienza all’utilizzo.
Dal punto di vista ambientale, il programma deve essere in grado di
individuare la percentuale di superficie interessata dal sistema di
produzione di bioenergia, in modo da fornire un’indicazione del grado di
penetrazione del territorio, fattore strettamente correlato al monitoraggio
e alla salvaguardia della risorsa ambientale. In ultimo, il DSS deve fornire
la quantificazione monetaria del danno risparmiato grazie alla
diminuzione delle emissioni di CO2.

5.2 La struttura del DSS

Secondo Mitchell, 2000, un DSS collega la capacità di elaborare le informazioni


di un Sistema di Gestione delle Informazioni (Management Information System,
MIS) con tecniche di modellistica e con le capacità organizzative e di giudizio di
esperti, in modo da supportare il processo di formazione delle decisioni in
situazioni non strutturate.
Un DSS è quindi costituito da quattro componenti principali:
1) Un’interfaccia che permetta all’utente di interagire direttamente ed in
maniera immediata con il sistema;
2) Un Sistema di Gestione delle Informazioni (MIS) e/o un database
contenente le informazioni rilevanti per il sistema;
3) Un modulo che elabori i dati e le informazioni utilizzando relazioni che
permettano di simulare il sistema;
4) Un modulo che visualizzi i risultati in forma facilmente comprensibile.

Il DSS è stato quindi sviluppato attraverso la definizione di strumenti adatti sia


per la rappresentazione e la gestione dei dati sia per l’ottimizzazione e la
visualizzazione dei risultati.
Esso è costituito da tre moduli: il GIS, il Database e l’Ottimizzazione.

5.2.1 GIS
Il GIS consente l’input, la visualizzazione e l’analisi dei dati geografici
opportunamente georiferiti. Con il GIS è possibile acquisire le informazioni
territoriali disponibili e visualizzarle tramite rappresentazione grafica su
mappa; esso permette inoltre di calcolare parametri specifici quali le pendenze,
le distanze, le aree, i perimetri e i centroidi.
Nel presente studio, il modulo GIS, sviluppato tramite Geomedia Professional
4.0 (Intergraph Corporation), è stato impiegato per:

59
Energia da fonti rinnovabili: le biomasse

• Sovrapporre i diversi tematismi sulla planimetria principale (la mappa


vegetazionale, la mappatura delle strade e dei centri abitati, ecc.);
• Scegliere le sole zone boschive raggiungibili, accorpare le tipologie di
biomassa presenti e definire le particelle, ciascuna caratterizzata da un
solo tipo di vegetazione (per fare ciò si sviluppano opportune “Query” che
permettano di estrapolare le informazioni desiderate creando nuovo
classi);
• Individuare i principali parametri territoriali di ogni particella (pendenza
media, distanza dalle strade, posizione del centroide);
• Localizzare i diversi impianti e le attività agro-industriali.

5.2.2 Database
Il Database è stato strutturato in modo da rendere facile e gestibile
l’inserimento di tutti i dati necessari alla risoluzione del problema; esso
contiene i dati locali relativi ai quantitativi e alle distribuzioni delle biomasse,
alle caratteristiche del territorio e alle necessità energetiche delle zone
considerate.

Tramite MS Access, è stato realizzato un database relazionale costituito da un


unico file contenente diverse tabelle relazionate tra loro. Ognuna di queste
tabelle contiene dati omogenei e un campo in comune (Chiave Primaria) alle
altre tabelle con cui è così posto in relazione. Questo metodo evita molto
efficacemente la ridondanza dei dati.
Il Database contiene due tabelle principali:
• Particelle,
• Impianti,
e due tabelle relazionali:
• Distanze I-P,
• Distanze I-U.
La tabella Particelle contiene le informazioni riguardanti le principali
caratteristiche di ogni singola particella, ossia: tipo di vegetazione, area,
pendenza media, tipologia e quantità di biomassa, posizione del centroide e
distanza dalla strada più prossima.
Nella tabella Impianti sono presenti le caratteristiche tecniche degli impianti, la
locazione espressa in coordinate Longitudine/Latitudine e il fabbisogno
energetico che devono soddisfare.
Infine, nelle due tabelle relazionali, sono contenute le distanze significative per
il progetto come la distanza Impianto-Particella boschiva e la distanza
Impianto-Utenza.

60
Energia da fonti rinnovabili: le biomasse

5.2.3 Modulo di ottimizzazione


Una volta definite le principali caratteristiche del sistema da analizzare e gli
obiettivi che ci si propone di ottenere, si è passati alla stesura del modello
matematico che lo rappresentasse.
Tale modello, descritto in dettaglio nel capitolo successivo, è costituito da una
funzione obiettivo, da variabili decisionali e da vincoli.
La funzione obiettivo è costituita dalla sommatoria di tutti i costi e i ricavi
attribuibili al progetto. I vincoli scelti delimitano le soluzioni tenendo in
considerazione i molteplici aspetti del problema.
Nella presente tesi, l’ottimizzazione è stata condotta tramite Lingo 6.0 della
Lindo System Inc.

5.2.4 Interfaccia
I tre moduli, convenientemente sviluppati, sono stati messi in relazione tramite
una interfaccia-operatore (figura 5.2). Come suggerito da Mitchell, 2000, tale
interfaccia deve consentire ad un qualsiasi operatore, non necessariamente
esperto del software utilizzato, di visualizzare i dati disponibili, inserire le scelte
operate a priori e analizzare i risultati ottenuti.

L’interfaccia è stata sviluppata in MS Visual Basic 6.0.


Le componenti GIS sono visualizzate attraverso oggetti ESRI, caricando i dati
forniti da Geomedia trasformati in formato Arcview Shapefile.
E’ stata inserita la possibilità di scelta del layer che si vuole analizzare e di
modificare la risoluzione dell’immagine utilizzando tasti Zoom e Pan. Inoltre,
sono state rese visibili, muovendo il cursore sulla mappa, le coordinate
geografiche sia in Longitudine/Latitudine che in Guass-Boaga di ogni punto.
La comunicazione con il Database è stata realizzata tramite funzioni ODBC
(Open DataBase Connectivity).
Una visione delle principali informazioni disponibili è ottenibile, selezionando
l’elemento voluto, sull’apposita finestra di dialogo.
L’inserimento dei dati relativi alla posizione degli impianti e alle attività agro-
industriali avviene attraverso opportune selezioni che permettono la diretta
collocazione all’interno della mappa e l’inserimento dei dati relativi al
fabbisogno di energia termica richiesto e ai quantitativi di scarti annui prodotti.
Il tasto Save plan permette di salvare la configurazione impostata.
Due sono i tasti di servizio: Distance plants to parcel e Export Centroids.
Il primo permette, tramite collegamento diretto con MS Mappoint, di calcolare le
distanze tra ogni particella e i vari impianti salvando direttamente i dati
ottenuti nel Database. Il secondo, calcola le coordinate del centroide di ogni
particella salvandole nuovamente nell’ archivio di dati.

61
Energia da fonti rinnovabili: le biomasse

Infine, la procedura di ottimizzazione (e quindi il collegamento con Lingo), può


essere attivata cliccando sul relativo bottone Optimise. Quando l’ottimizzazione
è terminata i risultati sono mostrati in un’apposita finestra che ne permette
l’analisi.
Il tasto View parcel per destination plan visualizza, nella soluzione ottima, a quale
impianto è stata attribuita ogni singola particella.

62
Energia da fonti rinnovabili: le biomasse

Fig. 5.2. Interfaccia operatore

63
Energia da fonti rinnovabili: le biomasse

6. Il modello di ottimizzazione

Il sistema considerato (figura 6.1) è costituito da una porzione di territorio ben


definita la cui area e stata suddivisa in i=1,…,N particelle di differente
dimensione, in ha. In ogni particella, la superficie boschiva è stata assunta
corrispondente a una omogenea tipologia vegetazionale caratterizzata da una
propria massa volumica (Kg/m3) e con determinate caratteristiche di pendenza
e di accessibilità che ne sanciscono il livello di esboscabilità (facile, medio,
difficile, impraticabile). In tale territorio si definiscono k=1,…,K possibili località
differenti per gli impianti di cogenerazione per la produzione di energia elettrica
e termica da biomassa.

i = 1,…,N

k = 1,…,K

j = 1,…,M

Fig. 6.1. I componenti principali del sistema: il territorio, gli impianti e la collettività

Di seguito vengono definiti tutti gli aspetti che caratterizzano il modello


decisionale proposto, riferiti ad un orizzonte temporale coincidente con un
generico anno della vita utile degli impianti (circa 20 anni).

6.1 Le variabili decisionali

Le variabili decisionali necessarie per descrivere il sistema e per definire la


funzione obiettivo e i vincoli, risultano sia continue che intere (binarie):
- ui è la quantità di biomassa tagliata annualmente nella particella i-esima

[m3/anno];
64
Energia da fonti rinnovabili: le biomasse

- φik è la quantità di biomassa inviata annualmente al k-esimo impianto dall’ i-


esima particella [m3/anno];
- CAPk è la capacità di produzione (potenza nominale) di un impianto posto
nella località k-esima [MW];
- yk è la percentuale di potenza termica impiegata per il teleriscaldamento del
k-esimo impianto;
- γk è una variabile binaria che assume il valore 1 quando l’impianto produce
energia elettrica (yk<1), 0 viceversa.

6.2 La funzione obiettivo

La funzione obiettivo C rappresenta la somma dei costi totali e dei ricavi del
sistema considerato. La funzione C, che deve essere minimizzata, è costituita
dai seguenti componenti:

C = CP + CT + CC + CD – G (6.1)

dove:
- G è il profitto annuo che si ottiene dalla produzione di energia termica ed

elettrica;
- CP rappresenta i costi annui relativi agli impianti (installazione,
manutenzione, gestione del personale ed esercizio);
- CT sono i costi annui relativi al trasporto della biomassa;

- CC rappresenta i costi annui relativi al taglio e all’esbosco della biomassa;

- CD rappresenta i costi della rete di distribuzione del teleriscaldamento e

l’allacciamento alla rete nazionale dell’energia elettrica.

I profitti della produzione di energia


Il profitto della produzione di energia è funzione della capacità installata di ogni
impianto e deve essere suddiviso tra la vendita di energia termica e di energia
elettrica.
La sua formulazione matematica è la seguente:
K
G = ∑C
k =1
k CAP k (6.2)

dove Ck è il profitto (€/Mw) ottenuto dalla vendita dell’energia prodotta


dall’impianto k-esimo.
Tale profitto dipende dalla percentuale di energia termica ed elettrica prodotta,
ossia:
C k = f ⋅ (y k C t + (1 − y k ) ⋅ C e ) (6.3)
65
Energia da fonti rinnovabili: le biomasse

dove:
- f è il coefficiente di conversione da MW a KWh [3.6·106];

- Ct è il profitto unitario (€/kWht ) per la vendita di un kWht all’utenza;

- Ce è il profitto unitario (€/kWhe ) per la vendita di un kWhe.

Costi degli impianti


Gli impianti considerati sono impianti di combustione: il vapore prodotto viene
utilizzato in parte per fornire calore per il riscaldamento e per l'acqua sanitaria
alle singole utenze e in parte, se economicamente vantaggioso, per la
produzione di energia elettrica con l’impiego di un motore primo (turbina a
vapore) per la sua generazione.
I costi dell’impianto si riferiscono all’installazione, alla manutenzione, al costo
del personale e all’esercizio.
Per poter effettuare l’analisi economica dell’ installazione di un impianto
bisogna tenere conto dei seguenti costi:
opere civili;
- sistema di stoccaggio e di alimentazione combustibili;

- combustore, generatore di vapore, degassatore e relativi ausiliari;

- sistema di estrazione di stoccaggio delle ceneri;

- sistema di estrazione e di trattamento dei fumi, camino;

- impianto acqua demineralizzata e aria compressa;

- sistema di regolazione di supervisione;

- montaggio apparecchiature elettromeccaniche ed elettriche;

- sistema antincendio;

- progettazione e direzione dei lavori;

- avviamento e collaudi;

- spese generali.

A questi, nel caso si produca anche energia elettrica, bisognerà aggiungere le


spese per il turboalternatore, il condensatore e la stazione elettrica.

Siccome l’analisi è effettuata in un generico anno della vita utile dell’impianto, i


costi di installazione sono stati ripartiti per i vari anni tramite il criterio di
ammortamento costante riconosciuto dal fisco italiano, per il quale le quote
annue sono considerate non produttive di interesse.
Se t è il numero di anni di vita tecnologica dell’impianto, si scrive:
KI − KR
c=
t
dove con c si indica l’ammortamento annuo, con KI l’investimento e con KR il
valore di ricupero dell’impianto. Quest’ ultimo valore può variare entro limiti

66
Energia da fonti rinnovabili: le biomasse

assai ampi: dal semplice valore a prezzo di rottamazione, sino a percentuali


anche rilevanti (30-40%) del costo iniziale.

Il costo per la manutenzione dell’impianto, generalmente fissata pari al 3% del


costo dell’investimento iniziale, comprende la sostituzione di tutti i materiali
usuratisi durante l’esercizio e le necessarie regolazioni atte a mantenere
l’efficienza dell’impianto sempre in condizioni ottimali.

Il costo del personale dipende dal numero di addetti necessari alla conduzione
dell’impianto suddivisi in tre turni e varia in base alle dimensioni dell’impianto.
Il numero minimo di personale è dieci tra cui un responsabile dell’impianto, tre
addetti alla caldaia, tre addetti al parco, un amministrativo e due addetti alla
manutenzione.

Infine, i costi di esercizio tengono conto dell’acquisto del combustibile,


quantizzato in circa il 2% del fabbisogno energetico del forno, necessario sia per
le partenze dell’impianto sia per il superamento di eventuali emergenze; a
queste si aggiungono le spese per la collocazione in discarica delle ceneri e delle
scorie prodotte dall’impianto valutabili in un intorno del 3% in peso della
biomassa utilizzata.

I costi sono stati valutati suddividendoli in costi fissi e costi variabili:


K
C P = ∑ [(CFk + CV k CAPk ) + (CFE ⋅ γ k + CVE (1 − y k )CAPk )] (6.4)
k =1

in cui:
- CFk = CFm k + CFp k + CFes k + CFI k
- CVk = CVm k + CVp k + CVes k + CVI k

CFm,CFp,CF es,CFI,CFE rappresentano i costi fissi rispettivamente della


manutenzione, della gestione del personale, dell’esercizio, dell’installazione dell’
impianto e, nel caso di produzione di energia elettrica, dell’aggiunta del motore
primo con le relative apparecchiature di servizio.
CVm,CVp,CV es,CVI,CVE rappresentano i costi variabili rispettivamente della
manutenzione, della gestione del personale, dell’esercizio, dell’installazione dell’
impianto e, nel caso di produzione di energia elettrica, dell’aggiunta del motore
primo con le relative apparecchiature di servizio.

67
Energia da fonti rinnovabili: le biomasse

Costi di trasporto
Il trasporto della biomassa dal luogo di raccolta all’impianto avviene
normalmente con autocarri o autotreni, a volte anche trattori e rimorchi, lungo
strade forestali e/o pubbliche. Il carico trasportato è costituito principalmente
da tronchi di diversa pezzatura, ramaglie e residui forestali.
La determinazione dei costi di trasporto, quindi, si basa sulla conoscenza della
quantità e della tipologia della biomassa che deve essere trasportata, dalla
distanza che il mezzo percorre per giungere all’impianto e dal tipo di camion
utilizzato.

I costi di trasporto possono essere espressi come:


N K
C T = ∑∑C TR ⋅ϕ ik ⋅ MV i dik (6.5)
i =1 k =1

dove:
- CTR è il prezzo di trasporto unitario [€Kg-1Km-1];

- dik è la distanza dalla cella i alla locazione k [km].

I costi di raccolta
La raccolta della biomassa può essere distinta nelle seguenti fasi:
- abbattimento degli alberi;

- sramatura;

- depezzatura;

- scortecciatura;

- esbosco.

Ognuna di queste fasi è caratterizzata dall’uso di macchine specifiche, da una


certa necessità di manodopera e da una differente durata.
La metodologia impiegata per il calcolo del costo delle utilizzazioni forestali, si
basa sulle procedure messe a punto per la realizzazione del “Manuale per la
valutazione delle qualità economica dei boschi e per la loro realizzazione” (GIAU
1998), con alcune indispensabili semplificazioni legate al minore dettaglio dello
studio. Il calcolo predisposto per l’individuazione del costo unitario è stato
realizzato secondo uno schema che è strutturato nei seguenti punti:
individuazione delle tipologie di esbosco e
determinazione di un indicatore sintetico delle condizioni di esboscabilità
dipendente dalla pendenza e dalla minima distanza orizzontale (MDO) di ogni
particella i-esima.
I costi di raccolta possono così essere espressi come:
N
C C = ∑ Cri MV i u i (6.6)
i =1

68
Energia da fonti rinnovabili: le biomasse

dove Cri è il costo unitario di esbosco caratteristico della particella i-esima


[€/Kg].

I costi della distribuzione


L’energia prodotta nei vari impianti deve essere portata tramite un’apposita rete
di distribuzione alle varie utenze.
La distribuzione dell’energia termica, che avviene mediante una rete di
tubazioni, può essere realizzata utilizzando diverse soluzioni tecniche che si
differenziano a seconda del sistema di posa (fuori terra, in cunicolo o in
guaina), il materiale delle tubazioni di servizio (acciaio di qualità, ghisa
sferoidale, vetroresina, acciaio dolce trafilato a freddo) e del materiale di
coibentazione (lana di roccia, schiuma di poliuretano espanso, ecc.).
Il costo è pari a:
K M
C DT = ∑∑ C dt L kj (6.7a)
k =1 j =1

dove:
Cdt è il costo unitario [€/m] della distribuzione dell’energia termica;
Lkj è la distanza [m] tra l’impianto situato nella locazione k-esima e il centro
abitato j-esimo.

Per quanto riguarda l’energia elettrica si considera la possibilità di


collegamento alla rete nazionale di media tensione passante in prossimità dei
centri abitati. I costi che vengono considerati per la sua distribuzione sono
quelli per l’installazione della cabina e della linea aerea o in cavo interrato
(comprensivi del materiale e della messa in opera) e delle opere pregresse, ossia
il prezzo che l’autoproduttore deve all’ENEL Distribuzione per usufruire degli
impianti esistenti per distribuire l’energia prodotta.
Con tali premesse i costi di distribuzione considerati risultano essere:

C D = γ k ∑∑ (C de L kj + C cab )
K M
(6.7b)
k =1 j =1

dove:
- Cde è il costo unitario, in €/Km, della distribuzione dell’energia elettrica

tramite linee aree a 15 KV;


- Ccab è il costo della cabina di allaccio alla rete ENEL;

- Lkj è la distanza, in Km, tra l’impianto situato nella locazione k-esima e il

centro abitato j-esimo.

69
Energia da fonti rinnovabili: le biomasse

6.3 I vincoli del problema

I vincoli che caratterizzano il problema si possono divedere in:


- vincoli normativi

- vincoli di natura tecnica

- vincoli energetici/ambientali.

I vincoli normativi tengono conto della legislazione vigente sulla raccolta e il


taglio del legname nei boschi.
I vincoli di natura tecnica regolano, tramite opportuno bilanciamento, i flussi di
biomassa ai vari impianti e le relazioni tra PCI, rendimenti e capacità
dell’impianto.
Infine i vincoli energetici impongono al modello il rispetto dei quantitativi
minimi di energia da produrre affinché l’intervento sia significativo per il
soddisfacimento del fabbisogno energetico.

Limitazioni sulla possibilità di raccolta della biomassa


La possibilità di raccolta della biomassa sul territorio deve seguire le normative
contenute nell’apposito “Regolamento ”di cui si è fatto cenno nel Capitolo IV,
che contiene tutte le indicazioni sulle modalità di governo, di trattamento e di
utilizzazione dei boschi.
In particolare in esso sono contenuti i turni minimi consentiti per le operazioni
di taglio a seconda della forma di governo.
Dall’analisi di tali valori si può considerare una turnazione al taglio media del
ceduo e della fustaia rispettivamente di 20 e 100 anni, corrispondente
rispettivamente ad una percentuale di taglio annuo del 5% e del 1%.
In ciascuna particella, quindi, nota la disponibilità attuale di biomassa xi, in
m3, può essere raccolto un quantitativo di biomassa pari a:
0 ≤ ui ≤ αi x i i=1,...,N (6.8)

dove αi è la percentuale massima di biomassa retraibile consentita per legge.

Bilancio di massa
La quantità di biomassa che fuoriesce da una particella (i=1,…,N) che è inviata
ai differenti impianti (nelle posizioni k=1,…,K) deve essere uguale alla biomassa
raccolta nella particella, ossia:
K

∑φ
k =1
ik = ui i=1,...,N (6.9)

70
Energia da fonti rinnovabili: le biomasse

Vincolo sul flusso di biomassa


La quantità di biomassa che entra in uno specifico impianto deve produrre
nella combustione una quantità di energia uguale a quella richiesta
dall’impianto.
Considerando un periodo di funzionamento annuo per gli impianti di circa
7000 ore, deve essere soddisfatto il seguente vincolo:
1 N
 CAPk y k CAPk (1 − y k ) 
⋅ ∑ φ ik ⋅ PCI ⋅ MVi =  +  k=1,...,K (6.10)
3600 ⋅7000 i =1  ηt ηe 

dove:
- PCI è il potere calorifico inferiore assunto costante per le biomasse

lignocellulosiche tal quali (umidità 33%) pari a 11,4 MJ/Kg;


- ηt rendimento termico netto dell’impianto che è supposto uguale per tutti gli

impianti;
- ηe rendimento elettrico netto dell’impianto che è supposto uguale per tutti gli

impianti.

Vincolo sulla capacità dell’impianto


Si suppone che gli impianti possano assumere una capacità nominale
compresa tra una soglia massima e una minima. Questo può essere espresso
imponendo che ciascuno impianto debba produrre al minimo una quantità di
energia pari a un CAPmin (in MW) ed al massimo pari a un CAPmax (in MW).

CAPmin ≤ CAPk ≤ CAPmax k=1,...,K (6.11)

Vincolo sulla significatività della produzione di energia da biomasse


Con tale vincolo si impone che la produzione nominale di energia degli impianti
a biomasse sia superiore a quel valore minimo di energia che sancisce la
significatività dell’intervento proposto sia per quanto riguarda il
soddisfacimento del fabbisogno energetico sia per ottenere evidenti benefici
ambientali.
Deve essere rispettato, quindi il seguente vincolo:

∑CAP
k =1
k ≥ χ ⋅ E TOT (6.12)

dove ETOT è il fabbisogno energetico annuale complessivo (MWtermici + MW elettrici)


della zona studiata e è la percentuale minima che sancisce la significatività
dell’intervento.

71
Energia da fonti rinnovabili: le biomasse

Soddisfacimento del fabbisogno di energia termica


Da un’analisi effettuata sul territorio in esame si è in grado di stabilire il
numero di utenze ( appartamenti, piccole industrie, servizi pubblici etc.)
interessate all’energia termica prodotta e le quantità di cui necessitano.
La quantità di energia termica prodotta dai k-esimi impianti non dovrà essere
superiore al valore massimo richiesto, ma dovrà comunque garantire una
percentuale minima al di sotto della quale non sarebbe possibile considerare
l’installazione di impianti di teleriscaldamento, ossia:

β ⋅ E kj ≤ CAPk yk ≤ E kj k=1,…,K (6.13)

dove:
- E kj è il fabbisogno, in MW, di energia termica attribuito all’impianto k-esimo;
- β è la percentuale di energia termica che si vuole garantire.
Supponendo che Nuj sia il numero di utenze del j-esimo paese, e T il fabbisogno
unitario [Kcal/h] di energia termica di ciascuna utenza, il fabbisogno di energia
termica può essere espresso come:

M
10 −3
E = ∑ Nu j T
k
j (6.14)
j =1 24 ⋅ 365

Vincolo sulla produzione di energia elettrica


La produzione di energia elettrica associata ad ogni impianto risulta essere
opzionale alla produzione di energia termica e per lo più retta da motivazioni di
tipo economico. Tale ipotesi rende necessario considerare separatamente i costi
relativi alle apparecchiature sia per la sua generazione sia per la sua
distribuzione. E’ quindi necessario introdurre una variabile binaria γk che
risulta essere uguale a 1 quando yk<1 (ovvero quando una parte della potenza
prodotta è elettrica).
Deve essere soddisfatto il seguente vincolo:

qγ k − (1 − yk ) ≥ 0 k=1,…,K (7.15)

dove q è una costante sufficientemente grande posta pari a 1000.

72
Energia da fonti rinnovabili: le biomasse

6.4 Struttura del problema di ottimizzazione

Il problema di ottimizzazione ha quindi la seguente struttura:


 K 
− ∑ f ⋅ (y k C t + (1 − yk ) ⋅ C e ) ⋅ CAPk + 
 k =1 
 
[ ( )]
K
C = + ∑ (CFk + CVk CAPk ) + CFE k ⋅ γ k + CVE k (1 − yk ) ⋅ CAPk + 
 k =1 
 N K N K M K M 
+ ∑∑C TR ⋅φ ik MVi dik + ∑Cri MVi u i + ∑∑C dt Lkj + γ k ∑∑(C de Lkj + C cab ) 
 i =1 k =1 i =1 k =1 j =1 k =1 j =1 

Essa è una funzione non lineare a variabili miste continue e binarie di grado
massimo pari a due.

I vincoli considerati sono:


0 ≤ u i ≤ αi x i i=1,…,N
K

∑φ
k =1
ik = ui i=1,...,N

1 N
 CAPk yk CAPk (1 − yk ) 
⋅ ∑φ ik ⋅ PCI ⋅ MV =  +  k=1,...,K
3600 ⋅7000 i =1  η t η e 
CAPmin ≤ CAPk ≤ CAPmax k=1,...,K
K

∑CAP
k =1
k ≥ χ ⋅ E TOT

β ⋅ E kj ≤ CAPk yk ≤ E kj k=1,…,K
qγ k − (1 − yk ) ≥ 0 k=1,…,K
γ k ∈ [0,1] k=1,…,K

Tali vincoli sono sia lineari che non lineari a variabili miste (continue e binarie)
di grado massimo pari a due.

73
Energia da fonti rinnovabili: le biomasse

7. Caso di studio

7.1 La politica energetica ambientale della Regione Liguria

Secondo il Piano Energetico e Ambientale della Regione Liguria (PER), nel 1998
l’offerta complessiva di energia primaria nel territorio ligure è stata pari a 6030
ktep, mentre i consumi finali per usi energetici sono stati pari a 3443 ktep. Il
43% dell’energia prodotta è stata dunque esportata in altre regioni del Paese
(Regione Liguria, 2001).
A fronte di una simile situazione, le emissioni di gas climalteranti per lo stesso
anno ammontano ad oltre 20 milioni di tonnellate di CO2eq , di cui il 13% sono
imputabili ai consumi relativi alle attività industriali, il 16% ai trasporti e il
13% agli usi civili. La produzione dell’energia elettrica è responsabile della più
ampia percentuale di emissioni di gas serra sul territorio ligure, pari al 58%.
Gli obiettivi di pianificazione energetica intendono raggiungere il riassetto
energetico della regione promuovendo la progressiva costituzione di un sistema
di produzione diffuso sul territorio e caratterizzato dalla presenza di impianti
produttivi di piccola-media taglia ad alta efficienza e a contenuto impatto
ambientale. Nel periodo 2002-2005 si prevede lo sviluppo di interventi a livello
locale con lo scopo di acquisire le esperienze necessarie per estendere con
successo gli stessi interventi su tutto il territorio regionale nel successivo
quinquennio 2006 - 2010.
Solo l’1.5% dell’energia consumata in Liguria proviene da fonte rinnovabile.
L’obiettivo della Regione è elevare tale quota al 7% entro il 2010. Esso verrà
raggiunto soprattutto attraverso un articolato programma di interventi
finalizzati alla valorizzazione energetica delle biomasse di origine boschiva,
all’utilizzo dell’energia solare per la domanda di energia termica
prevalentemente nel settore turistico e all’impiego delle altre risorse energetiche
rinnovabili presenti in forma puntuale sul territorio regionale.
In particolare, la valorizzazione energetica delle biomasse forestali costituirà,
per la Regione Liguria, la fase finale di un processo di politica di difesa del
suolo, per tali ragioni vengono introdotte prescrizioni per scoraggiare il ricorso
a biomassa esterna al territorio ligure. Le eventuali diseconomie per i più elevati
costi della materia prima locale potranno essere compensate con modalità da
definire anche con il concorso degli enti locali (EELL). Saranno privilegiate le
misure di compensazione espresse attraverso un insieme organico di azioni
satellite all’intervento energetico (filiera del legno, agriturismo, attività
ricreative, artigianato, prodotti tipici) utili al decollo economico delle aree
montane.

74
Energia da fonti rinnovabili: le biomasse

Il potenziale energetico teorico annuo da biomasse in Liguria è stato stimato in


463 ktep. La Regione ha valutato di arrivare nei prossimi 10 anni ad una
potenza installata da biomasse boschive pari a 150 MWt, che, nell’ipotesi di
un utilizzo massimo annuo degli impianti corrisponde ad un consumo di 75
ktep di biomassa forestale, pari al 16% del potenziale teorico annuo.
Le caratteristiche dei boschi liguri fanno si che il quantitativo massimo di
biomassa secca disponibile non superi le 30000 t/a, fattore che restringe la
tipologia di impianto utilizzabile a due: impianti per la produzione di energia
elettrica che potrebbero orientativamente essere compresi tra 1 e 4 MWe e
impianti per la produzione di calore.

7.2 La Val Bormida

Per l’applicazione del modello è stata scelta la Val Bormida, in provincia di


Savona, una tra le zone più ricche di patrimonio boschivo della Liguria e
caratterizzata dalla presenza di un sistema imprenditoriale operante sulla
risorsa legno.
La Val Bormida è un comprensorio piuttosto omogeneo della Provincia di
Savona, rappresentato fisicamente dal bacino idrografico del fiume Bormida
fino al confine regionale col Piemonte. Il territorio ha una superficie
complessiva di 536.5 Km2 costituito in gran parte da un susseguirsi di rilievi di
scarsa entità nella parte nord (altitudini variabili tra 400 e gli 800 m), mentre
nella parte meridionale sono presenti rilievi di maggiori dimensioni, che
raggiungono i 1300 m.
Il tipo di orografia ha da sempre caratterizzato l’uso della superficie del
territorio: in passato è stata dedicata solo in minima parte all’agricoltura, con
coltivazioni di una certa entità solo nella parte bassa delle vallate, mentre nella
fascia collinare intermedia si sono sviluppate per lo più aree adibite al pascolo
ed a coltivazione di castagno da frutto. Negli ultimi anni, con l’abbandono delle
zone marginali, si è assistito ad un continuo incremento della superficie
boschiva a danno dei pascoli ed alla degradazione delle fustaie di castagno a
ceduo.
Dal punto di vista politico/amministrativo la Val Bormida è costituita da 18
comuni che fanno parte della Comunità Montana Alta Val Bormida. Essi sono:
Altare, Bardineto, Bormida, Cairo Montenotte, Calizzano, Carcare, Cengio,
Cosseria, Dego, Mallare, Massimino, Millesimo, Murialdo, Osilgia, Pallare,
Piana Crixia, Plodio, Roccavignale (figura 7.1).

75
Energia da fonti rinnovabili: le biomasse

SAVONA

Fig. 7.1. La Val Bormida

La popolazione attualmente residente supera di poco i 40000 abitanti, con una


diminuzione percentuale dal 1981 superiore al 5%.
Per la raccolta dei dati e delle caratteristiche socio-economiche ed ambientali
della Val Bormida si è fatto riferimento ad un recente studio realizzato dalla
Regione Liguria in collaborazione con ENEA e con le Comunità Montane
dell’Alta Val Bormida e dell’Alta Val Scrivia (Regione Liguria, 1995), al PER, ai
dati disponibili in rete, nonché ad altre fonti che di volta in volta verranno
specificate nei relativi paragrafi.

Nella tabella seguente (tab. 7.1) si riportano le principali caratteristiche


demografiche e territoriali dei comuni della Val Bormida.

Comune Superficie Popolazione Densità Sup. Sup. SAU* SAU


[km2] popolaz. boschiva boschiva [ha] [%]
[ab/km2] [ha] [%]
Altare 11.74 2363 201.3 755.9 64 119.7 10
Bardineto 29.60 666 22.5 2551.9 86 339.4 11
Bormida 22.43 473 21.1 1814.1 81 106.4 5
Cairo 99.50 13731 138.0 5610.0 56 1413.3 14
Montenotte
Calizzano 63.21 1603 25.4 4694.2 74 989.6 16

76
Energia da fonti rinnovabili: le biomasse

Comune Superficie Popolazione Densità Sup. Sup. SAU* SAU


[km2] popolaz. boschiva boschiva [ha] [%]
[ab/km2] [ha] [%]
Carcare 10.36 5746 554.6 518.9 50 277.0 27
Cengio 18.79 4000 212.9 783.9 42 488.4 26
Cosseria 13.73 1035 75.4 625.5 46 383.6 28
Dego 67.77 1980 29.2 3545.5 52 1363.1 20
Mallare 32.60 1297 39.8 2903.8 89 236.1 7
Massimino 7.73 125 16.2 770.3 100 156.9 20
Millesimo 15.87 3335 210.1 1590.1 100 349.0 22
Murialdo 37.49 892 23.8 2657.7 71 279.7 7
Osiglia 29.15 499 17.1 1892.4 65 275.5 9
Pallare 21.30 944 44.3 1531.6 72 75.4 4
Piana Crixia 29.59 829 28.0 1658.7 56 893.1 30
Podio 8.21 550 67.0 299.6 36 125.2 15
Roccavignale 17.46 704 40.3 593.5 34 262.2 15
TOT 536.53 40772 98.2 34797.6 65 8133.6 16
* Superficie Agricola Utilizzata

Tab. 7.1. Principali caratteristiche demografiche e territoriali dei comuni della Val Bormida (PER)

7.2.1 Quantificazione della biomassa forestale disponibile in Val Bormida


Nella tabella successiva si riporta la suddivisione della superficie boschiva dei
Comuni in fustaie e bosco ceduo.

Comune Fustaie Ceduo


[ha] [ha]
Altare 40 716
Bardineto 910 1642
Bormida 300 1514
Cairo Montenotte 600 5010
Calizzano 2100 2594
Carcare 0 519
Cengio 0 784
Cosseria 0 625
Dego 200 3345
Mallare 400 2504
Massimino 50 720
Millesimo 50 1540
Murialdo 400 2258
Origlia 600 1292
Pallare 600 932
Piana Crixia 0 1659
Podio 0 300
Roccavignale 200 394
TOT 6450 28348
Tab. 7.2. Superficie di bosco a fustaia e a ceduo (Elaborazione dati ISTAT e Comunità Montana)
77
Energia da fonti rinnovabili: le biomasse

Come si può notare, il bosco ceduo predomina in tutto il territorio, con una
superficie complessiva di oltre 28000 ha ed percentuale dell’82%. Solo nei
comuni meridionali, come Calizzano, Bardineto, Pallare ed Osiglia si ha una
percentuale abbastanza elevata di fustaia, con valori tra l’81% di Calizzano ed il
46% di Osiglia, a causa della presenza di rilievi superiori a 800 m ed alla
mancanza dell’intervento antropico nell’indirizzare la qualifica colturale.

Per la determinazione delle superfici tagliabili di bosco, il PER si riferisce al


recente lavoro della Regione Liguria realizzato in collaborazione con ENEA e le
Comunità Montane dell’Alta Val Bormida e dell’Alta Valle Scrivia, che ipotizzava
una percentuale di superficie tagliata annualmente pari al 2% per ogni tipo di
fustaia e del 4% per il ceduo, corrispondenti ad un turno di taglio degli alberi
rispettivamente di 50 e di 25 anni.
La stessa fonte suggerisce per le fustaie l’adozione di una massa volumetrica su
sostanza secca di 0.45-0.60 t/m3 (a seconda del tipo), a fronte di una
produzione legnosa pari a 300-400 m3/ha, mentre nel caso del bosco ceduo la
massa volumetrica da considerare è 0.70 t/m3 (su sostanza secca) e la
produzione legnosa vale 140 m3/ha.
Per quanto riguarda il contenuto energetico da associare alle risorse tagliabili,
l’elaborato di cui sopra indica di assumere un Potere Calorifico Inferiore medio
per tutte le biomasse forestali pari a 17.5 GJ/t.

Nel presente lavoro, si è ipotizzato un quantitativo di circa 170 t/ha di sostanza


tal quale per il bosco ceduo e di 235 t/ha di sostanza tal quale per la fustaia.
Per tenere conto della reale accessibilità al taglio dei boschi presenti, le
superfici boschive sono state suddivise in diverse classi di acclività, escludendo
dal computo della biomassa forestale le superfici con classe di acclività
superiore al 100%.
Per la raccolta della biomassa sul territorio sono state seguire le indicazioni
dell’apposito Regolamento delle prescrizioni di massima e di polizia forestale
(L.R. 4/1999), che definisce le modalità di governo, di trattamento e di
utilizzazione dei boschi. In particolare il Regolamento prescrive i turni minimi
consentiti per le operazioni di taglio a seconda della forma di governo.
Dall’analisi di tali valori è stata considerata una turnazione di taglio media del
ceduo e della fustaia rispettivamente di 20 e 100 anni, corrispondente ad una
percentuale di taglio annuo del 5% e del 1%.

La quantità di biomassa forestale disponibile in ogni comune è stata quindi


calcolata considerando la divisione tra fustaia e ceduo, la relativa densità, la

78
Energia da fonti rinnovabili: le biomasse

percentuale detraibile a norma di legge, e sottraendo le superfici inaccessibili e


le quantità di legname già utilizzate dalle industrie operanti sul territorio.
Utilizzando il PCI suggerito dal PER, si ottiene un potenziale energetico da
biomasse forestali nella Val Bormida pari a 48528 tep, valore prudenziale
rispetto a quanto calcolato dallo stesso PER (63223 tep).

La quantità di biomassa forestale disponibile in ogni comune è stata infine


distribuita nelle varie particelle boschive di ugual tipologia vegetazionale. Per
far questo sono state individuate tramite GIS le aree omogenee di ogni comune
e, con l’ipotesi di densità forestale unitaria, è stato assegnato, in base all’ area,
il quantitativo di biomassa presente.

7.2.2 Analisi dei consumi energetici della Val Bormida


Nella tabella 7.3 sono riportati i valori della potenza termica ed elettrica
installata nei comuni della Val Bormida.

Comune Potenza termica Potenza elettrica


[MW] [MW]
Altare 5,399 9,461
Bardineto 0,790 3,325
Bormida 0,625 1,000
Cairo Montenotte 44,295 58,165
Calizzano 2,685 5,836
Carcare 14,728 12,910
Cengio 14,638 6,894
Cosseria 1,017 3,054
Dego 3,232 11,737
Mallare 1,828 2,862
Massimino 0,208 0,454
Millesimo 10,466 7,529
Murialdo 1,410 4,073
Origlia 0,591 1,551
Pallare 0,897 2,157
Piana Crixia 1,204 2,101
Podio 0,613 0,885
Roccavignale 0,931 2,527
Totale 105,557 136,521
Tab. 7.3. Potenza elettrica e termica dei comuni della Val Bormida

Tali valori sono stati ricavati dall’analisi energetica svolta nei numerosi studi
sulla Val Bormida. Le principali fonti di informazione al quale si è fatto
riferimento sono:
• L’ENEL S.p.a per quanto riguarda il numero di utenze elettriche, le
potenze contrattuali ed i consumi elettrici;

79
Energia da fonti rinnovabili: le biomasse

• Il 130 censimento sulla Popolazione e delle Abitazioni redatto dall’ISTAT


(Istituto Nazionale di Statistica), che fornisce informazioni relativi ai
volumi abitativi, residenziali, commerciali ed industriali, alle tipologie di
impianti termici, centralizzati od autonomi, all’anno di costruzione
dell’edificio ed al tipo di aggregazione delle case;
• L’Unione industriali di Savona, che fornisce l’elenco e la tipologia delle
aziende a loro associate presenti nel territorio;
• I Comuni, per i dati di fatturazione sui costi per il pagamento delle
bollette elettriche e per l’acquisto dei combustibili per il riscaldamento
dei vari edifici pubblici;
• Le singole aziende per tutte le specifiche informazioni riguardanti il loro
ciclo produttivo ed i costi energetici.
Dall’ analisi dei dati riportati in tab. …, si può notare come il fabbisogno
energetico complessivo della Val Bormida risulti pari circa 242 MW.
Il comune con il maggiore consumo di energia è Cairo Montenotte con il 42%
del fabbisogno totale seguito da Carcare con l’11%. Il comune con minor
fabbisogno energetico è Plodio con lo 0,6%. Tali variazioni di consumi
dipendono oltre che dalla popolazione residente, anche dalla differente
presenza sul territorio di realtà industriali di rilievo: a Cairo Montenotte, per
esempio, sono presenti due aree industriali in cui sono localizzate 14 aziende di
dimensioni medio-piccole, mentre a Plodio non risulta la presenza di nessuna
attività industriale.

7.2.3 Analisi e caratterizzazione delle biomasse presenti


Per caratterizzare le biomasse presenti nei boschi della Val Bormida si è
proceduto alla raccolta di campioni delle principali tipologie vegetazionali
presenti e alla successiva analisi di laboratorio.
I campioni sono stati sottoposti ad analisi elementare, utilizzando l’analizzatore
elementare FlashEA1112 della Thermoquest. In particolare si è determinato per
ogni campione la percentuale in peso di carbonio, idrogeno, azoto, zolfo e
ossigeno. Successivamente si è proceduto al calcolo del Potere Calorifico
Inferiore al fine di individuare un valore significativo che caratterizzi il
combustibile legnoso.

Nella tabella 7.4 sono riportati i risultati definitivi dell'analisi elementare.

PCI
%N %C %H %S %O
[MJ/kg]
Robinia 5.72 45.80 6.06 0 31.09 17.56
Ontano 3.40 47.12 6.36 0 34.19 17.82
Castagno 2.13 44.99 5.96 0 33.88 16.65

80
Energia da fonti rinnovabili: le biomasse

Frassino 1.66 41.20 5.47 0 37.39 14.12


Carpino 0.89 42.06 5.59 0 37.17 14.60
Pino silvestre 0.59 43.79 5.84 0 33.35 16.19
Cerro 0.70 45.88 5.96 0 35.34 16.70
Nocciolo 0.48 44.73 6.01 0 36.66 16.12
Acero 0.42 42.25 5.58 0 35.71 14.92
Faggio 0.24 45.42 5.95 0 37.63 16.11
Quercia 0.17 46.36 5.95 0 35.12 16.88
Pino marittimo 0.07 47.17 6.15 0 35.66 17.31
Rovere 0.02 46.56 6.01 0 34.64 17.12
Tab. 7.4 Composizione elementare dei campioni di legno tal quale

Si può osservare come la composizione di tutti i campioni analizzati si discosti


poco per quanto riguarda il contenuto di carbonio (circa 45%), ossigeno (circa
35%) e idrogeno (circa 6%), mentre per l’azoto ci sia un’oscillazione tra il 5.7%
della Robinia e lo 0.02% del Rovere. Da notare l’assenza di zolfo, particolare
fondamentale che si riflette nell’assenza di anidridi solforose o solforiche nelle
emissioni derivanti dal processo di conversione della biomassa in energia.

I Poteri Calorifici Superiore ed Inferiore sono stati calcolati utilizzando le


seguenti formule:
PCS = 343.4·C% + 1440.3·(H% – O/8) + 104.7·S%
PCI = PCS – 214.8·H%
Nella seconda equazione viene sottratto il calore latente di vaporizzazione
dell'acqua formata dalla combustione dell' H presente nel combustibile.

Il PCI della sostanza quasi secca (umidità del 15%) si discosta poco nelle
diverse tipologie di biomassa e può essere considerato pressoché costante per il
legno.
Tenendo conto di una umidità della biomassa tal quale di circa 33%, il valore
assunto dal PCI è pari a 11.4 MJ/kg, ottenuto sottraendo al valor medio
individuato con l’analisi, il calore latente di vaporizzazione dell’acqua secondo
la formula precedente.

Una volta determinato il PCI, si è proceduto inoltre a suddividere le varie


tipologie vegetazionali presenti in Val Bormida in cinque Biotipi.
Il raggruppamento è avvenuto in base a considerazioni sia di tipo botanico che
sotto consiglio di esperti del settore che ne hanno sancito l’affidabilità.
Ad ogni biotipo è stato assegnato un opportuno valore di massa volumica (MV)
[Kg/m3] come mostrato in tabella 7.5.
La distribuzione dei quattro biotipi forestali nel territorio della Val Bormida è
descritta in figura 7.2 dove in bianco sono lasciate le aree agricole e produttive.
81
Energia da fonti rinnovabili: le biomasse

Specie Raggruppamento tipologie MV


Tipo Governo
predomin. vegetazionali [kg/m3]
(Faggeta, Fag.con pino silveste
BIO1 Faggio ceduo 920
e larice, Fag. Mista, Pioppo )
(Quercia di rovere, mista di rovere,
di roverella, mista di roverella, cerro,
BIO2 Rovere ceduo 910
leccio, Robinia, Arbusteti vari, Macchia
mediterranea)
(Castagno, Alneto ad ontano bianco e nero,
BIO3 Castagno ceduo 780
Carpino(ostrieto), Nocciolo (corrileto), Olivo)
(Larice, pino silvestre, pino marittimo, pino nero,
BIO4 Conifere fustaia pino d'aleppo, Boschi misti di alta quota, Macchia 600
foresta)
Tab. 7.5. Suddivisione delle tipologie vegetazionali

BIOTIPO 1
BIOTIPO 2
BIOTIPO 3
BIOTIPO 4
AREE URBANE
AREE PRODUTTIVE

Fig. 7.2. Distribuzione delle biomasse nel territorio della Val Bormida
82
Energia da fonti rinnovabili: le biomasse

Il biotipo predominante è il terzo, che ha come specie fondamentale il castagno,


con il 66% delle particelle utilizzabili assegnate. Il biotipo 1 ed il biotipo 2
corrispondono rispettivamente al 15% e al 16% delle particelle utilizzabili. In
netta minoranza troviamo il biotipo 4 con il 3% delle particelle, localizzato per
lo più nella zona nord-est della Valle.
Data la notevole prevalenza di boschi cedui, si è ipotizzato il governo a fustaia
esclusivamente per il biotipo forestale 4 come mostrato dalla tabella 7.5.

7.2.4 Gli impianti per la produzione di energia


Nel presente caso di studio sono stati presi in considerazione (come suggerito
dal PER) impianti a combustione diretta a griglia mobile.
La scelta di un impianto di tipo tradizionale rispetto alla più innovativa
gassificazione dipende dal fatto che quest’ultima allo stato attuale presenta
elevati costi, una ancora modesta affidabilità e il suo impiego per ora è legato
per lo più a impianti di elevata potenza (>15 Mwe) non applicabili nel caso in
analisi per la ristretta dimensione territoriale considerata.
Inoltre sono state privilegiate caldaie a griglia mobile in quanto particolarmente
adatte alla combustione di biomassa vegetale con contenuto di umidità fino al
100% di umido rispetto alla base secca, e con pezzatura grossolana,
caratteristiche tipiche delle biomasse forestali fresche di taglio.
Per tali impianti si è assunta una capacità di produzione nominale massima di
36 MW che, considerando un rendimento elettrico complessivo del 24% e
termico del 65%, consente una produzione di energia elettrica massima di 10
MWe e termica di 27 MWt.
Per quanto riguarda i costi di installazione, manutenzione, personale e di
esercizio, si riportano nella seguente tabella i valori indicativi considerati.

INSTALLAZIONE
1.8
milioni€/MWe
MANUTENZIONE
3
% investimento iniziale
PERSONALE
26·103
€/addetto
ESERCIZIO
6·103
€/MWe
Tab. 7.6. Costi d’impianto

Per una più corretta valutazione si è provveduto a confrontare i costi di


installazione relativi a diverse taglie di impianto definendo per ogni singola voce
una parte fissa ed una variabile con la capacità dell’impianto secondo la
formulazione dell’equazione (6.4).
83
Energia da fonti rinnovabili: le biomasse

La parte elettrica è stata valutata separatamente dai costi di installazione


dell’impianto.
Per questi ultimi, inoltre, non si è tenuto conto di eventuali incrementi di costo
dovuti alle caratteristiche del sito di costruzione che potrebbe richiedere
costose operazioni di predisposizione all’insediamento.

L’energia prodotta dagli impianti deve essere distribuita alle varie utenze
tramite un’apposita rete.
Per la distribuzione dell’energia termica si è considerata una rete di tubazioni
in acciaio posta in cunicolo e opportunamente coibentata del costo di circa
155000 €/Km.
Per quanto riguarda l’energia elettrica, si considera la possibilità di
collegamento alla rete nazionale di media tensione passante in prossimità dei
centri abitati.
I costi per la sua distribuzione comprendono l’installazione della cabina (circa
30987 €) e della linea aerea (circa 70754 €/km) comprensivi del materiale, della
messa in opera e delle opere pregresse dovute all’ENEL Distribuzione per
usufruire degli impianti esistenti.
Infine i ricavi della vendita dell’energia prodotta sono valutati in base agli
attuali valori di mercato, ossia 0.0759 €/kWh per l’energia termica e 0.125
€/KWh per quella elettrica tenuto conto degli incentivi di cui si è discusso nei
precedenti capitoli.
Come già precisato nel capitolo precedente, i costi di installazione e
distribuzione sono stati inseriti nel modello tenendo conto di un tempo di
ammortamento di 20 anni.
I ricavi sono stati calcolati sulla base di 7000 ore annue di produzione.

7.2.5 Stima delle caratteristiche della raccolta


La metodologia impiegata per il calcolo del costo delle utilizzazioni forestali, si
basa sulle procedure messe a punto per la realizzazione del “Manuale per la
valutazione delle qualità economica dei boschi e per la loro realizzazione” (Giau,
1998), con alcune indispensabili semplificazioni legate al minore dettaglio dello
studio. Il calcolo predisposto per l’individuazione del costo unitario è stato
realizzato secondo uno schema che è strutturato nei seguenti punti:
- individuazione delle tipologie di esbosco;

- determinazione di un indicatore sintetico delle condizioni di esboscabilità

dipendente dalla pendenza e dalla minima distanza orizzontale (MDO) di ogni


particella i-esima;
- indicazione dei parametri economici necessari per la stima.

84
Energia da fonti rinnovabili: le biomasse

Riguardo alle tipologie di esbosco, sono state considerate quelle attualmente


più diffuse nella nostra regione, ipotizzando sia l’uso di trattori forestali, sia di
gru a cavo.
Come è noto, i costi di utilizzazione sono fortemente influenzati dalle condizioni
di esboscabilità, tanto che ogni singola particella ha una propria struttura dei
costi, legata alle condizioni di viabilità, alla presenza di infrastrutture, alla
pendenza unita all’accidentalità del terreno e così via.
Avendo a che fare con una stima la cui validità deve essere estesa ad una
superficie territoriale non trascurabile, è necessario ricorrere ad una radicale
semplificazione, impiegando indicatori sintetici per definire il livello di
esboscabilità.
Innanzitutto si e considerato come fattore discriminante la pendenza del
terreno. Tramite il GIS è stato possibile calcolare una pendenza significativa per
ogni particella utilizzando un DEM (Digital Elevation Model) 40x40 relativo alla
regione Liguria.
Il DEM è una rappresentazione raster nella quale ciascuna maglia della griglia ,
nel nostro caso con lato pari a 40 m, rappresenta un piano caratterizzato da un
proprio valore di quota sul livello del mare. Il valore di tale altezza è spesso
quella relativa al punto centrale della cella, oppure il valore più significativo
riscontrato su quel piano.

1 2 3
D

4 5 6

7 8 9
Fig. 7.3. Calcolo della pendenza nel punto 5 basata sulla sua altezza e dei suoi otto punti vicini

Dalla conoscenza delle altezze si è potuto risalire al valore della pendenza


utilizzando il seguente algoritmo:
Considerando, a titolo di esempio, di voler valutare la pendenza del punto 5
(vedi figura 7.3), definiti z l’altezza del generico punto e D l’interspazio tra due
punti successivi, si pone:
b = ( z 3 + 2 z 6 + z 9 − z1 − 2 z 4 − z 7 ) / 8 D
c = ( z1 + 2 z 2 + z 3 − z 7 − 2 z 8 − z 9 ) / 8 D
Queste equazioni forniscono le quattro diagonali passanti per il punto 5; la
pendenza è quindi calcolata come:
Tan( pendenza) = b 2 + c 2
85
Energia da fonti rinnovabili: le biomasse

In questo modo è stato possibile attribuire un valore di pendenza significativa


ad ogni particella.

Infine si è valutato il parametro MDO (Minima Distanza Orizzontale)


intercorrente tra il centroide della particella ed il ciglio della strada ad esso più
prossimo. Tale calcolo è stato effettuato per tutte le particelle utilizzando MS
Mappoint.

Considerando una resa media di un operaio (2.5 mc/uomo/giorno), il costo


della mano d’opera e il costo di esercizio delle macchine, sono stati individuati i
costi unitari di raccolta per i diversi livelli di esboscabilità (facile, medio,
difficile, impraticabile) come schematizzato in tabella 7.7. Tali valori sono
coerenti con i prezzi attualmente utilizzati dalle ditte taglia boschi della Val
Bormida.

FACILE MEDIO DIFFICILE IMPRATICABILE


i (%) ≤30(poco) >30(tanto) ≤30(poco) >30(tanto) ≤30(poco) >30(tanto) ≤30(poco) >30(tanto)
MDO < 1 km < 0.5 km < 2 km < 1.5 km < 4 km < 2 km < 4 km < 2 km
Lire/q 6000 9500 14000 25000
€/kg 0.03 0.05 0.07 0.13
Tab. 7.7. Costi di raccolta per classi di difficoltà

7.2.6 Valutazione del trasporto della biomassa


Il legname tagliato in ogni particella deve essere trasportato al rispettivo
impianto con l’utilizzo di un apposito autocarro. Per fare ciò si sono considerate
le principali vie di comunicazione dell’intera Val Bormida ad eccezione delle
strade sterrate di cui non si è reperita una mappatura sicura. Considerando
l’utilizzo di camion per il trasporto di legname da 30 t, si sono reperite le
informazioni riguardanti i costi unitari presso le associazioni di categoria. Il
prezzo individuato è di 0.0005 € Kg-1 Km-1, comprensivo dell’affitto del camion e
del costo dell’autista.
Per valutare il costo di trasporto si è proceduto ad individuare le distanze dal
ciglio della strada di ogni particella agli impianti tramite MS Mappoint.

7.2.7 Scelta delle possibili locazioni degli impianti


Per il presente progetto sono state stabilite sei possibili locazioni per gli
impianti per la produzione di energia da biomasse.
Tale scelta è stata dettata da considerazioni relative al fabbisogno di energia
termica richiesto e alla presenza in loco di altre attività produttive o di vere e
proprie aree industriali (es. Cairo Montenotte).

86
Energia da fonti rinnovabili: le biomasse

Inoltre una più accurata analisi ha messo in luce la presenza di alcune attività
legate all’utilizzo dei boschi in particolari comuni della Val Bormida, che
garantirebbe una migliore accettabilità del progetto da parte delle realtà locali.
Le sei locazioni degli impianti sono: Altare, Cairo Montenotte, Calizzano,
Carcare, Mallare, Millesimo.
La posizione dei vari impianti è stata individuata analizzando la carta uso del
suolo dei sei comuni sopra citati. Tale analisi ha permesso di individuare le
zone di tipo F (servizi) e quelle di tipo D (industriali) idonee per l’installazione
degli impianti.

Le posizioni adottate per gli impianti sono riportate in figura 7.4, in cui sono
altresì indicate le segherie considerate nel progetto.
Si ricorda che sia gli impianti che le segherie sono inseribili direttamente
dall’interfaccia, specificando il fabbisogno energetico termico massimo che si
vuole soddisfare e i quantitativi di scarti annui prodotti.

87
Energia da fonti rinnovabili: le biomasse

Fig. 7.4. Localizzazione degli impianti

Per ogni comune è stato determinato il fabbisogno di energia termica da


soddisfare. A tal fine sono state considerate le sole utenze termiche di tipo civile
valutate considerando un fabbisogno annuo ad abitante di circa 4460 kWh.
La scelta di escludere le attività produttive dal computo delle utenze da
soddisfare, nasce dal fatto che considerarle comporterebbe la necessità di una
accurata analisi dell’effettivo fabbisogno richiesto. Esso, infatti, è funzione delle
volumetrie che si vogliono riscaldare, siano essi uffici, capannoni o piccole
officine e delle attività di processo svolte.
Inoltre volendo utilizzare impianti che producano sia energia termica che
elettrica ed essendo tale produzione legata alla disponibilità di biomassa,
considerare elevate necessità termiche avrebbe limitato le soluzioni ottenibili.

88
Energia da fonti rinnovabili: le biomasse

COMUNE ABITANTI Et
[MWt]
Altare 2448 3.03
Cairo Montanotte 14000 17.35
Calizzano 1627 2.02
Carcare 5684 7.04
Mallare 1308 1.62
Millesimo 3200 3.96
TOT 28267 35.02
Tab.7.8. Fabbisogno di energia termica (fonte ISTAT-Dicembre 2000)

Riferendosi alle numerose esperienze italiane relative ad impianti di


teleriscaldamento (ad esempio Tirano e Sondalo in Valtellina), sono stati
attribuiti, in base alle dimensioni dei centri abitati, i valori dello sviluppo della
rete di teleriscaldamento.
Per quanto riguarda la rete elettrica, le distanze sono state valutate tramite le
informazioni reperite presso l’ENEL Distribuzione di Cairo Montenotte che si
occupa della gestione degli impianti di tutta la Val Bormida.
I valori assunti per i sei comuni analizzati sono:

COMUNE Sviluppo rete Sviluppo rete


teleriscaldamento elettrica
[km] [km]
Altare 10 0,5
Cairo Montanotte 15 3,5
Calizzano 9 1,3
Carcare 12 1
Mallare 7 2,5
Millesimo 10,5 0,6
Tab. 7.9. Lunghezza della rete elettrica e di teleriscaldamento

7.3 Riepilogo dei dati

Le informazioni descritte nel presente capitolo sono state inserite all’interno del
database di cui si è data una spiegazione nel Capitolo VI ad eccezione dei dati
costanti posti direttamente come valori nel modello.
I dati inseriti nell’archivio territoriale sono:
• Le caratteristiche delle particelle: area, pendenza, massa volumica, MDO,
costi di raccolta, quantità di biomassa presente, percentuale annua
tagliabile, posizione del centroide (Lon/Lat);
• I dati inseriti direttamente dall’interfaccia: impianti (posizione e energia
termica che devono soddisfare) e segherie (posizione e quantità di rifiuti
annui disponibili);

89
Energia da fonti rinnovabili: le biomasse

• Le distanze calcolate con MS Mappoint: distanza particella-impianti e


distanza impianto-utenza.

Di seguito vengono riportati i valori assunti per le variabili del modello


matematico (per maggiore chiarezza vengono indicate a fianco le equazioni che
le contengono).

Ct = 0.0759 €/MWht (6.3)


Ce = 0.125 €/MWhe (6.3)
CFm = 210000.00 € (6.4)
CVm = 4197.63 €/MW (6.4)
CFp = 178774.00 € (6.4)
CVp = 7945.50 €/MW (6.4)
CFes = 303518.00 € (6.4)
CVes = 6833.10 €/MW (6.4)
CFI = 7000000.00 € (6.4)
CVI = 139921.00 €/MW (6.4)
CFE = 3000000.00 € (6.4)
CVE = 46271.00 €/MW (6.4)
CTR = 0.0005 €/(km kg) (6.5)
Cdt = 155000.00 €/km (6.7a)
Cde = 70754.60 €/km (6.7b)
Ccab = 30987.41 € (6.7b)
PCI = 11.4 MJ/kg (6.10)
ηt = 0.65 (6.10)
ηe = 0.24 (6.10)
CAPmin = 0 (6.11)
CAPmax = 36 MW (6.11)
ETOT = 242.078 MW (6.12)
β=0 (6.13)
Tab. 7.10. Dati inseriti nel modello

7.4 Risultati e commenti

Definite le informazioni necessarie per l’applicazione del DSS alla realtà della
Val Bormida, è stato possibile studiare la strategia migliore per la produzione di
energia da biomasse forestali, fissate le sei locazioni degli impianti.
La funzione obiettivo del modello di ottimizzazione è la differenza tra i costi
necessari per la gestione della filiera legno-energia ed i ricavi ottenibili dalla
vendita dell’energia prodotta: la soluzione ottima è rappresentata quindi dalla
90
Energia da fonti rinnovabili: le biomasse

condizione limite per cui ad un aumento della richiesta di energia corrisponde


un minimo incremento della funzione di costo.
L’ottimizzazione ha come soluzione un ottimo locale e non un ottimo globale,
poiché il modello proposto risulta non lineare e a variabili miste (2672 reali e 6
binarie). Per testare la validità della soluzione, il programma è stato inizializzato
utilizzando diversi valori delle variabili di progetto, e la soluzione ottima si è
dimostrata invariante rispetto alle condizioni iniziali.

La soluzione ottima si presenta per una percentuale di energia totale richiesta,


χ, pari al 16%. Vengono quindi soddisfatti annualmente circa 39 MW del
fabbisogno complessivo (termico + elettrico) della Val Bormida, utilizzando
annualmente circa il 2% della biomassa forestale totale.
Il valore ottimo della funzione obiettivo risulta pari a 636·103 €.
Come evidenziato in figura 7.5, la soluzione prospettata dal DSS consente
un’adeguata penetrazione dell’attività nell’area considerata (circa il 50% delle
particelle viene utilizzato corrispondente al 40% della superficie disponibile),
consentendo una uniforme distribuzione dei benefici socio-economici,
paesaggistici ed ambientali indicati nei precedenti capitoli.

Particelle destinate all’impianto Altare

Particelle destinate all’impianto Cairo M.

Particelle destinate all’impianto Calizzano

Particelle destinate all’impianto Carcare

Particelle destinate all’impianto Mallare

Particelle destinate all’impianto Millesimo

Fig. 7.5. Sfruttamento delle particelle corrispondente alla soluzione ottima

91
Energia da fonti rinnovabili: le biomasse

Per quanto riguarda il dimensionamento degli impianti la situazione che si


presenta è descritta nella tabella 7.11.
Si rammenta che con CAP si intende la capacità di produzione (potenza
nominale), in MW, di un impianto, mentre con Y la percentuale di potenza
termica complessiva erogata per il teleriscaldamento.

Impianto Y CAP CAPterm CAPelettr Biomassa


[MW] [MWt] [MWe] [m3]
Altare 1 3.03 3.03 0 12692.59
Cairo
1 17.35 17.35 0 72920.61
Montenotte
Calizzano 1 2.02 2.02 0 7570.77
Carcare 1 7.04 7.04 0 29472.55
Mallare 0.30 5.33 1.62 3.71 45289.66
Millesimo 1 3.96 3.96 0 15140.59

Tab. 7.11. Dimensionamento degli impianti

In questa configurazione l’unico impianto che produce sia energia termica che
elettrica è quello di Mallare, mentre gli altri sono adibiti esclusivamente al
teleriscaldamento e posseggono capacità nominali pari al fabbisogno energetico
richiesto.
Nella medesima tabella sono riportati i valori della biomassa necessaria al
funzionamento di ogni impianto.
Si noti il notevole incremento di combustibile nel caso di un impianto che
produca energia elettrica. Confrontando l’impianto di Carcare con quello di
Mallare si può infatti osservare come il primo, pur possedendo una potenza
nominale superiore, risulta avere un minor consumo di biomassa rispetto al
secondo. Questo fatto è dovuto al maggiore rendimento di conversione della
biomassa in energia termica: dal rendimento del 65% per la conversione della
biomassa in energia termica, si passa al 24% per l’energia elettrica.

Di seguito si riporta il prospetto dei principali costi annui, in Euro, attribuiti a


ciascun impianto. Si ricorda che l’orizzonte temporale a cui ci si riferisce sono i
venti anni della vita tecnica degli impianti e che i valori riportati si riferiscono
ad un generico anno.

IMPIANTO Installazione Parte Manutenzione Personale Esercizio


elettrica
Altare 371.198,03 0,00 222.718,82 202.848,87 324.222,29
Cairo Montenotte 471.381,47 0,00 282.828,88 316.628,43 422.072,29
Calizzano 364.132,02 0,00 218.479,21 194.823,91 317.320,86
Carcare 399.252,19 0,00 239.551,32 234.710,32 351.623,02
92
Energia da fonti rinnovabili: le biomasse

Mallare 387.306,37 158.589,06 232.383,82 221.143,31 339.955,44


Millesimo 377.704,28 0,00 226.622,57 210.238,09 330.577,00
TOT 2.370.974,37 158.589,06 1.422.584,62 1.380.392,92 2.085.770,91
Tab. 7.12. Costi di impianto [€/anno]

IMPIANTO Distribuzione Distribuzione


term. elettr.
Altare 77.500,00 0,00
Cairo Montenotte 116.250,00 0,00
Calizzano 69.750,00 0,00
Carcare 93.000,00 0,00
Mallare 54.250,00 10.393,70
Millesimo 81.375,00 0,00
TOT 492.125,00 10.393,70
Tab. 7.13. Costi per la distribuzione dell’energia di ogni impianto [€/anno]

IMPIANTO Trasporto Raccolta


Altare 44.093,31 224.393,48
Cairo Montenotte 390.443,50 1.289.170,23
Calizzano 47.601,43 133.844,35
Carcare 146.795,40 521.047,95
Mallare 47.314,01 800.680,10
Millesimo 42.029,92 267.671,90
TOT 718.277,57 3.236.808,00
Tab. 7.14. Costi per il trasporto e la raccolta della biomassa [€/anno]

IMPIANTO energia energia


termica elettrica
Altare 827.917,20 0,00
Cairo Montenotte 4.740.714,00 0,00
Calizzano 551.944,80 0,00
Carcare 1.923.609,60 0,00
Mallare 442.645,74 1.670.625,91
Millesimo 1.082.027,44 0,00
TOT 9.568.858,78 1.670.625,91
Tab. 7.15. Ricavi della vendita dell’energia prodotta [€/anno]

93
Energia da fonti rinnovabili: le biomasse

7.4.1 Analisi tecnico- economica


Per ciascun impianto si è svolta l’analisi utilizzando come parametro di
valutazione il VAN (Valore Attuale Netto), definito come:

n FC t 
VAN = ∑  t 
− Io
t =0  (1 + i ) 

dove:
FC t = B t − C t = flusso di cassa nell’anno t-esimo;
B t = Benefici derivanti dall’iniziativa [M€/anno];
C t = Costi derivanti dall’iniziativa [M€/anno];
i = tasso di sconto effettivo = r + f' − f [%];
r = tasso di sconto reale [%];
f' = tasso nominale di aumento del prezzo dell’energia (%];
f = tasso di inflazione [%];
n = durata dell’investimento [anni];
I 0 = Investimento iniziale [M€].

Con il termine in parentesi quadra si attualizzano i flussi di cassa derivanti


dalla realizzazione di un progetto, per cui la loro sommatoria costituisce il
vantaggio globale che si ha nella durata dell’iniziativa.
Il VAN viene definito come la differenza tra la somma dei flussi di cassa
attualizzati e l’investimento iniziale I o .
In linea teorica, qualora il VAN al termine della vita dell’investimento fosse
positivo, l’ipotesi progettuale presa in considerazione risulterà remunerativa. In
caso contrario, potranno essere previsti incentivi calcolati in base agli effettivi
vantaggi di una produzione di energia locale, sia dal punto di vista socio-
economico, sia dal punto di vista ambientale.
Nel calcolo del VAN sono stati considerati una vita utile dell’impianto pari a 20
anni ed un tasso di sconto effettivo del 5%.
Per quanto riguarda i ricavi della vendita dell’energia elettrica, si è tenuto conto
della differenza di prezzo intercorrente tra i primi otto anni e gli anni successivi,
dovuta alla cessazione degli incentivi per la produzione di energia da fonti
rinnovabili (DM 11/11/1999).
Nel primo caso si considera la cessione alla rete ENEL ad un prezzo attuale di
0,125 €/KWhe, mentre per gli anni successivi con un valore di 0,04 €/KWhe.

94
Energia da fonti rinnovabili: le biomasse

L’energia termica viene invece venduta ad un prezzo costante di 0,076 €/KWht


per tutta la durata della vita degli impianti.
Nella figura seguente viene mostrato l’andamento del VAN di ciascun impianto
nel corso della vita utile fissata.

95
Energia da fonti rinnovabili: le biomasse

20
19

Millesimo
18
17
16

Mallare
15
14
13

Carcare
Vita utile impianti [anni]
12
11

Calizzano
10
9
8

Cairo Montenotte
7
6
5
4
3

Altare
2
1
0
12

10
8
6
4

2
0

-2
-4
-6
-8

-10
-12

VAN [M€]

Fig. 7.6. Andamento del VAN degli impianti per la produzione di energia da biomasse della Val Bormida

96
Energia da fonti rinnovabili: le biomasse

Come si può immediatamente osservare, solo la curva del VAN dell’impianto di


taglia maggiore (Cairo Montenotte, capacità 17 MW) presenta un andamento
positivo, crescendo in misura meno che proporzionale.
Gli impianti di capacità intermedia (Millesimo e Carcare, capacità
rispettivamente di circa 4 e 7 MW) presentano una curva del VAN che si colloca
molto vicina alla linea del pareggio, con un andamento tendenzialmente lineare.
Ancora diversa è la situazione per gli impianti di Altare e Calizzano,
caratterizzati da potenza nominale bassa (circa 3 e 2 MW) e da un andamento
della curva del VAN chiaramente decrescente.
Caso a sé stante è quello di Mallare. La contestuale produzione di energia
termica ed elettrica garantisce un posizionamento della curva prossimo al
pareggio, ma solo nei primi otto anni, grazie ai sussidi erogati per la vendita di
energia elettrica rinnovabile. Allo scadere dell’ottavo anno, la cessazione degli
incentivi comporta un notevole abbassamento della curva verso valori negativi.
La sostenibilità economica degli impianti sembra essere fortemente influenzata
dalla dimensione, a cui è associata la presenza di vantaggi economici di diverso
tipo (economia di scala o rendimenti crescenti di scala, economie interne, ecc.).
La crescita del volume di beni prodotti comporta una riduzione del costo
unitario di produzione, connesso proprio alla ripartizione su di un numero di
unità maggiori ottenibili con costi gestionali e d’investimento più bassi.

7.4.2 Analisi di sensitività


Per valutare l’affidabilità e la sensibilità del modello, è stata svolta un’analisi di
sensitività. A tale scopo viene modificato di volta in volta il valore delle variabili
considerate significative per il sistema. L’analisi dei valori ottenuti per le
variabili decisionali permette di evidenziare la sensitività delle soluzioni ottime
del problema rispetto alle variazioni di tali parametri.
In particolare sono state effettuate le seguenti analisi:
- sensibilità rispetto alla variazione della percentuale di energia totale ( termica

+ elettrica) che si vuole soddisfare con gli impianti a biomassa;


- sensibilità rispetto alla variazione dell’energia termica richiesta ad ogni

impianto;

Variazione della percentuale di energia totale che si vuole soddisfare.


Si analizza l’influenza dell’incremento del parametro χ, ossia della percentuale
di energia prodotta dai sei impianti rispetto all’energia totale richiesta dall’area
di studio, sul valore ottimo della funzione obiettivo.
Ricordiamo che l’energia totale, ossia sulla somma dell’energia elettrica e
termica consumata in Val Bormida, è stata stimata pari a 242 MW.

97
Energia da fonti rinnovabili: le biomasse

Le prove sono state effettuate facendo variare χ in un intervallo compreso tra


10% (coincidente con l’energia minima richiesta affinché l’intervento proposto
sia considerato significativo) e 23% (ossia l’energia massima producibile con il
quantitativo di biomassa disponibile).
Quest’ultimo valore è stato individuato durante le prove allorché il risolutore
non riusciva più a trovare una soluzione appropriata per tutti i vincoli del
problema. Si è verificato infatti che il vincolo non rispettato risultava quello sul
flusso di biomassa agli impianti e il motivo risiedeva nella mancata
disponibilità del combustibile per generare la potenza richiesta.
Dall’analisi della figura 7.7, si nota che l’andamento della funzione di costo al
variare di χ può essere diviso in tre parti:
- una prima parte in cui il valore della funzione obiettivo rimane pressoché

costante;
- una fase intermedia (15%-16.5%), in cui il valore inizia a crescere;

- un’ultima in cui si ha una brusca impennata della curva che si accentua

ulteriormente con l’avvicinarsi della soglia massima di energia producibile


con le biomasse presenti.

3500000 120
Funzione costo
Area %
3000000
100

2500000
80

2000000
€/anno

60 %

1500000

40
1000000

20
500000

0 0
8 10 12 14 16 18 20 22 24
χ [%]

Fig. 7.7. Andamento della funzione di costo al variare di χ

Sin dal valore iniziale del 10%, la soluzione ottima presenta i sei impianti
dimensionati (vedi tabella 7.16) in modo tale da produrre tutta l’energia termica

98
Energia da fonti rinnovabili: le biomasse

richiesta ed uno (Mallare), anche una parte di energia elettrica (quasi il 70%
della potenza complessiva prodotta).
Il modello indica quindi come più conveniente la produzione di energia elettrica
in un impianto di capacità piuttosto significativa, in luogo di più impianti di
minore capacità. Si fa inoltre notare che, nel rispetto del vincolo sulla
significatività della produzione di energia da biomasse, viene prodotto un
quantitativo di energia superiore a quello globalmente richiesto, e questo
sebbene il vincolo sul soddisfacimento dell’energia termica consenta al modello
di attribuire alla variabile decisionale CAP valori compresi tra 0 ed il massimo
richiesto.
Tali considerazioni sottolineano la sensibilità del modello alla dimensione di
impianto minima in perfetto accordo con il fatto che da una parte i costi unitari
di investimento tendono a diminuire con l’aumentare della taglia dell’impianto e
dall’altra aumentano i ricavi dalla vendita dell’energia prodotta.

Impianto Y CAP
Altare 1 3,03
Cairo Montenotte 1 17,35
Calizzano 1 2,02
Carcare 1 7,04
Mallare 0,25 4,89
Millesimo 1 3,96
Tab. 7.16. Dimensionamento impianti per χ = 10%

Impianto Y CAP
Altare 1 3,03
Cairo Montenotte 1 17,35
Calizzano 1 2,02
Carcare 1 7,04
Mallare 0,3 5,33
Millesimo 1 3,96
Tab. 7.17. Dimensionamento impianti per χ = 16%

Impianto Y CAP
Altare 0,41 7,35
Cairo Montenotte 1 17,35
Calizzano 1 2,02
Carcare 1 7,04
Mallare 0,2 8,28
Millesimo 1 3,96
Tab. 7.18. Dimensionamento impianti per χ = 19%

Occorre sottolineare che l’impianto di Mallare, quello a cui è stata richiesta


meno energia termica dato il ridotto numero di utenze, è l’unico impianto che
produce energia elettrica.
99
Energia da fonti rinnovabili: le biomasse

Superato il 16%, la tendenza cambia: l’incremento dei costi di raccolta e di


trasporto inizia a farsi sentire pesantemente sulla ricerca della soluzione
ottima. Tale situazione è messa in evidenza dal brusco aumento della pendenza
della curva. Come mostrato dalla tabella 7.18, nella produzione dell’energia
elettrica l’impianto di Mallare viene affiancato dall’impianto di Altare,
avvantaggiato probabilmente dalla migliore posizione logistica.

Variazioni della richiesta di energia termica


Considerando un valore di χ del 10% (valore minimo), sono stati analizzati i
valori ottimi assunti dalla capacità nominale (CAP) di ogni impianto al variare
dell’energia termica richiesta Et. Si è assunto che l’energia termica richiesta
fosse la stessa per ciascun impianto.
Partendo da un valore minimo di 5 MWt per ogni impianto, si è proceduto fino
ad un valore ultimo di 24 MWt dopo di che la prova perdeva di significatività
data la costanza dei risultati ottenuti.
Si sottolinea che sia il valore di χ assunto, sia il range di Et rendono a priori
irrealizzabile da parte del modello un dimensionamento degli impianti con
produzione di energia elettrica.
Questo non è da considerasi una limitazione per la prova, ma soltanto una
semplificazione atta a ridurre i tempi di computazione della soluzione ottima da
parte del programma di ottimizzazione.
Nella figura 7.8 sono riportate in forma grafica le soluzioni ottime ottenute
durante le varie simulazioni.
Si nota che:
- fino a un valore di Et pari a 13 MWt, tutti gli impianti assumono la

configurazione nominale coincidente con la massima produzione di energia


termica;
- per valori di Et superiori, gli impianti iniziano ad assumere comportamenti

diversi e il valore della capacità nominale mostra notevoli differenze;


- per valori di Et superiori a 21 MWt, i valori assunti dalle CAP si stabilizzano

rimanendo costanti.

100
Fig. 7.8. Andamento delle capacità degli impianti al variare della richiesta di energia termica
22

20

18

16

14
CAP [MW]

12

Energia da fonti rinnovabili: le biomasse


10

0
0 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12 13 14 15 16 17 18 19 20 21 22 23 24 25 26
Thermal energy requirement from each plant [MW]

Altare Cairo Montenotte Calizzano Carcare Mallare Millesimo


101
Energia da fonti rinnovabili: le biomasse

Questa prova permette di evidenziare la sensibilità del modello rispetto alle


posizioni degli impianti sul territorio.
Il modello, infatti, dopo un primo intervallo in cui non sembra privilegiare
nessun impianto, inizia a produrre soluzioni ottime nelle quali alcuni di essi
vengono notevolmente svantaggiati (vedi l’impianto di Cairo Montenotte) mentre
altri, soprattutto Altare e Mallare, continuano ad incrementare la loro
dimensione.
Il cambiamento del comportamento delle soluzioni si spiega con il
raggiungimento, in corrispondenza di 13 MWt, del massimo valore di Et con cui
tutti gli impianti possono avere la stessa capacità. Superata tale soglia,
l’aumento dell’energia prodotta è notevolmente condizionato dalla disponibilità
di biomassa utilizzabile e dalla logistica del trasporto.
Trovatosi nella condizione di una notevole richiesta di energia il modello
restituisce soluzioni ottime che tendono ad avvantaggiare sempre di più quegli
impianti posti in una posizione migliore (diminuendo cosi i costi di trasporto e
raccolta) e a svantaggiare gli altri.
Il sistema assume una configurazione stabile una volta raggiunta la soglia
massima di produzione di energia termica sfruttando tutta la biomassa
disponibile in Val Bormida. In tale condizione viene soddisfatto il 41%
dell’energia totale richiesta dalla Val Bormida.
Il grafico mostra chiaramente che le posizioni migliori sono quelle degli impianti
di Altare e Mallare, i medesimi impianti che nell’analisi precedente risultavano
gli unici produttori di energia elettrica.

7.4.3 Quantificazione del risparmio di emissioni di anidride carbonica


Come sottolineato nel capitolo 3, le emissioni di anidride carbonica dovute alla
conversione (sia termica che elettrica) di biomasse forestali possono essere
considerate nulle se viene rispettato il normale ciclo di accrescimento.
Per quantificare il risparmio di anidride carbonica è necessario quindi
confrontare gli impianti a biomassa con analoghe tecnologie che sfruttano i
combustibili fossili.
Nel presente lavoro sono state quindi considerate due possibilità:
1) il medesimo quantitativo di gas naturale (in termini di potere calorifico in
ingresso) rispetto alla biomassa viene utilizzato in impianti di
teleriscaldamento per soddisfare il fabbisogno energetico dei Comuni
interessati dal progetto;
2) la quota di energia elettrica prodotta da biomasse viene confrontata con la
produzione di energia elettrica da carbone coke, mentre il risparmio di

102
Energia da fonti rinnovabili: le biomasse

emissioni per la produzione di energia termica viene calcolato in base alle


emissioni di caldaie domestiche a gas.
Le emissioni specifiche delle differenti configurazioni impiantistiche sono state
calcolate in base ai fattori di emissione suggeriti dal Centro Tematico Nazionale
Atmosfera, Clima ed Emissioni in Aria dell’ANPA (ANPA CTN-ACE 2002):
- Impianto di teleriscaldamento a gas naturale di taglia inferiore a 50 MWt:

55.82 g/MJ combustibile in;


- Centrale elettrica pubblica (tecnologia non specificata) a carbone coke:

92.708 g/MJ combustibile in;


- Caldaia domestica a gas (potenza inferiore a 50 MWt)

55.46 g/MJ combustibile in.


Le emissioni di CO2 causate dall’utilizzo del legno per la produzione di energia
sono imputabili per la maggior parte alle fasi di raccolta e trasporto (74% delle
emissioni totali secondo Mann and Spath, 1997).
Dal computo delle emissioni risparmiate sono state quindi sottratte le quote di
emissioni di CO2 dovute alla raccolta e al trasporto della biomassa, calcolate
secondo i seguenti fattori di emissione:
- Secondo quanto riportato da Faaji and Meuleman, 1997, l’energia spesa per

il trasporto della biomassa tramite camion è circa 0.48 MJ/t/km, mentre le


emissioni di CO2 risultano 80 gCO2/MJ, quindi le emissioni totali di CO2 per il
trasporto della biomassa sono 38.4 gCO2/t/km.
- La raccolta di biomassa forestale causa un’emissione di anidride carbonica

compresa tra 5.6 e 7.8 kgCO2/MWh contenuto energetico biom (Korpilathi, 1998).
Il costo del danno dovuto alle emissioni di anidride carbonica è stato calcolato
dall’IPCC (Intergovernmental Panel on Climate Change – IPCC, 1995), e varia
tra 1 e 25 ECU/tCO2 (0.992-24.8 €/tCO2). La variazione del costo dipende dal
tasso di interesse applicato per l’attualizzazione dei danni futuri causati
dall’anidride carbonica. Nel presente studio è stato utilizzato un valore medio di
10 €/tCO2.

Le equazioni per il calcolo del risparmio di CO2 sono state inserite direttamente
nel modello, in modo da utilizzare i valori delle quantità raccolte e del percorso
stradale calcolati dal sistema.
Le equazioni utilizzate per le due configurazioni sono le seguenti:

N K N
MV i 
∑ PCI ⋅ u i ⋅ MV i ⋅ 55.8 − ∑∑ ϕ ik ⋅
1000
⋅ dik ⋅ 38.4 + 
1) C CO2 = N
i =1 k =1 i =1
 ⋅ 10
  10 6
− ∑ PCI ⋅ u i ⋅ MV i ⋅ 0.278 ⋅7.8 
 i =1 

103
Energia da fonti rinnovabili: le biomasse

K 7000 ⋅ 3600 
∑ (CAPk ⋅ y k ) ⋅ ηt
⋅ 55.46 + 
 k =1

K 7000 ⋅ 3600  10
2) C CO2 = ∑ (CAPk ⋅ (1 − y k )) ⋅ ⋅ 92.708 + ⋅ 6
 k =1 η e  10
 K N MV i N 
− ∑∑ ϕ ik ⋅ ⋅ dik ⋅ 38.4 −∑ PCI ⋅ u i ⋅ MV i ⋅ 0.278 ⋅7.8 
 k =1 i =1 1000 i =1 

dove:
- CAPk è la capacità di produzione (potenza nominale) di un impianto posto

nella località k-esima [MW];


- yk è la percentuale di potenza termica impiegata per il teleriscaldamento del

k-esimo impianto;
- ηt rendimento termico netto dell’impianto che è supposto uguale per tutti gli

impianti;
- ηe rendimento elettrico netto dell’impianto che è supposto uguale per tutti gli

impianti;
- φik è la quantità di biomassa inviata annualmente al k-esimo impianto dall’ i-

esima particella [m3];


- MVi è la massa volumica della biomassa forestale nella particella i-esima

[kg/m3];
- dik è la distanza dalla cella i alla locazione k [km];

- PCI è il potere calorifico inferiore medio della biomassa [11.4 MJ/Kg];

- ui è la quantità di biomassa tagliata annualmente nella particella i-esima

[m3];
- 0.278 è il fattore di conversione da MJ a kWh.

Il grafico 7.9 riporta i valori del risparmio di CO2 [€/anno] nelle due
configurazioni, confrontandoli con il costo totale del sistema al variare del
parametro χ.

104
Energia da fonti rinnovabili: le biomasse

3500000
Funzione obiettivo
Ipotesi1 (teler.gas nat.)
3000000
Ipotesi2 (el.carb+cald.)
Ip.2_costi el.
2500000 Ip.2_costi term.

2000000

1500000

1000000

500000

0
0.08 0.1 0.12 0.14 0.16 0.18 0.2 0.22 0.24

Fig. 7.9. Confronto del costo totale del sistema con il risparmio di CO2.

In entrambe le configurazioni il beneficio dovuto alla mancata emissione di


anidride carbonica risulta superiore al costo totale degli impianti per valori di χ
inferiori a 0.2-0.21. Ciò significa che nella configurazione ottimale (χ = 16%),
considerando il costo risparmiato dovuto alla CO2 (circa un milione di Euro
all’anno), il sistema assume un bilancio positivo.
Tale risultato potrebbe giustificare la scelta da parte di un’Amministrazione
pubblica di fornire contributi per la produzione di energia da biomasse.
Confrontando i contributi della produzione di calore e di elettricità, si può
vedere come la variazione del costo dipenda esclusivamente dalla produzione di
energia elettrica. La richiesta di energia termica risulta infatti completamente
soddisfatta sin dai valori di χ più bassi. Il valore del risparmio dovuto alla sola
produzione di energia termica è comunque superiore al costo dell’intero sistema
sino a valori leggermente superiori a 16%.
La tabella seguente riporta i valori dei costi al variare di χ.

χ Costi totali Telerisc. gas nat. Centrale el.+caldaie Contr. el. Contr.term.
[€] [€] [€] [€] [€]
0.08 621218.7 911644.7 1033671 318110 752979.6
0.12 621218.7 911644.7 1033671 318110 752979.6
0.16 636435.1 936665.3 1075920 361385.4 752979.6
0.2 1478398 1481712 1996221 1303973 752979.6
0.23 3353315 1890213 2686204 2010914 752979.6

105
Energia da fonti rinnovabili: le biomasse

Tab. 7.19. Costo risparmiati per le mancate emissioni di CO2 al variare di χ

Il contributo (negativo) della raccolta e del trasporto della biomassa incide sul
bilancio finale di CO2 per una percentuale inferiore al 4%.

La funzione utilizzata per il calcolo delle mancate emissioni di CO2, è stata


implementata nel modello come vincolo, in modo da valutare la risposta del
sistema ad una eventuale richiesta esplicita di diminuzione delle emissioni di
CO2. Le variabili decisionali e gli altri vincoli del modello sono rimasti invariati.
Il parametro χ è stato fissato pari a 10%.
Di seguito si riporta l’andamento della soluzione ottima al variare del costo
legato alle emissioni di anidride carbonica che si desidera risparmiare.

8000000 120
Funzione costo
7000000 % area coperta
100

6000000

80
5000000
€/anno

%
4000000 60

3000000
40

2000000

20
1000000

0 0
0 500000 1000000 1500000 2000000 2500000 3000000 3500000
costo CO2 risparmiato [€/anno]

Fig. 7.10. Andamento della funzione obiettivo e della percentuale di superficie utilizzata al variare del costo
risparmiato per mancata emissione di CO2.

Dall’analisi delle curve riportate in figura 7.10, si può notare come inizialmente
ad un notevole incremento del costo dovuto alle emissioni di CO2 risparmiata
corrisponda un lieve incremento della funzione costo, mentre successivamente,
a causa dell’aumento della superficie sfruttata (e di conseguenza dei costi di
raccolta, trasporto, ecc.), minimi incrementi del risparmio di CO2 comportino
un notevole aumento del costo del sistema.

106
Energia da fonti rinnovabili: le biomasse

È interessante notare infine come l’equivalenza tra il risparmio dovuto alle


mancate emissioni di CO2 ed il costo degli impianti (circa 2500000 €/anno)
corrisponda ad un elevatissimo grado di utilizzo (e quindi di monitoraggio) del
territorio (>90%).

107
Energia da fonti rinnovabili: le biomasse

8. Il modello dinamico

Parallelamente al modello precedente, è stato sviluppato un modello di


ottimizzazione in cui le variabili decisionali risultassero dipendenti dal tempo.
La scelta di inserire la variabile temporale nel modello di ottimizzazione è
motivata dalla dinamicità stessa dei sistemi bioenergetici, in cui sia le
caratteristiche ambientali sia le variabili socioeconomiche e politiche mostrano
una marcata variabilità temporale. In particolare, dal punto di vista del
monitoraggio, un sistema dinamico può consentire la variazione delle particelle
che di volta in volta vengono sfruttate, consentendo un grado maggiore di
controllo e di salvaguardia del territorio.

8.1 Le variabili decisionali

u ti = quantità di biomassa [m3/anno] raccolta nella particella i-esima


nell’intervallo di tempo t.
x ti = quantità di biomassa disponibile [m3] per la raccolta nella paticella i-esima
all’inizio dell’intervallo di tempo t.
ϕ tki = flusso annuale di biomassa [m3/anno] inviato al k-esimo impianto
nell’intervallo di tempo t.
y ti = tempo di vita dell’impianto in posizione k [anni] all’inizio dell’intervallo di
tempo t (varia tra Tlife, quando l’impianto è costruito, e 0).
CAPk = capacità di produzione (potenza nominale elettrica+termica) [MW] di un
impianto posto nella località k-esima.
δ tk = variabile binaria che assume il valore 1 se esiste un impianto in posizione
k all’inizio dell’intervallo di tempo t, 0 altrimenti.

8.2 La funzione obiettivo

Anche nel caso dinamico la funzione obiettivo è composta da:


• benefici ricavati dalla vendita dell’energia;
• costi della manutenzione, del personale e di esercizio dell’impianto di
produzione dell’energia;
• costi di installazione dell’impianto;
• costi della raccolta;
• costi di trasporto.

Le differenze principali rispetto al modello precedente sono le seguenti:


108
Energia da fonti rinnovabili: le biomasse

- Il rendimento di ciascun impianto è fissato, e viene considerata la


produzione della sola energia elettrica o termica;
- I costi di distribuzione dell’energia vengono inglobati nei costi
dell’impianto.

I profitti della produzione di energia


T -1 N
G = ∑∑ 0.278 ⋅ PCI ⋅ η e ⋅ u ti ⋅ C e
t =0 i =1

dove:
- PCI è il potere calorifico inferiore medio della biomassa;

- ηe rendimento elettrico netto degli impianti;

- Ce è il profitto unitario [€/kWhe] per la vendita di un kWhe.

Costi degli impianti

[( ) ( ) ]
T −1 K
C P = ∑∑ CFtk + CVtk ⋅ CAP k sign y tk + (CFI tk + CVI tk ⋅ CAP k )δ tk
t =0 k =1

dove:
- CFtk e CFI tk [€] rappresentano i costi fissi rispettivamente della
manutenzione, della gestione del personale, dell’esercizio e dell’installazione
dell’ impianto;
- CV tk e CVI tk [€] rappresentano i costi variabili (dipendenti cioè da CAPk [MW]
di ciascun impianto;
- ( )
sign y tk è una funzione che assume valore 1 quando y tk è strettamente
positivo, 0 quando y tk è nullo (o negativo). Tale funzione permette di
includere nella funzione costo solamente i costi relativi agli impianti
attualmente funzionanti.

Costi di trasporto
T −1 N K
C T = ∑∑∑C ik ⋅ φ tik ⋅ MV i ⋅ d ik
t =0 i =1 k =1

dove:
- C ik è il prezzo di trasporto unitario (assunto indipendente dal tempo)
[€Kg-1Km-1];
- d ik è la distanza dalla cella i alla locazione k [km];

109
Energia da fonti rinnovabili: le biomasse

- MV i è la massa volumica della biomassa forestale nella particella i-esima


[kg/m3].

Costi di raccolta
T −1 N
C C = ∑∑C ri ⋅ MV i ⋅ u ti
t =0 i =1

i
dove C r è il costo unitario di esbosco caratteristico della particella i-esima
[€/Kg].

La funzione obiettivo diventa quindi:


 T −1 N 
− ∑∑0.278 ⋅ u t ⋅ PCI ⋅ ηe ⋅ C e +
i

 t =0 i =1 
T −1 K
[( ) ( )
C = ∑∑ CFtk + CVtk ⋅ CAP k sign y tk + (CFI tk + CVI tk ⋅ CAP k )δ tk ]


t =0 k =1 
 T −1 N K ik ik T −1 N 
+ ∑∑∑C ⋅ φ t ⋅ MV ⋅ d + ∑∑C r ⋅ MV ⋅ u t
i ik i i i

 t =0 i =1 k =1 t =0 i =1 

8.3 I Vincoli

Dinamica di crescita della biomassa


La quantità di biomassa presente in una determinata particella è funzione della
dinamica di crescita e della quantità raccolta annualmente.
Si suppone che la crescita della biomassa segua un modello di crescita non
lineare simile a quelli tipici della dinamica delle popolazioni:

dx
= b0 x − b1 x 2 − u
dt
In cui i valori delle costanti sono diversi per i diversi tipi di biomassa.

L’equazione può essere discretizzata come segue:


X(t+∆t) = [1+∆t·b0]·x(t) – b1·∆t·x2(t) - ∆t·u(t)

Quindi il seguente vincolo dinamico può essere introdotto (considerando ∆t=1):

( )
x tk+1 = (1 + b0,i )⋅ x ti − b1,i ⋅ x ti
2
− u ti t=0,…,(T-1); i=1,…,N

110
Energia da fonti rinnovabili: le biomasse

Durata degli impianti


Gli impianti devono durare esattamente Tlife anni:
{ }
y tk+1 = max y tk − 1.0 + δ tk Tlife t=0,...,T-1; k=1,…,K

Raccolta della biomassa


Per ciascuna particella, la quantità totale che può essere raccolta nell’intero
arco temporale T si suppone sia legata alla quantità totale di biomassa x 0i
presente all’inizio:
T −1

∑u
t =0
i
t ≤ U MAX x 0i i=1,…,N

La raccolta annuale deve inoltre rispettare i vincoli di legge:


u ti ≤ α i ⋅ x ti t=0,...,T-1; i=1,…,N

‘Conservazione’ del lavoro


Supponendo che il numero dei lavoratori impegnati nella raccolta della
biomassa forestale sia strettamente correlato alla quantità di biomassa
raccolta, è necessario limitare le variazioni di tale parametro:

N N N
0.9 ⋅ ∑ u0i ≤ ∑ u ti ≤ 1.1 ⋅ ∑ u Ti -1 t=0,...,T-1
i =1 i =1 i =1

Bilancio di massa per ciascuna particella


Per ciascun anno la quantità di biomassa totale uscente da ogni particella deve
essere uguale alla quantità raccolta:

∑φ
k =1
ik
t = u ti i=1,…,N; t=0,…,T-1

Vincolo sul flusso di biomassa


L’energia in ingresso (in termini di MWt di biomassa) in uno specifico impianto
deve essere uguale alla capacità dell’impianto:

1 N
⋅ ∑ φ tik ⋅ HV i ≤ CAP k sign(y tk ) k=1,…,K
3600 ⋅7000 i =1

Vincolo sulla capacità dell’impianto


Si suppone che gli impianti possano assumere una capacità nominale
compresa tra una soglia massima e una minima:
111
Energia da fonti rinnovabili: le biomasse

CAPmin ≤ CAPk ≤ CAPmax k=1,...,K

Vincolo sulla significatività della produzione di energia da biomasse


La produzione nominale di energia degli impianti a biomasse deve essere
superiore alla soglia che sancisce la significatività dell’intervento proposto:

∑CAP
k =1
k
≥ χ ⋅ E TOT

dove ETOT è il fabbisogno energetico annuale complessivo della zona studiata e


χ è la percentuale minima che sancisce la significatività dell’intervento.

112
Energia da fonti rinnovabili: le biomasse

9. Conclusioni e sviluppi futuri

Secondo Rizzoli and Young, 1997, un Sistema di Supporto alle Decisioni (DSS)
è un sistema software che integra modelli, database e/o altri sistemi di gestione
dei dati collegandoli in modo da semplificarne l’utilizzo da parte dei decisori che
se ne servono.
Gli autori descrivono i sistemi ambientali individuando le seguenti
caratteristiche salienti:
- dinamicità;
- variabilità della scala spaziale;
- complessità;
- casualità;
- periodicità;
- eterogeneità;
- difficoltà a reperire le informazioni.
Lo strumento ideale di supporto alle decisioni in campo ambientale (EDSS)
deve essere progettato in modo da far fronte a ciascuna delle precedenti
problematiche. Un EDSS dovrebbe quindi essere caratterizzato da:
1) La capacità di acquisire, rappresentare e strutturare le informazioni del
dominio oggetto di studio. Tali informazioni dovrebbero essere
immagazzinate nel cosiddetto domain base.
Il domain base deve permettere inoltre la separazione dei dati dai modelli
(in modo da assicurare la possibilità di applicare l’EDSS in differenti
contesti). Questo può essere ottenuto interfacciando opportunamente il
modulo di immagazzinamento dei dati con il database e i modelli di
ottimizzazione.
2) La capacità di trattare dati spaziali (utilizzo di componenti GIS);
3) La capacità i fornire indicazioni specifiche (export knowledge) per il
dominio di interesse. Tali informazioni dovrebbero essere immagazzinate
nel modulo knowledge base.
4) La possibilità di essere utilizzato per la diagnostica, la pianificazione, la
gestione e l’ottimizzazione.
5) La capacità di assistere l’utente durante la formulazione del problema e
la scelta dei metodi di soluzione.

Il modello sviluppato nel presente lavoro si colloca piuttosto precisamente nella


precedente definizione. In particolare è stato sviluppato un EDSS in grado di
costruire e valutare soluzioni praticabili per la gestione e lo sfruttamento
energetico delle biomasse forestali ed agro-industriali presenti in un

113
Energia da fonti rinnovabili: le biomasse

determinato territorio, al fine di ottenere uno strumento di pianificazione della


produzione energetica, ma soprattutto uno strumento di monitoraggio sia del
corretto utilizzo della risorsa forestale (con la conseguente prevenzione di
incendi o di rischi idrogeologici), sia della minimizzazione degli impatti
ambientali, ed in particolare della riduzione delle emissioni di anidride
carbonica dovute alla diminuzione dell’utilizzo delle fonti fossili.
Applicato ad una realtà territoriale ligure in cui il patrimonio forestale
rappresenta una fonte importante per l’economia locale (Val Bormida, provincia
di Savona), il modello è stato in grado di stabilire, una volta definite le locazioni
degli impianti di produzione dell’energia, la dimensione ottimale e la quantità
di energia termica e/o elettrica da produrre in modo tale da soddisfare il
fabbisogno sia degli utenti civili che di quelli industriali. Il DSS permette inoltre
la gestione dei flussi di materiale dalle singole particelle ai diversi impianti e
quantificare la raccolta della biomassa nei boschi presenti sul territorio,
individuando il grado di penetrazione nel territorio (in modo da valutare
l’efficienza del mantenimento della risorsa forestale) ed infine quantificando la
diminuzione effettiva di emissioni di anidride carbonica.

Il modello matematico è costituito da una funzione obiettivo, da variabili


decisionali e da vincoli.
La funzione obiettivo tiene conto:
- del profitto che si ottiene dalla produzione di energia;
- dei costi relativi agli impianti (installazione, manutenzione, gestione del
personale ed esercizio);
- dei costi del trasporto della biomassa;
- dei costi di raccolta;
- dei costi della rete di distribuzione.
Essa risulta non lineare, con grado massimo pari a due.
Per considerare i molteplici aspetti del problema, sono stati introdotti numerosi
vincoli:
- vincolo sulla possibilità di raccolta della biomassa (secondo le normative
vigenti);
- bilancio di massa;
- flusso di biomassa agli impianti;
- vincolo sulla capacità degli impianti;
- vincoli sulla produzione di energia.
Anche tali vincoli presentano caratteristiche di non linearità.
Il modello fornisce la soluzione ottimale in funzione delle caratteristiche
territoriali che sono state opportunamente integrate in un Sistema Informativo
Geografico elaborato tramite GIS ed un archivio di dati (database). Per questo

114
Energia da fonti rinnovabili: le biomasse

motivo risulta applicabile a diverse realtà una volta definite ed individuate tali
caratteristiche.
Esso infatti si è mostrato sensibile alla modificazione di diverse variabili che lo
caratterizzano (per esempio la percentuale dell’energia totale richiesta, il
fabbisogno di energia termica, i costi di impianto etc.) rendendolo adattabile a
diverse situazioni e scenari semplicemente variando alcuni dati.
Ciò è possibile anche grazie alla costruzione di un’interfaccia operatore che
consente agevolmente di visualizzare i dati disponibili e i risultati ottenuti,
offrendo la possibilità di confrontare tra loro realtà differenti.

È stato infine sviluppato un modello di ottimizzazione in cui le variabili


decisionali risultassero dinamiche, in modo da valutare l’effetto della variabilità
temporale delle diverse grandezze del sistema.

Il problema della pianificazione della migliore politica di sfruttamento delle


biomasse per finalità energetiche risulta essere molto complesso e la ricerca ha
sicuramente ampi margini di sviluppo. In particolare, per il DSS sviluppato nel
presente lavoro sono state individuate diverse tracce di lavoro:
1) Applicare il modello dinamico alla medesima realtà territoriale (Val
Bormida) in modo da verificare le eventuali differenze con il modello
precedente la capacità di incrementare la penetrazione ed il monitoraggio
del territorio.
2) Integrare nel modello di ottimizzazione la valutazione economica del
sistema per l’intero ciclo di vita degli impianti, prevedendo la possibilità
di eventuali variazioni nella politica energetica locale.
3) Prevedere la possibilità di scelta tra diverse tecnologie di conversione
energetica delle biomasse (cfr. Cap.3).
4) Integrare il calcolo economico con tutte le esternalità collegate al sistema,
in modo da fornire un’accurata quantificazione dei benefici e dei costi
indiretti del sistema da affiancare alla valutazione economica, fornendo i
pesi che ogni singolo fattore ha nel processo reale di scelta, prevedendo
un’eventuale spostamento della modellazione verso tecniche di analisi
multicriterio.

Nel breve periodo si prevede di completare l’attuale versione del DSS attuando i
primi due punti in progetto, in modo da ottenere un sistema completo per la
pianificazione bioenergetica a livello locale effettivamente utilizzabile da esperti
di amministrazioni pubbliche, secondo le linee generali di pianificazione
previste dal PER della Regione Liguria:

115
Energia da fonti rinnovabili: le biomasse

“Si intende raggiungere il riassetto energetico della regione promuovendo la


progressiva costituzione di un sistema di produzione diffuso sul territorio e
caratterizzato dalla presenza di impianti produttivi di piccola-media taglia ad
alta efficienza e a contenuto impatto ambientale.”
“Gli interventi a livello locale del primo periodo saranno condotti in aree
campione. (...) I lavori condotti in tali aree permetteranno di costruire e validare
gli strumenti (norme, regolamenti, sistemi di incentivazione, patti territoriali,
concertazione) che la Regione intende adottare sistematicamente nel secondo
quinquennio per raggiungere il riassetto energetico del territorio ligure.”
“La valorizzazione energetica delle biomasse boschive riveste per la Regione un
interesse primario, sia per motivi di ordine strutturale, quali l’elevata boscosità
del territorio, sia per i molteplici effetti positivi attesi sul territorio montano,
quali la riduzione degli incendi boschivi, la mitigazione del dissesto
idrogeologico e il decollo dell’economia montana. La selezione delle aree
campione per la valorizzazione energetica della biomassa forestale verrà
effettuata dalla Regione e dagli Enti Locali di competenza territoriale sulla base
della disponibilità della risorsa bosco e del potenziale impatto positivo sul
territorio.”

116
Energia da fonti rinnovabili: le biomasse

Bibliografia

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